CINEMAGIE N.1 - L'Isola delle Rose

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INDICE 04 Gli Effetti Visivi del film “L’incredibile storia de l’Isola delle Rose” intervista a Stefano Leoni e Elisabetta Rocca

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Quando avete iniziato a parlare dell’Isola delle Rose? Stefano: abbiamo iniziato a parlare del progetto a Luglio 2019. Sydney Sibilia, il regista, voleva un approccio “internazionale” al film dando un respiro ed una “ricchezza” utilizzando quella tipologia di interventi visivi che spesso si vedono sui biopic americani Elisabetta: in realtà abbiamo iniziato molto prima, verso Febbraio 2019, quando abbiamo proposto alla produzione di sperimentare una tecnica di ricostruzione VR di una parte del set che era proprio l’isola della rose, ricostruita in 3D a livello di previsualizzazione, per sviluppare le inquadrature e incominciare a ragionare sulle problematiche di ripresa. Stefano: si esatto, questo avveniva prima che arrivasse il Covid… una coincidenza apocalittica. Il VR è stato uno strumento che abbiamo poi utilizzato in pre-produzione a Giugno 2019 per capire come posizionare l’isola nella piscina di Malta. Inizialmente si erano valutate diverse ipotesi su dove posizionare l’isola: su una porzione di sabbia bagnata dal mare su due lati, in un backlot di un parcheggio e il mare totalmente in CGI, in studio. Sapevamo che andare a girare in mare aperto sarebbe stato insostenibile anche solo per la logistica e gli spostamenti; ma dovendo avere un reale rapporto con il mare e con diverse barche che approdano sull’isola e quindi un’importante interazione con l’acqua, la scelta più saggia è stata quella della infinity pool. Si trattava quindi di decidere come posizionare l’isola all’interno della piscina non soltanto in funzione dei vfx, ma soprattutto in funzione della luce per le riprese e del trasbordo dei materiali sull’isola. Abbiamo utilizzato questa sorta di “virtual production” per capire insieme al DOP come posizionarla simulando con Unreal il reale percorso del sole per le date di shooting (Ottobre 2019) e permettere di ribaltare il campo avendo sempre la luce corretta. Non ci siamo attenuti esattamente a come era orientata l’isola delle rose nella realtà, anche perché non era costruita esattamente allo stesso modo, l’isola della realtà storica era una specie di casa con una sorta di corridoio/balcone tutto intorno, mentre lo scenografo Tonino Zera ha optato per una situazione più aperta. Questa previsualizzazione VR basata sui modelli in formato obj realizzati dallo scenografo ci ha anche permesso di definire il posizionamento e le dimensioni del blueback sul lato che dava verso la terraferma (quasi 200

Gli Effetti Visivi del film “L’incredibile storia de L’Isola delle Rose” premio DAVID di DONATELLO 2021 Accademia del Cinema Italiano per i Migliori Effetti Visivi” Intervista a Stefano Leoni - VFX Supervisor EDI e Elisabetta Rocca - VFX Producer EDI Intervista di Franco Valenziano - AVFX

“Abbiamo iniziato a Febbraio 2019 sperimentando una tecnica di previsualizzazione VR per l’isola delle rose”

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metri in lunghezza) utilizzando le informazioni di altitudine da Google Earth. Eli: lo shooting è stato da metà settembre fino a fine novembre 2019 e Stefano ha dovuto essere sempre presente sul set perché tutte le location prevedevano interventi di post. La consegna è stata fine ottobre 2020. Il Covid è quindi arrivato che eravamo partiti da poco con gli assets e la postviz e il lockdown è partito in contemporanea con le prime lavorazioni di compositing e 3D. Che tipologia di Effetti Visivi sono presenti nel film? Stefano: gli interventi sono set-extension, mattepainting, tantissima CGI per quanto riguarda props, automobili, imbarcazioni, navi da guerra, le location con tutti i totali in esterno tutti ritoccati, non ci sono creature ma tantissimi CG doubles, puppets e folla aggiunta in tutte le situazioni. Inoltre c’è la simulazione del mare in tempesta in CGI. (ndr: la simulazione del mare in tempesta è stata realizzata da Mirco Paolini) Da supervisor come ti sei rapportato con il regista e la produzione? Stefano: l'importanza dei VFX è stata chiara fin dall’inizio e dalla pre-produzione, e il rapporto è iniziato sedendosi al tavolo con il regista insieme al DOP, allo scenografo e agli altri capo reparto per definire le soluzioni e non improvvisare nulla sul set: l’improvvisazione sul set non aiuta gli effetti visivi. Il team era molto preparato, coeso e molto preposto ad accettare gli effetti visivi: con il regista Sidney Sibila, lo scenografo Tonino Zera e il direttore della fotografia Valerio Azzavi abbiamo stabilito una soluzione di tecnica mista. L’approccio è stato quello di girare il più possibile, anche su situazioni che si sapeva sarebbero poi state ritoccate pesantemente, come ad esempio le dronate o la fabbrica, partendo quindi sempre da una base girata permettendo al regista di definire inquadrature e posizionamento degli attori. Elisabetta: questa scelta ha aumentato la coesione tra i reparti condividendo sempre il lavoro con lo scenografo e il direttore della fotografia, non delegando tutto solo ai vfx ma potendo contare sul supporto degli altri reparti ed anzi rendendoli “complici”. Stefano: questo è stato il primo progetto italiano che ho seguito con la presenza del VFX Manager di Netflix, con cui ci siamo confrontati costantemente sulle procedure e metodologie (ad esempio per definire un preciso workflow con il montaggio ed un allineamento di tutti che ha reso molto fluido il classico interscambio tra offline, effetti e laboratorio per il conforming), iniziando a collaborare già nelle prime fasi del progetto e dalla stesura della sceneggiatura per trovare le soluzioni che garantiscano un film visivamente più ricco ed elaborato. In questo caso siamo riusciti a superare il vecchio approccio che vede l’effetto visivo come un elemento che costa troppo e che spesso costringe a “stringere” l’inquadratura; in questo film siamo riusciti a realizzare molti campi larghi sfruttando gli assets realizzati. Elisabetta: questa modalità di approccio al progetto e la collaborazione con Groenlandia e Netflix fin dall’inizio ci ha permesso di definire la parte artistica affidata al regista ed ai reparti artistici e parallelamente sviluppare la parte di budget e tempistiche confrontandoci direttamente con la produzione e il VFX Manager di Netflix. Stefano: gli Effetti Visivi sono diventati un “collante” tra i reparti, uno dei pochi che parte dall’inizio del progetto e arriva fino in fondo al progetto insieme a fotografia e scenografia, un elemento di continuità del film che non si limita all’effetto ma diventa partecipe del “gusto visivo” del film, oltre naturalmente ad includere la post-produzione generale. Essendo un film “storico”, la continua collaborazione con Sidney, la fotografia e la scenografia è stata fondamentale per la continuità, l’estetica, il rispetto della ricostruzione storica con l’attenzione di rendere il contributo di effettistica più invisibile possibile.

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“Siamo riusciti a superare il vecchio approccio che vede l’effetto visivo come un elemento costoso e che costringe a stringere l’inquadratura”


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Ad esempio nella gara di motociclismo avevamo molto materiale storico di riferimento replicando quella ambientazione un po’ “folcloristica” di quei tempi con il pubblico a bordo pista e le balle di fieno. Quella sequenza è stata molto impegnativa come lavorazione: abbiamo girato con 12 moto e cento comparse ma abbiamo dovuto moltiplicare tutto digitalmente estendendo la scenografia con i box e gli spalti. Elisabetta: la cosa carina della scena del motomondiale è che inizialmente in sceneggiatura c’era qualche dubbio sul fatto che questa sequenza fosse un po’ troppo ridondante e fosse uno sforzo produttivo ed economico enorme per un’unica scena, ma poi quando la produzione ha visto i primi layout e test hanno invece deciso di allungare quella scena. Stefano: ci ha anche aiutato il fatto che in contemporanea fosse uscito il film Ford vs Ferrari (in Italia Le Mans ‘66) che aveva elementi in comune perché il periodo storico era simile e ambientato nel mondo delle gare, che abbiamo usato come riferimento per convincere regia e produzione a sviluppare quella direzione. qual’è stata la difficoltà maggiore che avete dovuto affrontare? Elisabetta: la difficoltà maggiore è stato il Covid ed il conseguente lockdown. Praticamente all’inizio della produzione effettiva a marzo 2021 ci siamo trovati una squadra di circa 50 persone da dover gestire, da un giorno all’altro, in remoto. In EDI siamo riusciti nell’arco di una settimana a poter continuare a lavorare tutti collegati in VPN alle workstation in azienda, ma abbiamo anche dovuto sviluppare degli strumenti ad hoc per gestire questa nuova modalità e ci siamo trovati un po’ spiazzati da questa gestione: Il coordinamento si riesce ad organizzare ma gestire il materiale di un film girato a ACES a 6K che sarebbe dovuto uscire in HDR con gli strumenti che ognuno di noi ha in remoto non è semplice. Fortunatamente durante il primo periodo del lockdown eravamo ancora in fase di postviz e costruzione degli assets, nel momento in cui abbiamo dovuto gestire Terabytes di materiale e pianificare reviews in HDR con il suo spazio colore si poteva gestire solo in sala cinema. Abbiamo dovuto organizzare dei turni per le review appena è stato possibile tornare in ufficio. Inevitabilmente queste problematiche hanno portato ad un rallentamento della produzione. Stefano: un’altra difficoltà che abbiamo incontrato è che quando fai un Biopic di un personaggio come Giorgio Rosa negli anni ‘60 ti rendi conto solo dopo che hai iniziato la pre-produzione e mentre stai girando, di quanto siano necessari interventi per rimuovere tutta una serie di elementi anacronistici. ad esempio la dronata su Palazzo Chigi a Roma ha richiesto un lavoro complicato di sostituzione di tutti i tetti che erano evidentemente troppo moderni per l’epoca. In alcuni casi è stato più semplice intervenire radicalmente rifacendo ad esempio l’autogrill e New York (non potendo andare a girare neanche con una troupe leggere sempre a causa Covid). Grazie alla collaborazione con una struttura a NY che ha fatto tutti i rilievi fotogrammetrici necessari in streaming con l’Italia e fornendo il materiale in HDR, abbiamo ricostruito in CG il fondo di NY. Quando Sidney ha scoperto che le auto e le folle funzionavano anche in CG abbiamo iniziato a metterle un po’ dappertutto. Elisabetta: in generale l’evoluzione degli effetti ha sposato un po’ gli effetti che funzionavano meglio, è stato un processo evolutivo durante questi confronti settimanali con una grande videocall con il regista e tutti i reparti andando ad aggiustare ed aggiungere gli elementi che meglio funzionavano.

“Quando Sidney ha scoperto che le auto e le folle CG funzionavano, abbiamo iniziato a metterle dappertutto”

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Elisabetta: con una mole di lavoro così ampia abbiamo calendarizzato fin da subito, con delle riunioni appena dopo lo shooting, le estrazioni degli effetti, le mandate, le scene degli effetti da lockare, anche perchè prima del Covid il film avrebbe dovuto andare al Festival di Venezia. Poi tutto ha subito chiaramente dei rallentamenti a partire dal montaggio ma siamo riusciti poi a rimetterci in carreggiata. In totale abbiamo realizzato 652 VFX shots consegnati. Molti shots sono stati aggiunti proprio per risolvere gli anacronismi, sempre con l’obiettivo di essere fedeli al periodo storico ma anche spettacolari. Stefano: 652 shots tutti di media alta complessità che includono interventi complessi come la nave da guerra rimappata (grazie anche alla produzione che ci ha messo a disposizione una nave da guerra maltese) girando in mare aperto per dare un senso di realismo importante. Io ho preferito avere delle inquadrature girate in mare aperto e poi rimappare tutto piuttosto che girare in studio su green dove però mancano una serie di elementi come il riverbero del mare che fanno la differenza. La scena più complessa di tutte in termini di mole di lavoro è stata quella della corsa di moto a Imola con tantissimi shots. Anche la tempesta è stata complessa ed abbiamo fatto molte simulazioni ma alla fine è andata abbastanza liscia. Il lavoro di ricostruzione realistica di alcune scenografie come l’autogrill Pavesi anni ‘60 o New York non è stato semplice. Elisabetta: pur essendo un’impianto produttivo internazionale, alcuni elementi ricadono ancora nell’artigianalità che ci contraddistingue; ad esempio ho dovuto anche affrontare la questione complicatissima dei loghi in termini di posizionamento e diritti legali di utilizzo. Stefano: un’altra scena complicata è la nave Andrea Doria in navigazione, si pensava di usare materiale di repertorio ma la qualità non era sufficiente e quindi alla fine abbiamo dovuto accettare la scommessa e farla full CGI. Elisabetta: un’altra scommessa è stato il piano sequenza con un passaggio temporale durante un movimento di camera continuo intorno all’isola per rappresentare l’evoluzione dell’isola nel tempo, uno shot di oltre 2000 fotogrammi a 4K con la folla in CG. Stefano: per quella scena avevamo fatto un previz che poi è stato seguito molto fedelmente dai dronisti, ma appena la camera è salita e l’inquadratura si è allargata, pur avendo tante comparse sull’isola sono subito sembrate poche e quindi abbiamo dovuto aggiungerle in CG mischiandole con quelle girate e nessuno si è accorto della differenza. Che ruolo ha avuto la pre-produzione? Stefano: La pre-produzione ha avuto un ruolo fondamentale e in questo film è esemplare: tutto è stato studiato e mantenuto come pianificato. Questo fa fare un salto di qualità enorme al film. Elisabetta: il nostro coinvolgimento dall’inizio ha permesso di essere sempre tutti allineati, grazie anche alla lungimiranza di Sidney Sibilla e del montatore Vezzosi che ci hanno sempre coinvolto fin dai primi cut di montaggio, in modo da renderci conto da subito di quello che avremmo dovuto fare e dei pesi dei vari interventi. Quali tools e tecniche particolari avete usato Stefano: abbiamo usato tantissimo le scansioni fotografiche (stereofotogrammetria) delle comparse per fare i digi-doubles e la folla, abbiamo anche scansionato con i droni le location come per la pista di Imola, abbiamo usato tanto le HDR per integrare la CG e il tool di previz in VR per la pre-produzione che poi si è sviluppata nel reparto di virtual production di EDI.

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Per questo film non abbiamo utilizzato le tecnologie di virtual production che erano ancora in sperimentazione (le tecniche usate in Mandalorian per la creazione di sfondi in tempo reale da proiettare sui led-screen) ma ora, con le tecnologie del 2021, avrei optato per dividere le riprese in due fasi: una nella piscina di Malta con il bluescreen come abbiamo fatto e la seconda con i campi più raccolti e di dialogo in studio con il led-wall per diminuire drasticamente la mole di compositing che su 600 shots era almeno di circa 200 shots abbondanti. Elisabetta: con una soluzione di questo tipo avremmo ridotto drasticamente il numero di scene di compositing da realizzare, non soltanto tutti quei campi su bluescreen ma anche tutte le altre inquadrature dove la porzione di mare non era sufficiente a riempire le inquadrature o dove si vedeva che la profondità dell’acqua non era sufficiente. Stefano: esatto, l’infinity pull funziona molto bene se stai sulla barca a pelo d’acqua, ma appena sali con la camera ovviamente vedi dove finisce la superficie d’acqua e quindi devi rimappare tutto per estendere la superficie del mare. Quanto è durata la lavorazione nel complesso? Stefano: 1 anno e 2 mesi da settembre, considerando anche la preproduzione 1 anno e mezzo. Com’era costituito il team? Elisabetta: circa una cinquantina di persone tra compositor, lighting, texture artist, generalist 3d, rigger, animatori, matte painter, fx artist, che inizialmente dovevano in buona parte in studio ma che poi si sono dovuti organizzare in remoto. Lo slittamente dovuto al Covid ha richiesto anche di aumentare il team. Che altri impatti ha avuto il Covid? Stefano: le difficoltà dettate dal lockdown a causa del Covid e la necessità di lavorare in remoto hanno portato ad una perdita di performance di almeno il 30% per una questione di comunicazione malgrado tutti i sistemi di gestione di progetto con varie chat, videocall e condivisioni varie. Noi abbiamo usato Ftrack, che è un programma di tracking della produzione, creando praticamente una versione “digitale” dell’ufficio, ma quando siamo arrivati a luglio 2020, quando avevamo impostato tutte le scene con il regista con revisioni quotidiane (utilizzando il portale di content tab, che è una piattaforma di scambio materiali messa a disposizione da Netflix) il collo di bottiglia di lavorare in remoto è diventato un problema. La parte di Quality Check di Netflix ha un workflow molto preciso che richiede le review in HDR in sala cinema, se questa parte manca poi può creare una serie di lavorazioni successive e di perdite di tempo. Sidney ha avuto sempre un approccio “narrativo” agli effetti visivi e questo ci ha sempre aiutato a me e Elisabetta, perchè lui giudica l’effetto all’interno della scena e nel contesto narrativo e non puramente estetico, l’effetto deve essere funzionale al racconto e non ti devi accorgere dell’effetto, che è fondamentale per valutare un effetto fatto bene. Elisabetta: soprattutto Sidney giudicava la scena o sequenza, senza focalizzarsi sul singolo shot decontestualizzato dal resto, in modo da assicurare anche la continuità dell’intervento, mostrando ogni volta l’avanzamento dell’intera scena. C’erano scene da 40 tagli ma anche altre scene da 150 tagli e la timing era organizzata in modo da mostrare ogni volta l’avanzamento dell’intera scena, una volta sdoganati i keyframes e i layout base, in modo da giudicare la continuità della sequenza; questo ci ha aiutato molto perché ci ha consentito di portare avanti parallelamente tutte le sequenze ed evitare che ci potessero essere dei ripensamenti dell’ultimo momento. Era il montatore che assemblava l’intera sequenza per la presentazione.

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Che cosa vi ha lasciato questo progetto? immagino un po’ di stanchezza visto che siete andati avanti per più di un anno facendo orari impegnativi? Stefano: un modo nuovo di approcciare i progetti a partire dalla pre-produzione che è diventato un punto irrinunciabile, utile per definire il budget iniziale in modo da sensibilizzare tutti per riuscire a mantenerlo, grazie alla collaborazione ed esperienza di Groenlandia e Netflix; questa programmazione iniziale aiuta molto il lavoro degli effetti visivi. La figura del Supervisore diventa una figura fondamentale che fa gli interessi della produzione, non è un semplice fornitore ma è un partner che aiuta nella gestione del film proprio perchè è una figura che segue tutto il percorso produttivo e diventa quindi una figura importante per il film. L’altro punto è la gestione delle risorse in un momento come questo con il Covid - momento che dura tuttora - ponendo molta più attenzione agli aspetti di finalizzazione cercando di anticipare ogni possibile problema; ad esempio se prima preferivo spalmare tutto il film durante tutta la lavorazione e rimandare la finalizzazione alla fine, ora invece quando c’è una scena che piace la finalizziamo subito in modo da evitare sorprese successive - quindi questa situazione ci ha comunque aiutato a crescere. Elisabetta, com’è stata la gestione del budget? Elisabetta: il budget è stato un punto fisso stabilito dall’inizio, e il rapporto con Sidney ci ha permesso di definire insieme dove “mettere” il budget confrontandosi sulla prima stesura di montaggio e decidere su quale effetto investire, dando noi dei consigli che spesso sono stati accettati da Sidney ed a volte ha optato per altre scelte, con un dialogo continuo che non ha generato nessun problema. Stefano: abbiamo spostato semplicemente i “pesi” in base a quello che serviva. Ma il regista era nel doppio ruolo di regista e produttore? Elisabetta: in Groenlandia si sono divisi i compiti, per questo progetto il produttore era Matteo Rovere e Sidney il regista e dividere le due figure non crea nessuna ambiguità. Stefano: la produzione non ha lesinato su tutta una serie di figure di controllo di tutti gli step che spero diventi lo standard, che non sempre mi è capitato di trovare in altre produzioni; ad esempio avevamo due responsabili di post-produzione che riferivano a Netflix, con una catena precisa che ha aiutato a tenere molto fluida la comunicazione. Un’altra cosa che mi ha stupito molto è stata la volontà da parte di Sidney di mettersi in gioco sugli effetti visivi, chè è un approccio che sta contaminando il mercato italiano e che mi fa molto piacere perchè arricchirà questo tipo di prodotto con l’obiettivo di arrivare ai livelli che vediamo nelle produzioni internazionali. In realtà si può fare, l’importante è prevederlo subito, se invece fai un film e pensi dopo di arricchirlo con gli effetti visivi commetti un errore perchè parti da una base che non è stata pensata per quel tipo di effetto e diventa un miscuglio non programmato. Elisabetta: infatti anche i nuovi progetti che stiamo affrontando adesso e le richieste che abbiamo stanno andando in quella direzione...anche sulle serie italiane... Stefano: il lockdown ha portato ad un aumento delle richieste di produzione da parte di Amazon, Netflix, Apple, Disney e altri che hanno già questo tipo di approccio e i produttori si stanno adeguando. Anche su altre produzioni che ho seguito come “ZeroZeroZero” con Cattleya o sul film di Mainetti “freaks out” questa organizzazione ha funzionato molto bene.

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Quando vedremo il film di Mainetti? Stefano: è un vero peccato che non sia uscito a Dicembre… ancora più coraggioso del film di Sidney che è già stato super-coraggioso perchè fare un biopic su un personaggio italiano di quel tipo e renderlo così effervescente e interessante non era semplice e la sceneggiatura era particolarmente complicata. Elsabetta: “freaks out” è stata l’altra nostra fatica … nell’ultimo anno abbiamo lavorato contemporaneamente ai due film e infatti siamo arrivati a dicembre che non ci ricordavamo più neanche come ci chiamavamo… “L’isola delle rose” per noi è stata la nostra palestra in pieno lockdown da cui abbiamo fatto molta esperienza che poi abbiamo applicato sugli altri progetti Un aneddoto divertente su questa produzione? Elisabetta: ce ne sarebbero davvero tanti, anche solo pensare a tutte quelle volte che abbiamo fatto le 6 del mattino al lavoro… Stefano: la dronata sull’isola, da terra l’isola sembrava piena di gente ma come si è alzato il drone Sidney si è girato verso di me e mi ha detto: “ma sono pochissimi!”. Elisabetta: la folla 3D l’abbiamo già fatta su altri progetti più piccoli, ma qui abbiamo cercato di implementare delle automatizzazioni per renderla sempre più efficiente (utilizzando Houdini per il crowd più dei tool customizzati da noi) e quindi avevamo randomizzato una serie di animazioni per la folla del motomondiale: quando abbiamo visto i primi render della folla sugli spalti (notti di render) sembrava che la maggior parte delle comparse CG facessero il saluto romano, fortunatamente con Sidney ci abbiamo riso, quella animazione tra tutte le altre risultava molto più visibile malgrado la randomizzazione. Stefano: un problema simile l’abbiamo avuto con le loro textures: ci saranno state almeno 30 o 40 varianti diverse di comparse tutte vestite diverse, ma quelli con la camicia azzurra erano sempre i più visibili … alla fine per risolvere il problema ho proprio fatto cancellare quella texture. Elisabetta: per Sidney noi dovevamo fare effetti da 3 stelle Michelin: 1 stella vale la serata, 2 stelle valgono la giornata e 3 stelle valgono il viaggio … Sidney ha chiesto di togliere quelli con il saluto romano e le camicie azzurre per passare da 2 stelle a 3 stelle Stefano: alla fine è stato faticoso ma anche divertente … lo humour non è mai mancato. La parte estetica/narrativa di questo film mi ha lasciato veramente qualche cosa: mi sono reso conto di quanto un film storico italiano, pur parlando degli anni ‘60, sia così difficile da rappresentare ma anche stimolante, ed è stato un piacere lavorare con Tonino Zera, Valerio Azzali e l’aiuto regista Giulio Cuper che ha fatto in modo che tutto funzionasse sul set. Ad esempio la scena dell’incidente, che può sembrare banalotta da realizzare, in realtà non lo è: non potendo girare e sincronizzare l’incidente della moto e l’esplosione che comunque era girata, l’abbiamo girata suddividendo tutti gli elementi della scena e girandoli separatamente, quando abbiamo messo insieme tutti i layers già dal precomp abbiamo visto che funzionava molto bene. Elisabetta: se posso aggiungere un ultimo aneddoto: quando ho fatto la mia tesi di laurea sugli effetti visivi ho intervistato Franco, ora è Franco che mi intervista...risate ...

Link al video del making of dei VFX del film: L'incredibile storia dell'isola delle Rose

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