Architettiverona 96

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Modello di innovazione, fonte di ispirazione: l’Arco dei Gavi Testo: Ilaria De Aloe

10. Il mosaico policromo ritrovato ai piedi dell’arco, ora rimosso in attesa di una sua collocazione museale. 11. Lavori in corso: pulitura dell’arco e sondaggi archeologici. 12. Il basolato posto sotto l’Arco, ampliato con elementi di recupero. 13. Veduta dell’Arco dei Gavi nella sistemazione attuale. 14. Planimetria generale del progetto realizzato (arch. Cristina Formaggio, dott. Stefano Oliboni/Comune di Verona). 15. Iscrizione dell’architetto Lucio Vitruvio Cerdone sul piedritto della fronte in antico rivolta alla porta urbica.

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Studiato e ammirato nel corso dei secoli, dal punto di vista architettonico l’Arco dei Gavi – un tetrapilo a sezione rettangolare con un fornice per lato, realizzato in calcare bianco di Verona, probabilmente della Valpolicella – è caratterizzato da grande semplicità costruttiva. Un gioco di rientranze e sporgenze valorizzano i fornici dei fronti maggiori (dove trovano spazio le nicchie per le statue del Gavi), assieme a una complessa decorazione con motivi vegetali di stile corinzio che adornano i capitelli e il soffitto piano a cassettoni, in cui trova posto una testa di Gorgone su clipeo (insolita soluzione per gli archi romani che comunemente si concludevano con una volta a botte). Tutti questi elementi denotano la contaminazione tra modelli ellenistici e forme tradizionali romane, 15 avvalorando l’ipotesi di datazione entro la prima metà del I secolo d.C. L’arco rappresenta nel nostro territorio uno dei pochi esemplari di una tipologia architettonica significativa all’interno della cultura romana, l’arco onorario. Come ricorda l’iscrizione dedicatoria visibile nel fregio della trabeazione, lv g a v i c a , sciolta da Carlo Anti in c u ra to re s l[a ru m ] v [e ro n e n s i u m i n h o n o re m ?] g a v i c a [d e c u ri o n u m d e c re to ], il monumento fu dedicato dai Curatores della città ai membri della gens Gavia, i capi militari della colonia, in

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ricompensa di alte benemerenze. I singoli componenti della famiglia sono ricordati con iscrizioni posizionate sotto le nicchie che ospitavano le statue, oggi perdute, dei quattro personaggi onorati, accoppiate sui due fronti principali: Caio Gavio Strabone, Marco Gavio Macrone e Gavia, figlia di Marco Gavio. Statua e iscrizione relativa al quarto componente della famiglia sono purtroppo perse. All’interno del panorama degli anonimi monumenti romani, l’arco riesce ad emergere grazie al raro caso di duplice firma dell’architetto artefice del monumento riportata sui piedritti interni dei fornici: l.v i trv v i v s l.c e rd o a rc h i te c tv s . Si tratta di Lucio Vitruvio Cerdone, uno schiavo greco liberato da un cittadino romano probabilmente identificabile con Vitruvio Pollione, l’autore del De Architectura vissuto ai tempi di Giulio Cesare e morto sotto Augusto. Vitruvio Cerdone apportò un mutamento sostanziale e innovativo alle tecniche costruttive e ai materiali adottati in città fino alla tarda età repubblicana, anticipando la ristrutturazione che interesserà, in età imperiale, le porte urbiche: utilizzò esclusivamente la pietra di Verona, escludendo completamente il ‘tufo’ e relegando alle sole fondazioni l’utilizzo dei laterizi che invece in età tardo repubblicana era riservato agli


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