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ZACREPUBLIC!

N°4 novembre 2018

L’Altra Faccia di


IN COPERTINA: Foto di Marina Rosso


L’Altra Faccia di

ZACREPUBLIC! Un buco nel tempo che per un istante fermi l’orologio, l’occasione per immortalare su carta l’universo di relazioni e storie che si costruiscono ogni giorno dentro e fuori le pareti dell’accoglienza. Zacrepublic! nasce così, per ricordare che i richiedenti asilo e i rifugiati sono persone e non numeri.


Zacrepublic è realizzato da Arca di Noè Coop. Soc. ed è in edizione limitata per limitare i costi di stampa, accrescerne il valore e rendere unica ogni copia.

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2018 © Michele Cattani


L’ALTRA FACCIA DI IL POTERE DELLA PARTECIPAZIONE IL MONDIALE IN PIAZZA IL VIAGGIATORE IN NERO IL CINEMA SECONDO ME QUANDO LA RADIO INCONTRA IL CINEMA AL POSTO TUO MIGRANTOUR: LUOGHI E CONFINI A BOLOGNA REFUGEE FOOD FESTIVAL AL BINÈRI! IL RISTORANTE DEL DLF È SEMPLICE: DISEGNO, TAGLIO E CUCIO L’ARTE MILITANTE DI LAMINE AL DI LÀ DEI MURI MONTEATRO: IL TEATRO FA BENE A TUTTI IL LAVORO AGRICOLO A SCUOLA PERCHÈ COLTIVARE FA BENE ALLO SPIRITO ALLA RICERCA DELLA FELICITÀ L’AMORE DI UNA MADRE UNA LEZIONE DI VITA IL CAPITALE UMANO ALLO ZONARELLI DALL’ALABAMA A BOLOGNA TENSIONI EVAPORATE DALLA CONFISCA ALL’ACCOGLIENZA BENKELEMA

Pierluigi Musarò Michele Aiello Vito Palmieri Scuola Di-Mò Ass. Prendi Parte Radio Alta Frequenza Anna Caltabiano Mohamed Kindo Emanuela Greco Valentina Iadarola SPRAR Castello D’Argile SPRAR San Donato Antonia Grasselli SPRAR Monterenzio Abdalla Badreldin SPRAR Castello D’Argile Seye Abdourahmane Moussa Sylla Moussa Sylla Centro M. Zonarelli Lorenza Fabretti Brigit Reynolds SPRAR Zucchi Minori Stranieri feat Irene Olavide

SOMMARIO

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2018 © Lorenzo Burlando


L’Altra Faccia di

CINEMA 6

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Muovendosi tra film, musica, teatro, murales, questo numero di Zacrepublic disegna una diversa topografia dello sguardo. Dando voce a chi di solito è ‘parlato’, sovverte i confini di un paesaggio dato per scontato dall’ecosistema mediale. Ricostruendo la polifonia (o poliscopia) delle nostre diversità, ci offre la rappresentazione di noi da parte dell’Altro. E traccia nuove mappe, poetiche e di relazione, che diventano guide per viaggiare oltre la geografia morale del mondo. Pierluigi Musarò

Università di Bologna unibo.it

ITALIA

Viaggio, fuga, erranza, pellegrinaggio, vagabondaggio, migrazione, turismo, sono solo alcune delle parole che esprimono uno spostamento di persone. Parole diverse dietro cui si nasconde uno sguardo gerarchizzante, che discrimina perché non rende conto delle disparità e disuguaglianze insite nelle diverse categorie. A queste parole si associano immagini, stereotipi ed emozioni contrastanti, spesso opposte: i migranti o rifugiati percepiti come pesi morti, portatori di angoscia e pericolosità, da respingere in quanto ‘problema sociale’. I turisti o viaggiatori da accogliere in luoghi confortevoli, in quanto portatori di un plusvalore immediato, in primis economico. La rappresentazione contribuisce ai processi di (de) umanizzazione. Nello sguardo – sempre relativo, di parte – è insita l’asimmetria di conoscenza e potere tra chi guarda e chi è guardato. Così la lingua, veicolata dai media vecchi e nuovi, naturalizza l’uso di stereotipi, contribuendo a legittimare lo sguardo imperialista di chi ha stabilito le regole del gioco della mobilità, mascherando l’ingiustizia di trattamento riservato a chi non fa parte di un gruppo egemonico, non è uno di ‘noi’, e dunque non è legittimato a spostarsi con facilità nello spazio.


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2018 © Lorenzo Burlando


Il potere della partecipazione

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ZACREPUBLIC!

2018 © Michele Cattani

Il laboratorio di video partecipativo gestito da Arca di Noè con la supervisione di ZaLab, ha tentato di andare in questa direzione, coinvolgendo una decina di richiedenti asilo nella produzione di cortometraggi documentari. Il tema comune scelto dal gruppo del laboratorio come leitmotif di scrittura cinematografica conferma quanto detto sopra: i ragazzi, infatti, hanno voluto trattare il tema dei pregiudizi e stereotipi nei confronti delle loro culture d’origine. Michele Aiello

Zalab zalab.org

ITALIA

CINEMA

La partecipazione è uno strumento di intervento sociale che può essere utilizzato per diversi fini. Prevedere la partecipazione nel campo dei media, e nello specifico nella produzione audiovisiva, significa mettere le persone nelle condizioni di essere autori della narrazione. Qualsiasi racconto prevede degli autori e dei soggetti raccontati. Dato che i media possono veicolare narrazioni e messaggi senza mai interpellare o avvicinarsi a quelle persone o a quei luoghi che raccontano, si può ritenere che i soggetti più esclusi dalla società subiscano più di altri la narrazione che li riguarda e sulla quale non possono esprimere un controllo. La partecipazione permette al soggetto raccontato di entrare nella sfera dell’autorialità. Diventando autore, può decidere cosa, come e perché raccontare. Nel momento in cui la persona coinvolta nel processo partecipativo fa parte di una comunità marginalizzata, avrà sempre uno sguardo spiazzante rispetto a ciò che i media in generale raccontano. Riappropriandosi del processo narrativo i soggetti coinvolti possono influire sulla percezione che le altre persone hanno di loro e anche la percezione che hanno di loro stessi. Le pratiche del discorso, infatti, possono condizionare le pratiche reali.


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9 2017© ©Michele MicheleCattani Cattani 2018


Il Mondiale in Piazza

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Cosa s’intende per “seconde generazioni”? Per seconde generazioni si intendono le persone con origini straniere nate in Italia. Ne ho conosciute molte in quest’ultimo periodo e l’idea di scrivere un film su questo tema nasce dall’esigenza di raccontare che ci sono ragazze e ragazzi che si sentono italiani ma che non vengono considerati tali. Ho colto l’opportunità di scrivere un film su questo tema grazie al bando Migrarti; un bando ministeriale dedicato alla narrazione cinematografica delle “seconde generazioni” e, proprio quest’anno, “Il Mondiale in Piazza” è stato premiato al Festival del Cinema di Venezia e ha vinto il Premio “Leone Film Group” alla Festa del Cinema di Roma nella Sezione “Alice nella Città”. Penso che le persone con origini straniere nate in Italia siano italiane ma il film vuole lanciare la domanda anche a chi non se l’è posta. Ho cercato di far sì che lo spettatore si immedesimasse nel dualismo tra i due protagonisti. La domanda chiave che il compagno di squadra pone all’attore protagonista nato in Italia da genitori senegalesi è: “chi siamo noi?”, La risposta che viene data è “Boh, non lo so”, come se il suo sentirsi italiano non fosse sufficiente. Per sentirsi italiano c’è bisogno che la società sia concorde o comunque ZACREPUBLIC!

maggioritaria nel considerarlo tale. Il nostro protagonista Amhed è un ragazzo senegalese che incarna il desiderio di molti suoi coetanei di sentirsi accettati nel Paese in cui vivono, semplicemente e in modo disarmante. Nei miei precedenti lavori ho affrontato temi sociali forti - come Matilde, premiato al TIFF di Toronto, che racconta la storia di una bambina sorda - ma con uno stile sempre leggero e universale. Anche in questo caso il corto ha un retrogusto di commedia amara, senza perdere però l’animo sociale della storia. I migranti che fuggono dal proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore, le cosiddette “prime generazioni”, sono il presente ma, se abbiamo la capacità di andare oltre e vedere la nostra società tra poco più di un decennio, possiamo far sì che siano già il passato. Ho fiducia che la parte di pubblico che non condivide questa idea possa ritrovarsi in questo pensiero, grazie alle nuove generazioni italiane, figlie di italiani, abituate a condividere spazi di vita quotidiana con coetanei di origini straniere. I bambini, liberi da costrutti e pregiudizi, sono la speranza per un reale cambiamento. Vito Palmieri

Regista

ITALIA

CINEMA

Un Film che parla di “seconde generazioni” premiato ai Festival di Venezia e Roma


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Il viaggiatore «in nero» / Shwarzfahrer Cortometraggio Sceneggiatura e regia: Pepe Danquart

Camera: Ciro Cappellari Produzione: Trans-Film GmbH, Germania 1992 Lingua: tedesco Durata: 12 minuti Attori: Senta Moira (la vecchia signora), Paul Outlaw (il giovane nero), Stefan Merki (il motociclista) Musica: Michel Seigner Riconoscimenti: Premio della New York Film Academy (Festival internazionale del film di Berlino 1993) Oscar come miglior cortometraggio (1994)

CINEMA

Questo breve articolo è il risultato di un’attività svolta nella scuola di italiano per migranti Di Mò, durante un corso di livello A2/B1. Dopo la visione del cortometraggio Il viaggiatore «in nero»/ Shwarzfahrer abbiamo fatto una riflessione sulle tematiche, sulla lingua e un lavoro di scrittura collettiva, come se fosse uno di noi, perchè potrebbe essere uno di noi.

Quella che abbiamo visto è una storia successa tra un ragazzo nero e un’anziana tedesca. Siamo nel 1992 a Berlino (Germania). Abbiamo deciso di vederlo a scuola perché uno di noi ha vissuto un episodio di razzismo in autobus, da parte di un’anziana signora.

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Daniel ha raccontato che lui era seduto sull’autobus e ha visto una signora anziana in piedi. Ha deciso di lasciarle il suo posto. Dopo che la signora si è seduta, lei ha iniziato a parlare male dei neri ma Daniel ha fatto finta di niente. Il racconto del cortometraggio è stato fatto in prima persona, come se il ragazzo nero fosse uno di noi.


Quel giorno sono salito sul tram e volevo sedermi vicino a una donna anziana, ma lei non voleva. Mi sono seduto comunque. Subito lei ha cominciato a dire frasi razziste nei confronti di tutti gli stranieri, prima di tutti i neri, poi italiani, polacchi, turchi. Dentro il tram c’erano tedeschi e “stranieri” e un bambino con sua madre che mi sorrideva in segno di solidarietà quando lei diceva quelle parole razziste, cattive e violente. Un ragazzo turco voleva risponderle, arrabbiato, ma il suo amico gli ha detto di fare finta di niente, di lasciare stare. Dal momento che lei era vicino a me, mi sono sentito triste e molto arrabbiato. A un certo punto a una fermata del tram è salito il controllore. Lei ha preso il suo biglietto dalla borsa e lo teneva in mano. L’unica idea che mi è venuta in mente è stata quella di mangiare il suo biglietto cioè l’ho preso al volo e l’ho messo in bocca, l’ho masticato e poi l’ho ingoiato. Nessuno mi ha visto, solo il bambino che si è messo a ridere. Il controllore ha chiesto il biglietto alla donna e lei ha detto che io avevo mangiato il suo biglietto.

Lui non le ha creduto e le ha detto che la sua scusa era assurda. Il controllore le ha chiesto di seguirlo e di scendere per farle la multa. Immediatamente mi sono sentito leggero, sollevato e felice. Gliel’ho “fatta pagare” con la calma, l’intelligenza e l’ironia.

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Il cinema secondo me Dopo le proiezioni organizzate da Ass. Prendi Parte abbiamo raccolto alcuni commenti degli spettatori Mi piace il cinema perché è divertente. Tra i film che abbiamo visto quest’anno, mi sono piaciuti in particolare “Kirikù” e “Quasi Amici”. Il primo perché ha un bel messaggio: il bambino sacrifica sé stesso per la propria famiglia, mette il bene degli altri davanti al proprio. Questo secondo me è molto importante. Il secondo, invece, un messaggio simile, ma in più c’è anche il fatto che ognuno conosce il proprio passato ma non il proprio futuro: due persone, seppure molto diverse, una ricca e l’altra povera, sono diventate amiche. Mi ha dato una grande speranza. Cassama

Mi piace il cinema perché quando guardo un film riesco a liberare la mente dai pensieri brutti e apprezzo molto come gli attori riescano a comunicare con il pubblico. Il cinema, poi, è molto importante perché dà molti stimoli per risolvere i problemi. È molto importante anche per imparare la lingua: tutti parlano lingue diverse qui e non riuscire a capire a volte mi fa arrabbiare. Mi è piaciuto molto anche il film “Africa paradise”. La storia del film è come se fosse stata tutta al contrario: gli europei che vanno in Africa senza soldi e senza documenti per cercare un lavoro e trovare nuove opportunità di vita. Saidou, Adama, George

SPRAR Zaccarelli arcacoop.com

SENEGAL GAMBIA LIBERIA

CINEMA

GUINEA EQUATORIALE

SPRAR Zaccarelli arcacoop.com

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Non guardo spesso film, ma penso che siano comunque molto importanti. I miei preferiti sono i film horror e i film di azione. Sono fortunato che all’interno del nostro progetto ogni due settimane possiamo vedere un film diverso: tutti ridono, ma allo stesso tempo si impara sempre qualcosa. È bello il tempo passato tutti insieme. Mi è piaciuto molto Charlie Chaplin perché è un bravo attore e tutti i suoi film sono belli da vedere. Fa ridere perché combina sempre guai, è uno scherzo continuo, un po’ come i film pakistani. SPRAR Zaccarelli arcacoop.com

PAKISTAN

Faheem

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Quando la radio incontra il cinema

CINEMA

Radio Alta Frequenza al Terra di Tutti Film Festival

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con le musiche e le danze punjabi e dà immagine alla cultura della comunità sikh e il loro rapporto con il lavoro nel paese d’approdo. Un’occasione annuale quella del Terra di Tutti Film Festival per fare il punto della situazione e capire, attraverso il cinema, come i diritti umani possano mostrarsi fragili oggi, ma anche che in ogni paese del mondo troviamo un movimento di speranza e resistenza. Da riascoltare su www.spreker.com/user/ radioaltafrequenza la radio che accorcia le distanze e dà voce agli invisibili. Martina Borrelli

Radio Alta Frequenza radioaltafrequenza.it

ITALIA

Sedersi nella sala cinematografica dove di solito vai a vedere la prima di un film tanto atteso, assume un valore assai diverso quando ti trovi al Lumiere per il Terra di Tutti Film Festival, un’occasione di apertura dello sguardo attraverso lo schermo su tematiche come la violenza e le discriminazioni di genere, le infanzie invisibili, diritti negati e lo sfruttamento del lavoro. L’evento anche quest’anno ha posto l’attenzione al cinema indipendente, spesso diretto da giovani under 35, che si impegna a dare voce a chi sta diventando sempre più invisibile. La camera assume il ruolo di mediatore tra chi sente l’urgenza di prendere una posizione e un impegno rispetto al complesso clima globale e tra chi vive una mancanza di ascolto. Ascolto che si amplifica attraverso il microfono di una radio, come quello di Alta Frequenza, che quest’anno ha partecipato come media partner al TTFF. Dispositivi crossmediali che se pur diversi narrano la stessa urgenza. Come quella di Michel Toesca e il suo “Libre”, storia dell’agricoltore-attivista Cédric Herrou che cerca di contrastare il dramma dei migranti che non riescono a passare il confine Francia-Italia, ospitandoli nel suo terreno. Sull’Agro Pontino in una distesa di campi coltivati troviamo, invece, la storia di uomini e donne piegati dallo sfruttamento e dalle violenze del caporalato. Il docu-musical “The Havest” di Andrea Paco Mariani mescola il linguaggio del documentario

Radio Alta Frequenza intervista Michel Toesca il regista di Libre


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Al posto tuo

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Ripercorrere in prima persona le tappe di un richiedente asilo in Italia Il 20 giugno è la giornata mondiale del rifugiato e noi abbiamo deciso di renderle onore organizzando una festa a Casa Rivani, struttura dove lavoriamo creando dialogo, relazione, occasioni di confronto e di scambio con donne richiedenti asilo e i loro bambini, che a Casa Rivani ci vivono. Eravamo determinate a rendere questa festa una festa di tutti, dovevamo trovare lo spazio e i luoghi per decidere insieme alle 47 persone che seguiamo, cosa inserire nel programma: il cibo, la musica, le danze, le decorazioni, i giochi per i bambini e per gli adulti. Insieme abbiamo fatto la spesa, abbiamo deciso come fare le decorazioni, ci siamo scervellate per incastrare i tempi di furgone/ panche/carichi e scarichi e trovare un african shop in cui acquistare il necessario per l’apericena. La novità di quest’anno è stata l’ideazione del gioco “Al posto tuo”. Abbiamo voluto far sperimentare agli invitati un pezzetto di vita di chi decide di richiedere asilo in Italia. Abbiamo preparato 12 storie che potessero far immedesimare il pubblico nelle condizioni di chi fugge da un conflitto, da persecuzioni, da una vita diventata ormai insostenibile nel proprio Paese. Era un gioco a tappe. Con una valigia e poche cose da metterci dentro iniziava il gioco e, dopo un lungo viaggio, si arrivava in Italia. 18

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2018 © Camilla Mantovanelli

All’inizio la prima identificazione, le impronte digitali, il foto-segnalamento. Poi attesa e… il C3, il documento che formalizza la richiesta di asilo. In seguito ancora attesa per la tappa più importante, il momento della commissione territoriale, che giudica la legittimità della richiesta asilo. Uomini e donne, richiedenti asilo, per la prima volta dall’altra parte del tavolo, avrebbero fatto domande più o meno scomode sulla storia e sui motivi della fuga a chi avesse deciso di provare a “giocare”. Il 19 giugno, data scelta per la festa, Casa Rivani è diventato un luogo magico. Nel nostro giardino gli alberi erano pieni di


17° DEL RIFUGIATO 2018 GIORNATA MONDIALE

B O L O G N A

Arca di Noè arcacoop.com

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decorazioni di carta, realizzate dalle mani laboriose e abili del nostro Waqas, che in Pakistan faceva proprio questo di mestiere. Barchette, girandole e festoni sono state appese una ad una dalle mani di grandi e piccini, sulle foglie, sui muri, sui rami del nostro giardino. Nel frattempo in cucina sfrigolavano pesce fritto e banane plantaine, mentre i vapori del dolma armeno stimolavano la nostra curiosità, oltre che ovviamente il nostro appetito. Alle 17 cominciavano ad arrivare i nostri collaboratori, Michele di Sound Routes montava il mixer e allacciava il microfono per le melodie del Commandat Mazalawi, Marianna preparava lo spazio per il truccabimbi. Poi arrivava Marta dell’associazione Dadamà, attrezzata di pupazzi, tende, giochi per i più piccini e Andrea con teglie di cous cous, spezzatino, lasagne, e tanto altro cibo. Alle 18 eravamo pronti per iniziare! Le prime mamme con bambini si avvicinavano al giardino magico, attirate dalle bolle di sapone e dai palloncini colorati. Le accogliamo con il sorriso di chi, un pò ansioso, spera che il lavoro fatto sia all’altezza dei nostri invitati. Continuavano ad arrivare persone, amici di amici, qualche vecchietto del quartiere incuriosito dalla musica afro, colleghi e colleghe. L’inizio dell’estate ci ha regalato un’atmosfera gradevole e una luce stupenda…Parliamo, mangiamo, giochiamo e dopo un po’ si aprono anche le danze. Stiamo bene insieme perché questa festa l’abbiamo fatta insieme. Adesso ci godiamo la bellezza del momento, fino a quando ne avremo voglia e fino a quando ci sarà il tempo. Anna Caltabiano ZACREPUBLIC!

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GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Migrantour: Luoghi e confini a Bologna In occasione della 17° Giornata Mondiale del Rifugiato Arca di Noè in collaborazione con Next Generation ha organizzato, nell’ambito del Festival Atlas of Transitions, Rotte Migranti e vie di Bologna. Un itinerario speciale della città di Bologna, tracciato attraverso gli occhi e con la guida di un gruppo di richiedenti asilo e rifugiati politici. Nel mese di aprile e maggio sono stati realizzati sette workshop, all’interno del centro di accoglienza SPRAR Villa Aldini, per elaborare mappe emozionali volte ad indagare le dinamiche di relazione fra i soggetti accolti e fra essi e i luoghi di appartenenza o di temporaneo attraversamento. Lo scopo è stato mettere in comunicazione, ascoltare ed includere punti di vista di nuovi abitanti di Bologna, comprenderne i punti di riferimento, i pieni e i vuoti della loro esperienza in Città.

Il turismo è associato alle esperienze, il pubblico è costantemente alla ricerca di storie antiche, vere e memorabili che possano suscitare una reazione emotiva. A quasi tutte le persone piacciono le storie e soprattutto i turisti che fanno le visite provano emozione nello scoprire le storie delle storia, più o meno antica. Sono Mohamed Kindo, Maliano vivo a Bologna da un anno e quasi cinque mesi, ho partecipato al laboratorio di “Migrantour” a Bologna organizzato da Next Generation in collaborazione con Arca di Noè. Questa esperienza mi ha arricchito tantissimo, così tanto che ho deciso di regalare un pezzo di questa cultura italiana agli italiani. E’ stato un grande piacere. Quando avevo tredici anni sono stato in un villaggio che si chiama “Sangah” (Mali). E’ un villaggio meraviglioso e turistico e là ho iniziato a seguire le guide turistiche per conoscere la loro cultura, al loro storia e soprattutto a conoscere vari stranieri da vari Paesi. La cultura italiana non è tanto diversa da quella maliana, anzi direi che è simile. Dopo la formazione a Bologna abbiamo organizzato dei tour bellissimi a piedi per conoscere i luoghi, monumenti, il cibo e fiumi. Il mondo bolognese è una realtà bellissima. Mohamed Kindo

SPRAR Villa Aldini arcacoop.com

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17° DEL RIFUGIATO 2018 GIORNATA MONDIALE

Cosa abbiamo visto in un giorno? Il giro turistico è partito da Piazza Maggiore! Per visitare bologna in un giorno bisogno partire da qui perchè quel luogo è il cuore della Città e la piazza è sempre animata. All’inizio del giro abbiamo guidato i turisti all’Archiginnasio in cui è possibile visitare una chiesa, uno spazio per conferenze e un museo. Qui nacque la prima università del mondo. Poi siamo stati in Piazza delle Mercanzie e poi la visita al simbolo di Bologna: le Due Torri. Piazza delle Mercanzie è un posto dove si decidevano i prezzi delle merci. Un po’ più avanti ci sono le due torri, in passato Bologna era piena di torri fatte costruire dalle famiglie nobili. Ogni famiglia aveva la sua torre costruita vicino alla casa ed erano un simbolo del potere della famiglia. Dopo abbiamo fatto un passaggio nel ghetto ebraico: venne costruito nel 1555 dalla Chiesa. Il ghetto è simbolo di una segregazione di cui la comunità ebrea fu vittima durante il corso della storia. Il giro è continuato dopo un passaggio da Piazza Verdi. Qui è terminato il nostro giro. Tutto è andato bene e mi è sembrato ben organizzato.

B O L O G N A

Mohamed Kindo

MALI

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Nell’ultima settimana di giugno si è tenuto a Bologna il Refugee Food Festival, un evento culinario internazionale e itinerante, nato nel 2016 a Parigi grazie all’impegno dell’associazione Food Sweet Food e in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Nel 2018 il Festival è giunto alla sua terza edizione e lo ha fatto espandendo i propri confini anche oltre oceano: New York, San Francisco, Cape Town, oltre alle numerose tappe europee (Parigi, Atene, Madrid, Bruxelles, Amsterdam, Lione, Marsiglia, Bordeaux, Lille e, naturalmente, Bologna). Gli obiettivi del Festival sono molteplici: innanzitutto, cambiare la percezione comune sui rifugiati mostrandone le abilità ed eredità culinaria; favorire inoltre la loro integrazione professionale grazie ad un network di ristoratori impegnati; e, infine, radunare i cittadini attorno ad un tavolo imbandito favorendo lo scambio, la riflessione e la condivisione di valori, oltre che di ricette. Dalle parole dei due fondatori del Festival, Marin Mandrila e Louis Martin: “Attraverso il Refugee Food Festival vogliamo mostrare come le esperienze culinarie ci permettano di rompere le barriere e di scoprirsi a vicenda, condividendo ciò che allo stesso tempo è unico e universale: il cibo”. La prima edizione bolognese si è svolta nel corso di 22

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tre serate ed ha coinvolto quattro diversi chef: Mori e Minamba dal Mali, Osama dalla Palestina e Emad dal Kurdistan Iracheno. Le cene sono state ospitate da tre diversi ristoranti: La Fattoria di Masaniello (26 giugno), La Svolta (27 giugno) e Al Binèri (29 giugno), registrando ovunque il pieno di prenotazioni e partecipazione. Il Festival promuove la cittadinanza attiva dei cittadini e delle associazioni della società civile. A Bologna, è stato realizzato grazie al coinvolgimento diretto di Arca di Noè e al supporto nell’organizzazione di Food Sweet Food e UNHCR, oltre che di ASP Città di Bologna e Bologna Cares!. In attesa della nuova edizione del Festival, è in corso uno studio sul cambiamento apportato dal Festival nella vita professionale degli chef e nella percezione dei partecipanti agli eventi. A presto nuovi aggiornamenti! Emanuela Greco Arca di Noè arcacoop.com

ITALIA

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO

Refugee Food Festival

17° DEL RIFUGIATO 2018 GIORNATA MONDIALE

B O L O G N A


I RISTORANTI APRONO LE PORTE DELLE LORO CUCINE AGLI CHEF RIFUGIATI

BOLOGNA 26•29 GIUG

26 GIUGNO LA FATTORIA DI MASANIELLO • OSAMA & EMAD • CUCINA 27 GIUGNO LA SVOLTA • MORI & MINAMBA • CUCINA MALIANA 29 GIUGNO AL BINÈRI • OSAMA & EMAD • CUCINA PALESTINESE E CUR

RESTA AGGIORNATO SUL PROGRAMMA COMPLETO SULLA PAGINA FACEBOOK DEL REFUGEE FOOD FESTIVAL. I

#WITHREFUGEES #REFUGEEFOODFESTIVAL


Al Binèri! Il ristorante del Dopolavoro Ferroviario A giugno 2019 riaprirà il Ristorante estivo Al Binèri!

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sociali del territorio con un’attenzione particolare all’inserimento lavorativo di persone in difficoltà. Al ristorante Al Binèri troverete inoltre la “Vecchia Orsa”, birra artigianale prodotto della cooperazione sociale rilanciato da Arca di Noè. Questi elementi sono racchiusi all’interno del menù, che potrete sperimentare e gustare tutte le sere dalle 18 nel Parco del Dopolavoro Ferroviario a Bologna, in via Sebastiano Serlio 25/2 (ingresso con parcheggio da via Stalingrado 12). Riapriremo a giugno 2019! Valentina Iadarola

Arca di Noè arcacoop.com

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Quest’anno è nato un ristorante a Bologna: Al Binèri, “il binario” in dialetto bolognese. E’ il ristorante etico del Dopolavoro Ferroviario (DLF), un servizio innovativo che si colloca in un contesto dalla forte identità bolognese. Il DLF è nato infatti nel 1925 allo scopo di promuovere il “sano e proficuo impiego” delle ore libere dei ferrovieri a Bologna. Al Binèri, nome che riporta l’immaginario collettivo al tema del viaggio e dello spostamento, racchiude in questa scelta l’attenzione che la Cooperativa Sociale Arca di Noè rivolge alle persone in transito o residenti presso il nostro territorio, i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale. Al Binèri, vuole essere un luogo di partenza individuale e collettiva, di arrivo e di ritrovo, che valorizzi le competenze superando le diversità e in grado di offrire ristoro e benessere. Al Binèri offre un menù etico, semplice e di qualità, offrendo ai propri clienti prodotti di stagione provenienti da agricoltura sociale, a KMØ e biologici, da cooperative



E’ semplice: disegno, taglio e cucio Esuberanza, precisione, fantasia, ricordi, sono alcune parole chiave che riassumono la grande passione di un nostro amico richiedente asilo: è Therno Falo, che dal suo arrivo in Italia dalla Guinea Bissau (nel novembre 2016) e dal suo ingresso presso l’accoglienza di Castello D’Argile gestita da Arca di Noè, ha riempito, vivacizzato, personalizzato, parti della casa e delle nuove relazioni trovate, con la sua arte: quella di sarto! Ed ecco spuntare amici in camicie eleganti con inserti coloratissimi, cuscini per i divanetti da giardino, borse da regalare alle feste per la Comunità, vestiti inventati dai ragazzi delle scuole di castello D’Argile e da lui confezionati ad arte. E’ impegnato in diverse attività tutti i giorni e ci racconta “sono impegnato nell’andare a scuola tre volte la settimana, cerco lavoro portando il mio curriculum alle agenzie interinali, ho fatto un corso per operatore magazziniere e ora mi iscrivo ad un corso per operatore meccanico; ma ho un oggetto sul tavolo della sala in casa che mi è stato dato in prestito da una associazione di volontariato e che mi fa compagnia e mi esorta a distrarmi dai miei impegni e mi sussurra “dai vieni a creare un po’”: è la macchina da cucire!” Ho imparato ad usarla grazie ad un amico di mio papà 26

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2018 © Sirio Tessitore

che era un sarto molto bravo e già all’età di 8 anni, osservandolo e chiedendogli di insegnarmi, sapevo far scorrere diversi tessuti sotto l’ago della macchina elettrica intrecciandoli ai fili colorati delle diverse spagnolette. Così, grazie a Therno, l’equipe di lavoro ha avuto lo spunto per organizzare alcuni laboratori di sartoria in collaborazione con il doposcuola parrocchiale delle Scuole Medie: il primo per realizzare astucci e zaini di stoffa personalizzati dai ragazzi con le loro idee e immagini! Il secondo (in occasione dell’inaugurazione


della mostra sui “tessuti dal mondo” realizzata con il Patrocinio del distretto Reno Galliera, all’interno delle iniziative dei percorsi di Pace e inclusione promossi dai Comuni), nell’organizzazione di una sfilata di moda creata insieme ai ragazzi del doposcuola e dall’incontro tra modelli disegnati da loro e come dice Therno, semplicemente “tagliati e cuciti”! La moda Senegalese è la sua preferita e d’ispirazione ai suoi modelli, prevalentemente pensati per maschi, ma si sta rendendo conto che ai ragazzi italiani piace lo stile un pò sobrio di colori con solo alcuni inserti tipici: ecco allora che crea magliette bianche con colletti e polsini a fantasia; abiti da ragazza con gonne tinta unita e corpetti multicolori trovati da scampoli di capulane africane! “Seguo attentamente tutte le fasi e pertanto: disegno, taglio, cucio e soprattutto mi diverto nel fare questa attività che ho imparato fin da piccolo: è quella gioia che ora vedo anche riflessa nei sorrisi dei ragazzi che indossano i mie vestiti!” Equipe di Castello d’Argile Arca di Noè arcacoop.com

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ZACREPUBLIC! 2017 © Lorenzo Burlando


L’arte militante di Lamine Ci troviamo in compagnia di Lamine Diatta, giovane artista senegalese. Ultimamente ha disegnato alcuni coloratissimi murales nella struttura Sprar Residenza Sociale San Donato. Lamine com’è cresciuta la tua passione per il disegno da quando sei in Italia? All’inizio ho vissuto al Centro di accoglienza Zaccarelli. È stato un periodo difficile all’inizio perché non conoscevo la lingua italiana e non conoscevo Bologna, poi abbiamo fatto un po’ di scuola lì con due insegnati Angela e Marco e questo mi è piaciuto molto. Però non era semplice perché a parte l’italiano non avevamo molto da fare ed era una cosa stressante. Io però già a casa, nel mio paese, ero abituato a disegnare: è una cosa che mi rilassa molto, e quindi quanto non avevo niente da fare prendevo la matita e iniziavo a disegnare. Di giorno ma anche di notte! Quindi tu hai iniziato a disegnare in Senegal? Quando ero piccolo mi piaceva disegnare. Era un gioco, poi ho imparato durante la scuola secondaria. A geografia l’insegnante mi faceva disegnare le mappe geografiche e poi nella materia specifica del disegno ho iniziato a seguire il mio professore che

dipingeva quadri. Lui ha capito che a me interessava e mi faceva stare nel suo laboratorio ad imparare. Però questa esperienza non è durata molto tempo perché lui è emigrato negli Stati Uniti. Anche casa disegnavo e li regalavo alla gente. Nel mio tempo libero stavo sempre a disegnare. È una passione! Però ho dovuto interrompere gli studi abbastanza presto… Quando sono venuto in Italia, mentre stavo nel centro di accoglienza gli operatori hanno notato che stavo imparando a disegnare e mi hanno acquistato materiale da disegno, matite, pennelli e poi hanno organizzato la prima mostra con i miei disegni. “Allora è una cosa seria!” ho pensato “Potrebbe essere un’opportunità per far sentire la mia voce, perché la pittura interessa a tanta gente!” Beh, poi hai fatto diversi disegni a Bologna, raccontami come è andata… La nostra prima coordinatrice, Maddalena, conosceva Stefania dell’associazione Baumhaus e da lì è nata una collaborazione: loro avevano un progetto di arte urbana in Città e io stavo imparando a disegnare… Così è nato il mio primo disegno al mercato Albani, in Bolognina, sulla serranda del mercato. Oggi non sono molto soddisfatto di quell’opera perché non mi ZACREPUBLIC!

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Senti, tu hai un soggetto preferito dei tuoi disegni? Mi piace disegnare la natura, i paesaggi, i villaggi, gli alberi il mare…perché sono cresciuto in questi ambienti e nella mia mente ho ancora molto vive queste immagini. Sono i luoghi dove sono cresciuto senza avere problemi. Lì non avevamo le industrie, ma la terra e l’ambiente ci dava tutto quello di cui avevamo bisogno. Voglio preservare questa immagine. La natura ti dà tutte le cose di cui hai bisogno. Eravamo lontani dalla città ma avevamo tutto il necessario per vivere. Non mi sono mai svegliato con la fame, non mi sono mai addormentato con la fame. Se tu vai nella foresta, trovi qualcosa da mangiare, se vai al mare trovi qualcosa da mangiare. Penso che questa dimensione vada raccontata e difesa. 30

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Vicinanza - Diatta Lamine

ero preparato e non era il mio tema, non sapevo bene come fare, non avevo le idee chiare prima di iniziare a disegnare. Poi attraverso Baum ho conosciuto altra gente tra cui Stefano, che mi ha sostenuto comprandomi diverso materiale da disegno e mi ha fatto conoscere un corso di acquerello che ho frequentato per un mese. Lì ho imparato la tecnica dell’acquerello che ancora adesso sto perfezionando. In seguito, ho conosciuto il signor Morgantini con cui ho partecipato al progetto dei disegni sul ponte Stalingrado. Un altro disegno che ho fatto è stato quello lungo Via Manzi a Bologna. L’idea è venuta dal centro di accoglienza e poi abbiamo lavorato assieme a Baum e Collettivo FX.


Difendere vuol dire… Con questi disegni voglio comunicare che si vive bene anche in mezzo alla natura, dove puoi pescare o raccogliere i frutti, nutrirti di quanto la natura ti dà. Mentre adesso il progresso delle società complesse distrugge tutto questo. Ci si appropria delle risorse naturali per le produzioni industriali. Si rovina la natura, si minaccia le foreste per un unico obiettivo: il profitto. I soldi non si possono usare senza la natura. Non puoi mangiarti i soldi! Per esempio, nel mio villaggio si è installata una fabbrica cinese che scarica nel mare i suoi scarti e c’è un grande problema per i pescatori perché moltissimi pesci stanno morendo! Hai anche altre ispirazioni per le immagini dei tuoi disegni, non so foto, cinema… Le immagini dei film, con i loro colori, mi danno nuove idee e nuova ispirazione perché sono in continua ricerca…devi ricercare e ricercare, sempre. Anche le immagini delle riviste mi ispirano. Prendo tutto quello che posso da queste immagini. Tra le tue opere quale ti piace di più? I disegni che ho fatto qui alla Residenza sociale san Donato mi piacciono, sono soddisfatto. In alcuni di questi disegni, sento che ho fatto un progresso nella composizione e nel colore e capisco che nel futuro potrò migliorare ancora.

Mi descrivi una o più delle tue opere che hai realizzato alla Residenza sociale San Donato? Ti descrivo due disegni che hanno una simbologia simile. Nella prima rappresento persone di un villaggio assieme agli animali che stanno prendendo della frutta dagli alberi e vivono assieme in armonia. In questo modo voglio dire che tutti abbiamo sempre bisogno del mondo naturale. Ma come vedi, il ramo dell’albero esce da un buco nel muro. Questo buco rappresenta un tipo di confine che si crea quando la gente maltratta la natura. Quando non rispettiamo la natura, mettiamo un tipo di confine tra noi uomini e il mondo naturale. Questo confine, rappresentato dal finto buco sul muro, non è una cosa buona e si vede oggi quando non riusciamo più a trovare e a mangiare cibo sano, biologico. Oggi nelle nostre città è difficile trovare per tutti del cibo sano, naturale. Tutto è contaminato dalla chimica che viene usata in agricoltura. In un altro dipinto, ritorna l’elemento del muro. Si vedono degli uccelli che stanno attraversando un varco nel muro, un confine, per andare nel mondo naturale perché per loro è un luogo dove stanno bene, dove sono contenti di vivere. Per loro questo è un luogo sano. Se non c’è questo luogo naturale, allora tutti noi viviamo in una prigione! Questo confine ci costringe in un luogo ristretto dove le nostre possibilità di vivere naturalmente sono poche. La gente lavora per

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acquistare solamente cibi non sani. È questo il messaggio fondamentale che volevo far passare con questi miei disegni. Intervista a Lamine Diatta cura di: Equipe SPRAR San Donato

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Natura è bisogno/Pace familiare - Diatta Lamine

Arca di Noè arcacoop.com

ZACREPUBLIC! 2017 © Michele Cattani


Il cammino verso la libertĂ - Diatta Lamine


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Al di là dei muri non pensavo inizialmente che potesse cambiare, ma soprattutto migliorare così tanto il mio lato umano. Ho imparato ad approcciarmi alle persone in modo diverso, a superare le barriere mentali e conoscere prima di giudicare. Quando ho scelto questo percorso ero scettico riguardo alla sua utilità, ma, fin dalle prime lezioni, ho capito di essermi sbagliato, penso che abbia lasciato un segno dentro ognuno di noi, in particolare dentro i nostri ospiti. Prima mi sentivo soltanto cittadino europeo, ma adesso credo di essere pronto per essere un cittadino del mondo.” (Nicolò Querzola) Più uguali che diversi. Uguali nelle istanze fondamentali, nella capacità di pensiero, di parola e di costruire relazioni, diversi per storia e significati simbolici, cioè per cultura. Il fondamento comune va scoperto: l’incontro produce stupore e meraviglia. La diversità è attraente se ci sentiamo legati in una comune appartenenza. Nicolò Querzola

Studente Liceo E. Fermi liceofermibo.gov.it

Antonia Grasselli

Coordinatrice del Progetto “Al di là dei muri” registrodiclasse.storiamemoria.eu

ITALIA

“Al di là dei muri” è un progetto di cittadinanza attiva e di service learning, realizzato nell’ambito dell’Alternanza Scuola Lavoro, dal Liceo scientifico “E.Fermi” di Bologna in collaborazione con la Coop. Soc. Arca di Noè. La classe multietnica che è stata costituita, formata da 19 studenti e 8 richiedenti asilo, ha costituito per questi giovani un luogo d’incontro, di condivisione, cioè di amicizia, perciò di scoperta dell’altro e in cui i contenuti disciplinari (italiano, scienze, storia) sono diventati occasione di un lavoro creativo che ha saputo accomunare e valorizzare contributi diversi in una narrazione comune. Il sito (www.registrodiclasse.storiamemoria.eu) rappresenta in modo efficace ed immediato il lavoro svolto. La classe si mostra come un cantiere ricco di operatività: lavori di gruppo, quindi comprensione e confronto, riprese video per la documentazione, scrittura di articoli – resoconto, attività in laboratorio di scienze, ricerche individuali poi relazionate e condivise, reportage fotografico. A progetto concluso, si può affermare che i risultati hanno superato di molto le aspettative iniziali. L’incontro con i richiedenti asilo ha generato rispetto e stima, ma ha provocato soprattutto la nascita di un senso di comunanza e il cambiamento di sé. “Il progetto è andato ben oltre le mie iniziali aspettative,

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Monteatro: il teatro fa bene a tutti

Ce lo raccontano Luca, Tiziana, Giulio, Claudia, Lucia, Ezio, Luca, Manu e Zerby L’idea di realizzare un corso di teatro a Monterenzio è nata soprattutto per nostro figlio (fonte continua di idee, creatività, impegno e gioia). Dall’ultimo anno di materna ha fatto teatro con un progetto della scuola che non venne più ripetuto quando nostro figlio iniziò la quarta elementare. Avendo osservato quanto gli abbiano fatto bene gli anni di recitazione sotto tanti aspetti e quanto si sia divertito, abbiamo cercato un’alternativa per dar continuità alla bella esperienza e decidemmo di iscriverlo al corso di teatro che Giulio Colli teneva e tiene ancora a Casalfiumanese, vicino ad Imola. Pur essendoci piaciuto, ne uscimmo tutti un po’ provati per il viaggio. Quindi, io e mio marito, provammo di portare il corso nel bellissimo teatro di Monterenzio. Giulio Colli fu entusiasta di tenere un corso anche nel suo paese. Quindi con il sostegno e il patrocinio del comune di Monterenzio, nella persona del vice sindaco Silvia Cuppini e il prezioso supporto della Proloco, io e mio marito, con il fondamentale aiuto della nostra cara amica Zerby, ci mettemmo al lavoro per raccogliere i fondi necessari per coprire le varie spese: dal compenso dell’insegnante, al noleggio del teatro, alle spese della Siae e dell’assicurazione

e alle varie ed eventuali per materiali ed imprevisti. Con l’aiuto di tante aziende del territorio che hanno creduto nel progetto e lo hanno finanziato, siamo riusciti a realizzare sia il corso per i bambini, che quello per gli adulti in forma totalmente gratuita per i partecipanti. Questo perché per noi era (ed è) importante che potesse essere un’esperienza aperta a tutti. E così fu. Infatti fu aperta a folli individui come me, mio marito, la Zerby, a soggetti notturni come Ezio, alla simpatica e splendida coppia Elena e Luca, alla supermodella Claudia, alla tatuatissima Manu, alla spirituale e creativa Lela, ai due adolescenti Enri e Giorgia, alla mitica Lucia e ai coraggiosissimi Zou, Tidiane e Foufana, tre ragazzi accolti dal comune di Monterenzio in una struttura gestita dalla cooperativa sociale Arca di Noè. Un gruppo davvero sgangherato!!! Ma la bellezza delle diversità di ognuno di noi, la scoperta di noi stessi attraverso gli altri e viceversa, l’accoglienza reciproca, la curiosità e lo scambio delle nostre storie di vita (che inevitabilmente hanno creato un legame). Le diverse e intense emozioni come gioia, paura, imbarazzo… PANICO!!! Non parliamo poi della fatica, non tanto quella fisica, ma quella di “denudarsi” di mettersi in gioco, che

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di contro ti fa riscoprire l’umiltà, donandoti un senso di pace. Infine, non meno importanti, le risate, quelle belle risate di pancia, il gioco e il divertimento hanno reso possibile uno spettacolo, nella sua immensa imperfezione, semplicemente meraviglioso. Questo è per me e mio marito il senso che volevamo avesse il progetto e questa è la magia del teatro, che vogliamo riproporre anche quest’anno. Luca e Tiziana

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Tramite la parola è più facile condividere dei sentimenti, delle emozioni. Le parole in teatro sono molto importanti. Con Zou Foufana e Tidiane abbiamo visto che si può andare oltre. Nonostante non ci fosse uno scambio verbale articolato, tramite il teatro siamo riusciti a dare valore agli sguardi e ai gesti. Con tutti i componenti del gruppo c’è stato un dialogo continuo, in cui il valore emozionale rispondeva a tutte le esigenze di comunicazione. Giulio Colli

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Attraverso questa esperienza ho imparato due cose: ascoltare gli altri per capire quand’è il mio momento per parlare e mettermi nei panni di qualcun altro. Sembrano due cose scontate, ma spesso nella vita così non è. Inoltre la presenza di ragazzi provenienti da latri Paesi del mondo ha arricchito molto il contesto, perché il loro desiderio di imparare la lingua italiana ed integrarsi ha dato un valore aggiunto importante al percorso teatrale. Claudia L’esperienza mi è piaciuta molto e mi sono tanto divertita. E’ stato molto originale ed interessante, grazie anche alla presenza di Zou Tidiane e Foufana che arrivavano da altri Paesi del mondo. Il teatro fa bene a tutti. Lucia

Da questa esperienza ho ammirato il desiderio di integrarsi in un gruppo differente per cultura, lingua, credo, colore della pelle e anche per età. Tutti ci siamo impegnati, non solo per imparare le nostre parti, ma anche per superare i propri limiti e la paura di stare su un palcoscenico e questo impegno è stato certamente più forte nei ragazzi stranieri Zou, Tidiane e Foufana. Tutti sono indispensabili per realizzare una storia e insieme si può raggiungere il pubblico. Grazie a tutti anche per aver reso possibile un mio sogno. Ezio

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In quel contesto mi è apparso chiaro come la percezione della diversità dell’altro svanisca attraverso l’entrare in contatto con ciò che è considerato altro da noi... Basta questo per annullare questa percezione ed ogni perversa convinzione che da essa deriva, come il razzismo. Luca Mi sono divertita. Ho avuto la possibilità di conoscere nuove fantastiche persone e venire a contatto con culture e pensieri diversi dai miei. Manu

Sentirsi parte di una comunità significa anche provare a mettersi in gioco. Siamo un gruppo di persone che ci ha provato e nel nostro piccolo ci siamo riusciti. Lavorare insieme è stato arricchente sotto tanti punti di vista, abbiamo avuto modo di conoscerci, di capirci, di rispettare i tempi, gli spazi e le usanze di ciascuno di noi. Personalmente, oltre ad aver rispolverato un arrugginito francese, grazie alla presenza di alcuni ragazzi stranieri, ho apprezzato il clima che abbiamo creato. Zerby

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Il lavoro agricolo a scuola

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2018 © Michele Cattani

Sono stato molto felice di scambiare le informazioni che avevo preparato e studiato, con altre nozioni che i bambini conoscevano. Ho imparato che in Italia è possibile coltivare anche in montagna mentre nel mio Paese, anche se ci sono molti altipiani, non si pratica l’agricoltura in quei luoghi. Inoltre, sono stato felice di scoprire i principali mezzi agricoli utilizzati in Italia, in Sudan si usano principalmente gli animali. La cosa più bella è stata vedere quanto i bambini siano intelligenti, curiosi e aperti a culture di altri Paesi. Abdalla Badreldin

SPRAR Casalecchio dei Conti (Castel San Pietro Terme) arcacoop.com

SUDAN

Noi ospiti del centro di accoglienza SPRAR di Casalecchio dei Conti quest’anno abbiamo organizzato e gestito dei laboratori per bambini, in una scuola elementare di Castel San Pietro Terme. Sin dai tempi antichi, l’uomo sa di aver bisogno della terra e delle sue risorse per soddisfare le proprie necessità: per esempio, coltivando la terra si ottengono frutti e prodotti che permettono di mangiare e bere, estraendo le risorse naturali è possibile produrre lavoro nelle fabbriche e rendere la vita umana più semplice; per questo la terra è fonte di vita. L’obiettivo del laboratorio che ho preparato era quello di far conoscere i diversi materiali usati in campo agricolo, in Africa e in Europa, evidenziandone le differenze. Per fare questo, ho creato un cartellone nel mezzo del quale è stato riprodotto il globo e ho rappresentato, accanto a ciascun paese, alcuni prodotti tipici. Quando i bambini hanno preso parte al mio laboratorio, erano molto interessati e curiosi di conoscere le diversità e le somiglianze di cui gli parlavo; mi sono assicurato di spiegare loro come e in quale periodo dell’anno le verdure vengono piantate, coltivate e raccolte. Ho descritto alcune pratiche agricole e le differenze nei principali prodotti, mezzi agricoli e nel clima tra Sudan, Senegal e Italia.


2018 Š Michele Cattani


Perché coltivare fa bene allo spirito! A Castello D’argile è partita un’esperienza di orticoltura all’interno della Struttura SPRAR gestita da Arca di Noe’ a partire dalla scorsa primavera, quando, insieme ad un amico e volontario di Castello D’Argile si è pensato di coinvolgere alcuni ragazzi per costruire un orto: è stata prima di tutto un esperienza piacevole, quella della creazione di un orto, principalmente perchè sono sempre stato contadino ed ho aiutato volentieri, ma soprattutto è stato bellissimo perché si sorrideva e si scherzava sempre. Abbiamo iniziato ad aprile con l’inizio della bella stagione ed è stato un crescendo di fiducia reciproca. Comunicare con i ragazzi è stato difficile all’inizio: io parlo in dialetto bolognese! Ma i gesti e la pratica come esempio, hanno sciolto molte limitazioni linguistiche iniziali: i ragazzi si sono applicati nell’innaffiare l’orto e nel seguire i miei consigli, quindi direi che alla fine c’è stata una comprensione reciproca e una fiducia di base che mi fa sentire bene quando vengo a trovarli, anche solo per salutarli. Abbiamo lavorato duramente insieme con i ragazzi e alla fine tutte le verdure sono cresciute benissimo. Soprattutto le melanzane e le zucchine! Abbiamo avuto qualche problema iniziale dovuto alla rete idrica, ma anche grazie a Michele, il Sindaco Di Castello d’Argile che ha portato l’acqua in una mini-cisterna e 42

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a Giancarlo, il mio amico idraulico che ha aggiustato il pozzo. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dalla comunità argilese che ci ha permesso di sviluppare l’orto. Era un peccato non condividerlo e così è nata insieme all’equipe di lavoro l’idea dell’Ortoteca per Castello D’Argile! L’orto è diventato un’Ortoteca a disposizione delle scuole o ai gruppi di bambini con famiglie che vogliano partecipare alla cura di un piccolo orto di Comunità, nonché un luogo per dire e fare intorno alla natura! Uno spazio didattico a disposizione e realizzato con il contributo delle scuole, per favorire un’attività di integrazione in cui scoprire storie di altri Paesi e le piante coltivate in essi. L’ortotoeca è un luogo in cui la diversità è il valore fondante e ne è arricchito dalle esperienze personali dei ragazzi che vivono questa struttura in continuo divenire. A luglio siamo partiti con il Nido Pollicino e la collaborazione di LAB 63 di Ferfilò, di Pieve di Cento ed una loro educatrice esperta in didattica e lettura animata per bambini. Andrew e Aziz, ospiti della struttura, affermano:

é stato fantastico portare i bambini dell’asilo nido nell’orto! Grazie alle educatrici dell’asilo siamo riusciti a piantare


dei fagiolini in alcuni vasetti per poi portarli, insieme alle loro famiglie in un angolo libero dell’orto. Non l’avevo mai fatto in vita mia. È stata la prima volta in assoluto e mi sono molto emozionato; ringrazio Luciano che mi ha aiutato a fare crescere le melenzane e i pomodori che cuciniamo per tutto il nostro gruppo e le abbiamo mangiate tutte! Erano buonissime! La verdura che abbiamo fatto crescere è molto meglio di quella del supermercato perché è fresca e perché l’abbiamo curata noi!

GHANA BURKINA FASO

SPRAR Castello d’Argile arcacoop.com

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Luciano, Andrew e Aziz

2018 © Sirio Tessitore

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Alla ricerca della felicità Il Senegal lo chiamiamo anche “Paese della teranga” che significa “ospitalità” e “accoglienza”. La popolazione è di circa quattordici milioni, il novantacinque percento sono musulmani e il resto sono cristiani. La maggior parte dei Senegalesi sono molto solidali, soprattutto nei villaggi: ad esempio, a casa mia prima vivevano altre persone della Guinea e non pagavano niente. Il nostro piatto nazionale si chiama Thiebou Dieune ed è buonissimo. Ai turisti piace molto il Senegal. Soprattutto alcuni posti come l’isola di Gorea, che fa parte della storia della schiavitù, oppure il salatissimo Lago Rosso, e le grandi città come Dakar, la capitale del Senegal. Dakar è praticamente un’isola perché ha solo una porta, Thies, Saint Louis ecc. In Italia mi stupisco sempre delle montagne, di come si sceglie il Presidente e il freddo invernale. In Senegal la maggior parte dei bambini va alla scuola coranica prima di andare a quella in francese. Si insegna a rispettare tutti gli uomini e grazie a questi insegnamenti si può vivere in qualsiasi Paese senza problema. Le cose che non mi piacciono in Senegal sono: la malvagità, la maleducazione, le persone che parlano alle spalle degli altri, le persone invidiose che non vogliono che una persona vada avanti. Se vedo un’ingiustizia questa mi fa male, se a compierla è un senegalese o un italiano non cambia. Alcune persone 44

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non rispettano le legge e si comportano male. Purtroppo alcuni italiani non si fidano, hanno qualche pregiudizio e se uno straniero fa una cosa brutta pensano che tutti gli stranieri siano così. A volte mi pento del mio viaggio, a volte dico “va bene è il mio destino e basta”. Ma qui è bello e tranquillo, non ho nessun problema con la gente. La maggior parte delle donne del Senegal fa la casalinga per predersi cura delle faccende di casa, invece gli uomini lavorano per mantenere la famiglia. Qui le donne e gli uomini fanno le stesse cose: cucinano insieme, lavorano, e inoltre pagano qualsiasi cose. Mi stupisco anche del caldo in Italia perché quando ero in Senegal credevo che qui non fosse caldo. Noi abbiamo due stagioni, invece qua ce ne sono quattro. In Senegal se parli con i tuoi genitori o parenti o con gli anziani è diverso da come parli con i tuoi amici: si tratta di un rispetto che qua in Italia hanno solo per un padrone o per il capo. Una cosa che non riesco a credere è che qui ho sentito insultare Dio. Mi ha fatto male e subito dopo la mente è andata al libro che si chiama “Nel mare ci sono i coccodrilli”, una storia vera di Enaiatollah Akbari. Sua madre gli dice “Se qualcuno farà del male alla tua memoria, ai tuoi ricordi o ai tuoi affetti, insultando Dio, la terra, gli uomini, promettimi che la tua mano non si stringerà mai attorno


differenza e forse al di là delle differenze tra Senegal e Italia quello che conta è trovare un modo di essere felici. Seye Abdourahmane SPRAR Casa Zucchi arcacoop.com

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ad una pistola, a un coltello, a una pietra e neppure intorno a un mestola di legno”. La prima volta che ho letto questo libro dicevo che non poteva essere vero -come insultare Dio?- ma ora so bene che per quanto incredibile è vero perché l’ho visto proprio, e ho visto anche persone non credere in niente. Qui nell’autobus, la maggior parte dei ragazzi mette i piedi sui sedili: non è un buon comportamento ma nessuno gli dice niente. In Senegal verrebbe fatto notare loro che non è un comportamento corretto. E il caffè? Agli italiani piacce molto forte, mentre in Senegal il caffè si chiama”Touba”: è leggero e buonissimo, a me piace molto. In Italia si parla molto dei migranti nei telegiornali. Ho visto una cosa meravigliosa a Bologna: si tratta di quattro cantoni, e in ognuno, se si parla rivolto verso la colonna, chi sta nell’angolo opposto sente chiaramente la voce di chi parla. Si trova a Bologna di fianco alla biblioteca di Salaborsa. In Senegal la gente tratta bene gli anziani, ci vivono insieme, non serve una badante e nessuno li metterebbe fuori casa. In Italia la maggior parte delle persone non supporta gli anziani, questo lo avevo già sentito prima di venire qua. Hai dimenticato quando tua madre era incinta, quando eri neonato? Se ti avesse fatto questo cosa sarebbe di te oggi? Anche tuo padre che cerca sempre la tua felicità: da noi in Senegal il padre si occupa dei vestiti, della scuola e anche del cibo di suo figlio. Come io ora cerco la felicità e mi mancherà mio padre. Mio padre mi insegnò che l’esperienza fa la

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L’amore di una madre

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Quando arrivò al villaggio con tanti soldi divenne un uomo rispettato, ma la famiglia gli chiese: “Dov’è tua madre?”. E lui disse di non aver visto sua madre. L’uomo ricco era pronto per fare il sacrificio, però constatò che la madre di Yacoub aveva un occhio cieco. Lui aveva bisogno di una persona perfetta e quindi decise di liberare la madre di Yacoub. Così lei è tornata al villaggio. Quando Yacoub ha visto sua madre è svenuto, perché sapeva quello che aveva fatto. Quando è rinvenuto, sua madre gli ha detto che quello che era successo in città sarebbe rimasto tra loro, tra madre e figlio, nessuno doveva sapere quello che era successo in città perché lui era il suo unico figlio e lei lo amava tanto. Così Yacoub non sapeva come ringraziare sua madre. Tutto quello che facciamo in questa vita è vanità, ma l’amore di una madre rimane per sempre. Prima di fare qualcosa di male a una donna, pensa prima a tua madre, alle difficoltà che le madri hanno sopportato durante la gravidanza e la crescita dei figli. Moussa Sylla

SPRAR Monterenzio arcacoop.com

COSTA D’AVORIO

Yacoub è nato in un villaggio tropicale, dove la gente vive di agricoltura. È nato in una famiglia il cui capo aveva due mogli. La prima si chiamava Sali e aveva tre figli, Aroun, Mory e Maria, una bambina. La seconda moglie, la madre di Yacoub, si chiamava Aicha e aveva un occhio cieco. Tutti insieme vivevano in armonia, facevano tutto insieme: lavori nei campi, mangiare...C’era la pace tra loro. Tutto è cambiato qualche anno dopo, quando Aroun e Mory sono andati in città alla ricerca di soldi. Hanno trovato tutti e due un buon lavoro e hanno cominciato a guadagnare tanti soldi. Tuttavia pensavano solo alla loro madre e alla sorella, così Yacoub, arrabbiato, decise di andare anche lui all’avventura, però tutto era difficile per lui. Dopo tanti anni nessuno aveva notizie di Yacoub e sua madre decise di andare a cercarlo. Ma proprio quando Aicha arrivò nella città, un ricco signore aveva annunciato che stava cercando qualcuno da sacrificare per ottenere potere, un rituale che ripeteva ogni anno. Yacoub seppe quello che aveva proposto quell’uomo e pensò direttamente a sua madre, perché lui non voleva tornare al villaggio senza soldi. Allora andò a parlare al ricco signore dicendogli che aveva una persona da offrire in sacrificio: quella persona era sua madre. Prese i soldi che l’uomo gli diede in cambio e tornò al suo villaggio.


Una lezione di vita

Moussa Sylla

SPRAR Monterenzio arcacoop.com

COSTA D’AVORIO

Quel giorno faceva un caldo terribile. Ero seduto all’ombra di un albero vicino a casa mia. Subito ho visto un serpente che strisciava dove lavoravano i taglialegna. L’animale si è ferito con la lama e, senza capire quello che stava succedendo, si è voltato per mordere la lama e si è ferito ancora di più. Continuava a non capire e pensava che qualcuno lo stesse aggredendo. Decise di avvolgersi attorno alla lama con tutta la sua forza per stritolarla, così finì per essere ucciso dalla lama. A volte reagiamo, quando siamo arrabbiati, per ferire quelli che ci hanno fatto male senza pensare che ci facciamo male da soli. Nella vita, quando qualcuno ti fa male, bisogna fare finta di niente per non subire le conseguenze che possono essere a volte nocive o addirittura mortali. Non lasciare che l’odio controlli la tua vita. Ogni essere umano deve vivere con l’amore e il perdono, l’umiltà, la bontà, l’onestà e soprattutto la tolleranza, per vivere una vita positiva.

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Il Capitale Umano del Centro Zonarelli Il Centro Inteculturale M. Zonarelli è un’opportunità che il Comune di Bologna offre alla cittadinanza per promuovere dialogo interculturale, per valorizzare le diversità culturali e sostenere le Associazioni di comunità di origine straniera e miste nelle proprie attività. Nei suoi quasi 20 anni di vita è diventato un punto di riferimento nella Città per le persone di origine straniera, per le associazioni di comunità, per realtà del volontariato o, più semplicemente, per chiunque voglia conoscere e vivere al meglio la diversità che è sempre più parte integrante della città. E’ un luogo dove i cittadini vecchi e nuovi di Bologna possono incontrare i tanti mondi e culture, arrivati da lontano, che vivono e convivono nella loro città, dove persone di tanti Paesi e provenienze diversi possono sentirsi “a casa”, dove si possono progettare iniziative, svolgere attività, feste, corsi. Al Centro Zonarelli si ospitano molte iniziative formative e di studio promosse o sostenute dal Comune e da diversi Enti della città, nell’ambito dell’immigrazione, dell’accoglienza, della promozione dei diritti: eventi, progetti e iniziative, attività extrascolastiche per giovani, di formazione professionale, laboratori in materia di educazione alla cittadinanza globale e di informazione alla cittadinanza sui diritti e doveri dei cittadini. Attraverso 48

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le attività del Centro, il Comune di Bologna sviluppa partnership in ambito locale, regionale, nazionale ed europeo, volte alla promozione del dialogo interculturale e interreligioso, dei diritti di cittadinanza, di partecipazione e formazione, in un’ottica che vede il pluralismo culturale come valore e risorsa. La grande ricchezza del Centro è nel suo “capitale sociale”: è data dalle persone attive nelle tante associazioni, dal tempo e dall’energia che mettono a disposizione della propria comunità per aiutare nei primi tempi di arrivo, per informare sulle tante domande nella complessa fase di inserimento, per sostenere nei momenti di difficoltà e disorientamento. E’ un luogo dove si praticano cittadinanza attiva, mutuo aiuto e sostegno, in modo spontaneo, naturalmente, silenziosamente, nel proprio tempo libero. Entrando al Centro vedrete gruppi di persone di origine straniera intenti ad imparare italiano nelle classi del mattino e della sera, o gruppi misti che studiano inglese o qualche altra lingua, donne impegnate nei corsi di danze mediorientali, giovani impegnati in danze rumene o peruviane o ancora gruppi misti nei laboratori di teatro, di computer o di cucina… Nel fine settimana la vivacità aumenta: classi di bambini imparano a leggere e a scrivere la lingua dei propri genitori, pur sapendola già parlare bene, e incontrano


usanze, celebrazioni e tradizioni dei Paesi di origine; si incontrano momenti festosi di celebrazioni di ricorrenze importanti come i vari capodanni, le feste di indipendenza o quelle religiose delle tradizioni indù, islamica, buddhista ecc Da qualche anno, in questo contesto umano ricco e variegato, il Centro ospita anche i corsi di italiano della Scuola Di’ Mo’ della cooperativa sociale Arca di Noè, corsi che accolgono i richiedenti asilo ospiti nelle strutture di accoglienza SPRAR. Persone sbarcate dopo i faticosi e pericolosi viaggi in mare o via terra, giovani partiti in cerca di un futuro dall’orizzonte più ampio, sfuggiti a conflitti e disordini, alle difficoltà socio-economiche, che iniziano lentamente, anche da qui, il loro cammino di conoscenza del nuovo Paese, della sua lingua, della Città nei suoi aspetti e abitudini. Mentre imparano grammatica e fonetica, vengono a conoscere anche alcuni aspetti della storia di Bologna e del Paese, un po’ di geografia, o anche che le usanze famigliari in Italia sono strane, che nelle scelte matrimoniali dei figli la famiglia non si intromette troppo, che esistono separazioni e divorzi. Un vero esempio di antropologia applicata sul campo, ove gli sguardi possono mutare velocemente angolazione, per ritrovarsi e riconoscersi, forse, infine, similmente umani. Centro Interculturale M. Zonarelli centrozonarelli.wordpress.com

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Dall’Alabama a Bologna per imparare l’italiano

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di natura ludica e artistica, e l’altra sulla tematica degli stereotipi, grazie a materiale audiovisivo apposito. I discenti di queste classi congiunte mostrano interesse nel conoscersi, nonostante il diverso livello linguistico e la diversa motivazione che li spinge ad avvicinarsi alla lingua italiana (gli americani vogliono un credito accademico mentre i migranti hanno bisogno di usare la lingua del paese in cui vivono). La classe diventa un momento per conoscere i propri vicini, per mettere insieme le risorse linguistiche, per trainare quelli che conoscono meno la lingua, per stare con ragazze e persone di altri paesi. “In our mixed class our differences did not hinder or harm us but instead they showed us that we were not alone, and it further displayed how amazing the power of language is to bring together such diverse people.”Brigit Reynolds, studentessa dell’Alabama, Stati Uniti. Il sincero interesse a fare interculturalità, attraverso l’insegnamento della lingua italiana del corpo insegnanti, è fondamentale per portare avanti questa esperienza che continua nel tempo e si accresce in ogni suo evolversi. Lorenza Fabretti

Spring Hill College Italy Center shc.edu

ITALIA

Gli studenti dello Spring Hill College Italy Center, Bologna, vengono da diversi stati negli Stati Uniti d’America, da 25 diverse università e molti tra loro scelgono di studiare a Bologna in questo programma di studi all’estero, simile all’Erasmus italiano, per conoscere la realtà dell’ immigrazione in Italia. Le loro lezioni sono in inglese, eccetto i corsi di italiano. Spring Hill College Italy Center è un college gesuita, con sede in Alabama, che a Bologna si affaccia sulla corte del centro multiculturale Zonarelli, in zona San Donato. È una bella struttura, nata nel 2000, con diverse realtà confinanti. È anche grazie a questa identità multiculturale e alla prossimità geografica che è stato semplice avviare una sperimentazione sociale e didattica, proponendo delle lezioni congiunte tra le classi di italiano per migranti della cooperativa Arca di Noè (nostra dirimpettaia) e le classi per studenti universitari americani dello Spring Hill College. Abbiamo messo insieme le nostre classi di stranieri in due occasioni e stiamo per consolidare altri due incontri consecutivi questo semestre. Le nostre lezioni, che si sono tenute il 9 marzo 2017 allo Zonarelli e il 16 novembre 2017 allo Spring Hill College, si sono incentrate l’una sulla socializzazione del gruppo classe, tramite attività


Evaporated tensions

that “it was a cool experience to be in a class with people who came from different backgrounds than my own yet were struggling to achieve the same goal as me”. In our mixed class our differences did not hinder or harm us but instead they showed us that we were not alone, and it further displayed how amazing the power of language is to bring together such diverse people. Brigit Reynolds

Studentessa allo Spring Hill College (Alabama) SHC Italy Center, Bologna 2017 shc.edu

STATI UNITI D’AMERICA

Last Thursday November 16th the SHC Italy Center and the Migrant Center “Centro Zonarelli” teamed up for an Italian class. It was not something extra-ordinary or super serious and I think that is what made it as great as it was. Upon entering the room, I had the same anxiety of the first day of class: where do I sit, I don’t know some of these people, should I smile or wave etc; however, once the class began the tensions evaporated. We played a game of toss where someone had to throw a plastic ball and another person had to catch it and then introduce themselves. This provided us with laughter (come on, you can’t help but laugh when the person next to you gets hit on the head instead of catching the ball) but it also showed us how far we all came to get to Bologna. My classmate Rob told me he saw that we “all had a connection because we were all trying to speak the same language”. He said that he thought that was “really cool”. We all realized that in that class, for that hour and a half, we were all equals- it did not matter that we could not communicate in our native languages or that we made mistakes while trying to answer the professor’s questions, because we were all there to try and learn to improve our language skills. One of my classmates, Dot, mentioned

articolo tradotto >>>>>>>

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Tensioni evaporate

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tutti lì per provare e imparare a migliorare le nostre abilità linguistiche. Uno dei miei compagni di classe, Dot, ha detto che “è stata una bella esperienza essere in una classe con persone che provenivano da contesti diversi rispetto ai miei, ma che lottavano per raggiungere il mio stesso obiettivo”. Nella nostra classe mista le nostre differenze non ci hanno ostacolato o danneggiato, ma ci hanno mostrato che non eravamo soli e cià dimostrato ulteriormente quanto sia forte il potere della lingua nel riunire persone così diverse. Brigit Reynolds

Studentessa allo Spring Hill College (Alabama) SHC Italy Center, Bologna 2017 shc.edu

STATI UNITID’AMERICA

Lo scorso giovedì 16 novembre l’SHC Italy Center e il Centro Zonarelli si sono uniti per una lezione di italiano. Non fu qualcosa di inusuale o super serio e penso che sia stato proprio questo a renderlo grande. Entrando nella stanza, ho avuto la stessa ansia del primo giorno di lezione: dove mi siedo, non conosco alcune di queste persone, dovrei sorridere o salutare, ecc. Tuttavia, una volta che la classe ha iniziato, tutte le mie tensioni sono evaporate. Abbiamo fatto un gioco in cui qualcuno doveva lanciare una palla di plastica e un’altra persona doveva prenderla e presentarsi. Questo ci ha fatto ridere e delle risate, non puoi fare a meno di ridere quando la persona accanto a te viene colpita in testa invece di prendere la palla. Il gioco ci ha anche mostrato da quanto lontano provenissimo tutti. Il mio compagno di classe Rob mi disse di aver visto che “tutti avevamo una connessione perché stavamo tutti cercando di parlare la stessa lingua”. Disse che pensava che fosse “davvero forte”. Ci rendemmo tutti conto che in quella classe, per quell’ora e mezza, eravamo tutti uguali: non importava che non potessimo comunicare nella nostra lingua nativa o che facessimo degli errori mentre cercavamo di rispondere alle domande del professore, perché eravamo


Dalla confisca all’accoglienza spettacolo teatrale dal titolo “Casa dolce casa”: “La vita è un viaggio. E ogni viaggio, prima o poi, ci riporta in un luogo che chiamiamo casa. Questa è la storia di una casa speciale, in cui i muri sono solo pareti se guardati dal verso giusto”, afferma il regista Alessandro Migliucci. Lo spettacolo è andato in scena il 18 e 19 maggio a San Lazzaro di Savena. In seguito è iniziata una collaborazione col gruppo scout di San Lazzaro, con l’obiettivo di rivalorizzare e abbellire spazi interni ed esterni alla casa, creando al contempo un’occasione di scambio e condivisione tra richiedenti e giovani del territorio. Il progetto di Casa Zucchi si propone di coinvolgere la cittadinanza, promuovendo così un modello condiviso e partecipato di risocializzazione di beni appartenenti alla comunità. Elisa Torricelli

Arca di Noè arcacoop.com

ITALIA

Confiscata con l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali antimafia disposte dal tribunale di Bologna, e grazie alla legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, a marzo 2017 la casa è stata assegnata al Comune di San Lazzaro di Savena e successivamente data in gestione ad Arca di Noè. La struttura si inserisce nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) del Ministero dell’Interno, e attualmente ospita dieci richiedenti asilo provenienti da diversi Paesi dell’Africa Subsahariana. La cooperativa Arca di Noè, attraverso il lavoro svolto da un’equipe multidisciplinare, porta avanti un progetto d’accoglienza e integrazione con l’obiettivo di favorire l’autonomia delle persone accolte, offrendo servizi di accompagnamento, attraverso la pianificazione di progetti personalizzati in ambito legale, socio-sanitario, linguistico, formativo e di orientamento al lavoro. Il riuso virtuoso di un bene confiscato, restituito alla collettività con scopi sociali, ha portato diverse realtà del territorio ad interessarsi al progetto di Casa Zucchi. Attualmente Arca di Noè sta collaborando con l’associazione Libera, ITC teatro di S. Lazzaro e il Liceo Fermi di Bologna per contribuire alla realizzazione di uno

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Benkelema

Benkelema. Un video realizzato su una canzone rap che i ragazzi minori stranieri non accompagnati (MSNA), richiedenti asilo e accolti presso le comunità della cooperativa sociale CEIS A.R.T.E. , hanno creato in scrittura collettiva nel corso del laboratorio di inclusione culturale L.I.C. tenuto da Irene Olavide di Fondazione Ceis. I pensieri, le parole, i temi, il titolo sono stati scelti dai ragazzi. Tutto è nato dalla loro volontà di esprimere la propria visione del mondo e di raccontare i loro sentimenti e emozioni, i loro vissuti, la loro vita presente e le loro speranze per il futuro. Benkelema è una parola bambara che accorpa un concetto più che un significato unico. Il concetto sarebbe più o meno “stare in pace tutti insieme come se fossimo una sola persona”. Uno dei ragazzi autori del testo ha raccontato che in Costa d’Avorio le persone si ritrovano in gruppo per “fare Benkelema” ogni qualvolta c’è bisogno di risolvere un problema, oppure quando occorre trovare un’intesa dopo una discussione o un conflitto. Anche questa parola è stata scelta dai ragazzi come titolo per la canzone. Gli autori hanno voluto commentare con queste parole la canzone: 54

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Benkelema ci permette di dire quello che pensiamo, vediamo, vogliamo, anche quello che siamo. Abbiamo scelto la parola Benkelema perché significa pace. Senza pace non possiamo fare niente. Noi vogliamo la pace e vogliamo essere liberi in ogni senso. Benkelema sogna un mondo pacifista, senza egoisti, razzisti o persone cattive. L’ignoranza porta al caos, la conoscenza porta al rispetto. Benkelema è rispetto per tutti. Benkelema è molto importante per me perché così gli altri capiscono come mi sento.


Ascolta, c’è una cosa questa è una nuova vita per firmare la pace, dammi una matita bianco e nero, guarda il panda vive in Asia, ma lui non canta.

La vita non è facile ma la nostra anima è nobile. Davanti all’amore siamo i cantanti, africani, albanesi siamo i parlanti.

Ho visto tanti posti, così lontani, così diversi tanti Paesi e tante religioni atmosfere differenti e differenti emozioni. ma lo so fratello che noi siamo tutti uguali

questo è sicuro, noi saremo il futuro. Perchè solo Dio sa che noi siamo figli di King Kuntà. Benkelema, kairo pace jama salam la vita è un viaggio che non finirà vogliamo una forza che non ci stancherà è una strada, ci vuole coraggio perchè il male è solo un passaggio. Benkelema, kairo pace jama salam

Benkelema, kairo, pace, jama, salam La vita è un viaggio che non finirà vogliamo una forza che non stancherà è una strada, ci vuole coraggio perchè il male è solo un passaggio. Benkelema, kairo, pace, jama, salam. Sono partito dal mio Paese amato ho sofferto tanto, vengo da lontano. Il mio viaggio è stato lungo mi fa crescere ma non è finito.

Vai su e cerca “Benkelema”

Dentro il mare sono immortale come una conchiglia ho trovato una famiglia ma non dimentico mai la mia cultura irene maria non andare via! Benkelema, kairo pace jama salam la vita è un viaggio che non finirà vogliamo una forza che non stancherà è una strada, ci vuole coraggio perchè il male è solo un passaggio. Benkelema, kairo, pace, jama, salam. voglio cambiare la parola razzismo, perchè è cattiveria e solo egoismo. non dobbiamo stare zitti ma possiamo essere saggi e felici. Siamo qui per vivere e amare non solo per crescere e studiare vogliamo cambiare l’ipocrisia, la mente chiusa non capisce la poesia.

Oggi siamo qui con le nostre mani ma nessuno sa cosa sarà domani. Anche se non ti piace, dobbiamo essere in pace. Ricordo la gioia del primo giorno in Italia l’alba che nasce, il vento che soffia Il mare ancora calmo la nave arriva al porto guardo i miei compagni intorno rivedo il sorriso perso da tanto. Allora sento la felicità e il profumo della libertà Benkelema, kairo pace jama salam la vita è un viaggio che non finirà vogliamo una forza che non ci stancherà è una strada, ci vuole coraggio perchè il male è solo un passaggio. Benkelema, kairo pace jama salam! Ibra, Hardi, Princewill, Modou, Amadou, Diaby, Abdoulie, Godsen, Haruna, Mario, Marjo, Gersi, N’Faly, Dionis, Ludis, Sambujang, Ernis, Ernest


Il gusto sociale della birra.

Vieni a gustare le nostre birre presso la taproom in via Cristoforo Colombo 5/a a San Giovanni in Persiceto (BO) Vecchia Orsa è un marchio di Arca di Noè



Realizzato e prodotto da ARCA DI NOÈ COOP. SOC. Coordinato da MICHELE CATTANI Illustrazioni e Fotografie LAMINE DIATTA | MARINA ROSSO | MICHELE CATTANI | LORENZO BURLANDO | SIRIO TESSITORE | CAMILLA MANTOVANELLI Partner ASSOCIAZIONE PRENDIPARTE Media Partner RADIO ALTA FREQUENZA Finito di stampare nel mese di novembre 2018 © ARCA DI NOÈ COOP. SOC. TUTTI I DIRITTI RISERVATI RIPRODUZIONE VIETATA DISTRIBUZIONE LIBERA



ARCA DI NOÈ COOP SOC WWW.ARCACOOP.COM


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