Musica
CANTO E SUONO LO
sbrong P
ippo Baudo, Garibaldi e Goethe/ Sciascia, Pirandello e Camilleri/ Sono passati terremoti e frane/ I poveretti c’hanno i macchinoni/ Le facce dei politici ruffiani/ L’abusivismo, i vincoli e i condoni». È diventato un inno la canzone “92100”, che si intitola come il codice postale di Agrigento. La città di Lello Analfino, 49 anni, il cantautore irriverente e guascone che insieme alla sua band, i Tinturia (che in dialetto vuol dire “monelleria” o anche “pigrizia”), da metà anni Novanta porta in giro per l’Italia un genere musicale che lui definisce “sbrong”: un mix tra pop, rock, ska, rap, reggae e folk. Sei album e tanti concerti, molti dei quali fuori dai confini della Sicilia. La canzone “92100” è la sintesi efficace di questa terra dei paradossi, che condensa come nessun’altra sublime e osceno, onestà e illegalità, coraggio e criminalità. «Devo molto ai siciliani: mi hanno esportato come un prodotto regionale», ironizza Analfino da casa sua a Palermo, su Zoom, barba brizzolata e sorriso sincero. Tra i conterranei affascinati dal suo talento due non passano inosservati: Salvo Ficarra e Valentino Picone. «Il loro primo film, “Nati stanchi”, l’hanno scritto ispirandosi alle mie canzoni. Questo mi salda a loro in maniera irreversibile», sottolinea il cantautore, che ha composto anche il brano “Cocciu d’amuri” per il film “Andiamo a quel pa-
100
31 luglio 2022
Irriverente e guascone, il cantautore siciliano, leader dei Tinturia, ha inventato un genere tra pop, rock, ska, rap, reggae e folk. “Ma ora voglio uscire dalla mia comfort zone” colloquio con Lello Analfino di Emanuele Coen ese” del duo comico, grande successo di qualche anno fa. Un sodalizio di lunga data: prima di questa intervista Lello e Salvo hanno trascorso la domenica sotto lo stesso ombrellone sulla spiaggia di Mondello, in una pausa delle riprese della seconda stagione di “Incastrati”, la serie tv Netflix firmata Ficarra e Picone. «Non sono mai cambiati: li ho conosciuti quando andavano nei locali per centomila lire a serata. Oggi, che sono quello che sono, restano identici. Avrebbero potuto trasferirsi altrove, invece sono rimasti in Sicilia e hanno fatto crescere qui i loro figli, con tutti i problemi che possono avere i nostri ragazzi», prosegue Analfino. Anche lui ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza ad Agrigento, prima di spostarsi a Palermo per frequentare
la facoltà di Architettura, laureandosi nel 2004. La madre Giugia, vezzeggiativo di Gerlanda, gli ripeteva: «Chi ha fari cu ‘sta musica?», preoccupata per l’incerto futuro artistico del figlio. «Ero molto pigro, mi piaceva fare casino e la mia grande passione, unica e grande, era ed è la musica», continua il cantautore, che prima si definisce autodidatta e poi ammette che il suo primo maestro di pianoforte fu Franco Finestrella, l’autore della canzone “Nicuzza Duci”, caposaldo della musica folk siciliana. «A mia madre il maestro disse: “Non è cosa di studiare musica, lei perde tempo”. E aveva ragione perché la musica non volevo studiarla ma la volevo fare», continua Analfino. Ironia della sorte, diversi anni dopo il cantautore ha interpretato “Nicuzza Duci” in