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L DISTRETTI Livia Montagnoli Nuoro è ancora la piccola Atene di

1 SPAZIO ILISSO

Il centro espositivo, nato dalla casa editrice omonima per condividere l’esperienza di 35 anni di ricerca, produzione editoriale e mostre d’arte, è stato inaugurato nel 2019 all’interno di un’antica villa, Casa Papandrea. Dalla scorsa estate, il giardino della villa ospita una nuova sezione del Museo della scultura del ‘900 sardo. via brofferio 23 spazioilisso.it

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2 PIAZZA SATTA

È il cuore del centro urbano e si mostra così come l’ha ridisegnata alla metà degli Anni Sessanta lo scultore Costantino Nivola per omaggiare la figura del poeta nuorese cui è intitolata. L’artista di Orani dipinse di bianco le facciate delle case circostanti e collocò in tutta la piazza rocce di granito allo stato grezzo con statuine in bronzo di Satta. piazza satta

3 MUSEO MAN

Inaugurato nel 1999 per conservare le opere più rappresentative dell’arte isolana del XX secolo, il MAN è oggi un centro all’avanguardia per la ricerca sul contemporaneo, cui contribuiscono molti giovani artisti emergenti sardi. Attività primaria restano le mostre temporanee. L’8 luglio inaugura Sensorama, da Magritte alla realtà aumentata. via satta 27 museoman.it

4 MANCASPAZIO

Raccogliendo l’eredità della galleria d’arte Chironi88, significativa esperienza nel panorama artistico isolano fino agli Anni Novanta, qui si punta alla scoperta o alla riscoperta degli artisti contemporanei, lasciando aperto il dialogo con quelli storicizzati, attraverso un ricco calendario di mostre e cataloghi disponibili anche in lingua inglese. via della pietà 11 mancaspazio.com

Nuoro  ancora la piccola Atene di Sardegna

Via Zara Via Ubisti Via De Clopper

Via Sassari

Via Demurtas Piazza Italia Via Roma Via Poerio

Teatro Eliseo Nuovo

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Via Malta Via Sulis

Piazza Su Connottu

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4

SS129

Belvedere Salvatore Sini

Via Deffenu Via Ferracciu

Via Manzoni Corso Garibaldi

Via XX Settembre Via Carducci

Via Manzoni Via Giovanni XXIII3

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Via Spanu

Via Vallazze 7 Via Monsignor Bua

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Cattedrale Santa Maria della Neve

Sostenere il ruolo di Atene della Sardegna, attribuitole per via del fermento culturale che l’ha vista protagonista nel corso del Novecento, significa continuare a investire sull’innovazione creativa e sull’arte contemporanea. E oggi nel cuore di Nuoro si disegna un polo attrattivo che ha fatto di centri di ricerca e produzione artistica i suoi fiori all’occhiello.

5 DESACRÈ L’acronimo sta per Design Sartoriale Creativo Ecosostenibile, che è proprio il fulcro di questa giovane impresa al femminile, al lavoro con tessuti e materiali non convenzionali per realizzare accessori di design e capi d’abbigliamento unici nel loro genere. Nello showroom anche installazioni, abiti scultura e costumi di scena. via roma 21 desacre.business.site

6 IL RIFUGIO

Lo promette l’insegna, lo conferma la tavola rassicurante e confortevole, specchio delle tradizioni e delle produzioni del territorio. Un indirizzo sicuro per gustare i salumi dell’isola, i culurgiones e il pane frattau, ma anche i filindeu in brodo di pecora, cotta pure in cassola, con fagiolini e patate, come ricettario popolare comanda. via mereu 28 trattoriarifugio.com

7 PASTICCERIA MONNE

Grazia Deledda li descrisse nel suo testo sulle tradizioni popolari, e nella cultura locale i dolci cesellati della pasticceria popolare sono un’arte da preservare. Dati gli ingredienti base – mandorle, ricotta, miele, arancio –, molteplici sono le combinazioni da provare. A cominciare dalle casadinas, specialità della casa. via rubeddu 8 pasticceriamonne.com

8 NUGHE ‘E’ ORO B&B

Mobili realizzati a mano da artisti locali, la terrazza per la colazione affacciata sulle colline che circondano la città, la posizione strategica per visitare le attrazioni del centro storico, l’ospitalità calorosa. Non è un caso che il b&b sia stato pensato da una coppia di incalliti viaggiatori, consapevoli di quanto conti la giusta accoglienza. via matteotti 14 nugheoro.it

MUSEO MARTA: ARCHEOLOGIA E CONTEMPORANEO A TARANTO

La Puglia offre una miscela ineguagliabile di storia e paesaggio, gastronomia e musica, mare – anzi: mari, al plurale – e cultura. A spiccare in quest’ultimo ambito è il MArTA – Museo

Nazionale Archeologico di Taranto, fondato nel 1887 e diretto da

Eva Degl’Innocenti. Classe 1976, formatasi fra Pisa e Siena, proveniente da una serie di incarichi in

Francia, ha raggiunto l’istituzione tarantina nel 2015. Quanto al museo, dallo stesso anno gode dell’“autonomia speciale” conferitagli dalla Riforma Franceschini, che permette di godere di maggiore autonomia, appunto, negli aspetti fiscali, amministrativi e gestionali. I risultati non si sono fatti attendere: in due anni le visite sono aumentate di oltre il 200%.

Merito della visione della direttrice: “La nostra politica culturale si basa non su una visione passatista dell’archeologia, ma su un dialogo sempre presente con la contemporaneità”, raccontava qualche mese fa ad Artribune. Non è dunque un caso l’aver coinvolto sin dal 2016 l’arte contemporanea. “L’archeologia ha un valore importantissimo perché, intanto, ci aiuta a conoscere gli uomini e le donne che ci hanno preceduto, determinando quindi un legame identitario con il nostro passato. Come diceva il mio grande maestro Riccardo Francovich, ‘l’archeologia ci serve a comprendere, a conoscere il nostro passato per conoscere il nostro presente e per costruire il nostro futuro’”. Questa apertura le ha permesso di portare avanti una programmazione rigorosa, senza dimenticare il ruolo del museo nel territorio in cui è inserito: “Il museo è un centro di educazione, studio

MArTA Museo Nazionale Archeologico

Via Cavour 10 – Taranto 099 4532112 man-ta@beniculturali.it museotaranto.beniculturali.it museoarcheologiconazionaleta martamuseo museo_marta

e ricerca e l’elemento scientifico è fondamentale per noi: è la base dell’educazione, e la funzione educativa del museo è la più importante, è il suo valore fondante”, dichiarava la direttrice. “Abbiamo protocolli d’intesa e convenzioni con istituti scolastici, atenei, centri di ricerca sia italiani che stranieri, con l’associazionismo del territorio e con gli stakeholder economici, infatti siamo anche forza lavoro. Il lavoro lo abbiamo creato”. A conferma di tutto ciò, le due mostre in corso al MArTA. L’età dell’oro (la muta) (fino all'8 gennaio 2023) di Federico Gori (Prato, 1977, curata dalla direttrice con Lorenzo Madaro, consiste in una teca in legno e vetro trasparente strutturata su più livelli, contenente una serie di sculture in oro, argento, bronzo, rame e ferro, realizzate a partire dall’esuvia – la “pelle” – di ventotto serpenti. Una installazione contemporanea allestita all’interno del percorso museale. L’opera, inedita e site-specific, è fra i progetti vincitori del bando PAC – Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura.

Taras e i doni del mare (fino al 31 dicembre 2022) è invece l’esito di un lungo lavoro di ricerca volto a ricostruire la storia dell’artigianato del mare, delle attività produttive che gravitavano intorno a esso e il contributo di pescatori, carpentieri, marinai alla costruzione dell’identità culturale di Taranto e della Puglia. Anche in questo caso, grande attenzione è stata rivolta alla ricezione della mostra da parte di differenti pubblici, nella fattispecie grazie all’accompagnamento della voce dell’attrice Erika Grillo del Teatro Le Forche e delle musiche mediterranee dell’ensemble La Cantiga de la Serena.

Le mostre temporanee si affiancano alla collezione permanente: oltre 200mila reperti e manufatti che vanno dalla Preistoria al Medioevo, con l’highlight rappresentato dagli Ori di Taranto, antologia dell’arte orafa di età ellenistica che non ha sostanzialmente pari nel mondo.

viaggiareinpuglia.it

IN ALTO: Taranto, MArTA, photo Andrea Ruggeri

IN BASSO: Taranto, MArTA, Testa in terracotta colorata, photo Soprintendenza Archeologica della Puglia

FERRUCCIO GIROMINI [storico dell'immagine]

YUVAL ROBICHEK

yuvalrob.com

Yuval Robichek, Bra Panties | Masks | Rooftops | Take A Number

Ci si dimentica troppo spesso che anche l’esercizio dell’umorismo è un’arte; e diremmo, prima di tutto, un’arte di vivere. È un’arte, perché è un modo di interpretare la realtà e, come immediata conseguenza, di reinventarsi il mondo. L’umorista infatti, col suo sguardo (estetico ed etico) che definiamo laterale, sa vedere particolari che a noi gente comune sfuggono, o forse semplicemente ci paiono congrui, e invece d’improvviso li svela incongrui, prima a sé e poi a noi – e questo ci suscita di colpo un piccolo shock percettivo, indi una sorpresa, indi un microflash nervoso, indi una risata o almeno un sorriso, indi un lampo di benessere. Indi, sì, ogni volta l’umorista ci fa dono di un attimo di gioia di vivere, di un fugace beneficio al nostro equilibrio psicofisico, di una piccola dose di medicina contro il grande nemico, il male di vivere. Grazie umoristi, dunque, artisti del godimento dell’esistenza, che riuscite a trasformare – quand’anche solo illusoriamente e transitoriamente – gli stessi imprevisti negativi in opportunità viceversa positive. Grazie umoristi, perché ci fate buon sangue, perché ci regalate scintille di calore in ogni stagione dell’anno e della vita.

A proposito: in Israele c’è un umorista che ama suddividere e classificare le sue opere proprio in base alle quattro stagioni. E si direbbe che si mostri specialista soprattutto dell’estate, forse perché vive sulla riva sudorientale del Mediterraneo e gode così più estate di tanti altri. Ma la stagione calda, almeno a suo vedere, si può intendere pure come la più disponibile alle influenze e agli esercizi dell’eros, probabilmente a causa dei pochi vestiti che richiede di indossare; e si sa che la vista della carne nuda suggerisce immaginazioni di sempre maggiori nudità. Ebbene, il baldo Yuval Robichek mette in moto la propria fantasia – e di conseguenza le nostre – volentieri di fronte agli indumenti più succinti che ci siano, quelli da spiaggia. I costumi da bagno in particolare coprono lo stretto indispensabile, in fin dei conti esaltando quanto nascondono. E Rubichek si diverte a puntare esattamente lì il suo sguardo: diretto in senso letterale, ma laterale in senso figurato.

Ricorrendo a un segno estremisticamente essenziale, che assegna a uomini e donne le stesse corporature snelle e squadrate e il medesimo ovale di viso, spesso privo di occhi e sempre dotato di un lungo naso rettilineo a turacciolo, il nostro umorista è capace di fissare momenti qualunque in visioni eccezionali, ovvero in concentrazioni quasi monocromatiche – perciò ancora meno distraenti, più precise – atte a catapultare fantasticherie oltre quegli straccetti di stoffa, verso l’ispirazione prettamente erotica. Ma stavolta, e ogni volta, soprattutto per ridere. Non solo per una buona estate, in definitiva, ma per una estate migliore per tutti. E sappiamo quanto bisogno ve ne sia – sempre, e ultimamente più che mai.

NEBBAM

Dopo un quarto di secolo, lo store Africa-Design raddoppia e diventa anche galleria d’arte. Un affare di famiglia in cui sono coinvolte la sorella e la figlia della fondatrice, Laureen Dijonne, che qui ha risposto alle nostre domande.

Come è nata l’idea di aprire questa nuova galleria? Da quali esigenze, da quali istanze, da quali punti di partenza?

Il punto di partenza è l’amore. Amore per la bellezza, per l’arte, per l’Italia e per l’Africa. La voglia di rimetterci in gioco si è concretizzata durante una vacanza in Sicilia, lungo interminabili chiacchierate con mia sorella Clarisse.

Descrivi brevemente il tuo progetto.

Nella lingua dei pastori Peuls, nomadi dell’Africa sub-sahariana, nebbam significa

Il produttore Pietro Valsecchi compra la casa di Pasolini

GIULIA GIAUME L Un gesto d’amore per Roma: così il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha accolto la donazione della casa di Pier Paolo Pasolini da parte del produttore cinematografico e televisivo Pietro Valsecchi. Acquistata a un’asta, la casa romana di PPP a Rebibbia diventerà – su indicazione dello stesso fondatore della Taodue Film, nota per aver prodotto il film con Checco Zalone Tolo Tolo (che incassò oltre 46 milioni) – il luogo dove tenere viva la memoria del grande poeta, regista, attore e drammaturgo. “Sono molto felice di poter restituire alla cittadinanza un luogo dal forte valore simbolico”, ha detto Valsecchi, “dove una figura fondamentale del Novecento come Pasolini ha vissuto i suoi primi anni, in quella Roma che ha poi magistralmente raccontato in romanzi, poesie e film”. La casa di via Giovanni Tagliere 3, dove l’intellettuale ha vissuto dal 1951 al 1953, sarà donata a Roma Capitale in occasione del centenario dalla sua nascita. “Appena entreremo in

via de’ Castagnoli vicolo de’ Facchini via Marsala Giardino del Guasto

Largo Respighi

Teatro Comunale di Bologna

Bologna

Via de’ Castagnoli 5b 051 3548930

“la parte migliore del latte”. Noi vogliamo far conoscere la crème de la crème della creatività e della cultura africana. Il progetto ha anche un valore sociale: lavorando con designer e artigiani che a volte si trovano in zone di conflitto, diamo la possibilità di continuare a esercitare il loro mestiere.

Chi c’è dietro Nebbam?

Siamo Clarisse e Laurence, due sorelle métisse di madre francese e padre senegalese. Clarisse abita a Dakar e io a Bologna.

Come siete organizzate?

Clarisse lavora dal Senegal sulla ricerca dei prodotti. Alla gestione degli spazi partecipa mia figlia Héloise. Per la parte di galleria d’arte collabora con noi Carmen Lorenzetti, curatrice, critica e docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

possesso dell’immobile lavoreremo per farne un luogo della memoria”, ha detto l’assessore romano alla Cultura Miguel Gotor. Due camere e cucina, la “casa di poveri, all’estrema periferia, vicina a un carcere” dove Pasolini si trasferì con la madre è stata acquisita anche con la speranza, dice Valsecchi, che “intellettuali, produttori, persone capaci si uniscano per fare qualcosa per questa città che ha bisogno di questi gesti forti. Spero che sia l’inizio di un lungo percorso per tanti amici che vogliono investire nella città”. taodue.it

Su quale tipologia di pubblico (e di clientela, naturalmente) puntate? E su quale rapporto con il territorio?

A Bologna abbiamo ventiquattro anni di esperienza alle spalle, pertanto, aprendo nelle immediate vicinanze del locale storico, il passaparola è efficace.

In che contesto vi trovate?

Nebbam si sviluppa su due locali sotto il portico che già ospitava la mia attività storica Africa-Design.

Per quanto riguarda gli spazi espositivi?

La scelta è stata quella di “scomparire” dietro gli oggetti, utilizzando un legno con una finitura piombo a pavimento e due non-colori: un bianco che non è bianco per pareti ed espositori e un’ombra di nero che avvolge i due locali partendo dal soffitto per scendere sulle pareti delle vetrine e su un pilastro, fino a inghiottirlo. Nello Store, a fare da contrappunto alla neutralità dell’ambiente troviamo due elementi: da un lato, il banco-cassa reclama la sua importanza vestendosi di pelle di serpente; dall’altra parte, la parete, prima liscia, si graffia accentuando il contrasto con il levigato ebano della Maternità Ndimo Makonde del Mozambico.

Ora qualche anticipazione sulla stagione in corso. Cosa proporrete dopo le prime mostre inaugurali?

Subito dopo Arte Fiera partiamo con la professoressa Lorenzetti per la Biennale di Dakar, dove abbiamo già diversi appuntamenti con artisti.

Il programma della Triennale di Milano 2022

GIORGIA BASILI L Come sarà la 23esima Esposizione Internazionale, intitolata Unknown Unknows. An Introduction to Mysteries e curata da Ersilia Vaudo e Francis Kéré? La mostra riunisce 400 artisti, designer, architetti provenienti da più di 40 Paesi. In totale oltre 600 opere e 22 partecipazioni internazionali, con una forte presenza del continente africano , rappresentato da Burkina Faso, Ghana, Kenya, Lesotho, Congo e Ruanda.. Ci sarà inoltre un focus sul Padiglione Ucraino, curato da Gianluigi Ricuperati che a maggio è stato in visita nel Paese in guerra insieme a una delegazione di attivisti, intellettuali e fotografi. Così racconta Ersilia Vaudo: “Abbiamo cercato di andare oltre le polarizzazioni (come buio/luce) ma anche le stereotipizzazioni. Al cuore c’è la volontà di presentare l’ignoto come una dimensione da abitare [...] con la consapevolezza che lo sconosciuto è innanzitutto una questione dello sguardo che abbiamo su di esso”. triennale.org/23a-triennale-di-milano

CLAUDIA GIRAUD [caporedattrice musica]

PELE E ALMA: IL DISCO-LIBRO-PLANNER DI YOGA ILLUSTRATO

fantinetho.com

“La natura è l’ispirazione. L’armonia è l’obiettivo”. Con queste parole il compositore, già biografo di Morricone, Alessandro De Rosa e Fantine Tho introducono il loro primo disco insieme, Pele e Alma (versione portoghese dell’album internazionale di prossima uscita Flesh and Soul), che rappresenta una svolta nella carriera della cantautrice, performer e attivista brasiliana: vincitrice di un talent show musicale, abbandona qui il pop in direzione di un universo sonoro più contaminato, elettronico e acustico, vicino alla world music. Il tutto con il fine di contribuire ad amplificare la riflessione sulle grandi problematiche ambientali attraverso l’arte.

“Sono fondatrice del gruppo di lavoro a scopo benefico e ambientale Green Atlantic e ambasciatrice della missione di riforestazione globale della IAHV – International Association of Human Values”, ci racconta Fantine Tho. “Attraverso questa organizzazione tengo seminari di scrittura di canzoni nei centri yoga in Europa e agli studenti dell’Università di Coimbra con l’obiettivo di sviluppare una leadership creativa che colleghi l’arte alle missioni. Mettiamo i sentimenti nelle parole, le parole nelle canzoni e in questo modo costruiamo foreste in Brasile. Dove ogni seme ha un’anima e ogni albero ha un nome”.

Da qui l’idea del concept album che è anche un eserciziario di yoga, illustrato dall’artista italo-lussemburghese Greta Desirée Facchinato: “Arte e musica ricoprono nel libro il ruolo di risvegliare il loro rapporto ancestrale – che nella routine quotidiana tendiamo a dimenticare – risvegliando i sensi e riconnettendoci a noi stessi”. Si tratta, infatti, di un viaggio musicale e interiore, dove un’ipnotica voce femminile che rappresenta la coscienza (Alma) chiama a sé la sua controparte maschile (Pele), sfuggente e sempre all’inseguimento di qualcosa di indefinito.

A unirli sono la comune ricerca di un equilibrio e le musiche epiche e cinematografiche di Alessandro De Rosa: “Le illustrazioni di Greta, insieme alle storie di Fantine, sono state una grande ispirazione visiva e concettuale, ma musicalmente non ho cercato di scrivere una musica che le ‘mimasse’. Ho scavato, invece, dentro me stesso e in ciò che negli anni ho appreso da libri, incontri e ricerche di crescita personale. Così, in modo piuttosto libero e rapido, è emersa questa musica. L’ho accettata. Credo che in un progetto che raccoglie varie forme di espressione e varie identità, la buona riuscita del loro incontro dipenda dalla capacità di sintonizzarsi sulla stessa frequenza, la stessa intenzione”.

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GALLERIE D’ITALIA A TORINO E NAPOLI

Intesa Sanpaolo ha inaugurato le Gallerie d’Italia – Torino, quarto museo del Gruppo bancario, 10mila mq di percorso espositivo su 5 piani, di cui 3 ipogei, dedicati alla fotografia e al Barocco in Piazza San Carlo a Palazzo Turinetti, sede legale e storica dell’istituto di credito torinese. Un unicum che distingue la città sotto la Mole dalle altre tre gallerie del polo museale di Banca Intesa Sanpaolo a Milano, Vicenza e Napoli. Quest’ultima ha però appena aperto la sua nuova, seconda sede nel monumentale edificio dell’ex Banco di Napoli, progettato dall’architetto Marcello Piacentini e ora riconvertito in museo da Michele De Lucchi, protagonista anche del rinnovo dell’edificio a Torino. gallerieditalia.com

PINACOTECA AGNELLI TORINO

Il ventennale della storica collezione di Giovanni Agnelli e Marella Caracciolo e l’architettura della ex fabbrica di auto, con il nuovo giardino pensile sul tetto, hanno ispirato la programmazione della nuova direttrice dell’istituzione torinese, Sarah Cosulich: “Un progetto in collezione dedicato al rapporto tra Picasso e Dora Maar, in collaborazione con la Fondazione Beyeler; una mostra personale dedicata all’artista svizzera Sylvie Fleury e la Pista 500, il progetto di installazioni di artisti internazionali all’esterno”. Il tutto con una fruizione più aperta, che ingloba la storica pista di collaudo del Lingotto del vecchio stabilimento della Fiat e si dota di nuovi servizi come la caffetteria, gestita da Gerla 1927. pinacoteca-agnelli.it

FONDAZIONE MITORAJ A PIETRASANTA

La sede della neonata fondazione sarà in Versilia nello stesso museo, ancora in progress, con inaugurazione entro l’anno in corso nell’ex mercato comunale di Pietrasanta, dove è conservata la collezione dello scultore polacco. Finora sono stati firmati al Ministero della Cultura l’atto costitutivo e lo statuto dell’istituzione che gestirà il patrimonio di Igor Mitoraj, scomparso nel 2014, autore di monumentali sculture frammentate che riecheggiano i reperti archeologici del periodo classico greco-romano, rivisitate attraverso tratti postmoderni. Proprio nella città versiliese Mitoraj aveva tenuto il suo studio per quasi quarant’anni. igormitoraj.com

HZERO: MUSEO DEL TRENINO A FIRENZE

Hzero è il museo del trenino che ospita il gigantesco plastico creato dal marchese Giuseppe Paternò Castello di San Giuliano. Un percorso ferroviario immaginario tra casette in stile tedesco, finte Dolomiti, il mare dell’Isola d’Elba, porti e aree agricole in una sorta di Europa in miniatura al massimo livello di dettaglio. Il modellino è esposto e operativo nell’ex Cinema Ariston di Firenze. hzero.com

GAN – GALLERIA DELL’ACCADEMIA DI NAPOLI

Nuovo ordinamento e riallestimento della raccolta dell’antico Istituto di Belle Arti di Napoli, oggi Accademia, che punta sul carattere identitario delle collezioni. Con opere fuori dai depositi e spazi inediti. abana.it

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SANTA NASTRO [ caporedattrice ]

LA TRUFFA DELL'ARTE

USA, 2022 GENERE: drammatico CAST: Julia Garner, Anna Chlumsky, Arian Moayed, Katie Lowes, Alexis Floyd STAGIONI: 1 EPISODI: 9 (59’-82’ ognuno) GIULIA PEZZOLI [ registrar e curatrice ]

AVVERTIMENTI IN SALSA CYBERPUNK

CANADA – POLONIA – USA, 2021 REGIA: Agata Alexander GENERE: fantascienza SCENEGGIATURA: Agata Alexander, Jason Kaye, Rob Michaelson CAST: Alex Pettyfer, Alice Eve, Annabel Mullion, Annabelle Wallis, Benedict Samuel, Cybill Lui DURATA: 85’

La storia di Anna Delvey, protagonista della serie tv su Netflix Inventing Anna, è una storia vera. Fa riferimento, infatti, alle vicende di Anna Sorokin, interpretata qui da Julia Garner (Ruth Langmore in Ozark). Chi è Anna? Se la googlate verrà fuori la parola “truffatrice”, perché – come attesta anche la serie tv – si infiltra nel mondo dell’alta società (e dell’arte contemporanea) spendendo e spandendo, senza però mai rimetterci un soldo di tasca propria e lasciando a malcapitati hotel, ristoranti, amici, negozi di altissimo livello il conto da pagare. Si infila nei party e nelle cene più à la page. Riesce quasi a ottenere un massiccio prestito e investimento da una grande banca internazionale per creare la propria fondazione dedicata all’arte contemporanea, acquistando peraltro l’edificio poi occupato, anche nella vita reale, da Fotografiska a New York.

Anna, almeno nella serie tv, crede realmente a ciò che dice di essere, una ricca ereditiera tedesca che vive ancora della paghetta di papà, in attesa che le venga sbloccato un fondo di 60 milioni, e con la sua bellezza, la sua classe, la sua capacità, la sua competenza nel settore è sempre perfetta e al momento giusto, è una socialite e una influencer con i fiocchi. Oppure è una performer, che sta interpretando la grande opera d’arte totale della vita? O ancora è l’immagine dell’American Dream, negli ultimi decenni un po’ sfilacciato e bastonato, e che nella storia di Anna assume i panni di una bella e giovane ragazza straniera pronta a tutto per affermarsi nel mondo ed essere qualcuno? Come è o come non è, Anna riesce quantomeno nel secondo intento, mentre il sogno della fondazione sfuma insieme al prestito, perché il suo nome è sulla bocca di tutti, complice anche la serie tv in onda dal 2022.

Una produzione che riesce anche a far sorridere gli appassionati di arte contemporanea quando mette a nudo le debolezze e le criticità del settore, soprattutto per ciò che riguarda la sfera relazionale. Sono immagini saltuarie nel tessuto narrativo che tiene con il fiato sospeso, ma comunque delle vere chicche.

Sei storie si sfiorano per poi dissolversi l’una nell’altra come onde nel mare. Quella di David, manutentore di satelliti spaziali, fa da cornice a tutte le altre, dettando la linea temporale e acquisendo man mano il punto di vista di un narratore onnisciente. A essa si aggiungono, uno dopo l’altro, gli episodi di Charlie, un automa ormai obsoleto che non riesce a trovare un nuovo impiego, di Claire, completamente dipendente dall’app Dio 2.0, dei passionali Ben e Anna, dei romantici Nina e Liam e della sfortunata baby squillo Magda.

Vincitore del Premio Méliès d’Argent al Trieste Science + Fiction Festival 2021, Warning è il primo lungometraggio della giovane regista di videoclip Agata Alexander, che presenta al pubblico un’antologia cyberpunk da manuale, composta da narrazioni lievemente interconnesse e sequenziali.

Sebbene non tutte ugualmente efficaci, le brevi storie di Warning sono, come indica il titolo, “avvertimenti” di un pericolo imminente, ammonimenti senza facili moralismi, che mostrano, con lucida ironia e humour, le possibili derive di un presente caratterizzato dalla dolorosa perdita di contatto con il proprio sé. Consumismo sfrenato, assenza di empatia, di etica, deresponsabilizzazione, delega morale, sono solo alcuni degli aspetti più preoccupanti di una realtà gradualmente sempre più “supportata” da una tecnologia progettata per catturare l’attenzione, ingaggiare una dipendenza e guidare il soggetto nelle sue scelte, anche quelle più intime, violandone l’identità, confondendola per poi disperderla. Attraverso immagini semplici ed efficaci, la regista americana affronta quesiti esistenziali e riflessioni filosofiche sul nostro presente e sulle sue possibili (e tragiche) evoluzioni, descrive un’umanità sempre meno consapevole e anestetizzata, costruendo un mosaico narrativo profondo, divertente e leggero, in cui solitudini e incertezze individuali si inseriscono in una dimensione corale che converge in un inatteso, apocalittico, finale.

Corso Vi orio Emanuele IIVia NizzaVia Saluzzo Torino Porta Nuova

Via Goito Via Galliari

RICCARDO COSTANTINI

Torino

Via Goito 8 348 6703677 riccardocostantini65 @gmail.com

Da Borgo Nuovo a San Salvario, dalla sonnolenza alla movida, dal white cube alla stratificazione storica. Tante le novità per Riccardo Costantini, tutte raccontate nell’intervista

Passi da Borgo Nuovo, la zona più tradizionale delle gallerie torinesi, a San Salvario, area di “movida” dove l’arte manca da parecchi anni. Da quali esigenze è nata l’idea di questo trasloco?

Se dovessi pensare a un sostantivo che più possa essere utile a descrivermi, la parola potrebbe essere “sfida”. Sfida è stata il trasferirmi da Milano per aprire il mio progetto a Torino; sfida è traslocare da Borgo Nuovo a San Salvario, perché il tradizionale sarà pure sinonimo di comfort zone, ma può anche esserlo di “sonnolento”. Di San Salvario si possono trovare numerosi aggettivi ma “sonnolento” è sicuramente il meno idoneo. Comunque era da tempo che pensavo di trovare una galleria differente – senza le vetrine del precedente spazio – e finalmente l’ho trovata e con un incredibile potenziale.

Ci sei tu e poi? Chi fa parte del progetto?

In questi nuovi locali vorremmo far convivere due realtà: una prettamente legata all’aspetto commerciale, che manterrà le caratteristiche della Riccardo Costantini Contemporary; l’altra prevede la creazione di un’associazione culturale che coadiuvi l’attività espositiva. Ho usato il plurale perché per quest’ultima sarò ovviamente affiancato da altri attori. Alcuni ci sono già, altri sono in via di definizione. L’idea è quella di sviluppare un programma di iniziative che uniscano gli aspetti artistici a scienza e letteratura. Nei locali di via Goito c’è una parte ancora non mostrata che speriamo di poter presentare al più presto.

Su quale tipologia di pubblico (e di clientela, naturalmente) punti?

L’idea è quella di aumentare la trasversalità del pubblico che già segue la mia galleria. Mi piace che gli spazi siano frequentati da giovanissimi come da persone più adulte. Se parliamo esclusivamente di clientela, non mi aspetto che cambi più di tanto nella tipologia: collezionisti curiosi che non si limitino a guardare gli aspetti speculativi. Ho sempre pensato che la galleria non debba essere un luogo freddo e “inospitale”. Vorrei che il pubblico visitasse i nostri spazi con la sensazione di entrare in un luogo accogliente.

Un cenno agli spazi espositivi. Come sono, come li hai impostati e cosa c’era prima?

Quando ho fatto il primo sopralluogo nel nuovo spazio ho realizzato immediatamente il suo grande potenziale: una straordinaria circolarità dei locali che, inoltre, hanno un’altezza non comune. Mi ha dato un contributo fondamentale nella progettazione un artista della galleria, Carlo Galfione, che, non a caso, insegna Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Carlo mi ha aiutato a realizzare uno spazio che non fosse il consueto white cube e che mostrasse la stratificazione storica di questo luogo. Nel dopoguerra era sede di una attività/laboratorio per la fabbricazione di strumenti scientifici, negli ultimi anni sede di uno studio affermato di architettura. È così diventato uno spazio molto particolare e che, a detta di chi lo ha visitato, è unico nel suo genere.

Hai inaugurato con una breve collettiva degli artisti con cui lavori e ora è in corso una personale di Saverio Todaro curata dal “nostro” Marco Enrico Giacomelli. Cosa proporrai in seguito?

In questo momento la mostra di Saverio Todaro è già affiancata da una piccola e preziosa esposizione di Pierluigi Fresia nella project room. Le due mostre finiranno nei primi giorni di luglio e immediatamente allestiremo una bi-personale di Enzo Gagliardino e Piero Mollica in un dialogo fra pittura e fotografia. Dalla metà di settembre, con un programma ancora in definizione, personali di Nicola Ponzio, Nata Rampazzo e Simone Stuto.

NECROLOGY

CARLOTTA STROBELE 1924 – 29 maggio 2022 L

RAY LIOTTA 18 dicembre 1954 – 26 maggio 2022 L

ANDY FLETCHER 8 luglio 1961 – 26 maggio 2022 L

VANGELIS 29 marzo 1943 – 17 maggio 2022 L

MATTEO GUARNACCIA 19 dicembre 1954 – 13 maggio 2022 L

GIANNI PISANI 20 marzo 1935 – 5 maggio 2022 L

KLAUS SCHULZE 4 agosto 1947 – 26 aprile 2022 L

HERMANN NITSCH 29 agosto 1938 – 18 aprile 2022 L

LETIZIA BATTAGLIA 5 marzo 1935 – 13 aprile 2022 L

RICCARDO DALISI 1o maggio 1931 – 9 aprile 2022 L

FUJIKO FUJIO 10 marzo 1934 – 7 aprile 2022 L

MAURIZIO SPATOLA 2 ottobre 1946 – 29 marzo 2022

L

MARIO PERSICO 1930 – 27 marzo 2022

L

GIANNI CAVINA 9 dicembre 1940 – 26 marzo 2022

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TAYLOR HAWKINS 17 febbraio 1972 – 25 marzo 2022

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TOMMASO RENOLDI BRACCO 14 ottobre 1970 – 13 marzo 2022

La Portineria

Uno spazio non profit a Firenze

DARIO MOALLI [critico d’arte]

A inizio anno vi abbiamo raccontato Mucho Mas!, il progetto non profit basato a Torino. Questa volta scendiamo a Firenze, dove opera La Portineria, spazio ospitato in un edificio che reca la firma di Oreste Poli. Qui sotto trovate il testo, nelle tre pagine successive un visual essay proposto da Matteo Innocenti.

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a Portineria è uno spazio progettuale per l’arte contemporanea a Firenze, ideato e diretto da Matteo Innocenti, all’interno di Palazzo Poli – edificio residenziale dell’architetto Oreste Poli, costruito nei primi Anni Settanta del Novecento.

La natura del luogo è strettamente correlata alle modalità progettuali sinora

messe in atto, a un doppio livello: perché il palazzo, realizzato in stile modernista – ricorrendo a volumi dinamici di cemento a vista, intervallati da inserimenti di legno bruno – costituisce un unicum architettonico nella conformazione del quartiere (Campo di Marte, a sud della città), e perché ci troviamo nello spazio che ha davvero avuto funzione di portineria per oltre trent’anni, aperto verso l’ingresso che conduce agli appartamenti nonché verso l’esterno, ovvero la strada, per la presenza di una grande vetrata.

Da qui l’idea di avviare un primo ciclo di mostre dal titolo complessivo A Solo, esposizioni personali che si concentrano su un numero limitato di opere, esistenti o nuove, in dialogo diretto con il luogo, quindi, nella sostanza, dei progetti site-specific; sinora con gli artisti David Casini, Satoshi Hirose, Marco Andrea Magni, Enrico Vezzi. Al termine del ciclo inizierà un nuovo format, per l’intenzione di cambiare i termini della ricerca costantemente, nel corso del tempo.

Una parte costitutiva della programmazione riguarda le collaborazioni, così da creare una modalità dialogica con altre realtà; ad esempio con lo spazio non profit e itinerante Satellite diretto da Francesco Ozzola, con il Black History Month Florence (ospitando le mostre degli artisti Ako Atikossie e Thelonious Stokes), il Museo Novecento di Firenze, l’Accademia di Belle Arti di Firenze, la Fondazione Zimei di Pescara; e altri interlocutori si aggiungeranno in futuro.

Chiude l’insieme di attività Studio, una residenza di durata variabile, cui si partecipa tramite una open call progressiva, che mette a disposizione uno spazio da usare appunto come studio personale da parte degli artisti.

La Portineria ha dunque due obiettivi sostanziali. Da una parte intende essere un centro di attività e stimolo culturale, tramite progetti di sperimentazione artistica e curatoriale, coinvolgendo artisti di varia provenienza e di differenti generazioni; dall’altra si propone di avviare una relazione effettiva con il quartiere e la città, in considerazione di una distanza, ormai quasi endemica, fra l’arte contemporanea e il pubblico di non specialisti. Anche in ragione di ciò, il prossimo programma cercherà di porsi in relazione con alcune delle questioni sociopolitiche inerenti il nostro periodo storico così critico.

BIO

L’edificio di Viale Duse 30 che ospita La Portineria viene costruito nel 1974 dall’architetto Oreste Poli, all’epoca già noto costruttore. In questa fase della sua ricerca, l’architetto concepisce un palazzo che unisce la semplicità e il rigore delle linee con una forte espressività data dalla potenza materica: il colore grigio dell’elemento principale, il cemento, dialoga con le grandi vetrate e gli elementi leggeri in legno Douglas; viene movimentato dai pieni e vuoti delle terrazze e all’interno si rapporta al chiarore di un marmo nobile quale il Botticino.

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