Ring#009

Page 18

:RECENSIONI:

Ring#08

iNNO aL cIELO cHE mUORE____________________________

[Castlevania: Lament of Innocence]

di Nemesis Divina .:scHEda:. gENERE Platform-RPG eTICHETTA Konami sVILUPPATORE Konami TYO sISTEMA PS2 aNNO 2003 gIOCATORI 1 vERSIONE USA

Molto evocativa la sala dei Save Point che, come da tradizione, permette il ripristino totale dell’energia. La maggior parte delle ali del Castello offre splendide cartoline dall’Inferno con un particolare gusto iconoclastico, dove immagini sacrali sono associate a scenari decrepiti, fatiscenti e abbandonati. Gli scenari offrono un’interazione pressoché nulla, fatta esclusione degli elementi mobili funzionali a semplici enigmi.

Gli scontri con i boss non si rivelano molto ostici. Le uniche complicazioni insorgono a causa di una regia deficitaria, che spesso gioca dalla parte dell’avversario. Tutt’al più è sufficiente una riserva di pozioni rigeneratrici a trarci d’impiccio. I colpi combinati e l’uso mirato degli item d’attacco rendono il nostro peregrinare per il Castello una mera formalità, in attesa di scontri più interessanti, sbloccabili dopo intense ricerche ma non indispensabili per terminare l’avventura.

_______________I figli della notte

Konami è amante del passato, specie del proprio. Più prolifica fra le serie della casa di Tokyo, Castlevania ha generato una stirpe apparentemente inarrestabile, capace di calcare ogni sistema di gioco, casalingo e portatile. Dopo l’insostenibile uscita tridimensionale su N64, Konami aveva optato per un gradito ritorno alla tradizione su portatile Nintendo, prima con il buon Circle of Moon (fortemente debilitato dall’ermetico schermo del primo GBA), poi con Harmony of Dissonance, vero e proprio omaggio al capitolo PSone, cui è seguito a ruota quell’Aria of Sorrow che, in pretesti futuribili, ha ricercato una rilettura della saga. Purtroppo, dopo l’apice raggiunto con l’immenso Castlevania: Symphony of the Night, la verve creativa dei designer di Konami si è sopita, forse annebbiata da un nuovo modo di fare ma soprattutto ‘chiedere’ videogiochi. Lontano dalla filosofia bidimensionale, il pubblico vuole il treddì. E gli sia dunque dato, purché paghi. Non che sia un male; in verità molti attendevano una ferma risposta di Konami alla sfida tridimensionale, una risposta che avrebbe dovuto coniugare immediatezza e precisione del 2D con il fascino evocativo di ambienti a tre dimensioni. E da questo punto di vista è subito un buon vedere. Il Castello mostra i propri interni con orgoglio, ostentando superfici levigate, di rado offese da scalettature o sfarfallii. Aule magne si aprono al nostro accesso, arazzi splendidamente texturati rivestono le pareti, un cumulo di detriti giace silenzioso in un angolo mentre un’abside espone vetrate colorate e raggi di luce filtrano dalle finestre nei corridoi. Più in generale, le sale sono tutte realizzate con grande cura. Chiaro, non si è resuscitato nessun Gaudì per questo Castlevania, per cui dal punto di vista architettonico Devil May Cry resta ancora su un altro piano. Tale risposta visiva si mantiene grossomodo inalterata nei personaggi: buona varietà di animazioni e una generosa distribuzione di poligoni, benché l’arte pittorica di Ayami Kojima venga mortificata dalla traduzione illustrazione>video.

18

Bocca imbronciata per il soundtrack, curato dalla stessa autrice di SOTN ma che, pur ricalcandone motivi e strutture al limite del citazionismo, non riesce a bissare il monumentale lavoro compiuto su PSone, dove intrecci barocchi si mischiavano a staffilate di chitarra elettrica e doppia cassa. _________Gli oceani del tempo Eppure il tempo è trascorso dalla perfetta esecuzione della Sinfonia della Notte, e gli strumenti appaiono scordati in un’armonia a tratti dissonante. Dove la precisione dei comandi si traduce in immediatezza nel gioco 2D, questo Lament of Innocence pecca nel più classico dei modi, offrendo una telecamera che sovente s’impensierisce nei fatti propri, curandosi sì del giocatore ma non inquadrando l’avversario, magari un boss che carica un colpo letale. Ma sono problematiche endemiche del tridimensionale, peggiorate dall’impossibilità di ridirezionare la camera manualmente o entrare in visuale soggettiva. Il risultato è una visione spesso incompleta dell’area di gioco, della quale non si può mai conoscere la globale conformazione. Per il resto, questo Castlevania offre né più né meno quello che da un Castlevania ci si aspetta, con il privilegio di assistere alla nascita della stirpe di Cacciatori di Vampiri in cognome Belmont. Tornano dunque i cuori che regolano la riserva di armi di supporto e gli MP che sottendono la durata delle magie, legate alle reliquie rintracciabili nel castello. Novità gradita, ma più che altro variante sul tema, è la presenza di globi colorati (rilasciati dai boss) che possono essere combinati con gli item di supporto per offrire differenti poteri d’attacco (con differente spesa di cuori). Dove il beneamato Alucard di Castlevania:SOTN eseguiva magie tramite combinazioni alla Street Fighter, il Leon di Castlevania: Lament of Innocence si avvicina di più ad un Sigfried di Soul Calibur, capace com’è di inanellare combinazioni di frusta tese ad una maggiorazione del danno inflitto. Le tecniche combinate si rendono disponibili semplicemente avanzando nell’avventura e si esprimono tramite pressione sequenziale dei tasti


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.