Basketville Magazine numero 0

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n. 0 - 2 marzo 2009

Dai playground Ai playoff

Tutte le partite di Serie A La Fortitudo che non c'è La NBA torna in Italia

Ettore Messina la nostra prima firma


LA LAVAGNA TECNICA USATA DAI PIÙ IMPORTANTI ALLENATORI PROFESSIONISTI

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l’E-ditoriale Dai playground ai playoff

www.basketville.it Numero 0 - 2 marzo 2009 Direttore Responsabile FRANCO MONTORRO franco.montorro@basketville.it basketville@alice.it Progetto Grafico Appunto via Caduti per la patria, 47 20050 Lesmo (Mi) tel e fax +39 039 5967274 www.appuntoweb.com Fotografie Agenzia Ciamillo-Castoria www.basketville.it è una testata Media dell’Otto s.r.l. Via delle Ville 1140 55030 Lucca (ITA) Tel. +39 3202 119 119

Questo che state per sfogliare con un clic è un numero zero: se volete, un promo o una demo per un magazine che per la sua stessa natura è e sarà comunque sempre un “work in progress”. Questa settimana trovate elementi essenziali, diciamo dimostrativi: dalle partite di Serie A all'analisi di una crisi, da un'intervista all'intervento di quello che in copertina abbiamo chiamato la prima firma ovvero Ettore Messina. Ma già nel vero numero 1, on line lunedì prossimo e sarà quello il giorno di pubblicazione di ogni nuova versione dell'E-magazine, troverete articoli sulla Legadue e sulle minors italiane, sulla pallacanestro femminile e sui campionati europei e non solo. La versione light di questa settimana è solo un gustoso antipasto che abbiamo fortissimamente voluto mettere presto on line (e anche per questo devo complimentarmi per la velocità e la professionalità dei ragazzi di Appunto Web), anche se come detto non nella sua versione definitiva - se mai ci sarà una versione definitiva di questa rivista “liquida” - soprattutto perché le immagini spiegassero al meglio la novità che a parole non riusciavamo a spiegare del tutto. basketville è una comunità con un sito aggiornato quotidianamente e la rivoluzione di una rivista tradizionale, non fosse che si clicca per sfogliarla e che può essere letta a video e stampata. La redazione di basketville è davvero mobile, vista che è aperta ai migliori esperimenti e alle migliori espressioni del citizen journalism. Una scelta per qualcuno magari provocatoria, mentre noi la intendiamo come un normale adeguamento ai nuovi meccanismi della comunicazione e dell'informazione, naturalmente attraverso un passaggio redazionale che non sarà di filtro, ma semmai – servisse – di ulteriore affinamento. Non ci interessano le veline e l'informazione omologata. Tantomeno il giornalismo fatto solo di cronache e di “due punti e aperte le virgolette” in conferenza stampa. Su basketville interverrà chi avrà passione e capacità, indipendentemente dall'età o dalla professione. Chi avrà voglia di racccontare di persone e fatti di pallacanestro e la capacità di farlo in maniera appassionata e indipendente, anche con l'ausilio di foto e di video. Per l'intera comunità di basketville. Se voltate pagina, trovate un'immagine delle cheerleaders dei Bulls, che hanno accompagnato l'inaugurazione della nuova sede Nba in Italia. Un ritorno epocale, significativo, una foto che abbiamo preso a prestito immaginando un nuovo clima di fiducia e di rinnovata voglia di fare per tutta la nostra pallacanestro, che adesso ha due nuovi presidenti delle leghe pro, un nuovo presidente di federazione, tanti positivi fermenti fra i campionati minori, in quelli giovanili e in quelli femminili. Con basketville versione “daily” e “weekly” vogliamo raccontare le loro storie e farcele raccontare. il direttore


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n. 0 marzo 2009


Serie A 6

Air-La Fortezza dopo il caso Boniciolli

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Armani Jeans-Ferrara: Hall più polemiche

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Tercas-Ngc Ancora più Teramo, nel segno di Moss

di Raffaello Califano di Paolo Corio

di Franco Orsi

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Angelico-Premiata Biella inaugura il palasport e riscopre un grande Amadori di Stefano Zavagli

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Lottomatica-Snaidero Roma prende un brodino, ma non trova più Becirovic di Andrea Ninetti

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Benetton-Solsonica Treviso in rimonta, Rieti alla fine della corsa? di Silvano Focarelli

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Scavolini Spar- Eldo. E Sacripanti imitò... il Mago Silvan di Francesco Tadei

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Gmac-Montepaschi Fortitudo vecchio stile Siena, bentornata sulla terra di Valerio Velino

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L’intervista

Vacirca: «Che sbaglio le finestre di mercato» di Guido Paolo De Felice

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Il personaggio

Maurizio Bartocci e il giro della Campania di Giuseppe Argiuolo

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NBA

Un giovanotto di nome Shaquille O'Neal di Fabio Bonali

Toronto lancia il referendum per Messina ai Raptors di Mario Cagnetta

News

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Io, Ettore

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Serie A

Langford di ghiaccio Due liberi a 5’’ dalla fine spengono le velleità dell'Air. E se spegnessimo anche tutte le polemiche nate e rinfocolate per il caso Boniciolli?

di Raffaello Califano

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Qui Avellino

Qui Bologna

Non basta un’Air tutta cuore e grinta per superare La Fortezza. Ancora una volta la dea bendata e qualche fischio ‘rivedibile’ condannano Avellino che – comunque – deve recitare il mea culpa per un’altra ghiotta occasione gettata alle ortiche. Ma – ad onor del vero – va anche detto che se la formazione biancoverde avesse vinto non avrebbe rubato nulla. Decidono gli episodi e la legge ‘truffa’, dato che nel basket il pareggio non esiste. Evidentemente la Scandone sta pagando dazio (con gli interessi) alla fortuna ‘sfacciata’ dello scorso anno, ma pure alla cattiva condizione psico – fisica di alcuni suoi atleti (Cinciarini e Tusek su tutti). Adesso però – dopo cinque sconfitte di fila (quattro in campionato ed una in Coppa) – la classifica rammenta alla compagine irpina che la qualificazione alla post season è a rischio. E che bisogna darsi una mossa, immediatamente. Con 10 gare ancora da giocare (4 in casa e 6 in trasferta) occorre invertire la pericolosa tendenza. Ennesimo finale ‘punto a punto’ perdente per l’Air, che va in lunetta la miseria di quattro volte (e tutte con Crosariol). Coach Markovski inserisce Slay (finora solo un lusso imposto dal turnover obbligato) e lascia fuori Williams (il ché sa molto di bocciatura per il miglior centro della passata stagione), addormenta la partita e riscopre la zona. Funziona tutto a meraviglia, tranne l’incapacità di tenere ‘l’uno contro uno’ di Boykins e Langford. La mancanza di ‘aiuti’ e le palle perse (14) fanno il resto. I lupi si leccano le ferite, ma escono dal campo a testa alta.

Applausi per Zorzi, fischi per Boniciolli e Righetti. Come da copione, annunciato e provocato. E non poteva essere altrimenti per i tre ex di turno di Scandone – Virtus, il big match della quinta giornata di ritorno. Nulla di strano – insomma – nonostante l’inutile e stucchevole polverone alzato in settimana. Una gara – per certi versi – simile alla finale di Coppa Italia tra La Fortezza ed il Montepaschi. E – siccome nello sport e nella vita si vince e si perde (in campo e fuori) – stavolta sorride Bologna, grazie ad una prestazione monstre del duo a stelle e strisce Boykins – Langford (19 + 23, i quali producono addirittura i 2 / 3 del fatturato totale della compagine felsinea). La velocità del primo e l’atletismo del secondo fanno tutta la differenza del mondo, insieme ad una panchina profondissima ed una maggiore convinzione. Corretta e simpatica la rappresentanza di tifosi bianconeri presente sugli spalti del bellissimo e rinnovato Paladelmauro, che esprime solidarietà ad Avellino e la sua gente (un gesto che la dice lunga...). Poteva andare diversamente e peggio, ma la Virtus espugna un parquet difficile e – metabolizzata la delusione di domenica scorsa – continua una rincorsa al secondo posto che (oggettivamente) appare sempre più nelle sue corde.


Serie A

Armani Special Price La prestazione è da capo fallato, ma una tripla del folletto venuto dal freddo e un più che discutibile tecnico a Sacchetti gelano nel finale il sogno di Ferrara. E alla fine il presidente Mascellani sbotta... di Paolo Corio dell'andata, eccolo infatti mettere a referto 16 punti e 8 rimbalzi, top-scorer dei suoi insieme con un Vitali infallibile dalla lunetta (8/8 ai liberi nei 17 totali) ed efficace nel contenere Collins nelle ultime, decisive giocate.

Qui Milano

Qui Ferrara

Coach Bucchi una mossa l'azzecca di sicuro: lasciare in campo un Hollis Price che - pur lontano dall'essere il bomber della scorsa stagione in Lituania - trova a 7" dalla sirena la tripla che risolve il match (al pari di qualche più che discutibile fischio arbitrale ai danni di Ferrara). Per il resto, una Milano che non decolla mai in una serata in cui anche e soprattutto il falco Hawkins - trascinatore designato dell'AJ - stenta non poco a dispiegare le ali (5/13 dal campo, con 4 recuperi ma altrettante perse). «C'è mancato il killer-instinct», commenta alla fine il coach milanese, «e anziché chiudere la partita quando a inizio terzo quarto si era messa sui binari giusti per noi, l'abbiamo riaperta con una serie di ingenuità». La più clamorosa sta in una schiacciata sul ferro di un Pape Sow tanto distratto quanto messo in difficoltà dal solito problema di falli (il 4° già al 25', sfondando nell'azione immediatamente successiva all'incredibile errore) e dalla superiorità della coppia avversaria EbiJamison. E con Rocca ancora sulla via del recupero fisico e Katelynas in formato "normal", la salvezza per l'AJ oltre che nella mano del folletto venuto dal freddo - sta in un Mike Hall che con Ferrara deve avere qualche inconscio conto in sospeso: dopo il decisivo tap-in

Un Ray determinato come a Roma poche volte si ricordano (oltre ai 15 punti, 5 rimbalzi e un tuffo da nuotatore per recuperare una palla vagante), più un super-Collins da 24 punti e 20 di valutazione, più Ebi e Jamison a far danni nell'area avversaria. Ma a fine partita coach Valli ha occhi solo per quel tecnico affibbiato al 38' a Sacchetti quando Ferrara è avanti di due (69-71): quattro liberi di fila per Vitali e match riaperto per Milano, anche se un passi di Sow vanifica poi il successivo attacco. Un episodio non determinante in senso assoluto, ma certo fondamentale: tanto più che il povero Sacchetti ha sì "imprecato" dopo aver commesso il fallo, ma non certo verso l'arbitro che l'ha fischiato (possiamo scriverlo perché il tutto è accaduto a pochi centimetri da noi). Se ha una colpa, insomma, è solo quella di non essersene rimasto zitto... Così come non è certo rimasto zitto il presidente di Ferrara, Roberto Mascellani, a fine incontro: «Già poco tutelati a Pesaro e Treviso, questa sera lo siamo stati per 38' prima di essere fermati da errori arbitrali clamorosi. Attenzione, però: perché continuando su questa strada, con trattamenti diversi per società diverse, il basket perderà tutti quelli che investono nelle piccole realtà come la nostra».

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Serie A

Teramo, la stella di David

Anche secondo Messina, Moss è uno dei giocatori più forti del torneo. Efficace su entrambi i lati del campo.

di Franco Orsi

Qui Teramo La patente di nobiltà è una e trina e arriva da Ettore Messina, che definisce molto bello il gioco della Banca Tercas, molto bravo Capobianco ed infine parla di David Moss (nella foto) come del giocatore “più forte ed incisivo in questa parte del campionato di Serie A, alla pari di Keith Langford”. Concetti ulteriormente rafforzati dalla gara con la Ngc, dove Teramo ha dimostrato anche concretezza nelle battute finali, subìto e metabolizzato il recupero, per poi gestire anche la riacciuffata differenza canestri. Bene, in queste fasi Spiderman Moss ha giostrato con abilità ed efficacia, giocoliere e rubapalloni, confermando appunto una duttilità che non ne fa più, solo una grande sorpresa. Ma, soprattutto ed ormai, un campione anche di regolarità. Che poi, a certi livelli, vale quanto la classe. Meno brillante Peppe Poeta, protagonista di gustosi siparietti lunedì scorso a Quattro Castella, durante la cerimonia di consegna del Premio Reverberi ma soprattutto davvero coccolato dal Ct Recalcati e da Dino Meneghin, contro Cantù ha sparacchiato da 2, ma ha comunque preso 5 rimbalzi e dato 6 assist ed insomma: fa più notizia quando gioca male. Anche perché accade ormai sempre più di rado. Curiosità finale, la trottola Hoover negli ultimi secondi, a disegnare cerchi da pattinatore su ghiaccio per sfuggire alla blanda pressione canturina. E a lamentarsi per almeno un fallo non fischiato da una terna che peraltro presentava l'arbitro ormai identificato da tutti come

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“L’ineffabile” (per altre ragioni c'è chi lo definisce “L’inaffidable” ma non è questa la see per parlarne) e che a Teramo ha diretto nella norma. Anzi no: meglio della norma. Quando ci vuole, ci vuole.

Qui Cantù Bella partenza, brutto arrivo, come se la benzina mal gestita all'inizio fosse poi finita nel tenattivo di recupero finale. E comunque l'accigliato Dalmonte del Palascapriano non troverà solo note negative, in settimana, nel rivedere il film della sconfitta. Prevedibile, contro questa Tercas e comunque con un verdetto arrivato davvero allo scadere. La Ngc ha tirato bene da 2, male da oltre l'arco e per il resto ha pareggiato quasi le cifre avversarie pagando semmai una mediocrità diffusa, per l'occasione. Ora come noto è arrivato Patricio Prato, rinforzo non da poco per una formazione che a Teramo ha avuto poco da Elder, dannosisimo da 3 (1 su 8), e che in gare come questa sconta la panchina corta e la presenza di italiani pro forma. Più rotazioni e maggior talento, grazie all'ex reatino e il continuare di un sogno: la qualificazione ai playoff. La parola miracolo è abusata, quando si parla di Cantù, ma chi ne sa trovare una più efficace?


Serie A

Biella, buona la prima Bell’Angelico nella gara d’esordio del nuovo impianto. E finalmente sugli scudi anche Pietro Aradori. di Stefano Zavagli

Qui Biella La navicella, battezzata da 4489 spettatori, ha già un suo extraterrestre. Nel big day dell'Angelico, a uscire da mazzo è chi meno te lo aspetti. Era immobile, la panchina della Sutor, nel siparietto di Pietro Aradori (nella foto). Sette dita al cielo e pubblico coricato quasi sulle tribune, incredulo, per gioire le gesta di un giocatore finalmente capace di andare controtendenza. Tu vuo fa l'americano. Si sentiva spesso canticchiare. E questo made in Italy, l'americano nell'esordio del PalaCoop contro la Premiata calpestata, lo ha finito per fare sul serio. Ha toccato 7 su 7 da tre, statistica poi sporcata con l'ultimo tiro errato per una manciata di millimetri dopo aver toccato due volte il ferro. Una cosuccia non da poco, basti pensare che il 6 su 6 è record stagione appartenente in comunione a Slay, Gabini e Hicks. Nella Biella lustrata a festa, il record era già stato frantumato da un papabile azzurro, non fosse per l'ultima scoccata. E pazienza. Aradori ha segnato per far decollare il punteggio a favore di Biella, non a giochi fatti. Quattro triple nel secondo quarto, utili a dilatare il gap. Una, pesantissima, a inizio di ultimo quarto, con il +15 che ha nuovamente sotterrato la Premiata. Incredulo il palazzo, con testimonial d'eccezione Valentino Renzi: «Biella può allargare gli orizzonti, è un sogno che si avvera. Una buona notizia per il nostro movimento». La vittoria, netta (+24 al 37', 86-62) è giunta con una prova maiuscola del collettivo, tiri pesanti centrati, poche mosse particolareggiate, tanto fiato da gettare sul parquet.

Qui Montegranaro La Premiata non ha avuto abbastanza energie per stare dietro alla creatura. Ha giocato la sua partita, senza gettare in campo le sufficienti energie e finendo per bisticciare con il ferro. Chissà, se a spaesare il team sarà stato il nuovo contesto. «Non credo proprio – dice Finelli -, la cosa si è già ripetuta a Bologna, in un palazzo che esiste da una vita»”. Così Montegranaro scopre di essere per classifica avulsa dietro a Biella e nella corsa ai playoff questo potrebbe pesare e non poco. Vasileiadis, disposto a percorrere le orme di Aradori, ha provato a riprendere in mano le redini nel terzo quarto. Ma ormai la frittata era fatta. Non in casa Sutor. Ma sul parquet di Biella. Legni su cui Biella ha giocato la partita che voleva, con i lunghi di Montegranaro scavalcati e con le guardie colpite in difesa e nella testa dal furore rossoblù. Il risultato non ridimensiona. E non sa di disfatta. Montegranaro ha giocato la sua partita, tentando nel terzo quarto di rimettere tutto in discussione, c'era pure riuscita, toccando il -10 (65-55), poi Brunner si arrampicato sulle braccia di Hunter. E Aradori nell'avvio di ultimo quarto ha fatto il resto. Ha reso impossibile la serata a questa Premiata.

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Serie A

Lottomatica, semaforo verde Un brodino caldo per la Virtus con un Becirovic ancora in crisi profonda. Sacchetti ha coraggio, ma anche una panchina cortissima.

di Andrea Ninetti

Qui Roma Torna a sorridere la Virtus Roma, attesa alla rinascita dopo dieci giorni di fuoco in cui erano svaniti i primi obiettivi stagionali. Un successo quello conseguito contro Udine che sa più di brodino caldo che di pasto completo, vista la difficoltà che ha incontrato la squadra di Gentile per aver ragione di un’avversaria volenterosa, dotata di qualche buona individualità ma che è sostanzialmente troppo corta per poter arrivare lucida nel finale. Jaaber (nella foto) si dimostra sempre più leader del gruppo, ancora orfano del vero Becirovic, in crisi profonda d’identità, a corto di preparazione, molle sulle gambe e spaventato come un ragazzino alle prime armi. Preoccupa il suo calo degli ultimi mesi, così come vanno sottolineate anche la sostanza di Gigli, la duttilità di De La Fuente e l’impalpabilità di Jennings, una scommessa che sembra più un salto nel vuoto senza paracadute. Progressi lenti ma evidenti quelli mostrati da Brezec, un 2,16 che però mostra il meglio quando viene impiegato da ala grande; la sua morbida mano dai 4 metri è un potenziale che la Virtus dovrebbe sfruttare meglio, non essendo lo sloveno portato per le sportellate e la battaglia sotto i tabelloni, dalla quale esce il più delle volte confuso ed infelice.

Qui Udine Coach Sacchetti, ammirevole per il coraggio di alcune scelte, come quella di lanciare in quintetto il giovane D’Ercole, ha un grande problema nelle rotazioni limitate e, di fatto, è costretto a cambiare spessissimo quintetto per non spremere troppo quei 5-6 elementi che compongono

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l’ossatura di squadra. Udine dovrà lottare tantissimo per arrivare al traguardo salvezza, ma gli spunti positivi, anche in questa trasferta, possono essere rintracciati; basti pensare alla solidità di un battagliero Di Giuliomaria, troppo solo sotto i tabelloni, oppure alla pericolosità offensiva di Anderson, che dopo la mostruosa prova della partita d’andata, si è messo in luce anche al PalaLottomatica, dimostrandosi un ottimo tiratore. Positivo anche il già citato D’Ercole, uno che insieme ad Antonutti potrebbe scrivere passaggi importanti della Nazionale che verrà. Il naturale calo fisico dei friulani, dopo aver retto i ritmi di Roma per quasi 30 minuti, ne ha sporcato anche le percentuali al tiro, soprattutto dai 6,25, dove la Snaidero aveva costruito la sua onesta gara con un notevole 55% fino al terzo parziale. Poi la nuova e decisiva fuga dei capitolini al 30’, iniziata con la conclusione di Douglas da metà campo a fil di sirena, evidentemente la specialità della casa visti i noti precedenti in maglia Fortitudo. Da quel momento Roma ha ricominciato ad essere se stessa, senza snaturare troppo la sua identità, che è il male peggiore in cui i giallorossi possano incorrere. La gara di ieri ha detto che Udine dovrà imparare a gestire meglio le singole fasi della sfida, senza lasciarsi trascinare nei ritmi veloci, certamente poco congeniali ad una squadra corta; Roma invece si prepara al meglio per il viaggio di Siena, con la consapevolezza di non aver nulla da perdere su quel campo e con la forza mentale di aver conservato il secondo posto dagli assalti di Teramo e Bologna, una bella risposta a coloro che la davano già per spacciata.


Serie A

Benetton, tutto in dieci minuti Tre quarti con la testa fra le nuvole, poi Soragna e soprattutto Bulleri suonano la carica. Solsonica, ora che succede?

di Silvano Focarelli

Qui Treviso

Qui Rieti

È andata non bene, di lusso. Può una squadra, la cui tana è stata violata solo da Siena, farsi battere da chi in trasferta ha perso sempre? Certo che può, basta giocare come ha fatto la Benetton nella prima mezzora: testa fra le nuvole, capacità di lettura della 2-3 molto vicina allo zero (i 9 assist di Wood sono un tantino ingannatori), indolenza generale e, soprattutto, nella coppia NicevicNeal. Poi sono bastati dieci minuti fatti come Mahmuti comanda per sistemare la faccenda ma scherzare così col fuoco è da sconsiderati. E qualcuno ormai vuole Soragna santo subito: l’unica sua tripla è stata quella che ha fatto stramazzare Rieti. Ma il lavoro ai fianchi l’aveva fatto prima Bulleri e qui bisogna dirla chiara: il Bullo come s’era visto pure a Casalecchio è tornato più forte di prima, ferocemente motivato (12 punti nel secondo quarto), leader ed esempio per chi cuor di leone non è. Peccato per Rullo, ora non gioca più e forse bisogna parlare di una scommessa persa. Ma insomma questa è una Benetton che, magari fra qualche alto e basso, sta mantenendo le aspettative di una stagione dignitosa, frequenta se non proprio l’altissima classifica almeno zone meno malfamate del recente passato, ora sta anche per recuperare Rancik e ad inizio aprile a Torino conta di far bella figura nell’ultimo atto di Eurocup. Qui, sperando che tornino i bei tempi, ci si accontenta di partecipare, tanto a vincere da un po’ sono sempre gli altri. Ma ci si gode il solito, positivo Renzi (nella foto).

Il presidente Papalia, che si dice “amareggiato” per la vicenda Prato, ceduto a Cantù alla vigilia del viaggio a Treviso, paragona la A1 di Rieti ad un tavolo che ha perso due gambe: le istituzioni (Regione e Acea) con 850.000 euro sfumati e gli operatori economici (meno la Solsonica e pochi altri): via altri 550.000 euro. Le altre due gambe sono i tifosi (meno 100.000 euro) e lui stesso (più 1.700.000). Ora il CDA dovrà prendere decisioni delicate. Rieti si era presentata al Palaverde con quattro bambini in panchina ma nella squadra è scattata la molla giusta, invece di mollare ha raddoppiato l’impegno. E’ sempre bello vedere il gruppo degli americani buttarsi su ogni pallone, mettere in grande imbarazzo un avversario con mezzi superiori. I tifosi devono essere orgogliosi di questa pattuglia di coraggiosi ed ostinati che vuole a tutti costi far restare Rieti fra le elette, il coach poi è lì che combatte al loro fianco, Lardo è uno che la carica la sa dare e quel continuo alternare uomo-zona per poco non si trasformava per la Benetton in un gigantesco trappolone. L’impresa si può ancora fare, ora l’importante sarà recuperare Mario Gigena ai suoi livelli e accendere lumi a Santa Barbara perché conservi la truppa, già ridotta all’osso, in buona salute.

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Serie A

Sacripanti come il Mago Silvan

Sim Sala Bim: Zukauskas da ala forte e Hurd da centro. E la Scavo Spar così mchiude gli spazi ai piccoli dell’Eldo di Francesco Tadei Qui Pesaro

Qui Caserta

Zukauskas da ala forte e Hurd da centro: scacco matto. La mossa di Sacripanti ha sorpreso Frates, la difesa è diventata più ingombrante sul perimetro chiudendo la luce ai guizzanti piccoli bianconeri che fino a quel momento avevano tenuto in vita la Juve. Eppure ha trovato il modo di rischiare di perderla quando sul 82-73 a tre minuti dalla fine ha smesso di attaccare l’anello accontentandosi di tirare – in equilibrio o meno – solo dopo il ventesimo secondo con annesso finale vibrante. Pesaro però non ha giocato bene, troppo dipendente dalle giocate individuali nel primo tempo in cui Caserta collassava in area per evitare il penetra e scarica di cui si nutre la creatura di Sacripanti. Hicks dopo un promettente inizio ha perso presa nel match, lasciando l’occhio di bue a Curry tornato ad essere – o forse diventato solo ora – decisivo. In netto recupero anche il belga Van Rossom e LeRoy Hurd. In calo le quotazioni di Akindele portato a scuola da Frosini. «Adesso che i carichi di lavoro sono alle spalle dovremmo riprendere a giocare come sappiamo e come abbiamo dimostrato» dice l’allenatore della Vuelle, intanto contento della prestazione grintosa dei suoi, fondamentale per la classifica e per il morale alla vigilia di una doppia trasferta ad Udine e Roma che potrà dare qualche risposta in più sul ruolo della squadra adriatica fino alla fine della stagione.

Quei passi di Slay a 13 secondi dalla fine… Poteva essere la grande vendetta dell’ex, in un campo che lo ha fischiato dalla presentazione delle squadre, invece ha affossato i suoi. Anche Frates ne parla in sala stampa: «Dalla mia posizione sembrava un corretto passo d’incrocio» senza però puntare l’indice accusatorio verso la terna arbitrale parsa comunque poco lucida. In effetti è riduttivo parlare della partita con una fischiata, seppur nel momento topico del meno 3 palla in mano. Caserta l’ha persa soprattutto nell’ultimo periodo quando Diaz, prigioniero della difesa biancorossa, ne è uscito troppo tardi ed in cui i falsi lunghi di Pesaro hanno bloccato il pick and pop campano. Prima di quel momento la Juve aveva ben duellato contro Myers e compagni andando spesso col muso avanti. Frates ha spesso variato difese e attacchi cercando di non dare punti di riferimento a Pesaro, cercando di tenere basso il ritmo e trovando in Di Bella un rinato protagonista. Assieme al vecchio leone Frosini – alla fine top scorer della sua Juve – hanno tenuto a galla una Eldo in cui il solo Foster ha dato un buon contributo. Una squadra comunque in salute che però non ha saputo trovare la zampata per il pareggio condizionata dalle prove sottotono dei due alfieri più rappresentativi: Slay e Diaz. Domenica contro Teramo arriverà Darby, una manna per mantenere fresco, e più efficace, Di Bella.

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Serie A

L'avventura dell'altro Signor Malaventura Una bomba sancisce il risultato clamoroso. Una F “old style” riporta la Montepaschi sulla terra.

di Valerio Velino

Qui Siena Per una serata, e questo in campionato alla Montepaschi non succedeva da tempo memorabile McIntyre aveva la maglia di Reggio Emilia, Finley di Rieti, Stonerook di Cantu, Sato quella di Jesi, Domercant e Lavrinovic erano ancora in Russia. Per standard cosi sofisticati le uscite anche minime fuori dal coro, le conclusioni fuori ritmo, la mancanza di armonia, attenzione e reattività che Siena ha mostrato al Paladozza sono apparse evidenti anche nei tanti momenti di vacche grasse di questo incontro. Rispetto al passato Siena pare una squadra più dipendente da McIntyre e Stonerook (oggi in edizione minore e gestiti con parsimonia) e può fidarsi con un pizzico di sicurezza in meno della sua difesa a uomo. Cosi sfruttando i momenti di confusione dell'attacco biancoblu piu che mordendo e capitalizzando nel contempo lampi isolati di classe pura di Finley e Sato prima, Lavrinovic e Domercant poi, raramente frutto di giro di palla accettabile e quasi mai correndo, Siena ha costruito fughe precarie alimentando sempre speranze per gli avversari. Emblematici i 19 rimbalzi offensivi concessi e 5 punti subiti sulla sirena, mentre un imbarazzante Kaukenas (è lui ?) ha di fatto rimpolpato il ridotto organico della Fortitudo. Non è pacifico se abbia inciso più la stanchezza per i recenti incontri disputati o un pizzico di presunzione

piuttosto che il pensiero del Partizan. Di sicuro Siena è stata dall'inizio alla fine bruttina assai e svogliatella piuttosto che no.

Qui Fortitudo Tecnicamente la partita è stata vinta quando la Fortitudo è riuscita ad aprire il campo. All'inizio ne ha tratto giovamento Papadopulos ma è durata poco. Nell'ultimo quarto invece un sontuoso Mancinelli ha reso giustizia a questa efficace mossa. In mezzo tanta palla lunga e sputà sangue sui rimbalzi mostrando qualità finora esibilte solo contro Treviso come quella di sporcare spesso le linee di passaggio, di reggere le penetrazioni altrui costringendo l'altrui attacco sempre allo sforzo successivo a quello natuale e istintivo. Vittoria sorprendente ma meno di quanto possa sembrare. Difficile giocare contro la Fortitudo quando il suo popolo si sente in minoranza e anche a -10 ogni canestro è una festa. Strawberry orripilante ma stoico fa pari e patta con Kaukenas, Huertas fa un miracolo mentre si azzoppa, poi a 17" la palla finisce a Malaventura. Per caso. Invasione di campo. Il ritiro, dopo Rieti, lo hanno fatto a Citta del Messico?

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vacirca «Che sbaglio le finestre di mercato» Critico il giemme del Premiata. Che poi svela: «Ci bastano solo altre quattro vittorie e abbiamo le potenzialità per centrarle»

di Guido Paolo De Felice

Da qualche anno a questa parte, la pausa che il campionato osserva per lo svolgimento delle Final Eight e la vetrina data dalle stesse gare della kermesse di Coppa Italia forniscono l’occasione per una prima valutazione di quanto prodotto nei primi due terzi della stagione, per tirare le prime somme, ma anche per dare una rimboccata alle maniche in vista del rush finale. Una delle squadre presenti proprio a Bologna, è stata la Premiata Montegranaro, uscita in fretta, è vero, ma con l’onore delle armi e la testa altissima. Proprio il nuovo general

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manager della Premiata, Gianmaria Vacirca è il protagonista della nostra chiacchierata. Partiamo dalla fine stavolta: qual è il suo giudizio complessivo sull’evento Final8? «Una grande edizione: spettacolo in tutte le partite e un’organizzazione davvero superlativa. Spero che Sabatini possa ripensarci e che il prossimo anno ci regali ancora un evento di questo livello». Qual è il giudizio sul campionato disputato finora

dalla Premiata? «È ancora presto. Diciamo che ci stiamo difendendo bene e che, continuando su questa falsariga, potremo salvarci e regalare ad una piazza così appassionata e competente un altro campionato di Serie A. Ma serve fatica, sudore e massima concentrazione». L’acquisto di Vasileiadis prima, il "sacco" di Ivanov poi, sono operazioni che potranno dare respiro alle rotazioni attuali della Premiata, ma possono essere entrambi visti anche in proiezione futura, vista la riduzione degli extracomunitari che si avrà nelle prossime

stagioni? «La situazione di Ivanov è molto complessa, il giocatore ha in corso una vertenza col suo club e chiaramente non potremo muoverci fino a quando tale problematica non sarà risolta. Siamo in attesa. È chiaro che un eventuale ingaggio avrebbe il suo peso viste le regole della prossima stagione». Che finale di campionato si aspetta dalla sua Premiata? La classifica per ora parla di playoff... «Ci aspettano undici partite difficilissime, dalle quali vogliamo almeno quattro


a: vittorie: abbiamo le potenzialità per poterle centrare». Da attore in prima persona del mercato, dopo un anno di “finestre” qual è il suo giudizio a riguardo? «Le finestre sono state una pessima idea, una delle peggiori in assoluto nella pallacanestro di oggi. Non a caso sono state abolite già dalla prossima stagione: un esperimento fallito in pieno». Siena in Italia domina, ma le altre grandi d’Europa non fanno tanto peggio, segno che c'è un divario enorme tra le superpotenze ed il resto del

Italia

gruppo. Quale può essere la soluzione per ridare “competitività” ai campionati nazionali? Una SuperLega? L'introduzione di salary cap? «Non credo ci arriveremo mai. Sono le regole del mercato e la concezione totalmente “risultatista” dello sport europeo. Credo che il futuro delle medie e piccole realtà, se supportate dai risultati, debba essere e sarà quello di aumentare gli investimenti». L’Orlandina intanto porta avanti il suo ricorso e inizia a fare altri nomi circa le squadre che avrebbero delle situazioni economiche da dover quantomeno “chiarire”: ma il nostro basket è davvero così malato come è stato dipinto negli ultimi sei mesi a partire dalla bufera di settembre?

«Occorre monitorare mensilmente la situazione dei pagamenti dei giocatori, scendere meno a compromessi: se una squadra paga gli stipendi a singhiozzo, o non li paga per mesi, non può partecipare. Viene meno lo spirito sportivo oltreché l’equità competitiva».

Round che vedrà impegnata la nostra nazionale quest'estate? «Andremo ai campionati Europei, primo grande successo della gestione Meneghin».

Come giudica la nomina di Dino Meneghin quale Presidente della Federazione? «Politicamente molto corretta, Meneghin sa benissimo quale e quante gatte da pelare dovrà affrontare. Basti pensare all'accordo raggiunto con la Lega A sull'eleggibilità dei giocatori, anche se per un solo anno: almeno ha il merito di essere stato rapido». Per chiudere, qual è il suo pronostico per l'Additional

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news Al PalaLottomatica la mostra dei 50 di Eurolega

Chi ha detto che la macchina del tempo non sia stata ancora inventata, lo ha affermato solo perché non ha visitato la splendida mostra fotografica organizzata dall’Eurolega in occasione dei 50 anni della competizione. Un brivido unico, un tuffo nel passato che permette di pescare dalla memoria attimi indelebili, ripercorrendo tutti gli avvenimenti del massimo torneo continentale dal 1958 ad oggi. La mostra, che per un mese è stata allestita al museo olimpico di Barcellona, è stata ospitata al PalaLottomatica in occasione delle gare casalinghe della formazione capitolina giocate la scorsa settimana con Panathinaikos Atene e Snaidero Udine. Un evento aperto a tutti gli appassionati di pallacanestro, arricchito per l’occasione da video e pannelli commemorativi del trionfo datato 1984 del Bancoroma di Valerio Bianchini e Larry Wright, realizzati appositamente dalla Virtus Roma, finora primo e unico club europeo ad aver avuto questo onore. Le mura della sala trasudano di storia, oltre 200 immagini che evocano le gesta di grandissimi campioni e club che hanno reso popolare questo sport; così capita di ammirare il grandissimo Radivoj Korac e leggere del suo record di 99 punti, messi a segno con la maglia del’OKK Belgrado, oppure di apprezzare la sportiva stretta di mano fra l’allora coach della Simmenthal Milano Cesare Rubini ed il capitano del Real Madrid Carlos Sevillano, pronto a sollevare al cielo la coppa appena vinta. E’ un tripudio di foto, tabellini e copertine di giornali quello che incanta i numerosissimi visitatori accorsi, con i più piccini a chiedere ai propri papà chi fossero quei giganti immortalati per sempre nell’attimo del trionfo. Tanti campioni, moltissime le storie che s’intrecciano, mentre sembra ancora di sentire il boato della folla accompagnare le gesta di Nikos Galis, Kresimir Cosic, della Jugoplastika Spalato di Kukoc e Radja, regina d’Europa a cavallo degli anni ’80-’90, di Dino Meneghin, prima vincitore con la Varese di Aza Nikolic, poi con la Milano di McAdoo e D’Antoni, i numeri d’alta scuola griffati Danilovic, Bodiroga, Parker, Jasikevicius, i miracoli di Limoges e Badalona, i successi ateniesi di Panathinaikos ed Olympiacos, le sei affermazioni di Zelimir Obradovic, il coach che a 32 anni è diventato l’allenatore più giovane ad accomodarsi sul trono d’Europa. La folla più corposa era ovviamente assiepata davanti al video che riproponeva le immagini della vittoria di Roma nella finale di Ginevra contro il Barcellona, con le riproduzioni giganti delle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani che

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PREMIO REVERBERI, EDIZIONE NUMERO 23

A Quattro Castella sono stati consegnati i Premi Reverberi-Trofeo Fiba manifestazione in memoria dell'arbitro reggiano inserito di recente nella Hall of Fame Fiba. Grazie porprio alla collaborazione della Federazione internazionale, l'iniziativa, giunta alla sua 23esima edizione è riconosciuta cone l'unica manifestazione italiana che premia tutte le categorie operanti nel mondo del basket: arbitri, dirigenti, giornalisti, giocatori, società. Quest'anno sono stati insigniti del prestigioso riconoscimento Giuseppe poeta e Francesca Zara come miglior giocatore/giocatrice. Poi: Matteo Boniciolli, miglior allenatore; Enrico Sabetta, miglior arbitro. E come fischietti, ecco la coppia di ex direttori di gara Nar Zanolin e Lubomir Kotleba, entrambi premio Fiba. Altri premiati: Raffaele Soavi, premio alla carriera; Dejan Bodiroga, premio al personaggio; Valentino Renzi, neopresidente della Legabasket, premio per il contributo al basket; Piero Guerrini, per l'attività giornalistica. La serie delle premiazioni è stata aperta dal premio speciale Giacomo Piccinini che è stato attribuito a Umberto Messori (Basket 2000 Reggio) quale personaggio in maggior evidenza nell'ultimo anno nella nostra provincia. Ancora e da sottolineare il premio Basket e Solidarietà assegnato all'Associazione “Pensare Basket”. Un premio spaciale è andato alla società femminile Geas Sesto San Giovanni, mentre alla società toscana Ducato Le Mura di Luca sono andati i complimenti e il trofeo come “Impresa dell'anno” per aver vinto lo scorso campionato di Serie B femminile, perdendo solo una partita. Per il premio Fip dedicato alle persone e alle spciet meritorie in campo giovanile, Dino Meneghin ha consegnato il trofeo allo storico presidente della Pallacanestro Cantù, Aldo Allievi. Meneghin, infine ha ricevuto un premio speciale Champion.


celebravano un successo storico se si pensa che mai una debuttante si è aggiudicata il trofeo alla prima partecipazione. Tanti volti noti, molti i sorrisi spesi dai presenti, in un amarcord che parla al cuore attraverso l’immagine, che spiega i piccoli grandi drammi sportivi degli sconfitti esaltando contestualmente le gesta di campioni assoluti di ieri e di oggi, che ha emozionato chi ha ripercorso, attraverso quei magici frammenti fissati per sempre nel tempo, una buona fetta del proprio passato. (Andrea Ninetti)

telefonico di Guido Bagatta che ha definito Matteo: “Uno dei pochi giocatori che risolve le situazioni e che un allenatore vuole sempre avere nella sua squadra, insomma lo Zanetti del basket, un giocatore che fa ancora la differenza” «Mi sono divertito moltissimo – dichiara alla fine delle due ore trascorse a Radio Deejay un raggiante Matteo Soragna – far parte della trasmissione mi ha dato molta soddisfazione. Un sogno».

Sassari: a fine stagione la dirigenza attuale lascia In un periodo di “gioie e dolori” per la Dinamo Banco di Sardegna, i tifosi sardi raccolgono armi e bagagli e si preparano alla trasferta livornese. Le gioie sono rappresentate dai positivi risultati colti ultimamente dal team di coach Cavina, mentre i dolori si identificano nell’intenzione, da parte della dirigenza, di non andare più avanti nell’avventura, una volta finita questa stagione. Non ci sono debiti, la società è sana, ma le promesse non mantenute dagli sponsor (in particolare l’ex Endesa, ora E.ON) hanno costretto i dirigenti superstiti ad eccessivi sforzi. Nonostante questo, i tifosi ci sono e sbarcheranno a Livorno almeno in una ventina, per fa sentire la propria voce alla squadra e salutare l’amico-rivale Emanuele Rotondo, ora in maglia toscana. (Erika Gallizzi)

Matteo Soragna a Radio Deejay Mattinata all'insegna della pallacanestro a Radio Deejay, quella del 25 febbraio scorso. Insieme a Linus e Nicola Savino, Matteo Soragna (nella foto) è entrato nello studio della programma più ascoltato d'Italia “Deejay chiama Italia” ed è intervenuto sui temi di attualità di cui si dialoga durante la trasmissione, con i consueti intervalli di brani musicali. Con la sua presenza Matteo ha dato la possibilità di parlare di basket a 360°: campionato italiano, Eurocup e Nba gli argomenti più gettonati. Tante curiosità da parte di Linus e Nicola: la situazione delle squadre in serie A e la Coppa Italia appena giocata, le differenze tra il mondo Nba e l'Europa e il trattamento da superstar che viene riservato ai giocatori d'Oltreoceano, l'All Star Game di Phoenix e in particolare la gara delle schiacciate vinta da Nate Robinson alto solo 175 cm che ha saltato in testa ad Howard (214 cm). Gli ascoltatori hanno inviato moltissimi messaggi per Matteo con complimenti e saluti da tutta Italia. Infine l'intervento

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il personaggio <<<<

Il ritorno di Bartocci

di Giuseppe Argiuolo

Dopo la beffa a Napoli, la grande occasione a Scafati. Per il poker di esperienze sulle panchine in Campania. E per tornare a vivere cestisticamente: “Mai più senza basket, almeno spero, mi è mancato da morire” elefono, internet, montagne di dvd. La vita dell’allenatore è molto altro, ma soprattutto questo. E poi si sale e scende dall’altalena. Fischi e applausi, vittorie e sconfitte, ingaggi e tagli. Funziona così. Più difficile che il tutto si condensi in poche settimane. Lo ha vissuto sulla sua pelle Maurizio Bartocci, coach casertano, 50 anni tra qualche mese, cresciuto a bottega da Tanjevic e Marcelletti. Dopo anni di assistentato, ben 9, quest’estate arriva la sua grande occasione. Tutto fatto, si parte. Bartocci capoallenatore a Napoli. Sarà dura, ma si può fare. Estate di mercato, molte idee ma pochi denari. D’improvviso la deflagrazione: il club di Maione cancellato dalla giustizia sportiva. Tutti a casa, con la coda tra le gambe. Sfiga, maledetta sfiga, proprio ora che era arrivato il mio momento, avrà pensato Bartocci. “Era un'occasione importantissima che avevo accettato con grandissimo entusiasmo – racconta il coach - rinunciando anche ad altre offerte molto interessanti, però quella di Napoli era la più stimolante dal punto di vista professionale e non solo. Abbiamo cominciato a lavorare con Costa per formare la squadra, nonostante le difficoltà economiche. Alla fine credo che eravamo riusciti a metter su una squadra discreta. All'inizio ci tenevano nascosto tutto, ci dicevano che erano solo chiarimenti e formalità, ma con il passare dei giorni le cose venivano alla luce e capivamo che la situazione peggiorava. Iniziavamo a intuire come potesse finire. A Termoli, dove eravamo andati per un torneo, abbiamo avuto la notizia dell'esclusione”. Un dramma sportiva per una città intera, ma soprattutto per chi stava per prendere coscienza di un nuovo status:

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disoccupato. “Tutto lavoro perso, così come i sogni e le speranze per una sentenza arrivata troppo tardi. Ci siamo trovati tutti per strada, da un giorno all'altro. Eravamo tutti amareggiati, delusi, arrabbiati. La cosa peggiore è che a fine settembre eravamo tutti senza lavoro. Roba da strapparsi i capelli, se solo ne avessi”. Giorni di silenzio e dolore. I giocatori trovano ingaggio quasi subito, Costa va a Cremona, Bartocci resta a Caserta, a casa con l’amato papà. “Un attesa snervante. Situazione per me nuova, avendo sempre cominciato le stagioni agonistiche ad agosto. Mi dava molto fastidio andare in giro con l'idea di essere visto come la persona che va li per gufare, una situazione che non ho vissuto benissimo”. Intanto, tra una partita e l’altra arriva la chance televisiva. Un modo come un altro per restare attaccato all’ambiente. “Sì, mi sono divertito a fare la seconda voce alle telecronache della Juve Caserta, e sono stato spesso ospitato in varie trasmissioni di basket. Sono stato felice di partecipare e parlare di basket, era un modo per non allontanarmi troppo dalla pallacanestro”. Nel frattempo la telefonata tanto attesa continua a non arrivare. Si aprono decine di porte, che quasi contestualmente si richiudono complice qualche vittoria inattesa. Ancora la sfiga, maledetta, ripensa il coach. Finalmente la chiamata giusta. Si va a Scafati, per completare il poker di esperienze campane dopo le stagioni a Caserta, Avellino e Napoli. “Finalmente è iniziata una nuova avventura – sorride Bartocci - la affronto con grande entusiasmo, Scafati è una realtà importante e c'è la volontà di tutti di fare bene. Sai che vi dico: mai più senza basket, almeno spero, mi è mancato da morire”.


NBA

Un ragazzino di 37 anni Shaquille O’Neal ha surclassato i T-Raptors con 45 punti. Perché è tornato (o ha iniziato) ad allenarsi... di Paolo Corio crivo queste righe appena dopo aver assistito alla memorabile prestazione di Shaq che ha letteralmente surclassato i T-Raptors con 45 punti. Non si era quasi mai visto un giocatore di quell’età dominare in modo quasi imbarazzante gli avversari, incapaci di contenerlo non solo raddoppiandolo ma tal volta triplicarlo, cosa che non si vedeva da almeno 4/5 anni. Ok sono il primo a dire che la difesa degli ormai quasi derelitti Raptors fa acqua da tutte le parti, ma allora perché anche un Dalembert o un Nenè non riescono a fare altrettanto? Semplice perché di Shaq ce n’è uno ed è anche tornato (o ha iniziato) ad allenarsi come si deve tanto da essere in condizioni fisiche e atletiche strepitose come non si vedeva dal primo anno di Miami. O’neal sta mettendo un energia in campo quasi incredibile, anche l’anno scorso ci aveva regalato un memorabile tuffo sulla folla, ma adesso sta esagerando! In stagione è già arrivato a quota 3/4 e proprio contro Toronto a farne le spese è stata una ragazza della terza fila. Questo apparentemente sembra solo spettacolo ma vedere un tir lanciarsi tra le file del pubblico dà subito carica emotiva a squadra e tifoseria. Shaq è consapevole di doversi caricare la squadra sulle spalle viste le assenze di Nash e Stoudemire e quindi torna di moda il suo gioco

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basato non più solo sulle tremende schiacciate che ci ha regalato in passato, ma ha ormai affinato un gancetto da 2/3 metri che infila costantemente grazie a delle mani dolcissime. Tuttavia ciò che più fa impressione è che superi il 60% dalla lunetta, addirittura è a rischio career high in questa statistica! Le potenti schiacciate anche se rarefatte non sono ancora scomparse, ma arrivano ormai solo dopo rimbalzo in attacco ( e se decidesse anche di tornare a saltare per i rimbalzi?) o se servito in movimento, cosa che a dir il vero dovrebbe avvenire più di frequente. Nella sua metà campo la mobilità è ormai limitata anche se non è inesistente come quella di un Ilgauskas o di un Yao Ming, ma le stoppate arrivano ancora eccome, condite anche da qualche duro fallo, che non sarà né sportivo né bello da vedere ma di sicuro efficacissimo per intimidire. Concludendo Phoenix non è più in grado di raggiungere gli altissimi livelli degli ultimi anni e addirittura rischia di finire fuori dai play-off ma questo Shaq può ancora farci divertire e di sicuro è stato dato per finito troppo presto. E riuscite ad immaginare cosa sarebbe successo se davvero fosse diventato compagno di LeBron?


NBA

Toronto vota per Messina Un giornale italiano sostiene la candidatura di Ettore ai Raptors, forte dell’appoggio della comunità tricolore.

T di Mario Cagnetta

ORONTO. La domanda è quasi sempre questa: “Signor Gherardini ma è vero che Ettore Messina sarà il nuovo allenatore dei Toronto Raptors?”. E nonostante questo quesito ancora non abbia trovato risposta, a Toronto non si parla d’altro. Un po’ perché la comunità italiana è assai numerosa, circa 600mila tra vecchie e nuove generazioni, e un po’ perché l’idea di portare in Nba il primo allenatore non americano della storia stuzzica e incuriosisce non soltanto i “paisà” ma anche i canadesi. Il Corriere Canadese, il quotidiano locale, ha

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lanciato pure un sondaggio sul suo sito www.corriere.com che, a quanto pare, sta ricevendo un’ottima risposta. Tutto per spingere il presidente dei Dinos Bryan Colangelo e il suo vice Maurizio Gherardini a portare in Canada dei più titolati allenatori del mondo e per giunta italiano. I vertici per ora negano ricorrendo alle più svariate ragioni. La prima è che una stella americana difficilmente seguirebbe gli ordini di un coach non americano. Poi c’è chi parla di problemi insormontabili riguardo all’inserimento negli schemi dell’Nba e nel tipo di gioco. Ma a smentirli sono gli stessi atleti che sono pronti a scommettere sulle qualità di un coach in grado di vincere ovunque sia andato. Il primo in ordine di tempo è stato l’argentino Manu Ginobili che Messina allenò ai tempi della Kinder. “E’ un grandissimo allenatore – ha detto

– Ha bisogno soltanto di un po’ di tempo e di fiducia da parte della società. Ma non ci sono tante persone in giro che conoscono il basket come lui”. Poi è stata la volta dello stesso Andrea Bargnani che, pur non riferendosi a Toronto, si è detto pronto a giurare sulla qualità di Messina e a scommettere sul suo inserimento nell’Nba. “E’ sicuramente pronto per fare il salto e allenare nell’Nba - ha affermato – Io poi lo conosco bene perché è stato l’allenatore che mi ha lanciato in serie A quando ero alla Benetton Treviso”. Poi sono arrivati nell’ordine anche altri grandi ex giocatori a perorare la sua causa: il primo è stato Roberto Brunamonti, poi è stata la volta di Dino Meneghin e per ultimo Sasha Danilovic. Tutti pronti a garantire su di lui. Ma anche gli scettici non sono mancati e non mancano tuttora. Sergio Scariolo,


allenatore della nazionale spagnola di basket e rivale di Messina nel campionato russo con il Khinki Mosca, non crede ad esempio che i tempi siano ancora maturi per il passaggio di un europeo in un ambiente come l’Nba. Anche se poi ha precisato che “una squadra europea come Toronto (dove militano giocatori come Calderon, Parker, Ukic e lo stesso Bargnani provenienti dalle serie minori e abituati al basket europeo) sarebbe l’ideale per assicurare il suo inserimento nella maniera migliore”. Mike D’Antoni, coach dei New York Knicks, ha invece consigliato all’allenatore ex Benetton almeno due anni di sana gavetta come assistant coach prima di misurarsi con una realtà cosi’ difficile. Un’opinione che ha lasciato perplesso perfino il suo pupillo Danilo Gallinari

scettico sul fatto che Ettore Messina abbia bisogno di fare rodaggio. Fatto sta che ora Colangelo e Gherardini si trovano di fronte a delle scelte che non possono sbagliare. Il pubblico canadese brontola e vuole risultati dopo le brutte delusioni di questa stagione. A Toronto nessuno crede che Jay Triano verrà riconfermato nonostante abbia lavorato bene almeno sotto il profilo del gioco. Le scelte possono essere due: o puntare su un coach americano di esperienza per evitare ulteriori critiche della stampa e dei tifosi pronti a mettere tutti sulla graticola in caso di fallimento. Oppure rompere gli indugi e puntare diritto su Messina. Al centro non dobbiamo dimenticare Andrea Bargnani e Chris Bosh. Il primo, se continuerà a questi livelli, potrebbe diventare un punto fermo imprescindibile. Il secondo sarà free

agent il prossimo anno e nonostante i tentativi di tenerlo, sono in molti pronti scommettere che non resterà. I Raptors si troverebbero quindi con parecchi soldi a disposizione e potrebbero costruire la squadra intorno al Mago. E di conseguenza Messina sarebbe l’uomo giusto. Per ora sono solo voci, alle quali però la comunità italiana sembra credere. Anche nei blog canadesi l’idea di rompere gli schemi obsoleti dell’Nba non viene giudicata negativamente. La curiosità è tale che nel web girano video e informazioni sulla carriera di Messina e persino un filmato dove si mostra la sua padronanza con l’inglese. Insomma a Colangelo e Gherardini non resta che fare il grande passo. Gli italiani di Toronto aspettano ansiosi. E nel frattempo votano.

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io, Ettore

Dalle stelle alle stelle Una settimana vissuta intensamente, dopo due sconfitte pesanti, altrettanti momenti di gloria. A Bologna e a Mosca di Ettore Messina

volevo iniziare a scrivere per basketville, non potevo farlo con ancora l'amaro per le sconfitte di Siena e in Coppa di Russia. Per fortuna è accaduto qualcosa che ci ha risollevati e ho vissuto due momenti altrettanto intensi ed emozionanti. Per fortuna felici. Ma andiamo con ordine, perché in pochi giorni si riassume poi un'intera stagione del Cska.

Se

Ci siamo buttati nella Coppa di Russia con ancora i lividi nel morale dopo la botta di Siena, ma eravamo contenti per aver ritrovato Smodis. Lui è un giocatore troppo importante per noi e si era già infortunato troppe volte, quest'anno. Così, quando dopo un minuto e mezzi si è fatto nuovamente male... possso dirlo? Ci sono cadute le palle a terra a tutti quanti, la partita è diventata mentalmente in salita, abbiamo perso compattezza e fiducia e patito minuti da choc. Perdendo giustamente. Ci siamo ritrovati per la finale di consolazione, lì ho iniziato ad avere segnali consolanti. Nella notte dopo la finalina sono volato a Bologna, per la cerimonia della Hall of Fame della Federazione. Estremamente commovente, con degli autentici miti come Flaborea, Ossola, Nidia Pausich. In quei

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momenti ero felice, ma non riuscivo a liberarmi da tanti brutti pensieri e come me sapevo che li aveva la squadra, la società l'ambiente. Da Bologna sono ripartito subito, perché c'era da prepare la gara di ritorno con Siena, già lunedì. Io avevo voglia, non sapevo quanta fiducia avrei trovato, però. E martedì è accaduto il “fatto”. Smodis dice che se la sente, che vuole giocare E' la gara che può girarci la stagione e io ritrovo quello che forse è il mio giocatore più importante. Siamo una squadra diversa da quella delle scorse annate, senza Papaloukas e Andersen abbiamo meno personalità, loro erano i giocatori senza paura, molti di quelli di adesso sono bravi ma hanno ancoa bisogno di tempo. Non è facile entrare in un club come il Cska, come il Barcellona, come il Panathinaikos. Dietro c'è una storia che ti può stritolare. Il gruppo dei “vecchi” si è ristretto: dico di Holden, Siskauskas, Langdon, appunto Smodis. Sono loro a tirare il gruppo. Io li paragono un po' a Parker, Ginobili, Duncan e Finley degli Spurs. Un punto di riferimento anche per dare serenità a tutti gli altri. Con Siena è andata come sapete. In campionato siamo imbattuti e già sicuramente primi a quattro giornate dalla fine della stagione regolare. In Eurolega la


nostra classifica è più che buona anche se siamo andati a sprazzi. La Montepaschi ha rappresentato un momento di fiducia per il nostro futuro, visto che la ritengo una delle candidate alla vittoria finale e a noi quest'anno era mancata l'impresa con la grande, Madrid a parte. Ora abbiamo nuovamente fiducia, fermo restando che la nostra condizione fisica deve essere ottimale. Piccola parentesi: il time out di Simone Pianigiani all'andata, a due secondi dalla fine. Qualcuno ha malignato, io non ci ho visto nulla di strano e gliel'ho detto subito, alla sirena. Io non so se l'avrei chiamato, a parti invertire, ma capisco che in un girone i dettagli della differenza canestri siano fondamentali. Semmai posso prendermela con qualche tifoso senese, che mi ha offeso pesantemente pensando che quel minuto lo avessi chiamato io. A conferma che non tutti vedono o capiscono bene. “Caso Boniciolli”, per restare in Italia. Scherzando ma non troppo, avrei allenato ben poche partite in trasferta se avessi dato retta a tutti quelli che mi minacciavano. Forse avrei dovuto smettere già vent'anni fa.

Italiani all'estero. So dell'iniziativa del giornale dei nostri connazionali di Toronto, del referendum per portarmi ai Raptors. Li ringrazio per la fiducia e la considerazione, ma ripeto a voi quello che ho detto a loro: questa sorta di “moral suasion”, conoscendo Gherardini e Colangelo, potrebbe avere l'effetto contrario. Poi magari, di nascosto, voto anch'io per me. Prossima gara in Eurolega, contro Tanjevic. Penso sia decisiva per il primo posto, quindi per avere poi il fattore campo e un quarto con un avversario teoricamente più abbordabile. Ma io non dimenticherò mai quello che successe con la Virtus nel 1992: vittoria a Tel Aviv con canestro allo scadere di Zdovc, primo posto finale e tutti contenti per aver vinto la stagione regolare e per trovarci come avversaria la quarta dell'altro girone. Era il partisan di Djordjevic e dell'ancora semisconosciuto Danilovic. Nella gara decisiva eravamo sopra di 15, poi si ruppe un tabellone. Loro rimontarono. E vinsero la coppa. Morale: c'è sempre qualche precedente che non mi fa più dare le cose per scontate.

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