Agatha Raisin e una cucchiaiata di veleno

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La signora Bloxby, moglie del pastore di Carsely, guardò nervosamente il visitatore. “Sì, la signora Raisin è una mia amica, un’amica assai cara, ma al momento è molto presa dalla sua agenzia investigativa e non ha tempo da dedicare a…” “Ma questa è una causa talmente meritevole,” la interruppe Arthur Chance, pastore di Sant’Odo il Severo a Comfrey Magna. “I servigi di un’esperta di pubbliche relazioni ci farebbero un immenso piacere, in questo modo riusciremmo a far accorrere le folle alla nostra tradizionale festa di beneficienza. Gli introiti sono destinati alla risistemazione del tetto della chiesa e a una serie di enti benefici.” “Sì, ma…” “Non ci sarebbe niente di male a chiederglielo, no? È un suo dovere cristiano, signora Bloxby.” “Non sono una che ha bisogno di sentirsi ricordare i doveri cristiani,” disse stancamente la signora Bloxby, ripensando a tutte le visite parrocchiali, alle riunioni di madri e della Società delle Dame di Carsely. Davvero, si disse, osservando il pastore, per essere un uomo così mite e dall’aria inoffensiva è terribilmente insistente. Arthur Chance era 1


un ometto con gli occhiali spessi e i capelli grigi che spuntavano in ciuffi simili a corna sui lati della faccia sciupata e rugosa. È sposato con una donna di vent’anni più giovane, ricordò la signora Bloxby. Probabilmente l’ha costretta, pensò. “Guardi! Farò quello che posso, ma non sono in grado di promettere nulla. Quando sarà la festa?” “Sabato. Tra sette giorni.” “Manca appena una settimana. Non sta concedendo molto tempo alla signora Raisin.” “Dio l’aiuterà,” disse il signor Chance. Agatha Raisin, una donna di mezza età che aveva venduto la sua avviatissima società di pubbliche relazioni per ritirarsi anzitempo in un cottage dei Cotswolds, aveva scoperto che l’inattività non le si confaceva e così aveva fondato una propria agenzia investigativa privata. Adesso che questa era diventata un’impresa di successo, però, Agatha rimpiangeva di non avere più tempo da dedicare all’ozio. Inoltre i casi che piovevano in agenzia avevano a che fare con divorzi turbolenti, minorenni scomparsi, cani e gatti che non si trovavano, e di tanto in tanto un raro caso di spionaggio industriale. Agatha aveva cominciato a chiudere l’agenzia nei fine settimana, sentendo di aver poco tempo libero, ed essendosi dimenticata che quando aveva molto tempo libero non sapeva come impiegarlo. Per essere una donna che aveva passato i cinquanta, era di bell’aspetto. I capelli erano tinti ma comunque lucidi, le gambe in forma. Gli occhi erano piccoli, però in compenso Agatha aveva pochissime rughe. Era fornita di un seno giunonico, la vita era piuttosto larga, e questo rappresentava un grosso cruccio. 2


Il venerdì sera, quando arrivò a casa, Agatha fece un mucchio di salamelecchi ai due gatti, Hodge e Boswell, scalciò via le scarpe, si servì un generoso gin tonic e si distese sul divano con un sospiro di sollievo. Si chiese pigramente dove fosse l’ex marito, James Lacey. Lui viveva nella casa accanto, ma era un autore di libri di viaggio ed era spesso all’estero. Agatha come al solito frugò in tutti gli anfratti del proprio cervello alla ricerca di quella vecchia ossessione, di quella vecchia bramosia nei confronti di James, che però sembravano scomparse per sempre. Senza un’ossessione, Agatha si trovava sola in balia di se stessa; e dimenticava il dolore e l’infelicità che quell’ossessione nei confronti dell’ex aveva portato per ricordare solo i brevissimi momenti di estasi. Il campanello di casa suonò. Agatha slanciò giù le gambe dal divano e andò ad aprire la porta. La faccia le si illuminò nel vedere la signora Bloxby. “Entra!” gridò. “Stavo giusto per farmi un gin tonic. Ne vuoi uno?” “No, però uno sherry lo prenderei.” A volte Agatha, fin troppo consapevole delle proprie origini, si chiedeva come sarebbe stato essere una signora dentro e fuori come la signora Bloxby, e non una donna cresciuta nei bassifondi. La moglie del pastore indossava una gonna di tweed alquanto informe e una camicetta rosa che aveva visto tempi migliori. I capelli grigi sfuggivano da uno chignon sulla nuca, però la signora Bloxby aveva la solita aria di gentilezza e dignità. Le due signore spesso si chiamavano per cognome, secondo la consuetudine della Società delle Dame di Carsely. Agatha servì alla signora Bloxby uno sherry. “È un po’ che non ti vedo,” disse. “C’è stato tanto da fare.” Negli occhi grigi della signora Bloxby passò un’ombra di 3


senso di colpa. “Hai ancora con te quella giovane investigatrice, Toni Gilmour?” “Sì, grazie al cielo. Una gran lavoratrice. Tuttavia, penso che dovremmo cominciare a rifiutare qualche caso. Non voglio assumere altro personale.” La signora Bloxby bevve un sorso di sherry e disse distrattamente: “Lo sapevo che saresti stata troppo indaffarata. È quello che gli ho detto”. “Che hai detto a chi?” “Al signor Arthur Chance. Il pastore di Sant’Odo.” “Il che cosa?” “Il santo anglosassone. Non ricordo cosa avesse fatto. Sono così tanti, i santi.” “E com’è saltato fuori il mio nome nella tua discussione con il signor Chance?” “Lui abita a Comfrey Magna…” “Non ci sono mai stata.” “Ci sono stati in pochi. È fuori dalle rotte turistiche. A ogni modo, tra otto giorni terranno la loro annuale festa del villaggio e il signor Chance voleva che ti supplicassi di pubblicizzare l’evento a loro favore.” “Ma questo pastore ha qualcosa di speciale? Un motivo per il quale dovrei fare questa cosa?” “Solo perché è a fin di bene. E lui è piuttosto insistente.” Agatha sorrise. “Hai l’aria di una donna che è appena stata vittima di prepotenze. Sai che ti dico? Domattina prendiamo la macchina, andiamo da lui, gli dico un bel no chiaro e tondo e il signor Chance non verrà più a scocciarti.” “Molto gentile da parte tua, Agatha. Quando si tratta di dire di no alle opere di bene, non ho mai molta determinazione.”

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Nelle giornate d’inverno, quando la pioggia sgocciolava ovunque e le colline erano coperte da un nebbione umido e fitto, Agatha talvolta si chiedeva che cosa diamine ci facesse sepolta lì sotto la paglia del tetto del suo cottage nei Cotswolds. Tuttavia l’indomani mattina, quando partì in compagnia della signora Bloxby, la campagna si stava godendo un radioso e caldo giorno di primavera. I fiori del prugnolo costellavano le siepi, glicini e clematidi si arrampicavano sui muri dei giardini, le campanule dondolavano nella brezza dolcissima e sopra ogni cosa si stendeva un cielo vasto e azzurro. La signora Bloxby guidò Agatha in un dedalo di viottoli di campagna. “Eccoci arrivate, finalmente,” disse dopo un po’. “Parcheggia davanti alla chiesa.” Ad Agatha, Comfrey Magna fece l’impressione di un villaggio strano, dall’aria misteriosa. Non c’erano case nuove a rovinare la fila irregolare di cottage antichi, distribuiti lungo entrambi i lati della strada. Non si vedeva anima viva, né lungo la via principale, né nei giardini e nemmeno alle finestre. “Che calma spaventosa,” commentò. “Ci sono pochi giovani, è questo il problema,” disse la signora Bloxby. “Nessun acquirente di prima casa, solo acquirenti di ‘ultima casa’.” “Non pensavo che le case potessero costare così care, in un mortorio come questo,” disse Agatha, parcheggiando l’auto. “Le case sono carissime ovunque.” Scesero dalla macchina. “Ecco la canonica, laggiù,” disse la signora Bloxby. “Possiamo tagliare attraverso il camposanto.” La canonica era un vecchio edificio grigio con un tetto 5


spiovente di vecchie tegole dei Cotswolds, di quel genere che costa un occhio della testa, ma che nessun comune permetterebbe mai di vendere, a meno che il proprietario non sia disposto a rimpiazzare le tegole con altre esattamente uguali, il che ovviamente non avrebbe alcun senso. Mentre entravano nel camposanto, Agatha vide un uomo rialzarsi da una delle tombe, sulla quale si era chinato a disporre fiori. Lui si girò e vide a sua volta le due donne e sorrise. Agatha sbatté rapidamente le palpebre. Il tizio era alto, capelli biondi, la bella faccia lievemente abbronzata e gli occhi verdi. Occhi davvero verdi, pensò Agatha, nemmeno una pagliuzza marrone. Era vestito con una giacca di tweed sportiva e pantaloni in cavalry twill. “Buongiorno,” disse gentilmente la signora Bloxby, dando però una gomitatina ad Agatha che pareva avere messo radici al suolo. “Buongiorno,” rispose lui. “Chi era quello?” bisbigliò Agatha, mentre si avvicinavano all’ingresso della canonica. “Non lo so.” La signora Bloxby suonò il campanello. La porta fu aperta da una donna alta, vestita di un body e nient’altro. I capelli erano tinti in un color melanzana, e portati lunghi e lisci. Aveva lineamenti piuttosto volgari, la bocca con le labbra sottili, occhi stretti e allungati. Il naso era affilato con una strana gobba a metà, come se a un certo punto fosse stato rotto e poi sistemato alla meno peggio. Avrà una quarantina d’anni, pensò Agatha. “Avete interrotto i miei esercizi di pilates,” disse la donna. “Siamo venute a parlare con il signor Chance,” annunciò la signora Bloxby. 6


“Dovete essere quelle delle pubbliche relazioni. Lo troverete nel suo studio. Io sono Trixie Chance.” Santi numi, pensò la signora Bloxby. Le capitava spesso di pensare che le mogli dei pastori trendy avessero una capacità di svilire una congrega di fedeli pari a quella dei pastori trendy. La signora Chance apparteneva a un genere familiare: sempre alla disperata ricerca di apparire brillante e divertente, sempre all’inseguimento delle ultime mode, sempre preparatissime sui nomi dei gruppi pop in voga. Trixie era scomparsa. Aprendo un paio di porte dell’atrio, trovarono lo studio. Arthur Chance sedeva dietro una grande scrivania vittoriana, coperta di carte. Si affrettò ad alzarsi per andare loro incontro, gli occhi slavati scintillavano dietro le lenti spesse. Afferrò le mani di Agatha. “Mia cara signora, sapevo che sarebbe venuta. È magnifico da parte sua aver deciso di aiutarci!” Agatha liberò le mani dalla presa. “Sono venuta qui,” attaccò, “per dire…” Da fuori giunse il trillo di una risata, e attraverso la finestra Agatha vide Trixie parlare con il bellone. “Chi è quello?” chiese, indicando la finestra. Arthur si girò di scatto, colto di sorpresa. “Oh, quello è il signor George Selby, uno dei miei parrocchiani. Che tragedia, la morte di sua moglie! È stato una risorsa preziosa, mi ha aiutato nell’organizzazione della festa, ha ordinato i tendoni in caso di pioggia. Importantissimi con il nostro tempo inglese così poco affidabile, non trova, signora Raisin?” “Ma certo,” si entusiasmò Agatha. “Forse, se potesse far venire qui il signor Selby, potremmo discutere insieme della promozione dell’evento?” “Come no, come no.” Arthur si affrettò a uscire. La signora Bloxby soffocò un sospiro. Capiva che l’amica adesso 7


si era lanciata a corpo morto in un’altra caccia amorosa. Si augurò, non per la prima volta, che Agatha si decidesse a crescere. George Selby entrò nello studio a ruota del pastore. Sorrise ad Agatha. “È certa di volerlo fare?” chiese. “Il signor Chance può essere assai convincente.” “Non c’è alcun problema,” disse Agatha, pensando che avrebbe dovuto indossare un paio di scarpe con i tacchi al posto di quei sandali dimessi dal tacco basso. Ma ad Agatha prese lo sconforto quando le descrissero gli eventi. L’intrattenimento sarebbe stato offerto dalla banda del villaggio e da un gruppo locale di ballerini di Morris. Il resto consisteva in gare tra chi presentava la torta migliore, il pane, i sottaceti, il relish più buono. L’evento clou era la degustazione delle marmellate fatte in casa. Rimase lì in silenzio, anche dopo che il pastore ebbe finito di elencare i punti del programma. Intercettò uno sguardo solidale dei begli occhi verdi di George e le venne un’idea grandiosa. “Sì, lo posso fare,” dichiarò. “Non mi avete concesso molto tempo, eh.” Si rivolse a George. “Magari in settimana potremmo cenare insieme per vedere come stiamo procedendo?” Lui ebbe una lieve esitazione. “Ma che idea magnifica,” disse il pastore. “Pianificare la nostra campagna. A Mircester c’è un ottimo ristorante. Mia moglie Trixie ne va matta. Si chiama La Belle Cuisine. Perché non ci troviamo tutti lì a cena mercoledì sera? Alle sette.” “D’accordo,” disse tetramente Agatha. “Penso che possa andare,” disse George con una palese mancanza di entusiasmo.

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Lo staff di Agatha, che comprendeva gli investigatori Phil Witherspoon, Patrick Mulligan e la giovane Toni Gilmour, più la segretaria, la signora Freedman, scoprì che l’abituale riunione del lunedì mattina era stata cancellata. “Voi andate avanti con quello che stavate facendo,” disse Agatha. “Io ho da promuovere la festa benefica di una parrocchia.” Toni era mogia. Le avevano affidato un altro caso di divorzio e lei quei casi li detestava. Però indugiò in ufficio, affascinata dallo spettacolo di Agatha Raisin attaccata al telefono in piena modalità bulla. “Sì, credo che dovreste mandare un cronista. Stiamo conducendo una campagna a favore del cibo genuino. Buoni prodotti del villaggio, basta con le porcherie della grande distribuzione. E vi posso promettere fin d’ora una sorpresa. Sì, sono proprio io, Agatha Raisin. No, niente omicidi, ah, ah. Mandate un cronista e stop.” La chiamata successiva. “Vorrei parlare con Betsy Wilson.” Toni rimase impietrita. Betsy Wilson era una famosa cantante pop. “Ditele che è Agatha Raisin. Ciao, Betsy carissima, ti ricordi di me? Vorrei che tu mi inaugurassi una festa di villaggio, sabato prossimo. Lo so che hai un calendario fitto di impegni, ma so anche che hai un intervallo tra un’esibizione e l’altra. Ci sarà tutta la stampa. Gioverà alla tua immagine. Farà un po’ signora altolocata. Un cappellone, un abito svolazzante, carina… avanti, ragazza mia, quando avrò finito di occuparmi di te sarai fidanzata con il principe William. Sì, forza, tu vieni, io vedo se riesco a fare arrivare il principe.” Agatha proseguì nella sua carica, intimò a Betsy di presentarsi per le due del pomeriggio e le fornì le indicazioni stradali per Comfrey Magna. 9


“Non è certo un genio,” borbottò Agatha, “però almeno verrà.” “Ma Betsy è famosa!” boccheggiò Toni. “Perché dovrebbe sentirsi in dovere di venire?” “La sua carriera stava andando a rotoli dopo quel festino a base di droghe,” disse Agatha. “Io ho lavorato per lei come freelance e l’ho rilanciata.” Riprese il telefono. “È la redazione? Lasciate perdere la faccenda del cibo genuino. Ho una storia migliore. Ad aprire la festa sarà Betsy Wilson. Sì. Pensavo che questo vi avrebbe fatto drizzare le antenne.” Toni aspettò che Agatha finisse la telefonata e chiese: “Ma davvero è in grado di portare a Comfrey il principe William?”. “Ovviamente no, ma quella deficiente mi ritiene capace di tutto.” Quel mercoledì sera a cena, l’unica che accolse con gioia la notizia portata da Agatha, ovvero che Betsy Wilson avrebbe inaugurato la festa, fu Trixie Chance. George Selby disse nervosamente: “Ma il villaggio verrà invaso da ragazzotti e giornalisti. Sarà un disastro”. Agatha fu colta dal panico. A quel punto sapeva che sarebbe arrivata la stampa nazionale, oltre a quella locale. “Ci sono,” disse. “Padre, lei aprirà la festa con una preghiera. Si procuri un buon sistema di amplificazione. Pensi alle dimensioni della congregazione. Io convincerò Betsy a cantare Amazing Grace. Questo darà il giusto tono alla festa.” Al pastore brillarono gli occhi. “Oh, sì, adesso me la vedo bene,” disse, giungendo le mani come in preghiera. “Sì, me la vedo bene anch’io questa situazione,” disse George. “Caos e spazzatura ovunque.” 10


Trixie gli diede una strizzatina al braccio. “Oh, Georgy Porgy, non fare l’orsone. La Piccola Trixie è tutta tutta emozionatina.” Ma questa è alta quasi un metro e ottanta, pensò acidamente Agatha, e la gente che parla di sé in terza persona è sempre un peso mortale. “Sarà fantastico,” disse Agatha. “Finalmente tutti sapranno dell’esistenza di Comfrey Magna!” Si chiese, intanto, come riuscire a organizzare una serata a tu per tu con George. Non devo sembrare troppo bisognosa di affetto. Gli uomini riescono ad annusare il bisogno a due continenti di distanza. Durante la cena George tentò invano di opporsi alla venuta della popstar. Il pastore e la moglie erano troppo eccitati per dargli retta. Ma peggio ancora, George stava cominciando a guardare Agatha con un’espressione, in quegli occhi verdi come l’erba, simile al disgusto. Si protese attraverso il tavolo, interrompendo i piani entusiastici del pastore e annunciò freddamente: “Ho deciso di non partecipare, in realtà non mi va”. “Ma George,” piagnucolò Trixie, “facevamo assegnamento su di te per i tendoni e cose simili.” “Sono certo che l’efficientissima signora Raisin possa prendere il mio posto. Avevo offerto il mio contributo solo perché Sant’Odo è una bella chiesa e la festa era l’unico modo per raccogliere i fondi necessari per il restauro, e per mandare anche un po’ di soldi a qualche ente benefico.” “Mi stia a sentire,” disse Agatha, in preda al panico perché lo splendido George sembrava avviato a sparire oltre il piatto orizzonte della sua vita priva di uomini, “questa è 11


un’idea che vi farà guadagnare tanti di quei soldi che potreste costruirci una cattedrale. E il prezzo da pagare sarà un solo giorno di caos. Mettete delle barriere sulle due strade che portano nel villaggio. Fate pagare cinque sterline a testa per l’ingresso. A un paio di contadini chiedete il permesso di allestire parcheggi volanti nei campi. Non avete scout, ragazzi o ragazze, nel villaggio?” “Sì, li abbiamo,” disse il pastore. “Costringeteli a lavorare come parcheggiatori e pescate, pescate a strascico, avete per le mani una fortuna.” Seguì un silenzio stupefatto. Il pastore aveva la faccia di uno al quale avessero appena donato il Santo Graal. George fece un sorrisetto poco convinto. “Immagino che potrebbe funzionare. Non abbiamo molto tempo.” “Convocate una riunione di emergenza nella sala comunale, per domani sera,” si affrettò a dire Agatha. “Non ci restano che pochi giorni,” li ammonì George. “Ce la possiamo fare,” disse Agatha. “So che possiamo.” “E come la mettiamo con le folle che verranno? Dovremo avvisare la polizia.” Agatha tremò al pensiero della reazione dell’amico Bill Wong, sergente di polizia. “Ci penso io,” disse, “e chiamerò una società di sorveglianza, che ci pattugli l’area.” “Lei è un angelo,” disse estasiato il pastore. Però George non era ancora tranquillo. “Sento che da questa cosa non uscirà nulla di buono,” disse. La cena terminò alle otto perché il pastore amava cenare e andare a letto presto. Agatha lanciò un’occhiata carica di desiderio alla schiena ben vestita di George, mentre questi si allontanava per tornare alla macchina. Doveva scoprire qualcosa di più sul 12


suo conto. La signora Bloxby certamente aveva qualche informazione in proposito. Quella sera stessa, più tardi, la signora Bloxby ascoltò allarmata i piani di Agatha. Capì che l’amica era già partita come un bulldozer e quindi era ormai inutile tentare di opporsi. E quando Agatha se ne andò con un commento sull’incredibile bellezza della primavera dei Cotswolds, la signora Bloxby soffocò un sospiro. Sentiva che la percezione della bellezza, da parte di Agatha, aveva una base ormonale. Se solo non avesse visto quel bell’uomo nel camposanto. Ormai la moglie del pastore conosceva bene l’amica. Agatha era a caccia di un’altra ossessione, e per l’intera durata di questa i Cotswolds sarebbero stati belli e ogni canzoncina pop avrebbe avuto un significato particolare. Agatha il venerdì sera ricevette la visita di un arrabbiatissimo Bill Wong. “Avresti potuto informarmi prima sui tuoi piani,” si lagnò, “e io avrei fatto di tutto per fermarti. Betsy Wilson! Pessima scelta, tanto valeva chiamare Céline Dion, per l’occasione.” Si rabbonì appena un pochino solo quando Agatha gli comunicò di aver ingaggiato una società che si occupava di sicurezza e che le aveva garantito una presenza massiccia sul territorio. Bill era il prodotto dell’incontro tra un padre cinese e una madre del Gloucestershire. Aveva ereditato gli occhi a mandorla del padre, quegli occhi con i quali adesso stava scrutando Agatha con sospetto. “Chi è lui?” le chiese. “Lui? Lui chi?” “Ti sei invaghita di qualcuno.” “Bill, per una volta non puoi semplicemente pensare bene di me? Lo sto facendo per beneficenza.” 13


“Se lo dici tu. Sabato ci sarò anch’io.” “Come va la tua vita amorosa?” contrattaccò Agatha. “Stai ancora con la mia giovane investigatrice, Toni Gilmour?” “Usciamo insieme quando riusciamo entrambi a trovare un po’ di tempo libero, però…” “Però cosa?” “Senti, Agatha, potresti cercare di scoprire cosa pensa Toni di me? È molto affettuosa e mi vuole bene, ma non vedo scintille, non c’è traccia di passione. A papà e mamma piace molto.” Agatha lo scrutò con occhio tagliente. “Sai, Bill, non puoi stare con una ragazza solo perché piace a tua madre e a tuo padre. Tu la desideri?” “Non mettermi in imbarazzo.” “D’accordo. Scoprirò che intenzioni ha Toni.” “Meglio che vada. Ci vediamo domani.” Agatha, che era seduta su una seggiola della cucina, si alzò con un unico movimento fluido per accompagnarlo alla porta. “Ti hanno messo una protesi all’anca!” esclamò Bill. “Ma che sciocchezze. Non era artrosi, sai? Era un semplice strappo muscolare.” Agatha non aveva intenzione di rivelare a Bill di aver pagato mille sterline al Nuffield Hospital di Cheltenham per un’infiltrazione nell’anca. Il chirurgo l’aveva avvisata che di lì a poco avrebbe dovuto comunque sottoporsi all’intervento di ricostruzione, ma adesso, libera dal dolore, Agatha dimenticò le parole del medico. L’artrosi era una roba da vecchi. Lei era certa di aver sofferto di uno stiramento muscolare. George Selby fu costretto ad ammettere tra sé e sé che 14


la giornata sembrava avviata al successo. Betsy Wilson era una cantante pop particolare, che riusciva a piacere alle famiglie, e non solo ai ragazzini. E gli toccò anche ammettere che, se non fosse arrivata Betsy a dare il via alla festa del villaggio, i partecipanti sarebbero stati ben pochi. Lo zenith della festa di quell’anno era l’assaggio delle marmellate casalinghe, alla ricerca del vincitore. Furono distribuiti sui tavoli piattini di conserve, e la gente assaggiava e poi infilava nell’urna un biglietto con l’indicazione della marmellata preferita. Sulla bellezza della primavera campestre splendeva il sole dall’alto di un cielo completamente sgombro di nubi. L’inizio della stagione era stato freddo e umido, e adesso con il caldo improvviso e il bel tempo sembrava che tutto fosse fiorito in un botto: ciliegi e lillà, glicine e biancospino e poi il tripudio di alberi da frutto negli orti del villaggio. Betsy Wilson, in un abito leggero con un motivo di rose, fece un breve discorso, giunse le mani ed eseguì il suo ultimo successo, Every Other Sunday. Era una ballata incalzante. La sua voce giovane e limpida volò sopra le colline dei Cotswolds. Ammutolirono perfino i coriacei rappresentanti della stampa. Cantò poi altre due ballate, concluse con Amazing Grace, e alla fine la sua guardia del corpo personale la spinse dentro una limousine. La band che l’aveva accompagnata raccolse i propri strumenti e se ne andò, rimpiazzata dalla banda del villaggio. Poi Toni, che era insieme ad Agatha, le tirò la manica e disse: “È strano”. “Che cosa è strano?” chiese Agatha. “Guardi, tutti quegli adolescenti in fila fuori dal tendone delle marmellate.” 15


“Davvero? Se avessi saputo che l’evento sarebbe stato così popolare, avrei fatto pagare un biglietto d’ingresso in più.” “Non è che qualcuno sta spacciando droga, lì dentro?” disse Toni. “Perché?” “Alcuni di quelli che escono sembrano fatti.” Agatha stava per avviarsi verso la tenda quando sentì venire dalla parte della chiesa urla e trambusto. La gente stava indicando verso l’alto. In cima allo squadrato campanile normanno c’era una donna in piedi con le braccia tese in fuori. Mentre Agatha correva verso la chiesa, con Toni a ruota, sentì qualcuno che diceva: “È la vecchia signora Andrews. Ha farfugliato qualcosa sul fatto di essere capace di volare”. Agatha vide George entrare di corsa nella chiesa e lo inseguì, inseguita a sua volta da Toni. George sparì attraverso una porta in fondo alla chiesa, verso le scale che portavano al campanile. Agatha le salì di corsa, annaspando e ansimando sempre di più. Uscì barcollando sul tetto. La signora Andrews era in piedi sul parapetto. “Sono capace di volare,” disse. “Proprio come Superman.” George si tuffò verso di lei, ma troppo tardi. Con una strana risatina, la signora Andrews s’involò nello spazio. George, Agatha e Toni si affacciarono allungando il collo oltre il parapetto. La signora Andrews si era schiantata sulla lapide di una tomba, dalla testa si allargava una pozza di sangue scuro. George era pallidissimo. “Che cosa diavolo le è preso? Era una donna perfettamente sana di mente.” “La marmellata,” disse Toni all’improvviso. “Credo che qualcuno abbia messo qualcosa nella marmellata.” 16


“Scendi subito,” disse Agatha, “e di’ alla sicurezza di bloccare l’accesso a quella maledetta tenda.” Stava per precipitarsi a ruota dietro Toni quando George l’afferrò per un braccio. “Cosa è questa storia della marmellata?” “Toni ha notato che c’erano un sacco di adolescenti in coda fuori dal tendone, e che poi uscivano con l’aria fatta. Devo scendere, devo andare lì.” Quando arrivarono davanti alla chiesa, venne loro incontro una donna sconvolta. “Chiamate un’ambulanza. L’anziana signora Jessop si è buttata nel fiume.” La polizia stava cominciando a gridare nei megafoni che tutti avrebbero dovuto restare esattamente dove erano finché non fossero stati interrogati. “Sono migliaia,” ansimò Toni. “Ho detto a Bill che c’era qualcosa che non andava in quella marmellata.”

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Estratto da: M.C. Beaton, Agatha Raisin e una cucchiaiata di veleno Titolo originale dell’opera: Agatha Raisin and a Spoonful of Poison Traduzione dall’inglese di Marina Morpurgo © 2008 by M.C. Beaton © 2017 astoria srl corso C. Colombo 11 – 20144 Milano Prima edizione: novembre 2017 ISBN 978-88-98713-83-7 In copertina: illustrazione di Alice Tait Progetto grafico: zevilhéritier

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