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L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

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ranzia che il produttore offre sulla conformità complessiva dell’alimento e assume su sé medesimo il rischio che la propria valutazione sensoriale sia erronea. Difficile immaginare che l’azienda che scelga di lottare contro lo spreco alimentare e in qualche misura anche contro un potenziale beneficio economico dovuto a una maggior vendita degli alimenti, sia totalmente estranea al rischio che il consumatore assume a suo carico a fronte dell’invito a considerare l’alimento “spesso buono oltre”; ciò proprio perché quella autovalutazione che il consumatore potrà compiere si concretizzerà anche a seguito di una specifica incentivazione ben leggibile sull’etichetta. Se il consumatore normalmente ha un’esperienza di vita e un uso normale dei propri sensi ciò nonostante non è detto che sia perito nella scelta. Quindi, mi pare difficile da ipotizzare che l’invito a evitare lo spreco alimentare e quindi a far prova di saggia valutazione dell’alimento oltre il tmc possa non essere a sua volta accompagnato da un’avvertenza alla prudenza e all’astensione dal prodotto qualora il consumatore abbia perplessità o convinzioni erronee. Se l’errore del consumatore ne vizierebbe la scelta, se il tmc non comporta un obbligo comportamentale da parte del consumatore restando soltanto un obbligo informativo a carico dell’impresa, e l’indicazione d’uso che il tmc presenta è soggetta alla valutazione sensoriale dell’utilizzatore finale, mi

IL TMC ATTIENE ALLA LOGICA DELLA GARANZIA CONTRATTUALE DELL’ALIMENTO

pare che siamo oramai ai limiti dell’ambito giuridico, per entrare nel campo della scienza comportamentale

Le problematiche legate al tmc

Se quanto sopra corrisponde al vero, il significato letterale del tmc viene tradito perché, seppur diligentemente riportato in etichetta per obbligo legale, non significa che esso corrisponda alla trasmissione di una notizia legata alla consumabilità dell’alimento. In ambito di autocontrol- lo e di determinazione della vita del prodotto, l’operatore alimentare tiene conto di margini di sicurezza (oltre che di quelli commerciali che incidono ampiamente sulla circolazione degli alimenti), sapendo che il tmc indicato lo garantirà da incidenti circa la conformità e la qualità dell’alimento. Sulla scelta della shelf life incidono non solo ragioni economiche e di riconoscibilità del prodotto e del marchio, ma soprattutto i processi produttivi intervenuti; da ciò deriva che due prodotti apparentemente sovrapponibili, possono portare tmc differenti con margini effettivi di consumo successivi al tmc diversi, seppure non comunicati al consumatore. In questo contesto il tmc, così come oggi previsto e come sarà integrato porta con sé un’informazione non chiara, se non erronea, visto che, non preservando la salute del consumatore, sembra sempre più attenere, come molte altre informazioni obbligatorie ai sensi del Reg. (Ue) 1169/2011, alla logica della garanzia contrattuale dell’alimento compravenduto. Da ciò deriva, a mio parere, che sarebbe stato mag- giormente coerente modificare la denominazione stessa del tmc, abbandonando l’attuale formulazione piuttosto che incentivare il consumo post data indicata in etichetta.

Al cultore di una specifica conserva di tonno sott’olio che preferisca il prodotto lungamente conservato ben oltre il tmc non si opporrà il mondo del diritto che, non conoscendo chi poi leggerà l’etichetta, regolerà una quantità indeterminata di situa- zioni, e si rivolgerà ad incertam personam prescrivendo di volta in volta la scadenza o il tmc e inviti a provare il prodotto oltre il tmc. Se da un lato la libera scelta del consumatore non sarà in questo caso limitata, la nuova norma sul “spesso buono oltre” dovrà comunque tutelare gli imprenditori alimentari, il consumatore medio e non solo l’ambiente.

Note

1. https://food.ec.europa.eu/safety/labelling-andnutrition/food-information-consumers-legislation/ proposal-revision-regulation-fic_en

2. Nel caso del vino in particolari confezioni (ad esempio in brik), mentre l’Ue non prevede l’obbligo del tmc, è l’Italia che fissò a suo tempo, col DM 16/12/1991, termini di conservazione.

3. C. Cass. Sentenza n. 15 del 27/09/95, R.G. 34447/95.

4. L.155/2003 cosiddetta del buon samaritano.

5. R.Piccinino, Diritto Penale Alimentare, Utet, 1988, pag. 683. Il Piccinino già durante la previgente normativa in tema di etichettatura degli alimenti, sul termine minimo di conservazione così scrive: “L’obbligo dell’apposizione dell’indicazione della data fino alla quale un prodotto mantiene inalterate le sue qualità, si riferisce a una data di ottimalità di consumo che si traduce in un’informazione destinata allo stesso consumatore perché possa disporre di un prodotto alimentare di qualità pienamente soddisfacente. Non è quindi una data di scadenza - come annota Crippa (in Rass. Dir. Tec. Al. n. 1/1985) - né una data limite di vendita, né una data limite di consumo, anche se purtroppo l’esperienza, finora acquisita, per una serie di carenze e distorsioni formative e informative [...] non conferma ancora l’acquisizione piena dei concetti sopra illustrati”.

6. Loi no 2020-105 du 10 février 2020 relative à la lutte contre le gaspillage et à l’économie circulaire.

7. Diverso è il caso di quei prodotti, pure essi esclusi dall’obbligo dell’indicazione del tmc, ma in ragione della grande stabilità e dunque capacità di restare edibili nel tempo: gli aceti, il sale da cucina, gli zuccheri allo stato solido, i prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheri aromatizzati e/o colorati, le gomme da masticare e prodotti analoghi.

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