Archeonauta. Itinerari nel tempo a spasso per la Basilicata.

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i f l e M Se “molto si miete in guerra, per un raccolto sempre scarsissimo” come si legge tra gli scritti di Quinto Orazio Flacco, quello che si raccoglie invece dell’arte della guerra in questo museo ha il sapore della ricchezza e del potere. Le armature dei capi guerrieri, che erano dapprima opliti (soldati di fanteria) e poi divennero cavalieri, fossero dauni o lucani, sono lì, fiere e splendenti come chi le doveva aver indossate o commissionate come status symbol, ad accogliere il visitatore.

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Persino i cavalli dovevano seguire il piglio del comando di chi li possedeva, ed erano anche loro addobbati con maschere in bronzo (prometopidia) e pettorali da parata, e tanto per ribadire il valore del defunto, assieme alle proprie non di rado venivano sepolte assieme anche le armi che costituivano bottino di guerra. Qui nel museo ben lo si vede, ad esempio, in una tomba rinvenuta nella località dell’antica Ferentum, oggi Lavello e qui ricomposta.

Ricostruzione di una ricca sepoltura con vasi Dauni e armi Lavello


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