Conservazione
Intonaci, calci colorate e stucchi testo di Alba Di Lieto
I
n previsione del 2006, centenario della nascita di Carlo Scarpa, il Museo di Castelvecchio ha provveduto alla pulitura e allo spolvero degli intonaci a calce non tinteggiati del Museo di Castelvecchio e al restauro di alcune significative ed emblematiche pareti trattate a grasselli colorati, tra cui il pannello rosso della terza sala della Galleria delle sculture e i grasselli neri delle pareti della facciata, testimonianze tangibili dell’attenzione di Scarpa per il trattamento delle superfici. Prima di descrivere in dettaglio i singoli interventi conservativi va fatta una premessa sulla tipologia delle superfici, estremamente materiche, che Carlo Scarpa ha messo a punto nell’intervento museografico veronese
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castelvecchio sottotraccia
che costituiscono la pelle esterna ed interna dell’edificio; esse non sono sfondi neutri ma superfici finite ad arte mediante antiche tecniche, rivedute con un linguaggio contemporaneo. Si tratta di intonaci, stucchi opachi o lucidi, calci colorate, tutte finiture con le quali il maestro ha di volta in volta trattato sia singoli supporti per valorizzare la plasticità di una scultura, sia pareti per esaltare il cromatismo delle opere esposte con la duplice funzione di completare la superficie architettonica e valorizzare le collezioni. Per gli intonaci, che sono a calce e non tinteggiati, l’architetto di volta in volta ha selezionato la granulometria della sabbia per rendere la superficie meno compatta. Talora ha inserito delle polveri di marmo macinate, tufo o rosso Verona, per dare una colorazione più calda e vibrante alla luce, fino a sciogliere nell’impasto dell’inchiostro di china per la finitura dei due saloni della Reggia, mentre quelli delle salette laterali erano stati lasciati bianco calce. Il trattamento delle superfici accentua la spazialità e sottolinea alcune parti del complesso monumentale. Talora vengono finiti con calci colorate sia interi volumi come nel caso del sacello (verde scuro), oppure singole pareti come l’ingresso del museo (nera e grigia), eccezionalmente l’architetto
usa tinte molto accese come il rossoaranciato della terza sala, in contrasto con il nero che gli colloca di fronte. Per dilatare lo stretto corridoio del piano superiore della Galleria, Scarpa riveste i pannelli divisori di stucco lucido specchiante, mentre di stucco opaco sono le superfici dei soffitti e dei controsoffitti del piano terra e del primo piano dell’ala della Galleria. Tutte queste preziose superfici nel corso di cinquant’anni, dall’apertura del museo, non erano mai state spolverate: sugli intonaci si era depositato un compatto strato di polvere, in corrispondenza dei radiatori vi erano delle macchie scure di fuliggine che era penetrata nell’intonaco, i magnifici pannelli e i soffitti avevano cambiato colore. Il nitore degli intonaci e delle superfici, visibile nei servizi fotografici degli anni sessanta, era scomparso. Si è quindi preparato un progetto generale di spolveratura di tutti gli intonaci, tramite semplice aspirazione per un totale di mq 4222. In corrispondenza delle macchie di fuliggine si è intervenuti a mano con impacchi e con soluzioni di acqua e ammoniaca. Per i numerosi intonaci ammalorati, con presenza di infiltrazioni d’acqua o zone sature di sali e distacchi, come nella finitura a gesso della sala IX (2006) o nell’interno della torre del Mastio, è stato realizzato nel 2010 un