Vis a Vis 5_2015 - Volti e Storie dalla Terra delle Acque

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29| SPECIALE FRA VILLE E VILLINI poderi di Viserba, dove vennero trasferiti quando avevano un paio di figli piccoli. Abitavano nella casa colonica (allora isolata in mezzo ai campi) che sorgeva sulla “costa”. Qui nacquero altri dieci figli (in tutto ne ebbero dodici: sei maschi e sei femmine). Mio padre Davide (classe 1887) raccontava che agli inizi del secolo, quando tutti i signori venivano a farsi le ville a Viserba, il conte Spina vendette una lunga striscia del suo terreno alla contessa Gemmamaria Carini, che desiderava costruire una casa per i suoi soggiorni estivi. Si raccontava che quando misero giù le fondamenta, ci nascosero dentro una manciata d’oro! E la contessa era così ricca che in una sola giornata si cambiò diciotto vestiti!” Fondamenta dorate e una castellana che sfoggia abiti sfarzosi, per questa villa di tre piani più cantina, con grande terrazza, dépendance e autorimessa-garage e, a farle da cornice, un enorme parco con alberi di ogni tipo, bei vialetti fiancheggiati da fiori variopinti, fontane zampillanti. Il colpo d’occhio doveva essere proprio meraviglioso, tanto che gli ospiti romani della contessa erano sempre numerosi. La famiglia Morolli per tanti anni visse in simbiosi con i proprietari della Villa: Davide fungeva da custode e uomo tuttofare, Rosa sempre disponibile per vari lavori e, soprattutto, in cucina a preparare le specialità locali, tra cui l’ormai introvabile “piada sfogliata”, che i signori ospiti gradivano tantissimo e prenotavano già prima del loro arrivo in Riviera. Il rapporto dei Morolli con la contessa Carini rimase vivo anche quando lei non abitò più a Viserba, tanto che, quando nel 1941 Maria diede alla luce la prima figlia, in segno di omaggio la chiamò Gemma; la nobildonna da Roma fece da madrina

“per procura” ed inviò in dono una ingente somma di denaro. Il nome “Villa Carini” è ancora presente in alcune mappe catastali di Viserba. Negli anni ’30 la villa venne venduta, tramite un passaggio curato dal mediatore viserbese Pozzi, alla famiglia Gattegno. Ma nel periodo in cui questi vi abitò ci furono alcuni screzi con i cittadini viserbesi, pare a causa di un episodio violento che giunge a noi tramite i “si dice”, un po’ sfocato nei dettagli. In ogni caso, da quel momento Gattegno reputò Viserba non più ospitale e vendette ai Cameo, professori universitari di religione ebraica, che ribattezzarono la dimora “Villa Cameo”. Esiste anche una cartolina con la dedica alla giovane figlia: “Villa Cameo ‘Sara’ – Viserba (Rimini)”. Una decina di anni dopo avvenne il successivo “passaggio di proprietà”, se così vogliamo chiamarlo, frutto delle leggi razziali promulgate dal Regime Fascista che prevedevano “la confisca di beni appartenenti a persone di razza ebraica”. Documenti ufficiali del 1944 riportano che i beni confiscati a “Cameo Giuseppe fu Emanuele, domicilio fiscale in Roma” consistevano in “terreno agricolo sito in Rimini frazione Viserba via Sacramora (imponibile L. 164,12); fabbricati ad uso abitazione civile siti in Viserba via Sacramora, 113: a) di piani 4 e vani 20 (imponibile L. 1820); b) di piani 2 e vani 4 (imponibile L. 280); c) di piani 1 e vani 2 (imponibile L. 186,65).” Quindi, in un sol colpo, il grande parco, la villa padronale, una dipendenza, l’autorimessa-garage divennero di proprietà dello Stato. A costo zero, come fu per tutti i beni mobili ed immobili posseduti dagli ebrei. Gli anni della guerra li racconta Augusto Morolli (classe 1932), uno dei

Nella pagina precedente una suggestiva veduta della Villa come si presenta oggi Nella pagina a fianco, sopra: una cartolina dei primi del ‘900 che ritrae la contessa Gemmamaria Carini; sotto: Villa Ombrosa negli anni in cui era di proprietà della famiglia Cameo e un dettaglio dell’antico muro di cinta in corrispondenza del cancello laterale Sotto, particolari degli infissi interni ed esterni


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