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LAVORO A TEMPO DETERMINATO Tutto ebbe nuovamente inizio quando il Decreto Legge n. 76 del 28 giugno 2013, articolo 7, Decreto “Lavoro”, modificò, in parte, talune tipologie contrattuali che erano state oggetto di modifica dalla Riforma Fornero; tra i vari contratti quello che probabilmente ha ricevuto maggiori correttivi è stato il contratto a tempo determinato. Mossi ed animati da uno spirito di amore verso la nostra categoria ed il mondo del lavoro in genere, qualcuno si accorse che i correttivi avvenuti con la Legge 92/2012 avevano creato non poche difficoltà operative per gli addetti ai lavori, in quanto i datori di lavoro iniziavano a pensare che noi Consulenti fossimo in preda a deliri di vario genere e le nostre indicazioni, sulle modalità di applicazione dei contratti a tempo determinato, fossero fuori da ogni comprensione. Come dar loro torto… Fu così che venne … il Decreto Legge 76 … i passi più significativi sono stati le abolizioni di taluni vincoli che riguardavano il contratto acausale, le comunicazioni al Centro per l’Impiego e, dulcis in fundo, gli intervalli temporali minimi. Quindi sebbene non si evincano importanti modifiche, che nessuno auspicava, il Decreto Legge 76 è intervenuto nell’ambito di diversi aspetti. Iniziando a sintetizzare le novità si denota che è stata data delega alla contrattazione collettiva, in merito al ricorso del contratto acausale, a poter individuare ulteriori ipotesi di utilizzo di tale Istituto, assurto agli onori della cronaca dalla Riforma Fornero; è stato abrogato il ‘divieto di proroga’ e la possibilità, nell’eventualità di prosecuzione di fatto del contratto acausale, di applicare il “periodo di tolleranza”; l’eliminazione dell’obbligo di effettuare la Comunicazione Obbligatoria che il datore di lavoro doveva effettuare nell’eventualità di prosecuzione del contratto a tempo determinato oltre il periodo inizialmente fissato; il ritorno, tanto invocato, agli ‘intervalli minimi temporali’ che erano stati gonfiati con modalità abnormi nella Riforma Fornero; l’esclusione dalla disciplina del contratto a termine dei lavoratori assunti dalle liste di mobilità.

Entrando nello specifico, per ciò che attiene la prosecuzione del contratto a tempo determinato acausale, oltre la scadenza del termine inizialmente fissato, pari a 30 giorni se la durata del contratto è inferiore a 6 mesi, e 50 giorni per i contratti di durata superiore a 6 mesi, tali principi trovano applicazione anche relativamente ai contratti acausali, con la conseguente corresponsione della maggiorazione pari al 20% fino al decimo giorno successivo e 40% per ciascun giorno ulteriore. La durata massima di un contratto acausale potrebbe risultare quindi pari a 12 mesi e 50 giorni; il superamento di tale limite determinerebbe la sua trasformazione in un ‘normale’ contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. L’articolo 7, comma 1, lettera c) ha inoltre abrogato l’obbligo di comunicazione al Centro per l’impiego, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, della continuazione del rapporto di lavoro a tempo determinato e della sua durata. Per ciò che attiene la successione di contratti a tempo determinato tra le stesse parti il Decreto “Lavoro” ha ridefinito i parametri, ponendo rimedio alla modifica della Riforma Fornero che aveva imposto

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