numeri 1-11 nicola brunelli
Dopo quindici anni di assenza, riprende nel 1977 la divulgazione di «Architetti Verona». In questi anni di scelte importanti per la città, che da poco aveva definitivamente approvato il Piano Regolatore Generale – il dibattito sul recupero e sulla tutela dei centri storici la faceva da padrone, per riscoprirne la memoria storica ma anche l’indubbio valore architettonico; e il parere espresso dalla categoria degli architetti rispetto anche alle tematiche della pianificazione territoriale, era in quegli anni per lo meno gradito. Erano inoltre gli anni in cui era fresco il ricordo di maestri quali Carlo Scarpa, che anche nella nostra città ha lasciato opere di elevata qualità e dove ha “cresciuto” allievi di indubbio valore. La nuova rivista è intesa come lo strumento culturale dell’Ordine degli Architetti, aperto ad una proficua e più ampia partecipazione da parte dei colleghi e non solo. Il direttore responsabile è Carlo Vanzetti; fanno parte del Comitato di Redazione Domenico Bolla, Giorgio Bonagiunti, Pier Antonio Cavallaro, Lauro D’Alberto, Alberto Miollo, Gianni Perbellini, Arrigo Rudi e Otto Tognetti. Successivamente si aggiungeranno Lino Vittorio Bozzetto, Antonio Calò, Claudio Cavattoni, Renato Dal Maso e Giorgio Forti. Il formato quadrato (cm 21,5x21,5), la consistenza considerevole (80-100 pagine), il carattere prevalentemente monotematico, la cadenza di pubblicazione, lunga ed irregolare ed i pochi numeri realizzati (12 pubblicazioni in 9 anni) ne fanno di fatto un periodico di
48
architettiverona – 84
approfondimento piuttosto che una rivista di informazione. I temi trattati sono vari; si inizia con l’approfondimento del dibattito sui centri storici, riproponendo gli atti del convegno "Attualità del Problema dei Centri Storici"; si prosegue con l’affrontare il problema dell'edilizia residenziale pubblica; si torna poi sul tema del centro storico, con una esauriente documentazione sulla variante 33, completa delle valutazioni del Consiglio dell’Ordine. Successivamente si dedicano numeri monografici alla Verona Militare (a cura di Gianni Perbellini) e alla figura di Ettore Fagiuoli; in questo numero inoltre vengono segnalati i progetti premiati per un concorso di architettura (concorso per la nuova sede dell’Agec). Particolare interesse suscita il doppio numero monografico dedicato alla figura ed al lavoro di Carlo Scarpa (numero 4/5, febbraio 1980), un appassionato omaggio all’architetto tragicamente scomparso l’anno precedente, che ancora oggi rappresenta un utile strumento di conoscenza. Gli ultimi numeri della serie sono articolati in sezioni ben delineate, in cui vengono affrontati prevalentemente gli aspetti propri della professione. Argomenti come la comunicazione delle attività del Consiglio, la Deontologia, le Competenze, la Previdenza, la Tariffa professionale, la Legislazione e la normativa, il Fisco, l’Albo professionale divengono vere e proprie rubriche. Vi è infine uno spazio aperto per segnalazioni varie, a disposizione dei lettori. All’interno la pubblicazione non presenta quasi
mai pubblicità, relegata alle ultime pagine di copertina. Un plauso particolare è riservato alle copertine di ottima qualità grafica, ma anche alle pubblicità spesso eleganti e graficamente ineccepibili. Tra i contenuti, tutti più che degni, segnalo la prima parte dell’editoriale del numero 3, testualmente: “Che la situazione nel settore dell’edilizia residenziale stia attraversando un periodo di crisi profonda, anche come riflesso della più vasta crisi che investe tutto il mondo della produzione, non è un mistero, ne un mistero sono le cause prime che l’hanno provocata. Su queste ultime, sulle loro motivazioni e sulle responsabilità di chi le ha determinate, molto (e poco inutilmente) è stato scritto. Scendendo nel particolare di queste più vaste realtà le motivazioni della crisi che investe l’edilizia sono, e crediamo lo si possa dire con tranquillità: la mancanza d’identità che travaglia gli operatori del campo a livello progettuale; la disorganicità delle strutture di produzione che risentono spesso della mancanza di una organizzazione industriale seria con gravi riflessi sui costi e sulla qualità; la stretta creditizia, che di fatto ha eliminato l’ultima fascia di intervento privato, demandando l’iniziativa in campo edilizio ai grossi operatori economici, singoli o cooperative che siano; la mancanza di chiarezza nei ruoli e negli ambiti di intervento degli Enti Locali, nonché le inutili pastoie burocratiche. (…)” Parole forti e di straordinaria attualità, scritte alla fine degli anni settanta.