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non oltre” Chi difenderà il limite climatico

sfollato, era stato occupato da più di un centinaio di attivisti che si opponevano al suo fianco all’espansione della miniera da parte del gigante tedesco dell’energia Rwe.

Nelle seconda settimana di gennaio, il villaggio, occupato da più di due anni, è stato sgomberato da oltre ottomila poliziotti, mentre più di trentamila persone, confluite da tutto il mondo, resistevano tra barricate, tunnel e case sugli alberi. La multinazionale più inquinante d’Europa ha dichiarato che estrarrà 280 milioni di tonnellate di lignite entro il 2030. Sempre entro il 2030, invece, la Germania si era prefissata di ridurre le emissioni di CO2 del 65 per cento e di diventare carbon neutral entro il 2045; obiettivi climatici che ora sembrano essere completamente fuori portata e che invece invigoriscono l’unico, supremo e inar- restabile potere che plasma la contemporaneità: quello distruttivo, annichilente e totalizzante della catastrofe climatica.

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Carlo Levi, nella prefazione del 1963 a “Cristo si è fermato a Eboli”, parla di «potenza contro il potere» e ne parla a proposito di un linea che non viene attraversata da chi è umano. A ogni passo falso, a ogni conferma di ipocrisia, i governi, forse inconsapevolmente, si scollano da una realtà urgente e fortificano, così, la potenza delle comunità resistenti contro il loro potere. Dal 2015, Ende Gelände ha organizzato in Germania azioni di disobbedienza civile di massa occupando varie miniere di carbone in Renania, in Lusazia e a Lipsia. Il nome del movimento riprende un’espressione tedesca che si può tradurre con «qui e non oltre», ma anche, più letteralmente forse, con «finis terrae», il limite della terra e, per estensione, un confine non valicabile.

I movimenti climatici chiedono la sopravvivenza sul pianeta Terra di tutte le specie viventi, chiedono di non toccare mai il punto di non ritorno, per farlo si affidano alla scienza e tracciano insieme ciò che non può essere oltrepassato, oltre al quale si sprofonda nel caos. Chiedono di ideare e realizzare un mondo più giusto, più equo.

Lützerath, in questo senso, era stato designato come «limite climatico»; nel distruggerlo, il governo tedesco non ha solo sfollato una comunità resistente, ma ha confermato, ancora una volta se si è prestata attenzione, che nessun cambiamento verrà dall’alto, ha reiterato la sua complicità e la sua assenza. Chi resiste deve, quindi, continuare a mobilitarsi oltre i confini dello scibile e dell’immaginabile. Così, chi detiene il potere, ironicamente, ha preteso dagli attivisti, europei e non, di rafforzare la loro organizzazione e la loro resistenza, fuori da ogni forma di governabilità.

C’era una volta l’umano, che temeva la follia più di ogni cosa e i suoi rari momenti di felicità non erano che momenti di follia. C’era una volta l’umano, che pretendeva tranquillità e niente lo angosciava quanto la tranquillità. L’umano, che voleva vivere millenni e si annoiava ogni minuto. Che voleva diventare un robot perché si fidava più del progetto di un ingegnere che di quello di un dio. Che a occhi aperti sognava di volare e a occhi chiusi sognava di cadere. C’era una volta l’umano, che incontrava per caso un altro umano e ci faceva un bambino insieme perché altrimenti non sapeva come passare le domeniche di pioggia. L’umano, che odiava i genitori e quando i genitori morivano odiava se stesso per avere odiato loro. Che voleva girare il mondo e che tutti gli altri stessero a casa propria. Che voleva a ogni costo esprimere se stesso e solo se stesso e quando finalmente gliene veniva data l’occasione si trovava a ripetere quello che esprimevano gli altri. Che aveva bisogno di credere in qualcosa, qualsiasi -ismo andava bene, e che si era ridotto a credere in chi era pieno di gas, nel meteorismo. Che più urlava il suo ateismo più l’ateismo si rivelava una scaramanzia metafisica. Che aveva illuminato il mondo intero perché in fondo aveva soltanto paura del buio. Che si inginocchiava per i neri, si rasava per le iraniane, si tappava la bocca per i gay e si teneva le mani in tasca per i mendicanti. Che per paura delle dittature instaurava dittature. Che non era riuscito a cambiare se stesso e allora aveva cambiato il pianeta. Che costruiva la Grande Muraglia Cinese e distruggeva la grande barriera corallina. Che dava ai cani nomi da figli e ai figli nomi da cyborg e ai cyborg nomi da cani. Che a simpatia mangiava certe specie di animali e certe altre no. Che immaginava pure la sofferenza delle piante anche se le piante non urlavano. Che su umani, animali e piante sganciava bombe atomiche. Che da morto donava il cuore e da vivo stuprava i morti. Che desiderava superare tutto ciò che era umano e non c’era niente di più umano di quel desiderio.

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