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COMUNICAZIONE

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Lo smartworking richiede uno specifico accordo individuale tra datore e lavoratore

L’ITALIA CHE NON SI FERMA

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Questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa è disciplinata dalla Legge 22 maggio 2017 n. 81, dove viene tecnicamente definita “lavoro agile”. Significato e modalità attuative

Avv. Massimiliano Albanese*

La stagione della pandemia da Covid19 ha posto le imprese italiane di fronte all’esigenza di una profonda riorganizzazione dei propri modelli produttivi, tenendo conto dell’esigenza di distanziamento sociale dei lavoratori, necessario a ridurre la diffusione del contagio. Anche le attività soggette all’obbligo di sospensione, imposto durante il lockdown sanitario, hanno avuto la possibilità di proseguire alla condizione, tassativa, di adottare soluzioni di lavoro a distanza. In tale contesto, l’espressione “smartworking” è velocemente divenuta un trend topic della comunicazione istituzionale e del gergo aziendalistico, ponendo le imprese dinanzi all’esigenza di comprenderne a fondo significato e modalità attuative. Questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa è disciplinata dalla Legge 22 maggio 2017 n. 81, dove viene tecnicamente definita «lavoro agile». All’art. 18, dopo aver premesso che trattasi di una misura destinata ad «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro», si spiega che il lavoro agile è una «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa», in cui la prestazione «viene eseguita, in parte all’inter-

no di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva». Dunque, gli smartworkers sono lavoratori subordinati che svolgono la propria prestazione senza vincoli inerenti gli orari ed il luogo di svolgimento dell’attività, nella maggior parte dei casi facendo uso di strumenti tecnologici che consentono questa “agilità” nello svolgimento. Normalmente, il ricorso allo smartworking richiede uno specifico accordo individuale tra datore e lavoratore. L’art. 19 della Legge 81/2017 prevede che tale accordo abbia forma scritta e disciplini «l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore», individuando altresì «i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro». La crisi sanitaria ha indotto il Governo ad introdurre un’eccezione alla regola dell’accordo, prevedendo che, per tutta la durata dello stato di emergenza, la modalità di lavoro agile possa essere applicata ad ogni rapporto subordinato anche in assenza degli accordi individuali. Il datore di lavoro, che ai sensi dell’art. 21 della

L. 81/2017 conserva il potere di controllo e disciplinare sul lavoratore a distanza, deve anche garantire la sua salute e sicurezza ed a tale fine, secondo quanto previsto dall’art. 22 della stessa Legge, deve provvedere con informativa scritta ad individuare tutti i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Da parte sua il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di sicurezza. Anche per tale regola generale è stata introdotta un’eccezione legata alla situazione sanitaria: è stato infatti previsto che durante l’emergenza gli obblighi di informativa siano assolti in via telematica anche ricorrendo a modulistica resa disponibile sul sito interno dell’INAIL. Tra i rischi maggiormente impattanti sull’organizzazione di questo tipo di lavoro è utile evidenziarne almeno due importanti categorie. Innanzi tutto esiste un evidente rischio privacy. Nella situazione emergenziale, molte aziende hanno richiesto l’uso promiscuo dei devices personali del lavoratore, a volte – ma non sempre – nell’attesa di poterli dotare di strumenti aziendali: tutte le volte che tale uso promiscuo si verifica, è altamente probabile che sotto il profilo della tutela dei dati personali la sicurezza risulti inadeguata.

Saranno infatti esposti sia i dati del lavoratore stesso, contenuti nel device, che quelli dell’azienda, trattati per mezzo del device stesso, inclusi i dati riferibili ai terzi destinatari dell’attività aziendale. La prassi dimostra che in situazioni emergenziali si finisca per operare tramite frettolosi collegamenti su VPN verso i server aziendali, con misure fittizie di “sicurezza fai da te”, in totale mancanza di una chiara policy aziendale per l’utilizzo delle tecnologie al di fuori delle mura aziendali. Ciò soprattutto laddove l’impresa non si sia in precedenza dotata di un corretto regolamento aziendale sull’uso degli strumenti tecnologici, così come sarebbe richiesto dall’Autorità Garante Privacy fin dal marzo 2007. Illustrare in questa sede le molteplici ragioni che suggeriscono l’adozione di un adeguato modello privacy risulterebbe lungo: basterà dire che, in generale, disporre di modelli organizzativi e procedure standardizzate consente di ottimizzare le risorse ed aumentare la produttività dell’azienda; inoltre, limita il rischio di rilevanti sanzioni amministrative. Ma in tema di smartworking non può essere sottovalutato neanche il rischio c.d. di overworking. Utilizzando i propri devices personali anche per lavorare, lo smartworker rischia infatti di rimanere

di fatto sempre connesso con l’azienda, perdendo la cognizione del tempo dedicato al lavoro. Svolgendo la prestazione in modo sostanzialmente isolato, il lavoratore sarà naturalmente portato ad una costante ricerca di feedback del datore e dei colleghi. Si potranno verificare casi di connessione instabile, difficoltà d’uso delle tecnologie, nonché altre problematiche idonee a ridurre la produttività e causare, di fatto, depressione del lavoratore. Entrambi questi fattori di rischio – privacy ed overworking – si possono mitigare, a condizione che lo smartworking non resti iniziativa mirata ai soli lavoratori ma diventa una vera e propria “rivoluzione culturale verso il digitale” anche per il datore. Dovranno quindi essere adottati nuovi modelli di organizzazione e gestione aziendale, compliant e condivisi, che risolvano le criticità. L’azienda dovrà dotarsi di un adeguato sistema di gestione per la protezione dei dati personali, ai sensi del Regolamento (Ue) 2016/679 (GDPR) e del D. Lgs 196/2003, previa analisi dello specifico quadro dei rischi a mezzo privacy impact assessment e con l’adozione di proporzionate misure di sicurezza. Il sistema di gestione dovrà quindi integrarsi con una specifica policy per lo smartworking e l’uso delle tecnologie digitali al di fuori dell’azienda.

Il datore dovrà inoltre fornire ai propri “lavoratori agili” specifica formazione, riguardo il corretto uso delle tecnologie, prediligendo ove possibile l’uso di devices aziendali, che vengano completamente disconnessi al termine dell’orario di lavoro. Dovrà altresì favorire un’organizzazione del lavoro che sia capace di ben conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro, agevolando la reportistica e fornendo frequenti feedback al personale. Insomma, per avere dei “lavoratori smart” occorrono soprattutto “imprenditori smart”, consapevoli dell’importanza strategica che ha una corretta organizzazione e gestione aziendale, supportata dalla consulenza di professionisti specializzati. Lo smartworking rappresenta infatti una delle migliori chance a disposizione delle imprese e dei lavoratori per non soccombere, in un periodo di grave crisi produttiva ed incertezza economica come quello in corso, legato ad una pandemia i cui effetti non hanno ancora cessato di farsi sentire.

*Studio Legale e Tributario AMP Albanese Maxia & Partners www.lexamp.it

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