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Come la scienza ha cambiato il mondo del Surf
FISICA
La storia di Riccardo Rossi, il riminese che ha introdotto la fluidodinamica sulla scena surfistica mondiale
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di Leonardo Aresi
«Lo spazio marino è caratterizzato da uno stato di agitazione costante. In mare aperto creste e flutti salgono e scendono senza tregua mentre sulle coste vanno ad infrangersi onde di ogni dimensione: è così dalla notte dei tempi. Le onde in alto mare provocano uno spostamento di energia, non di materia: il moto è circolare. Invece quando avviene il frangimento si realizza una traslazione dell’acqua in avanti con l’innalzamento che genera una componente d’energia cinetica. Questa, nel caso di un surfista, si combina a un’energia potenziale di quota che può essere trasformata in velocità scivolando sull’onda».
Dopo averle studiate, Riccardo Rossi ha imparato ad amarle. Riminese di nascita ma californiano d’adozione, è l’ingegnere che ha portato la fluidodinamica computazionale nel surf. «Fino al 2016 ho lavorato a progetti di ricerca universitaria nel campo della fluidodinamica a Bologna e a Stanford in California. Da quell’anno, messa da parte la velleità di ottenere una cattedra, ho iniziato a fare consulenza freelance sulle tematiche che affrontavo all’università. Ho creato il mio brand, Red Fluid Dynamics e dopo aver iniziato da solo sono riuscito a creare una squadra di cinque persone. Lavoriamo attivamente con Sequoia Surfboards, un’eccellenza italiana, e con grandi realtà americane del surf come Futures Fins e Dakine. Non solo. Usiamo la stessa tecnologia che applichiamo alle tavole in ambito industriale: dalla filiera automobilistica a quella farmaceutica».
La fluidodinamica computazionale applicata alle tavole da surf permette di elaborare le migliori linee attraverso lo studio del comportamento dell’acqua lungo le linee stesse. Grazie al CFD è possibile studiare scientificamente la resa delle varie sezioni di una tavola (rail, tail e bottom) e quindi le sue prestazioni a contatto con l’acqua, prima di procedere alla realizzazione per la prova finale sul campo. «L’idea di applicare le conoscenze accademiche nel mondo del surf è nata quando ero in California.
È lì che nel 2009, al secondo anno di permanenza a Stanford, ho messo per la prima volta i piedi sulla tavola raccogliendo l’invito di uno studente che seguivo per il dottorato. Senza di lui non mi sarei mai cimentato in questo sport. Da buon romagnolo, prima del surf la mia più grande passione erano i motori. È scattata una scintilla che mi ha cambiato la vita».
Le simulazioni virtuali della tecnologia CFD, prima delle collaborazioni tra Rossi e Firewire Surfboards, azienda all’avanguardia nella creazione delle tavole, non erano mai state sperimentate nell’ambiente surfistico. Una novità che ha interessato e coinvolto in investimenti economici protagonisti del calibro di Kelly Slater, 11 volte campione del mondo, Rob Machado e Daniel “Tomo” Thomson.

«La West Coast mi manca. La mia prima volta risale al 2007 e da lì in poi ogni anno, fino allo scoppio della pandemia, ho fatto in modo di passarci del tempo. Ho tantissimi amici a cui sono rimasto molto legato: è diventata una seconda casa. Vivendo in Sardegna però non posso lamentarmi. Il clima qui praticamente è lo stesso. L’altro giorno in acqua ho avuto la sensazione di stare a Santa Cruz, è stata una bella mareggiata». Ricordi e suggestioni a migliaia di chilometri di distanza: le prime onde non si scordano mai. Presto tornerà a cavalcarle. ■