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ORBITA TERRESTRE
ORBITA TERRESTRE
DI PATRIZIA CARAVEO*
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IL FUTURO DELLE STAZIONI SPAZIALI
CHE COSA SAPPIAMO DEI PIANI PER REALIZZARE I NUOVI AVAMPOSTI UMANI NELLO SPAZIO?
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» La Nasa intende mantenere la Iss fino al 2030, ma la struttura invecchia e la sua gestione diventa sempre più difficile.
*PATRIZIA CARAVEO È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF) E LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO. Per rispondere alla domanda del sottotitolo, bisogna innanzitutto chiedersi quale sarà il futuro della Stazione spaziale internazionale, la Iss. È un argomento del quale abbiamo sentito molto parlare negli ultimi tempi, da quando è diventato uno scomodo esempio di collaborazione tra due potenze che adesso si lanciano accuse pesantissime. In effetti, dall’inizio della guerra in Ucraina, la Iss è diventata un’arma di ricatto che l’agenzia spaziale russa Roscomos usa contro le sanzioni economiche imposte alla Russia dai paesi occidentali. L’astronauta americano Mark Vande Hei, che ha terminato il 30 marzo il suo lungo soggiorno sulla Iss, ha detto più volte che, nonostante i tweet infuocati del capo di Roscomos, Dmitri Rogozin, la situazione a bordo era normale, con astronauti e cosmonauti che hanno continuato a vivere e lavorare fianco a fianco. Tuttavia, ci si chiede quali potrebbero essere gli sviluppi, dopo che il sempre assertivo Rogozin, all’inizio di aprile, ha dichiarato che avrebbe presentato al Cremlino un piano per l’abbandono del progetto da parte dell’agenzia russa. Le tempistiche di un eventuale abbandono della Iss da parte dei russi sono ancora incerte, ma non è facile mandare avanti la stazione senza Roscosmos, per l’ottimo motivo che la Iss è nata per essere una collaborazione, dove ogni partner è responsabile di sottosistemi vitali, ma nessuno è in grado di gestirli tutti.
L’ORA DEGLI ASTRONAUTI COMMERCIALI
In aprile, ignorando le dichiarazioni di Rogozin, la Nasa ha portato avanti i suoi piani, come se tutto fosse business as usual. Nello scorso mese di aprile si è svolta la missione privata Ax-1, che ha rappresentato un traguardo storico, visto che è la prima volta che la Nasa ha accettato di accogliere ospiti paganti a bordo della parte americana della stazione.

» Con l’arrivo della missione Ax-1, la Iss ha fatto registrare il tutto esaurito con 11 persone a bordo.
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» Schema della crescita della stazione privata pianificata da Axiom.
Fino ad oggi, tutti i turisti spaziali, pur pagando alla società americana Space Adventures, erano stati ospitati da Roscosmos, meno schizzinosa della Nasa in fatto di passeggeri paganti. Bisogna precisare che i membri dell’equipaggio di Ax-1 non vogliono essere considerati “turisti spaziali”, ma “astronauti commerciali”, visto che hanno svolto molte attività nello spazio. In effetti, la missione Ax-1 potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase dominata dall’utilizzo commerciale e turistico della Iss (vedi l’articolo a pag. 26). La filosofia della Nasa ricalca quella seguita per lo sviluppo dei nuovi sistemi di lancio capaci di portare astronauti in orbita dal territorio americano. Finora, solo SpaceX è riuscita nell’impresa, ma Boeing sta cercando di seguire l’esempio dei concorrenti. Aumentare la presenza privata sulla Iss era un passaggio di testimone che la Nasa aveva previsto da tempo, certo non pensando che la collaborazione con la Russia sarebbe potuta cessare in modo unilaterale. Non è un caso che la prima missione commerciale venga realizzata dalla società Axiom Space, che ha già in programma di lanciare, tra il 2024 e il 2027, diversi moduli da attaccare alla Iss. L’attuale stazione sarà usata come base per permettere l’assemblaggio di una nuova struttura che sarà poi staccata, una volta ultimata la costruzione. A dire il vero, le attività commerciali di Axiom sulla Stazione spaziale sono già cominciate, come testimonia il lancio di Ax-1, il cui equipaggio era comandato da Michael LopezAlegria, un ex astronauta Nasa ora vicepresidente per il business development di Axiom. Con lui hanno volato tre ricchi imprenditori, con un passato da piloti di vario tipo, ognuno dei quali ha versato 55 milioni di dollari per un soggiorno che avrebbe dovuto essere di otto giorni sulla Iss. Un costo significativo ma inferiore agli 80 milioni a sedile che la Nasa aveva pattuito con Roscomos quando la Russia aveva il monopolio dei lanci umani verso la Iss. Guerra a parte, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e gli astronauti privati hanno dovuto prolungare la loro permanenza fino al 25 aprile per aspettare che il meteo migliorasse nella zona di ammaraggio. Chissà se la Nasa ha chiesto la differenza per i giorni eccedenti quelli previsti. In base al tariffario di utilizzo commerciali della Iss, il costo del soggiorno è dell’ordine di 40mila dollari al giorno a persona, senza contare gli extra. Comunque, liberati i “posti letto”, a fine aprile sono arrivati i professionisti della Crew4 dei quali fa parte anche la nostra Samantha Cristoforetti (vedi Cosmo n. 27).
LA STRUTTURA INVECCHIA
Di sicuro, anche tralasciando gli attuali problemi politici, la Iss non può continuare la sua missione a tempo indefinito. Il primo dei suoi 16 moduli pressurizzati (il russo Zarya, “Alba”) è stato lanciato 24 anni fa e lo stress termico, insieme alla continua pioggia di micrometeoriti e piccoli detriti, causano “affaticamento” del materiale. La caccia alle piccole perdite è una delle occupazioni degli astronauti, il cui primo compito è occuparsi della manutenzione di questa enorme struttura grande come un campo da calcio che, nel corso di un quarto di secolo, è costata circa 150 miliardi di dollari. Quando si accorgono che la pressione interna scende, si mettono all’opera, ben sapendo che non sarà un
compito facile: le pareti della Stazione sono ricoperte da strumentazione che viene ancorata alla struttura, per evitare che fluttui nello spazio. Per arrivare all’involucro, bisognerebbe smontare tutto. Due anni fa, gli astronauti hanno dovuto trovare la causa di una perdita nel modulo russo Zvezda. Dopo che la tecnologia degli ultrasuoni per percepire il fruscio dell’aria che sibila via verso lo spazio non aveva funzionato, hanno deciso di affidarsi a una bustina di thè. Hanno disperso il contenuto nel modulo e sono usciti chiudendo tutto. Seguendo il movimento delle foglioline con le telecamere hanno individuato la piccola apertura, forse causata da un micrometeorite, e l’hanno prontamente sigillata con… il nastro adesivo. Soluzione semplice per un problema destinato a diventare sempre più frequente, man mano che la struttura invecchia e si usura.
I NUOVI PROGETTI
La Nasa aveva originariamente previsto di terminare la sua partecipazione al progetto nel 2025, ma lo scorso dicembre la data era stata spostata al 2030. L’annuncio era stato dato in occasione della firma del contratto di 415,6 milioni di dollari assegnato a Blue Origin, Nanorack e Northrop Grumman per iniziare le attività di studio e sviluppo di nuove stazioni spaziali commerciali. I piani sono ancora nebulosi e, tra queste, la compagnia più avanti è Northrop Grumman che può capitalizzare sulla sua partecipazione alla nuova stazione cislunare della Nasa Lunar Gateway. Blue Origin ha deciso che la sua stazione spaziale si chiamerà Orbital Reef, perché la vede come un ecosistema, grande come un Boeing 777. Pensano di lanciarla con il loro vettore New Glenn, che però è ancora in fase di costruzione. Nanorack ha chiamato il suo progetto di stazione Starlab: sarà meno grandioso di Orbital Reef, ma vorrebbe essere operativo entro il 2027. Senza dimenticare che nel panorama delle stazioni spaziali private ci sarà anche Axiom, che probabilmente sarà la prima disponibile. Ma viene da chiedersi se ci saranno abbastanza richieste per tenere in attività diverse stazioni spaziali private. I tre contratti sono solo un investimento iniziale, poi
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» Coltivazioni idroponiche sulla stazione Orbital Reef.

» Rendering della stazione spaziale Orbital Reef di Blue Origin. Inquadra il QR per un video di Blue Origin dedicato al progetto.
saranno i fondi privati e il mercato a decidere chi andrà avanti per fare cosa. Gli scettici fanno notare che sulla Iss sono stati fatti tanti esperimenti che, pur producendo risultati scientifici interessanti, non sono ancora diventati prodotti commerciali. Per esempio, la possibilità di costruire medicinali in microgravità è sempre stata considerata una prospettiva allettante, ma finora il risultato commerciale è nullo. Piuttosto che una fonte di guadagno, la Iss era sempre stata vista come un esempio di collaborazione internazionale. Una realtà che, purtroppo, sembra essere passata di moda.