Notiziario ANPI n.01 gennaio-marzo 2017

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scuola e cultura

Un muro che parla e si rinnova con gli occhi degli studenti I ragazzi del liceo Canossa riflettono sul luogo dove furono uccisi i Fratelli Cervi. Il loro percorso per immagini sarà anche a Fotografia Europea di Roberto Scardova

Gli studenti del Canossa coinvolti nel progetto Un muro. Vecchi mattoni qua e là sconnessi, calce scrostata, polvere rossa ceduta dalle pietre rosicchiate dalla pioggia e dal vento e portata lontano. Soltanto un muro, ma è quello che ancora oggi riempie i reggiani di muto sgomento ed ogni anno rinnova in loro il dolore. Il muro del Poligono di tiro, quello a ridosso del quale nel dicembre del 1943 i fascisti fucilarono i sette Fratelli Cervi e con loro Quarto Camurri, e un mese dopo ancora don Pasquino Borghi fianco a fianco di altri otto giovani che si erano sottratti all’arruolamento della Repubblica di Mussolini, all’infame alleanza coi nazisti. È questo muro che i ragazzi della classe IV P del liceo “Matilde di Canossa” di Reggio hanno scelto di elevare a simbolo di ciò che fu la Resistenza nella nostra città. Sì, perché i muri parlano. Conservano le tracce della storia. Talora vestigia di magnifiche civiltà; in altri tristi casi eretti invece dagli uomini quali strumenti di violenze e separazioni ai danni di altri uomini. Testimoni, allora, di odio ed orrore. Su questo debbono aver riflettuto gli studenti del “Canossa” quando hanno posto al centro della loro ricerca, tra i tanti luoghi significativi, il muro del Poligono. La scelta compiuta è il frutto di un lungo lavoro, di idee maturate e messe a confronto insieme al professor Stefano Aicardi e allo storico Antonio Zambonelli, che li hanno assistiti nella ricostruzione e nell’analisi degli avvenimenti di quel terribile inverno ’43-’44. Insieme al fotografo Angelo Bariani i ragazzi hanno poi percorso passo a passo i luoghi del Tiro a segno, individuando e fotografando i punti più significativi: il terrapieno sul quale i martiri furono obbligati ad attendere i colpi del plotone d’esecuzione, il museo che conserva i documenti sulla brutalità esercitata dagli aguzzini. E quel che resta del muro, appunto. Ma ecco: nel comporre il pannello che sintetizza il loro lavoro, sulle foto del Poligono e delle pietre ancora scheggiate dai proiettili, i ragazzi della IV P hanno voluto appoggiare con pietosa dolcezza immagini non di morte, bensì di vita. Scatti di quella vita che fu rubata alle vittime. I Fratelli Cervi tutti insieme sull’aia della loro casa, fotografati con le sorelle Diomira e Rina, col padre Alcide e la madre Genoeffa. Don Pasquino Borghi nella foto di quando era parroco di Tapignola, ed il suo sorriso sembra ancora ricambiare sereno e consapevole il nostro sguardo. Un filo 14

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color sangue, e mazzetti di piccoli fiori rossi, adornano e collegano tra loro le diverse immagini, le racchiudono in un leggero ma solidissimo cerchio di solidale unità, com’era solido ed unito l’antifascismo che cementava le coscienze di quelle vittime, le multiformi esperienze vissute, le reciproche speranze. C’è una mano a stendere quel filo: è la mano della partigiana Lidia Valeriani, colei che volle affidare alla nipote un intero gomitolo a significare solidi legami e continuità. Sul pannello il filo congiunge alle altre anche l’ultima foto scelta dai ragazzi. Vi si vede un ormai anziano contadino ritto nei campi di grano maturo, anch’egli appoggiato ad una nipotina, il bastone alzato ad indicare qualcosa laggiù, ancora lontano ma – lo si capisce – già a portata di sguardo. Quel vecchio è papà Cervi. Ha perduto sette figli, ed anche la moglie li ha seguiti. Nonostante la tragedia Alcide ha conservato la forza necessaria a rassicurare la bambina al proprio fianco, e tutti noi con lei: “Dopo un raccolto ne viene un altro”. Il pannello realizzato dagli studenti del liceo “Canossa” farà parte, affiancato a quelli composti dai coetanei di altri istituti della regione, di una mostra itinerante che sarà ospitata anche dalla rassegna Fotografia Europea. La legge regionale per la tutela della memoria ha sostenuto l’intero progetto, denominato “Scatti di memoria”, che a Reggio Emilia ha trovato un terreno già reso fertile dal lavoro con le scuole da tempo avviato dall’Anpi, dall’Istituto Cervi e dalla Associazione Papa Giovanni XXIII, questa collegata a Libera di don Ciotti, sulla base di un protocollo sottoscritto col Ministero dell’Istruzione. Si è trattato, come sottolinea la coordinatrice della Commissione scuola dell’Anpi Fiorella Ferrarini, del naturale sviluppo delle iniziative promosse nella nostra provincia nell’ambito del progetto “Radici di futuro”. Con esso si è offerta ai ragazzi degli istituti scolastici una fondamentale occasione di riflessione e ricerca sui temi della legalità, della lotta alla mafia e dei valori dell’antifascismo. Il pannello realizzato dagli studenti del liceo Canossa farà parte anche di una mostra organizzata per Fotografia Europea.


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