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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano

> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 24 marzo 2016

Buone festività pasquali ! Con il presente numero la Newsletter dell'ADL fa una breve pausa. Riprenderemo le trasmissioni giovedì 7 aprile 2014. A tutte e a tutti i più fervidi auguri per le festività pasquali. La red dell'ADL Per disdire / unsubscribe / e-mail a > unsubscribe_adl@vtxmail.ch Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a > ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a > ADL Edizioni

IPSE DIXIT Circa 85.000 anni fa, il clima - «Circa 85.000 anni fa, il clima della Terra si raffredda, l'Homo sapiens sapiens costruisce degli alloggi… Al nomadismo comincia a sostituirsi la sedentarietà… Si fanno la guerra per i rifugi, le donne e le zone di caccia. I loro conflitti obbediscono a pochi semplici principi, che danno fondamento alle tracce ritrovate di recente: incutere paura, attaccare di sorpresa, spezzare le linee di comunicazione del nemico, non concedergli tregua, tradire gli alleati, simulare la fuga, attaccare alle spalle.» - Jacques Attali

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

EDITORIALE

La “saldatura” Con orrore e sconforto tentiamo qui alcune considerazioni sugli eventi grandi e terribili che ci accadono intorno. Il rimbalzo del

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sanguinoso caos geo-politico si ricombina con gli effetti della lotta di classe condotta "dall'alto" contro i ceti medi proletarizzati e tutto questo si salda con le ferite continuamente inferte alle masse migranti da una xenofobia scatenata. di Andrea Ermano Le politiche migratorie applicate in Europa hanno avuto finora l'effetto di rafforzare la ri-gerarchizzazione delle nostre società. In cima alla piramide sociale globale sta un ottimato d'individui e gruppi economico-finanziari molto danarosi e potenti, variamente intrecciati con patriziati "autoctoni" che stanno in cima alle strutture del potere nazionale. Sopra gli ottimati globali pare esserci ormai soltanto Dio, che già ne sente però il fiato sul collo. Sotto l’Altissimo, gli ottimati e i patriziati ci sono le medie e le piccole borghesie occidentali. Più sotto ancora gli strati popolari "autoctoni". Tutti questi sottostanti "autoctoni" formano un inedito aggregato interclassista, composto da corpi un tempo disomogenei, per non dire antagonisti tra loro. Oggi sono tutti "cittadini autoctoni". E intorno a essi si sono assiepati, o sono stati fatti assiepare, i "non-cittadini nonautoctoni": una cintura sociale d'immigrati destinati a lavorare in condizioni di minorità. La minorità dei lavoratori immigrati nasce, formalmente, dal non godere essi di tutti i diritti di cittadinanza. Una minorità "formale" che si traduce poi però inevitabilmente in minorità anche economica, formativa e sociale, cui conseguono episodi persistenti di marginalizzazione, esclusione e discriminazione.

Vietato ai cani e agli italiani

La discriminazione degli "ultimi" finanzia una serie di piccoli privilegi per i "penultimi", i quali a loro volta vengono sottoposti da decenni a un processo di proletarizzazione, precarizzazione e pauperizzazione. Come si vede, sono qui in gioco due transfer di ricchezza: l'uno prende ai sottostanti in generale per arricchire i super-ricchi soprastanti; l'altro meccanismo di trasferimento prende invece agli "ultimi" per risarcire (parzialmente, miseramente, simbolicamente) i "penultimi", cioè i ceti medi e popolari "autoctoni". La propaganda ideologica populista alligna in gran parte nei meccanismi del secondo trasloco di beni, quello che ha luogo dagli "ultimi" ai "penultimi".

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Nelle società europee contemporanee gli stranieri "ospiti" vengono complessivamente gerarchizzati secondo anzianità d'immigrazione e luoghi di provenienza, criteri che a loro volta si combinano con il grado d’istruzione individuale, la conoscenza della lingua locale, certe abilità, eccetera. Sempre più massicciamente agli stranieri "regolari" si sono (o sono stati) affiancati gli "irregolari", i "clandestini", i sans papier. Questi sono gli "ultimissimi" ed essi, per parafrasare il grande Silone, stanno molto sotto ai cavalli da corsa, ai cani da passeggio e ai gatti da salotto dei patriziati autoctoni. Stanno sotto persino ai cafoni "autoctoni", che pure ritornano lentamente ma inesorabilmente al livello sociale zero da cui erano evasi con la Liberazione. L'ordine costituzionale che era uscito dalla seconda guerra mondiale e che sanciva l'uguaglianza di tutti i cittadini in quanto titolari di eguali diritti si rattrappisce vistosamente, sostituito da una ri-gerarchizzazione caotica e altamente pericolosa. Non solo continuano a esserci cittadini e cittadini, ma anche cittadini e… non-cittadini. E poi financo noncittadini di serie A, B, C e così via. Perché sempre nuovi non-cittadini, nuovi stranieri, nuovi paria, nuovi schiavi entrano in gioco. Un gioco che, a ogni ondata migratoria, incrementa l'inesorabile – ora sottile, ora sprezzante – discriminazione con cui vengono “accolti” gli ultimi arrivati, le loro famiglie, i loro bambini.

3 Bruxelles, 22.3.2016 – “Contro il terrorismo e l’odio: la solidarietà”

Con l'arrivo d'immigrati provenienti dalla nazione islamica questo sistema di gerarchizzazione, apparentemente indistruttibile, sembrò raggiungere il suo punto di massima perfezione. Di lì in poi il conflitto sociale poteva essere riformulato in termini di mamma li turchi, battaglia di Lepanto ecc. Così, invece di dover contrattare aumenti salariali con gli “autoctoni”, li si poteva convogliare emotivamente in fantastiche campagne contro le moschee, i minareti e gli infedeli… In Italia, ricordate, abbiamo assistito all'impiego di maiali leghisti, cioè di suini in carne ed ossa fatti passeggiare, pisciare e cacare – a scopo dissacratorio preventivo – su quei terreni in cui era stata autorizzata l'edificazione di moschee. In Svizzera, patria della democrazia diretta, fiorivano intanto iniziative su iniziative referendarie anti-stranieri. La destra populista di altri paesi colse fior da fiore gli “empi esempi” e in Germania nord-orientale si diffuse


financo l'uso d'incendiare baracche di profughi, preferibilmente di notte, con dentro donne vecchi e bambini, in perfetto stile Ku-KluxKlan. Intanto veniva avanti un conflitto “titanico”, così lo definì George W. Bush, tra Jihadismo e Occidente. Oggi si dice delle guerre sulla sponda sud del Mediterraneo che esse riguardino in ultima analisi “solo” problemi di egemonia interni al mondo mussulmano. Per capire che le cose non stanno così, basterebbe pensare all'Iraq e alla Libia. Senza contare che persino nei teatri più strettamente connessi alla lotta per l'egemonia interna all’Islam le varie fazioni combattono anche per "decidere" la strategia da opporre all'Occidente, vuoi nel concreto contrasto post-coloniale circa la proprietà e l'uso delle risorse, vuoi nel conflitto culturale globale d’ispirazione apocalittica circa la destinazione della Storia e dell'Uomo presi in mezzo tra Spirito, Natura, Ragione, Rivelazione, Salvazione e Perdizione. Temi oggi considerati noiosissimi, di cui si parla poco persino nelle aule universitarie e sulle pagine culturali dei giornaloni. I giornaloni! Il fatto che non ti spieghino mai nulla con chiarezza e che invece confondano regolarmente le carte comprova la loro vergognosa vocazione di asservimento all'anarco-capitalismo straripante, una forza cieca e incapace di sostituirsi alla politica che però tenta in ogni modo di devastare al solo scopo di non cambiare niente. <> Due grandi emergenze neofasciste si stagliano sullo sfondo di questa nostra contemporaneità stupidissima e tragica: da un lato c’è il neofascismo di marca populista occidentale che fomenta la guerra antiislamica promettendo un residuo benessere ai "penultimi"; dall’altro lato c’è il clerico-fascismo islamista che rifrange gli interventi armati occidentali nella forma asimmetrica del terrorismo globale, promettendo agli ultimissimi di salvaguardare la loro miserabile dittatura misogina sulle ultimissime. Quindici anni dopo l'attentato alle Twin Towers è maturata sopra l’Europa una temibile costellazione: a) nell'ulteriore peggioramento delle condizioni geo-politiche dentro l’area euro-mediterranea si sono installate le scuole d’odio dell’Isis; b) nell'ulteriore proletarizzazione, precarizzazione e pauperizzazione delle classi medie “autoctone” si vanno a ingrossare le fila populiste; c) nell'ulteriore aggravamento delle pratiche di marginalizzazione, esclusione e discriminazione riguardanti le masse immigrate continua a incubarsi potenziale manodopera terrorista. Finché l'esportazione della “democrazia” (ma soprattutto l'importazione di materie prime) comportava l'ammazzamento di decine di migliaia di civili chissà dove... Finché veniva accoppato Olof Palme, o Rabin, o qualche mezzo centinaio abbondante di giovani antirazzisti... Finché le tremende tensioni interne ed esterne andavano a scaricarsi sugli USA o su Israele… Fin lì, a noi euroscettici, che ce ne calava, di tutto ciò? Oggi però assistiamo alla “saldatura”.

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Il rimbalzo caotico dei nostri export/import geo-politici si ricombina con gli effetti della lotta di classe condotta "dall'alto" contro i ceti medi inquieti e tutto questo si salda con gli effetti di una xenofobia massiccia, cinica e totalmente priva di pudore. Questa saldatura ha portato agli orrendi attentati di Parigi e di Bruxelles. Ed essa potrebbe portare a eventi ancor più luttuosi, se andiamo avanti così. Ieri le autorità belghe temevano per le centrali nucleari. Il domani, lungo questa escalation, potrebbe riservarci tremende sorprese. Anni fa da Assisi l'ex ministro della difesa americano Robert McNamara ci metteva in guardia dal rischio di subire attacchi nucleari "sporchi" nelle nostre città. È questo ciò che vogliamo?! Lo otterremo, se non respingeremo le pulsioni oscure che ci abitano e che tendono a perderci sia nel conflitto geo-politico, sia nella spirale delle misure recessive e antisociali, sia nella deriva d'odio populista e xenofobo che incede verso il baratro, mano nella mano con lo stragismo di marca jihadista.

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L'ex presidente della Banca mondiale ed ex ministro della difesa americano, Robert McNamara, ad Assisi nel 2004

Ultim’ora

BRUXELLES: 32 LE VITTIME, C’E’ ANCHE UNA ITALIANA (NoveColonne ATG /ADL) ROMA 24/03/2016 - Anche l’Italia, all’indomani degli attentati, si scopre colpita nel fisico oltre che nello spirito dai fatti di Bruxelles. Rispetto alle notizie dell’immediato, infatti, potrebbe esserci una vittima di nazionalità italiana tra le 32 totali (erano 31, ma un altro cadavere è stato rintracciato tra i vagoni della metropolitana colpita). La Farnesina ha dato per “molto


probabile” la presenza di una vittima italiana, Patricia Rizzo, sebbene siano ancora in corso le necessarie procedure di riconoscimento. La donna, una funzionaria dell’Unione Europea, prendeva abitualmente la metro all’ora in cui ha avuto luogo l’attentato, ed è da subito risultata dispersa: i familiari sono sul posto, assistiti dalle strutture diplomatiche italiane. Due dei cinque attentatori sono stati identificati, secondo quanto riporta l’emittente belga RTFB: si tratterebbe di due fratelli entrambi pregiudicati, Khalid e Brahim El Bakraoui, residenti nel quartiere Forest della capitale belga: di 27 e 30 anni, si sono fatti esplodere uno all’aeroporto di Zavantem, l’altro nella metropolitana. Ancora irriconoscibili gli altri due kamikaze, mentre quello che probabilmente era l’artificiere del gruppo, “l’uomo con il cappello” individuato dai video di sorveglianza, sarebbe ancora in fuga. E mentre gli Stati Uniti invitano i propri connazionali ad evitare viaggi in Europa in questo periodo, in Italia il premier Matteo Renzi ha ricevuto a Palazzo Chigi i capigruppo di Camera e Senato per fare il punto sui risvolti interni della minaccia terroristica: “Abbiamo messo in campo tutte le misure di sicurezza necessarie, anche se non risulta ad ora una minaccia specifica in Italia” ha detto Renzi - Occorre stringere sui meccanismi di intelligence fra i Paesi europei e mettere denari veri sulle aree urbane: serve un gigantesco investimento in cultura, sulle periferie urbane, un investimento sociale”.

Memoria

72° ANNIVERSARIO DELLE FOSSE ARDEATINE Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato oggi al Mausoleo Ardeatino, luogo della strage compiuta dai nazisti nella quale furono fucilati 335 civili e militari italiani. ROMA 23/03/2016 \ aise\ - Al suo arrivo al Mausoleo Ardeatino, accompagnato dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il presidente Mattarella ha deposto una corona sulla lapide che ricorda i caduti dell'eccidio del 24 marzo 1944. Dopo il saluto di Rosina Stame, presidente dell'Anfim Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri caduti per la libertà della Patria, Aladino Lombardi, segretario generale dell'Anfim, ha letto i nomi delle vittime della strage: da Agnini Ferdinando a Zironi Augusto. La cerimonia è proseguita con la preghiera cattolica officiata dal monsignor Franco Sarzi Sartori, rappresentante dell'Ordinario Militare, e la preghiera ebraica officiata dal rabbino della Comunità ebraica di Roma, Alberto Funaro. Al termine il presidente Mattarella ha reso omaggio alle vittime della strage all'interno del Mausoleo. Hanno partecipato alla cerimonia il presidente del Senato, il

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presidente della Corte Costituzionale, la vicepresidente della Camera dei deputati, il presidente della Regione Lazio, il commissario straordinario per la provvisoria gestione di Roma Capitale, il capo di Stato Maggiore della Difesa. (aise)

“E duratura pace fra i popoli”

SPIGOLATURE

Quanti tragici errori Quante strategie sbagliate di Renzo Balmelli IDRA. Dall'Iraq alla Siria, passando per la Libia e il miraggio precocemente impallidito della primavera araba, l'Occidente e il Cremlino non avrebbero potuto muoversi in modo più maldestro di quanto hanno fatto nel ribollente calderone medio orientale. Col risultato invero sconfortante di non riuscire a contrastare il terrorismo jihadista, fenomeno proteiforme capace di riprodursi come l'Idra a sette teste e ormai in grado di colpire a piacimento. La silente armata dei kamikaze che spunta da ogni dove a dispetto dei controlli e delle retate firma col sangue l'ennesima carneficina nella capitale belga, l'ennesimo oltraggio a ciò che ci è più caro: la vita delle persone che amiamo. Qualsiasi cosa sia il mostro senza volto che semina lutti e dolori, esso si insinua nei gangli sani della società con la sua arma più potente; l'arma del caos, della paura, del panico sfruttando le nostre fragilità. Se non si riusciranno a rimuovere le cause dello sconquasso geo-politico che sconvolge quelle martoriate regioni, altre Parigi, altre Bruxelles verranno a turbare le nostre Pasque. FURIA. E adesso dove e quando colpiranno di nuovo? Se Parigi era l'attacco al cuore della cultura e dello spettacolo, se con Bruxelles si è voluto colpire oltre al Paese che ha arrestato Abdelsalam Salah anche l'Europa, che però mai si piegherà al folle ricatto, ora cresce l'angoscia per individuare il prossimo obbiettivo sensibile e simbolico della furia iconoclasta. Quella furia alla quale, forse per una strana forma di pudore diplomatico, si esita a dare il suo nome di guerra informale e asimmetrica, come in effetti è. Nello sgomento che ci coglie davanti alle tante vittime innocenti allineate nella hall di un aeroporto e nella

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stazione della metropolitana, ci sentiamo impotenti ed esposti a rischi inauditi. Se ne può uscire, certo, se ne può uscire restando uniti e mettendo in comune i servizi di "intelligence" al di là delle prerogative nazionali. La salvezza però consiste soprattutto nella capacità di elaborare strategie di lungo respiro in grado di coinvolgere attivamente la società civile, che già lo ha saputo fare in altre, non meno temibili circostanze, quando sotto la sferza delle più atroci dittature tutto sembrava perduto. LACUNE. Anche nella scelta delle politiche atte ad affrontare l'emergenza dei migranti, emergenza che si sta rivelando come la più grave tragedia umanitaria del secolo, sembra non vi siano alternative e strategie condivise. Non che si rimanga inoperosi. Tutt'altro. Tuttavia prevale il convincimento che nessun accordo sulla sorte di milioni di individui gettati nella disperazione potrà mai rivelarsi veramente efficace e duraturo, se il peso della "Realpolitik" finirà con l'essere predominante rispetto all'impegno a tutela di chi soffre. In quest'ordine di idee anche l'intesa UE-Turchia si presenta piuttosto lacunosa. Sull'altare degli interessi strategici si mettono a repentaglio valori e conquiste nel campo dei diritti umani davanti ai quali la comunità europea non può abdicare. Appena elaborata l'intesa con Ankara, la prima reazione è stata quella cara alla falange populista di blindare le frontiere, anziché immaginare una seria, ragionata e costruttiva politica dell'accoglienza. Qualcosa stona ed è stridulo. SALE. Bono, leader degli U2, citava la frase pronunciata da un rifugiato, un ragazzo: "Non sono pericoloso, sono in pericolo". Nel dramma dei profughi ciò che manca è una voce che al di là della terminologia di circostanza sappia risvegliare le coscienze e riesca a mobilitare le folle, strappandole dal rischio dell'indifferenza e dall'assuefazione. La Siria non è il Vietnam. Forse è addirittura peggio, e mentre si scrive l'ennesimo editoriale sull'umanità abbandonata, si cercherà invano qualcosa che assomigli allo slancio degli anni sessanta – settanta, quando, salendo dal basso, esplose la contestazione giovanile, la contro-cultura dei figli dei fiori che diede un bello scossone alla pedagogia tradizionale. In questa società con pochi ideali, immersa nel torpore dei telefonini, tutto ciò latita, manca il sale della sana rivolta, mentre la destra ingrassa sulle disgrazie di tanta povera gente. Ahinoi, "fate l'amore e non la guerra" sembra il pallido ricordo di un'epoca in cui ci si poteva ancora illudere di riuscire a creare un mondo migliore. CORAZZA. Nell'epoca della comunicazione globale è stato perfino scomodato il linguaggio di Star Wars per conferire allo storico viaggio di Obama a Cuba, dopo un lungo silenzio durato più di mezzo secolo, l'aura di una saga politico-mediatica oltre i confini dell'impero. In realtà la missione del presidente americano, che ha fatto saltare la mosca al naso ai repubblicani, più che un copione si è rivelata un primo passo concreto verso la completa normalizzazione dei rapporti tra gli USA e un Paese che col suo socialismo sopravvissuto a temperie e privazioni ha rappresentato una eccezione nel panorama latino-

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americano. Di cammino ne resta comunque ancora tanto da fare. All'Avana si è fatto capire all'ospite che il dialogo iniziato sullo sfondo di un'apertura obbligata non sarà il grimaldello per scalfire la corazza rivoluzionaria, non subito almeno, tanto più che ancora non si intravvede l'abolizione dell'assurdo embargo, ormai privo di qualsiasi ragion d'essere. Tuttavia, di solito quando la storia cambia e fa i primi passi in un'altra direzione, vuole andare fino in fondo. Il merito di Obama e di averle dato una spinta salutare e benefica. A meno che il furore ideologico del passato faccia lo sgambetto alla distensione se per disavventura la Casa Bianca finisse nelle mani dei reazionari. CESPUGLIO. In un celebre "divertissement" letterario apparso sul finire degli anni ottanta lo scrittore Paul Auster definì Bush, che in inglese significa cespuglio, come un arbusto velenoso di una specie estinta. Ai nostri giorni l'autore di libri in cui si è spesso interrogato sul futuro del suo Paese con opere che scandagliano le angosce e le nevrosi dell'uomo moderno, dovrebbe forse ammettere invece che la specie degli arbusti velenosi purtroppo non è affatto in via di estinzione. Anzi è ancora molto diffusa, ha le fattezze di Donald Trump nonché quelle di tutti i suoi sostenitori in patria e all'estero che provano – si spera senza riuscirvi – a spingere gli Stati Uniti verso territori poco frequentabili e ancor meno raccomandabili. E di portarli alla deriva sotto la guida di un narcisista intemerato, convinto di essere il più grande presidente che Dio ha mandato sulla Terra. Vien proprio da dire: Dio salvi l'America!

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori (ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it

Carta dei diritti del lavoro, parte la raccolta firme Le 41.705 assemblee sono "un grande fatto di partecipazione". Al via le firme, obiettivo trasformare il nuovo Statuto in legge: "Riconsegniamo centralità al mondo del lavoro Il comitato direttivo della Cgil ha approvato la Carta dei diritti universali del lavoro. Questo l'esito della discussione, che si è conclusa nella serata di ieri (21 marzo) con il documento approvato senza nessun voto contrario e con sei astenuti. "Le assemblee svolte (41.705) sono l'indice di uno sforzo politico ed organizzativo senza precedenti si legge nel testo -, che ha coinvolto l'insieme dell'organizzazione ed un

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rilevante numero di non iscritti e non iscritte; un grande fatto di democrazia e partecipazione che conferma il radicamento senza eguali del sindacato confederale nella società italiana". Il dibattito, introdotto dal segretario generale Susanna Camusso si è concentrato sulla valutazione della consultazione straordinaria degli iscritti e dei non iscritti, che ha coinvolto quasi un milione e mezzo di persone nel corso delle assemblee nei luoghi di lavoro o nei diversi siti produttivi e dei servizi. Oltre alle informazioni e al racconto di questi due mesi di confronto con i lavoratori, la leader della Cgil ha spiegato il senso di tutta l’operazione e nel corso della sua relazione al direttivo del pomeriggio ha voluto precisare il senso politico della campagna per la Carta dei diritti universali che dovrà diventare legge. La Cgil punta a coinvolgere tutto il paese e il Parlamento che dovrà legiferare. I due quesiti sottoposti al giudizio dei lavoratori nel corso della consultazione, sui quali si sono espressi col voto 1.466.697 iscritte ed iscritti alla Cgil, hanno fatto registrare una larghissima maggioranza di favorevoli: il 98,49% per quanto riguarda l'approvazione della Carta dei diritti ed il 93,59% per quanto concerne il mandato al comitato direttivo della Cgil di definire quesiti referendari utili a sostenere il percorso per la trasformazione in legge. Nello specifico dei tre quesiti, il sindacato di Corso Italia ha approvato: cancellazione del lavoro accessorio (voucher), reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti, nuova tutela reintegratoria nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per tutte le aziende sopra i cinque dipendenti. “La scelta referendaria, a carattere eccezionale e straordinario – si legge - è coerente ed è unicamente finalizzata al sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare che la Cgil avanza con la Carta, che è e rimane il cuore e la finalità dell'iniziativa decisa dalla Cgil". Adesso si parte con la raccolta delle firme. La data di inizio è fissata per sabato 9 aprile e si concluderà venerdì 8 luglio per i quesiti referendari, termine ultimo sabato 8 ottobre per la Carta die diritti universali. L’obiettivo, spiega ancora la Confederazione, è quello di raccogliere milioni di firme per trasformare la proposta di legge di iniziativa popolare in un grande fatto politico, oltre che di partecipazione diretta dei lavoratori, come avvenuto finora. La raccolta di firme "sarà l'occasione per sviluppare, a partire da Cisl e Uil, ogni possibile interlocuzione con istituzioni, associazioni ed organizzazioni sociali, politiche, culturali e dovrà essere accompagnata in ogni territorio da iniziative pubbliche tese ad ampliare la conoscenza dei contenuti, il dibattito attorno ad essi ed a coagulare un ampio e fattivo consenso attorno alla nostra proposta, anche attraverso lo sviluppo della contrattazione inclusiva". La Cgil, con questa iniziativa, "riafferma la propria determinazione a riconsegnare centralità al lavoro, al suo valore, come risorsa imprescindibile per il paese e per realizzare l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa". Leggi il documento integrale

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RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO dal Granello di Sabbia

Serve un audit sul debito per i paesi del Sud Europa È urgente tornare a parlare di debito a partire da un’indagine pubblica. È necessario restituire trasparenza a un tema troppo spesso caratterizzato dall'oscurità di Francesca Coin Vorrei tornare un istante al maggio 2015, nel pieno delle negoziazioni tra la Grecia e la Troika. Dopo mesi di discussioni svoltesi sotto il segno del ricatto, la Grecia minacciava di non pagare le rate del prestito del Fmi perché non aveva i soldi per farlo; e i creditori facevano leva sulla linea di liquidità di emergenza (Ela) messa a disposizione dalla Bce per minacciare le banche elleniche. In quei mesi, le cause del debito greco erano state dibattute dalla stampa internazionale in modo piuttosto semplice. La stampa aveva sostenuto con convinzione che la crisi del debito sovrano in Europa era responsabilità dei paesi periferici, “notoriamente” inclini a sperequare la spesa pubblica. Nel cuore delle negoziazioni, la discussione era stata influenzata dal lavoro della Commissione per la Verità sul Debito Pubblico, istituita dal governo Tsipras per volontà della Presidente della Camera Zoe Kostantinopolou allo scopo di far luce sulle cause del debito greco. All'interno di un discorso politico tutto incentrato sulla cronaca degli eventi, a metà giugno 2015 la Commissione di verità sul debito mette in evidenza le violazioni legali associate con la sua gestione. Diventa di dominio pubblico, in quei giorni, che il primo piano di salvataggio approvato il 2 maggio 2010 era nato in condizioni di illegittimità al fine di operare non tanto un piano di soccorso dello stato ellenico bensì un salvataggio delle istituzioni finanziarie esposte con la Grecia. In quelle settimane la Commissione di verità sul debito greco afferma che il debito greco è illegale, illegittimo e odioso. Non solo: costituisce una diretta violazione dei diritti umani dei residenti della Grecia. Chi ricorda quanto avvenuto la scorsa estate, ricorda forse anche come il 2 luglio lo stesso Fondo Monetario Internazionale sia stato costretto a diffondere un documento del proprio ufficio ricerche nel quale si sottolineava la strutturale insostenibilità del debito greco, il deterioramento delle condizioni macroeconomiche nel paese, la necessità di ristrutturare il debito e di alleviare le politiche di austerità. Un testo piuttosto esotico, aveva commentato all'epoca Varoufakis: non si è mai visto che il Fondo si sia trovato d'accordo con l'analisi economica del paese che intendeva devastare. Nonostante siamo tutti consapevoli di quali nefaste conseguenze abbia avuto la capitolazione di Tsipras pochi giorni dopo quel 2 luglio 2015, rimane innegabile come l'istituzione della Commissione di verità sul debito greco sia riuscita in quelle settimane a scardinare il discorso

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mainstream. Il debito non era più solo “colpa greca”, bensì un affare ben più controverso, al punto che lo stesso FMI non poteva evitare di ammettere di avere qualche scheletro nell'armadio e numerose divisioni interne. In generale, il discorso sul debito è sempre costruito attraverso la voce del creditore. È il creditore a usare il debito come leva per l'imposizione di politiche di austerità ed è il creditore a costruire una narrazione discorsiva fondata tutta sulla colpa del debitore. Il debito è anzitutto un soggetto la cui legittimità risiede in un rapporto di forza: è solo il rapporto di forza tra la Germania e la Grecia che impedisce alla Grecia di rivendicare, come sarebbe giusto, la riscossione dei debiti di guerra da parte della Germania. È esattamente quella narrazione che la commissione sul debito è riuscita a rovesciare. Ho trascorso molto tempo con alcuni membri della Commissione di verità sul debito greco. Una delle cose più interessanti che raccontano è come, nel lungo processo dal basso che ha portato alla sua istituzione, la proposta di una Commissione fosse mal vista da tutti. La sinistra radicale dice che l'audit (cioè l’indagine pubblica, ndr) è una iniziativa riformista, e la sinistra riformista dice che è troppo radicale. Forse precisamente per questa capacità di creare spazio tra divisioni improduttive, la Commissione sul Debito ha avuto una importanza centrale. Il punto è che lo scopo primo di un audit sul debito non è decidere cosa fare del debito, è colmare il gap informativo che impedisce alla popolazione di avere il controllo sulla trasparenza e la legittimità del debito e affermare la verità del debitore. È questo il primo passo verso l'auto-determinazione della politica sul debito, ovvero la scelta da parte dello stato di quale parte del debito pagare e se pagarla. In questi mesi l'audit del debito è stato usato varie volte nei paesi del Sud Europa. Dall'Auditoría Ciudadana de la Deuda istituita a livello cittadino in Spagna, alla Commissione di Verità sul Debito Pubblico in Grecia, la logica era rimettere il discorso sul debito nelle mani della popolazione. “Non ci si può aspettare che uno stato chiuda le sue scuole, le università e i tribunali, che lasci la sua comunità nel caos e nell'anarchia senza nessuna protezione pubblica e sociale semplicemente per avere a disposizione del denaro per ripagare i suoi creditori internazionali e nazionali”, ha sostenuto la Commissione del diritto internazionale dell’ONU. In Italia come in Grecia, nell'ultimo quarto di secolo il discorso sul debito si è presentato come una colpa causata dalla brutta abitudine che hanno i paesi del Mediterraneo di “vivere al di sopra delle proprie possibilità”. Su questo assunto si è fondata una politica di austerità e contenimento della spesa pubblica esercitata attraverso processi di privatizzazione, precarizzazione e taglio alla spesa sociale. Il problema è che, in Italia come in Grecia oppure in Spagna, l'elevato debito non dipende dalla spesa pubblica. L'Italia negli ultimi vent'anni ha avuto quasi sempre un avanzo primario al netto del pagamento degli interessi sul debito, in altre parole, una spesa pubblica regolarmente inferiore

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alle entrate. Nonostante ciò, tale politica virtuosa non ha condotto a una decisiva riduzione del debito, bensì alla sua crescita. Il debito dipende soprattutto dall'impatto della crisi dei mutui subprime nel 2007 sulla crisi del debito sovrano in Europa, dall'austerità e dagli squilibri intra-europei, che impongono al debito delle periferie di continuare a crescere parallelamente al surplus tedesco. In questo contesto è urgente tornare a parlare di debito a partire precisamente dall'audit. È necessario restituire trasparenza a un tema troppo spesso caratterizzato dall'oscurità, come testimoniato di recente dalla pubblicazione del primo Rapporto sul debito pubblico in Italia, un testo indiscutibilmente utile che, tuttavia, genera più domande di quelle a cui offra risposta.

FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/

Nel diluvio di parole Prima di prepararci a bombardare chissà chi e chissà cosa, dovremmo occuparci di un paio di questioni che ci riguardano di Blogghino Nel diluvio di parole, spesso sgangherate, tra esperti dell'acqua calda e politici in trasferta a Bruxelles con tablet da diporto, travestiti da Rambo ma a debita distanza dai veri luoghi del dramma, pronti a lanciarsi nell'agone non con uno scatto umanitario bensì con un tweet a uso elettoral-casalingo, spiccano quelle semplici e ragionevoli pronunciate da Emma Bonino ai microfoni di “Ballarò”. Senza funambolici giri dialettici o sofisticate analisi politiche, belliche, religiose o presuntuosamente culturali, l'ex ministra degli esteri ha spiegato una cosa semplicissima: prima di prepararci a bombardare chissà chi e chissà cosa, dovremmo fare un paio di interventi che ci riguardano direttamente.

L’ex ministra degli Esteri, Emma Bonino

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Il primo: mettere ordine nelle intelligence europee integrandole ed evitando così all'Europa l'umiliazione di dover “appaltare” alla Turchia (non proprio un modello di governo democratico e certo non estranea alla complessa situazione che si è creata in quell'area) la difesa dei confini esterni. Il secondo: costruire una idea di integrazione un po' diversa da quella che è stata applicata nel sobborgo di Molebeek. Semplice e chiaro. Forse per questo nessuno la prenderà in considerazione. Vai su Radio Radicale all’intervista di Massimo Giannini con Emma Bonino

Da Avanti! online www.avantionline.it/

Top gun ucraina condannata a 22 anni Nel giugno 2014 la pilota aveva fornito le coordinate all’artiglieria contro le posizioni russe a nord di Luhansk in cui rimasero uccisi Anton Voloshin e Igor Kornelyuk, due giornalisti russi di Maria Teresa Olivieri «Capisce la sentenza?», chiedono i giudici del tribunale cittadino di Donetsk a Nadia Savchenko che continua a intonare l’inno ucraino. L’ex elicotterista dell’esercito ucraino giudicata colpevole dell’omicidio nel 2014 di due giornalisti russi nel Donbass e condannata a 22 anni di carcere e al pagamento di una multa di 30.000 rubli (circa 400 euro). L’accusa ha sostenuto che la pilota di elicotteri aveva fornito le coordinate al fuoco dell’artiglieria da campo contro le posizioni russe a nord di Luhansk nel giugno 2014 in cui rimasero uccisi Anton Voloshin e Igor Kornelyuk, due giornalisti della tv di Stato russa. “Ha agito, previo accordo, come parte di un gruppo criminale, consapevole delle conseguenze e con l’obiettivo di uccidere. Azioni mosse dall’odio politico”, sostiene ancora l’accusa che le imputa anche il tentato omicidio di civili e l’attraversamento illegale del confine. L’ucraina rispedisce le accuse al mittente e anzi accusa a sua volta la Russia di aver condannato la donna “per motivi politici”, tuttavia la trentaquattrenne ucraina proprio due anni fa si è arruolata nel battaglione Aidar, noto come altre organizzazioni para-militari supportate dal nuovo Governo di kiev, per le reclute provenienti dall’estrema destra nazista ucraina. Dopo la cattura avvenuta in territorio russo, dopo aver varcato il confine spacciandosi per profuga, la Savchenko è diventata uno dei nuovi simboli del nazionalismo ucraino, tanto da essere ribattezzata la “Giovanna D’Arco” ucraina, per finire anche eletta (dietro le sbarre) come deputata del partito “Patria”

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di Yulia Timoshenko. Dopo essere stata designata dal Parlamento ucraino come uno dei delegati, come membro dell’Assemblea Permanente del Consiglio d’Europa, godrebbe anche dell’immunità diplomatica, status che la Russia non le riconosce. Incarcerata da 21 mesi, la Savchenko ha respinto le accuse affermando di esser stata catturata dai ribelli filorussi e poi consegnata alla Russia prima che i due giornalisti fossero ammazzati, Nadia ha dunque già scontato un anno e otto mesi di prigione. Secondo il dispositivo della sentenza, Savchenko potrebbe beneficiare di un indulto, ma non prima che siano passati 12 anni. La sentenza era scontata, ma per molti il vero punto della storia resta il probabile scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina. La soldatessa potrebbe essere scambiata con due cittadini russi catturati dall’esercito ucraino con l’accusa di essere dei militari. Infatti il presidente ucraino Petro Poroshenko, dopo aver affermato di non riconoscere la validità della sentenza ha ricordato la promessa che Putin gli fece durante il colloquio per il settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia: “Nadia tornerà a casa”. Vai al sito dell’avantionline

Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/

Ricordo di un compagno di Luigi Covatta Sono passati quattordici anni dall’assassinio di Marco Biagi. Trent’anni prima, nel 1972, era con me sul palco di piazza Maggiore a fare campagna elettorale per il Movimento politico dei lavoratori. Già allora, cioè, aveva scelto da che parte stare nel conflitto fra capitale e lavoro, anche se in quel momento questo significava disobbedire ai vescovi della sua Chiesa, che ancora pretendevano l’unità politica dei cattolici. Posso quindi immaginare la sua pena, all’inizio del nuovo secolo, nel vedersi dipinto come non era: un nemico dei lavoratori e un amico dei padroni. Ripercorreva lo stesso Calvario che nel 1984 aveva percorso con Pierre Carniti, Giorgio Benvenuto, Ottaviano Del Turco, e tanti altri compagni che quando l’unità del mondo del lavoro era davvero in pericolo (per esempio a metà degli anni ’60) si erano battuti per l’unità sindacale. Nel 2002, però, Marco era solo. Ed erano soli anche i suoi assassini. Marco non aveva alle spalle un movimento sindacale impegnato a rinnovare le proprie politiche e le proprie strategie. E i suoi assassini non avevano davanti agli occhi neanche il mito di una rivoluzione ormai finito sotto le macerie del muro di Berlino. Ecco: se c’è un impegno che possiamo prendere con Marco è quello di non lasciare mai più solo chi si batte per tutelare i lavoratori di oggi

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senza attardarsi a difendere le tutele del passato; ed anche quello di isolare i visionari che alle armi della critica preferiscono la critica delle armi.

Da CRITICA LIBERALE riceviamo e volentieri pubblichiamo

La partita tra Salvini e Maroni “Critica liberale” si arricchisce una nuova rubrica di critica politica che si chiamerà “la biscondola” e sarà curata da Paolo Bagnoli. Ne riportiamo di seguito la prima puntata. di Paolo Bagnoli Spieghiamo: perché “biscondola” per titolare una rubrica di critica politica? È semplice: per posizionare il luogo visuale dell’analisi; di un ragionamento, cioè, che nasce in un angolo riparato – quello della critica, appunto – ai lati di un vasto “giardino” accarezzato dal vento e privato dei pochi, magari, raggi del sole che in quel giorno vi possono essere. Una biscondola, ossia un luogo appartato in un campo largo nel quale il buon tempo è una rarità di cui forse si è persa la memoria. Una metafora, quindi, per esprimere un luogo non separato dall’insieme, ma che sviluppa il proprio ragionamento dall’esterno, ma dal di dentro secondo il metodo della libera critica. Che la politica italiana viva, da lungo tempo, una stagione decoattiva è sotto gli occhi di tutti. E se è sempre stato difficile spiegare la politica italiana quando essa rappresentava ancora un sistema, lo diventa ancor di più via via che esso si sta sfarinando. Ciò non esime dalla necessità di capire; soprattutto, quanto vi è di più intimo nel mutuarsi interno delle forze politiche la cui lotta intestina, nella manifesta grezza ruvidità, fa emergere i fili di trame sofisticate, ma di non difficile interpretazione una volta colta la chiave del progettismo che anima i due campi contrastantisi e quanto si muove all’interno di essi. Da giorni risuona quanto avviene nella destra dello schieramento politico in preparazione delle prossime elezioni amministrative. Se si eccettua Milano, ovunque si registra una rottura tra la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi. Il rapporto stretto instauratosi tra la Lega e Fratelli d’Italia sembra incedere a grandi passi alla costituzione di un fronte lepenista anche in Italia e, sul piano politico, ciò giustifica, almeno formalmente, il distacco dal vecchio e tristemente patetico leader di Arcore. La partita per il Comune di Roma rappresenta l’ambito simbolico della nuova situazione. Non crediamo che il tutto si fermi qui. Sicuramente c’è un’acquisizione lepenista della Lega salviniana, ma vi è ben altro, ben più pesante e ancora in parte sottotraccia. Vogliamo dire che Salvini cuoce Berlusconi per colpire a fondo Roberto Maroni. Che tra i due vi sia una differenza di visione politica è cosa nota; ma

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non è tanto ciò quanto sembra pesare, bensì che occorra fermare il prima possibile ogni ambizione di Maroni a fare, alle prossime elezioni, il candidato del centrodestra alla presidenza del consiglio. Se accadesse, la cosa implicherebbe due conseguenze dirette: continuare a tenere Berlusconi in campo e porre Maroni ben al di sopra di Salvini nella dirigenza della Lega. Ci sembra che proprio questo secondo fattore tolga il sonno all’attuale segretario leghista in quanto, sia che Maroni dovesse farcela oppure no, è chiaro che, per quanto concerne la Lega, il vincitore, prenderebbe in mano il partito e, nel caso della sconfitta, il perdente sarebbe solo Salvini. A tutto ciò, naturalmente si legano poi tutte le possibili derivate politiche del caso: questo, tuttavia, ci sembra essere il nocciolo. Va da sé che, in un caso come nell’altro, Berlusconi e quanto resta di se stesso, è destinato a dissolversi in modo accelerato. Il caso del Comune di Milano, nel contesto, ha sì una sua specificità, ma esso non cambia la dinamica della partita in gioco. Sono tutte tristezze di una democrazia che ci pare al tramonto; ognuno dei due schieramenti, nella specificità propria e implosione delle relative questioni, vi concorre. L’orizzonte del cambiamento, come è nelle cose, si allontana quanto più un desiderato cammino ci direbbe che esso si avvicina. Vai al sito di Critica liberale

Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo

Una vera controriforma di Giorgio Morale Tra le deleghe in bianco attribuite al Governo dalla Legge 107/2015, c’è la proposta contenuta nel ddl 1260 relativa al “sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni”: una vera controriforma. Ne parlano in questa puntata di vivalascuola Antonia Sani e Fabrizo Reberschegg, presentando il percorso della scuola dell'infanzia per il riconoscimento di una propria specificità educativa e analizzando il progetto di legge Puglisi che è alla base della delega: https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2016/03/14/vivalascuola-206/

Contro il rischio dei “poli per l’infanzia” dai tre mesi ai sei anni che annullerebbero la distinzione tra Asili Nido e Scuola dell’Infanzia e creerebbero una riduzione della Scuola dell’Infanzia a Servizio educativo, con confusione e interscambiabilità di ruoli tra docenti ed educatrici, crediamo si debba mobilitare una forte opposizione.

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori (ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

LETTERA

Buona Pasqua, senza lasciarci sopraffare dallo sconforto In Europa la Pasqua di quest’anno è stata anticipata da tragici eventi che ci hanno addolorato e spaventato. Le giovani vite spezzate in Spagna in un incidente che si poteva evitare e le vittime della follia terroristica in Belgio sono fatti che scatenano dentro di noi emozioni negative che avvelenano il cuore. Non dobbiamo lasciarci sopraffare dallo sconforto, ma reagire con la ragione e la passione. Per voi e per i vostri cari, il mio augurio di una Pasqua piena di speranza e di energia. Gianni Farina Deputato del PD, Circoscrizione Europa

LETTERA

Buona Pasqua! È arrivata la primavera e fra poco sarà Pasqua! …e vi auguro, insieme a Tatiana, di passare delle giornate di festa serene e felici. Un abbraccio Emilio

LETTERA

Auguri di Buona Pasqua

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Auguri di Buona Pasqua a tutti voi ed alle vostre famiglie! Dino Nardi Coordinatore Europeo UIM

LETTERA

Bella PRIMAVERA Auguro a tutt* una bella PRIMAVERA piena di giochi all’aria aperta W la POESIA, il PAPA’ che è in tutt* noi , il pacifista SAN GIUSEPPE, la tenerezza della PRIMAVERA, e la forza della RINASCITA. Mar(ia Lu)isa Conti

LETTERA

Santa Pasqua Salve, con la Primavera arriva la Santa Pasqua che vi auguriamo di trascorrerla serenamente. Salvatore ed Ezi

LETTERA

Una serena e felice Pasqua Salve, nel ringraziarvi del contatto colgo l'occasione per augurarvi una serena e felice Pasqua. Claudio Giannotta

Buone festività pasquali ! A tutte e a tutti ancora auguri, i più sentiti, per le festività pasquali. La red dell'ADL

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

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Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in coedizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignitĂ della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

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