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Il Venerabile Don Placido Baccher de Gasaro

di Gennaro De Crescenzo e Salvatore Lanza

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Abbiamo chiesto ad Eugenio Donadoni, giornalista del Mattino e discendente di Don Placido Baccher alcune notizie su un personaggio famoso a Napoli e sul suo culto. A cosa si lega il culto di Don Placido? "Il primo sabato del nuovo anno coincide con il famoso “Sabato Privilegiato”, dedicato alla Madonna di Don Placido Baccher, Patrona di Napoli. Nemmeno il covid ha fermato le migliaia di fedeli nella Basilica del Gesù Vecchio, accorsi per chiedere la protezione della Vergine Santa. Questa è un’antica ricorrenza molto sentita dai napoletani, fin dal 1826, anno in cui la Madonnina di Don Placido fu incoronata dal Capitolo Vaticano e dichiarata Protettrice di Napoli". La storia di Napoli passa per quella chiesa. "Uno degli episodi più noti della Repubblica Napoletana del ‘99 è quello di Luisa Sanfelice e della congiura dei Baccher. La figura della Sanfelice ha colpito più volte la fantasia di famosi personaggi, da Alessandro Dumas a Gioacchino Toma, ed anche i fratelli Taviani che ne hanno tratto uno sceneggiato televisivo piuttosto romanzato. Luisa de Molino Sanfelice fu uno dei miti della rivoluzione napoletana, in quanto le fu attribuito il merito di aver fatto scoprire la congiura dei Baccher - il che in buona sostanza è vero - ma fu solo per amore e non per “amor di patria”. La Rivoluzione napoletana fu voluta da un ristretto gruppo di intellettuali illuministi, nobili e borghesi, sostenuti dalle truppe francesi, e non fu mai veramente sentita dal popolo”. Quali furono i rapporti tra Baccher e la rivoluzione? “In questo contesto venne ordita, ad opera dei fratelli Baccher de Gasaro, una congiura controrivoluzionaria tesa a rovesciare la repubblica ed a riportare sul trono i Borbone. Per sfuggire ai giacobini, Ferdinando IV si era rifugiato a Palermo, da dove aveva incaricato il Cardinale Fabrizio Ruffo di riconquistare la Capitale con l’aiuto delle popolazioni fedeli. Ma, grazie alla Sanfelice, la congiura fu scoperta e tutti i congiurati incarcerati, primi tra tutti i fratelli Baccher. Dopo un processo a dir poco sommario il 13 giugno del 1799, il giorno prima dell’ingresso del Ruffo a Napoli, furono fucilati in Castel Nuovo Gennaro e Gerardo Baccher de Gasaro, entrambi ufficiali borbonici, mentre riuscirono a salvarsi altri due fratelli, Camillo e Placido. Quest’ultimo, di appena sedici anni, durante la permanenza in carcere fece voto alla Madonna di dedicarle tutta la vita qualora fosse riuscito a salvarsi dal boia”. Promessa mantenuta: Placido nel 1806 divenne sacerdote secolare e ben presto rettore della chiesa del Gesù Vecchio in via Giovanni Paladino nel cuore della vecchia Napoli.

Come si potrebbe sintetizzare la storia santa di Don Placido? "Forse per la potenza della famiglia, ma soprattutto per la sua vita esemplare, don Placido divenne molto noto a Napoli, una vera e propria istituzione. La sua chiesa era frequentata da moltissimi aristocratici, popolani, borghesi, commercianti e spesso anche dalla corte. I sermoni del sacerdote erano “vangelo” ed in molti lo consideravano quasi un santo. Si parlava sempre più frequentemente della sua “Madonnina” e delle grazie che riusciva ad ottenere dalla stessa. Sicuramente oggettiva la testimonianza di Luigi Settembrini, noto miscredente ed ateo: “Dal pulpito don Placido arringava

la folla che in delirio collettivo urlava e piangeva allorquando il Cristo a cui don Placido si rivolgeva annuiva muovendo la testa”. Per Settembrini il Crocefisso era regolato da fili che venivano manovrati con grande abilità dal sacerdote; in realtà tale Cristo è ancor oggi custodito nella chiesa di Sant’Orsola a Chiaia e non mostra alcun segno di manomissione né tantomeno la presenza di fili o strani meccanismi interni. Vuoi per l’antica gratitudine, vuoi perché davvero meritorio, spesso Re Ferdinando II si recava con la Regina e con la corte nella basilica del Gesù Vecchio in visita al reverendo creando, sempre a detta del Settembrini, una situazione davvero imbarazzante: “l’incontro avveniva nel centro della Basilica, il re e don Placido si inchinavano reciprocamente incerti se dovesse prevalere la maestà o la santità”. Devotissimo alla Madonna Immacolata, egli stesso con lo scultore Luigi Ingaldi costruì quella statua che fu incoronata nel 1826 dal Capitolo Vaticano. La figura di questo religioso, legatissimo alla Famiglia di Borbone, è ancor oggi molto amata dai Napoletani ed è anche all’attenzione del Vaticano ove è in corso una causa di beatificazione”.

El Equipo Mazzanti: strategie per un’architettura post-umana

di Antonio Palumbo

Il colombiano Giancarlo Mazzanti, nato a Barranquilla nel 1963, fondatore del famoso studio El Equipo di Bogotá, è noto da anni per aver dato vita ad alcune delle opere più significative della rinascita culturale e sociale del suo Paese, spesso collaborando con giovani architetti e contribuendo, in tal modo, all’affermazione internazionale di un’intera generazione di progettisti: lo Stadio coperto per i Giochi Panamericani, la Biblioteca del Parque España a Medellín, la grande tettoia della Foresta della Speranza nel quartiere informale di Cazucá a Bogotá, il Medellin Sports Coliseum o la Scuola Pies Descalzos a Cartagena de Indias sono diventate, da subito, icone identitarie e qualificanti, espressive di quell’attitudine morale insita nella qualità delle creazioni di El Equipo, a cui viene riconosciuto un ruolo fondamentale per l’attuazione di uno sviluppo sociale equo e sostenibile. Il team di Mazzanti non vuol essere, dunque, un semplice studio di architettura, ma, di volta in volta, un insieme fluido e sempre diverso di esperti e collaboratori in grado di gestire processi estremamente complessi, caratterizzati da politiche pubbliche, donazioni economiche a scopo filantropico (come quelle offerte dalla fondazione della cantante Shakira) e, soprattutto, da strategie di partecipazione a beneficio dei cittadini, in modo da poter rispondere con maggior efficacia alle loro esigenze. Estremamente significativo è quanto dichiara, in proposito, lo stesso Mazzanti: «Siamo convinti che la capacità d’impatto dell’architettura sia insita non tanto nella sua stessa immagine, come oggetto, ma soprattutto in ciò che è capace di attirare in termini di comportamento umano e di relazioni socio-culturali: è da lì che nasce l’opportunità di far “dialogare” i nostri progetti e di creare nuove prospettive sull’uso dello spazio. Basandoci su questa idea, comprendiamo lo spazio oltre la sua condizione astratta, lo pensiamo da un punto di vista più ampio, che ne implica la costruzione da parte di molteplici attori, umani e non, collegati tra loro in specifici momenti e luoghi». Oltre ai progetti citati, tra gli interventi più recenti e significativi, emblematici della filosofia architettonica e sociale di El Equipo, va menzionato quello per la realizzazione di 21 nuove scuole per l’infanzia, distribuite in 8 municipi diversi della regione Atlántico (zona a nord del Paese affacciata sul Mar dai Caraibi) ed in grado di accogliere oltre 6.000 bambini, costruite con blocchi prefabbricati in grado di generare combinazioni sempre diverse, le cui geometrie rispondono sì all’organizzazione didattica ma anche alle peculiarità del clima tropicale colombiano. Con questi asili, denominati “Centros de Desarrollo Infantil”, si è voluta avviare la sperimentazione di nuove opportunità di tipo aggregativo e pedagogico per la prima infanzia, soprattutto a beneficio dei piccoli che abitano nei quartieri più poveri. La logica compositiva che articola forme e volumi dei Centros è la medesima delle costruzioni-giocattolo: ciascun organismo edilizio, infatti, è composto da incastri sequenziali di blocchi, del tutto simili a quelli dei mattoncini Lego per i bambini. In questo, come in altri progetti di Mazzanti, diversi ambienti interni e spazi esterni sono stati ideati per accogliere, al di fuori degli orari scolastici, attività di vario genere a beneficio della collettività e della vita di quartiere. Ultimo progetto di El Equipo a cui facciamo riferimento, anche in ordine cronologico, è quello per l’ampliamento della Fondazione Santa Fe a Bogotà: uno degli ospedali privati più noti della capitale e tra le istituzioni mediche più importanti della Colombia. Qui Mazzanti, dovendo utilizzare il mattone in continuità con l’immagine urbana dell’istituzione committente, ha guardato alle potenzialità del laterizio da un punto di vista del tutto nuovo, trattando la parete dell’edificio-torre come “manto flessibile”, in grado di lasciar entrare la città, la vegetazione e la luce nelle stanze dei ricoveri e negli ambienti per i familiari: stravolgendo la comune convinzione che gli ospedali debbano essere concepiti quali ambienti protetti ed interdetti al mondo esterno, in cui il concetto di “degenza” sia connesso a quello di “isolamento del paziente”, l’architetto ha ideato un involucro totalmente “aperto”, concepito come elemento decisivo del processo di guarigione proprio perché incentrato sui concetti-chiave del benessere ambientale e delle relazioni umane.

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di Felicia DE CAPUA

Con una recente sentenza i giudici di Palazzo Spada si sono pronunciati ancora una volta formulando considerazioni sull’accesso ai documenti amministrativi qualora avanzato dalle associazioni portatrici di interessi diffusi (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8333). In particolare i giudici hanno confermato che tale diritto non si differenzia in alcun modo da quello dei singoli individui, in quanto i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio sono i medesimi per tutti i soggetti dell’ordinamento e si basano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale. La pronuncia, invero, aderisce ad un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza riguardo sia alla legittimazione ad agire di tali

associazioni, sia ai presupposti e ai limiti dell’esercizio di accesso. La questione oggetto di analisi origina dal ricorso in appello presentato da un’associazione dei consumatori per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, che rigettava il ricorso proposto dalla stessa avverso il diniego dell’istanza di accesso rivolta alla Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 22, l. 241/1990 e del d.lgs. n. 33/2013. Oggetto dell’istanza di accesso la presa visione e l’estrazione in copia dei seguenti documenti: accertamenti, ispezioni, istruttorie e relative risultanze, eseguite dalla Banca e dalla Consob in relazione alla crisi bancaria di un istituto; e infine, i nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori. Il rigetto da parte della Banca d’Italia veniva motivato sulla base dei seguenti presupposti: in primis la prima richiesta non ravvisava, ai sensi dell’art. 22 della L. 241/1990, un interesse diretto, concreto e attuale dell’associazione agli atti di indagine, peraltro sottoposti al segreto d’ufficio. Per quanto attiene il secondo profilo, evidenziava che la pretesa ostensiva appariva per lo più un tentativo di effettuare un improprio controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione, che comportava la necessità di un’attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta. Il Supremo Consesso ha rigettato l’appello confermando la pronuncia di primo grado, in quanto ritiene l’associazione ricorrente non portatrice di un interesse diretto, concreto e attuale, dal momento che non ha dimostrato che la documentazione oggetto della richiesta fosse strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie. È proprio la presenza di un interesse qualificato all’ostensione dei documenti, precisa il collegio, che fonda a valle, in sede processuale, l’interesse di un’associazione a ricorrere avverso l’eventuale diniego. Di poi la pronuncia in esame precisa che tutti i portatori di interessi diffusi in generale hanno diritto ad ottenere l’accesso esclusivamente agli atti che abbiano una qualche incidenza diretta e immediata nei propri confronti e della generalità degli utenti dei servizi pubblici, purché non configuri una forma di preventivo e generalizzato controllo dell’intera attività dell’amministrazione.

L’ACCESSO AGLI ATTI E LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE

I SOGGETTI PORTATORI DI INTERESSI DIFFUSI HANNO DIRITTO DI ACCEDERE AI DOCUMENTI

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