Storia della Pace

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Secondo Fornero "la virtù per Spinoza non è altro che “l’agire secondo le leggi della propria natura” (così scrive nell’“Etica”) e quindi l’uomo saggio è colui che diviene cosciente di sé e che esercita la virtù del “benvivere” la quale parte da un cosciente sforzo di autoconservazione e si concretizza in una retta considerazione dell’utile, ossia in un calcolo intelligente circa ciò che si deve fare o meno in vista della migliore sopravvivenza possibile". 243 Il razionalismo di Spinoza è quindi un ritorno dell’uomo alle leggi della propria natura. Poiché la natura è ordinata secondo razionalità, l’agire secondo le leggi della propria natura non comporta il caos e la guerra di tutti contro tutti (come sosteneva Hobbes) ma la scoperta di una razionalità dell’etica per cui la virtù è un insieme di azioni per la libertà e contro la schiavitù dell’uomo, per la felicità e contro tutto ciò che nega all’uomo la letizia, la gaiezza. Pertanto Spinoza combatte contro la tristezza, l’odio, la superbia e il timore della morte, tanto che giunge a scrivere nell’Etica: “L’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte e la sua sapienza è una meditazione non della morte, ma della vita”.

Uno Stato impegnato per la pace Il diritto dello Stato deve conformarsi a razionalità e al riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo, in primo luogo la sicurezza della vita e quindi la pace. Lo Stato deve dunque sottomettersi ai principi di quella razionalità che ne è la legge fondamentale di base. Scrive a questo proposito Fornero: “E poiché il fine dello Stato è la pace e la sicurezza della vita, così la legge fondamentale che limita la legge dello Stato deriva da questa sua intrinseca finalità, senza la quale esso viene meno allo scopo per il quale è sorto, cioè alla sua stessa natura”. 244 La razionalità di Spinoza vuole essere perciò una garanzia della pace intesa come ordine per la conservazione della vita, della felicità e della libertà degli uomini.

Scomunicato, esecrato e maledetto Quanto Spinoza amasse la libertà lo si può comprendere dalla scomunica ricevuta dalla Comunità israelitica di Amsterdam che nel 1656, a soli 24 anni, lo espulse per “eresie pratiche e insegnate”: “Con giudizio degli angeli e la sentenza dei santi – si legge nella “maledizione” – noi dichiariamo Baruch de Espinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l’assenso di tutta la sacra comunità, al cospetto dei libri sacri, nei quali sono scritti i seicento e trenta precetti, pronunciando contro di lui la maledizione con cui Eliseo colpì i fanciulli e tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge”. 245 Spinoza seppe e volle portare nel campo dell’etica quella razionalità che invece Cartesio aveva limitato al campo della conoscenza scientifica per evitare le ire del potere (infatti elaborò una “morale provvisoria”). Ciò nonostante – come Spinoza – anche Cartesio amava la pace ed espresse parole insolitamente taglienti contro i sostenitori della guerra: “Chi vede come noi uomini siamo fatti e pensa che la guerra è bella o che valga più della pace è storpio di mente".

Il diritto internazionale moderno tra pace e guerra

Ugo Grozio e il diritto di guerra

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Cfr. Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Itinerari di Filosofia. Dall’Umanesimo all’empirismo, vol. 2A, Paravia, Torino 2003, p. 277 Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Itinerari di Filosofia. Dall’Umanesimo all’empirismo, vol. 2A, Paravia, Torino 2003, p. 273 245 Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Itinerari di Filosofia. Dall’Umanesimo all’empirismo, vol. 2A, Paravia, Torino 2003, p. 255 244

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