Basketville # 8 - 28 Aprile 2009

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n.8 - 27 aprile 2009

> Serie A: bentornata, Varese!

La Virtus riporta in Italia, dopo 7 anni, un trofeo continentale

BOLOGNA FIERA


Serie A

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l’E-ditoriale V come Virtus, come Varese, come Vittoria www.basketville.it Numero 8 – 27 aprile 2009 Direttore Responsabile FRANCO MONTORRO franco.montorro@basketville.it www.basketville.it è una testata registrata presso il Tribunale di Lucca e di proprietà di Media dell'Otto s.r.l. Via delle Ville, 1140/A 55100 Lucca Telefono +39 3202 119 119 E-mail: redazione@basketville.it Progetto Grafico Appunto Web Via Caduti per la Patria, 47 20050 Lesmo (MI) Telefono e fax +39 039 596724 www.appuntoweb.com Fotografie Agenzia Ciamillo-Castoria Autorizzazione del Tribunale di Lucca numero 894 del 16 marzo 2009

Era il 25 aprile 1973, quando l'Ignis vinceva lo scudetto nello spareggio di Bologna contro il Simmenthal avendo come spettatore un ragazzino alla sua prima partita vista dal vivo in un palasport. Dopo 36 anni e 1 giorno, attaccato ad uno strumento che allora poteva solo essere immaginato nei libri di fantascienza, il computer, quell'ex ragazzino seguiva le vicende che hanno riportato Varese in Serie A evitando la sempre pericolosa lotteria dei playoff. E lo ha fatto mentre “de visu” seguiva le emozioni e i patemi di un'altra nobile, la Virtus Bologna, che finalmente stava riportando in Italia un trofeo continentale, sette anni dopo la Saporta di Siena. La caratteristica della Cimberio che lascia il purgatorio è di avere un bel gruppo di giocatori italiani e fra questi un nucleo nato o formatosi a Varese, dal Passera per cui il paragone con Pozzecco è solo uno stimolo, ad Antonelli; dal Gergati figlio d'arte al Martinoni che è sì varesino ma attualmente solo in prestito dalla Benetton e che confermando i progressi mostrati tornerà definitivamente a Treviso dove già giocano, molto e bene, i quasi coetanei Renzi, Rullo e Sandri. La Virtus invece ha riaperto la bacheca e cancellato il tabù delle finali perse dopo quella del 2001 in Eurolega: erano già sette, quattro delle quali con atto secco proprio all'attuale FuturShow Station. E anche nella finalissima di Eurochallenge per sei minuti il fantasma della sfortuna sembrava essere pronto a rimostrarsi all'interno dell'impianto di Casalecchio. Da critici, non possiamo dirci soddisfatti del “come” abbia fatto la Virtus a sfatare l'ormai consolidata leggenda, ma possiamo dirci soddisfatti del “cosa” abbia rappresentato la vittoria sofferta: il ritorno in Italia di una coppa europea. Con una curiosità: Chiacig era presente sia nella Saporta di Siena del 2002 che ieri Dunque, bentornate, Virtus e Varese, in un albo d'oro e in Serie A. Franco Montorro franco.montorro@basketville.it


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Serie A

Scavolini-Air di Francesco Tadei

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Lottomatica-Armani di Andrea Ninetti

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Snaidero-Benetton di Luciana Ildefonso

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Eldo-Solsonica di Sante Roperto

10 Banca Tercas-Premiata di Alessio Berdini 11 Ngc-Gmac di Paolo Corio 12 Carife-Angelico di Mauro Cavina

Italia

18 Primo piano: Udine di Luciana Ildefonso 19 Primo piano: Virtus Bologna di Franco Montorro 19 L'evento: Nazionale Artisti di Paolo Marini 19 Legadue: il punto di Lorenzo Settepanella

Donne

20 Serie A1: il punto di Roberto Perticaroli 22 Serie A2: il punto di Roberto Perticaroli 23 Donne: parla il C.t.Ticchi di Roberto Perticaroli

International

26 Nba: Toronto di Mario Cagnetta

27 Eurochallenge di Gianfranco Bina

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l’ E-ditoriale Io, Ettore Playground Style Play on/off Il test

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Serie A

E la curva "tradì" Myers Un coro malandrino perché la fascia di capitano passi ad Hicks, in una partita quasi da saldi di fine stagione

di Francesco Tadei

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Qui Pesaro 89

Qui Avellino 67

E’ servita un’Avellino sfinita per ridare speranza alla Scavolini Spar. La squadra di Sacripanti ha avuto difficoltà nel primo quarto dettate dalla paura di sbagliare. I titolari parevano completamente in balia degli avversari. Il pensiero che questa partita avrebbe potuto portarla a casa i tifosi di Pesaro l’hanno avuta alla prima sirena: sotto di appena 4 punti nonostante una delle peggiori uscite dei biancorossi quest’anno. La Scavolini ha sofferto molto nel primo tempo sotto i tabelloni, non riusciva a venire a capo di un’avversaria che, per quanto a ranghi ridotti, lottava su ogni pallone. Poi il giro di vite l’han dato le riserve, salendo dal pino Myers, Zukauskas, Van Rossom e Shaw hanno rimesso la Vuelle in linea di galleggiamento e, dopo il primo pari a 19, la stessa ha messo la freccia salutando Avellino. Pesaro è matematicamente salva, un bel sospiro di sollievo dopo che in settimana i giocatori – ad una conferenza stampa – erano caduti dalle nuvole quando gli si prospettava una volata salvezza. Ora bisogna interrogarsi sul futuro, con la curva che ha eletto Hicks beniamino ed insignito della fascia di capitano ai danni del capitano Myers, il quale in campo e in conferenza stampa ha tradito un certo fastidio per quel coro malandrino. Si ricomincerà da Cantù, sperando che i giocatori lascino da parte infradito e telo da mare giusto il tempo di finire dignitosamente il campionato (nella foto, Curry).

I lupi sono scesi all’Adriatic Arena sperando, in cuor proprio, di fare il colpaccio. Difficile però regalare così tanti uomini agli avversari addirittura da presentarsi a referto in sole 10 unità. In effetti Avellino era in piena emergenza, Williams reduce da 2 settimane di stop assoluto, con Porta, Slay e Tusek out, tanto che Markovsky ha dovuto fare di necessità virtù spremendo 32 minuti a testa Radulovic e Best. Il tecnico irpino ha provato a passare a zona, per passare al cambio sistematico, finendo con adeguamenti sul perimetro, variando i quintetti alti a quelli bassi: nulla è servito, tanto che quando si è spenta la luce del faro Best i verdi sono sprofondati senza più provare a dare una scossa all’incontro. Oltre ai “vecchi” Best e Radulovic però, in pochi hanno saputo – per demeriti propri o del sistema adottato – dare il contributo sperato. Markovski afferma giustamente a fine gara: «Difficile allenarsi in sei in settimana e preparare una partita importante come questa». Eppure è sembrato che il buon Zare ci abbia messo del suo con un quintetto del tutto insensato nel secondo periodo in pieno vantaggio irpino inserendo due centri di ruolo e nessun play: qui Pesaro ha ripreso fiducia girando la partita a proprio vantaggio, qui Avellino ha perso il ritmo degli attacchi e del suo equilibrio. Ma, forse, avrebbe perso lo stesso…


Serie A

Lottomatica, la vittoria del gruppo La squadra di Gentile ha giocato rasentando la perfezione. AJ, interrotta la lunga striscia positiva

di Andrea Ninetti che è stata più pronta nelle rotazioni e quanto mai precisa al tiro da due. Jaaber leader silenzioso, Gigli (nella foto) ancora una volta ciclopico sotto i tabelloni ed una panchina assai più produttiva di quella meneghina, le tre chiavi della vittoria dei romani che ritrovano il secondo posto in classifica in attesa del recupero Teramo – Bologna, a questo punto determinante per l’assegnazione di un nutrito numero di piazzamenti in chiave playoff. Soddisfatto Gentile, che a fine partita ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto in palestra e che si è detto felice per aver ritrovato contemporaneamente un po’ di condizione fisica e pedine importanti come Brezec e De La Fuente.

Qui Roma 83

Qui Milano 71

Non si può parlare di partita perfetta solo perché quella probabilmente non esiste, ma la Lottomatica che ha schiantato Milano ha realmente rasentato la perfezione, giocando e lasciandosi ammirare per una condotta di gara esemplare dal punto di vista mentale prima ancora che tecnico. Roma ha indirizzato la sfida sui binari desiderati, mettendo pressione sugli esterni avversari e lasciando ad Hawkins lo spazio per il tiro da fuori ma non quello per giocare il suo devastante uno contro uno, l’arma più temuta alla vigilia. Dopo un brutto inizio (4-10 al 3’) e un time out riparatore, la Virtus chiudeva l’area, lasciando le briciole agli avversari mentre Hutson e Becirovic battevano la zona a proprio piacimento. Un break di 11-0 ad inizio del secondo quarto lanciava Roma e spegneva Milano, che usciva di scena col passare dei minuti soprattutto per merito di un’avversaria che non le ha mai lasciato il tempo di ragionare (le 13 palle perse nel primo tempo lo testimoniano) e

L’Olimpia torna a casa con qualche dubbio in più sulla tenuta mentale di alcuni dei suoi uomini cardine, troppo inconcludenti e svogliati. Poco da salvare in una trasferta forse troppo sentita vista l’importanza della posta in palio e per questo giocata ben al di sotto delle aspettative. Price e Vitali spenti e mai in grado di cambiar passo, Hall e Taylor impalpabili e fuori dal coro come se si trovassero per la prima volta in questa squadra e con i soli Mordente e Sow a salvare la faccia. Una sconfitta che non azzera quanto di buono prodotto fin qui ma che riporta gli eredi delle scarpette rosse coi piedi per terra, con la consapevolezza di dover lavorare molto sotto l’aspetto della personalità, quella che ha fatto la differenza fra Roma e Milano ben oltre i 12 punti di scarto conclusivi. Bucchiè apparso sconsolato ma sereno nel dopo gara, quando ha evidenziato come una lunga serie di vittorie possa poi privare delle giuste motivazioni un gruppo che comunque sta facendo bene.

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Snaidero, addio con i giovani

Serie A

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Scendono in campo i migliori prodotti del vivaio e tengono a lungo testa ad una Benetton svogliata e che esce solo alla distanza

di Luciana Ildefonso

Qui Udine 70 Senza Anderson, senza Romero, con gli adii prematuri di Torres e Buskevics, la Snaidero scende in campo per affrontare i cugini di Treviso attingendo al settore giovanile. Fanno il loro esordio in panchina ed in campo Maganza, Pascolo, Contento, Soldan e Pappalardo. Nonostante questo gli arancioni riescono comunque a gestire in maniera discreta il primo quarto che si conclude sul 17 a 15. Sono Michelutti ed Ortner (nella foto) a fare la differenza e a tenere la squadra, se pur di poco, in vantaggio. Anche nel secondo quarto la compagine locale ha la meglio su una Benetton assolutamente spenta, sotto tono o che più semplicemente, giocando contro il fanalino di coda del campionato, è in campo con poche motivazioni. Udine dà minutaggio alle giovani leve, in particolare a Maganza che senza paura sostituisce dignitosamente Romero. La Snaidero, anche grazie al prezioso contributo di Ortner (13), va al riposo lungo con un vantaggio di tre punti, 35-32. Al rientro in campo sono sempre i ragazzi di Blasone ha dominare: in tre minuti di gioco approfittano di alcune lacune difensive bianco verdi, iniziando a guadagnare qualche punto di vantaggio che con il passare dei minuti va aumentando fino a toccare a metà del terzo quarto il + 8. Da qui inizia la fase no dei friulani, finisce la benzina e anche la riserva. I bianco verdi ne approfittano: guadagnano punti e alla fine del terzo quarto chiudono con in vantaggio 56 -59. L'ultima frazione condanna

definitivamente gli arancioni, che palleggio dopo palleggio perdono lucidità e punti mancando realizzazioni facili e lasciando ampi spazi in difesa. Gli ospiti dopo solo quattro minuti di gioco hanno guadagnato un margine di 10 punti che cresce a dismisura nonostante i tentativi di Allen e compagni di cercare di tenere il passo. Game Over: 84 -70. E dalla curva si alza uno striscione: chiarezza!

Qui Treviso 84 Per i primi due periodi di gioco la Benetton affronta il match con leggerezza. Il primo quarto scorre via veloce, Treviso prende le misure e Neal Gary è l'unico a distinguersi sul parquet. Nella seconda frazione di gioco la musica non cambia e Treviso va al riposo lungo sotto di tre. La pausa non aiuta i Colori Uniti che rapidamente commettono un paio di errori difensivi e permettono alla Snaidero di allungare le distanze + 8 (32 -40). Questo margine viene gestito abilmente dai padroni di casa e la Benetton fatica veramente molto a trovare il ritmo. Ci prova Bulleri con una tripla che pare risvegliare almeno parzialmente i compagni che a due minuti dalla fine della terza frazione di gioco accorciano le distanze toccando il - 3 (50 -53). È l'inizio della rimonta, da qui in poi la partita è bianco verde: Wallace e compagni ingranano la marcia giusta: una difesa più attenta, zona 2-3, e la realizzazione di canestri in penetrazione portano i veneti a toccare 13 punti di vantaggio abilmente gestiti.


Serie A

L'Eldo vede la salvezza La Solsonica, chissà Ai campani bastano due punti, ai laziali serve qualcosa in più per rimanere nel massimo campionato di Sante Roperto

Qui Caserta 77 Solo l’aritmetica non consente alla Eldo di festeggiare la salvezza, ma 4 punti di vantaggio ed una gara in casa all’ultima giornata contro Avellino, che è virtualmente fuori dai play off e quindi senza ambizioni, permettono ai casertani di dormire sogni tranquilli. Il prossimo anno dunque, salvo sorprese dell’ultima ora (solo un eventuale arrivo a tre con Rieti e Bologna potrebbe destare qualche ansia in più), la Juvecaserta sarà ancora in LegaA. La massima serie nella quale Caserta contro la Sebastiani ha centrato la 400esima vittoria della sua lunga storia. Eppure fino a 5’ dalla sirena finale, la sfida diretta con i laziali era in perfetta parità (58-58). Di Bella e compagni non hanno saputo capitalizzare la fuga del primo tempo (33-20), poi rintuzzata fino al 40-36, e nemmeno quella di fine terzo quarto (58-47). «Abbiamo dovuto vincere due volte – ammette in sala stampa Frates – la Solsonica è stata bravissima a rimontare, noi a non perdere la testa quando a pochi minuti dal termine dovevamo ripartire daccapo, riorganizzandoci subito dopo la nuova rimonta degli ospiti». La Eldo può così tornare a sorridere, ringraziando la mano di Diaz nel finale ed i 4 punti di fila di Michelori dopo l’ultima parità, ma su tutto l’ottima serata nel tiro dalla lunga distanza (9/14 nel secondo e terzo quarto).Nella foto: Slay

Qui Rieti 63 Per una squadra sconfitta, fino a domenica, in 12 delle 13 trasferte stagionali non era compito agevole invertire il trend nella bolgia del PalaMaggiò. Eppure a frenare Rieti non è stata nemmeno la ristrettezza del suo roster, ma la scarsa lucidità nel finale di gara, quando sul 58-58 due amnesie difensive hanno spianato la strada alla maggiore consistenza dell’avversario. Un ottimo Hubalek nel primo tempo, quindi Campbell e Thomas nel secondo hanno rimontato ogni tentativo di fuga dei casertani, ma per compiere l’impresa serviva qualcosa in più.«Completata l’ultima rimonta e con il match in parità – sottolinea Lardo – ci è mancata l’ultima spinta. Sono orgoglioso di questo gruppo e di quanto fatto finora, dimostrando anche a Caserta grande carattere e voglia di reagire, almeno fino a quando le forze e le energie ci hanno sostenuto. Vogliamo però sorprendere ancora e nelle ultime due gare venderemo cara la pelle per questa salvezza». La Solsonica è riuscita nel tentativo di non dare ritmo agli avversari, complice anche un’ottima difesa 3-2 ordinata a più riprese, ma il pessimo 9/30 complessivo al tiro da 2 e da 3 nel primo tempo non poteva garantire un match in equilibrio e l’inerzia è giustamente scivolata, quasi sempre, nelle mani della Eldo. Per i laziali era anche difficile preservare il +1 dell’andata e quindi ora si punta solo ad arrivare davanti alla Gmac, o eventualmente in parità, perché la migliore differenza canestri consentirebbe comunque alla Sebastiani di completare il suo miracolo.

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Serie A

Palascapriano, ormai una fortezza Settima vittoria consecutiva nell'impianto teramano, per una squadra che ha domato una volitiva Premiata di Alessio Berdini

Qui Teramo 86 Ancora una volta la Bancatercas dimostra di meritare i complimenti e i punti raccolti quest’anno e vince una partita equilibrata grazie alla pressione difensiva (nonostante diversi tagliafuori mancati e un tempismo non sempre impeccabile nelle rotazioni) e alle conclusioni dai 6,25 di Carroll e dell’ex di turno Amoroso (18 punti, 6/8 dal campo, 4 assist e 24 di valutazione). A dirla tutta, se non fosse per la performance dominante di Jaacks (19 punti con 8/12 dal campo), che ha ridato un senso al duello in area fra le due front-line, si sarebbe posato sulla testa dell’ala di Cercola l’alloro di mvp del match. Sofferto, rimesso in piedi, controllato, “prestato” agli avversari e poi chiuso da grande squadra. Che la Bancatercas ha dimostrato nuovamente di essere, vincendo la settima partita consecutiva al PalaScapriano (la decima stagionale su 13 gare sin qui disputate). Stavolta a subire è stata Montegranaro, che in certi frangenti ha impedito a Poeta e soci di prendere possesso dell’area avversaria con penetrazioni e vantaggi costruiti su situazione di pick’n’roll dal play teramano ma che alla fine si è ritrovata a dover prendere il numero della targa alla “macchina da basket” di coach Capobianco, considerata in uno striscione alzato a inizio partita dai ragazzi dell’Inferno Biancorosso, “l’orgoglio abruzzese”. Resta in piedi quindi, alla vigilia del recupero di giovedì contro la Virtus Bologna, la possibilità di entrare fra le prime quattro al termine della regular season (nella foto, Brown).

Qui Montegranaro 83 Il messaggio è chiaro, no? Il PalaScapriano è diventato uno dei fortini più inespugnabili della Serie A. Lì puoi pure partire forte come ha fatto Montegranaro e imporre il tuo credo (5-14, 5’). Puoi anche subire (58-45, 27’), poi rientrare (69-69, 36’), e sperare che la pressione diventi insostenibile per la squadra di casa. Puoi. Ma alla fine, devi. In questo caso, analizzare una sconfitta, pur avendo catturato 20 rimbalzi offensivi (e qui pesa il 3/12 dal campo di Ivanov), pur schierando un Garris straordinario (sue le penetrazioni e gli scarichi che aprono la gara all’inizio e suo il canestro del pareggio di cui sopra) e pur avendo in mano la possibilità di mandare al supplementare il match con l’ultima azione. Vanificata da un disperato tiro da tre

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di Cavaliero: «Non ho chiamato time-out per preparare quell’azione » spiegherà coach Vanoncini, in panca al posto di coach Alessandro Finelli «perché volevo tenerlo, con quasi mezzo minuto da giocare sul cronometro, per utilizzarlo eventualmente negli ultimissimi secondi. Poi in azioni del genere capita di prendere il tiro che la difesa ti concede. Ora speriamo che Alessandro ritorni presto con noi per centrare la permanenza in Serie A come i ragazzi e il pubblico hanno dimostrato di meritare».


Serie A

Ngc risponde Gmac stacca Padroni di casa sotto esame dopo la batosta di Rieti, ospiti a pezzi e di nuovo in crisi di Paolo Corio

Qui Cantù 74 "Noi sugli spalti abbiamo voglia di playoff e voi in campo?". Come recita l'antico adagio, chiedere è lecito e rispondere è educazione. E dopo la partitaccia di Rieti, quella dei giocatori canturini allo striscione dei loro tifosi è una risposta che toglie qualsiasi dubbio. Ancora di più lo è quella di Lydeka che - al contrario di Sansone tagliata la chioma ritrova tutta la forza perduta per il recente infortunio, sfoderando una prestazione "monstre" da 30 di valutazione, somma dei 13 punti, 9 rimbalzi, 7 falli subiti e 4 recuperi messi a referto. Ma come giustamente sottolinea coach Dalmonte in sala-stampa, alla fine di una gara in cui 5 giocatori brianzoli sono andati in doppia cifra è da rimarcare anche e soprattutto la prova di Kevinn Pinkney, che si ferma sì a 8 nello score, ma profonde livelli altissimi di intensità difensiva contro Papadopoulos e con un atteggiamento alla Kevin Garnett salta pure a gioco fermo per bloccare qualsiasi pallone sia indirizzato verso la retina della Ngc... Non di soli lunghi vince però Cantù: positiva è infatti anche la prova di tutti gli esterni, che suppliscono con le penetrazioni e le realizzazioni dalla lunetta alla serataccia collettiva da oltre l'arco (2/19). Anche se poi, ironia della sorte, ad affondare definitivamente la Fortitudo è il missile del 71-62 scagliato da Mazzarino a un giro scarso di lancetta dall'ultima sirena. «Quando l'ho visto tirare, ho smesso di respirare... riprendendo non appena la palla ha mosso la retina», confessa scherzando ma non troppo coach Dalmonte. Che ha una certezza: quella di giovedì 7 maggio contro la Pesaro del canturinissimo Sacripanti sarà la sfida decisiva per conquistare un posto al sole dei playoff.

Qui Foritudo 64 Malgrado l'acqua battente, sotto di dieci (39-29) i fumatori della dirigenza Fortitudo escono durante l'intervallo per la classica sigaretta calma-nervi. Uno di loro, chiamato al cellulare e interrogato sul tempo oltre che sul risultato, non resiste alla battuta: «Sì, piove. Piove sul bagnato...». Bagnato soprattutto nell'area colorata dove, con Fucka infortunato, Bagaric ormai condannato a sedere in fondo alla panchina e Cittadini limitato dai falli, tocca al volenteroso ma vulnerabile Papadopoulos e al finto lungo Mancinelli contrastare l'atletismo canturino. Risultato: 40 a 30 nei rimbalzi per i padroni di casa, 11 a 7 in quelli di attacco. E in una partita per certi versi d'altri tempi, non essendoci di fatto alcun "effetto triple" a rompere l'equilibrio (3/18 pure per la Fortitudo), l'inferiorità sotto canestro diventa un fattore-chiave di questa sconfitta che trasforma gli ultimi due impegni dei bolognesi (in casa contro Caserta e poi a Teramo) in due over-time per la salvezza. In previsione dei quali coach Pancotto si dice sicuro che i suoi abbiano la giusta "fame": il problema - a questo punto - è che abbiano anche il giusto controllo dei nervi...

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Serie A

Carife, ok lo stesso. Angelico, mina vagante Finisce all'overtime (e in lunetta) il sogno playoff di Valli, mentre Bechi sfrutta il predominio a rimbalzo

di Mauro Cavina

Qui Teramo 86

Qui Montegranaro 83

Ancora una volta la Bancatercas dimostra di meritare i complimenti e i punti raccolti quest’anno e vince una partita equilibrata grazie alla pressione difensiva (nonostante diversi tagliafuori mancati e un tempismo non sempre impeccabile nelle rotazioni) e alle conclusioni dai 6,25 di Carroll e dell’ex di turno Amoroso (18 punti, 6/8 dal campo, 4 assist e 24 di valutazione). A dirla tutta, se non fosse per la performance dominante di Jaacks (19 punti con 8/12 dal campo), che ha ridato un senso al duello in area fra le due front-line, si sarebbe posato sulla testa dell’ala di Cercola l’alloro di mvp del match. Sofferto, rimesso in piedi, controllato, “prestato” agli avversari e poi chiuso da grande squadra. Che la Bancatercas ha dimostrato nuovamente di essere, vincendo la settima partita consecutiva al PalaScapriano (la decima stagionale su 13 gare sin qui disputate). Stavolta a subire è stata Montegranaro, che in certi frangenti ha impedito a Poeta e soci di prendere possesso dell’area avversaria con penetrazioni e vantaggi costruiti su situazione di pick’n’roll dal play teramano ma che alla fine si è ritrovata a dover prendere il numero della targa alla “macchina da basket” di coach Capobianco, considerata in uno striscione alzato a inizio partita dai ragazzi dell’Inferno Biancorosso, “l’orgoglio abruzzese”. Resta in piedi quindi, alla vigilia del recupero di giovedì contro la Virtus Bologna, la possibilità di entrare fra le prime quattro al termine della regular season (nella foto, rown).

Il messaggio è chiaro, no? Il PalaScapriano è diventato uno dei fortini più inespugnabili della Serie A. Lì puoi pure partire forte come ha fatto Montegranaro e imporre il tuo credo (5-14, 5’). Puoi anche subire (58-45, 27’), poi rientrare (69-69, 36’), e sperare che la pressione diventi insostenibile per la squadra di casa. Puoi. Ma alla fine, devi. In questo caso, analizzare una sconfitta, pur avendo catturato 20 rimbalzi offensivi (e qui pesa il 3/12 dal campo di Ivanov), pur schierando un Garris straordinario (sue le penetrazioni e gli scarichi che aprono la gara all’inizio e suo il canestro del pareggio di cui sopra) e pur avendo in mano la possibilità di mandare al supplementare il match con l’ultima azione. Vanificata da un disperato tiro da tre di Cavaliero: «Non ho chiamato time-out per preparare quell’azione » spiegherà coach Vanoncini, in panca al posto di coach Alessandro Finelli «perché volevo tenerlo, con quasi mezzo minuto da giocare sul cronometro, per utilizzarlo eventualmente negli ultimissimi secondi. Poi in azioni del genere capita di prendere il tiro che la difesa ti concede. Ora speriamo che Alessandro ritorni presto con noi per centrare la permanenza in Serie A come i ragazzi e il pubblico hanno dimostrato di meritare».

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Primo Piano

Udine: che cosa succederà ora? di Luciana Ildefonso

È finito un anno difficile e di scelte incomprensibili. La presidenza ora chiede tempo. Per rilanciare o per mollare? dine è matematicamente retrocessa. Con ben tre giornate di anticipo sulla fine del campionato la Snaidero ha salutato la massima serie ed è scesa in legadue. Alla fine di un annodifficile, davanti a scelte incomprensibili, un viavai estenuante di allenatori e giocatori, il caos ha avuto lameglio e per la compagine friulana ormai non cè più via di fuga. Ora, l'interrogativo che si pongono tutti, è quello di capire cosa si farà in casa arancione. E sì, perché dopo l'ennesima sconfitta, la presidenza ha chiesto qualche giorno di riflessione per capire cosa fare, come muoversi, in che direzione agire. Facendo una analisi della stagione sono molte le cose che non hanno funzionato findall'inizio: la formulazione mal fatta della rosa (un “vero” play è arrivato a due mesi dalla fine del campionato), i cattivi rapporti con i coach (Caja, Sacchetti), i risultati pessimi (ad oggi solo sei vittorie) e l'elenco potrebbe essere senza fine. Chi pagherà per questi errori? Nel frattempo il silenzio da parte dei massimi vertici è imbarazzante e i “no comment” dei giocatori suscitano grande curiosità. In città, infatti, non si parla di altro e tutti hanno idee e proposte.

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In molti, per esempio, cercano di trovare una risposta in merito al ruolo ricoperto da Teo Alibegovic: sarà racchiuso in questo nome il futuro del basket friulano o ci sarà ancora Edi Snaidero (nella foto, alla sinistra di Sacchetti) al comando? C'è chi addirittura ipotizza la consegna della compagine nelle mani del Primo Cittadino. E si perché il rischio più grande è che ad Udine, da sempre piazza vicina al mondo della palla a spicchi, possa non esserci addirittura più basket. E non solo quello maschile, ma anche quello femminile (oggi impegnato nei playoff di A2). Ma ovviamente i quesiti della gente non si fermano qui: se qualcuno deciderà di accollarsi questa responsabilità, da dove si ripartirà? Cosa si farà? Sono numerose le incognite che in questo istante passano nella mente dei tifosi e degli amanti della pallacanestro. Una risposta però, pare si potrà avere solo fra qualche giorno e nel frattempo non resta altro che attendere la conclusione del campionato, momento in cui probabilmente arriverà la sentenza finale.

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Italia

Quanto vale davvero la Virtus?

La finalissima di Eurochallenge ha evidenziato pregi e difetti di una squadra che Boniciolli “vuole” in finale scudetto. Sì, ma... di Franco Montorro

ldo Giordani, quel manipolo di giocatori di brio dello Cholet li avrebbe definiti senza nessun intento denigratorio “negretti sciolti” e infatti proprio loro che il paisà Nando De Colo giocando in scioltezza e in tranquillità, in sei minuti, quelli finali, sembravano poter realizzare l'impresa (dal loro punto di vista) o la disgrazia (vista da Casa Virtus). Così non è stato, la rimonta non è andta a buon fine, capitan Giovannoni ha potuto imitare capitan Abbio del 2001 e la corazzata bianconera una finale l'ha vinta davvero, sul suo campo, dopo l'Eurolega targata Kinder. Ma mentre la gente abbandonava il palasport senza nemmeno schiamazzi, diremmo con misura, sotto una pioggerellina di tipo mourinhesco (antipatica), quei 40 minuti che hanno portato alla vittoria in Eurochallenge a qualche spettatore più disincantato, o a qualche critico meno coinvolto nell'euforia contenuta, sono parsi esemplari su pregi e difetti della squadra di Boniciolli. anche se non soprattutto, a questo punto, in chiave playoff/qualificazione all'Eurolega/finale. Gli appunti sparsi alla FuturShow, se ricomposti dicono questo. Primo: la Virtus paga spesso pegno negli avvii di gara, quando non riesce a prendere le isure agli avversari; Secondo: la Virtus non sa o non riesce a controllare il ritmo

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quando si tratta di amministrare il vantaggio; Terzo: lo stato di salute della maggior parte delle guardie è, per Boniciolli preoccupante; Quarto: in questo momento le chiavi di volta per la Virtus sono Langford, Mvp giusto, e “Long” Ford. Non Boykins, a tratti irritante, quasi sempre inaffidabile; Quinto: lo stato di lucidità dell'intera panchina bianconera non è apparso dei migliori. Vuoi per u time out non chiamato, vuoi per non aver mandato nessuno a rimbalzo per due liberi con ils econdo sbagliato; Sesto: la difesa Virtus se a volte provoca antiche suggestioni come la 1-3-1 in alcune occasioni provoca rinnovate preoccupazioni per la sua staticità soprattutto quando poi c'è da andare a rimbalzo; Settimo: se qualcuno sostiene che la partita era difficile in quanto finale, ha ragione. Ma se la mettiamo sul piano puramente mentale e consideriamo anche i vari ed eventuali fantasmi che potrebbero aver alloggiato nelle teste dei giocatori, allora dovremmo considerare che questa squadra non è pronta a sfide di alto livello soprattutto se consideriamo come il più grosso difetto di questa Virtus sia stato quello di non avere un rendimento regolare non solo nell'arco di poche partite, ma


anche nel corso di un singolo incontro (vedi il primo punto); Ottavo: da questo punto di vista la trasferta-recupero di Montegranaro arriverebbe al punto giusto, perché una vittoria rilancerebbe gli entusiasmi in campionato offrendo il secondo post su un piatto d'argento. D'altro canto una sconfitta, magari senza mai essere in partita, confermerebbe i limiti più di testa che di gambe di un complesso assai distante dal concetto di

regolarità (vedi Ferrara, dopo il ko interno con Siena); Nono: gli arbitri sbagliano. Per fortuna della Virtus è accaduto anche nella finalissima con lo Cholet, in un paio di occasioni nel finale in maniera volonterosamente e furbescamente casalinga. Poi, se i francesi tirano con il 10% da 3 si siegano anche diverse altre cose. Decimo: l'assenza della Fip è stata scandalosa. Non consolerà il giustamente irritato Sabatini ricordare che fu così ad esempio anche nel 1993, all'Open di Monaco: Virtus contro Phoenix in finale, Italia contro Nba e Lega e Fip a fare merenda altrove. Perché il 26 aprile la Virtus “avrebbe” (scusate il condizionale) vinto una coppa europea da squadra italiana e, insomma, visto che il fatto era anche prevedibile, la Federazione Immobili Pallacanestro avrebbe dovuto essere degnamente rappresentata. Giusto perché essa stessa dovrebbe rappresentare noi tutti, ma se non lo fa in queste occasioni così semplici... auguri!

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L'Evento

Gli artisti per i terremotati di Paolo Marini

Puntata a Teramo della Nazionale Basket Artisti, in una gara di beneficenza a favore dei colpiti dal sisma che ha squassato l'Abruzzo

o scorso 23 aprile è arrivata l’Nba a Teramo. Non quella Nba, però. Un’altra. Non la National Basketball Association ma la Nazionale Basket Artisti. Meno spettacolare ma più funzionale al momento di grande difficoltà che l’Abruzzo sta vivendo per il sisma del 6 aprile. E così, mentre scosse d’assestamento continuano a interessare L’Aquila e le province limitrofe (nelle ultime due settimane ne sono state registrate circa 3.500 dall’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia), il PalaScapriano ha ospitato un match d’esibizione che ha coinvolto i giocatori della Bancatercas e, appunto, la Nba. Un’associazione nata 9 anni fa con l’intenzione di organizzare delle iniziative di beneficenza coinvolgendo personaggi dello spettacolo (in questo caso il comico Roberto Ciufoli, Fabrizio Frizzi, dj Ringo, Carlo “Mister Fantasy” Massarini) e cestisti ai quali viene chiesto di “staccare le scar-

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pette dal chiodo” e tornare sul parquet. Come nel caso di Antonello Riva (che la mette sempre da tre con una naturalezza invidiabile) e Dan Gay, due dei protagonisti di una serata che alla fine ha permesso di devolvere circa 3.500 euro ai terremotati. E di svagarsi un po’, ridendo per le gag di Ringo o applaudendo per le schiacciate spettacolari di Moss e Carroll. Insomma, tutti d’accordo alla fine sull’utilità di questo gesto. Anche il capitano della Bancatercas Gianluca Lulli, che subito pone l’attenzione sulla voglia di reagire che contagia la gran parte dei suoi corregionali “adottivi”: «Siamo felici di aver contribuito alla riuscita di questo evento facendo sorridere la gente in giorni nei quali ancora si percepisce la tensione. Gli abruzzesi sono persone che meritano tutto il rispetto per come stanno affrontando questa tragedia e colpisce sempre più la grande voglia di ripartire da zero che si percepisce parlando

con loro. C’è bisogno di ritrovare prima possibile una normalità per questa gente e se queste iniziative possono aiutare, anche sul piano economico, ci attiveremo per organizzarne altre». Nella speranza di poter ricontestualizzare la parola normalità anche grazie al campionato: «Le scosse – conclude Lulli – sono meno frequenti adesso ma anche per noi giocatori è stato un periodo scombussolato. Fra l’altro io ho due bambine piccole e questo aumenta l’apprensione. Inoltre non ci siamo potuti allenare al PalaScapriano per due settimane, per diversi giorni non siamo riusciti a riposare con la dovuta tranquillità, ma in fondo ci riteniamo fortunati, perché sono altre le persone che stanno veramente male in questo periodo. Comunque, in campionato abbiamo già ripreso a vincere e questo aiuta, anche perché pur avendo battuto ogni record societario sono sicuro che il bello per noi deve ancora arrivare».


Legadue

E Varese finisce per "A" di Lorenzo Settepanella

Alla fine, come da pronostico, la Cimberio piega la Prima Veroli e ritorna nella massima serie. La nostra analisi delle serie playoff inisce 81-70, davanti a 5000 spettatori appassionati, in un PalaWhirlpool gremito e festoso, al termine di 40’ di battaglia e tensione, con Varese che chiude ogni quarto in vantaggio, rintuzzando ogni tentativo di ravvicinamento degli uomini di Trinchieri. La formazione di Stefano Pillastrini vince meritatamente ma deve tirar fuori dal cilindro una prova tremendamente intensa per aver ragione di una formazione tenacissima, che ci ha provato fino alla fine, attuando un piano tattico obbligato e intelligente, basato su una enorme pressione difensiva su Randolph Childress, il faro del gioco varesino, l’uomo che in moltissime occasioni si è caricato la Cimberio sulle spalle. Il grande lavoro delle guardie laziali mette Randy in un angolo per troppi minuti (il primo canestro del Professore arriva solo al 28’), ed è proprio qui che Varese si scopre più che mai squadra, lasciando emergere individualità più spesso abituate a recitare ruoli da gregario. L’organico del Pilla, in condizioni atletiche smaglianti, trova infatti risorse preziosissime dal nucleo italiano. La buona circolazione di palla porta Galanda, Cotani, Martinoni e Passera alla gestione

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della responsabilità nel miglior modo possibile, con Veroli che invece riceve essenzialmente da Gatto, Nissim ed in parte Hines prove di maggiore spessore. Prove figlie della bontà della manovra corale di Trinchieri che, non potendo disporre del talento creativo di Robinson (completamente fuori partita Stelmahers, 11’ di niente) deve necessariamente affidarsi al penetra e scarica di Nissim e al tiro pesante (eccellente Gatto, penalizzanti le polveri bagnate di Migliori, 3/10 dall’arco e con diversi tiri potenzialmente chiave sparati sul ferro). Ma sono risorse tuttavia limitate contro lo smalto fisico e la fortissima motivazione di Varese, che con il passare dei minuti trova grande qualità anche da Lauwers e Dickens (preziosa la precisione periferica del belga, specie ad inizio 3° quarto, importantissimi la reattività ed i 13 punti in 16’ dell’americano, tenuto precauzionalmente fuori dallo starting five da Pillastrini per una caviglia ancora dolorante, poi brillantissimo e spettacolare). Varese vola dritta in serie A e dopo un anno di purgatorio torna al livello che le compete, stavolta con un progetto vero ed una programmazione che le mancava da troppi

anni. Veroli proverà ad inserirsi nel livello di cui sopra passando dai playoff, ma esce da Masnago a testa altissima, mostrando un’organizzazione difensiva che la renderà un cliente terribile per chiunque. A cominciare da una Scafati che parrebbe non aver la minima chance per opporsi allo spessore fisico e tecnico della Prima. Playoff che mostreranno argomenti interessanti anche nello scontro fra Soresina e Pavia (implacabile in casa quanto fragile lontano dalle mura amiche la Vanoli, mentalmente libera e capace di ogni risultato l’Edimes), in quello fra Casale Monferrato e Rimini (con la Fastweb che parrebbe troppo solida e talentuosa per ricevere grattacapi dai Crabs, ormai appagati dalla salvezza anche se con elementi come Scarone e De Pol che di playoff ne hanno giocati parecchi) e soprattutto in quello fra Sassari e Jesi che pare il più equilibrato di tutti, in cui bisognerà valutare se peserà di più il talento della trazione posteriore di Cavina piuttosto che la classe di Michele Maggioli vicino e lontano dall’area colorata. Palla a due, per tutte e quattro le serie di quarti di finale (da giocare al meglio delle 5), a partire da domenica 3 maggio.

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C'è bisogno della prova del tre Semifinali ad oltranza: Taranto vertiginosa a Faenza, riscatto di Schio. Nei playout, salva Livorno

di Roberto Perticaroli Ragazzi, abbiamo scherzato. Si riparte da uno pari e solo dopo la “bella” sapremo chi si disputerà lo scudetto 20082009. Eh si, perché Faenza, dopo aver compiuto un’impresa titanica violando il PalaMazzola, in casa non è riuscita a chiudere i conti, dando una nuova chance ad un Taranto che in terra faentina ha mandato cinque giocatrici in doppia cifra, dando l’impressione di solidità, soprattutto sopravvivendo a quell’inizio vorticoso della squadra di Paolo Rossi che non faceva presagire nulla di buono. Dopo il -7 del primo quarto, Taranto incomincia a difendere, l’unica via per poter salvare la pelle ed allungare la serie. Il controparziale di 8 a 0 rimette in partita con la testa e con il fisico le joniche, David e Batkovic su tutte. Il 20 a 7 del secondo quarto manda negli spogliatoi una squadra che crede seriamente nella possibilità di uscire con il referto rosa dalle mani. Si ritorna in campo ed il canovaccio è lo stesso: la difesa di Taranto sembra quella delle giornate migliori e Faenza in attacco fatica, uscendo dai guai molto spesso per la bravura ed il talento delle sue soliste. Taranto al massimo vantaggio sul +9 con una tripla di Mahoney, poi un tecnico a Ricchini ridà fiato ad un Faenza visibilmente in difficoltà. Comunque sia, +6 Taranto al 30°. L’ultima quarto si gioca sul filo dei nervi e della tensione, benzina probabilmente non ne è rimasta tanta e si vedono errori da ambo le parti. Bjelica prova a far fuori da sola la sua ex squadra ma Taranto a turno trova una protagonista: Mahoney (nella foto), Batkovic, Godin, fino a David, che risulterà decisiva per questa vittoria dal peso specifico notevolissimo. Nel gioco al massacro dei tiri liberi dell’ultimo minuto Taranto non paga dazio su uno 0/2 di Greco. Faenza arriva al massimo a -2 ma la partita se l’aggiudica Taranto che festeggia insieme agli impagabili tifosi rossoblu che anche in un sabato festivo si sono sobbarcati centinaia di chilometri per non lasciare sole le loro beniamine in una partita difficile quanto delicata. Ma nel

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dopo-partita ci pensa coach Ricchini a riportare tutti con i piedi per terra, facendo capire che prima di arrivare alla finale scudetto c’è un’altra battaglia da affrontare. «La mia squadra qui a Faenza è stata grande, superando le difficoltà e le paure emerse in gara-uno. E’ stata una vittoria del collettivo, con tutte le giocatrici che si sono prese le loro responsabilità, disputando una partita intelligente. Ma già da domani (domenica n.d.r.) dobbiamo pensare alla “bella”: questa affermazione in trasferta su un campo difficile, deve servire per riprenderci mentalmente e proiettarci su una nuova partita fondamentale per il nostro cammino». E Ricchini fa bene a mettere in guardia le sue perché conosce il valore dell’avversario e ha ancora negli occhi la splendida prestazione di Adriana e compagne al Palamazzola: certo è che Faenza ha perso un’occasione grande quanto una casa. Stessa cosa può dirsi di Venezia che dopo aver vinto tatticamente gara-uno al Palacampagnola riuscendo a tenere opportunamente il punteggio addirittura sotto quota “50”, sabato scorso ha subìto la voglia di riscatto di Schio che già alla fine del primo quarto (14-23) aveva realizzato più della metà dei punti segnati nella gara di apertura della serie. Poi sono arrivati i dieci minuti giocati “da Reyer”, purtroppo gli unici, che hanno rimesso in partita Andrade e compagne che andavano al riposo sotto di appena due lunghezze. Il parziale di 40 a 22 dei secondi venti minuti disegna abbastanza realisticamente l’andamento del match, disputato di fronte ad un PalaTaliercio che offriva un colpo d’occhio entusiasmante. Cosa è cambiato rispetto a garauno? Intanto tre giorniprima Massimo Riga con la zona e la box and one aveva buttatato sabbia nei meccanismi di Schio costringendo, tanto per fare un esempio, Masciadri ad un misero canestrino dal campo. Poco o nulla avevano fatto anche le altre, i play non avevano inciso per nulla le lunghe, esclusi alcuni flash di Ress, non avevano lasciato traccia. Sabato scorso invece Antibes e McWilliams (non pervenute


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VENEzIA-SChIo, UN PUrtroPPo C'è

in garauno) insieme hanno scritto “36”, Macchi ha chiuso con 22 punti e 22 divalutazione a dimostrazione di una partita a tutto tondo. Nella Reyer, invece, nella partita in cui Hayden non ha avuto problemi di falli, pontendo rimanere in campo 28 minuti (probabilmente record personale) e chiudendo l’incontro con una “doppia-doppia” (20+10), sono state le altre a latitare, come dimostrano gli “zero” falli di Jokic e Nadalin, spia probabilmente di un atteggiamento un po’ molle in difesa dove invece in gara uno si era morso e lasciato i segni. Ed ora? Sentiamo Massimo Riga, allenatore delle oro-granata: «Siamo 1 a 1 e in queste quattro partite è sempre saltato il fattore campo: ci affidiamo anche a questa cabala per sperare, oltre ovviamente sapendo di dover giocare una partita migliore per poter sperare di impensierire Schio». Sabato scorso, oltre che per lo scudetto, c’era anche chi lottava nella polvere dei playout per evitare il ruzzolone in serie A2. Alla fine è toccato a Ribera alla quale non è riuscito il miracolo dello scorso anno quando, partendo dalla peggiore posizione, riuscì a salvarsi. A mantenere il posto in A1 sarà Livorno (nella foto), per lo meno tutto il trambusto estivo dell’operazione con La Spezia a qualcosa è servito. Una stagione davvero tribolata, con tre allenatori ed un “viavai” di giocatrici italiane e straniere che certamente non ha dato stabilità all’ambiente. Cinzia Piazza, autentica bandiera della pallacanestro femminile livornese, ha portato la ciurma in salvo. E questo contava. Salvezza meritata per aver saputo vincere in trasferta (Livorno era riuscita anche ad espugnare in un’occasione Pozzuoli nel primo turno) ma dal prossimo anno, magari, sarà il caso di lottare per qualcosa di più ambizioso. Lo richiede la tradizione e la passione per la pallacanestro che c’è da quelle parti. Infine, e a margine, un bentornato a Stefano Michelini come nuovo allenatore di Parma, presentato ufficialmente lunedì.

A margine Venezia-Schio, derby che ha visto un palasport strapieno ed un tifo caloroso ed incessante da ambo le parti, l’unica nota stonata arriva da bordocampo. ricostruzioni poco chiare e nelle quali non vogliamo addentrarci perché a noi interessa soltanto quello che accade sul parquet parlano di un incontro fin troppo ravvicinato tra il presidente di Venezia Brugnaro ed il suo collega Cestaro che a metà dell’ultimo quarto si stava recando a salutare i suoi tifosi, passando sotto la curva dei tifosi reyer. Il risultato di questo “incontro-scontro” tra presidenti un bernoccolo sulla fronte e due dita steccate per il presidente della società scledense. Nel dopo-gara Cestaro si è chiarito con Brugnaro il quale si è giustificato dicendo: «Volevo difenderti dai nostri tifosi». Cestaro ha chiesto un gesto riparatore e ha dichiarato: «Martedì nella bella di Schio, ci stringeremo la mano in mezzo al parquet davanti a tutti». riportiamo queste poche righe per dovere di cronaca ma ne avremmo fatto molto volentieri a meno, soprattutto perché sarà l’occasione per qualcuno che non lo fa mai di occuparsi di basket femminile. Con la pubblicità che possiamo immaginare… r.p.

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Col cuore in gola Lucca, Cavezzo, Marghera, Pontedera, Ancona e Cagliari qualificate per le semifinali. Per la retrocessione derby lombardo tra Broni e Biassono di Roberto Perticaroli

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ei squadre hanno già conquistato l’accesso alle semifinali: per conoscere le altre due bisognerà attendere mercoledì quando sarà in programma garatre. Ma andiamo con ordine. Sabato pomeriggio Lucca, anche se in maniera non agevole, ha espugnato Bolzano (nella foto, la squadra altoatesina) e conquistato il passaggio del turno. Un grande risultato quello ottenuto dalla squadra toscana che da neo-promossa ha conquistato l’ accesso alle semifinali in sole due partite. Merito da dividere in parti uguali tra società, giocatrici e staff tecnico. E ora alla finestra in attesa di conoscere la prossima avversaria, che uscirà fuori dallo spareggio tra Udine e Bologna. La squadra felsinea, infatti, al Paladozza, dopo la netta sconfitta subita in Friuli si è riscattata con una prestazione davvero positiva di fronte al proprio pubblico trascinata da Erika Aleotti (super prestazione per la guardia della Libertas, priva oramai da tempo di Coraducci) che è servita per dare un’inversione di tendenza nei confronti delle friulane, negli ultimi anni uscite sempre vincitrici dai confronti con le bolognesi. E’ finita 2 a 0 per Marghera la sfida tra la squadra di Giuliani e Reggio Emilia: vinto il primo incontro in trasferta, le venete, con un’ottima prestazione della giovane Granzotto, conquistano la semifinale. Reggio Emilia vede scorrere i titoli di coda sulla sua stagione. Roberto Vecchi, presidente reggiano: «Per prima cosa voglio dire che Marghera ha conquistato la semifinale con pieno merito. Ma queste ultime due sconfitte non cancellano quanto di bello ed incredibile è stato fatto in questa stagione. Questa è una squadra che rimarrà nel ricordo della nostra società per lo spirito ed i miglioramenti che le ragazze hanno evidenziato durante tutta la stagione. Credo sia stata una delle annate più belle della mia gestione da presidente. Per la prima volta volevo che il campionato non finisse mai!». Ha chiuso la pratica Montichiari in due partite il Cavezzo di Luigi Piatti. Dopo la netta vittoria già ottenuta in casa, un ventello anche in Lombardia. In semifinale in programma un interessante Cavezzo- Marghera (nella foto): nella stagione regolare una vittoria a testa, per cui si preannuncia una semifinale interessante e per niente scontata. Passiamo al girone B dove i tre derby in programma si sono chiusi 2 a 0 mentre Pomezia-Napoli avrà l’appendice di garatre. A Siena netta vittoria di Pontedera mentre a Porto San Giorgio Ancona allunga nel finale. Dopo il punteggio bassissi-

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mo di garauno, altro derby al limite dei cinquanta punti a Cagliari. 2 a 0 per il Cus che, arrivato settimo al termine della stagione regolare, elimina la Virtus, seconda alle spalle della capolista Pontedera. Emozioni a non finire a Napoli dove la squadra di casa ad un certo punto ha pensato di avere la semifinale in tasca (+9 a tre minuti dalla fine). Poi la grinta ed il carattere di Pomezia (nella foto, Cinili) ed una ritrovata Granieri, pienamente recuperata dall’infortunio e determinante per la sua squadra, hanno riportato il match dalla parte delle laziali che, meritatamente, hanno una nuova chance sul campo di casa. Problemi di falli per le due lunghe Scimitani e Georgieva, sempre assente Schiesaro, 17+15 per Delibasic. In semifinale Ancona-Cus Cagliari mentre Pontedera affronterà la vincente di Pomezia-Napoli. E passiamo ai playout. Nel girone nord Crema e San Martino Lupari hanno già conquistato la permanenza in serie a2. La squadra veneta, neo-promossa, ha centrato un obiettivo in cui ad inizio stagione probabilmente credevano solo in Veneto. Complimenti a Biral e compagne che, lo ricordiamo, sono neopromosse. Dopo la vittoria di un punto nella gara di andata, più netta la vittoria in trasferta di Crema a Biassono. Partita mai in discussione, pronti, via, e 28-10 per Fumagalli e compagne, con molti recuperi e contropiede. Recupero Biassono fino al 25-37. Nel secondo tempo sempre avanti Crema con vantaggi oscillanti tra i 12 e i 18 punti. Un commento di Filippo Bacchini: «E’ finito un incubo, adesso siamo una squadra, peccato sia finito il campionato. Siamo pronti per i tornei estivi», chiude in maniera ironica il coach di Crema, passata clamorosamente nel giro di 12 mesi dallo spareggio per l’A1 col Geas ai playout. Al tirar delle somme, sarà un drammatico derby lombardo tra Broni e Biassono a decidere chi scenderà in B facendo compagnia a San Bonifacio. Nel raggruppamento meridionale invece in programma due spareggi nel turno infrasettimanale. Come di consueto equilibrio tra Rende ed Alcamo, con vittoria per le calabresi che ora torneranno in Sicilia. Ad Alghero invece, vittoria delle sarde su Firenze: allungo decisivo in rimonta delle padrone di casa nell’ ultimo quarto. Francesco De Rosa, ds di Alghero: «Anche in questa partita abbiamo sofferto la fisicità di Firenze, abbiamo tenuto nei primi tre quarti ed allungato nell’ultimo. Mercoledì ci aspetta una battaglia, sarà dura ma ci proveremo».

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Azzurro mare con il c.t. ticchi Un clinic a Civitavecchia, un lungo incontro con l'allenatore della Nazionale, che spiega i suoi progetti per gli Europei. E non solo di Roberto Perticaroli

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abato scorso Civitavecchia ha ospitato un basket coach clinic, in collaborazione con il Cna e la società ASD Polisportiva 2094 che ha fatto gli onori di

casa. Ad effettuare le relazioni ai tecnici del Lazio Giampiero Ticchi, allenatore della nazionale maggiore femminile e Nino Molino, allenatore della nazionale under 20. Numerosa ed interessata la partecipazione degli allenatori, al di là della mera conquista di “punti” validi” per il “PAO” (non è una sigla terroristica ma sta per programma di aggiornamento obbligatorio, appuntamenti a cui sono obbligati a partecipare gli allenatori per la propria tessera). Al di là del motivo che ha portato il coach azzurro nell’alto Lazio, l’occasione era troppo ghiotta per avvicinare l’allenatore nativo di Pesaro. Il “farmacista”, con il suo solito garbo

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e disponibilità, parla un po’ di tutto: campionato, nazionale, futuro della squadra azzurra. D’altronde, incontriamo Ticchi a poche ore da gara-due di semifinale. Coach, partiamo dal campionato. Taranto, Schio, Venezia e Faenza hanno chiuso ai primi quattro posti. Erano proprio loro le migliori del lotto? «Direi proprio di si per quello che hanno vedere durante l’intero arco del campionato. Parma che è arrivata quinta poteva in partenza ambire a qualcosina in più ma con tutti gli infortuni che ha avuto credo proprio che di più non potesse fare. Perciò, direi che la classifica finale è espressione fedele dei valori espressi nella stagione regolare. Poi nei playoff tutto può cambiare: ed infatti abbiamo già


Donne visto che in gara uno è saltato il fattore campo. E magari le sorprese non sono ancora finite». Un aggettivo per ognuna delle quattro squadre. «Taranto: una corazzata. Schio: esperienza, soprattutto tra le italiane. Venezia: imprevedibilità. Faenza: solidità». Il nome di qualche giocatrice che l’ha sopresa per un rendimento positivo superiore alle aspettative? «In parecchie occasioni le nostre hanno fatto davvero bene, mentre per le straniere faccio i nomi di Godin e Mahoney di Taranto». A Ticchi, prima ancora che parlare di tecnica, tutti hanno dato il merito di aver restituito entusiasmo ad un ambiente che ne aveva ben poco, giocatrici ed entourage. «Appena arrivato è stato il primo obiettivo che mi sono prefissato: il disinnamoramento era evidente e chiaro, io ho cercato di far capire a tutte l’importanza di giocare con la maglia azzurra». A questo proposito, ci sono giocatrici che hanno deciso di dire basta e di considerare chiusa la loro esperienza in maglia azzurra. E, guarda caso, molte di queste ricoprono il ruolo di playmker, che risulta falciadiato dagli innumerevoli (e gravi infortuni) occorsi a Gianolla e Sottana. Chiara la posizione dell’allenatore con la scritta Italia sulla maglietta: «Lo scorso anno a Pomezia alcune giocatrici mi hanno detto che non volevano saperne più della

Nazionale.A queste giocatrici non solo non abbiamo chiuso le porte ma siamo anche pronti ad aprire le braccia. Con me ci sarà sempre spazio per chi dimostra di avere il piacere di giocare in Nazionale». Giampiero Ticchi, quando partecipa ai raduni delle squadre nazionali giovanili, piuttosto che intervenire parlando, preferisce mostrare un filmato realizzato dall’ufficio stampa della Federazione, 25 minuti in cui sono rappresentanti i momenti migliori della nazionale italiana maschile e femminile dal 1950 ad oggi. «Per giovani che sono all’inizio della loro attività è importante far capire l’importanza della maglia azzurra: in questo modo penso di riuscirci». Recalcati ha dichiarato che vorrebbe che il suo gruppo prendesse esempio (dal punto di vista del carattere e della compattezza) da Macchi e compagne. «Un gran bel complimento senza dubbio, colgo l’occasione per ringraziare Recalcati, con cui sono in ottimi rapporti, ed il presidente Meneghin per gli attestati di fiducia e stima che mi hanno rivolto in quest’anno di lavoro». La nostra chiacchierata è finita. Sotto con il clinic, a dispetto di un microfono che non ne vuole sapere di funzionare, Ticchi ci mette voglia e partecipazione. Regalando qualche rimbrotto (“Non si riceve la palla ad una mano, in Nazionale, chi cade in questo errore, fa dieci flessioni») e qualche “cinque” alle fortunate che sabato mattina hanno avuto la fortuna di lavorare con lui. Abbiamo estrapolato alcune frasi dal lavoro che Ticchi ha svolto con le ragazze. Una in special modo ci ha colpito: «Il passaggio è un fondamentale troppo spesso sottovalutato dagli allenatori. Fate bene attenzione quando vedete le partite. Le squadre che si passano bene la palla sono anche quelle che giocano meglio». Ipse dixit.

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NBA

toronto, manovre per stare meglio

Stagione deludente per i Raptors. Il nostro corrispondente dal Canada anticipa strategie e amplifica voci. Comprese quelle su Messina, certo di Mario Cagnetta progressi li vogliono vedere tutti: a cominciare dai tifosi più che mai delusi da una stagione che ha visto vincere i Toronto Raptors soltanto 33 volte contro le 49 sconfitte. Per finire con Chris Bosh che per restare vuole vedere la squadra giocare meglio ma soprattutto vincere di più. Per questo motivo il presidente dei Toronto Raptors Bryan Colangelo (nella foto) assieme al vice Maurizio Gherardini (nella foto, fra Renzi e Laguardia) è già al lavoro per mettere a punto la squadra per il prossimo anno. Ancora sono poche le certezze, circolano solo tante voci per via anche delle regole Nba che vietano ai team fuori gioco di trattare con giocatori impegnati nei playoff. In ogni caso qualche cosa già si sa: innanzi tutto ci dovrebbe essere il ritorno ai Dinos della guardia Carlos Delfino. Il cestista argentino, free-agent restricted, dovrebbe riapprovare in Ontario per rinforzare la panchina, uno dei tanti punti deboli della franchigia canadese. Poi arriverà un lungo per dare un po’ di riposo ai due titolari Andrea Bargnani e Chris Bosh e anche una guardia tiratrice da 15/20 punti a partita. Su quest’ultimo, il discorso si fa più complicato perché ancora non si hanno notizie sul suo futuro e proprio il prossimo anno diventerà free-agent. CB4 incontrerà Colangelo il mese prossimo per valutare la proposta che il general manager gli farà: interesse di entrambi è non farsi troppo del male in caso di divorzio. Bosh, che attualmente guadagna 14,4 milioni di dollari, è alla ricerca di un contratto ancora più prin-

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NBA cipesco e di lunga durata per diventare un franchise-player e chiudere la carriera magari con qualche titolo Nba sulla casacca. Il presidente dei Raptors vorrebbe, invece, convincere il giocatore a legarsi a Toronto per i prossimi anni e costruire intorno a lui una squadra competitiva. In quest’ultima ipotesi, il progetto vede naturalmente Bosh assistito da Bargnani e Calderon. Questi tre giocatori potrebbero essere il perno mentre sugli altri due nomi che comporranno il quintetto base ancora si sa molto poco: di sicuro Anthony Parker, se rimarrà (è molto probabile), partirà dalla panchina mentre sull’ala piccola molto dipenderà dalle intenzioni di Shawn Marion. L’ala ex Phoenix Suns porta a casa 17 milioni di dollari l’anno e ha un contratto in scadenza. È fuori di discussione che Colangelo offrirà le stesse cifre per tenere il giocatore a Toronto. Non dovesse arrivare la sua firma, i Raptors avranno comunque tantissimi soldi da poter investire per acquistare un free-agent e per far arrivare in Canada un altro grande giocatore per completare il roster. Nei prossimi giorni, sia Gherardini che Colangelo voleranno in Europa per la Final four ufficialmente per visionare i giocatori più bravi e magari portarne qualcuno in Canada. Sempre a Berlino, si sussurra, i vertici dei Dinos avranno un incontro molto ravvicinato con Ettore Messina da molti considerato come uno dei possibili candidati alla panchina per la prossima stagione. Sul versante del coach, la vicenda è altrettanto complicata. Lo spogliatoio di Toronto ha chiesto, forse più per salvare la faccia che altro, la riconferma di Jay Triano anche per il 2009/2010. Intorno a lui, potrebbe essere affiancato come lead assistan coach Marc Iavaroni, ora ai Memphis Grizzlies. Secondo la stampa canadese, Triano avrebbe più possibilità di Messina di guidare il team soprattutto per i problemi che quest’ultimo avrebbe nell’inserirsi nei meccanismi dell’Nba. L’altra faccia della medaglia, però, potrebbe aprire interessanti spiragli per il coach del Cska Mosca. Non bisogna dimenticare che la cura Triano quest’anno non ha portato ai risultati sperati e anzi la sua media tra vittorie e sconfitte è stata peggiore di quella di Sam Mitchell. Partire con un

allenatore preparato come Messina darebbe fiato a una franchigia alla ricerca di successi ma, dall’altra parte, bisognosa di avere tempo a disposizione per allestire un team competitivo e lavorare in pace senza troppe pressioni da parte dei media e dell’opinione pubblica. Se Triano non riuscisse dopo le prime partite a portare a casa dei risultati, ripartirebbero automaticamente i malumori e le spinte per un nuovo cambio di guardia ripetendo quanto accaduto quest’anno con Sam Mitchell. Messina, invece, potrebbe avere più tempo e meno pressioni sulle sue spalle in quanto verrebbe considerato come un allenatore matricola e intorno a lui ci sarebbe molta curiosità. Il nome del coach dovrebbe venire fuori a fine maggio inizi di giugno quando sarà finita la Final four e anche il campionato Nba. Un ultimo inciso su Andrea Bargnani (nella foto): il Mago quest’anno ha chiuso la stagione con 15,4 punti a partita e 5,3 rimbalzi. La sua definitiva consacrazione si è avuta nella seconda parte del campionato dove ha finalmente goduto di minuti e di fiducia. La partita spartiacque è stata quella contro Denver il 31 dicembre del 2008. Da allora la sua media punti è stata di 19,1 punti a partita, vicina a quelle delle stelle Nba. Il prossimo anno le aspettative della società su di lui sono altissime perché tutti si attendono per lo meno una conferma a questi livelli se non ulteriori miglioramenti. Bargnani, da parte sua, ha già detto che intende migliorare nei movimenti sotto canestro. E lo farà dopo aver esaurito il suo impegno con la nazionale quest’estate. Nel frattempo, il Mago si darà da fare nel campo sociale: nelle prossime settimane verrà inaugurata la Fondazione Bargnani che si occuperà di attività nel campo della beneficenza. Tra queste, non potevano mancare gli aiuti ai terremotati in Abruzzo .«Appena sarà tutto pronto darò anch’io il mio contributo per aiutare le persone colpite dal terremoto – ha concluso l’ex centro della Benetton Treviso – Anch’io purtroppo ho perso un mio grande tifoso che scriveva sempre su di me nei siti di basket. Quello che è successo in Abruzzo è stata davvero una grande tragedia e voglio anch’io fare la mia parte per sostenere chi ha davvero bisogno».

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io, Ettore

Le emozioni in Italia Le emozioni in Europa «Mi sono goduto i successi di Virtus e Varese, adesso inizio a pensare alla Final Four di Berlino» di Ettore Messina o visto la finale di Eurochallenge grazie alla telecronaca di E'TV, a Mosca, da solo. Devo dire che è stata la classica partita di finale dominata, alla fine, dalla paura di vincere. Ricordo di averne vissute tante anch'io di partite così e so bene che cosa entra in testa un po' a tutti, giocatori compresi. Anche in quelli che sono arrivati qui quest'anno, che non avevano provato le delusioni di altre finali perse se non magari quella di Siena in Coppa Italia, anzi: i due ultimi finali andati male della Virtus contro la Montepaschi.

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Sull'ultmo possesso dello Cholet, la Virtus ha difeso bene, ha serrato le fila con molta attenzione su quel De Colo che a quel punto era davvero il pericolo principale. Immagino ci sia stata molta discussione, come speso accade in questi casi e al di là dell'esito fortunato per la Virtus, se in quelle situazioni convenga o no fare fallo per poi conquistare l'ultimo possesso. Per come la vedo io, no esiste una regola precisa, certa. E' capitato anche a me di fare scelte del genere, chiamare o no il fallo. Beh, dico che una regola forse non esiste, ma che di volta in volta puoi provare mille sensazioni specifiche diverse che ti porteranno a scegliere una cosa piuttosto che un'altra. E che fra sei mesi nessuno si ricorderà più dell'ultimo tiro sbagliato, ma di quello che ci sarà

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scritto nell'albo d'oro. La Virtus torna a vincere una coppa europea ed è l'unica per l'Italia. Così anche a me dispiace dell'assenza del presidente delle Federazione a Bologna. Sono situazioni antipatiche, soprattutto se le guardiamo in ottica Mondiali 2014 e considerando che Bologna dovrebbe essere una delle sedi. Mi auguro quindi che la polemica abbia presto fine, con un gesto da parte di chi di dovere. Keith Langford si è confermato un giocatore decisivo e mi fa piacere che nel riconoscere lui per primo il suo processo di crescita si ricordi sempre di ringraziare chi lo ha allenato. All'atletismo di base ha aggiunto altre doti tecniche, in continuo miglioramento, e direi che questo gli apre già prospettive per salire su palcoscenici più importanti. Mi auguro che li voglia calcare con la maglia della Virtus. Ho poi seguito con doppia attenzione la partita fra Varese e Veroli, non solo per gli antichi ricordi legati al club lombardo ma anche perché dopo che proprio su basketville avevo immaginato una promozione anticipata la Cimberio si era complicata la vita. Insomma, non volevo passare come un menagramo. Scherzi a parte, Varese ha vinto con calma e sangue freddo, in un palasport pieno, ancora con il suo gruppo di ragazzi cresciuti in società.


Final Four, ci siamo. Partiremo per Berlino con un po' di anticipo anche per limitare gli effetti del fuso orario che come tutti immaginano per noi è sempre condizionante. Anche questa vigilia è diversa dalle altre. A Praga eravamo già contenti di essere lì a recitare la parte degli “underdog” e da non favoriti eravamo però riusciti a reagire bene a dei 0-7 iniziali tremendi e poi a vincere le due partite. Ad Atene, sì, forse ci sentivamo vittime sacrificali nei confronti del Pana. A Madrid eravamo di nuovo consapevoli della nostra forza. Eravamo forti, esperti, avevamo giocato una bella stagione conclusa con l'impresa con l'Olypiacos. Io stavo vivendo un periodo particolare, ero un po' più lontano dall'evento, ma sapevo, e con me giocatori, che ci sarebbero comunque bastate due buone partite, che in effetti giocammo. Adesso, prima di Berlino, penso che ci sia un grande equilbrio fra le squadre e che in tutti e quattro gli accampamenti si pensi a due finali consecutive. Allora, pensiamo intanto al Barcellona: abbiamo caratteristiche che ci favoriscono, nei loro confronti, ed altre invece negative. E potrebbero essere decise dal nulla.

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Eurochallenge

Anvedi come gioca Nando Spiccioli di Final Four: dai brividi per Rigaudeau, alla rivelazione De Colo. Italianissimo di origine di Gianfranco Bina Non sarebbe onesto sostenere che c’era grande pathos per la finalina per il terzo posto. Occasione giusta per gustarsi un po’ di pallacanestro giocata in scioltezza e a viso aperto. Ha vinto il migliore, con il russo Toporov che – dopo l’encomiabile losing effort della semifinale – conquista un posto nel quintetto ideale di questa Final Four. Non sarà una belva da parquet, ma unisce un’innata eleganza ad una severa applicazione nei fondamentali fin dai primi vagiti nel minibasket. Nikolic si inventa il quintetto più autoctono possibile, inserendo oltre a Liatsos (5 punti per lui, inevitabili le paste), anche il play Palalas, che raccoglie un applausone per un pregevole assist nel traffico nei secondi finali, quando la FuturShow Station iniziava a riempirsi per la finalissima. Quando avranno dei nipotini, glielo racconteranno fino allo sfinimento. Ciprioti meritevoli anche per la folta delegazione giunta a Casalecchio. Non avevano grandi speranze, ma la macchia gialla era cospicua, corretta e rumorosa. Il capodelegazione ha protestato vigorosamente col servizio d’ordine e con la polizia per la collocazione nello spicchio solitamente riservato alla tifoseria ospite nelle gare interne delle V-nere. Tanto vigorosamente che ha rischiato di passare la notte in guardina, per aver rifiutato l’identificazione. Sabatini è intervenuto per scongiurare l’incidente diplomatico, ma la delegazione cipriota l’indomani ha boicottato la cena di gala. Poi, la finale, con il ritorno alla vittoria delle V-nere: “un piccolo passo”, per le caratteristiche dell’EuroChallenge, ma “un grande balzo” per la Virtus. Lungo sei anni, da fine agosto del 2003. Così l’hanno vissuta tutti i tifosi bianconeri, ed infatti i Forever Boys hanno calato sul proprio settore il drappone nero delle grandi occasioni. Si sono combattute battaglie più leggendarie, nella storia bianconera: forse la più dura quando, con un colpo di spugna, si cercò di cancellare la Virtus. Allora la vittoria contro i consigli federali voleva dire sopravvivenza, ora la “coppetta” chiude un ciclo di sofferenze e di espiazione di peccati altrui. Prima che sul campo, la vittoria è giunta dagli spalti, con quel grande vessillo esposto in curva che ha toccato il cuore dei 7000 presenti alla FuturShow Station. Impressionante, da pelle d’oca, la doppia ovazione prima della gara decisiva con Cholet, quando la voce di Gigi Terrieri ha annunciato il ritorno a palazzo dell’avvocato Porelli e la presenza del numero 14 che qui ha portato due titoli europei, Antoine Rigaudeau (uno che continua, anche dopo aver appeso le

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scarpette al chiodo, a non andare molto d’accordo col proprio coiffeur). Infine, la partita. Onorata da Cholet, che ha combattuto fino all’ultimo secondo, trascinata da uno splendido De Colo (nella foto). Se Langford ha meritato l’MVP sia per la concretezza, sia per alcune giocate meravigliose, il vacanziero Koponen, dopo la salamoia della semifinale, ha reagito nel momento più difficile, suo e della Virtus: un tiro aperto sbagliato, mentre Cholet piazzava un 6-0 a tamponare la priva vera fuga della BolognaFiere. Nessuna resa, anzi: risponde ai francesi infilando la tripla del +8 e nel terzo periodo smantella l’ottima vena di Nandò, cacciandolo fuori partita. Se la Virtus ha potuto riaprire il forziere degli argenti, molto lo deve anche a questo ragazzino del profondo nord, su cui ha deciso di puntare guadagnandosi la pubblica riprovazione del presidente federale.


di Davide Cerruto - Appunto

SNEAKER CORNER - ADIDAS MAD CLIMA Le finali NCAA si sono da poco concluse e per l’occasione Adidas ha lanciato una nuova college serie ispirata alla purezza dello pallacanestro universitaria. Le nuove calzature dispongono del sistema di ventilazione ClimaCool e inserti in mesh che contribuiscono a mantenere il piede sempre fresco e asciutto. I modelli sono customizzati per i colori di Kansas, Louisville e UCLA (nella foto), la scuola di Kevin Garnett, top testimonial di Adidas.

80 $ BAGS MANIA - EASTPAK HOMERUN Ispirata al mondo dei college a stelle e strisce, la tracolla Delegate di Eastpak è qui nella sua versione Homerun, con logo realizzato nel classico lettering bicolore. La borsa è in morbida lana idrorepellente, ha una grande patta chiusa da clip, una tracolla regolabile e staccabile, un’ampia tasca zippata sulla patta e una tasca a velcro sul retro.

75 € GAME BALL - WILSON NCAA Wilson Il pallone ufficiale del campionato di basket universitario. Quello che si vede nella foto è il modello Ncaa Competition, non esattamente lo stesso utilizzato nelle final four di Detroit (e vinte dai Tar Heels di North Carolina, per chi non se ne fosse accorto) ma una sua versione ibrida indoor-outdoor dal grip eccellente, progettata per essere utilizzata con ottimi risultati anche sul playground. Per sfide tiratissime fino all’ultimo tiro da tre punti.

34,90 € BASKETBOOK - LA MIA STAGIONE NO Un sempreverde di Bompiani firmato Pat Conroy, pluripremiato bestseller della narrativa d’oltreoceano. “La mia stagione no” è un bel romanzo di formazione, autobiografico, ambientato nel mondo del basket collegiale, e racconta le vicende di un’annata straordinaria per l’autore, diviso tra pulsione cestistica e letteraria, anche se a spuntarla è stata con ogni evidenza la seconda. Si legge in un paio di fiati.

19 €


di di Giuliano Mannini - Appunto

SUPER GROOVE - Philips She9850 Seguire la radiocronaca della tua squadra? Con un paio di auricolari top Philips è meglio: si sentono alla grande e non rischi di perderti neanche una singola parola. Ma siccome anche l'occhio vuole la sua parte, tanto di guadagnato se alla qualità si aggiunge anche un look da urlo. C'è tanto solido metallo dappertutto – un alluminio satinato che impreziosisce il jack, l'auricolare e il giunto di separazione del cavo – e poi un intrigante gioco di materiali traslucidi: il padiglione sembra una piccola, affascinante goccia d'ambra. Per dare un'idea del suono, gli SHE9850 sono perfetti per chi ama le grandi pressioni sonore, stile Ac/Dc. E c'è anche una chicca: la custodia rigida è robusta e poco ingombrante. Perfetta da tenere in tasca.

99 Euro HI DEFINITION - Samsung VP-HMX20C Con quella sua impugnatura rotante, Samsung ha fatto scuola: parti dall'alto e ti ritrovi, senza staccare la mano, a inquadrare al livello del pavimento. Immagina cosa puoi fare a bordo campo, con suggestive riprese dal basso o sopra la testa della gente. Oppure con la funzione ralenti, a 250 fotogrammi al secondo, per contare le gocce di sudore sulla fronte del giocatori. E se non riesci proprio ad avvicinarti al parquet, c'è sempre lo zoom 10x che se la cava davvero bene: la presa è salda e lo stabilizzatore elettronico fa la sua parte, così i tremolii sono ridotti al minimo. Quando vuoi rivedere le azioni salienti, usi il monitor touch ad alta risoluzione, e appena sei a casa colleghi la videocamera (ha una memoria interna da 8 GB) direttamente al computer, oppure estrai la SD e la inserisci nel lettore di card. Più semplice di così...

699 Euro VIDEOGAME - Chronicles of Riddick: Assault on Dark Athena Ovvero, come rispolverare un gioco vecchio di 5 anni e renderlo di nuovo appassionante e intrigante. I ragazzi di Starbreeze Studios hanno fatto proprio questo: una bella lucidata a grafica e gameplay ed ecco che Chronicles of Riddick: Escape From Butcher Bay (uscito nel 2004 per Xbox) torna nuovo di zecca. In più ci hanno aggiunto addirittura un secondo episodio completo, ambientato all'interno di una nave spaziale (la Dark Athena). Ora non resta che guidare Riddick attraverso corridoi bui sfruttando la sua capacità di mimetizzarsi nelle ombre e di vedere nell'oscurità. Se sei abituato agli sparatutto, prudenza: lanciandoti all'assalto durerai lo spazio di un secondo.

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Il test

Se rispondete bene, che la Forza sia con voi. E anche il mitico Sergio Tavcar di Massimo Zambelli 18 Ottobre 2008. I Blaugrana di Barcellona fanno un salto a Los Angeles come ambasciatori del basket da Eurolega, per uno scrimmage di indubbio valore simbolico quanto di discutibile tensione agonistica. Impressione corroborata dal fatto che i Lakers, in completo da prestagione pienissima, in una partita finita 108-104 giochino in 16 (ebbene sì). Nessuno meno di 5 minuti, con l’apoteosi di Sun Yue, il quale ottiene la bellezza di 10 minuti e mezzo di azione (che peraltro ritiene di impreziosire con 5 palle perse). Dal canto suo, anche Xavi Pascual la prende per il verso giusto (o quasi, vedremo tra breve), ruotando tutti e concedendo al massimo 27 minuti. Tutti tranne uno, che sta in campo 41 minuti e 43 secondi per segnare 34 punti con 12-27 (e va beh) al tiro. Chi è quel pezzo di tronco di privilegiatone? Ersan Ilyasova (o Arsen Ilyasov, per i più pignoli), intento a dimostrare alla comunità NBA che quanto mostrato a Milwaukee era solo il primo sorso dell’aperitivo. David Andersen, che se la chance a Stelle e Strisce l’hanno avuta cani e porci, perché non lui. Joan Carles Navarro. Perché è semplicemente Juan Carlos Navarro. E poi perché tale clausola l’ha fatta inserire esplicitamente nella trattativa di ritorno a casa. “Se non mi fate giocare tanto e tanti (tiri) a Los Angeles, che gliela devo far vedere, alla prima riunione disponibile della Polisportiva pianto su un casino che faccio scappare anche Messi e Eto’o. E poi il pallone è MIO, lo porto da casa MIA e si gioca finché lo dico IO. Gne gne gne gne”. Testuale, come da contratto depositato in Liga ACB. 15 Aprile 2009. I Raptors si presentano allo United Center di Chicago per la fondamentale ultima di regular season, utile per evitare di finire con 50 sconfitte (invece con 49 anche il tifoso più inferocito di ammansisce). A Chris Bosh (nella foto) servono 19 rimbalzi per arrivare a 10 giusti giusti di media, terminare così la stagione con il classico 20 e 10, e rendersi ancora più presentabile per i riconoscimenti individuali di fine stagione (e future considerazioni). Con quanti rimbalzi finirà l’uomo-franchigia ombra? A) 10, perché lui pensa al bene della squadra, di conseguenza non tiene a mente le statistiche durante il gioco, né si fa aggiornare strada facendo da un complice a bordo campo. B) 2, perché dopo 7 minuti di gioco chiede il cambio definitivo per lasciare il giusto spazio a Pops, Patrick O’Bryant e Voskuhl, tanto utili quanto umili in allenamento. C) 19, ma guarda un po’.

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Zero risposte esatte. Invidiamo sinceramente la vostra freschezza, il vostro candore. Non sapete quanto ci piacerebbe poter affrontare l’argomento con questo spirito. Ma ne abbiamo viste di cotte e di crude. Soprattutto crude. Una risposta esatta. Improbabile. O di qua o di là. Due risposte esatte. Vecchi lupi del parquet che non siete altro. Che la forza di Sergio Tavcar sia con voi. Al quale, a proposito, dedichiamo un abbraccio e un ringraziamento commosso per trent’anni di compagnia di altissima qualità e divertimento.


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