Asia Valencic
Asia Valencic
Public outdoor design interventi per la rivendicazione dello spazio urbano
Public outdoor design - Interventi per la rivendicazione dello spazio urbano
in copertina: SUPERSTUDIO, Supersuperficie 1972
Public outdoor design interventi per la rivendicazione dello spazio urbano
Studente Asia Valencic Matricola n째 1045 Relatore Marco Ferrari Tesi di Diploma Accademico di Primo Livello a.a. 2013/2014 Composto in Effra e Titillium Stampato a Trieste nel mese di giugno 2014
Siré, io sono di un altro paese. In città, senza più tempio del sole, noi ci annoiamo. Ivan Chtcheglov La rivoluzione della nostra epoca sarà urbana o non sarà nulla Henri Lefebvre
Questa tesi si propone come archivio e strumento per la comprensione delle dinamiche sociali, politiche ed ambientali che si sviluppano all’interno dello spazio pubblico e collettivo della città. Attraverso l’analisi di più di un secolo di sperimentazioni in questo senso, si cerca di sintetizzare un metodo per la progettazione e la pianificazione di interventi urbani creativi. Tali interventi si scostano dalla definizione tipica data all’architettura in quanto, oltre ad operare attraverso canali comunicativi diversi, essi non vengono forzatamente assoggettati al potere economico, politico e legislativo. Queste espressioni danno voce alla rivendicazione dello spazio comune e si pongono come obbiettivo quello di trasmettere concetti quali il senso d’appartenenza, il dibattito aperto e la collaborazione. Il volume si compone di un prima parte introduttiva all’indagine e di un seconda che raccoglie una ragionata selezione di esempi organizzati in senso cronologico. Le categorie presentate sono varie e fanno riferimento a campi e discipline dalla comunicazione visiva alla teoria dell’architettura. Per analizzare espressioni così diverse, è stato utilizzato un metodo ispirato alle indagini di Kevin Lynch e Christopher Alexander, basato sulla figurabilità dello spazio e sulla progettazione per schemi ricorrenti. Ogni sezione viene accompagnata da un apparato iconografico e didascalico in grado di integrare i contenuti e illustrare le argomentazioni dei vari testi. La forma finale appare dunque come quella di un manuale che prova a ricostruire la fenomenologia di una pratica progettuale dai confini ancora poco definiti.
DEFINIRE LO SPAZIO PUBBLICO Cosa si intende per spazio pubblico? È importante definire i confini di tale concetto, per capire quali siano le sue potenzialità e i suoi limiti. Ogni ambiente costruito, ogni città, rappresenta un luogo di scambio tra individui, un habitat dove l’essere umano esprime se stesso e opera nella collettività. Lo spazio pubblico è contemporaneamente spazio fisico e spazio sociale, questi rappresentano due aspetti inscindibili, venendone a mancare uno, non si potrebbe più realmente parlare di ambiente come pubblico.
Lo spazio pubblico è un concetto giuridico: uno spazio sottomesso ad una regolamentazione specifica da parte dell’amministrazione pubblica proprietaria o che ha la facoltà di dominio sul suolo e che garantisce l’accessibilità a tutti, fissando le condizioni del suo utilizzo e delle attività. Lo spazio pubblico ha anche una dimensione socioculturale. È un luogo di relazione e di identificazione, di contatto fra le persone, di animazione urbana, a volte di espressione comunitaria. La dinamica propria della città ed i comportamenti dei suoi abitanti possono creare spazi pubblici che giuridicamente non lo sono, o che non erano previsti come tali, aperti o chiusi, di passaggio o a cui si deve giungere […]. In tutti questi casi, ciò che definisce la natura dello spazio pubblico è l’uso e non tanto lo statuto giuridico.¹ La definizione che ne dà il geografo-urbanista Jordi Borja ci indica come lo spazio pubblico sia effettivamente sottomesso e regolamentato dall’alto ancorché la sua essenza sia rintracciabile nell’uso da parte di un pubblico. Quando uno spazio viene completamente
¹ Jordi Borja, Cittadinanza e spazio pubblico, Cuadernos CCCB, Barcelona 1998
INTRODUZIONE DEFINIRE LO SPAZIO PUBBLICO
II
svuotato dal predominio del sistema capitalistico, che vede l’individuo come consumatore di servizi, il cittadino diviene utente. Esso si definisce attraverso il diritto all’uso, ossia il diritto democratico per eccellenza al di fuori di ogni operazione di inquadramento. Il diritto d’uso è comunità ². Senza quest’ultimo infatti il significato intrinseco del luogo si perderebbe.
FIGURABILITÀ DELLO SPAZIO L’aspetto centrale in questa indagine riguarda l’immagine d’ambiente, ovvero quali fattori dello spazio fisico entrano in comunicazione con l’esterno e definiscono percettivamente uno spazio e la sua funzione. Il concetto nasce in seno all’Internazionale Situazionista, quando il gruppo di intellettuali attraverso metodologie sperimentali come la pratica della deriva, giunsero a ridefinire la geografia urbana di Parigi. Questa pratica portava a percepire l’inconscio della città, che si attuava attraverso l’atto estetico del camminare. La scelta degli itinerari era dettata dall’influenza inconscia che lo spazio costruito suscitava nell’individuo. I vari caratteri, propri dell’ambiente urbano vennero definiti unité d’ambience e studiate sotto la disciplina della psicogeografia. Contemporaneamente negli Stati Uniti, il sociologo tedesco Kurt Lewin approfondiva la sua teoria del campo, secondo cui ogni individuo viene influenzato dall’ambiente circostante e assume un determinato comportamento in relazione ad esso. Gli spazi collettivi, in quest’ottica potrebbero rappresentare l’inconscio sociale 2 comportando un livello di comunicazione basato sull’esperienza e sulla significazione simbolica dello spazio:
Noi abbiamo la possibilità di conformare il nostro nuovo mondo urbano in un paesaggio figurativo: visibile,
² Michel Foucault, Spazi Altri: i luoghi delle eterotopie. Mimesis edizioni, Milano 2001, cit. p. 51, cit. p. 42.
INTRODUZIONE FIGURABILITÀ DELLO SPAZIO
III
coerente e chiaro.Ciò richiederà un atteggiamento nuovo da parte del cittadino e una configurazione del suo ambiente in forme che attraggano lo sguardo e che si organizzino da livello nel tempo e nello spazio, che costituiscano come simboli per la vita umana. 3 A PATTERN LANGUAGE Il manuale si pone come obiettivo quello di fornire uno strumento utile per lo studio e la comprensione della semantica visiva propria degli interventi raccolti. Per creare una metodologia coerente in grado di abbracciare un secolo di sperimentazioni è stato indispensabile affidarsi ad un metodo che non fosse troppo rigido o caratterizzato, ma che al contrario fosse flessibile e potesse permeare nelle diverse discipline in maniera sempre efficace e pertinente. A questo proposito ho preso a prestito la struttura d’analisi proposta da Christopher Alexander, che vede come centrale il ruolo del pattern all’interno delle dinamiche sulla progettazione dello spazio.
It is shown there, that towns and buildings will not be able to become alive, unless they are made by all the people in society, and unless these people share a common pattern language within which to make these buildings, and unless this common pattern language is alive itself. This language is extremely pratical […]. In short, no pattern is an isolated entity. Each pattern can exist in the world, only to the extent that is supported by other patterns. the larger patterns in which it is embedded,the patterns of the same size that surround 3 Kevin Lynch, L’immagine della città, Marsilio Editore, Venezia 2006, cit. p. 33
INTRODUZIONE A PATTERN LANGUAGE
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it, and the smaller patterns which are embedded in it. This is fundamental view of the world. It says that when you build a thing you cannot merely build that thing in isolation, but must also repair the world around it , and within it, so that the larger world at that one place becomes more coherent, and more whole, and the thing which you make takes its place in the web of nature, as you make it. 4 In A Pattern Language il pattern è considerato un archetipo che costituisce la soluzione ad un problema rilevante o ricorrente nell’habitat. Poiché per definizione nessun pattern è isolato, molti pattern costituiscono una struttura (la prima definizione che viene fornita di pattern è “relazione”). Sono molti i principi che Alexander pone alla base di tale struttura e del suo utilizzo: partecipazione, processo di crescita per parti, ordine organico, diagnosi e coordinazione, sono quelli fondamentali. La progettazione dell’ambiente secondo questo autore è una questione che deve interessare tutti gli abitanti e che si sviluppa solo attraverso la collaborazione e il dialogo. Come una lingua, la struttura dei pattern diventa patrimonio comune delle persone che la condividono e, in quanto tali, i contenuti della lingua, cioè i pattern, possono essere adattati al cambiamento dei contesti fisici, tecnologici, comportamentali e così via.
CATEGORIE E STRUTTURA D’ANALISI Le modalità d’analisi adottate si organizzano intorno agli elementi dell’immagine della città forniti da Lynch (riferimento, nodo e quartiere) e al modello progettuale per pattern, identificato da Alexander. Tale combinazione nasce dalla volontà di catalogare gli esempi attraverso un metodo che, da una parte ne identifichi la figurabilità all’interno dell’ambiente e che dall’altra ne delimiti le
4 Christofer Alexander, A pattern language, Oxford University press, New York, 1977, cit. p. 10
INTRODUZIONE CATEGORIE E STRUTTURA D’ANALISI
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funzioni in relazione al campo specifico d’intervento. Queste funzioni si definiscono in rapporto alle tipologie di contesto e agli obbiettivi fissati dai designers in sede di sviluppo, e sono rispettivamente di tipo: ricreativo, espositivo, riqualificativo, abitativo, verde pubblico, appropriazione e di percorso. Così facendo è possibile scorgere le similitudini e le differenze nell’ iter progettuale di autori che operano in panorami culturali e sociali anche molto lontani tra loro per problematiche e necessità collettive. Addentrandoci nello studio di queste espressioni urbane e procedendo in senso cronologico, ad un tratto risultano evidenti le connessioni teoriche, e i modelli ricorrenti che si strutturano in condizioni prestabilite.
FORMA DELL’INDAGINE: IL MANUALE La forma che è stata scelta per veicolare questo contenuto è quella del manuale, ovvero un oggetto capace di fornire un metodo d’indagine sintetizzato attraverso il segno grafico. Oltre ad investigare attraverso la storiografia la connessione tra i diversi periodi teorici e stilistici del 900, il concetto su cui è stato fondato il progetto viene espresso visivamente grazie ad un set di icone per la comprensione delle categorie a cui l’autore o l’opera particolare fa riferimento. Il volume procede per inserti indipendenti disposti in ordine cronologico. Tale scelta è stata operata per conferire linearità al contenuto, ciò nonostante idealmente ogni sezione può esser disposta altrimenti: è possibile seguire metodi organizzativi che combinano fattori diversi, ad esempio la carriera personale di un autore può offrire spunti per rintracciare basi teoriche comuni ad altri progettisti. Il progetto grafico sviluppato per questa tesi trae ispirazione dagli atlanti di Joost Grootens e dai volumi dello studio giapponese Atelier Bow Wow. L’intento è stato quello di prendere i codici visivi usati per la visualizzazione dati di Grootens e combinarli con la rappresentazione architettonica propria dei progetti di Tsukamoto e Kaijima in modo da creare un linguaggio grafico
INTRODUZIONE FORMA DELL’INDAGINE: IL MANUALE
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semplice e fortemente esplicativo al contempo. Ogni sezione si apre con una breve introduzione testuale che descrive le fasi salienti della progettazione e della realizzazione dell’intervento. Successivamente si accede alle schede analittiche, che si sviluppano partendo dalla localizzazione. La prima scheda è composta da una mappa satellitare che visualizza il sito e le vicinanze più prossime, integrata dalle coordinate geografiche che ne definiscono la posizione in maniera univoca. Questa parte viene arricchita da un’apparato di icone che ne definiscono la distanza partendo dal centro città e l’immagine ambientale. Nella pagina a fianco viene collocata una bussola indicante il grado di accessibilità e un riquadro contenente un paralellogramma che sintetizza la dimensione in m2 comparato agli esempi precedenti. Il paralellogramma preso in considerazione è evidenziato dalla texture che ne circoscrive la funzione e la tipologia. Procedendo avanti il volume presenta una parte dedicata alla descrizione dell’intervento attraverso disegni esplicativi corredati da didascalie d’approfondimento. Questi disegni vengono utilizzati per rendere chiari alcuni aspetti del progetto analizzato, come le proporzioni o il contesto ambientale, integrando così l’apparato iconografico. La sezione che segue rappresenta uno zoom in sul periodo d’attività del progettista, ampliando la linea temporale interessata e proponendo collegamenti ipertestuali che rimandano alle sperimentazioni coeve presenti nel catalogo. Tale ricerca risulta utile per inquadrare l’opera all’interno dell’esperienza artistica dell’autore e per comprendere le dinamiche proprie del periodo storico in cui ha operato. Il capitolo si conclude con l’apparato iconografico; immagini fotografiche utili a fissare l’idea e la sostanza del progetto completandone la spiegazione. All’interno del volume sono inoltre presenti delle sezioni dedicate a correnti artistiche e movimenti ideologici, indispensabili per contestualizzare gli interventi in un panorama teorico ricco come quello del XX secolo. Questi parti sono state trattate in maniera lievemente diversa, dando più spazio alla parte testuale introduttiva e riservando degli inserti speciali dedicati alle pubblicazioni che hanno permesso e garantito il diffondersi di suddette teorie.
INTRODUZIONE FORMA DELL’INDAGINE: IL MANUALE
VII
VIII
Graphical abstract
IX
Montréal, Canada Quartier des Spectacles, Ruedi Baur (p.127)
New York, Stati Uniti Happening, Courty yard Allan Kaprow (p. 29) New York, Stati Uniti New York City Waterfalls Olafur Eliasson (p.137) New York, Stati Uniti Spacebuster Raumlabor (p.157) New York, Stati Uniti Occupy Wall St. (p. 187)
Londra, Regno Unito Redball project, Kurt Perschke (p. 107)
Parigi, Francia Parc de la Vilette Bernard Tschumi (p. 67) Parigi, Francia Pont Neuf Wrapped Christo e Jeanne-claude (p. 77)
Guimãraes, Portogallo Isto é uma Praça! Esterni (p. 195)
Amsterdam, Paesi Bassi City eye Dus Architects (p. 147) Eindhoven, Paesi Bassi Urban echo Lust lab (p.167)
Geolocalizzazione Gli interventi presi in esame in questo volume fanno riferimento ad un panorama internazionale che presenta situazioni sociali e culturali molto diverse tra loro. La mappa sottostante riporta la localizzazione complessiva di tutti gli esempi citati nella raccolta.
Cologna, Germania Glass pavilion Bruno Taut (p. 1)
Hannover, Germania Merzbau Kurt Schwitters (p. 11)
Graz, Austria Mur Island Vito Acconci (p. 117)
Como, Italia Campo Urbano (p. 47) Volterra, Italia Volterra ‘73 (p. 57)
Pescara, Italia Porta del mare Franco Summa (p. 87) Caltagirone, Italia Parco lineare Marco Navarra (p. 97)
Bat-Yam, Israele 72 hour urban action G. Karjevsky, K. Halbrecht (p. 177)
Auckland, Nuova Zelanda Stairway cinema Oh.no.sumo. (p 205)
Timeline Gli interventi considerati si inseriscono in poco piĂš di un secolo di sperimentazioni. Ăˆ stato fondamentale ai fini della ricerca organizzare cronologicamente le varie pratiche per definirne le origini teoriche e circoscriverne gli sviluppi.
1900
1910
1914 Glass pavilion Bruno Taut (p. 1)
1940
1962 Happening, Courty yard Allan Kaprow (p. 29)
1969 Campo Urbano (p. 47)
1973 Volterra ‘73 (p. 57)
1970
1993 Porta del mare Franco Summa (p. 87)
1999 Parco lineare Marco Navarra (p. 97)
2001 Redball project Kurt Perschke (p. 107)
2000
2003 Mur island Vito Acconci (p. 117)
2005 Quartier des Spectacles Ruedi Baur (p. 127)
1920
1923 Merzbau Kurt Schwitters (p. 11)
1957 Internazionale Situazionista (p. 21)
1950
1980
2008 City eye Dus Architects (p. 147)
1984 Parc de la Vilette Bernard Tschumi (p. 67)
2010 72 hour urban action (p. 177)
2008 Waterfalls Olafur Eliasson (p. 137) 2009 Spacebuster Raumlabor (p. 157)
2010 Urban echo Lust lab (p. 167
2010
1930
2011 Occupy Wall St. (p. 187)
1985 Pont Neuf Wrapped Christo e Jeanne-claude (p. 77)
2012 Stairway cinema Oh.no.sumo (p. 205) 2012 Isto Ê uma Praça Esterni (p. 195)
1960
1990
Immagine ambientale Tutti i progetti raccolti in questo volume sono identificati attraverso un immagine ambientale, che ne definisce gli aspetti distintivi all’interno del tessuto urbano cittadino.
Quartiere
Riferimento Sono elementi utilizzati come indizi di identità, visibili da una pluralità di angolazioni e di distanze.
Sono zone della città, concepite come dotate di un’estensione bidimensionale in cui l’osservatore entra mentalmente “dentro”.
Campo Urbano (p. 47) Glass pavilion Bruno Taut (p. 1)
Nodo attività Sono elementi che costituiscono un momento di scambio e di partecipazione
Parc de la Vilette Bernard Tschumi (p. 67)
Parco lineare Marco Navarra (p. 97)
Merzbau Kurt Schwitters (p. 11)
Volterra ‘73 (p. 57)
Happening, Courty yard Allan Kaprow (p. 29)
Mur island Vito Acconci (p. 117)
Redball project Kurt Perschke (p. 107)
72 hour urban action (p. 177)
Urban echo Lust lab (p. 167 Pont Neuf Wrapped Christo e Jeanne-claude (p. 77)
City eye Dus Architects (p. 147) Quartier des Spectacles Ruedi Baur (p. 127)
Waterfalls Olafur Eliasson (p. 137)
Spacebuster Raumlabor (p. 157)
Porta del mare Franco Summa (p. 87) Isto Ê uma Praça Esterni (p. 195)
Stairway cinema Oh.no.sumo (p. 205)
Spacebuster 80 m² (p. 157)
Tipologia e dimensione Ogni esempio contenuto nel catalogo differisce per dimensione e tipologia di intervento. Comparando le diverse esperienze è possibile scorgere similitudini e differenze che aiutano a comprendere le modalità che concorrono alla progettazione di uno spazio pubblico.
Parc de la Vilette 250.000 m² (p. 67)
Verde pubblico
Percorso
Riqualificativo
Waterfalls 100 m² (p. 137) Mur island 780 m² (p. 117)
Espositivo Isto é uma Praça 800 m² (p. 195)
Ricreativo
Abitativo
Appropriazione
72 h urban action 350.000 m² (p. 177)
Stairway cinema 8 m² (p. 205)
City eye 40 m² (p. 147)
Porta del mare 160 m² (p. 87) Glass pavilion 396 m² (p. 1)
Courty yard 114 m² (p. 29)
Merzbau 44 m² (p. 11)
Campo Urbano 450.000 m² (p. 47)
Volterra ‘73 350.000 m² (p. 57)
Pont Neuf Wrapped 238 m (p. 77)
Quartier des Spectacles 1.000.000 m² (p. 127)
Parco lineare 14 km (p. 97)
Distanza dal centro città Coordinate geografiche
New York, Stati Uniti Mills Hotel, Greenwich Village
Città, Stato
Via, Quartiere
Installazione temporanea Ottobre 1962
Durata intervento Data inizio e fine evento
ï 200 40°44’08. N 74°00’12.W
Immagine ambientale
ï partecipanti
vicinanze
altezza
corso d’acqua
centro storico
zona affari
zona residenziale
Immagine satellitare del sito e delle sue vicinanze
Struttura e impaginazione
aperto
privato
pubblico
Accessibilità
chiuso Glasshaus
396 m² Happening - Courty yard Evento artistico
riceativo - espositivo Cortile interno del Mills Hotel
114 m² Merzbau
44 m²
Interventi precendenti in senso cronologico
Dimensione in m²
Nome dell’intervento Catalogazione
tipologia d’intervento Spazio specifico
Dimensioni in m²
Indice 1914 Glass pavilion, Bruno Taut 1 1923 Merzbau, Kurt Schwitters
11
1957 Internazionale Situazionista
21
1962 Happening- Courty yard, Allan Kaprow
29
1965 Architettura radicale
39
1969 Campo Urbano, Caramel, Mulas, Munari
47
1973 Volterra ‘73, Mino Trafeli, Enrico Crispolti
57
1984 Parc de la Vilette, Bernard Tschumi
67
1985 Pont Neuf Wrapped, Christo e Jeanne-claude
77
1993 Monumenti urbano- La porta del mare, Franco Summa
87
1999 Parco lineare, Marco Navarra
97
2001 Redball project, Kurt Perschke
107
2003 Mur island, Vito Acconci
117
2005 Quartier des Spectacles, Ruedi Baur
127
2008 New York’s Waterfalls, Olafur Eliasson
137
2008 City eye, Dus architects
147
2009 Spacebuster, Raumlabor
157
2010 Urban echo, Lust lab
167
2010 72 hours urban action, Karjevsky, Halbrecht
177
2011 Occupy Wall street
187
2012 Isto é uma Praça!, Esterni
195
2012 Stairway cinema, Oh.no.sumo
205
1914
Bruno Taut Glass Pavilion La Glasshaus, detta anche Glass Pavilion, nasce commissionata dell’industria del vetro su progetto di Bruno Taut in occasione dell’esposizione del Deutscher Wekbund di Colonia nel 1914. La struttura era costruita in calcestruzzo su base circolare e rivestita interamente di vetro; esternamente la copertura era costituita da una cupola semovibile in questo materiale, dove dei prismi colorati che producevano con la luce solare, l’effetto di un grande cristallo. Internamente gli effetti di luce si proiettavano nella sala a sette gradoni, rivestita sulle pareti da mosaici di vetro colorato. Sul frontone del padiglione e sulle pareti interne compaiono riprodotti degli aforismi del celebre poeta e scrittore Paul Scheerbart ispiratore, con altri dell’architettura espressionista e mentore di Taut. Scheerbart si immaginava nei suoi romanzi, molto amati dagli espressionisti, una nuova civiltà, più elevata, in armonia con il cosmo:
«La nostra civiltà è in certo qual modo il prodotto della nostra architettura. Se vogliamo portare la nostra civiltà a un più alto livello, siamo costretti nel bene e nel male a trasformare la nostra architettura. E questo ci sarà possibile soltanto se riusciremo a eliminare dagli spazi in cui viviamo il loro carattere di chiusura»¹ Per far questo era necessario, secondo Scheerbart, costruire delle nuove architetture, aperte, che lasciavano penetrare la luce del sole, della luna e delle stelle, non solo dalle finestre ma anche dalle pareti. La Glasshaus, struttura simbolo di questa corrente, destinata alla sola esposizione, venne demolita subito dopo la fine della manifestazione.
¹ Paul Scheerbart, Architettura di vetro, Adelphi edizioni, 1984
P
1
Cologna, Germania Rheinpark Installazione temporanea 15 maggio- 8 Agosto 1914
isolato
14, 90 m
50°56’59. N 6°58’32. E
1914
BRUNO TAUT GLASS PAVILION
P
2
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Glass pavilion Padiglione espositivo
verde pubblico - espositivo Entrata ovest Rheinpark
396 m²
RHEINPARK COLOGNA, GERMANIA
P
3
1914
BRUNO TAUT GLASS PAVILION
P
4
Cupola La particolarità della struttura risiede nella sua sommità, strutturata a cupola e costituita da elementi romboidali in vetro colorato.
Sala dei gradoni All’interno del primo piano era una sala rivestita alle pareti da un mosaico di vetro. Il lucernario collegava questa sala al piano superiore creando un gioco di luce riflessa tra le pareti e la cascata d’acqua centrale.
RHEINPARK COLOGNA, GERMANIA
P
5
1.
2.
3.
1909
1909 È l’anno in cui Taut inizia la propria attività professionale dopo diversi anni d’apprendistato con Bruno Möhring e successivamente a Monaco con Theodor Fischer.
1914
1918
1914 Taut viene invitato a progettare il padiglione per l’industria vetraria in occasione dell’esposizione del Deutschen Werkbund di Colonia. 1917 Alpine Architektur, è uno dei libri più celebri di Taut, egli prospetta l’idea di una architettura fantastica, trasparente ed utopistica nella cornice alpina.
1. Ritratto di Bruno Taut, 1921
1920
1918 Taut diventa direttore della Arbeitsrat für Kunst e fonda la rivista Frühlicht. 1920 Taut pubblica il suo volume La dissoluzione delle città, la terra come buona abitazione. In questo libro viene espressa la sua ideologia anti urbana accompagnata da tavole dal segno fortemente espressionista.
3. B. TAUT, Schizzo della vallata delle Alpi Pennine, pagina interna del volume Alpine Architektur, 1917
2. Paul Scheerbart e Bruno Taut (sulla sinistra), Glass Pavilion, 1914
1914
BRUNO TAUT GLASS PAVILION
P
6
4.
5.
1924
1932 1933
1938
1932 Viene nominato direttore dei programmi residenziali della GEHAG a Berlino.
1938 In quest’ultimo periodo è poco operativo, ma molto produttivo dal punto di vista teorico, dal 1936 insegna all’accademia di belle arti di Istanbul. Si spegne ad Istanbul due anni più tardi, all’età di 58 anni.
1923 Kurt Schwitters, Merzbau p. 11
1924 Taut viene impegnato Magdeburgo, dove progetta alloggi popolari oltre ad intraprendere iniziative quali la Magdeburgo colorata, operazione di rinnovamento urbano che sfrutta la ricoloritura delle facciate, affidandole ad artisti.
1933 È costretto a scappare in Giappone in quanto ricercato politico nella Germania nazista. Resterà in oriente per tre anni prima di trasferirsi in Turchia.
4. Prima di copertina della rivista Fruhlicht, numero 7, disegno di Bruno Taut, Idea per una casa nel cielo, 1920
5. Copertina dalla raccolta dei scritti di Taut in Giappone, Ich liebe die Japanische Kultur, edizioni Gebrüder Mann Verlag, 2003
RHEINPARK COLOGNA, GERMANIA
P
7
6.
6. B. TAUT, Glass Pavilion, dettaglio dell’interno, scale e cascata, Rheinpark Colonia, opera distrutta, 1914. 7. B. TAUT, Glass Pavilion, lucernario interno al primo piano, Rheinpark Colonia, opera distrutta, 1914.
1914
BRUNO TAUT GLASS PAVILION
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8
P
9
1923
Kurt Schwitters Merzbau Si può dire che il Merzbau nasce come cattedrale, come luogo pieno di allusioni mistiche. Vicino all’ideale di cattedrale dell’architettura espressionista è però qualcosa di molto più personale che tende a perseguire il fine dell’opera d’arte totale. In questo luogo il raccoglimento spirituale e quello estetico si fondono: Rudolf Jahns descrive la sua visita al Merzbau quasi come un’esperienza mistica caratterizzata da «un silenzio assoluto» e che alla fine lo porta a trovare le parole per descrivere l’assoluto in arte. Il Merzbau può anche essere visto come una Wunderkammer, cioè come una camera delle meraviglie in cui i protagonisti sono quei feticci, quelle reliquie che animano le varie grotte. Come le Wunderkammern del XVI secolo, il Merzbau è un luogo in cui il proprietario esprime se stesso; gli oggetti presenti in queste stanze possono essere sistemati in armadi così come possono occupare completamente lo spazio, creando una sorta di incrostazione, trasformando lo spazio in una grotta un po’ come accade nell’abitazione di Schwitters. Un’altra interpretazione che lo stesso Schwitters dà nel 1931 paragona la crescita del Merzbau allo sviluppo della metropoli:
«Cresce approssimativamente secondo il principio della metropoli: in qualche luogo bisogna costruire un’altra casa ex novo, e il genio civile deve verificare che la nuova casa non pregiudichi l’immagine complessiva della citt໲ Quindi Schwitters vede quest’opera come una metafora della metropoli, cioè: «un’opera totale della civiltà del consumo, fatta dagli scarti dei residui di una società» e quindi in continuo cambiamento.
² Pierluigi Nicolin, “Merzbau”, in Lotus International 123, 2004.
P
11
Hannover, Germania Waldhausenstrasse n°5 bis Opera distrutta settembre 1923 - Agosto 1943
ï < 10 52°34’75. N 9°76’34. E
1923
KURT SCHWITTERS MERZBAU
P
12
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Glasshaus
396 m² Merzbau Opera
abitativo- espositivo Abitazione privata
44 m²
WALDHAUSENSTRASSE N°5 BIS HANNOVER, GERMANIA
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13
1923
KURT SCHWITTERS MERZBAU
P
14
Große gruppe Il Große gruppe è un collage composto da un blocco unico, che fungeva da banco di lavoro
KdeE La Kathedrale des erotischen Elends (la cattedrale della miseria erotica), nome che Schwitters usa nella forma abbreviata KdeE è l’opera madre all’interno del Merzbau.
WALDHAUSENSTRASSE N°5 BIS HANNOVER, GERMANIA
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15
1.
2.
3.
1919
4.
1921 1922 1923
1937
1914 Bruno Taut, Glass Pavilion p. 1
1919 Schwitters conia la parola Merz per descrivere il suo lavoro in tutte le forme che esso assume.
1921 Schwitters partecipa alla mostra costruttivista alla galleria Strum di Berlino dove Theo van Doesburg e El Lissitzky danno luogo all’opera come ambiente totale.
1923 Comincia la costruzione del Merzbau che verrà distrutto vent’anni più tardi da un bombardamento aereo.
1922 Schwitters partecipa al Congresso internazionale dei costruttivisti e dai dadaisti partendo da Weimar, e spostandosi tra la Germania e l’Olanda.
1. Pagina interna della rivista Merz, numero 4, giugno 1923 2. El LISICKIJ, Kurt Schwitters, 1924
1923
3. Congresso internazionale dei costruttivisti e dadaisti, Weimar, settembre 1922. Da sinistra: Kurt Schwitters, Jean Arp, Max Burchartz e sua moglie, Hans Richter, Nelly van Doesburg, Cornelis van Eesteren, Theo van Doesburg, Peter Röhl e sua moglie, Werner Graeff.
KURT SCHWITTERS MERZBAU
P
16
4.
5.
1943
1950 1957 Internazionale
Situazionista, p. 21
1937 Raggiunge suo figlio in Norvegia, per scappare dalla Germania nazista dov’è considerato un artista bolscevico.
1950 Abita e lavora nella Hütte auf Hjertøya (Capanna a Hjertøya), una struttura molto piccola situata su un’isola nella Norvegia occidentale; essa rappresenta una delle tre continuazioni ideali del Merzbau andato distrutto in Germania.
4. L’appartamento di Schwitters in Waldhausen strasse n°5 bis dopo i bombardamenti del 1943.
5. Hütte auf Hjertøya, dettaglio dell’interno, 1953.
WALDHAUSENSTRASSE N°5 BIS HANNOVER, GERMANIA
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17
6.
7.
1923
KURT SCHWITTERS MERZBAU
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8.
6. K. SCHWITTERS, dettaglio della stanza principale del Merzbau, 1933. Legno, gesso e materie plastiche, opera distrutta. Fotografie di Wilhelm Redemann, 1933.
8. K. SCHWITTERS, dettaglio della stanza principale del Merzbau, 1933. Legno, gesso e materie plastiche, opera distrutta. Fotografie di Wilhelm Redemann, 1933.
7. K. SCHWITTERS, dettaglio del collage che caratterizza Merzbau, la Kathedrale des erotischen Elends (la cattedrale della miseria erotica), nome che Schwitters usa nella forma abbreviata KdeE, 1928. Assemblage, opera distrutta.
WALDHAUSENSTRASSE N째5 BIS HANNOVER, GERMANIA
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1957
Internazionale Situazionista L’Internazionale Situazionista, è un gruppo d’avanguardia artistico-politica costituitosi in Italia a Cosio d’Aroscia, in provincia d’Imperia nel luglio del 1957 dalla fusione di alcuni componenti dell’Internazionale lettrista, del Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, o MIBI, e del movimento CO.BR.A. Questa è stata un’associazione chiusa, cui hanno partecipato complessivamente nei quindici anni della sua esistenza 70 persone (63 uomini e 7 donne). Figure di spicco del movimento, a cui si dovranno la maggior parte degli sviluppi teorici dell’Internazionale, sono i pensatori francesi Guy Ernerst Debord e Ivan Chtcheglov, i pittori Asger Jon e Giuseppe Pinot Gallizio e l’architetto e pittore olandese Constant Nieuwenhuys. Purtroppo la pratica delle esclusioni e delle dimissioni, portata avanti soprattutto dal leader Debord, fece sì che nel gruppo fossero presenti non più di una decina di membri contemporaneamente. Il programma dell’Internazionale Situazionista, si fondava su delle pratiche originali quali il détournement, ovvero la decodifica del senso dei linguaggi scritti e visivi; della deriva, che potremmo definire come una forma radicalizzata delle passeggiate dadaiste e surrealiste; e della psicogeografia, come ridefinizione dello spazio urbano dal punto di vista delle emozioni soggettive e contro l’alienante e gerarchica razionalità dominante. Nel 1958 viene pubblicato il primo numero del gazzettino dell’Internazionale Situazionista, inserendosi nel panorama parigino con un tono deciso e aspramente critico verso la così detta società dello spettacolo. Nel primo numero della rivista, compare il famoso testo di Gilles Ivain (pseudonimo di Chtcheglov), Formulario per un nuovo urbanismo, che scritto nel 1953, preannunciava le direzioni anticonvenzionali e rivoluzionarie che, al tempo, l’Internazionale Lettrista avrebbe intrapreso con la fondazione dell’Internazionale Situazionista. Nel Formulario, Chtcheglov presagiva la razionalizzazione
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delle città per opera del neocapitalimo: i centro urbani dovevano esser depurati della popolazione comune per diventare il cuore della macchina economica (banche, uffici, istituzioni), e la popolazione stessa andava deportata in periferia, in quartieri di nuova concezione che avevano un prototipo preciso, l’unità di abitazione che l’architetto più celebrato del Novecento, Le Corbusier, stava completando a Marsiglia proprio mentre Chtcheglov scriveva il suo formulario.
« Un progetto di Le Corbusier è l’unica immagine che evoca in me l’idea di un suicidio immediato. Sparirebbe per colpa sua ciò che resta della gioia. E dell’amore - della passione - della libertà.» 3 Dalla lezione di Chtcheglov, l’Internazionale, comprese che, negli incontri che ci nega, nei panorami a cui ci abitua e nei percorsi obbligati a cui ci costringe, la città si poneva in quegli anni al centro del programma di un nuovo ordine totalitario:
« Eccolo, appunto, il programma: la vita definitivamente frammentata in isolati chiusi, in società sorvegliate; la fine delle possibilità di insurrezione e di incontri; la rassegnazione automatica»4 A concretizzarne i principi sarà Costant Nieuwenhuys, che nel 1959 con New Babylon: un insediamento urbano polidirezionale, costruito sui capisaldi del gioco, del nomadismo e del disorientamento dove l’Homo ludens vagherà liberamente, creando e cambiando a piacere il proprio habitat.
³ Gilles Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo, Maldoror press, 2013. ⁴ Guy Debord, “Editoriale”, in Potlatch 5, luglio 1954
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1952 1953 1954
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1959 1962 Allan Kaprow, Courty yard p. 29
1952 Viene fondato l’Internazionale Lettrista da una scissione di alcuni suoi membri, per lo più giovanissimi in aperto dissidio col gruppo originario di Isidore Isou.
1953 Gilles Ivain, pseudonimo di Ivan Chtcheglov, scrive il Formulario per un nuovo urbanismo, testo cardine per le teorie e le sperimentazioni dell’Internazionale Situazionista. Nello stesso anno Costant Nieuwenhuys scrive il trattato Spatiaal Colorism, che vede al centro della discussione il bisogno di integrare il colore nella progettazione urbanistica.
1. Primo congresso degli artisti liberi ad Alba, 1956. Da sinistra Franco Garelli, Gil Wolman, Asger Jorn, Constant, Elena Verrone, Pinot Gallizio, Ettore Sottsass jr., Piero Simondo. Archivio Gallizio, Torino
1954 Asger Jorn fonda il MIBI, Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista, in contrasto con il Bauhaus ufficiale di Ulm diretto in quegl’anni da Max Bill. 1956 Si tiene ad Alba il primo congresso degli artisti liberi, con la partecipazione del MIBI, del Movimento nucleare, il gruppo CO.BR.A e dall’Internazionale Lettrista.
2. Da sinistra a destra: Pinot Gallizio, Piero Simondo, Elena Verrone, Michèle Bernstein, Guy Debord, Asger Jorn e Walter Olmo, fondatori dell’Internazionale Situazionista a Cosio di Arroscia, nell’aprile del 1957
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1966 1967 1968 1965 Architettura radicale p. 39
1957 Viene fondato a Cosio di Arroscia (Imperia) l’Internazionale Situazionista in seguito alla scissione del MIBI e dell’Internazionale Lettrista. 1959 Costant inizia la progettazione di Dériville, poi rinominata New Babylon, la città nomade.
1972 1969 Campo Urbano p. 47
1966 Viene pubblicato l’opuscolo La miseria nell’ambiente studentesco francese scritto dal tunisino Mustapha Khayati che porrà le basi per le rivolte del maggio francese. 1967 Viene pubblicato La società dello spettacolo di Guy Debord, saggio che descrive la moderna società delle immagini come una mistificazione volta a giustificare i rapporti sociali di produzione vigenti.
3. Modello di una sala da concerto per musica elettronica, Costant, New Babylon, 1959
1973 Volterra ‘73 p. 57
1968 Le rivolte studentesche della primavera francese, ispirate dalle teorie situazioniste portano il gruppo dell’ IS ad una fama mai vista prima. 1972 A forza di scissioni ed espulsioni varie Debord deciderà per l’autoscioglimento del movimento, non prima di aver dato alle stampe l’ultimo scritto dell’Internazionale: La veritable scission dans l’Internationale.
4. Barricate in via Guy Lussac a Parigi durante la rivolta nel maggio 1968
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Allan Kaprow Happening - Courty yard «Nell’ottobre dello scorso anno Duchamp attirò la mia attenzione verso i così detti “Happenings” che avevano luogo a New York assai spesso nei luoghi più strani. L’happening che visitai ebbe luogo in un grandissimo cortile posteriore (…) Al centro di questo cortile, di questo enorme pozzo, l’ideatore dell’happening Allan Kaprow e i suoi aiutanti avevano costruito un impalcatura gigantesca, alta circa tre piani, con carta nera, cartone e sacchi e con due scale per salire sulla piattaforma superiore. Molti piani al di sopra di questa impalcatura, su in altro pendeva, contro il cielo notturno, una cupola enorme rivestita di nero anch’essa. Circa 200 spettatori sostavano lungo le pareti di questa prigione di sogno dalla quale occhieggiavano verso di noi centinaia di finestrelle a grata, larghe appena 50 cm. Ci vennero distribuite delle scope e il pubblico comincio a scopare il pavimento coperto di giornale e di altri rifiuti. Quando tutto fu pulito, dal cielo piovvero ad un tratto brandelli di carta, bruciacchiata accompagnati dall’ululare di sirene e squilli di trombe(…) Una ruota di automobile lungo la fune metallica dondolò fuori da un angolo e fece cadere su di noi i grandi pezzi di cartone piovuti sulla sommità dell’impalcatura. Un Ofelia in veste bianca, seguendo la musica di una radiolina che teneva accostata all’orecchio, cominciò a danzare attorno all’impalcatura che ora faceva l’effetto di una ara per i sacrifici. Salì con le sue belle gambe sulla scala per i tre piani fino in cima. Essa venne subito inseguita da due fotografi che salirono su per le scale, uno a destra e uno a sinistra, dietro di lei il più velocemente possibile (…) Lassù Ofelia venne fotografata in pose eccitanti, ma dal basso si vedevano solo le gambe. Spaventosa pioggia di carta, brontolii di tuoni, ululati e strida, la cupola in alto cominciò ad abbassarsi lentamente finché ebbe celato Ofelia e i fotografi. Il sacrificio era compiuto.» Tratto da Hans Richter, Dada- Arte e antiarte, Gabriele Mazzotta Editore, 1966, Milano, p. 259
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New York, Stati Uniti Mills Hotel, Greenwich Village Installazione temporanea Ottobre 1962
ï 200 40°44’08. N 74°00’12.W
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ALLAN KAPROW COURTY YARD, HAPPENING
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aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Glasshaus
396 m² Happening - Courty yard Evento artistico
riceativo - espositivo Cortile interno del Mills Hotel
114 m² Merzbau
44 m²
MILLS HOTEL, GREENWICH VILLAGE NEW YORK, STATI UNITI
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Opera d’arte globale L’happening presentato nel cortile interno del Mills Hotel era una combinazione di rappresentazione, composizione ritmica e spaziale. Il luogo scelto è stato fondamentale per conferire all’evento il suo carattere drammatico.
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ALLAN KAPROW COURTY YARD, HAPPENING
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Cupola La cupola veniva fatta calare dallâ&#x20AC;&#x2122;alto come fosse un sipario per coprire gli attori alla fine dello spettacolo. Era saldata da quattro corde di metallo ancorate agli angoli del cortile.
MILLS HOTEL, GREENWICH VILLAGE NEW YORK, STATI UNITI
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1947 Allan Kaprow si diploma in Storia della filosofia alla Columbia University di New York, è qui, influenzato anche dal libro Art as Experience di John Dewey, che comincia la sua esperienza intorno all’action paiting.
1953 Comincia ad insegnare alla Rutger University, dove viene in contatto con personalità artistiche come Robert Watts e George Brecht con cui inizierà una collaborazione che porterà alla fondazione del gruppo Fluxus.
1959 Questo è l’anno in cui Kaprow presenta 18 happening in 6 parts alla Reuben Gallery di New York. È con questa esposizione che l’artista da avvio alle sue esperienze Happening che porterà avanti tutta la vita. 1961 Comincia a tenere corsi su Performance art alla State University di New York, nel Stony Brook department.
1. Da sinistra Robert Watts, Allan Kaprow, Geoffrey Hendricks e George Brecht in un incontro tra insegnanti alla Rutger University, 1958.
1962
2. Allan Kaprow durante la costruzione della struttura portante per 18 happening in 6 parts alla Reuben Gallery, New York 1959.
ALLAN KAPROW COURTY YARD, HAPPENING
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1964
1969
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1965 Architettura radicale 1969 Campo Urbano p. 39
1962 Kaprow presenta Words, forse il suo Happening più famoso, alla Smolin Gallery. Esso consiste in un percorso dove lo spettatore è preso di mira ed invitato da voci fuori campo ad interagire con l’opera.
p. 47
1973 Volterra ‘73
1964 Kaprow crea una serie di happening itineranti dal titolo Household, di cui Women licking jam off a car, sarà sicuramente quello che farà più parlare per lo scandalo.
p. 57
1969 Presenta Fluids, happening incentrato intorno alla costruzione all’aria aperta di una stanza interamente composta da mattoni di ghiaccio. 1974 Insegna fino al 1993 alla University of California San Diego.
Lo stesso anno presenta il suo primo happening in uno spazio aperto, Country yard, nel cortile interno del Mills Hotel.
3. A. KAPROW, Words Happening, Smolin Gallery, New York, 1962
4. A. KAPROW, Women licking jam off a car, Household Happening, foto di Sol Goldberg, 1964 conservata al Getty Research Institute.
MILLS HOTEL, GREENWICH VILLAGE NEW YORK, STATI UNITI
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5. A. KAPROW, The Courty yard, Happening al Mills Hotel, New York 1962. Fotografia di Larence N. Shustak.
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Architettura radicale Negli anni 1960 si sviluppa in Europa, in contrapposizione alle tematiche del Funzionalismo, una vera e propria ricerca architettonica d’avanguardia che proponeva varie tematiche legate all’utopico, al fantascientifico e all’irrazionale. I promotori di questa avanguardia sognavano linguaggi per esprimere in architettura la propria contemporaneità e liberarsi dall’eredità del Movimento Moderno. I concetti di razionalismo e funzionalismo, avvertiti come causa di una sorta di disumanizzazione degli spazi della città, alimentavano una contrapposizione diffusa alle architetture espresse dall’International Style. Il primo ad adottare il termine radicals fu Gio Ponti, all’inizio degli anni ‘70, per raccogliere questi atteggiamenti in un unico fenomeno architettonico. Atteggiamenti e non movimento, perché l’architettura radicale non presentava caratteri omogenei e ben definiti, tanto da destare spesso confusione. Nel panorama europeo emergono, nell’ambito radicale, i nomi di P.Cook per Archigram a Londra, di Hollein e Pichler in Austria, e poco dopo in Italia, di Nicolino per Superstudio, di Archizoom, Ufo e Pettena. Alcune utopie si concentrano sul tema dello sviluppo urbano, attraverso la negazione alla differenzzazione delle funzioni: la città non è più soltanto una semplice organizzazione funzionale dello spazio ma diventa il vitale supporto di meccanismi culturali in continua trasformazione. Per esempio, la città per Archigram viene vista come sintesi di relazioni energetiche o metafore fantascientifiche del mondo tecnologico in un elogio un po ironico al modello consumistico massificato. Le proposte progettuali elaborate, che non rimandano a realtà riproducibili, si pongono come atti comunicativi autonomi. Nasce il concetto di action-planning che vede in una spontanea e immediata gestualità, un metodo di pianificazione strutturale.
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«Architecture is a medium of communication. And what attracted me on my first encounter with Archigram (maybe because it seemed so parallel to my own thinking) was their realization of this conception in the widest sense, and with a clear strategy»⁵ Fin da subito, sarà chiara la predisposizione da parte dello studio londinese per la comunicazione visiva e la grafica, carattere che contraddistinguerà un po tutta l’esperienza radicale, realizzandosi attraverso pubblicazioni indipendenti volte a portare il dibattito sull’architettura ad un piano collettivo. Analoga per certi versi all’esperienza Archigram, è quella italiana di Superstudio, fondato a Firenze nel 1966. Se Archigram proponeva utopie che guardavano alle possibilità della tecnologia, Superstudio coltivò utopie in negativo in cui l’irrazionale veniva esaltato per contrapporsi all’eccessivo razionalismo e al mito del funzionalismo.
« Solo dall’ambiguità, dalla non-soluzione, dalla pluralità delle possibili letture, nasce la tensione necessaria a mantenere l’opera aperta e in progress »⁶ La mostra svoltasi nel 1966 in una cantina di Pistoia dal titolo Superarchitettura, potrebbe considerarsi il manifesto di Superstudio. Nel 1972, il MoMA di New York, organizza la mostra di design dal titolo: Italy: the New domestic Landscape, che sarà l’apice dell’esperienza italiana, fino all’estinguersi definitivo del positivismo che contraddistinse questa corrente.
5 Peter Cook, A comment from Hans Hollein, Archigram, Princeton Architectural Press, New York, 1999 ⁶ Superstudio, “Superstudio: progetti e pensieri”, in Domus 479, ottobre 1969.
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1962 Allan Kaprow, Courty yard
1960 Viene pubblicato il saggio Metabolism da un gruppo di architetti giapponesi allievi e collaboratori di Kenzo Tange che sostengono un metodo progettuale basato sullâ&#x20AC;&#x2122;utopia e la sperimentazione.
1961 Il gruppo Archigram dĂ alle stampe una bruchure omonima, dove presenta il proprio approccio innovativo allâ&#x20AC;&#x2122;architettura attraverso progetti teorici ispirati ad un futuro distopico legato alla tecnologia e al consumismo di massa.
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1. ARCHIGRAM, Instant city, collage di Ron Herron, 1970. 2. Copertina per Amazing Archigram 4: Zoom Issue, illustrazione di Warren Chalk, maggio 1964.
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1969 1969 Campo Urbano p. 47
1964 Archigram presenta i due progetti Plug-in city e Walking city pubblicandoli sulla propria rivista. 1966 Viene fondato a Firenze il Superstudio e Archizoom Associati, i gruppi di architetti sono mossi dal fervido panorama internazionale e dalla critica aperta alla corrente del funzionalismo.
3. Superstudio, da sinistra a destra gli architetti: Cristiano Toraldo di Francia, Alessandro Magris, Roberto Magris, Piero Frassinelli, Adolfo Natalini, foto di gruppo, Firenze 1970.
ARCHITETTURA RADICALE
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1975 1973 Volterra ‘73
1983 Bernard Tschumi,
p. 57
1967 Archizoom e Superstudio progettano la mostra Superarchitettura a Pistoia, portandola l’anno successivo a Modena e in seguito alla Triennale di Milano diretta da Giancarlo de Carlo, progettando il Center of Eclectic Cospiracy.
Parc de la Vilette, p. 67
1969 Archizoom progetta No stop city, introducendo su scala urbana il principio della luce e dell’areazione artificiale per una città a massima densità. 1971 Viene fondato a Torino il Gruppo Sturm, che incentra il proprio lavoro sulla protesta all’architettura funzionale e sulla progettazione di interni estrosi.
4. ARCHIZOOM & SUPERSTUDIO, Superarchitettura, poster 72x49 cm stampato in bianco e nero in occasione della mostra omonima di Pistoia, marzo 1967.
1965
1972 Il florido panorama dell’architettura radicale italiana viene portato ad una mostra al MOMA di New York con il titolo Italy: the new domestic landscape, qui saranno presenti progetti di Archizoom, Zziggurat, Superstudio, Ufo e verranno distribuiti gratuitamente i fotoromanzi del Gruppo Strum.
5. SUPERSTUDIO, Supersuperficie, collage 1971.
ARCHITETTURA RADICALE
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1969
Caramel, Mulas, Munari Campo Urbano « Il 21 settembre 1969 avrà luogo a Como, nelle vie e nelle piazze della città, la manifestazione “CAMPO URBANO, interventi estetici nella dimensione collettiva urbana.” (...) La manifestazione è nata dall’esigenza di portare l’artista a diretto contatto con la collettività di un centro urbano, con gli spazi in cui essa quotidianamente vive, con le sue abitudini, le sue necessità. (...) Ai partecipanti non è stato perciò chiesto alcun intervento in qualche modo preordinato. Non si è trattato della consueta commissione di un prodotto già determinato, ma invece dell’invito ad un impegno nella ricerca di un rapporto reale – e quindi vivo e non scontato – tra gli artisti, gli abitanti di una città e la città stessa. Ciò ha portato di conseguenza a porre gli artisti davanti a quesiti fondamentali che investono il senso stesso dell’arte ed il problema della sua funzione oggi : come, ad esempio quello dei confini delle loro possibilità di risposta alle necessità della collettività; quello delle scelte opportune ad una presenza non marginale o solo decorativa nella società attuale; quello dell’opportunità di adottare soluzioni effimere o “permanenti”, radicali o parziali, eversive o riformistiche. Proprio per tale varietà di intenti e di realizzazioni, le soluzioni che verranno proposte domenica 21 settembre, saranno in relazione dialettica e talvolta anche in polemica. La manifestazione non intende infatti dimostrare la validità di specifiche soluzioni, ma presentare la varietà e la complessità del problema attraverso proposte differenti e tutte aperte alla discussione ed alla verifica. Sostanziale sarà la partecipazione della collettività, che come polo fondamentale nel rapporto costituente l’oggetto della manifestazione – che si svolgerà in mezzo alla vita di ogni giorno – sarà inevitabilmente coinvolta qualsiasi sarà la sua reazione, dagli interventi degli artisti.»
Comunicato Stampa, Campo urbano: Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana, catalogo della mostra, Como, 21 settembre 1969
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Como, Italia Piazza del Duomo, Centro storico Installazioni temporanee 21 settembre 1969
percorso pedonabile
45°40’16. N 09°04’56. E
1969
CARAMEL, MULAS, MUNARI CAMPO URBANO
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aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m² Campo Urbano Evento pubblico
ricreativo - espositivo Centro storico
450.000 m²
Happening - Courty yard
114 m²
Merzbau
44 m²
PIAZZA DEL DUOMO, CENTRO STORICO COMO, ITALIA
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Spazio Collettivo Dinamico L’installazione di U. La Pietra, strutturalmente molto semplice, è composta da una serie di profili triangolari posti in successione. Lo spazio interno sorprende, non per la sua forma, ma per le inaspettate attività che lo stesso utente è chiamato a inventare all’interno.
1969
CARAMEL, MULAS, MUNARI CAMPO URBANO
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Riflessione L’installazione consistette nell’applicare una superficie specchiante all’ingresso del duomo, in maniera che l’osservatore una volta affacciatosi “sul pozzo” riconsiderasse le dimensioni della facciata nei suoi dettagli riflessi.
PIAZZA DEL DUOMO, CENTRO STORICO COMO, ITALIA
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1.
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3
1968 1969 1957 Internazionale
Situazionista, p. 21
1968 Viene allestita la mostra Arte povera + azioni povere ad Amalfi. Con l’ arte povera si professa la fine delle differenze fra i medium artistici e dalla commistione di arte e vita.
1971
1962 Allan Kaprow, Courty yard p. 29
1969 Si tiene l’evento Campo
urbano: Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana a Como.
1. Vista dell’allestimento Arte povera+ azioni povere, Amalfi, 1968.
1969
1971 Franco Mazzucchelli progetta i gonfiabili da esibire allo stabilimento dell’Alfa Romeo a Milano, riproposti due anni più tardi alla manifestazione urbana Volterra ‘73.
2. G. PETTENA, Laundry, installazione temporanea Como, 21 settembre 1969.
CARAMEL, MULAS, MUNARI CAMPO URBANO
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3.
4.
1975 1976 1973 Volterra ‘73
1983 Bernard Tschumi,
p. 57
1975 Ugo la Pietra sviluppa, insieme a Vincenzo Ferrari, il progetto Decodificazioni urbane, dei pannelli con ritratte prospettive che si vanno a sovrapporre al panorama milanese.
Parc de la Vilette, p. 67
1976 Enrico Crispolti cura il padiglione Italia alla Biennale di architettura di Venezia di quest’anno, intitolando l’allestimento “Ambiente come sociale”.
3. F. MAZZUCCHELLI, Gonfiabili, installazione temporanea, stabilimenti Alfa Romeo, Milano, 1971.
1969
4. U. LA PIETRA, Decodificazioni urbane, installazione temporanea, Milano, 1975.
CAMPO URBANO
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5.
6. ICO PARISI, Chair, Campo urbano, installazione temporanea, Como, 1969. Fotografia di Ugo Mulas 7. M. DI SALVO, C. FERRARIO, L. FABBRO, Riflessione, Campo urbano, installazione temporanea, Como, 1969. Fotografia di Ugo Mulas
1969
CARAMEL, MULAS, MUNARI CAMPO URBANO
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1973
Mino Trafeli, Enrico Crispolti Volterra ‘73 Volterra‘73, manifestazione dovuta a Mino Trafeli e coordinata da Enrico Crispolti, è nata originariamente come progetto di una mostra di sculture nella città, ma si è subito trasformata in qualcosa di diverso, ovvero in interventi nel contesto urbano in senso monumentale e sociale attraverso ambientazioni plastiche, arredi urbani, ma anche visualizzazioni diverse (manifesti murali, film, indagini sociologiche, azionI collettive).Volterra‘73 partiva da un’esigenza che dal punto di vista teorico è sicuramente positiva: intervenire nella città e porre il problema del centro storico. La realizzazione è stata affidata quasi completamente all’opera degli scultori, i quali hanno più o meno accuratamente saputo collocare le loro rispettive opere nella città storica. Nel suo divenire, l’evento ha assunto i connotati di una manifestazione sostanzialmente diversa, rispetto al panorama delle mostre stagionali italiane di quegli anni, ma anche nuova rispetto a quelle manifestazioni che hanno utilizzato la dimensione urbana come campo. A Volterra ogni operatore è stato invitato a prendere consapevolezza dello spazio cittadino, a discutere il luogo del proprio intervento, già in sede di avvio della progettazione dello stesso. Non solo, ma attraverso i numerosi dibattiti aperti alla cittadinanza si è posto in causa il senso stesso di un intervento urbano estetico, i suoi limiti, le sue possibilità di significato e sono stati posti i problemi fondamentali della realtà socio-economica della città di Volterra e del suo territorio. Gli interventi stessi sono nati su una consapevolezza più ampia, non soltanto ambientale in senso monumentale, bensì anche in senso sociale. Volterra‘73 è stata pertanto un’azione di presenza urbana, un’azione critica dell’intervento, di contestazione, di contrapposizione entro il contesto della città. Si è rivolta al sociale con una sollecitazione rivelatoria suggerendo una diversa consapevolezza della realtà sociale urbana.
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Volterra, Italia Centro storico
Installazioni temporanee 15 luglio-15 settembre 1973
percorso pedonabile
43°24’08. N 10°51’43. E
1973
MINO TRAFELI, ENRICO CRISPOLTI VOLTERRA ‘73
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aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Campo Urbano
450.000 m² Volterra ‘73 Evento artistico
percorso - espositivo Centro storico
350.000 m²
CENTRO STORICO COMO, ITALIA
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Le morte stagioni L’installazione ideata dallo scultore Valeriano Trubbiani, restituiva, attraverso uno stormo di corvi calati dall’alto della torre del porcellino, il ricordo delle atroci esecuzioni e delle morti del passato.
1973
MINO TRAFELI, ENRICO CRISPOLTI VOLTERRA ‘73
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1973
CENTRO STORICO COMO, ITALIA
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1968 1962 Allan Kaprow, Courty yard
1969 Campo Urbano
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1968 Ugo Nespolo realizza la performance Passeggiata con un sfera per le vie di Torino documentando l’avvenimento per il suo film Buongiorno Michelangelo in uscita l’anno successivo.
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1972 Enrico Crispolti pubblica insieme a Francesco Somaini il saggio Urgenza della città.
1. U. NESPOLO, fotogrammi tratti dal film Buongiorno Michelangelo (1969), che documenta l’intera azione “Passeggiata con la sfera”, Torino 1968.
1973
1972 1973
1973 In occasione di Volterra 73 viene presentata l’Operazione 24 fogli, intitolata esplicitamente Dissuasione manifesta, un progetto volto ad usare i manifesti pubblicitari per modificare i messaggi consumistici e comunicare altre idee. Coinvolti in questo progetto tra gli altri Ugo Nespolo, Fabrizio Plessi, Francesco Somaini e Emilio Vedova.
2. U. LA PIETRA, Commutatore - Per oggi basta Dal Sistema disequilibrante Per oggi basta!, film Ed. Jabik e Colophon, b/n, sonoro, 16 mm, Milano 1974.
MINO TRAFELI, ENRICO CRISPOLTI VOLTERRA ‘73
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3.
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1974 1975 1976 1983 Bernard Tschumi,
Parc de la Vilette, p. 67
1974 Ugo la Pietra realizza il film Sistema disequilibrante Per oggi basta! in cui presenta diversi interventi nella dimensione urbana, indirizzati a creare un momento di frattura nella vita quotidiana.
1975 Enrico Crispolti insieme al Gruppo Salerno ‘75 organizza l’evento, Gessificazioni, in cui gli spettatori sono invitati a disegnare con il gesso su alcuni muri in giro per la città di Venezia.
3. GRUPPO SALERNO ‘75, Gessificare, Venezia, 1976.
1976 Il Laboratorio di comunicazione militante, esegue una performance in maschera, con parodie sulla situazione politica italiana, intitolata Festa vicino al centro a Milano.
4. FABBRICA DI COMUNICAZIONE MILITANTE, festa, marzo 1977. Fotografia di F. Cirifino.
CENTRO STORICO COMO, ITALIA
P
63
5.
6.BORIANI, DE VECCHI, FORGES, DAVANZATI, MORANDI, arredo urbano, installazione temporanea, Volterra, 1973. Foto Enrico Cattaneo 7. 8. F. MAZZUCCHELLI, Gonfiabili, Volterra ‘73, installazione temporanea, Volterra, 1973. Foto Enrico Cattaneo
1973
MINO TRAFELI, ENRICO CRISPOLTI VOLTERRA ‘73
P
64
6.
7.
1973
CENTRO STORICO COMO, ITALIA
P
65
1984
Bernard Tschumi Par de la Vilette Il vincitore di uno dei più importanti concorsi di paesaggistica del XX secolo, è stato Bernard Tshumi aggiudicandosi la progettazione per il Parc de la Vilette di Parigi nel 1983. Il parco sorge sul ex sito dei vecchi macelli parigini e si estende per una superficie complessiva di 55 ettari, da Porte de la Vilette a Port de Pantin, rendendolo il parco culturale urbano più grande della capitale. La sua posizione, inoltre corrisponde ad un nodo tra i vari quartieri etnici dislocati sul suo perimetro. Tschumi ha scritto che il film crea una buona analogia con il parco, perché entrambi si basano sulla discontinuità, il parco infatti appare per quest’autore come “una serie di fotogrammi“ che rendono ”Parc de la Vilette una dichiarazione sulla metafisica dell’architettura e del paesaggio”⁷. In accordo con queste dichiarazioni, l’architetto svizzero, in collaborazione con Jacques Deridda, progetta Le Folliés, forse i segni più iconici all’intero del parco. Queste strutture rappresentano con toni decisi la tendenza decostruttivista dell’autore, che idea queste strutture modulari, in tutto trentacinque, prima nella loro forma fisica e affidadogli solo in un secondo momento una funzione, che in questo senso definiscono la follia dell’architettura. Queste strutture costruite in acciaio laccato di rosso, sono poste su una griglia immaginaria che percorre tutta la superficie del parco e concorrono a creare un organizzazione spaziale al suo interno. Le follie hanno lo scopo di fungere da punti di riferimento per aiutare i visitatori ad ottenere un senso di direzione ed a navigare agevolmente attraverso lo spazio. Nonostante le follie siano destinate ad esistere in un vuoto decostruttivo, senza rapporto storico con il preesistente, si possono ritrovare dei collegamenti tra queste strutture e gli edifici facenti parte del vecchio tessuto industriale della zona. ⁷ Bernard Tshumi, Cinégram folie, Le Parc de la Villette, Princeton Architectural Press, NewYork, 1987.
P
67
Parigi, Francia Parc de la Vilette Installazioni permanenti dal 1984
Cité des sciences et de l’industrie
48°53’36. N 2°23’23. E
1984
BERNARD TSCHUMI PARC DE LA VILETTE
P
68
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Volterra ‘73
350.000 m² Parc de la Vilette Piano paesaggistico
verde pubblico - ricreativo Parco culturale
250.000 m²
PARC DE LA VILETTE PARIGI, FRANCIA
P
69
Mappa La mappa sopra riportata corrisponde alla mappa interna al parco. Sono compresi allâ&#x20AC;&#x2122;interno il Museo delle Scienze e delle tecnologie e il Conservatorio di Musica e Danza di Parigi.
1984
BERNARD TSCHUMI PARC DE LA VILETTE
P
70
PARC DE LA VILETTE PARIGI, FRANCIA
P
71
1.
2.
1969 1970
1981 1982 1983
1969 Campo Urbano 1973 Volterra ‘73 p. 47
3.
1985 Christo e Jeanne-claude
p. 57
1969 Bernard Tschumi si laurea presso il Politecnico federale di Zurigo. 1970 Insegna all’Architectural Association di Londra, fino al 1975, per poi trasferirsi a New York dove inizierà ad insegnare all’Institute for Architecture and Urban Studies.
Pont Neuf Wrapped, p. 77
1981 Inizia a esercitare la libera professione, un anno più tardi vince il concorso internazionale per la progettazione del Parc de la Vilette di Parigi.
1. B.TSCHUMI, Parc de la Vilette, panorama, foto del 2003
1984
1988
1983 Apre a Parigi il primo studio Bernard Tschumi Architects. 1988 Fonda un altro studio a New York, nello stesso anno diventa capo editore di D-Columbia Documents of Architecture and Theory.
2. Copertina per D- Columbia Documents of Architecture and Theory, numero di ottobre, 1995.
BERNARD TSCHUMI PARC DE LA VILETTE
P
72
4.
1995 1993 Franco Summa,
La porta del mare, p. 87
1995 Progetta il Lerner Student Hall per la Columbia University di New York.
2000
2009
1999 Marco Navarra
Parco lineare, p. 97
2003 Vito Acconci, Mur Island
2000 Progetta e realizza il Parco delle esposizioni e Zenith a Rouen in Francia, dello stesso anno sono anche il Museo delle Arti Africane a New York e il Museo d’Arte Contemporanea a San Paolo in Brasile.
3. B. TSCHUMI, interno della Lerner student hall, Columbia University, New York 1995.
p. 117
2009 Completa la realizzazione del Museo dell’acropoli di Atene.
4. B.TSCHUMI, Museo dell’acropoli, Atene 2009.
PARC DE LA VILETTE PARIGI, FRANCIA
P
73
P
74
P
75
1985
Christo e Jeanne-claude, Pont Neuf Wrapped Il 22 settembre 1985 un gruppo di 300 operai professionisti ha completato il lavoro temporaneo d’arte The Pont Neuf Wrapped, distribuendo 41.800 metri quadrati di tessuto poliammide, dall’aspetto di seta e dal colore dorato, per l’intera struttura del ponte, compresi: i lati e le volte dei dodici archi (permettendo, senza interferire, il traffico fluviale), i parapetti, i marciapiedi e i cordoli, l’arrendamento urbano, come le lampade situate lungo tutta la strada su entrambi i lati del ponte, la parte verticale del terrapieno della punta occidentale della Île de la Cité e la passeggia del Vert-Galant. Il tessuto è stato fissato da oltre 13 chilometri di corda ancorate a 12.1 tonnellate di catene in acciaio che circondano la base di ogni torre, 1 metro sott’acqua. Le corde hanno permesso di mantenere aderente il tessuto alla superficie del ponte, rendendo così riconoscibili le forme principali, alcuni bassorilievi ed enfatizzando le proporzioni del Pont-Neuf in relazione con l’ambiente circostante. Tutte le spese per il progetto sono state sostenute dagli artisti, come in altri loro progetti, attraverso la vendita dei disegni preparatori e dei collages. In tal modo Christo e Jeanne-Claude hanno voluto, rinunciando a sponsorizzazioni di qualunque tipo, evitare restrizioni sul loro lavoro. Il ponte scelto per l’installazione corrisponde al ponte più antico presente a Parigi, nessun altro ponte infatti offre tale varietà visivo-topografica, oggi come in passato. Dal 1578-1890, il Pont-Neuf ha subito continui cambiamenti e aggiunte delle più stravaganti, come la costruzione di negozi sul ponte sotto Soufflot o la costruzione e la successiva demolizione della massiccia struttura rococò che ospitava la pompa dell’acqua di Samaritaine. Avvolgendo il Pont-Neuf, la coppia d’artisti ha voluto perpetuare questa tradizione di metamorfosi, affiancandola ad una dimensione scultorea e trasformata, per la durata di 14 giorni.
P
77
Parigi, Francia Pont Neuf, La Seine Installazione temporane 22 settembre - 6 ottobre 1985
Musée du Louvre
Cathédrale Notre Dame
48°51’24. N 2°20’28. E
1985
CHRISTO E JEANNE-CLAUDE PONT NEUF WRAPPED
P
78
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Parc de la Vilette
250.000 m²
Pont Neuf wrapped Opera ambientale
percorso - espositivo Ponte
238 m
PONT NEUF PARIGI, FRANCIA
P
79
Pont Neuf Il Pont Neuf risale al 1606, classificato monumento storico della Francia, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, nel 1991.
1985
CHRISTO E JEANNE-CLAUDE PONT NEUF WRAPPED
P
80
PONT NEUF PARIGI, FRANCIA
P
81
1.
2.
1962
3
1972 1969 Campo Urbano p. 47
1962 È a quest’anno che risale la prima opera della coppia di artisti, a Parigi con Rideau de Fer, una muro costruito con barili d’olio industriale che blocca Rue Visconti, in segno di protesta contro il muro di Berlino.
1980 1973 Volterra ‘73 p. 57
1972 Christo e Jeanne-claude danno inizio all’esperienza della Land Art con l’opera monumentale nella valle rocciosa del Colorado, Valley Curtain.
1985 Viene progettata e realizzata l’opera di imballaggio di Pont Neuf, il ponte più antico e simbolo di Parigi.
1980 Realizzano l’opera Surrounded Island, dove le isole della baia di Biscayne a Miami vengono circondate da una cintura di polipropilene fucsia.
1. CHRISTO & JEANNE CLAUDE, Valley Curtain, Rifle, Colorado, 1970-72. Foto di Wolfgang Volz.
1985
2. CHRISTO & JEANNE CLAUDE, Surrounded Island, Miami 1980. Foto di Wolfgang Volz.
CHRISTO E JEANNE-CLAUDE PONT NEUF WRAPPED
P
82
3.
4.
1985 1984 Bernard Tschumi,
Parc de la Vilette, pag 67
1995 1993 Franco Summa,
1995 Viene imballato il Reichstag di Berlino, impacchettato con un tessuto argentato.
2005
La porta del mare, p. 87
2001 Kurt Perschke,
2008 p. 137
Redball project, p. 107
2005 Viene realizzata l’opera più costosa nella carriera della coppia di artisti, The Gates, un percorso di 37 chilometri attraverso il Central Park di New York, costituito da materiale arancione intervallato da 7.503 portici, alti circa cinque metri e disposti a quattro metri di distanza uno dall’altro.
3. CHRISTO & JEANNE CLAUDE, Reichstag Wrapped , Berlino 1995.
2009
p. 147
2009 Jeanne-claude si spegne in seguito a dellle complicazioni dovute ad un aneurisma cerebrale.
4. CHRISTO & JEANNE CLAUDE, The Gates, Central Park, New York 2005. Foto di Wolfgang Volz.
PONT NEUF PARIGI, FRANCIA
P
83
5. CHRISTO & JEANNE CLAUDE, Pont Neuf Wrapped, Parigi 1985. Foto di Wolfgang Volz.
1985
CHRISTO E JEANNE-CLAUDE PONT NEUF WRAPPED
P
84
P
85
1993
Franco Summa, La porta del mare La porta del mare di Franco Summa è un installazione temporanea collocata a conclusione di una strada, della quale visivamente occupa l’intera estensione in larghezza, l’opera si comporta da mediatrice visiva con l’orizzonte e il mare, inquadrando il panorama attraverso due delle sue quattro soglie. La particolarità fondamentale dell’opera consiste soprattutto nella sua semplicità, nelle sue forme primarie assemblate in maniera quasi elementare. Composta da un insieme di parallelepipedi con le facce ciascuna di un colore diverso, l’opera si inserisce nel contesto urbano con un notevole stacco dall’ambiente circostante. La struttura in legno dipinto poggia su una gabbia metallica e basamento in calcestruzzo levigato. Nella sua forma che sembra far riferimento all’architettura razionalista o neocostruttivista, si propone come un grande segno-forma contraddistinta dall’uso del colore timbrico, a tinta piatta, che spicca senza mezze misure nel panorama tardo ottocentesco del centro di Pescara.
« Nella Porta c’è una dimensione mediterranea che nelle opere costruttiviste risulta totalmente assente. Se da una parte abbiamo il rigore nordico dall’altra abbiamo la fantasia generata dalla tradizione culturale di regioni solari dove il colore è sempre stato elemento caratterizzante.» ⁸ Il colore è da sempre al centro delle sperimentazioni di Summa, che riscontra nelle contrapposizioni cromatiche un fattore comunicativo in grado di creare un senso di rottura, di spaesamento percettivo, immaginativo ed emotivo, di invito per un altro livello di partecipazione ad un rapporto con spazi e comportamenti urbani. ⁸ Gillo Dorfles, presentazione per il libro Franco Summa Town Art L’Arte della Città, Edizioni Gangemi, Roma 2005
P
87
Pescara, Italia Piazza 1° Maggio Installazione temporanea maggio - agosto 1993
isolato
12, 80 m
42°28’21. N 14°12’37. E
1993
FRANCO SUMMA LA PORTA DEL MARE
P
88
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Parc de la Vilette
250.000 m²
Porta del mare Scultura temporanea
riqualificativo espositivo Lungo mare cittadino
160 m² Pont Neuf wrapped
238 m
PIAZZA 1° MAGGIO PESCARA, ITALIA
P
89
1993
FRANCO SUMMA LA PORTA DEL MARE
P
90
Dimensione temporanea L’intervento concepito come provvisorio, è un carattere frequente nell’opera di Summa; In questa dimensione esso acquista una legittimità e un valore se considerato in un contesto in cui le trasformazioni architettoniche ed urbanistiche si susseguono con grande rapidità.
PIAZZA 1° MAGGIO PESCARA, ITALIA
P
91
1.
2.
3.
1965
1975 1976
1965 Architettura radicale 1969 Campo Urbano p. 39
1965 Dalla metà degli anni Sessanta, Franco Summa sviluppa una ricerca artistica incentrata sul rapporto uomo-ambiente, trovando negli spazi urbani un specifico campo di intervento.
p. 47
1981
1973 Volterra ‘73 p. 57
1975 Franco Summa realizza l’opera urbana, L’arcobaleno infondo alla via, nella città di Sant’Angelo.
1976 Realizza Le parole vivono nella realtà le cose nella mente, installazioni e azioni in tre luoghi diversi nel paese di Castel di Sangro. Lo stesso anno viene invitato a partecipare alla Biennale di Venezia, dove realizza, con Michelangelo Pistoletto, Il Silenzio rosa.
1. F. SUMMA, L’arcobaleno infondo alla via, Sant’Angelo 1975.
1993
2. F. SUMMA, Le parole vivono nella realtà le cose nella mente, Castel di Sangro 1976.
FRANCO SUMMA LA PORTA DEL MARE
P
92
4.
5.
1993 1984 Bernard Tschumi,
Parc de la Vilette, p. 67
1981 Realizza l’happening dal nome Monumenti Urbani, Architettura, nello spazio verde della pineta dannunziana a Pescara.
2009 1999 Marco Navarra
Parco lineare, p. 97
1993 Viene invitato a realizzare un opera ambientale nel contesto del centro storico di Pescara, nasce così la Porta del mare, un monumento composto da forme plastiche primarie e da colori vivaci.
3. F. SUMMA, Monumenti Urbani, Architettura, pineta dannunziana, Pescara 1981.
2008 Olafur Eliasson
Waterfalls, p. 137
2009 Partecipa alla mostra Arte e Spazio pubblico a Terni, dove realizza diverse installazioni-happening.
5. F. SUMMA, Terra Uomo Cielo, vigna della cantina Zaccagnini a Bolognano, 2011.
4. F. SUMMA, Monumenti Urbani, Porta del mare, Pescara 1993.
PIAZZA 1° MAGGIO PESCARA, ITALIA
P
93
6.
5. 6. F. SUMMA, Monumenti Urbani, Porta del mare, Piazza 1째 Maggio, Pescara 1993.
1993
FRANCO SUMMA LA PORTA DEL MARE
P
94
7.
PIAZZA 1째 MAGGIO PESCARA, ITALIA
P
95
1999
Marco Navarra Parco lineare Il parco lineare, è un opera di rigenerazione ambientale a cura dell’architetto Marco Navarra, che con questo intervento si propone di disvelare gli antichi paesaggi agricoli, naturali e storici di una regione della Sicilia situata nell’entro terra, sul limite naturale degli Erei ed Iblei. Inserendosi in una ipotesi generale di riuso della ex linea ferrata a scartamento ridotto che collegava Caltagirone con Piazza Armerina, il parco lineare sviluppa il tema del paesaggio attraverso infrastrutture leggere, che non si impongono sul contesto naturale, ma che anzi si rivelano in silenzioso rapporto con gli elementi circostanti. I 14 km che collegano le due località presentano viadotti, tunnel e ponti; la via che li attraversa si contraddistingue grazie all’utilizzo di una palette cromatica variegata, che prende spunto dai toni caldi del territorio e che si pone talvolta in contrasto con essi, per restituire visivamente il movimento delle colline. Navarra progetta questo luogo di passaggio come un elemento di integrazione e di connessione fisica, sia economico che culturale, che si fa portavoce di un economia sostenibile e locale basata sul riutilizzo intelligente delle proprie risorse. L’intervento comprende la rivalutazione di alcuni edifici già presenti sul sito, risalenti all’architettura a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Queste strutture che compaiono sporadicamente, integrandosi con il paesaggio aspro dell’entro terra siculo, una volta ripristinati, sono stati investiti di nuove funzioni in linea con i bisogni della utenza turistica, mantenendo però un fascino rurale. Il progetto nel suo complesso può esser letto su due livelli differenti, quello fisico e quello astratto: il primo concentra l’attenzione sulla reintegrazione della zona semi abbandonata e la cura per il patrimonio naturalistico, mentre il secondo si focalizza su un nuovo approccio all’architettura industriale, che percepita come seconda natura del sito, assume e allo stesso tempo dona un valore storico e culturale alla zona.
P
97
Caltagirone, Piazza Armerina Italia Installazione permanente dal 1999
ï > 1000 37°14’23. N 14°30’38. E
1999
MARCO NAVARRA PARCO LINEARE
P
98
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Porta del mare
160 m²
Parco lineare Pista ciclabile
percorso riqualificativo Percorso naturale
Pont Neuf wrapped
14 km
238 m
PARCO LINEARE CALTAGIRONE-PIAZZA ARMERINA
P
99
1999
MARCO NAVARRA PARCO LINEARE
P
100
Segni graficizzanti Lâ&#x20AC;&#x2122;itinerario costruito sulla falsa riga della linea ferroviaria, presenta come segno fisso le file di cipressi costeggianti i binari sul fianco della collina.
PARCO LINEARE CALTAGIRONE-PIAZZA ARMERINA
P
101
1.
2.
1995
1999
1993 Franco Summa, La porta del mare
2001 Kurt Perschke, Redball project
p. 87
1995 Viene realizzato Frons scaenae, palco temporaneo per il teatro all’aperto nella città di Caltagirone, luogo dove l’architetto Marco Navarra opererà per la maggior parte della sua carriera.
3
p. 107
1999 Navarra progetta Parco lineare, pista ciclabile che da Caltagirone porta a Piazza rmerina, piccola cittadina in provincia di Enna.
1. M. NAVARRA, Frons scaenae, Caltagirone 1995.
1999
2. M. NAVARRA, Parco lineare, Caltagirone-Piazza armerina, 1999.
MARCO NAVARRA PARCO LINEARE
P
102
3.
4.
2004 2005
2008
2005 Ruedi Baur, Quartier des Spectacles p. 127
2004 Viene progettata e realizzata la biblioteca e gli uffici del dipartimento Dams a Bologna.
2008 Dus architects, City eye p. 147
2005 Navarra fonda lo studio Nowa. Lo studio si occupa, oltre che di architettura e paesaggistica anche dell’organizzazione di workshop e dell’allestimento di mostre.
2008 Viene pubblicato il libro La prigione è un campo, anzi un ipermercato, riflessione di Navarra sulla limitazione dello spazio e sulla sua progettazione.
Lo stesso anno inizia la serie di workshop Picnic al tempio, workshop sulla costruzione istantanea.
3. Studio NOWA, struttura costruita in occasione del workshop, Picnic al tempio-costruire naturale, San Michele di Ganzaria 2007.
4. Studio NOWA, struttura costruita in occasione del workshop, Picnic al tempio-costruire textures, San Michele di Ganzaria 2009.
PARCO LINEARE CALTAGIRONE-PIAZZA ARMERINA
P
103
5.
5. 6. M. NAVARRA, Parco lineare, panorama, Caltagirone- Piazza armerina, 1999.
1999
MARCO NAVARRA PARCO LINEARE
P
104
6.
PARCO LINEARE CALTAGIRONE-PIAZZA ARMERINA
P
105
2001
Kurt Perschke Redball project L’opera ideata da Kurt Perschke, è un progetto che attraverso una serie di installazioni temporanee si propone lo svelamento di quegli spazi inusuali e poco considerati che fanno parte del panorama urbano. Grazie alla forza carismatica del rosso e alle grandi dimensioni della sfera in vinile, l’opera ridefinisce il contesto in cui viene inserita, offrendo ai passanti un punto di riferimento all’interno della città. Si crea così un interazione giocosa tra opera, spazio e osservatore, che attratto dall’immediatezza dell’intervento riscopre quegli aspetti della realtà cittadina che concorrono a creare uno spazio comune. La forza del progetto risiede dunque, non tanto nell’oggetto in s, quanto nella reazione immaginativa che crea all’osservatore con cui viene in contatto. «Through the magnetic, playful, and charismatic nature of the RedBall the work is able to access the imagination embedded in all of us. On the surface, the experience seems to be about the ball itself as an object, but the true power of the project is what it can create for those who experience it»⁹ Per la natura scultorea dell’opera, il Redball project viene spesso associato alle Ballon Sculpture dell’artista His inhibitors, in quanto entrambi gli interventi possono esser considerati come unità di misura neutrali per la definizione spaziale dell’ambiente circostante. L’opera architettata da Perschke è un opera itinerante, portata in giro per diverse città del mondo, la cui forza comunicativa deriva dalla sua semplicità, grazie alla quale viene capita e apprezzata da persone di qualsiasi cultura, età o lingua.
⁹ Kurt Perschke, The RedBall Project : Artist Statement, RedBall Project: six cities, catalogo, Independent Publishing maggio 2009.
P
107
Londra, Regno Unito Centro città Installazioni temporanee luglio 2001
isolato
2,50 m
51°30’49.N 0°07’37. W
2001
KURT PERSCHKE RED BALL PROJECT
P
108
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Redball project Opera
percorso riqualificativo Parco lineare
Spazi inutilizzati
14 km
/ m2
CENTRO CITTÀ LONDRA, REGNO UNITO
P
109
Dimensione spaziale Si tratta di un intervento che fa capo allâ&#x20AC;&#x2122;immagine del riferimento, in quanto sia per la forma che per le dimensioni, ben si presta a denotare uno spazio.
2001
KURT PERSCHKE RED BALL PROJECT
P
110
CENTRO CITTÀ LONDRA, REGNO UNITO
P
111
1.
2.
1992
1998 1993 Franco Summa, La porta del mare p. 87
2001 1999 Marco Navarra, Parco lineare p. 97
1998 Inizia ad insegnare al dipartimento di scultura alla Webster university, dove resterà per tre anni.
1992 Perschke si laurea in storia dell’arte al Connecticut College. Si specializza in scultura l’anno successivo al Rocheste Institute of Technology.
1. Kurt Perschke durante una lezione workshop alla Robert Fulton School di Brooklyn, New York, 2013
2001
2. K. PERSCHKE, Redball project, Rolex Learning Center, Ecublens, Svizzera 2011.
KURT PERSCHKE RED BALL PROJECT
P
112
3.
2003 2003 Vito Acconci
Mur island, p. 117
2005 Ruedi Baur, Quartier des Spectacles p. 127
2001 Inizia il suo lavoro itinerante chiamato Redball Project, progetto basato sulla definizione e la caratterizzazione di zone “morte” all’interno del tessuto urbano. Questo progetto viene tuttora portato avanti e presentato in diverse città di tutto il mondo
2008 Olafur Eliasson, Waterfalls p. 137
2003 Tiene un corso sulla progettazione degli spazi pubblici e sulle pratiche progettuali basate sulle specificità del sito al Columbia College di New York .
3. K. PERSCHKE, Redball project, vista di una via del centro a Leuven, Belgio 2013.
CENTRO CITTÀ LONDRA, REGNO UNITO
P
113
P
114
P
115
2003
Vito Acconci Mur Island Nata in occasione della nomina da parte dell’UNESCO a Graz come città della cultura europea, Mur Island viene costruita inizialmente come un opera temporanea, che integrandosi con il paesaggio e la natura circostante fornisse un nuovo punto di riferimento per la cittadinanza e gli itinerari turistici. L’opera è una piattaforma galleggiante, un isola artificiale che unisce le due sponde del fiume Mur all’altezza del centro storico e Mariahilferplatz, a due passi dal museo d’arte moderna Kunsthaus progettato lo stesso anno da Peter Cook. Mur Island è un ponte esclusivamente pedonale, che al tempo stesso rappresenta un luogo di incontro e uno spazio ricreativo. La forma che ricorda un nodo o una grande conchiglia, è costituito da due strutture a cupola, una concava ed una convessa. La porzione concava dell’isola è un teatro a cielo aperto, una terrazza dove il pubblico è al tempo stesso spettatore e performer; quella convessa, simile ad una bolla d’aria sospesa nella corrente del fiume, racchiude al suo interno un caffé, bar lounge con arredamenti dello stesso Acconci; lo spazio che unisce entrambe le parti come una membrana elastica è il luogo riservato ai bambini, il playground sull’acqua formato da un vasto telaio dove arrampicarsi e scivolare in una versione moderna di giungla metallica. La piattaforma, collegata alle sponde opposte del fiume attraverso due lunghi ponti che la penetrano ad altezze e angolazioni diverse, è un luogo di passaggio in cui le funzioni fluiscono le une nelle altre, senza una delimitazione precisa che le renda spazialmente definibili. Di notte, l’isola dotata di luci di navigazione, viene illuminata da una serie di led azzurri, che le conferiscono un fascino quasi etereo nelle scure correnti del fiume Mur. L’installazione dell’architetto newyorkese fu talmente ben accolta dal pubblico e dalla cittadinanza che divenne un opera permanente e un punto di riferimento all’interno del tessuto urbano di Graz.
P
117
Graz, Austria Fiume Mur Installazione permanente dal 2003
Mariahilfer platz
Graz Kunsthaus
47°04’23. N 15°26’04. E
2003
VITO ACCONCI MUR ISLAND
P
118
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Mur Island Isola artificiale
percorso ricreativo Piattaforma
780 m2
Redball project
/ m2 Parco lineare
14 km
FIUME MUR GRAZ, AUSTRIA
P
119
Piattaforma galleggiante L’installazione ideata da Acconci nasceva come temporanea, in seguito alle critiche positive della cittadinanza, sono stati effettuati dei lavori strutturali per rendere permanente l’opera dell’artista.
2003
VITO ACCONCI MUR ISLAND
P
120
Interno Gli spazi interni sono caratterizzati dagli arredi, progettati come continuazione dell’ installazione. Si tratta di arredi modulari c omponibili, che consentono di unire i tavoli e i divani in moduli da 2 fino a 6 persone.
53 m
Anfiteatro La parte esterna dell’ installazione è caratterizzata dalle sedute dell’anfiteatro, uno spazio aperto in cui le forme richiamano le curve sinuose dello spazio in cui sono inserite.
FIUME MUR GRAZ, AUSTRIA
P
121
1.
2.
3.
1962
1968
1957 Internazionale Situazionista 1962 Allan Kaprow p. 21
1962 Acconci si laurea in letteratura e poesia, con lâ&#x20AC;&#x2122;intento di esplorare il linguaggio in maniera creativa.
Courty yard, p. 29
1965 Architettura radicale p. 39
1968 In questo periodo vengono presentate l e prime sperimentazioni dellâ&#x20AC;&#x2122;artista come video maker, con opere fortemente influenzate dal Situazionismo e appartenenti alla corrente della Body Art.
1. V. ACCONCI, Three Adaptation Studies (Hand & Mouth), video, 1970.
2003
2. ACCONCI STUDIO, Way Station I (Study Chamber), installazione permanente , 1983 distrutta nel 1985.
VITO ACCONCI MUR ISLAND
P
122
4.
1983
2002 2003 1985 Christo e Jeanne-claude, Pont Neuf, p. 77
1999 Marco Navarra,
Parco lineare, p. 97
1983 Acconci fonda il suo studio di architettura a New York. Way station a San Francisco è la prima opera d’arte pubblica permanente che viene loro commissionata.
3. V. ACCONCI, Crash, foto intaglio, acquatinta rilievo e goffratura, 1985.
2003 Viene commissionata allo studio Acconci un opera temporanea su proposta di Robert Punkenhofer in occasione dell’evento che vede Graz come capitale della cultura europea.
4. ACCONCI STUDIO, Mur Island, installazione permanente, 2003, foto di Harry Schiffer.
FIUME MUR GRAZ, AUSTRIA
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123
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124
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125
2005
Ruedi Baur Quartier des Spectacles Il Quartier des Spectacles, è un quartiere culturale che si estende per circa un chilometro quadrato, da City Councillors Street fino a René Lévesque Boulevard, inglobando quasi completamente il quartiere latino di Montréal. Il quartiere ha per fulcro la Place des Festivals, che ospita grandi manifestazioni internazionali quali il Montreal International Jazz Festival, le Francofolies e la manifestazione Illuminoteque. Al suo interno sono presenti una trentina di sale per spettacoli compreso il complesso intorno a Place des arts e numerosi altri spazi adibiti a iniziative culturali. Tra le grandi istituzioni del quartiere figurano il Théâtre du Nouveau Monde, il MonumentNational e la Société des arts technologiques. Il piano per la riqualificazione di quest’area ha compreso il progetto per l’identità visiva del quartiere, che è stata affidata allo studio Integral di Ruedi Baur in collaborazione con Jean Beaudoin. L’intervento proposto si è organizzato intorno alla restituzione al quartiere di un carattere distintivo che oltre ad esprimere un identità legata alla sua storia potesse fornire ai cittadini uno strumento per orientarsi all’interno dello spazio. Il distretto è caratterizzato dall’uso di installazioni luminose, che vengono proiettate in corrispondenza dei punti di maggior interesse, sulle facciate dei palazzi e in alcuni casi sui percorsi privilegiati all’interno dell’area. Uno degli elementi più distintivi del quartiere è certamente l’operazione di illuminazione dei percorsi pedonali, che attraverso l’utilizzo di doppie file di punti color rosso agiscono come una segnaletica in grado di veicolare gli utenti verso le sedi culturali o gli spazi accessibili e di omologare graficamente l’intera zona degli spettacoli. Tutti gli spazi pubblici all’interno del perimetro del Quartier des Spectacles, vengono collegati attraverso l’illuminotecnica a led, che la notte restituiscono allo spazio un fascino dinamico, armonizzando le diverse strutture ed enfatizzandone le funzioni.
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127
Montréal, Canada Quartiere latino Installazione permanente dal 2005
45°30’29. N 73°34’03. W percorso semi pedonabile
2005
RUEDI BAUR QUARTIER DES SPECTACLES
P
128
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m² Quartier des Spectacles Identità
riqualificativo ricreativo Quartiere latino
1.000.000 m2
Mur island
780 m2
QUARTIERE LATINO MONTRÈAL, CANADA
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129
IdentitĂ Lungo le vie di maggior passaggio del quartiere, sono posizionate luci di colore rosso, colore scelto per identificare la zona ricollegandola alla sua storia fatta di locali, cabaret e luoghi di spettacolo.
2005
RUEDI BAUR QUARTIER DES SPECTACLES
P
130
QUARTIERE LATINO MONTRÈAL, CANADA
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131
1.
2.
3.
1979
1989 1985 Christo e Jeanne-claude, Pont Neuf, p. 77
1979 Ruedi Baur si laurea alla Schule für Gestaltung di Zurigo.
1989 Fonda a Parigi lo studio Integral Ruedi Baur insieme ad altri otto designers. In questi anni inizierà a lavorare per le maggiori istituzioni del mondo dell’arte della capitale.
1997 Progetta la segnaletica per il Centre Pompidou di Parigi.
In questo stesso anno diventa coordinatore per il dipartimento di design dell’accademia di Belle Arti di Lyone, in carica fino al 1996.
1.INTEGRAL Ruedi Baur Paris, dettaglio della segnaletica per il Köln-Bonn Airport, 2003.
2005
2. R.BAUR, “Métamorphoses durables” padiglione Francese, Biennale di Venezia, 2004.
RUEDI BAUR QUARTIER DES SPECTACLES
P
132
3.
4.
1997
2002 1999 Marco Navarra,
Parco lineare, p. 97
2002 Baur fonda il suo secondo studio Integral Ruedi Baur a Zurigo. 2003 Di questo anno è la segnaletica e l’identità visiva per l’aeroporto di Köln Bonn in Germania.
2003 2004 2005 2006
2009
2003 Vito Acconci, Mur island p. 117
2004 Allestisce il padiglione francese in occasione della Biennale di Architettura di Venezia
2009 Progetta l’allestimento e l’identità per l’info point e la WIP vilette in Parc de la Vilette a Parigi.
2006 Progetta un intervento per l’identità urbana della logalità dell’Ille SeguinRives de Seine, che realizzerà in tutte le sue parti sei anni più tardi.
3. INTEGRAL Ruedi Baur, dettaglio delle installazioni create per la segnaletica ad Ille Seguin- Rives de Seine, Francia, 2012.
4.INTEGRAL Ruedi Baur, WIP Villette, Parc de la Vilette, Parigi, 2009.
QUARTIERE LATINO MONTRÈAL, CANADA
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133
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2008
Olafur Eliasson New York City Waterfalls Le New York City Waterfalls sono un progetto di arte pubblica dell’artista e designer Olafur Eliasson, commissionate e finanziate dal Public Art Found della città. Posizionate lungo l’East River, sulle sponde di Brooklyn, Manhattan e la Governors Island, le quattro cascate artificiali sono rimaste attive per circa quattro mesi. La struttura è costruita utilizzando elementi edilizi onnipresenti nel panorama urbano di New York: il ponteggio è la spina dorsale dell’installazione, le pompe permettono di portare l’acqua alla sommità del ponteggio, ad un altezza di 90-120 m sul livello del fiume, da dove poi precipita per tornare nelle correnti dell’East River. Grazie alla loro dislocazione le cascate sono visibili sia da terra che in barca, e vista la vicinanza di alcune di loro è possibile osservarne più di una contemporaneamente da punti di vista privilegiati.
« Se c’è una cascata, giusto lì all’orizzonte, guardandola pensi: “Oh, l’acqua precipita talmente piano” e pensi: “È davvero lontana ed è una cascata enorme.” Se l’acqua precipita più velocemente si tratta di una cascata più piccola e più vicina - perché la velocità con cui l’acqua precipita è più o meno costante dappertutto. E il tuo corpo, in qualche modo, lo sa. Questo quindi significa che una cascata è un modo di misurare lo spazio» ¹⁰ Trattandosi di una città simbolo come New York, l’artista ha voluto giocare con il senso dello spazio; aggiungendo infatti un unità di misura caratterizzante, il pubblico ha avuto modo di comparare le dimensioni all’interno dello spazio urbano, rendendolo più tangibile e di conseguenza più accessibile.
¹⁰ Olafur Eliasson, Playing with space and light, Ted Talks event 2009.
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137
New York, Stati Uniti Pier 35, Brooklyn bridge, Pier 4/5, Governors Island Installazione temporanea 26 giugno - 13 ottobre 2008
isolato
100 m
40°44’08. N 74°00’12. W
2008
OLAFUR ELIASSON NEW YORK CITY WATERFALLS
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138
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Quartier des Spectacles
1.000.000 m2
New York Waterfalls Opera ambientale
ricreativo - espositivo East river
100 m²
EAST RIVER NEW YORK, STATI UNITI
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139
Costi aggiuntivi Le banchine adiacenti alle opere hanno subito danni dovuti allâ&#x20AC;&#x2122;acqua salata portata dal vento. Ai costi fissati per le installazioni si sono dunque aggiunti quelli per il restauro delle infrastrutture.
2008
OLAFUR ELIASSON NEW YORK CITY WATERFALLS
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140
Vasche di filtraggio I pesci e la vita acquatica è stata salvaguardata da un impianto di filtraggio dell’acqua, attraverso piscine sospese sulla superficie
EAST RIVER NEW YORK, STATI UNITI
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141
1.
2.
1995
1997 1998
1993 Franco Summa, La porta del mare
1997 Prima opera nella carriera dell’artista, Room for one color, riceverà ottime critiche e verrà portato in numerosi musei in giro per l’Europa, esposto tra gli altri alla 50a Biennale di Venezia nel 2003.
2002 2003 2001 Kurt Perschke
p. 87
1995 Olafur Eliasson si laurea alla Royal Danish Academy of Fine Arts di Copenhagen
3
Redball project, p. 107
1998 In questo anno Eliasson progetta le sue prime serie di opere ambientali, Green River, che si svolgerà per la prima volta a Moss in Norvegia, e la serie Waterfall, installazione all’interno dell’esibizione Your body of work, a San Paolo in Brasile.
1. O.ELIASSON, Green river, tinta verde ecologica, Moss, Norvegia, 1998
2008
2002 Progetta e realizza Lava Floor, per il Musée d’Art Modern de la Ville di Parigi. 2003 Realizza The weather project per la Tate Modern di Londra. Con quest’opera Eliasson consolida la sua fama e viene riconosciuto dal grande pubblico.
2. O.ELIASSON, Lava floor, Musée d’art moderne, Parigi 2002.
OLAFUR ELIASSON NEW YORK CITY WATERFALLS
P
142
3.
4.
2005 2006 2007 2008 2005 Ruedi Baur, Quartier
des Spectacles p. 127
2005 Organizza per la terza Biennale di Tirana, in Albania, The collectivity project, un progetto volto a coinvolgere il pubblico alla costruzione dell’opera, attraverso la collaborazione.
2010 Lust, Urban echo 2012 Oh no sumo, Stairway cinema p. 167
p. 205
2006 In quest’anno Eliasson progetta Your Rainbow panorama, un installazione sul tetto dell’Aros Kunstmuseum di Copenhagen. L’opera verrà smontata cinque anni più tardi. 2007 In quest’anno progetta e realizza il Serpentine Gallery Pavilion a Londra.
3. O.ELIASSON, The weather project, Tate Modern, Londra 2003.
2008 Realizza le New York City’s Waterfalls, l’opera d’arte pubblica più costosa della storia della città, dopo The Gates al Central Park di Christo e Jeanne-Claude. Questo stesso anno, come insegnante della Berlin University of the Arts, fonda sia l’istituto per gli esperimenti sullo spazio che il suo studio personale.
4. O.ELIASSON, Serpentine gallery pavilion, Londra 2007.
EAST RIVER NEW YORK, STATI UNITI
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143
5.
5. O. ELIASSON, Waterfalls, Ponte di Brooklyn, New York City 2008. 6. O. ELIASSON, Waterfalls, Pier 35, New York City 2008.
2008
OLAFUR ELIASSON NEW YORK CITY WATERFALLS
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144
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145
2008
Dus Architects City eye Gli eventi City eye organizzati dagli architetti dello studio Dus, fanno parte di un progetto incentrato sulla definizione dello spazio al limite tra pubblico e privato. In questa prospettiva, gli occhi della città vengono interpretati dalle finestre, elementi posti al centro del progetto. Tutti gli eventi, in tutto cinque, dislocati per le vie della città di Amsterdam, rappresentano dei casi test in miniatura per osservare come si costituisce, attraverso le caratteristiche di ogni tipologia di finestra o di bucatura in genere, lo spazio di confine tra esterno e interno.
«This way, one’s private parquet will be part of the outdoor pavement for a moment, and the city becomes home» ¹¹ Nell’evento numero 4 organizzato in Leidsestraat, per esempio, strada tanto trafficata di giorno quanto deserta di notte, il confine spaziale è stato rappresentato dalla vetrina di un negozio. La vetrata rivestita da una pellicola riflettente, di giorno nascondeva l’interno del negozio, creando l’occasione per i passanti di confrontarsi con la propria immagine riflessa e subire un momentaneo effetto di spaesamento. Di sera al contrario, la facciata si modificava in maniera voyeuristica: come oscurato dall’esterno, l’interno si esponeva alla vista dei pochi passanti, che venivano attirati dalla luminosità accogliente del negozio. Giocando con l’ambiguità del sottile confine tra pubblico e privato, l’intervento realizzato da Dus, ha permesso di valutare come semplici escamotage visivi siano in grado di ridefinire le qualità di uno spazio, favorendo la partecipazione e lo scambio.
¹¹ DUS Architects, City eyes presentation, pubblicazione indipendente, 2008.
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147
Amsterdam, Paesi bassi St. Nicolastraat, Jordaan, Indische Buurt, Borneostraat Leidsestraat Installazioni temporanee aprile, maggio, settembre 2008
ï < 10 40°44’08. N 74°00’12. W
DUS ARCHITECTS CITY EYES
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148
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Quartier des Spectacles
1.000.000 m2
New York Waterfalls
100 m²
City eye Evento
percorso - ricreativo Alcune finestre della città
40 m²
CENTRO CITTÀ AMSTERDAM, PAESI BASSI
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149
Architettura Il city eye event n.4 è stato progettato in relazione al luogo e al contesto architettonico residenziale olandese: le finestre del pian terreno poste poco al di sopra del livello della strada, permettono lâ&#x20AC;&#x2122;interazione diretta con lâ&#x20AC;&#x2122;esterno.
2008
DUS ARCHITECTS CITY EYES
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150
CENTRO CITTÀ AMSTERDAM, PAESI BASSI
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151
1.
2.
2004 2003 Vito Acconci
Mur Island, p. 117
2004 Viene fondato lo studio DUS dagli architetti Hans Vermeulen, Martine de Wit e Hedwig Heinsman.
2008 2005 Ruedi Baur, Quartier
des Spectacles p. 127
2008 Viene organizzato City eye, una serie di installazioni che coinvolgono alcune finestre per le vie della città di Amsterdam.
1. DUS, GECEKONDU:China Bag Hotel, Amsterdam 2009
3
2009
2010 2010 72 hour urban action p. 177
2009 Vincono il premio premio per “il miglior progetto di architettura” consegnato dal Gazzettino Nazionale Olandere, con il progetto GECEKONDU:China Bag Hotel, un’installazione temporanea che permette di accamparsi per la notte, grazie all’utilizzo di borse di plastica riempite di sabbia, in modo da creare dei moduli simili a mattoni per la costruzione di una struttura chiusa.
2. DUS, Wish pavilion, installazione temporanea, Amsterdam 2010.
DUS ARCHITECTS CITY EYES
P
152
3.
4.
2011 Occupy Wall St. 2012 Oh no sumo, Stairway cinema p. 187
p. 205
2009 Sempre di quest’anno è l’installazione temporanea Wedding chapel, una struttura completamente costituita da tubi di plastica bianca, solitamente utilizzati per i sistemi d’aerazione.
2010 Vincono il primo premio alla Wonderland competition alla Biennale di Venezia di quest’anno. Dello stesso anno sono le installazioni urbane, Wish pavilion, un punto informativo commissionato da WWII memorial di Amsterdam, e Unlimited urban woods, una struttura chiusa dotata di specchi che riflettono la figura di un albero creando l’illusione di trovarsi in un bosco.
3. DUS, Unlimited urban woods, installazione temporanea, Amsterdam 2010.
2010 Bucky bar, nasce come un installazione spontanea per la sperimentazione sulla socialità urbana a Rotterdam. Si tratta di una struttura semiaperta composta da ombrelli che ospita oltre ad un bar anche piccole performance artistiche.
4. DUS, Bucky bar, installazione temporanea, Rotterdam 2010.
CENTRO CITTÀ AMSTERDAM, PAESI BASSI
P
153
5.
6.
2008
DUS ARCHITECTS CITY EYES
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154
7.
5. 6. DUS, City eye, Shopwindow, installazione temporanea, Leidsestraat 30, Amsterdam 2008. 7. DUS, City eye, Breakfast, happening, casa privata nel quartiere Indische Buurt, Amsterdam 2008.
CENTRO CITTĂ&#x20AC; AMSTERDAM, PAESI BASSI
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155
2009
Raumlabor Spacebuster Spacebuster è un progetto dello studio berlinese Raumlabor, che indaga gli spazi inutilizzati e la loro riappropriazione temporanea, interagendo in maniera flessibile con l’architettura e offrendo uno spazio urbano collettivo adibito a diversi usi. L’intervento è sviluppato sulla base di un furgone da cui retro esce uno spazio gonfiabile dalla capienza massima di ottanta persone. Per accedere allo spazio il visitatore passa attraverso lo sportello del passeggero fino ad una rampa, che dalla cabina posteriore del furgone giunge all’interno della bolla. La membrana, sostenuta da un generatore d’aria posizionato sotto la rampa, è composta in materiale sintetico translucido, per permettere la visibilità seppur schematica, sia dall’interno verso l’esterno che viceversa. Così facendo si crea tra dimensione pubblica e privata un confine semi permeabile che invita alla partecipazione e alla condivisione. Gli eventi proposti da Raumlabor si snodano in diversi siti della città di New York, per un totale di dieci giorni, offrendo un momento di incontro per la comunità locale attraverso workshop, proiezioni, spettacoli e cene. Una delle qualità più notevoli del progetto risiede nella possibilità collettive insite nella struttura dell’intervento, che non richiede un sito specifico per operare, ma che anzi permette il riutilizzo di quelle zone abbandonate della città che spesso vengono ignorate, elaborando un’architettura istantanea capace di permeare in maniera fluida qualsiasi tipo di spazio. Raumlabor, ha rappresentato in questo senso un nuovo approccio all’urbanità basato su qualità nomadi, concentrandosi sul comportamento delle persone piuttosto che sulla disposizione degli edifici e centrando l’obbiettivo che gli vedeva impegnati ad interagire con un ambiente ad alta densità come Manhattan e con il complesso tessuto sociale di Brooklyn, dove lo spazio è uno dei beni più preziosi.
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157
New York, Stati Uniti Gansevoort plaza, Manhattan 33 Flatbush Ave. Brooklyn Installazioni temporanee
17 aprile - 26 aprile 2009
ï 80
40°44’08. N 74°00’12. W
2009
RAUMLABOR SPACE BUSTER
P
158
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Quartier des Spectacles
1.000.000 m2
Spacebuster
New York Waterfalls
Eventi
100 m² City eye
40 m²
riappropriazione ricrativo Spazi inutilizzati
80 m²
GANSEVOORT PLAZA, MANHATTAN NEW YORK, STATI UNITI
P
159
Itinerario A New York, il Raumlabor’s Spacebuster ha sostato per 24 ore in nove tappe all’interno del tessuto urbano. L’evento iniziato il 16 aprile si è concluso il 26 dello stesso mese.
2009
RAUMLABOR SPACE BUSTER
P
160
Soft opening L’apertura degli eventi itineranti si è tenuta nella galleria sotto la sopraelevata nel quartiere residenziale di Chelsea.
GANSEVOORT PLAZA, MANHATTAN NEW YORK, STATI UNITI
P
161
1.
2.
2002
2005
2001 Kurt Perschke, Redball project p. 107
3
2006
2005 Ruedi Baur, Quartier
des Spectacles p. 127
2002 Viene organizzato il primo workshop, Kinderstadt, a Der Saale in Germania. Il workshop si concreta sullâ&#x20AC;&#x2122;inclusione dei bambini sul dibattito per la progettazione urbanistica.
2008 Dus Architects
City eyes, p. 147
2005 Gasthof Bergkristall, è un progetto realizzato in collaborazione con gli studenti del BTU Cottbus, la struttura si propone come installazione temporanea per il pernottamento nel centro di Berlino
1. RAUMLABOR, Gasthof Bergkristall, installazione temporanea, Berlino 2005.
2009
2. RAUMLABOR, Experimentelles bauen, installazione temporanea, Berlino 2006.
RAUMLABOR SPACE BUSTER
P
162
3.
4.
2009 2010
2012
2006 Raumlabor organizza il workshop Experimentelles bauen, per la progettazione e la costruzione di strutture parassite per la riqualificazione di edifici abbandonati. Dello stesso anno è la struttura Spindel, punto ricreativo creato in occasione del festival cittadino di Guben in Germania.
2009 Viene presentato a New York, Spacebuster, per la riappropriazione degli spazi inutilizzati della cittĂ . 2010 Viene realizzata a Anyank in Corea del Sud la struttura OpenHouse, totalmente composta in legno si propone come luogo di incontro e punto ricreativo per tutti gli abitanti del quartiere.
3. RAUMLABOR, OpenHouse, struttura permanente, Anyank, Corea del Sud 2010.
2012 In occasione del TodaysArt Fest di The Hague, Raumlabor realizza Vortex, un installazione totalmente composta da materiale di scarto recuperato sul sito e nelle sue vicinanze.
4. RAUMLABOR, Vortex, installazione temporanea TodaysArt, The Hague 2012.
GANSEVOORT PLAZA, MANHATTAN NEW YORK, STATI UNITI
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163
5.
5. 6. RAUMLABOR, Space buster, installazione mobile, Old American Can Factory, Gowanus, Brooklyn, New York City 2009.
2009
RAUMLABOR SPACE BUSTER
P
164
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165
2010
Lust lab Urban Echo Urban Echo, è un progetto di interactive design sviluppato dallo studio multidisciplinare Lust. Le installazione dislocate in cinque città dei Paesi Bassi, sono state ideate per riportare l’attenzione degli spettatori sulla dimensione dello spazio reale e sulle interazioni di quest’ultimo con le nuove tecnologie. Il concetto portante si fonda sulla volontà di restituire alle distanze fisiche un corrispettivo visivo, in un epoca in cui i sistemi di comunicazione globalizzati hanno permesso alle persone di rimanere connesse eludendo quasi totalmente il rapporto con lo spazio concreto. Urban echo prende una parte di questi mezzi di comunicazione per metterlo al servizio dei luoghi reali, nelle aree pubbliche della città, per collegare persone e culture diverse.
« Urban Echo allows interaction beyond our immediate space, extending public areas together, regardless of distance » 12 Utilizzando come supporto la tipica struttura del cartellone pubblicitario, Lust ha creato un gioco di specchi che attraverso webcam permette ai cittadini di vedersi trasportati in un altro contesto urbano o semplicemente di osservare una finestra aperta su un altro luogo. Gli schermi possono presentare una serie di combinazioni che in alcuni casi rende possibile l’interazione tra individui attraverso una disposizione a frattale. Lo studio olandese si è sempre preoccupato di riservare alle nuove tecnologie un posto d’onore nella progettazione, creando dei lavori che le integrassero in maniera coerente e fruttuosa, senza scadere mai nel banale.
12 Lust, Urban echo presentation, A city with a city, video, Rotterdam 2010.
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167
Eindhoven,Vilnius, Breda Brebant, Den Bosch Paesi Bassi Installazione permanente dal 2010
collegamenti virtuali
2010
LUST URBAN ECHO
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168
aperto
privato
pubblico
chiuso
10 m²
Quartier des Spectacles
1.000.000 m2
New York Waterfalls Spacebuster
100 m²
80 m² City eye
40 m²
Urban echo Opera
percorso espositivo Cartelloni pubblicitari
/ m2
EINDHOVEN, VILNIUS, BREDA BREBANT, DEN BOSCH , PAESI BASSI
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169
La città dentro la città L’opera intera ruota intorno al concetto di frattale. L’idea fondante sta nell’utilizzare la tecnologia per eliminare le distanze grazie a link visivi.
2010
LUST URBAN ECHO
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170
EINDHOVEN, VILNIUS, BREDA BREBANT, DEN BOSCH , PAESI BASSI
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171
1.
2.
1996
2001 2002 1999 Marco Navarra, Parco lineare p. 97
1996 Viene fondato a The Hague in Olanda, Studio Lust da Jeroen Barendse, Thomas Castro e Dimitri Nieuwerhuizen. Lo stesso anno, tra i primi incarichi affidati allo studio, la tipografia bitmap per le insegne luminose sulla facciata della sede centrale della cooperativa sociale De Volharding.
2001 Lo studio progetta una segnaletica per la zona costiera di Hoek van Holland, in occasione di Rotterdam, capitale della cultura europea. La segnaletica si compone di diverse installazioni concepite per sottolineare lâ&#x20AC;&#x2122;esperienza umana allâ&#x20AC;&#x2122;interno del luogo, da un punto di vista storico, culturale ed economico.
1. LUST, De Volharding facade typography, installazione luminosa e tipografia,The Hague 1996.
2010
3
2005 2005 Ruedi Baur, Quartier
des Spectacles p. 127
2002 Lust progetta la segnaletica per il Nemo di Amsterdam, museo sulle nuove tecnologie. La segnaletica si propone di rappresentare il mondo digitale attraverso una tipografia specifica.
2. LUST, Segnaletica per Hoek van Holland, installazione temporanea, Hoek van Holland, Rotterdam 2001.
LUST URBAN ECHO
P
172
3.
4.
2010
2011
2009 Raumlabor,
Spacebuster, p.157
2005 Vengono progettati e realizzati una serie di interventi artistici all’interno del tessuto urbano della città di The Hague, per il TodaysArt Fest, utilizzando gli elementi cromatici della stessa identità visiva.
2012 Esterni, Isto é uma praça p. 195
2010 Viene fondato lo studio per la ricerca e la progettazione Lustlab. Questo stesso anno inizia la progettazione di Urban Echo.
3. LUST, segnaletica e installazioni per il TodaysArt Fest, The Hague 2005.
2011 Lust realizza in occasione della Biennale del design sperimentale di Lisbona, usa serie di installazioni dal nome RE(X)URSION dotate di QRcode nelle piazze centrali della città.
4. LUST, RE(X)URSION, installazione temporanea, Lisbona 2011.
EINDHOVEN, VILNIUS, BREDA BREBANT, DEN BOSCH , PAESI BASSI
P
173
5.
5. LUST, Urban Echo, installazione interattiva permanente, collegamento tra Eindhoven e Vilnius, Olanda 2009. 6.LUST, Urban Echo, installazione interattiva permanente, collegamento tra Eindhoven e Breda, Olanda 2009.
2010
LUST URBAN ECHO
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174
6.
EINDHOVEN, VILNIUS, BREDA BREBANT, DEN BOSCH , PAESI BASSI
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175
2010
Karjevsky, Halbrecht 72 Hour Urban Action 72 hour urban action è un evento sociale diretto alla restaurazione del tessuto urbano di varie città del mondo. La prima edizione è stata proposta alla Biennale di urbanistica del paesaggio di Bat-Yam, nei sobborghi di Tel Aviv, nel settembre del 2010. Dopo un’analisi dell’area, della mappatura dei flussi di circolazione, delle abitudini e delle caratteristiche fisiche del contesto urbano, è stata scelta la strada che offriva le migliori potenzialità di intervento ed è stata divisa in dieci siti per altrettante squadre di lavoro. La caratteristica e l’obbiettivo principale della competizione risiede nella volontà di operare cambiamenti urbanistici in tempo reale, per creare progetti di spazi pubblici evitando lo spreco di denaro e di tempo che solitamente questi interventi implicano.
«We wanted to show that change is possible, to inspire people to engage more closely with their surroundings and to challenge accepted ideas around the ownership of public space»13 A questa edizione sono stati invitati a partecipare 120 tra architetti e designers di varie nazionalità, che in tre giorni e tre notti, hanno dovuto realizzare la loro idea. I partecipanti hanno lavorato a stretto contatto con la comunità locale, per integrare nella progettazione i bisogni e le aspettative dei residenti e dar voce alle loro necessità attraverso un linguaggio architettonico semplice e chiaro. Anche per questo motivo, il 30 percento dei progetti realizzati durante 72 hour urban action è riuscito ad ottenere un’autorizzazione edilizia retroattiva per garantire il mantenimento delle strutture, che successivamente sono state prese in gestione dai residenti stessi. 13 Gilly Karjevsky e Kerem Halbrecht, “72 hour urban action”, articolo di Joshua Simon,in Domus 948, giugno 2011.
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Bat-Yam, Israele Ort Israel street Installazioni temporanee
17 aprile - 26 aprile 2009
32°00’42. N 34°44’53. E percorso pedonabile
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aperto
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Nothern Gate Nothern Gate, è un progetto per rendere vivo l’ingresso al Business District all’incrocio tra due vie di natura diversa: la trafficata Yoseftal St. e la pedonale Ort Israel St.
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Restrizioni Realizzando il progetto con l’autorizzazione per una manifestazione invece che con un permesso edilizio, è stato possibile togliere di mezzo parecchi vincoli normativi. Nonostante ciò rimase il divieto di escavazioni più profonde di 30 centimetri (a causa delle infrastrutture sotterranee) e quello di non ampliare i lavori alla strada.
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2010 2005 Ruedi Baur,
2008 Dus Architects
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2012 2011 Occupy Wall St.
2010 Viene organizzato per la prima volta, in occasione della Biennale of Landscape urbanism, l’evento 72h Urban Action da Kerem Halbrecht e Gilly Karjevsky a Bat-Yam.
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2012 Visto il successo riscosso con la prima edizione viene riproposto l’evento nelle città di Stuttgart in Germania e Terni in Italia.
1. Gruppo di lavoro But, Yam davanti al Northen Gate, primo premio nella prima edizione di 72 hour urban action a Bat Yam, Israele 2010.
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2. Struttura temporanea The Reluctant Doorman, a Stuttgart, Germania 2012.
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2013
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2013 Il comitato di 72 hour urban action viene invitato a costruire delle strutture comuni per il festival di musica Roskilde in Danimarca.
2014 Nasce in collaborazione con i fondatori di 72 hour urban action, lâ&#x20AC;&#x2122;iniziativa 72 hour Interactions, un evento competitivo incentrato sulle nuove tecnologie al servizio delle comunitĂ urbane.
3. Gruppo di lavoro per The Grill, struttura temporanea in occasione del Roskilde festival, Roskilde, Danimarca 2013.
4. Immagine promozionale per 72 hour interactions a Berlino.
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5. 712 TEAM, The Salon, installazione temporanea, 72 hour urban action, Bat Yam, Israele 2010. 6. BUT, YAM TEAM, Northen Gate, installazione temporanea, 72 hour urban action, Bat Yam, Israele 2010. 7.DZO PROJECT TEAM, Southern Gate, instalazione temporanea, 72 hour urban action , Bat Yam, Israele 2010.
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Occupy Wall Street Negli ultimi quattro anni si è assistito a un crescendo di movimenti rivoluzionari e riformisti in tutto il mondo. Dalla Primavera Araba agli 15-M spagnoli (erroneamente definiti indignados), dalla protesta contro l’austerità selvaggia in Grecia a quella anti-Erdogan in Turchia, fino ai recentissimi risvolti drammatici delle manifestazioni pro-europeiste in Ucraina, le popolazioni in rivolta hanno catalizzato i media ufficiali e hanno anche pervaso i nuovi media grazie ai social network e al citizen journalism, che hanno consentito ai manifestanti non soltanto di rendersi più visibili, offrendo la propria versione degli eventi, ma anche di restare in contatto con movimenti affini in giro per il mondo. Ciò ha permesso un fenomeno nuovo e interessante sia dal punto di vista storico-politico e sociale, sia linguistico: si sono verificate migrazioni di slogan, contaminazioni linguistiche e consonanze di istanze e modalità di resistenza mai osservate nei decenni precedenti. C’è stato poi un movimento che, per così dire, “ha avuto più a cuore il processo che il risultato”14 e per cui ha avuto sempre meno senso individuare una serie di richieste specifiche e circostanziate se prima non fosse avvenuto un mutamento profondo del sistema democratico tradizionale.
« L’unica cosa che tutti abbiamo in comune è che siamo il 99% che non tollererà più l’avidità e la corruzione del 1%. Stiamo usando la tattica rivoluzionaria della primavera araba per raggiungere i nostri fini e incoraggiare l’uso della non violenza per massimizzare la sicurezza di tutti i partecipanti. Questo movimento vuole dare più potere alle
14 Todd Gitlin, “The Left Declares Its Independence”, in New York Times, 8 ottobre 2011
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persone per creare un vero cambiamento dal basso verso l’alto. Vogliamo vedere assemblee in ogni cortile, in ogni angolo di strada, perché non abbiamo bisogno di Wall Street e non abbiamo bisogno dei politici per costruire una società migliore. »15 È ormai consuetudine datare l’origine del movimento Occupy facendolo corrispondere all’appello lanciato nel luglio 2011 dal collettivo no-global con sede a Vancouver Adbuster, capitanato da Kalle Lasn. Quest’ultimo condivise su Twitter l’immagine di una bandiera americana con i loghi di alcune multinazionali al posto delle stelle. L’immagine non risultò nuova, il tweet rimandava a un articolo pubblicato ad aprile sulla rivista di Adbusters, che invitava l’America a ribellarsi contro il sistema corrotto delle multinazionali. La novità riguardava l’hashtag: #OccupyWallStreet. In breve tempo moltissimi accolsero positivamente quella che inizialmente poteva apparire una provocazione e che al contrario condusse alla prima occupazione dello Zuccotti Park, vicino ai palazzi di Wall Street, il 17 settembre 2011. In realtà, non si trattò che del primo gesto visibile di un fermento già presente negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo, le cui principali caratteristiche erano la ricerca di forme di democrazia diretta e il ripensamento del concetto di spazio pubblico. Durante la manifestazione furono istituiti una serie di spazi comuni, tra i più famosi ricordiamo la People’s library, una biblioteca collettiva situata nell’angolo nord-est della Liberty Plaza. La biblioteca forniva accesso libero, aperto e senza restrizioni ad una collezione di libri, riviste, giornali, ‘zines, opuscoli e altri materiali raccolti e scoperti durante l’occupazione.
15 Global Spring Movement, “The Global May Manifesto”, in The Guardian, 11 maggio 2012
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2010 2011 2008 Dus Architects
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dicembre 2010 Iniziano in diverse città della Tunisia una serie di proteste e sommosse, a cui verrà generalmente dato il nome di Rivolta dei Gelsomini.
2010 72 hour urban action
maggio 2011 Cominciano le proteste del movimento 15-M in Spagna, meglio conosciuti come indignados, con una partecipazione iniziale di 58 città spagnole. Le origini possono essere ricondotte ai movimenti organizzati sui social network e sulla piattaforma digitale ¡Democracia Real Ya!
1. Schermata dell’account Occupy Wall Street sul social network Twitter.
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luglio 2011 Kalle Lasn, redattore della rivista canadese Adbusters, e alcuni colleghi pubblicano una serie di tweet, con l’intenzione di creare un movimento di protesta sotto l’hashtag #OccupyWallStreet.
2. Manifestante con un cartello che riporta lo slogan centrale della protesta, We are 99% New York, settembre 2011.
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settembre 2011 Iniziano le manifestazioni Occupy Wall street, con qualche centinaio di persone a dormire al Zuccotti Park di New York durante la notte tra il 17 e il 18 settembre.
ottobre 2011 Vengono arrestati più di 700 manifestanti che partecipano alla marcia attraverso il ponte di Brooklyn.
novembre 2011 Durante la notte viene smantellato a forza il campo di Zuccotti park, da parte della polizia di New York, con l’arresto di oltre 140 persone.
Lo stesso mese la protesta Occupy si diffonde in più di 900 città in giro per il mondo, incluse Chicago, Minneapolis, Phoenix, Parigi, Londra, Tokyo, Berlino, Sydney e Hong Kong.
3. Manifestanti durante la marcia sul ponte di Brooklyn, New York, ottobre 2011.
4. BANSKY, Monopoly Board, opera temporanea durante Occupy London, ottobre 2011.
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Esterni Isto é uma Praça! Dal 14 al 29 giugno 2012 Esterni in collaborazione con gli abitanti di Guimarães ha sviluppato il progetto Isto é uma Praça! nel cuore del quartiere residenziale di Couros, zona della città, che in occasione della nomina a Capitale della Cultura Europea, è stata al centro di un ampio piano di riqualificazione. L’intervento di Esterni si è incentrato sulla costruzione di un nuovo spazio pubblico tra le antiche vasche di pietra della vecchia conceria, sperimentando un nuovo modello di progettazione e gestione, che integrasse la comunità locale e che fosse dunque uno specchio della collettività e delle sue aspirazioni. Il cantiere, aperto a chiunque avesse voglia di contribuire, è stato un’occasione per la comunicazione e la progettazione responsabile, punto sul quale il gruppo di architetti ha sempre concentrato le proprie forze. L’intera struttura della piazza è stata composta in legno grezzo, per donare allo spazio esterno una sensazione accogliente e famigliare, inoltre è stata prestata una certa attenzione al rispetto degli elementi preesistenti che hanno contribuito alla valorizzazione del sito e della sua storia. Esterni ha voluto restituire al quartiere un luogo di incontro e di scambio, dove sviluppare nuove relazioni e progetti, lo spazio è stato infatti pensato per ospitare performance, concerti, proiezioni e spettacoli e allo stesso tempo per far da sfondo alle attività quotidiane più comuni. Una piazza multifunzionale, una sorta di centro culturale all’aperto la cui gestione è stata affidata agli abitanti della zona. Parallelamente alla costruzione sono state sviluppate numerose attività: concerti, teatro, cinema, reading e azioni di strada che hanno contribuito a far nascere e crescere una nuova comunità di persone intorno a Isto é uma Praça! La vita della piazza, dopo la sua inaugurazione, continua ad esser soggetta alla progettazione e alle sperimentazioni della cittadinanza, che di propria iniziativa ha istituito orti comunitari e nuove strutture per l’infanzia e il verde pubblico.
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Guimarães, Portogallo Rua de São Francisco, Couros Installazione permanente 14 luglio - 29 luglio 2012
41°26’23. N 08°17’32.W piazza di quartiere
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ESTERNI ISTO È UMA PRAÇA!
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privato
pubblico
chiuso
10 m²
72 hour urban action
350.000 m²
Isto é uma Praça! Evento
riqualificativoricreativo Sito in abbandono
800 m²
RUA DE SÃO FRANCISCO GUIMARÃES, PORTOGALLO
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Accessibilità Per rendere accessibile la zona dell’antica ex conceria sono state costruite delle rampe di scale alte 2.50 m per superare il muro di cinta che divideva il sito dalla strada
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Arredi Tutti gli arredi della piazza sono stati progettati e realizzati dal gruppo di volontari in collaborazione con i designers di Esterni durante la manifestazione, prima dell’apertura ufficiale.
RUA DE SÃO FRANCISCO GUIMARÃES, PORTOGALLO
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1995 1993 Franco Summa
La porta del mare, p. 87
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2002 2003 1999 Marco Navarra,
Parco lineare, p. 97
1995 Esterni si propone come impresa culturale con base a Milano, cui fondatori sono Lorenzo Castellini e Beniamino Saibene.
2003 Vito Acconci, Mur island p. 117
2002 Esterni dà avvio al Laboratorio creativo per lo spazio pubblico, per incentivare il dibattito e lo scambio per la progettazione dei luoghi collettivi della città.
1. ESTERNI, Laboratorio creativo per lo spazio pubblico, Orti comunali, Milano 2002.
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2. ESTERNI, Cantieri aperti, evento e installazioni temporanee, Milano 2003.
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2008 2009 2008 Dus Architects
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2012 2012 Oh no sumo, Stairway cinema,
2003 Viene organizzato Cantieri Aperti, manifestazione volta a restituire tutte quelle zone nella città di Milano dismesse o abbandonate causa lavori e cantieri in corso.
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2008 Esta es una plaza, è un workshop incentrato sulla progettazione per la riqualificazione urbana, tenuto nella città di Madrid. 2009 Viene presentato Scultura diffusa, un progetto d’arte pubblica pensato per le facciate di case, palazzi e grattacieli, da realizzare su richiesta degli stessi inquilini.
3. ESTERNI, Scultura diffusa, installazione su facciata, Matteo Bosco, Milano 2009.
2012 Sulla falsa riga del progetto del 2008 viene organizzato a Guimarães in occasione della nomina a capitale della cultura europea, Isto é uma Praça, che si propone di offrire una piazza e uno spazio comune nella zona dismessa di un quartiere della periferia della città.
4. ESTERNI, Esta es una plaza, installazione permanente, Madrid 2008.
RUA DE SÃO FRANCISCO GUIMARÃES, PORTOGALLO
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Oh.no.sumo Stairway cinema Alla fermata dell’autobus, all’incrocio tra Symonds Street e Mount Street, il collettivo neozelandese Oh.no.sumo ha realizzato il suo terzo grande progetto, il Stairway cinema. Partendo da un sondaggio sul sito, lo studio ha analizzato i tipi di rapporti che vengono a crearsi tra gli utenti durante l’attesa dei mezzi pubblici, riscontrando un fattore di separazione e isolamento dovuto all’interazione con smartphone e device digitali.
« Members of the public retreat individually into the media offered on their mobile phones. This in turn results in greater separation and dislocation from an existing community that is waiting to be activated»16 Concentrandosi su questo dato, Oh.no.sumo ha sviluppato un progetto che si organizzasse intorno alle possibilità socializzanti derivate dall’utilizzo di questi stessi mezzi tecnologi. Installata al di sopra di una rampa di scale, all’entrata di un palazzo adiacente alla fermata dell’autobus, la struttura offre una zona proiezione dove i passanti sono invitati a condividere video e a ristabilire un contatto reale, non esclusivamente virtuale ma anche fisico. Proponendo un supporto simile a quello ricercato sui loro telefoni, l’esperienza individuale diventa esperienza collettiva, incorniciata in un contesto architettonico, che grazie alla progettazione si trasforma in uno spazio pubblico e comunitario. La struttura è stata rivestita esternamente da una triplice membrana impermeabile, che dona un effetto di luce soffusa adatta alla proiezione. La scalinata è stata dotata di cuscini creati su misura, così da costituire la platea ideale per accogliere gli spettatori. 16 Oh.no.sumo, Stairway cinema presentation, pubblicazione indipendente, Auckland 2012.
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Auckland, Nuova Zelanda Symonds Street Installazione permanente dal 2012
ï < 10 36°50’57. S 174°46’01. E
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OH NO SUMO STAIRWAY CINEMA
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pubblico
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Isto é uma Praça!
800 m²
Stairway cinema Opera
percorso riceativo Fermata del bus
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SYMONDS STREET AUCKLAND, NUOVA ZELANDA
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Multimedia La particolarità dell’intervento risiede nella sua interattività. Attraverso l’utilizzo di device digitali l’utente è invitato ad interagire con l’installazione e con gli altri spettatori.
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Scheletro L’installazione è composta da uno scheletro in sottili listelli di legno di pino della dimensione di 24 x 24 cm.
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2009 2005 Ruedi Baur, Quartier des Spectacles, p. 127
2008 Dus Architects
City eyes, p. 147
2009 Viene fondato a Auckland lo studio Oh.no.sumo dai quattro neo laureati in architettura, James Pearce, Patrick Loo, Katherine O’Shaughnessy e Sarosh Mulla
2010 2011 Occupy Wall St. p. 187
2010 Progettano il Paper Sky, un’installazione all’interno di un lounge bar, totalmente composta da origami di carta montati su una struttura modulare fluida.
Il primo progetto da associati è il Cupcake pavilion, struttura in cartone situata nel centro affari nella città di Auckland.
1. OH.NO.SUMO, Cupcake pavilion, installazione temporanea, Auckland, Nuova Zelanda 2009.
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2. OH.NO.SUMO, Paper Sky, installazione permanente, Auckland, Nuova Zelanda 2010.
OH NO SUMO STAIRWAY CINEMA
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2012 2012 Esterni, Isto é uma praça p. 195
2012 Progettano e realizzano l’installazione Stairway cinema, una struttura dotata di proiettore situata alla fermata dell’autobus.
3. OH.NO.SUMO, Stairway Cinema, installazione temporanea, Auckland, Nuova Zelanda 2012. Fotografia di Simon Devitt.
SYMONDS STREET AUCKLAND, NUOVA ZELANDA
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4. 5. OH NO SUMO, Stairway cinema, vista interna e frontale, installazione temporanea, Auckland, Nuova Zelanda 2012. Foto di Simon Devitt.
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Conclusioni Siamo entrati nell’era della trasparenza. Aumentata, digitalizzata, istantanea e presente ovunque, la condizione digitale suscita una nuova forma di comunità virtuale molto particolare. La connettività costante è radicalmente immersiva. Certo riduce il sentimento di solitudine perché siamo sempre e ovunque raggiungibili. L’individuo ha perso la sua indipendenza, la sua intimità, completamente dipendente da protesi digitali. Sempre più persone sanno ormai d’essere “tracciate” ovunque, però non hanno forse ben capito che l’invasione va molto oltre lo sfruttamento dei dati personali inseriti in Facebook o divulgati da Twitter. Stiamo attraversando un mutamento di civilizzazione, abbiamo preferito la connettività alla collettività. I social media trasportano emozioni e le fanno condividere. Funziona come un sistema integrativo di pulsioni, desideri, frustrazioni, che circolano alla velocità della luce. I grandi movimenti a partire dalla Primavera araba, via Occupy Wall Street e Los Indignados, sono stati emozioni collettive e connettive che hanno attraversato frontiere e culture. Esistono numerosi eventi cognitivi ed emotivi che percorrono da persona a persona motivando ciascuno alla condivisione di esperienza e pure all’azione politica. Dobbiamo concedere che oggi la mappa geopolitica del mondo intero è stata cambiata dall’arrivo, tramite la rete, sulla scena politica di una nuova classe politica, di un nuovo attore: la massa interattiva. Questi mutamenti sociali investono strategie e pratiche relazionali e identitarie nei territori mediali della contemporaneità, con particolare attenzione alla ridefinizione della distinzione tra pubblico e privato. La città tradizionale è stata uccisa da uno sviluppo capitalistico sfrenato, vittima sacrificale della continua necessità di spendere il capitale accumulato in eccesso che ha determinato un crescita urbana esponenziale, senza nessuna preoccupazione per le conseguenze sociali,
CONCLUSIONI
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ambientali e politiche. Il nostro principale compito politico, suggerisce Lefebvre, consiste allora nell’immaginare e ricostruire un modello di città completamente diverso dall’orribile mostro che il capitale globale e urbano produce incessantemente. Il nostro obbiettivo, come designers dovrebbe consistere nella trasformazione della vita quotidiana nelle città, intendendo quest’ultima come incubatrice di idee, modelli e movimenti rivoluzionari.
«L’Homo ludens vorrà lui stesso trasformare e ricreare questo ambiente e questo mondo secondo i suoi bisogni. L’esplorazione e la creazione dell’ambiente verranno allora a coincidere perché l’Homo ludens, creando il suo territorio da esplorare, si occuperà di esplorare la propria creazione » 16 Dobbiamo dunque ritrovare la dimensione del gioco, inteso come fondamento di ogni cultura dell’organizzazione sociale, un gioco vivo e libero che, come auspicava Huizinga, ci potrà liberare dalle catene di una società sempre più opprimente e coercitiva.
16 Francesco Careri, New Babylon- una città nomade, Testo&Immagine, Torino 2001
CONCLUSIONI
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Bibliografia Testi generali Alexander Christofer, A pattern language, Oxford university press, New York, 1977 Boeri Stefano, Use: uncertain states of Europe/ Multiplicity. Viaggio nell'Europa che cambia, Skira editore, Milano 2003 Boyer Bryan, Hill Dan, Brickstarter, Sitra press, Helsinki, 2013 Caramel Luciano, Mulas Ugo, Munari Bruno, Campo urbano: Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana, catalogo della mostra (Como, 21 settembre 1969) Careri Francesco, New Babylon - una cittĂ nomade, Testo&Immagine, Torino, 2001 Careri Francesco, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi editore, Milano, 2006 ClĂŠment Gilles, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata, 2005 Crispolti Enrico, Ambiente come sociale. La Biennale 1976, catalogo della mostra (Venezia,Giardini di Castello, 18 luglio10 ottobre 1976) Cook Peter, Archigram, Princeton Architectural Press, New York, 1999 Foucault Michel, Spazi altri. I luoghi delle eteropie, Mimesis edizioni, Milano, 2001 Heidegger Martin, L'arte e lo spazio, il Melangolo, Genova, 1979
BIBLIOGRAFIA
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Jacobs Jane, Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, Einaudi editore, Milano, 2009 Koolhaas Rem, Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano, Quodlibet, Macerata, 2001 Gehl Jan, Cities for People, Island press, Washington, 2010 Harvey David, Città ribelli. I movimenti urbani dalla Comune di Parigi a Occupy Wall Street, Il Saggiatore edizioni, Milano, 2013 Huizinga Johan, Homo ludens, Einaudi editore, Milano, 2002 Ivain Gilles, Formulario per un nuovo urbanismo, Maldoror press, 2013 Lefebvre Henry, La produzione dello spazio, Moizzi editore, Milano 1976 Lynch Kevin, L’immagine della città, Marsilio Editore, Venezia 2006 Perschke Kurt, RedBall Project: six cities, catalogo, Independent Publishing maggio 2009. Richter Hans, Dada. Arte e antiarte, Gabriele Mazzotta Editore, Milano, 1966 Scheerbart, Paul, Architettura di vetro, Adelphi edizioni, Milano, 1984, Summa, Franco, Town Art L’Arte della Città, Edizioni Gangemi Roma 2005 Tshumi Bernard, Cinégram folie, Le Parc de la Villette, Princeton Architectural Press, NewYork, 1987.
BIBLIOGRAFIA
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Riviste e articoli Debord Guy, “Editoriale”, in Potlatch 5, luglio 1954 Gitlin Todd, “The Left Declares Its Independence”, in New York Times, 8 ottobre 2011 Global Spring Movement, “The Global May Manifesto”, in The Guardian, 11 maggio 2012 Nicolin Pierluigi, “Merzbau”, in Lotus International 123, 2004 Simon Joshua, “72 hour urban action”, in Domus 948, giugno 2011. Superstudio, “Superstudio: progetti e pensieri”, in Domus 479, ottobre 1969 Tesi di laurea Danesi Francesca, We are here- proposte per la progettazione visiva, Isia Urbino, 2011 Meschini Emanuele Rinaldo, Biennale 1976: la terra di mezzo per la terza cultura, Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici, 2011 Lazzarin Irene, You are not here - una non-guida allo spazio pubblico di Barcellona, Isia Urbino, 2011 Renica Monica, Il Merzbau di Kurt Schwitters: l’opera d’arte totale, incompiuta per principio, Università degli studi di Padova, 2012
BIBLIOGRAFIA
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219
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Grazie alla mia famiglia, per avermi sostenuta e spronata a Marco Ferrari per aver creduto in questo progetto ad Alice, Rossana ed Elvilia per i consigli sinceri e lâ&#x20AC;&#x2122;amicizia profonda a Davide, Lorenzo, Michele e Filippo per le lunghe discussioni e la complicitĂ che supera i generi a Naz12 per avermi fatto sentire a casa dal primo momento a TheHub Trieste per avermi offerto un posto dove lavorare in serenitĂ a tutti gli amici che mi hanno accompagnato fino ad oggi
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Asia Valencic
Asia Valencic
Public outdoor design interventi per la rivendicazione dello spazio urbano
Public outdoor design - Interventi per la rivendicazione dello spazio urbano
in copertina: SUPERSTUDIO, Supersuperficie 1972