Basketville N. 2

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n. 2 - 16 marzo 2009

DAI PLAYGROUND AI PLAYOFF

Ettore Messina Carlo Recalcati Grecia: Loukas Mavrokefalidis Spagna: Ricoh Manresa Donne: Venezia e Bologna

Papalia racconta la Solsonica: penalizzata, data per spacciata, sospesa fra paure e speranze. Poi corsara a Biella...

SURVIVORS


LA LAVAGNA TECNICA USATA DAI PIÙ IMPORTANTI ALLENATORI PROFESSIONISTI

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l’E-ditoriale DAI PLAYGROUND AI PLAYOFF

www.basketville.it Numero 2 - 16 marzo 2009 Direttore Responsabile FRANCO MONTORRO franco.montorro@basketville.it basketville@alice.it Progetto Grafico Appunto via Caduti per la patria, 47 20050 Lesmo (Mi) tel e fax +39 039 5967274 www.appuntoweb.com Fotografie Agenzia Ciamillo-Castoria www.basketville.it è una testata Media dell’Otto s.r.l. Via delle Ville 1140 55030 Lucca (ITA) Tel. +39 3202 119 119

Due curiosi coinquilini: Sacrati e Banca Tercas Con solo tre squadre ancora impegnate in Europa e con una sola, Treviso, multipla fornitrice azzurra, che Charly Recalcati abbia a disposizione solo un raduno collegiale di 25 ore, dall'estate scorsa e fino al'inizio dei playoff, grida vendetta. Meglio: chiede riparazione, perché una trentina di giocatori sparsi nelle tre serie maggiori devono obbligatoriamente, per l'interesse comune, trovarsi ancora insieme. Ed allora sarebbe cosa buona e giusta se il presidente Meneghin parlasse con i presidenti delle Leghe chiedendo e ricevendo apertura per almeno altre due giornate azzurre. In futuro bisognerebbe pensare non solo a ritiri utili per conoscersi, ma anche a gare internazionali amichevoli come lo stesso calcio non si preoccupa di predisporre in calendario dopo aver messo a tacere, pochi anni fa, flebili voci di dissenso da parte dei club. Recalcati dice giustamente che è contento dei pochi italiani che giocano con regolarità ma preoccupato per quelli che lo meriterebbero, ma non ne hanno opportunità. Del resto, causa od effetto, le statistiche individuali in Serie A non sono quasi mai colorate di azzurro. Volete sapere in che posizione sono i primi italiani in alcune delle voci più importanti? Punti segnati: 23. Mancinelli; Tiri da due: 13. Garri; Tiri da 3: 17. Myers; Valutazione: 30. Poeta; Rimbalzi: 17. Rocca; Tiri liberi: 1. Di Bella; Oer/Minuti giocati: 2. Datome. Curioso, dicono, che l'ancora di salvezza per Sacrati e la Fortitudo la dia un istituto bancario sponsor di un altro club di Serie A, ad onor del vero non diretto concorrente dei bolognesi in quest'annata sempre più rischiosa. Si tratta della filiale bolognese della Banca Tercas, che pare abbia ulteriormente aiutato Sacrati, la settimana scorsa, con 400.000 salvifici euro, e che ha sede nello stesso stabile nel centro del capoluogo emiliano nel quale abita il proprietario biancoblu. A far da tramite sarà stato l'amministratore del condominio? Contemporaneamente al magazine settimanale, parte la home page di basketville con le news aggiornate quotidianamente. Rinnovo così l'invito a chiunque volesse far parte del nostro team a scrivere all'indirizzo (definitivo) redazione@basketville.it Dal prossimo numero il magazine raggiungerà una forma quasi definitiva, con nuove rubriche e i servizi completi anche su Legadue, minors, Europa e Usa. Quasi definitiva, perché saremo sempre in movimento e in rinnovamento. Franco Montorro franco.montorro@basketville.it


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basketville n. 2 - 16 marzo 2009


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Serie A

Benetton-Gmac di Silvano Focarelli

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La Fortezza-Ngc di Franco Montorro

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Armani Jeans-Air di Paolo Corio

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Premiata-Montepaschi di Alessio Berdini

10 Lottomatica-Scavolini Spar di Andrea Ninetti 11 Angelico-Solsonica di Stefano Zavagli 12 Banca Tercas-Snaidero di Paolo Marini 13 Eldo-Carife di Sante Roperto 14 Carlo Recalcati di Franco Montorro 16 Gaetano Papalìa di Guido Paolo De Felice

Legadue

20 Il punto sulla Legadue di Lorenzo Settepanella

Donne

22 Il punto sulla A di Roberto Perticaroli 24 Venezia di Roberto Perticaroli 25 Bologna di Roberto Perticaroli

Europa

27 Aza Nikolic di Flavio Suardi 28 Manresa di Angelo Potenza 29 Grecia: Mavrokefadilis di Gianfranco Bina 31 Ncaa: B.J. Mullens di Vittorio Felugo

3 l’ E-ditoriale 18 Blog in 30 Io, Ettore

Gary Neal in azione durante Benetton-Zadar di Eurocup. Treviso è alla Final Eight di Torino, dal 2 al 5 aprile, dove affronterà i lituani del Lietuvos Rytas

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Serie A

Benetton, giocasse sempre al Palaverde...

Imbattibile o quasi in casa, da pianto in trasferta, la squadra di Mahmuti supera la Gmac al termine di una gara schizofrenica

Qui Treviso 80

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Come ai bei tempi, quando in palio c’era lo scudetto e non la salvezza o un posto nei playoff: palazzo pieno, tensione, paura, rivalità. Come tre anni fa, più o meno. La Benetton ha dunque impallinato l’Aquila, ispirata dalla suggestiva coreografia della Curva Sud, continuando a galleggiare ad un passo dalle elette. Gara schizofrenica, come due squadre che non sai mai come prendere, Treviso l’aveva in cassaforte sul +19 del 9’ quindi quasi persa nella restante mezzora, preda delle sue croniche paturnie nell’attaccare la 2-3, sbandamenti causati da un Wood acefalo, gambe ok ma senza idee né tiro, ombra del grande che fu a Cantù, tirata fuori per i capelli da Bulleri, un tuffo dopo l’altro sui palloni vaganti, sempre più anima della squadra di cui ha riavuto orgogliosamente le chiavi e da Wallace (nella foto) , “mister everywhere”, piovra bionda sotto i ferri e fenomenale anche in attacco, ennesima doppia doppia (19+16) per il ragazzone che Bagaric e “Papa” non hanno visto mai e che, pur con contratto blindato, qui temono verrà rapito da qualche big straniera. Benetton che al Palaverde in qualche modo riesce sempre a cavarsela (11-1) ma fuori, in Italia almeno, è un pianto greco (1-9), caso ormai con risvolti psicanalitici e tra i più inspiegabili: per capirci i 50 punti, quelli concessi da Montegranaro, era dal ’62 che l’A.P. Treviso non li segnava. E senza vittorie on the road il

quarto posto evocato dal presidente Buzzavo resterà una pia illusione.

Qui Fortitudo 77 Forse ci siamo. Forse la quadratura del cerchio è vicina. Con Scales la Effe è fatta. Forse. Perchè qualche domanda attende ancora una risposta: come far convivere tre Usa dello stesso ruolo come lui, Gordon e Strawberry? Ad esempio a Treviso “Fragolina”, partito in quintetto, è finito fra le riserve giocando otto minuti. In verità ce ne sarebbe anche un altro, di quesito: che sarebbe successo che Scales fosse stato tesserato in tempo per giocare contro Biella? Qui la risposta c’è: la GMAC avrebbe due utilissimi punti in più e non dovrebbe ora andare a Ferrara col cuore in gola. La quasi vittoria di sabato tuttavia regala speranze: senza Fucka e Cittadini, con i due centroni che sembravano paracarri tanto statici ed irritanti sono apparsi (in 28 minuti Papadopoulos 2 di valutazione, Bagaric -1) e con Huertas che dovrebbe andare a lezione di regia da Lamma, si è rischiato di sbancare un campo minato. Il pragmatico Pancotto dice che a questo punto bisogna pensare solo a salvarsi ma aggiunge che dopo Treviso la prospettiva è un po’ meno lontana, i ragazzi hanno dimostrato cuore e voglia di sbattersi. E da qui bisogna ripartire, se si vorrà evitare l’ignominia di abbandonare la Serie A.


Serie A

La Virtus riscopre il “vecio” Chiacig Molta sostanza sotto canestro e anche punti preziosi, per una Fortezza che esce fuori alla distanza. Cantù, resa con dignità di Franco Montorro augurerebbe “senza pietà”. Una nota sulla 1-3-1 rispolverata: nei suoi meccanismi un elemento fondamentale come Ford appare spesso a disagio quando non in ritardo. Infine Righetti: continua la sua stagione sotto tono in un reparto esterni che ha visto brillare solo Boykins abilissimo anche come procacciatore di falli subiti. L'idea resta quella di un enorme “work in progress” che dalla sua stella Usa ha avuto importanti scosse di adrenalina anche in difesa, ma che per una ragione o per l'altra non riesce a scaldare il suo pubblico come dovrebbe e potrebbe fare. Dice Tizio: vince, chissenefrega. Ribatte Caio: sicuro? Conclude Sempronio con un'altra domanda: che identità, che marchio di fabbrica ha questa Virtus?

Qui Cantù 62 Qui Virtus 73 Questa Fortezza è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, perché non sai mai come puoi trovarla. Così, nel sempre più indigesto anticipo domenicale (larghi vuoti sugli spalti e un diffuso sentimento di rottura di scatole), la Virtus giochicchia per 25 minuti prima di chiudere le maglie in difesa e riscoprire un efficace Chiacig (nella foto) infallibile al tiro anche dalla media distanza e capace di esibire dall'ormai antico repertorio anche una stoppata. Boniciolli vede una squadra decisamente migliore a protezione dell'area amica che all'attacco di quella avversaria (anche se le cifre, soprattutto da 2, ingannano), con diversa gente svagata. O stanca? Ipotesi numero 2 preoccupante, perché questa e la prossima sono le settimane dei tre bivi: contro Bonn per l'Eurochallenge, per la caccia al secondo posto di Roma e per il derby che la proprietà per prima si

Luca Dalmonte inizia la conferenza stampa benedicendo i microfoni che non vanno e quindi avendo tutto il tempo per sbollire la rabbia dell'attacco appena portato dal proprietario della Virtus. L'accusa per il coach imolese è quella di aver agito gratuitamente da arruffapopolo incendiario. Che è poi una visione costante subìta dagli allenatori in trasferta, ma che Luca non meritava in una gara arbitrata con aurea ma soprattutto ininfluente mediocrità e certamente all'allenatoe canturino, orgoglio a parte, avrà dato più fastidio o preoccupazione per il futuro il declino in attacco alla ripresa e poi a cavallo dell'ultimo quarto, 11 miseri punticini in dieci minuti. Ma la squadra è nota per essere un concentrato di onesti lavoratori, di buona fisicità e di solo discreto talento, con il solo Gaines a dare un vero ritmo e Mazzarino e Lydeka ad agire di mestiere in un complesso che a tratti è piacevole vedere giocare di gruppo e che a Bologna ha proposto un Toure al confine fra impalpabilità e svogliatezza.

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Serie A

Bucchi si gode il quintetto leggero

L’Armani Jeans dilaga nell'overtime. Avellino, già senza Best, paga anche l'espulsione di Williams (cacciato insieme ad Hall) di Paolo Corio

Qui Milano 85 (dts) Tra le più interessanti novità di questo Campionato, da qualche parte Mike Hall deve pur denunciarli i suoi 26 anni tutti a stelle e strisce... e allora eccolo reagire decisamente sopra le righe a una furba provocazione della "vecchia volpe" Tusek ed essere estromesso dal match a 18" dall'intervallo (nella foto, un momento della rissa). Ma per l'AJ non tutto il male viene per nuocere: sì, perché sotto la doccia finisce anzitempo anche Eric Williams, intervenuto con eccessiva “energia” nel bel mezzo della mischia scatenata dalla reazione di Hall e sino ad allora vero rebus da risolvere per i lunghi milanesi, con Sow ad accendere la terza lampadina già al 18' nel tentativo di fermarlo e Rocca a soffrire tutti quei chili e centimetri in più del centrone avversario. Con Katelynas bravo a non far rimpiangere il compagno espulso e con la possibilità per l'AJ di giocare da lì in poi con un quintetto più leggero, sono allora Hawkins (top-scorer con 23) e Price (18, di cui 5 ammazzapartita nell'over-time) a caricarsi sulle spalle l'attacco biancorosso, che però gira per un bel po' di minuti a vuoto nella quarta frazione contro la zona avellinese. Aspetto tattico, quest'ultimo, che Bucchi deve assolutamente migliorare se l'AJ vuole togliersi qualche vera soddisfazione da qui alla fine. Così come l’allenatore milanese (per il quale è scattata in diretta Sky la divisa

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primaverile della griffe, con giubbino bianco su camicia blu) deve ritrovare un Vitali non solo dalla mira più precisa (per lui serataccia da 3/11) ma anche più “mirato” nel ruolo di play.

Qui Avellino 71 (dts) Senza l’infortunato Travis Best, con Warren, Diener e Slay a raccogliere un misero 9/36 in tre e con un dannoso 20/34 ai liberi di squadra, difficile per Avellino evitare la sesta sconfitta consecutiva. Eppure la squadra di Markovski, grazie a una reattiva zona sfoderata nell'ultimo periodo, avrebbe pure la possibilità di uscire a braccia alte dal Palalido. Con le chances che aumentano nel finale quando l’AJ fa di tutto per complicarsi la vita e - tra falli e palle perse (clamorosa la rimessa alle ortiche in attacco di Hawkins) - consente pure il sorpasso a 16” dalla quarta sirena: 66-67, con canestro di un positivo Crosariol. Ma l’ultima azione difensiva dei tempi regolamentari - con un'autostrada lasciata a Hawkins per penetrare a canestro - è di quelle che lasciano non poche perplessità, così come lascia perplessi la decisione di coach Markovski di giocarsi a uomo le ultime, decisive azioni dopo aver letteralmente mandato in tilt l'attacco avversario con la sua zona... Dopo di che arriva la resa nei supplementari, con soli 4 punti in 5' e i soli Crosariol e Radulovic a meritarsi tra gli irpini la sufficienza piena in pagella.


Siena, un altro Sato di qualità

Serie A

La Montepaschi soffre una Premiata che resiste per 30 minuti. Ma alla fine la spuntano i campioni d’Italia, con un devastante Romain di Alessio Berdini

Qui Montegranaro 70 Giocare bene come ha fatto la Premiata solitamente è abbastanza per portare a casa i due punti. Solitamente è abbastanza, ma non se l’avversario è il Montepaschi Siena. Una Montegranaro così, soprattutto quella del primo tempo, chiuso avanti di un punto, si era vista poche volte come ricorda coach Finelli nel post-partita: «Nei primi due quarti ho visto la miglior Premiata, una squadra che ha attaccato bene, mettendo in difficoltà una delle squadra più forti in Europa». E la Sutor può anche rimproverarsi di essere calata nel secondo tempo in attacco: infatti quando Siena ha alzato il livello della propria difesa, Montegranaro non ha più saputo reagire. Le nove palle perse del terzo quarto confermano che la Premiata , nonostante ce l’abbia messa tutta, non è riuscita a competere fino alla fine contro una squadra, quella toscana, che oggi ha dato l’ennesima prova di forza. Siena si è trovata di fronte una squadra che non ha avuto paura di tenere un ritmo altissimo con il Montepaschi, almeno nei primi due quarti. Una scelta che non ha pagato perché Montegranaro non è ruscita a tenere il ritmo del primo tempo per tutto l’incontro. Rimangono però ottime indicazioni per i marchigiani, in vista delle prossime trasferte ad Avellino e a Cantù: ottime indicazioni che arrivano dai 45 punti segnati nel primo tempo contro Siena, dalla zona dell’ultimo quarto che ha limitato i campioni d’Italia in attacco, ma anche dalla buona prova dell’esordiente Dejan Ivanov: infatti il bulgaro è partito in quintetto e si è presentato stoppando Stonerook al primo possesso. Per lui alla fine 0 punti ma 6 rimbalzi, 4 falli subiti, 2 stoppate e 3 recuperi. Tanta fiducia su di lui, confermata da Finelli: «Si è visto che non ha assimilato i giochi offensivi ma diamogli tempo. Il suo ingresso in quintetto, anche se in una partita così difficile velocizzerà il suo ambientamento».

Qui Siena 81 E Pianigiani fa 101 vittorie con il Montepaschi, in 111 partite. Gli aggettivi sono finiti e sarebbe inutile stare a dire ancora una volta quanto questa squadra sia forte e quanto sia difficile batterla. Oggi però Siena ha davvero dimostrato di essere una grande squadra soprattutto a livello mentale: mancava Lavrinovic, e mancherà ancora a lungo, non è entrato Domercant. La Premiata ha fatto una grande partita senza mollare mai per 30’. Eppure Siena, dopo il primo tempo chiuso sotto di una lunghezza, ha alzato il livello della difesa e ha fatto capire a Montegranaro come mai sia tra le prime in Europa ormai da un paio d’anni. Le nove palle recuperate del terzo quarto sono l’indice della forza di una squadra che dimostra di poter cambiare ritmo alle partite in qualsiasi momento: «Abbiamo gestito bene una partita difficile» dice Pianigiani «controllando il ritmo. Abbiamo perso il controllo solo a metà primo tempo, ecco perché loro hanno chiuso avanti dopo il secondo quarto. Poi ci siamo messi a difendere curando i dettagli e questo nel secondo tempo ha fatto la differenza». Siena che però la partita la vince anche grazie ai singoli: Stonerook ne fa 13 con 4 schiacciate e la solita prova solida. Carraretto entra dalla panchina e mette tre triple che spezzano la partita. Ma l’MVP di giornata è un dominante Romain Sato. Il centrafricano (nella foto) segna 24 punti, con 9 rimbalzi e 7 falli subiti. La valutazione alla fine dice 36 per l’ex jesino. E’ una vittoria importante per Siena, che questa settimana potrà finalmente lavorare interamente a casa, vista l’assenza dell’Eurolega, e il prossimo turno casalingo di campionato con Biella. «Peccato non poter lavorare a ranghi completi, sarebbe stato importante in vista del Panathinaikos», dice rammaricato coach Pianigiani. Ed è un rammarico che condividiamo.

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Serie A

Lottomatica, adesso a Bologna per il secondo posto La Scavolini Spar regge l'urto solo un tempo. Gentile ha cinque uomini in doppia cifra di Andrea Ninetti

Qui Roma 98 La Virtus Roma conferma il trend positivo delle ultime settimane e dopo la buona ma sfortunata prova di Siena, centra i due punti contro Pesaro, difendendo il secondo posto in classifica dagli assalti di Bologna e Teramo. Lottomatica ancora una volta trascinata da Jaaber che, pur non essendo un playmaker puro, trova spesso guizzi vincenti e palloni invitanti per i propri compagni, proprio come deve fare un bravo regista. Concentrazione in difesa e buona fluidità in fase offensiva, con una discreta distribuzione dei tiri e partecipazione al gioco di tutti, questa in sintesi la ricetta del successo largo sulla Scavolini, frutto di un primo tempo in cui i padroni di casa hanno corso tanto tirando con oltre il 60% dal campo. L’atletismo e l’atipicità dei lunghi biancorossi sono stati arginati con una difesa che ha spesso fatto ricorso alla zona, proteggendo il canestro con Hutson e Gigli e andando ad aggredire sul nascere ogni azione avversaria. Coach Gentile può sorridere pensando al graduale inserimento di Ruben Douglas, anche ieri bravo nel prendersi i tiri giusti dopo la felice serata infrasettimanale di Eurolega; con il suo innesto Roma non può ancora dirsi completa, ma sicuramente la presenza in campo di un giocatore del suo calibro permette di percorrere strade interessanti che mettono poi in condizione di diventare pericolosi anche altri elementi quali Datome (nella foto, con Gigli) e Gabini, sempre fra gli ultimi a gettare la spugna. Con 5 uomini in doppia cifra e l’iscrizione a referto di tutti i giocatori schierati in campo, Roma coglie una vittoria preziosa, mantiene il secondo posto e prepara nel migliore dei modi lo scoppiettante posticipo della prossima settimana a Bologna conto La Fortezza, sperando di recuperare il talento di Becirovic (ancora out dopo la lussazione alla

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spalla) e la fisicità di Brezec, ieri in campo solo 5 minuti e portato poi in ospedale per accertamenti dopo un fortuito scontro di gioco che lo ha tolto dalla contesa.

Qui Pesaro76 Settima giornata di ritorno con pochi spunti positivi per coach Sacripanti, costretto a fare a meno di Myers e Hurd, due pedine troppo importanti nello scacchiere marchigiano, in cui gli elementi della panchina non sono stati mai all’altezza dei titolari. La Scavolini regge solo un quarto, il primo, in cui si tiene a galla grazie alle giocate di Akindele, un lungo che farebbe comodo a diverse formazioni di serie A, e di Curry, la cui dinamicità mette spesso in crisi il marcatore avversario. Male con la difesa a zona, il team pesarese ha ceduto nell’uno contro uno, pagando dazio nel tiro pesante che ha fatto registrare un misero 33%, pochino per pensare di sbancare la Capitale. Per una squadra che ha giocato sostanzialmente con soli 8 uomini, il problema di fondo è da ricercare nella poca profondità della panchina, un limite evidente che sta segnando in negativo la stagione biancorossa. Sicuramente l’assenza di Myers è un fardello pesante da sopportare ed il suo recupero, unito a quello di Hurd sotto canestro, riporterà coach Sacripanti nelle condizioni di poter dare una rotazione più ampia ad un roster in cui la lacuna più evidente appare l’assenza di vero un uomo d’ordine. Nell’immediato futuro, la Vuelle sarà chiamata ad un doppio impegno casalingo contro Teramo e Treviso, una ghiotta opportunità per riprendere confidenza con la vittoria in attesa di un rush finale che vedrà Hicks e compagni impegnati in una serie di scontri diretti che ci diranno se la Scavo avrà definitivamente compiuto il salto di qualità.


Serie A

Solsonica corsara Angelico sfasata Rieti parte subito fortissimo e torna così a vincere in trasferta dopo un anno, contro avversari in litigio continuato con il canestro di Stefano Zavagli

Qui Biella 73 Qui Rieti 79 Una data: 2 marzo 2008. PalaCarnera, Udine, oltre un anno fa. Su quei legni va in scena l'ultima vittoria della Solsonica in trasferta. Da quel giorno nisba. Ci è andata vicina. Più e più volte. Tipo a Treviso due settimane addietro, dopo aver meritato il quintetto di coach Lardo cede al fotofinish. Questa volta, a Biella, tra i 4200 della navicella spaziale, l'andamento cronologico della partita è ben differente. La Solsonica inizia a far la parte del leone praticamente da subito e mantiene il vantaggio nelle proprie tasche fino al 40'. Non è mai stata una sfida chiusa, mai un parziale particolarmente velenoso, solo di 14 lunghezze il massimo vantaggio reatino (62-48). Eppure il divario si è mantenuto costante nel tempo, Green (nella foto) ha trovato al 20' il più dieci (33-43) e il punteggio ha sempre mantenuto quella differenza contenuta ma chiave. L'azione della prima doppia cifra di vantaggio è da raccontare, restano 4” prima dell'intervallo lungo, Jerry prende palla sotto il proprio canestro, si concede un coast to coast e va ad appoggiare comodamente dalla parte opposta tagliando come un coltello la burrosa compattezza difensiva dell'Angelico. Gli ospiti, con una rotazione limata a sette uomini, hanno giocato una partita viva, di aggregazione, con tanta zona e tanta forza di volontà. La parola Crisi? Starà nei conti in banca, ma non sul campo.

Rispetto alla consuetudine ha giocato contratta, senza far suo il ritmo e impallidendo di fronte alle mani alzate di Rieti. Prima è stata soffocata, un po' ha subito, un po' si è complicata la vita da sola. Ha tirato con cifre da guiness dalla lunga distanza, al 30' era 2 su 20 dagli oltre 6,25. Risultato di due fattori uniti assieme: la voglia di continuare a sfidarsi per porre fine alla lunga sequenza di pali presi e la massiccia zona di Rieti che continuava a strizzare l'occhiolino dicendo attaccami, attaccami. In realtà Biella non vedeva la retina nemmeno con il binocolo e un uomo stava sempre nei paraggi per infastidire l'esecuzione dei tiri. Così coach Bechi le ha tentate tutte, Biella vedeva di non essere brillante come di solito è tra le mura amiche, così ha rimescolato di continuo le carte in tavola. Uomo, zona, mista, raddoppi sistematici, quintetto tutto alto, quintetto tutto basso. Questa Solsonica da libro cuore non ne voleva sapere di interrompere la propria mini impresa. Così il punteggio scivola via e Biella si riavvicina solo nei secondi finali. Il gap poteva essere maggiore, se solo Aradori non infilava tre triple consecutive. Termina così, con l'amaro in bocca e contemporaneamente la consapevolezza di non aver compromesso nulla per Biella, con la voglia di rimanere compatta fino all'ultimo nonostante i guai finanziari per Rieti. L'Angelico interrompe a tre la striscia di risultati utili consecutivi.

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Serie A

Tercas, vittoria con un inatteso fiatone Snaidero sotto anche di 15, ma poi in grado di rimontare e sorpassare. Poi ci pensano il solito Moss e la sorpresa Cerella di Paolo Marini

Qui Teramo 83 Stavolta vincono i favoriti. Quelli della Bancatercas Teramo. Che pur tirando male da tre (7/28) e soffrendo un parziale di 19-2 a cavallo tra terzo e quarto periodo, portano a quota 5 la striscia vincente al PalaScapriano e mantengono la terza posizione in classifica (in coabitazione con la Virtus Bologna).Tanta fatica, però. Intanto, a entrare in partita con la determinazione che coach Capobianco chiede sempre ai suoi. Poi, a mantenere alta la produttività della pressione e dell’intensità in difesa generata dalla panchina teramana nel secondo quarto. E infine, per frenare l’impeto di Udine, scesa a -15 (67-52) dopo 28 minuti di gioco e risalita fino al sorpasso (69-71) approfittando dell’assenza di punti sul tabellino teramano nei primi 5 giri di lancette del quarto periodo. Ma tra una fatica e l’altra, sorprese e conferme per l’allenatore teramano (che però ha precisato: «Non mi è piaciuto il blackout della squadra nella seconda parte di gara e in settimana dovremo lavorare sugli errori commessi. Al contempo sono contento perché battere Udine non è affatto scontato»). Sotto la colonna “sorprese” segnate in cima 6 punti in 4 minuti di Bruno Cerella (nella foto), “garra” originale di Bahia Blanca, che frutta palle recuperate, tiri da tre, punti in area e la doppia cifra (11) in valutazione. A capeggiare la lista delle “conferme” invece, la più efficace macchina da basket mai uscita dall’Indiana State University dopo Larry Bird. Anche stavolta

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David Moss con i suoi punti (19 in totale e 11 nel terzo periodo), i suoi rimbalzi (7), i recuperi (3 e tutti decisivi nell’ultima frazione) e la difesa (indifferentemente, l’all-around teramano taglia fuori Romero e pressa a tuttocampo Allen), ha contribuito in gran parte a evitare quella che sarebbe stata una pericolosa deviazione in un cammino sin qui sostanzialmente lineare. Che sta confermando la Bancatercas come una formazione capace di vincere anche non mettendo in campo per 40 minuti il suo miglior basket. Un complimento che spesso si accoppia con le grandi squadre.

Qui Udine 73 Non è facile accettare la sconfitta quando giochi contro la Bancatercas e costringi due tiratori micidiali come Hoover e Carroll a tirare 2/13 da tre e Poeta a un pessimo 2/8 dal campo. In più il tuo attacco manda 4/5 dello starting five (tutti tranne Forte) in doppia cifra. E quando mi ricapita? Si sarà chiesto coach Sacchetti dopo aver perso la sesta gara consecutiva in esterna, con alle spalle una classifica che non perdona: «Eravamo riusciti anche a superarli e trovare tiri aperti – conferma un amareggiato Sacchetti – ma non abbiamo fatto più canestro. Torniamo a casa però con un rinnovato spirito. Perché contro Teramo ho visto una squadra tutt’altro che rassegnata e dopo la figuraccia contro Pesaro volevo risposte innanzitutto sull’atteggiamento».


Il 2-0 con la Carife sembra mettere in cassaforte un tranquillo finale di stagione. Per la squadra di Valli, adesso, la Gmac di Sante Roperto

Qui Caserta 84 Terza vittoria nelle ultime quattro gare per una Eldo che vede la salvezza sempre più vicina, anche dopo aver messo in cassaforte il 2-0 contro la Carife. Il match sta tutto in un terzo quarto da conservare in archivio: Caserta al 27° ha un 12/20 nel tiro da tre, realizza 32 punti in 9 minuti e travolge la malcapitata difesa estense (72-51). La crisi di inizio anno è ormai definitivamente alle spalle e coach Frates può godersi una squadra che si esprime con più serenità e più sicurezza. Difficile trovare note stonate in una serata quasi perfetta, forse solo nell’assenza alla sagra di canestri di Foster e Darby. Ma la Juvecaserta può godersi un ritrovato Slay (18 punti +15 rimbalzi), un ottimo Diaz e soprattutto un eterno Larranaga (nella foto). È l’irlandese infatti l’anima bianconera che spegne le velleità ferraresi nel secondo quarto, mettendo dentro 16 punti in 11 minuti con triple decisive che bloccano la rimonta ospite sul 32-27 e fanno volare le quotazioni casertane (38-27). «C’è davvero un buon clima nelle ultime settimane e stiamo lavorando meglio anche in settimana» afferma coach Frates che si gode la miglior Eldo della stagione. «Con Ferrara sono sempre state sfide speciali negli ultimi anni, ma questa vittoria però vale un più 6 virtuale sulla zona retrocessione».

Eldo, +6 virtuale per la salvezza

Serie A

Qui Ferrara 66 Continua il mal di trasferta per la truppa di Valli, ma la Eldo incontrata sulla propria strada al PalaMaggiò era di un altro pianeta. Ferrara può recriminare per non essere entrata in partita quando i giochi erano ancora aperti ed il match in equilibrio. Ma con il duo Collins-Ray a quota 5 punti dopo 20 minuti e 6/22 al tiro dopo tre quarti era difficile far meglio, complice anche una serataccia al tiro dalla linea dei 6,25 con un eloquente 5/23 che non avrebbe potuto tener testa alle bocche di fuoco avversarie. Qualcosa la Carife, crollata dopo l’intervallo in un terzo quarto da incubo, poteva raccogliere qualcosa nel cuore dell’area colorata ma Ebi, frenato dai falli e da un colpo alla mano, e Jamison, in non perfette condizioni fisiche e braccato dalla difesa di casa, non sono riusciti ad esprimersi come al solito. “Non siamo riusciti a lavorare bene in settimana” sottolinea coach Valli “ma non sarebbe comunque stato facile vincere su un campo dove hanno perso davvero in poche”. La salvezza della Carife, che non ha dato seguito alle ottime prove delle trasferte di Milano e Treviso, passa comunque per le mura amiche del PalaSegest, magari dimenticando da subito la serataccia di Caserta.

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L’intervista

Azzurri per un giorno Un solo raduno azzurro dall'estate scorsa? Recalcati cerca di fare di necessità virtù e spiega le convocazioni di oggi: «Valutazioni, non scelte». Per poi ammettere il suo scetticismo su Gallinari: «Danilo dovrà passare l'estate a curarsi». La chiamata di Renzi sembra avere un sapore particolare, perché il ragazzo a Treviso sta giocando molto. «Diciamo che era un segnale giusto da dare, per dimostrare che seguiamo tutti con attenzione, per dare nuove motivazioni anche a chi poteva credere di essere chiamato solo e ancora per una Nazionale giovanile mentre lui a tutti gli effetti è diventato un giocatore “grande” davvero».

di Franco Montorro omegge ospita la Nazionale ed è un evento: sia per la località cadorina che per la squadra nazionale, per a prima ed unica volta in raduno dopo le sfortune dell'estate 2008 e prima dei ritiri di preparazione per Giochi del Mediterraneo e soprattutto l'Additional Round per gli Europei. Recalcati ha chiamato 16 giocatori e ne ha nominati 12 riserve a casa, ma è un gruppo apertissimo ad innesti e, si spera rinforzi.

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Charly, queste non sono certamente scelte definitive. «Non sono nemmeno scelte, sono solo valutazioni quelle che posso fare in questo momento. Così, ad esempio, ho scelto di lasciare Mancinelli alla Fortitudo che giocherà sabato prossimo ed avrei fatto lo stesso con Cittadini che poi però si è infortunato. Per altre ragioni non ho considerato, ad esempio, Bulleri o Soragna: li conosco benissimo e loro conoscono me. Queste convocazioni mi aiutano a conoscere meglio altri giocatori, ma la squadra prenderà forma quando saprò quali giocatori potrò avere a disposizione».

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Certo che più che un raduno sembra una toccata e fuga... «Le abbiamo contate: sono 25 ore esatte, per l'unico raduno che facciamo fra l'attività estiva del 2008 e quella del 2009. Non saranno certamente due giorni, continuiamo a dire così, stressanti da un punto di vista tecnico. Sfrutteremo tutto il tempo a disposizione per parlare insieme e per fissare programmi. Ma sarà anche l'occasione per due esordi ufficiali eccellenti, quelli di Dino Meneghin come presidente in un raduno azzurro e quello del consigliere federale Angelo Barnaba che si presenterà a tutti come dirigente accompagnatore, al posto di Alberto Mattioli». Parlando di giocatori italiani non dovremmo considerare solo quanti” stanno in campo con continuità, ma anche “quanto” lo stanno facendo. «Di Renzi ho già detto, ha 20 anni, il suo impiego alla Benetton è un fatto positivo, perché ha spazi ed è spesso coinvolto nel quintetto di partenza. Sono poi molto soddisfatto per la stagione di Vitali a Milano. Luca anche in Eurolega ha visto aumentare il proprio spazio e la sua importanza nel gruppo. Bene anche Crosariol ad Avellino, anche se ancora fra alti e bassi, perché è sempre più coinvolto e

coinvolgente. Dei giocatori che giocano sono soddisfatto. Anzi, di quelli che fanno giocare. I problemi sono legati a quelli non hanno le stesse possibilità». Parlando invece di passaportati, chi rientra ancora nei tuoi progetti? «Mi possono interessare Rocca o Stonerook, esattamente come la scorsa estate. Valuteremo di entrambi disponibilità e condizioni fisiche, quando sarà il momento». Discorso valido anche per gli “americani”. «Sinceramente ho molti dubbi sulla possibilità di poter avere Gallinari. Le sue condizioni fisiche non migliorano, sta giocando convivendo con il dolore e visto che si tratta di un problema che risale a luglio dell'anno scorso, penso che passerà la prossima estate a cercare di risolverlo. Non mi faccio molte illusioni, anche se la stagione di New York finisse già ad aprile, su Danilo non credo di poter fare affidamento. D iverso il caso di Bargnani e Belinelli. Resto a quello che avevano promesso e dunque su di loro faccio affidamento. Mi ha fatto molto piacere leggere le parole d Andrea, quando ha proposito della disponibilità a vestire la maglia azzurra ha risposto: “Che problema c'è? Se il c.t convoca il giocatore deve andare. Ognuno alla Nazionale deve sempre dire sempre sì”. Un intervento che ho davvero apprezzato, quindi sono certo di Poi c'è Hackett... «Daniel sta giocando una partita da leader. Quello che io credo lui possa essere in futuro per la Nazionale. Ha grandi qualità caratteriali, è un vincente e sta vivendo una grande annata con il suo college. Speriamo di aiutarlo a completarla con la maglia azzurra». Primo raduno senza Alberto Mattioli. «Perché, c'è qualcuno che pensa di non vederlo arrivare a Domegge? Io per primo l'aspetto».


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L’intervista

Gaetano Papalia: «Tutto quello che c'è da sapere su Rieti» Una società in tempesta, tifosi assillati da mille paure. E la speranza di salvarsi comunque sul campo. Presente e futuro della Sebastiani nelle parole del suo presidente di Guido Paolo De Felice

ossimo negli Stati Uniti sicuramente le vicissitudini cui è andata incontro la Solsonica Rieti negli ultimi mesi sarebbero materiale per un film, forse per una serie addirittura. Da quando Gaetano Papalia, presidente e proprietario della gloriosa società sabina, ha deciso di uscire allo scoperto e denunciare la grave crisi economica che sta investendo la Solsonica, è stato un continuo viavai di voci, sussurri, illazioni, e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, dopo qualche sbandamento che ha fatto seguito al terremoto (leggasi -41 rimediato a Ferrara ndr), qualche settimana fa c’è stato un faccia a faccia chiarificatore tra lo stesso Papalia e la squadra, che ha prodotto un accordo di non-belligeranza almeno fino al termine del mese di marzo, fissato dalla società come termine ultimo per smuovere le coscienze imprenditoriali e politiche del territorio reatino prima di procedere definitivamente alla messa in liquidazione della società, con susseguente cessione del titolo sportivo, una situazione a cui tante città vogliose di tornare nel basket che conta guardano con deciso interesse (prima su tutte Napoli). Cosa fa la squadra nel frattempo però? Sarebbe facile pensare ad una squadra allo sbando, con nessuna voglia e stimoli per lottare e addirittura tentare di mantenere in Serie A questa Rieti, ora che le rotazioni sono veramente ridotte all’osso (dopo l’addio di Prato, praticamente sono solo in sette giocatori veri a disposizione di coach Lardo ndr): invece, Rieti vince, con una striscia aperta di due successi consecutivi, e soprattutto convince, mostrando un cuore e degli “intangibles” che hanno lasciato tutta Italia a bocca aperta.

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Presidente, come si è arrivati ad una situazione così “disperata”?

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«Disperazione è perdere il lavoro o non avere più una casa, disperato è un vecchio abbandonato o un giovane che si annienta nella droga. Non sto facendo della retorica, ma voglio approfittare della drammatizzazione con la quale mi hai posto la domanda sull’attuale situazione del mio Club, per dare subito risalto ad una riflessione di fondo sulla più intollerabile contraddizione che sta vivendo lo sport professionistico, con calcio e basket in prima linea. Mi riferisco, per restare nella pallacanestro, alla inquietante inconsapevolezza, oramai radicata tra i protagonisti dei nostri parquet, di far parte di un sistema socio-economico complessivo dalle cui crisi loro non possono continuare a sentirsi indenni. La congiuntura senza precedenti registrata sul piano internazionale agli inizi dello scorso autunno, proprio in coincidenza con l’avvio dei campionati, è scivolata addosso ai nostri “contrattualizzati” come una notizia riguardante un mondo a loro sconosciuto. Il crollo delle Borse, la progressiva chiusura di tante aziende, il crescente accesso alla cassa integrazione, tutte drammatiche informazioni che però evidentemente non comparivano nelle speciali edizioni dei quotidiani, dei radioservizi e dei telegiornali che entravano nelle loro case. Le difficoltà economiche del Club reatino non sono dissimili da quelle di diverse altre società e se si fosse preso atto del comune stato di sofferenza di svariati club ed una serena analisi delle fragilità del sistema nazionale, oggi non ci troveremmo a parlare del “caso Rieti”, ma forse di una iniziativa progettuale che Lega e Federazione già da vario tempo avrebbero dovuto varare per riqualificare l’intero movimento cestistico, restituendo alla competitività sportiva quella funzione selettiva sulla quale in questi ultimi anni ha preso il sopravvento la verifica economico-

patrimoniale dei club. Le società hanno rinunciato ad esprimere insieme la condizione di disagio provocata dalla crisi economica autunnale. I motivi di tale scelta sono anche comprensibili, in quanto una sorta di dichiarazione di stato di crisi produce effetti destabilizzanti, generando insicurezza tra i giocatori ed i loro agenti, spegnendo l’entusiasmo del pubblico, esponendo la società a critiche su una presunta inefficienza gestionale. Conseguenze certamente negative, ma che una dichiarazione collettiva dei club avrebbe sicuramente mitigato. Alla fine, sono stato il solo a denunciare pubblicamente l’antieconomicità del sistema, ritenendo di segnalare costantemente le difficoltà economico-finanziarie nelle quali la Sebastiani si stava imbattendo, comportamento doveroso nei confronti della Federazione, della Lega, del pubblico, delle istituzioni locali e degli sponsor. Gli effetti paventati non hanno tardato ad arrivare: la tensione si è alzata e la Solsonica è diventata la società in procinto di smobilitazione, per alcuni addirittura sull’orlo del fallimento. Il mio allarme doveva sollecitare gli enti locali, preannunciando con lealtà l’impossibilità di affrontare il prossimo campionato (Serie A o Legadue) nelle stesse condizioni nelle quali ci siamo trovati quest’anno. Se la Lega non definisce un progetto stabile di cooperazione interna, ogni società, nessuna esclusa, resta soggetta alla temporaneità della propria solidità economica. Questo accadrà finché il basket italiano resterà una scatola vuota, finché cioè i Club non si doteranno di un attivo patrimoniale e non avranno asset produttivi, capaci di creare redditi autonomi, finché non diventeranno vere e proprie imprese. La partecipazione ai campionati professionistici li ha obbligati a trasformarsi da asso-


almeno quattro-cinque città: è vero, da Napoli sono stato contattato dalle istituzioni e anche da politici locali, con un interessamento bipartisan per far ripartire il basket napoletano. Però io al momento ho stilato un programma serio e professionale per permettere al basket a Rieti di risollevarsi, finanziariamente e progettualmente: presenterò questo programma alle istituzioni, alla stampa e ai tifosi il 30 marzo. Se questo programma verrà accettato, allora gli scenari potranno cambiare, e a quel punto non è detto che l’avventura di Rieti nel basket professionistico non possa continuare. Viceversa, Rieti, intesa come capacità produttive e di interesse imprenditoriale, non può permettersi un campionato di questo livello». C’è la possibilità che se entro il 30 marzo non dovessero arrivare risposte concrete la Sebastiani possa addirittura ritirarsi dal campionato? «No, lo escludo categoricamente. Certo, alcuni giocatori potrebbero partire, non so con quali elementi riusciremmo a chiudere il campionato. Ma in fondo arriveremo comunque».

ciazioni sportive a società di capitali, ma non vi è ancora stato un cambiamento culturale». Di chi sono le colpe principali per i mancati contributi promessi? «Si va dal crollo delle piccole pubblicità locali, dal cartellone per il piccolo commerciante ai minisponsor con una riduzione di quasi mezzo milione di euro rispetto all’anno precedente, alle perdite nel cambio euro/dollaro da luglio ad oggi, dai 300.000 euro mancanti da parte della regione, e dalla solita mancanza di contributi da parte dell’imprenditoria reatina. Insomma, facendo i conti, in un budget di poco più di tre milioni di euro, si fa presto a capire che abbiamo avuto un budget ridotto di più di un terzo rispetto a quello dello scorso anno». Che ruolo ha l’ACEA nella crisi della Sebastiani? «Quella dell’ACEA era stata una promessa del centrodestra che attualmente amministra il comune di Rieti per un collegamento che vantavano con il nuovo sindaco di Roma, con un progetto di sponsorizzazione

del PalaSojourner. Tuttavia, questo progetto è sempre rimasto su carta, non si sono mai verificate le condizioni, politiche soprattutto, perché si realizzasse sul serio». Ci può chiarire definitivamente il casoPrato? «Prato è da novembre che chiede di andar via, e già allora in ben due incontri gli dissi che non lo avrei lasciato partire. Ma se poi arrivi nella situazione in cui un tuo giocatore si rifiuta addirittura di salire su un pullman e onorare il suo impegno con la maglia biancoceleste, che senso aveva trattenerlo controvoglia? In una situazione come la nostra, dove per lottare bisogna tirare fuori gli artigli e l’amore per la città, Prato aldilà delle dichiarazioni di facciata, non ha mostrato questo. Avrebbe fatto meglio a starsi zitto, ne sarebbe uscito sicuramente in maniera più dignitosa». Si parla di offerte già arrivate al suo studio per trasferire il titolo a fine stagione, in prima linea sembra esserci Napoli. C’è qualcosa di reale? «Offerte concrete no, ma interessamenti di

Quanto sono concrete attualmente, quindi, le possibilità che la Sebastiani sparisca nuovamente dal panorama cestistico italiano? «Io farò di tutto per reperire un titolo quantomeno di A Dilettanti, scevro da debiti e pendenze, da consegnare nelle mani del sindaco. La Sebastiani e il basket a Rieti sono una mia passione da quasi quarantacinque anni, ho fatto di tutto negli ultimi anni da quando ho preso la società in gestione per riportarla ai massimi livelli. Ma non c’è nessuna, e sottolineo nessuna, società che si possa permettere una Serie A basandosi sulla forza economica di un solo e unico socio, come sto facendo io a Rieti. Anche quest’anno ho dovuto personalmente ricapitalizzare per oltre un milione e mezzo di euro, a questi livelli per me, ma per chiunque, sarebbe impossibile andare avanti. E a me dispiace, dopo due coppe Italia e due promozioni negli ultimi anni, aver ricevuto offese, insulti da tifosi, dalla gente per disinformazione, fatta da qualcuno che eventualmente aveva interesse a farlo. Ma, ripeto, farò tutto ciò che mi sarà possibile per non lasciare Rieti senza basket».

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blog n di Massimo Piubello

L’arte di farne parlare L’arte del “farne parlare” non è cosa di tutti, anzi lo è di pochi. Non è un caso se quest’arte è propria dell’unico proprietario a tempo pieno della Serie A. Al secolo il signor Sabatini, Virtus Bologna. L’ultimo caso eclatante, altrimenti che arte sarebbe mai, quello relativo alla decisione di non far partecipare il suo capo allenatore alla trasferta di Avellino. Una serie di motivi,

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all’ordine pubblico alla personale sicurezza di Matteo Boniciolli passando attraverso dichiarazioni del passato lasciate, anzi ben custodite, nel cassetto… dell’arte. Il caso emerge con mirate dichiarazioni, interviste, apparizioni in video. In una parola “comunicazione”, un’ altra arte. Il fine giustifica i mezzi, citava Niccolò Machiavelli. Infatti chi mai lascerebbe la propria “attività” senza il “direttore generale” in una “riunione” strategica, come saranno tutte le prossime gare delle V nere,

per il raggiungimento dell’ambito risultato di “fine esercizio provvisorio”? Una gara importante per il raggiungimento del secondo posto in classifica. Posizione che agevolerebbe, se non garantirebbe, una serie di gare, scusate incassi. Nessuno farebbe questo contro se stesso e tanto meno il proprietario della Virtus che con arte sopraffina ha creato e incentivato il caso. Dalla decisione iniziale a quella finale di far partire il coach con il team e farlo scortare dalla polizia fino in panchina. Il tutto,

per Sabatini, a costo di essere attaccato frontalmente dalla stampa e non solo. Ma la sua arte ha le spalle grosse ed aveva previsto anche questo anzi questi attacchi non sono altro che nuovo “farne parlare”. Tutto quanto accaduto ha garantito, al suo business, spazi media che faranno mucchio nei conteggi di fine anno. Quelle statistiche tanto care agli uffici marketing degli sponsor, i cui dirigenti spesso nulla sanno di pallacanestro giocata, vissuta, commentata ed ancor più spesso si basano sui dati statistici, tanto sensibili quanto fondamentali per un’ intervento pubblicitario per la prossima stagione. Voi direte, la prossima stagione? Certamente, per il massimo dirigente bolognese la prossima stagione è già iniziata, e non certo dai giorni pre Avellino. Ecco la vera motivazione, altro che sicurezza personale od ordine pubblico. Lunga vita al maestro Sabatini perché se tutti fossero così strategici, operativi, propositivi il nostro basket avrebbe un futuro diverso, molto diverso.


Legadue

Più lacrime che sudore Intervista Varese continua la rincorsa alla a Carlo per tre Mentre promozione diretta, per Casale è crisi. La Trenkwalder di Ramagli non ne azzecca più una, Barchiesi mentre Roseto sembra la messa peggio del lotto di Lorenzo Settepanella

Difficile trovare uno che fonda Sebbene un calendario estremamente insidioso sia lì ad attenderla, passando a Sassari la una società, l’AuroraCimberio Jesi, Varese vede crescere le proprie possibilità di promozione diretta. Attitudine a capacità di prendere sempre le decisioni migliori sotto pressione, un contributo ne copre tutti i ruoli esoffrire, arriva costante da parte di tutto il cast le sue armi più affidabili (a Sassari 4 uomini in doppia a presiederla senza mai cifra, fra cui i 17 pesantissimi del prezioso Gergati, risolutivo in più di un’occasione sentirsi un numero 1 quest’anno, oltre che un buonissimo 48% di squadra nel tiro dall’arco), ma c’è da dire che di Paolo Rosati Le belle favole belle fanno bene allo sport, per quello che raccontano e soprattutto per il loro piacevole e mai scontato lieto fine. Le belle favole appassionano e vanno al di la dei crudi risultati, aiutando, come i sogni di Marzullo, a vivere meglio e in serenità. La bella favola di Jesi si chiama Carlo Barchiesi, sesto presidente nella quarantennale storia dell’Aurora dal 23 giugno 2008, un uomo la cui favola sportiva meriterebbe un posto nel guiness dei primati e forse lo conquisterà quando qualcuno penserà di approfondirne i contenuti. Eh si, perché scartabellando negli almanacchi del basket sarà difficile trovare una figura come Carlo Barchiesi che fonda una società da zero, ne copre tutti i ruoli e arriva a presiederla, con la onesta passione di sempre, senza sentirsi mai il numero uno ma, come dice lui, «uno sempre pronto a far quello che mi veniva chiesto». Come tutte le favole che si rispettino anche la sua inizia

le inseguitrici avrebbero qualcosa da rimproverarsi. In primo luogo Veroli, fiaccata a Pavia dai balzi di Viggiano (probabilmente il miglior passaportato della LegaDue) e dalla prova totale di Marigney (27 puntidie ultimo 10 rimbalzi, costante e quasi sempre micidiale quando al la nostra societàda che avverto allenatore jesino col classico “c’era una volta” timone dell’Edimes c’è De Raffaele), ma soprattutto contro Carmatic ogni volta che mi la relaziono nella stagione 71/72: «HoCasale Monferrato, che il presidente dell’Aurora Pistoia preoccupante stop consecutivo (sarà un casocon maildaterritorio quando eAndrea con il giocato con la casacca ripercorre conallaterzo, stessa Ghiacci è stabilmente rientrato nelle rotazioni di Crespi qualcosa si è del rotto nei rodatissimi mondo basket. dell’Aurora, ho fatto nostalgia e l’orgoglio di equilibri piemontesi). Tutto questo è un motivo di l’allenatore ma ho anche sempre: «Fondammo la parrebbe dunque, svolto classifica allaaltre mano, l’unica formazione grado diper tenere, grandeinorgoglio chi, come molte mansioni. societàSoresina nel ‘65 ricevendo debita distanza, passouna di Varese, se l’affidabilità della Vanoli lontano me, questa società ha dalle mano aanche scegliere i l’invitoseppur di DonaRoberto Vigo, il Davo mura amiche è, nonostante il guizzo di Rimini (dove è decisivo Troy Bell,amentre i Crabs contribuito fondarla e l’ha giocatori nuovi, insieme a Gianni Rossetti e del tiro da 3, sparando a salve anche da 2, del non capitalizzando lo strapotere a vista crescere dal accompagnavo i ragazzi Primoabusano Novelli. Non avevamo rimbalzo), tutta le daprime accertare. E se Brindisi contro Livorno fa un evidente passo in avanti dilettantismo fino alla serie in settore giovanile a giocare, una sede e facevamo chiave salvezza capovolgendo nell’ultimo quarto una gara cheA». sembrava compromessa, Da padre premuroso più staccavo i biglietti all’ingresso riunioni dentro la portineria cadendodia Scafati la prima propria gestione) che della da presidente, nutre quandoBartocci c’eranotrova le partite e vittoria dell’Ospedale, notte, (dove Maurizio Reggio a vedere la la luce alle prese con bilancio preoccupazioni perunquesta devo dire che mia(Ramagli è stata è finora quando PrimoEmilia Novellifa ancora fatica pesantissimo, fatto diera una vittoria a frontecontinua di 7 sconfitte), preparandosi ad ulteriori creatura chiamata Aurora? una presenza in (compianto co-fondatore) cambiamenti nell’organico in corrispondenza prossima finestra (dalbasket «No, perdiilmercato futuro del società. Poi sono della diventato di turno. prossimo 25 alMarzo). che non far altro, quindi, che drasticamente sono stati mossi passi addetto aglipuò arbitri per alcune Pensammo subito settoreReggio ridimensionare le ambizioni di inizio ed stagione per la salvezza, con obiettivo che di importanti le scelte stagioni infine, per dal lottare 23 giovanile, quando nacquero i ora alla portata Carmatic Pistoia, rivitalizzataRenzi dallaegestione Meneghin, Bonamico scorso, ho completamente l’incarico Giochidiventa della Gioventù ricordo dellagiugno Moretti (nella foto: 6 vittoriedinelle ultime 8 gare per Paolo, e grande vantaggio tratto che ci fanno sentire in presidente». che prendevamo le iscrizioni dall’addizione Bryan soprattutto termini di sostanza 10 punti e 12 rimbalzi buonissime mani. - Ottoinmesi sono sufficientied intensità, nel negozio di famiglia lungo anche controPoi i blasonati della Fastweb), e decisamenteSpero, meno anzi accessibile a Roseto sono sicuro che per un primo bilancio? il corso cittadino. all’inizio lunghi che sembrerebbe, per vicende siextracestistiche, formazione messa peggio fare le scelte giuste «Sicuramente – confessa lasapranno degli anni 80 decidemmosoprattutto di lotto. lanciato da coach Trullo di euna per il benenel delcorso basket di Barchiesi – quantomeno per in settimana fare il dell’intero grande salto e diIl grido di dolore conferenza stampa messa indire piedi solo staffditecnico («…ora nonseppur siamo medio più unapiccole piazze chedal l’impegno costruire una palestra tutta il gruppo quando lo stipendio mancala da 3 mesi…in nostra in cui il basket presidente è molto grande sia come nostra.squadra, è difficile tenere unito qualsiasi altra sarei andato Roseto è lail mia città e terrò rappresenta primo sport per dal condizioni, punto di vista fisico che via, ma Eravamo titubanti marealtà, poi il in queste duroFilonzi fino alla fine…»)e ha trovato precise sulche parquet, ove iled crollo di Fulvio & Co seguito interesse. mentale. Avevoconferme promesso geometra ci spronò degli ultimime 5’ livadate di sicuro più nella testa dei giocatoriLache in motivazioni tecniche. Legadue ha fornito sarei stato un presidente ci disse “i soldi un cercato fatto Holland (sebbene grande ritardoalla di massima molto presente (non saltaancora da incostantemente po’ perVenezia volta” ehanoi ci fatica ad arginare condizione), presa per mano e Rombaldoni ha messo a segno un colpo serie giocatori interessanti, 4 annidaunJanicenoks allenamento ndr) e tuffammo e nacquema il San che, soprattutto in seguito alla misuradadidue Imola a allenatori Jesi (doveeadirigenti Bianchi all’altezza non cosìsconfitta è stato, di sorretto Sebastiano, l’unica palestra bastano di le Sorrentino fronte di unfondamentali inusuale quanto 2/12 che di Bunn) e sono certo il neopuò che sanguinoso cittadina che hai 20 solo righe acomponenti valeredauna stagione. sono la passione dei soci che presidente Bonamico saprà del campo basket». valorizzarla nella giusta mi accompagnano in questo Barchiesi ricopre veramente maniera». percorso e dal rispetto verso tutti i ruoli, compreso quello

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La curiosità

Dal Messico a Milano, la poesia del basket

Una storia diversa, un filo conduttore fra playground, antiche civiltà e i Navigli. Un artista di strada che grazie alla pallacanestro parla di libertà e di riscatto di Alberto Figliolia hi getta semi al vento farà fiorire il cielo . O anche... Chi pesta i piedi fa tamburo del mondo. Versi di Ivan, street artist e poeta di strada, ventottenne della Barona, periferia ovest di Milano, fra casermoni di cemento - dove non sempre la socialità e le opportunità per i giovani vivono i loro migliori giorni e occasioni -, verdi campi, vecchie case a ringhiera – l'anima più antica e popolare della città meneghina -, anche qualche playground e gli storici Navigli che fecero la fortuna dei milanesi e l'epopea di una città d'acqua che, ahinoi, è scomparsa e sta ulteriormente svanendo. Zona di confine, che può tuttavia germinare feconda: come i primi versi di Ivan tracciati con il pennello e con audacia su saracinesche e muri. Quell'Ivan che oggi è ospitato dallo Spazio Oberdan (viale Vittorio Veneto 2, Milano, tel. 0277406302, ingresso libero) con la sua mostra-evento d'installazioni e poesie Poesia viva. Ebbene, ci si chiederà, che relazione ha tutto ciò con il basket? Apparentemente nessuna, se non che scorrendo per gli ambienti dell'esposizione e ammirando le varie opere – tutte stimolanti e originali e sui più diversi supporti, per quanto la parola scritta “domini” sebbene con il supporto dell'immagine - del poeta di strada, una ha fatto letteralmente sobbalzare il vecchio baskettaro: un componimento dedicato alla pallacanestro il cui testo fluiva in sovrimpressione su un filmato le cui immagini provenivano dal Messico dove Ivan si era recato: il Paese degli Aztechi, delle Tre Culture, di alcuni film di Luis Buñuel Portolés, del sublime trio di muralisti Orozco-Rivera-Siqueiros, di Frida Kahlo e della meravigliosa Tina Modotti, fotografa e rivoluzionaria partita dal Friuli e transitata per la California dove aveva fatto anche

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l'attrice, d'Italia-Germania 4-3 e di... Manuel Raga, l'indio volante della valanga gialloblùvaresina, l'uomo dai balzi felini dagli altipiani e dalle nuvole della fascinosa sua terra. Il campo da basket e la palla che corre è la lirica di Ivan che non ha potuto fare a meno di cogliere la profonda emozionalità, con ogni implicazione di carattere sociale, in quei fotogrammi della realtà. Il basket come divagazione e interpretazione del mondo, con la sua superba ludicità e lucidità relazionale. Uno spot per la pallacanestro, fatto senza volerlo, nato forse per caso ma magnifico. Ecco, di seguito, la successione delle strofe in verso libero. Perché la pallacanestro è libertà, ovunque essa sia, arte e riscatto, impegno e fantasia, sotto ogni sole, ad ogni latitudine, anche nella più ignota plaga di un'America remota. Secoli dopo il tlachtli, la palla centroamericana o palla messicana, l'antesignana del baloncesto-basketball... Il campo da basket e la palla che corre il campo da basket e la palla che corre i ragazzi che sfiatano mentre il canestro non decide lo spiazzo impastato di fango e le storie raccontate in cerchio le donne da terra s'alzano dignità mentr'un sapore dolce s'adagia sul lampo delle risa il campo da basket tamburella com'un cuore ragazzini come un maremoto al passo d’un tamburo dal respiro denso lo spiazzo del campo da basket tra grumi di sguardi un bastone com'un dito m'indica piedi scalzi d'acciaio


rincorrono la gioia come 'l mattino la rugiada a gocce il campo da basket nel centro del mondo libero sul fuoco della terra la vittoria del tuono della solidarietà la fame e la felicità lo spiazzo del campo da basket tra la luce della notte gli spilli delle stelle la foga del nato colpevole di miseria la speranza oltr'il sole sopito il campo da basket sotto nuvole stravaganti comete filate del mondo vorticante scrigni di parole girovaghe pensieri come sensazioni ridondanti

lo spiazzo del campo da basket danzando sprofonda nelle carezze bollenti del guardare osservando mentre s'ascolta domandando il campo da basket le parole che rotolano sul viaggio le speranze marciano a tempo d’entusiasmo la vita si distilla in ogni momento nella selva silente il pueblo sparso accerchia il mondo Lasciamo la chiusa ancora alle parole di Ivan: «La sera cala per mano alle nuvole basse e Il silenzio dei grilli, la coccinella si rigira tra le suole sventrate dalla fatica... Oventic respira cento lingue, Babilonia sfida il signore della terra, siciliani sbattuti anche qui, internazionalismo militante di mani

tagliate e pietre ordinate... La chiocciola discende ripida fino al campo da basket, le carriole s’arrampicano ubriache, chi sale carico e chi scende saltellando... risacca di brusii, di gonne lunghe intrecciate di conchiglie, di figli che dal grembo della terra ora premono in fronte calati sulle schiene curve delle madri, mocciosi vivissimi al passo d’un futuro, che non c’è, ma che comunque si costruisce migliore. La coccinella è per me barbe nere oltre l’invisibile dei loro visi, poche parole calde d’una bocca che non si muove, quasi fosse una voce sola a parlare per tutti, come il cielo tappezzato di nuvole, come sguardi sparsi tra le stelle. Presto scivolerò via come la pioggia, domani altri calpesteranno i miei passi, finché la terra sarà battuta tempra e la battaglia vinta».

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Donne

Faenza, indigesto il dopo… Coppa La squadra di Paolo Rossi, reduce dal trionfo in Coppa Italia, perde a Priolo. Si sta avvicinando la fase della stagione in cui la squadra siciliana diventa pericolosa. Importante affermazione di Umbertide su Livorno. 48 di valutazione per Smith nella vittoria di Como su Ribera. Domenica prossima Schio- Taranto

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di Roberto Perticaroli

In attesa del digestivo (Parma-Venezia di oggi pomeriggio), aperitivo e pranzo sono stati di un buon livello. Nell’anticipo di sabato sera a Cinisello Balsamo prova di forza di Schio che si impone in maniera netta e perentoria su uno dei campi più difficile dell’intera A1. Le parole di Roberto Galli, coach Geas: «Abbiamo giocato con la squadra più forte d’Italia, con una decima come Ciampoli che è una nazionale: lo scarto finale rappresenta fedelmente la differenza attuale tra noi e loro. Potevamo fare qualcosa di più, tirare per esempio con percentuali migliori, ma tutto dipende poi, ovviamente, dall’avversario che hai di fronte e da ciò che ti permette di fare.

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Per questo motivo non ho nessun rimprovero da fare alla mia squadra». Priolo (nella foto), nonostante un’Adriana (nelle foto) da 26 di valutazione, ha la meglio su Faenza, fresca vincitrice della Coppa Italia: importante l’affermazione delle siciliane. Attenzione perché si sta per avvicinare il “Priolo-time”. La partita forse più pesante nell’economia della classifica si giocava ad Umbertide: con 47 punti della coppia Callens/Hodges la squadra di Lollo Serventi piega Livorno (Gaither 18+16), la distanzia di due lunghezze e conquista un prezioso 2 a 0 nei confronti delle labroniche. Napoli batte Viterbo dilagando nell’ultimo quarto mentre una monumentale Brooke Smith (48 di valutazione, 29+15, 11/17 da 2, 11 falli subiti) trascina la Comense alla vittoria interna con Ribera. Larga vit-

toria infine per Taranto, reduce dall’affermazione in garauno di semifinale di Eurocup con la Dynamo Mosca e attesa al ritorno in terra moscovita giovedì 19, su Pozzuoli. Nel prossimo week-end si scende in campo per la terz’ultima giornata ed il “primo campo” è senza dubbio Schio dove sarà di scena Taranto. Da seguire l’insidiosa trasferta di Venezia a Livorno contro una squadra con una posizione di classifica infelice, la visita del Geas a Faenza mentre ci saranno punti pesanti in palio nel derby tra Pozzuoli e Napoli, con la squadra di Palumbo che all’andata espugnò il Palabarbuto. Priolo viaggia in direzione Viterbo, Parma sarà a Como mentre una delle ultime chiamate per Ribera fanalino di coda nel match casalingo con Umbertide.


ASPETTAnDo LuCCA-CAVEzzo Nel Girone A, giornata interlocutoria, con Reggio Emilia che, nonostante la partenza di Scopigno, rifila venti punti di scarto a Marghera, con 27 punti della diciassettenne Capolicchio. Momentaccio per le venete ma ciò non toglie nulla ai meriti della squadra di Giroldi, ora quarta in classifica. La grande attesa è tutta per il big match di sabato prossimo quando a Lucca si scontreranno la squadra di Diamanti e Cavezzo. La toscane inseguono le modenesi di due lunghezze, la compagine di Piatti ha due risultati su tre: la vittoria, ovviamente, o una sconfitta sotto i dieci punti, lo scarto con cui si chiuse l’incontro dell’andata. Una partita clamorosa nell’andamento, con Lucca in vantaggio anche di venti lunghezze ed un recupero prodigioso da parte delle giallonere di casa che nei secondi venti minuti rivoltarono l’incontro come un guanto. Il match, è inutile dirlo, si preannuncia ad alta tensione: c’è in ballo il primo posto anche se nelle ultime due giornate il calendario, sulla carta, aiuta Cavezzo (Bolzano e San Bonifacio) piuttosto che Lucca (Bologna e Udine). Il primato, oltre al prestigio, vuole ovviamente dire tutte le “belle” in casa nei playoff. E ciò, ovviamente, non è cosa trascurabile. Una partita che sancisce già da adesso, al di di quello che diranno i playoff, la grande stagione di questa due squadre, Lucca soprattutto, tenendo conto dello “status” di matricola. Parecchie le giocatrici di spessore in campo, ne citiamo due per tutte, due italiane, Consolini e Zanoli. Due italiane che, o perché ci arrivano con la loro squadra o perché ce le porta il mercato, il prossimo anno ci farebbe molto piacere vedere al piano di sopra. Se lo meriterebbero davvero. E, con tutto il rispetto, viste alcune giocatrici dei roster della A1 di quest’anno, spazio per loro se ne potrebbe trovare.Nel Girone B, battendo La Spezia, Pomezia (Schiesaro 12+13) rimane da sola ad inseguire Pontedera che ha espugnato il difficile campo del Cus Cagliari nonostante una superNicolini. Grave sconfitta casalinga di Siena in casa con la Virtus Cagliari mentre nella zona calda della graduatoria pesantissima l’affermazione di Firenze su Ancona. Mancano solo tre giornate al termine e, escluso il primo posto di Pontedera, la classifica è un grosso enigma. Prossimo turno: La Spezia- Firenze match decisivo per le liguri ultime in classifica, derby sardo a Cagliari tra il Cus che cerca la migliore posizione nei playoff ed Alghero che spera nei playout. In programma anche il derby marchigiano tra Ancona e Porto San Giorgio. Nel frattempo arrivano da più parti voci di richiesta di blocco di promozioni e retrocessioni, motivata con lo stato di difficoltà in cui si troverebbero parecchie società. Argomento di cui, quando se ne saprà di più e i contorni saranno meglio definiti, parleremo senz’altro, sentendo anche le opinioni dei protagonisti. Intanto la serie B1 ha terminato le poule promozione e retrocessione: dall’ultimo week-end di marzo via ai playoff e ai playout. Sul numero di lunedì prossimo noi di basketville dedicheremo ampio spazio alla presentazione della fase decisiva del terzo campionato nazionale.

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Donne A1

La lacuna di Venezia di Antonio Giacomelli

A circa un mese dall'inizio dei playooff, analisi della stagione in chiaroscuro dell'Umana che ha abdicato in Coppa Italia, ma che si prenota per un finale di campionato da protagonista

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l di là dell'esito della partita di Parma, non c'è dubbio che tra le società più chiacchierate del momento ci sia l'Umana Venezia. "Bene o male purche se ne parli" diceva Oscar Wilde nel "Ritratto di Dorian Gray". Certo è che nelle ultime settimane sono stati più gli argomenti a sfavore piuttosto che quelli a favore della compagine orogranata. Perché il problema essenziale è rispondere a questa domanda: come può essere giudicata fino ad oggi la stagione della formazione di Massimo Riga? Certo, una squadra con quell'organico, ricco di qualità e quantità, che non riesce a raggiungere cinquanta punti in due occasioni (con Schio nel turno infrasettimanale e pochi giorni dopo con Faenza in Coppa Italia passando di mano il trofeo che deteneva) lascia perplessi, fa giustamente emettere giudizi, cercare colpevoli e individuare responsabilità: ma l'annata sportiva è iniziata a settembre e non può essere tutto limitato alle ultime settimane. La stagione 2008/2009 della Reyer ha preso il via con una vittoria nella

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SuperCoppa Italiana ad ottobre (seppur con uno Schio incompleto), è proseguita con un cammino più che positivo in Eurolega (compresa una vittoria casalinga con il CSKA Mosca) dove, all'esordio in questa manifestazione, ha vinto il proprio girone di qualificazione (miglior risultato degli ultimi anni di un'italiana) e negli ottavi di finale ha subìto un'eliminazione da mordersi i gomiti, dopo una sconfitta di un punto al Taliercio con Carson che sbaglia di tiri liberi della vittoria in garauno. Prima del ko con Schio, la vittoria sul campo di Faenza ed il rovescio di Cinisello Balsamo del turno precedente aveva messo fine ad una serie positiva di otto partite (nove se si considera il match con Parma, vinto sul campo ma perso a tavolino). O ra è in lotta per la migliore posizione nella griglia dei playoff. Certo, si era presa la quinta straniera sperando di fare strada in Europa mentre invece ora questa situazione si trascinerà sino a fine stagione, con facce certamente poco felici (soprattutto Vujovic, la "quinta"). In questo momento ci sono giocatrici che stanno rendendo ben al di sotto del loro standard, Corradini è appena rientrata, l'inserimento

di Hayden si è rivelato più problematico del previsto e l'infortunio di Giauro, che ha già chiuso la stagione, al di là del valore estrinseco della lunga livornese, toglie opzioni tattiche all'allenatore reyerino, penalizzando di molto le rotazioni. Magari, se si fosse saputo prima delle sue condizioni fisiche, si prendeva un'altra tipo di straniera (per ruolo e caratteristiche) al posto di Carson. Anche l'allenatore ha le sue colpe: quando il coach romano parla di mancanza di entusiasmo e di voglia di vincere si tira in ballo da solo, visto che lui è il condottiero di questo gruppo e che, oltre che trattare di questioni tecniche, dovrebbe indirizzarne anche gli umori, compito di non secondaria importanza, anche se non sempre agevole. Concludendo, riteniamo che due settimane di crisi non possono far dimenticare neppure la Coppa Italia 2008 e la scorsa semifinale scudetto (con Schio, poi vincitore del tricolore). Però è tempo di ricominciare a camminare, gambe in spalle e, se necessario, con un po' di quello "sputare sangue" parola d'ordine di Dan Peterson, un personaggio quest'anno molto "dentro al mondo Reyer".


Donne A2

Coraducci, una Dinasty Antonio, una vita da alla bolognese Papà allenatore e dirigente. Mamma di Roberto Perticaroli

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Tiziana Rusignan, ex playmaker di vaglia. Ed infine, Camilla, già in prima squadra, e Alessia

n questo momento in Italia la famiglia più famosa è “I Cesaroni”. Il gruppo familiare di cui parliamo oggi però non ha nulla a che spartire con i protagonisti della nota fiction che ruota intorno al quartiere romano della Garbatella. Qui siamo a Bologna, all’ombra delle Due Torri, dove c’è una famiglia che vive di basket a 360°. I Coraducci, appunto. Partiamo da papà Antonio che ha vissuto e vive il basket da allenatore e da dirigente: nel suo curriculum ci sono 13 anni alla guida della Libertas tra A1, A2 e B, quattro al Max Basket, sei al Bellaria ed uno a Castelmaggiore. Nel maschile, quattro anni da allenatore nelle giovanili della Virtus Bologna, per un anno responsabile settore giovanile dell’Antal Pallavicini, due da allenatore in C1 con gli Stars di Bologna. Poi il passaggio dietro la scrivania: per tre anni è stato il Direttore Sportivo della Libertas Basket Bologna Meccanica Nova in A2. Ora, pur avendo fatto un passo indietro, è ancora molto vicino alla società del presidente Landi, non fosse altro perché a casa la pallacanestro è il motore portante. Forse non tutti sanno che la signora Coraducci all’anagrafe è registrata come Tiziana Russignan, nata a Muggia,cresciuta nell’Interclub e per ben dieci anni alla Libertas Bologna; medaglia d'argento agli Europei juniores come playmaker titolare della Nazionale italiana con compagne come Palombarini, Draghetti, Daprà. Antonio e “Titti” si conoscono come avversari, prima in A2 e poi in B; quando poi Titti viene chiamata dal presidentissimo Gianfranco Civolani (40 anni di presidenza Libertas), si trovano ancora come avversari, poiché Titti è in Libertas ed Antonio nel Max Basket, entrambe a Bologna. Nasce così una rivalità sportiva fra loro, essendo lei capitana e leader, erede di Viviana Corsini in Libertas, elui allenatore delle cugine emergenti a Bologna. Quando Civolani chiama Antonio a rilanciare la Libertas i due caratteri forti da leader prima si scontrano e poi si avvicinano… A tal punto che da lì a due anni si sposano (il "Civ” disse a Titti : «Vabbè che ti avevo detto di trovare un rapporto con Antonio più aperto, ma così poi!»). Dai genitori alle figlie. Camilla, classe 1990, come per un destino inevitabile, vive i primi anni di vita a bordo campo seguendo le partite del padre: inizia a giocare a sette con il Bellaria, poi passa al Masi Casalecchio dove è fra le protagoniste della vittoria dello scudetto Cadette a Verona. Ora è una delle protagoniste assolute in prima squadra con 7 punti di media a p artita in 24 minuti giocati. Purtroppo per lei la sua stagione è già finita a causa di un infortunio ad un ginocchio.Alle sue spalle, promette bene, anzi benissimo, Alessia, classe 1995: minibasket al Bellaria e poi la strada del settore giovanile della Libertas, dove oggi è uno dei migliori prospetti e partecipa ai campionati under 14 e under 15: grazie alle sue doti tecniche e fisiche ed una mano piuttosto felice da tre punti, è in odore di convocazione per la selezione ’95 regionale di coach Lucchesi. Insomma, una famiglia che vive a “pane e basket”: e non è una frase fatta…

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La proposta

16 ottobre 2016. Ripartiamo da lì Diamoci sette anni di tempo per ristrutturare davvero tutti i campionati. Per lo spettacolo. Per chi investe e per le squadre nazionali di Massimo Piubello ampionato italiano di pallacanestro, chiamato Serie A, Coppa Italia, chiamata Final Eight. Il primo lo vincerà una squadra italiana, questo è certo; con quanti italiani veri tra i dieci? Non parlatemi di dodici giocatori a referto, per cortesia! La seconda l’ha vinta Siena, con due giocatori italiani veri. Nella finale Carraretto, 3 minuti, e Ress, 6 giri di lancetta, su un totale di 200 minuti di squadra. Statistica: 9 su 200, scarso come tiratore! Senza perdervi tra stranieri, comunitari, italianizzati, “passaportati” e quant’altri contate i giocatori italiani veri che calcano, sui “dieci” del roster, il campo in una gara della serie A. Nulla contro Siena sia chiaro, basta una gara a caso. Se volete vi concedo tre jolly: Bargnani, Bellinelli e Gallinari. Sempre troppo pochi per definirlo campionato italiano. Mi ribello a tutto questo ed alle cose che ci racconta tutto il movimento di vertice. Non arrivo a capire, specialmente dopo aver letto certe dichiarazioni, come non si arrivi, o voglia, emanare una legge che possa essere messa in atto senza dubbio alcuno alla fine di un ciclo olimpico, una delle poche cose certe dello sport. Ovviamente nelle mie righe tutto pare semplice ma vorrei fare un esempio di sprone. Tra sette anni, ovvero un tempo sufficiente per progettare ogni cosa credo, Domenica 16 ottobre 2016 partono i nuovi campionati italiani di pallacanestro: serie A, B, C, D, promozione, 1a-2a-3a divisione. Chiamiamoli così che è meglio per tutti. Negli stessi possono giocare solo italiani veri ,fatto salvo quello che la legge Bosman ci impone. Al di sopra di questo movimento, che garantirà il tanto ambito

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vero scudetto italiano, un campionato professionistico con leggi ferree a livello economico, di marketing, organizzativo e di capienza impianti nel quale giocano liberamente atleti provenienti da tutto il mondo con il fine, non solo di garantire il basket spettacolo in tutta la penisola, ma anche e soprattutto essere motivo di guadagno per validi imprenditori che possono investire nel settore. In questo modo si possono garantire tra le altre delle semplici ma fondamentali situazioni come: spettacolo di vertice, crescita sul campo dei cestisti italiani, loro maturità tecnica per ambire al professionismo di vertice, sicura rinascita dei settori giovanili italiani che garantiranno futuro tecnico ed economico alle società di base, piccole o di vertice dei campionati italiani. E la nazionale avrà atleti abituati a giocare le palle importanti. E’ così difficile?


Basket History

Aza nikolic, i toni del Professore Se ne andato nove anni, lasciando il ricordo delle sue imprese e qualche frase memorabile. E stato uno dei più grandi innovatori della pallacanestro, non solo di quella europea di Flavio Suardi

iamo come la mucca dell’Herzegovina, che dà tanto buon latte e poi dà un calcio al secchio. Una frase che ha fatto epoca, quasi quanto “rigore è quando arbitro fischia”. Aza Nikolic, allenatore simbolo della Varese dei primi anni ’70 se n’è andato 9 anni fa di questi tempi, il 12 marzo del 2000. Non basta ammirare il palmares varesino di quegli anni per intuirne la grandezza: 3 scudetti, altrettante Coppe dei Campioni e Coppe Italia, il tutto impreziosito da due titoli intercontinentali. Arrivò a Varese da Padova, dove fece miracoli con in campo Doug Moe. A portarlo in Lombardia una felice intuizione di Adalberto Tedeschi, uno dei presidenti più vincenti della storia della pallacanestro varesina, nonché marito di una delle figlie del Commendator Borghi. Correva l’anno 1969 quando l’Ignis apriva ufficialmente l’era Nikolic. Classe 1924, Nikolic poté arricchire il proprio bagaglio tecnico grazie alle contaminazioni con la scuola americana. Non a caso uno dei suoi mentori fu coach Adolph Rupp, storica guida della Kentucky University salita agli onori delle cronache non solo per motivi strettamente legati all’incredibile serie di successi di questo ateneo. Fu proprio contro Kentucky, infatti, che la Texas Western di Don Haskins (che il 13 marzo avrebbe compiuto 79 anni) conquistò uno storico titolo Ncaa schierando in campo solo giocatori di colore nel 1966. Proprio da Rupp, Nikolic ereditò la grande cultura del lavoro, trasformata poi nei primi tentativi di introdurre anche nel nostro paese il concetto di metodologia dell’allenamento. Il culto del lavoro era il principio su cui si basavano le sue idee: triplicati gli allenamenti rispetto al passato, campioni e giovani promesse trattati allo stesso modo e senza guardare in faccia a nessuno. Tutto questo, nonostante qualche dubbio di natura politica attorno al suo arrivo («Chissenefrega se è un comunista, l’importante è che ci faccia vincere», disse il Commendator

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Borghi a chi lo voleva dissuadere dall’ingaggiarlo). Nikolic guidò la Ignis ad una serie di vittorie incredibile anche dal punto di vista numerico: 32 sconfitte in 243 presenze, pari all’86% di successi. Il culmine arriva nella stagione 1972/73 con lo storico grande slam, ottenuto con una squadra votata come la migliore di sempre nella storia della pallacanestro italiana ed europea. Tornato a Belgrado sulla panchina della Stella Rossa, Nikolic non abbandonò la sua ormai famosissima sigaretta sempre accesa, le sue frasi ad effetto (ad un giocatore che aveva sbagliato un passaggio disse: «Non solo hai fatto passaggio telefonato, ma hai anche cercato numero su rubrica») e i suoi allenamenti estenuanti. Il suo rapporto con l’Italia continuò anche negli anni successivi, ma senza quei grandi successi che avevano caratterizzato la sua permanenza sulla panchina della Ignis. Due stagioni nella Fortitudo targata Alco tra il 1974 e il 1976, quindi sull’altra sponda bolognese nella stagione 1981/82 con la Sinudyne di Villalta, Bonamico e Rolle, conclusasi con l’eliminazione in semifinale per opera della Scavolini Pesaro in gara3 (8887). Passa alla guida della Carrera Venezia, che conduce alla salvezza nel 1983, per subentrare poi a Pero Skansi sulla panchina di Pesaro l’anno dopo. Le sue ultime apparizioni italiane risalgono alla stagione 1984/85, quando guida per quindici gare (con tre sole vittorie) l’Australian Udine di Dalipagic e Della Fiori fino a dicembre, prima di lasciare il posto Nino Cescutti. La grandezza di Nikolic si può intuire anche dai successi alla guida della Nazionale Jugoslava, che allena dal 1951 al 1965. Vince il titolo mondiale del 1968, che segue l’europeo dell’anno precedente, collezionando anche due argenti e un bronzo. Entra nella Hall of Fame di Springfield nel 1998 assieme a Lenny Wilkens e Larry Bird. Una degna conclusione di carriera per chi è universalmente riconosciuto come uno dei maggiori innovatori della pallacanestro italiana ed europea.

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Europa - Spagna

Manresa, l’intraprendenza per battere la crisi Squadra di grande tradizione ma che convive da tempo con risorse economiche limitate e ha sulla carta il roster più debole dell’ACB. Invece sul campo... di Angelo Potenza Vivere in Catalogna per gli appassionati di basket è una fortuna. Qui giocano tre squadre nell’ACB spagnola (oltre al Barcellona, la Juventud Badalona e Manresa), e sarebbero state quattro se Girona non fosse fallita. Ma è ancora la Catalogna a ospitare la realtà cestistica più a rischio fallimento di questa stagione di ACB ridotta a 17 squadre. Parliamo del Ricoh Manresa, il club di una cittadina dell’entroterra catalano distante circa 65 chilometri da Barcellona. Alla sua seconda stagione consecutiva nella massima serie, questa squadra di grande tradizione(solo nel 1998 vinceva il campionato battendo il TAU in finale) convive da tempo con risorse economiche limitate e ha sicuramente il roster sulla carta più debole dell’ACB. La squadra ha infatti tra le sue fila un solo comunitario (la guardia argentina con passaporto italiano Bulfoni) e uno dei suoi due extracomunitari è il giovane centro congolese Ibaka, alla prima esperienza in un campionato di alto livello. Ciò nonostante, all’inizio della stagione il Ricoh sorprese gli addetti ai lavori. Il 1 novembre andava a battere il Pamesa (una delle squadre più ricche dell’ACB) a Valencia nell’anticipo della sesta giornata e si issava nelle posizioni di vertice della classifica (il risultato sanciva anche l’esonero di Katsikaris e l’arrivo di Spahija sulla panchina del Pamesa). La settimana dopo la stampa celebrava il fenomeno Ricoh Manresa. Una chiave di lettura per spiegare questa piccola realtà la forniva Jordi Ardèvol, direttore sportivo del club, che dichiarava: «Manresa vive la pallacanestro in un’atmosfera speciale, in una specie di microambiente che da fuori può essere considerato eccessivamente familiare per una pallacanestro così professionalizzata. Però ciò è il marchio di fabbrica del nostro club ormai da molti anni». Ma la cruda realtà legata al professionismo non si fece attendere. Il 5 novembre il presidente esecutivo del club, Josep Vives, annunciava di aver bisogno di reperire un milione di euro per terminare la stagione e iscriversi a quella seguente. Nessun dramma: con ammirevole prontezza la società, insieme al Comune, lanciava sul mercato le magliette con lo slogan ‘TOTS SOM MANRESA’ (‘TUTTI SIAMO MANRESA’, rigorosamente in lingua catalana), la cui vendita sarebbe servita a far sopravvivere ilclub. Questa iniziativa è stata un vero successo. La società è riuscita a incassare finora 400000 euro. Ma purtroppo non basta. Nell’ultima conferenza stampa, il 10 marzo Vives annuncia un aumento di capitale di 600000 euro da realizzarsi attraverso libere donazioni da parte degli abbonati ‘senior’. Riguardo alle mancate promesse della Generalità della Catalogna, Vives ha detto: «Non vivremo aspettando mentre il tempo passa inesorabile. Dal 5

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novembre non lo abbiamo fatto, per questo abbiamo ottenuto 400000 euro di lotta, dipura creazione di risorse, con gestione imprenditoriale. Dobbiamo continuare e l’aumento di capitale va in questa direzione. Ciò che arriverà dalle istituzioni sarà ben accolto, incluso che il sistema di finanziamento dello sport sia finalmente messo in pratica, però non possiamo sperarlo, poiché questo documento è stato fatto due anni fa ed è restato lì tranquillo, non si è mosso». Appunto importante. Tutti in Spagna fanno il tifo affinché Manresa riesca nella sua impresa e nessuno mette in dubbio né la regolarità della stagione né i criteri che lo regolano.


Europa - Grecia

Lou Ride Mavrokefalidis era un modesto comprimario al quale il destino aveva però riservato buone occasioni. Ma anche qualche trappola.Ora, in pochi mesi, da oggetto smarrito è diventato il miglior centro del campionato ellenico di Gianfranco Bina Loukas Mavrokefalidis colse l’attimo nell’autunno del 2006, uscendo da un’adolescenza in cui era visto in patria come il figlio minore della scuola tessalonicese. Nelle nazionali giovanili era un modesto comprimario, al PAOK trovò spazio soltanto a ventun anni, complice una squadra autarchica per quelle vicissitudine monetarie, radicata tradizione dei bianconeri: terzo miglior marcatore del campionato (16.5 punti), secondo rimbalzista (8.2 catture), imponendosi all’attenzione di tutti. In quell’estate, Panathinaikos e Olympiacos gli diedero la caccia furiosamente e si giocò ad armi pari un posto per la nipponica missione iridata, superando nelle gerarchie Mpourousis e portando ai rigori Shortsianitis per il ruolo di vicePapadopoulos. L’eco delle sue imprese naturalmente superò le Colonne d’Ercole e i Timberwolves lo scelsero a fine secondo giro. Ma se la carriera pareva ormai lanciata, il fato funesto era dietro l’angolo: l’Olympiacos si ritrasse e Obradovic pose il veto contrario. Il destino condusse il Mavro nell’esigente e confusionaria Roma proprio nella più peccaminosa delle sue stagioni, quella dei dieci movimenti di mercato in cinque mesi. Loukas, ragazzo docile e con mamma al seguito, nel tourbillon di quintetti e gerarchie di Repesa non riuscì a confermare le meraviglie del PAOK; sui Colli nessuno riuscì a capire quale fosse il suo ruolo, e così il dilemma fu affrontato con fermezza: non sapendo come farlo giocare, se ne le liberarono. Complice anche la storica idiosincrasia degli spagnoli per gli elleni, anche l’esperienza al Pamesa fu fallimentare. Attratto dal guiderdone, andò al Pireo; quarto centro alle spalle di Jackson, Mpourousis, Tsakalidis, tenendo il posto in coda a Shortsianitis, in cura presso gli elvezi. Quando Giannakis sostituì Gershon, il Mavro abbandonò la tribuna. Minutini qui e là, anche nei playoff, poi la decisione di ripartire da capo, ascoltando le offerte di coloro che ne auspicavano i servigi come giocatore. Si fece avanti il Maroussi, allenato dal coach dell’anno 2008, Soulis Markopoulos. Cinque partite per scartavetrare la ruggine e a riabituarsi a minutaggi generosi e responsabilità ampie; in un mese e mezzo il Mavro torna quello del PAOK, recuperando lo smarrito gioco spalle a canestro da centro puro e continuando ad esprimere ottime cose in una concezione dell’ala forte così tradizionale da apparire retrò. I bocconi amari ingoiati nelle ultime due stagioni lo hanno reso più cattivo, meno succube del gioco duro e delle randellate d’area. Nessuna consanguineità con il disadattato dell’avventura roman-repesiana, ove l’unica mansione era bloccare per Hawkins o Chapman, e talvolta ricevere sulla tre quarti palloni ingiocabili. S’è ripreso anche il popolo,

ottenendo nella consultazione elettorale per l’All Star Game un notevole ottavo posto nelle preferenze. Mentre Kazlauskas, comprensibilmente, ammira con certa soddisfazione l’evoluzione di colui che, in pochi mesi, è passato dal rango di oggetto smarrito a quello di miglior centro greco (nella foto, Loukas in maglia Olympiacos).

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io, Ettore

Attenti all’Olympiacos. Un bravo a Supermario Battendo il Tau, i greci si sono guadagnati il fattore campo nei playoff di Eurolega. Boni è sempre più a suo agio nel ruolo di opinionista Sky. E sa ammettere gli errori di Ettore Messina

sorpresa della settimana è arrivata da Vitoria, dove l'Olympiacos ha sconfitto il Tau e ha guadagnato il fattore campo nel playoff. Sorpresa relativa, visto che i “rossi” erano reduci dalla vittoria in campionato contro il Panathinaikos, dove sicuramente avevano trovato morale e convinzione. Ho seguito la partita su Sky e sul canale russo e sono rimasto impressionato dalla leadership di Papaloukas e Vujcic: la palla è rimasta quasi sempre nelle loro mani e finiva a qualche altro giocatore, nella maggior parte dei casi, solo per un tiro o per un 1c1. I due "vecchi" hanno pensato per tutti, togliendo ai compagni l'incombenza di creare gioco, permettendo a Bouroussis, Halperin, Vassilopoulos e gli altri di concentrarsi solo sulla fase realizzativa. La scelta difensiva del Tau di forzare il pick and roll verso la linea di fondo ha permesso a Vujcic di aprirsi e ricevere costantemente in post alto da dove ha creato gioco per sé e per i compagni. In una serata come questa

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poteva essere importante attaccarlo in post basso per caricarlo di falli ma Splitter è' stato abbastanza trascurato dai compagni che, come ha commentato Ivanovic, sono stati frettolosi in attacco accontentandosi di tirare molto da tre punti. Tutto sommato non un disastro per il fortissimo Tau che avrà un playoff contro il Barcellona con fattore campo a sfavore ma contro una squadra che quest'anno ha gia' sconfitto tre volte, una delle quali al Palau Blaugrana. Ottime notizie, invece, per l'Olympiacos che avrà fattore campo a favore contro il Real ma, soprattutto, ha definito in modo chiaro le gerarchie interne nel momento cruciale della stagione, affidando il comando delle operazioni ai suoi due giocatori di maggiore classe ed esperienza. Teo e Nikola hanno vinto più volte l'Eurolega, sono eccellenti passatori e, di fatto, sono due playmaker in campo. Possono segnare, creare per i compagni e sanno cosa bisogna fare per vincere sotto pressione. Se i vari


Childress, Greer, Pargo e il resto dei giocatori greci avranno la disciplina mentale di seguirli, accettandone la leadership, avremo una seria candidata in più al titolo. E' stato simpatico Mario Boni che ha fatto le sue scuse in diretta verso due campioni che aveva visto un po' come "ex giocatori" e a Panagiotis Yannakis che aveva spesso e a ragione criticato per il gioco della sua squdra. Mario (nella foto, con il presidente di teramo, Carlo Antonetti) conosce il gioco e ne è stato un grande interprete: sa perfettamente che spesso ci vuole più tempo a mettere insieme grandi personalità piuttosto che un gruppo di giocatori "normali" più inclini ad accettare con entusiasmo il proprio ruolo. Tuttavia, completamente a suo agio nel suo ruolo di opinionista, commenta quello che vede senza dare ad alcuno, giocatore o allenatore, il beneficio del dubbio: giochi male? Lo dico chiaro e tondo, la tua squadra fa schifo? Oggi è così, domani vedremo. Risveglia l'attenzione del tifoso che è dentro di noi, non fa giri di parole, è più severo con chi è più bravo, in campo o in panchina, e se sbagli due cambi non te lo manda a dire, anche se sei appena entrato nella Hall of Fame. E poi, se è andato giù pesante e c'è, davanti ad una nuova evidenza, la necessità di correggersi, nessun problema: lo fa e ci caccia sopra una bella risata. Approfitto dell'occasione per fare i complimenti a Mario e a tutta la squadra di Sky: hanno riempito tante serate, soprattutto quelle di Eurolega, anche al gruppo italiano di Mosca.

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NCAA

Mullens a ohio State? non malissimo, ma maluccio Eran tutti convinti che sarebbe diventato una stella, invece i Buckeyes sembrano giocare meglio quando lui è in panchina

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Quando l'estate scorsa è arrivato al campus di Ohio State, la soddisfazione dei tifosi dei Buckeyes era mitigata dal'opinione diffusa che anche B.J. Mullens, ragazzone locale di 7 piedi, ossia 2 metri e 13 centimetri, sarebbe stato una stella da "one and done", come dicono in America: un anno e via, come toccato a Greg Oden due anni fa e a Kosta Koufos l'anno scorso. Del resto, i giocatori molto buoni, tranne poche eccezioni, al college ci restano poco; i lunghi, poi, merce rara da entrambe le parti dell'oceano, sono particolarmente appetibili, ed è soprattutto intorno ad essi che si mobilitano le attenzioni degli scout e dei media specializzati. B.J. Mullens, dunque, veniva già paragonato ad Oden, più che a Koufos, e considerato una possibile scelta di lotteria. Questo ad inizio stagione, perché, ora che il campionato si sta concludendo e si lotta per i titoli di conference e l'accesso al tabellone NCAA, l'entusiasmo intorno al centro proveniente da Canal Winchester sta

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di Vittorio Felugo

calando, e neanche di poco. Le cifre, aride e crude, che non dicono tutto ma qualche indicazione utile la forniscono, parlano di 9 punti, 5 rimbalzi e 1 stoppata di media. Di per sé non sarebbero neanche male, ma le aspettative erano altre. A vederlo giocare, poi, si ha l'impressione di un giocatore molto acerbo, privo di movimenti sicuri in attacco e non sempre in grado di far sentire i centimetri in difesa. Un altro aspetto preoccupante è che la squadra dà la sensazione di giocare molto meglio quando B.J. è in panchina, e al suo posto gioca Dallas Lauderdale, 10 centimetri di meno (ma stessa apertura di braccia di Mullens), molto più mobile e fisico, e soprattutto, meno condizionante in attacco. Uscisse davvero dopo un anno dall'università, verrebbe senz'altro scelto al primo giro ma giocherebbe ? Koufos, 16 punti, 6 rimbalzi e 2 stoppate di media, a Utah ha poco spazio, nè va meglio ad un altro bigman, Roy Hibbert da Georgetown, dimenticato sul fondo della panchina dei Pacers. E se pensiamo che anche Oden, di fatto al suo primo anno da pro dopo la stagione da rookie persa per infortunio, pare a molti un pelo sotto le aspettative, non sarebbe male per Mullens restare ai Buckeyes ancora un altro anno.


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