2011 - 03 APRILE

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notiziario

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLII - N. 4 Aprile 2011 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

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03 l© politica “La Resistenza completò il Risorgimento” Giacomo Notari

MEMORIA

CONTRO BARBARIE

25 APRILE FESTA DELL'ITALIA

04 l© politica Tricolore e patriottismo Antonio Zambonelli 17 l© società La povertà a Reggio Emilia Matteo Gandini 26 l© cultura Donne resistenti Eletta Bertani


LA COPERTINA

Cervarolo 20 marzo 2011

Foto di Gianni Marconi

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ANTIFASCISMO, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA C’è bisogno dell’A.N.P.I.

Iscriviti presso i Comitati Provinciali (indirizzi su www.anpi.it) Destina il 5 x mille. E’ semplice e non costa nulla Fai così: Apponi una firma nel riquadro dei moduli CUD 730-1 e Unico (detrazione dei redditi) dove compare la dicitura “Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni” e scrivi il numero del codice fiscale dell’ANPI: 00776550584

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 e-mail: notiziario@anpireggioemilia.it; presidente@anpireggioemilia.it sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, Riccardo Bertani, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970 Stampa: Centroffset - Fabbrico (RE) Questo numero è stato chiuso in tipografia il 28-03- 2011 Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI


notiziario

sommario Politica - “La guerra partigiana completò il Risorgimento”, di Giacomo Notari ........................................................................ 3 - Documento conclusivo del XV Congresso provinciale dell’ANPI ..... 8 - Il Comitato provinciale ANPI eletto al XV Congresso .................... 10 - “La nostra riconoscenza verso l’ANPI è grande”. Intervista all’ambasciatore palestinese Ateyeh, a cura di Glauco Bertani ............................................................. 11 - Tricolore e patriottismo nel 150° compleanno dell’Italia come Stato, di Antonio Zambonelli ............................................. 12 - Amate la giustizia, voi che governate sulla terra, di Giancarlo Ruggieri .................................................................. 14 Società - La cooperazione e la comunità reggiana, di Claudio Ghiretti ....... 16 - La povertà a Reggio Emilia, di Matteo Gandini ............................ 17 Estero - Fame e rabbia, le matrici delle rivoluzioni contro i rais del Maghreb, di Bruno Bertolaso ....................................... 19 Generazioni - Carmen Zanti, dirigente politica sempre attuale, di Anna Salsi .... 21 - In ricordo delle partigiane Bruna e Irma, di Marzia Manzotti . ...... 22 Cultura - La Vacca rossa reggiana nei ricordi del rag. Effrem Rossi, a cura di a.z. .............................................................................. 24 - San Pellegrino narrata da Antonio Casoli, di Michele Bellelli . ...... 25 - Romano Prodi e Avio Pinotti . ...................................................... 25 - Donne resistenti di ieri e di oggi, di Eletta Bertani ....................... 26 - A Reggio Emilia un album REsistente . ........................................ 27 - Ribellarsi è giusto, di Anna Fava ................................................. 28 - 800 studenti applaudono i Partigiani reggiani, di Adriano Arati .... 29 - Viaggio della memoria 2011. Berlino: “Nel cuore del potere nazista”. Le riflessioni degli studenti . ....... 30 Memoria - 66° della Battaglia di Fabbrico. Applausi per Romano Prodi ........ 37 - In ricordo dei martiri di Villa Cadè ............................................... 37 - Augusto Campari, il figlio di braccianti che “inventò” i giornali di fabbrica, di Antonio Zambonelli ................................ 38 - Rosta Vecchia, centro di Resistenza, Anacleto Mescoli ................ 40 - 67° anniversario della strage di Cervarolo. La commemorazione di Ernesto D’Andrea e la testimonianza di Natalina Maestri ....... 41 - In ricordo degli eccidi di Bagnolo e di Ponte Cantone .................. 44 - Fritz Snapper, l’olandese monarchico di sinistra e garibaldino reggiano a fianco di Eros, di Antonio Zambonelli .... 45 - Ricordi di un viaggio della memoria compiuto nel 1955, di Luciano Cattini ....................................................................... 46 Avvenimenti - Reggio Emilia, 13 febbraio 2011. “Se non ora quando”, di g.b. ...................................................... 48 - Castellarano, a cena con l’ANPI .................................................. 49 Lutti ............................................................................................. 50 Anniversari ................................................................................. 52 Offerte ......................................................................................... 60 Le rubriche - Segnali di Pace, di Saverio Morselli ............................................ 32 - Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 34 - Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 35 - Conoscere gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 36 - La finestra sul cortile, di Nicoletta Gemmi . ................................. 59

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12/13 MARZO 2011. ”PIU’ FORZA ALL’ANTIFASCISMO PIU’ FUTURO PER LA DEMOCRAZIA”, il XV congresso dell’ANPI provinciale

“Il 25 aprile 1945, la guerra partigiana completò il

Risorgimento…” Pubblichiamo ampi stralci della relazione di Giacomo Notari, presidente uscente riconfermato per acclamazione. “Voglio ricordare sempre che in uno stato democratico, costituzionale, laico, antifascista, le scorciatoie non sono percorribili. Da questo Congresso mandiamo un saluto e un incoraggiamento a tutti i giovani del Sud che con fiducia sfidano mafia e camorra per liberare le terre del sud dalla criminalità che impedisce un pacifico e democratico sviluppo…” [..] Sono in tanti che si chiedono ancora perché questa provincia abbia preso parte con tanta passione e tanta forza alla guerra di Liberazione nazionale, preceduta da 20 anni di militanza antifascista, offrendo il sacrificio di oltre 600 partigiani caduti, oltre 8000 soldati internati che rifiutarono di servire Hitler e Mussolini, 1000 civili deportati, quasi 10.000 partigiani e patrioti ufficialmente riconosciuti, ai quali vanno aggiunti migliaia di donne che, senza aver chiesto e ottenuto riconoscimenti, hanno reso possibile il miracolo della Resistenza. Non meno importante fu il contributo dei soldati reggiani continua alle pagine 4-7 aprile 2011 notiziario anpi

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Il folto gruppo di partecipanti nell’Aula magna dell’Università. Si riconscono da sinistra Roberto Ferrari, Giorgio Carpi, Maino Marchi, Sonia Masini, Cristina Carbognani, Roberta Mori, Enrico Bini, il questore Domenco Savi, Ildo Cigarini, Giuseppe Pagani, Paolo Gandolfi e Sergio Rubertelli

che nel risorto esercito italiano combatterono a fianco delle truppe alleate, risalendo la penisola o nella resistenza all’estero. Grande fu, infatti, il numero dei reggiani che combatterono contro i nazisti in Yugoslavia, Grecia, Albania e Cefalonia – dove migliaia di nostri soldati furono massacrati. Noi possiamo oggi ricordare con orgoglio patriottico il contributo di questo nostro popolo, le cui radici affondano nella città del Tricolore, nella terra di Camillo Prampolini, Luigi Roversi, Giovanni Zibordi, Cesare Campioli, dei Fratelli Cervi, di don Pasquino Borghi, Nadia Guidetti, delle famiglie Miselli, Manfredi, Vecchi, di don Giuseppe Dossetti, Meuccio Ruini, Nilde Iotti, Valdo Magnani, Cesare Zavattini, Loris Malaguzzi, Renzo Bonazzi. Uomini e donne che col loro insegnamento, il loro esempio morale, civile e sociale hanno fatto crescere le generazioni che hanno vissuto da protagoniste la storia del Novecento, prima, durante e dopo la guerra di Liberazione. Il loro insegnamento è andato ben al di là dei ristretti confini della nostra provincia, assumendo connotati e dimensioni nazionali. Basti pensare ai nostri tre costituenti: Dossetti, Nilde Iotti ed in particolare Meuccio Ruini, che fu l’artefice principa-

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l'80 percento dei ai m or io g eg R a e Anch no partigiani. ro fu on n i at ci so nti, nostri as , contadini, stude ai er op i an v io g o Son ssionisti entrati insegnanti, profe gi e per il domani. nell’ANPI per l'og le della scrittura della nostra Costituzione repubblicana, figlia della Resistenza di un popolo unito nella volontà di dare all’Italia un volto nuovo,nella pace, nel lavoro, nel rispetto dei più deboli e meno fortunati, affinché questi potessero elevarsi assumendo nuova e piena dignità. Tutto questo in un’Italia unita, progredita, inserita nella più grande famiglia europea con un assetto che ha garantito la pace nel nostro continente. […] Nel 2011 il 25 Aprile cadrà nel corso dei festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Questa splendida pagina della travagliata storia dell’Unità d’Italia deve vedere l’impegno dell’ANPI nelle città, nelle campagne, in montagna. Grande è stato il contributo del Presidente Giorgio Napolitano il 7 gennaio scorso nella nostra città e a casa Cervi. Il 25 aprile 1945, come disse Carlo Azeglio Ciampi, Presidente emerito della Repubblica, la guerra partigiana completò il Risorgimento Italiano, sostanziandolo con la Costituzione che vuole l’Italia una ed indivisibile. […] La Lega si è dissociata dal governo e dal Capo dello Stato per le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, mentre sostiene il presidente Berlusconi nel votare leggi e riforme che, se attuate, minereb-

bero il dettato costituzionale, nell’ordinamento della giustizia, sottoponendola al sevizio del governo di turno, mettendo così al riparo imputati “eccellenti” di vari reati, come è il caso dell’attuale Presidente del Consiglio, diventato la vergogna dell’Italia in tutto il mondo. Al nostro XIV Congresso avvertimmo già allora le difficoltà economiche che investivano diversi paesi in tutti i continenti. Valutammo a quel tempo che la nostra regione non era ancora stata interessata alla crisi. Avvertimmo però che grazie agli scandali del sistema bancario e ai fallimenti di grandi gruppi economici come Parmalat dei Tanzi, dei Bond argentini ed altro, la crisi poteva lambire anche la nostra prospera e laboriosa Emilia-Romagna. Oggi la crisi c’è venuta a trovare in casa; si contano a migliaia i senza lavoro, i cassaintegrati, soprattutto nel comparto metalmeccanico e nell’edilizia. Nonostante i notevoli impegni ed aiuti messi in campo dalla Regione, dalle Province, da tutti i Comuni, dalla Cooperazione, dalla Camera di commercio, dalla piccola e media industria e persino dalla Curia reggiana, le difficoltà rimangono e colpiscono chi già era più debole, soprattutto chi, provenendo dal Sud e da molte


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Da sinistra Alessandro Frignoli, Fiorella Ferrarini, Ireo Lusuardi, Giacomo Notari, Marisa Ombra, Antonio Zambonelli e Peppino Catellani

parti del mondo, non riesce a fare fronte alle esigenze di vita minime di ogni giorno. […] Il governo manifesta incapacità e inefficienza, proclamando da tempo che la crisi è alle spalle, che le cose vanno meglio che in casa d’altri, concentrando questo tempo prezioso, al mercato dei parlamentari per avere i numeri necessari a varare leggi che, se attuate, arrecherebbero danni irreparabili a questo nostro Paese. Il Governo non nasconde neanche il fastidio che prova verso i compiti che la Costituzione assegna al Capo dello Stato, per garantire il democratico svolgimento della vita del nostro Paese. Se non ci fosse lui, dice il Berlusconi, che farebbe tante cose in tempi brevi. La vocazione del dittatore la possiede tutta. E’ urgente che questo andazzo che dura da troppo tempo finisca, che si liberino le forze sane del Paese, affinché l’Italia esca da questa umiliante situazione e riprenda il ruolo che le spetta fra le nazioni democratiche d’Europa e del mondo, ridando speranza alla gente di buona volontà. Dopo uno sguardo alla nostra Italia, non possiamo in pari tempo esimerci dal porre attenzione ai problemi più acuti che travagliano il mondo, perpetuando instabilità, inquietudine, distruzione e morte in molte contrade del pianeta. Basti pensare ai 40 mila morti in Iraq, ai quali vanno aggiunti 13 mila bambini nel contesto di distruzioni immani di un paese che tenne a battesimo i primi passi del lungo cammino di civiltà e di progresso

dell’uomo. La campagna militare in Afghanistan, con inevitabili vittime, sembra non aver fine. Il mondo è inquieto da troppo tempo anche per la questione palestinese, in un’altalena che propone segnali di speranza, a guerra guerreggiata. La nostra grande Europa che va ormai dall’Atlantico alle Repubbliche baltiche, che accolse con gioia la distruzione del muro di Berlino, non può assistere con indifferenza alla costruzione dei muri che stanno confinando le popolazioni palestinesi a vivere in “carcere a cielo aperto” come ha detto bene monsignor Sabbah, massima autorità cristiana di Gerusalemme, la notte del Santo Natale. Quale futuro per l’ANPI? […] Anzitutto bisogna chiedersi se il Paese, dopo oltre 65 anni dalla fine della guerra, con la libertà, il voto alle donne, la promulgazione della Costituzione, il sorgere della vita democratica, abbia ancora bisogno di noi, di vecchi e nuovi partigiani. A questa domanda avevamo già risposto con un primo positivo orientamento, che scaturì dal proficuo confronto di idee nei due convegni nazionali, da noi proposti e sostenuti, svoltosi nella nostra città. Orientamento che entrò con convinzione nel Congresso di Chianciano, che portò alla modifica dello Statuto dell’Associazione. Fu una saggia decisione che vedeva già da allora molti giovani, in modo spontaneo e convinto, entrare a far parte attiva

nell’ANPI. […] Anche a Reggio ormai l’80 percento dei nostri associati non furono partigiani. Sono giovani operai, contadini, studenti, insegnanti, professionisti entrati nell’ANPI per l’oggi e per il domani. A Reggio l’ANPI presenta un bilancio che ci rende orgogliosi. Seguendo l’esempio del primo presidente dell’ANPI, Didimo Ferrari Eros che già nell’estate del 1945 diede vita alla campagna di solidarietà che portò nella nostra provincia i bambini di Napoli, di Milano, della nostra montagna, perché potessero avere il pane e istruzione, abbiamo continuato con tante iniziative. Il presidente Giuseppe Carretti contribuì alla spedizione di navi di aiuti al popolo del Mozambico, uscito vittorioso contro il colonialismo portoghese. Anche noi, nonostante la carenza di risorse, siamo stati capaci di costruire un pozzo nella città di Maputo, che porta il nome dell’ANPI, dove i bambini attingono acqua pulita. L’autunno scorso ci siamo recati in un paese della Palestina, dove con le autorità di Seilat ad Daher, abbiamo inaugurato un asilo che ospita 130 bambini, con i loro insegnanti e porta il nome di Giuseppe Carretti Dario: Dobbiamo un grazie a quanti si sono adoperati per compiere con noi questa non facile missione. Il coordinamento delle donne dell’ANPI, che si è arricchito con nuove componenti, non solo ha messo a segno importanti iniziative in provincia, soprattutto sulla figura di Nilde Iotti, con un inserto del Noti-

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Elisabetta Ferrari

ziario a lei dedicato, ma è stato capace di dare un serio contributo anche alle iniziative in campo nazionale, coinvolgendo le giovani generazioni e mettendosi in rete con istituzioni, sindacati, associazioni. […] Continuiamo a stampare il nostro Notiziario in 4000 copie, che entra in migliaia di famiglie, istituti scolastici ed associazioni. E’ uno strumento necessario che abbisogna di sostenitori perché i costi anche postali non sono lievi. Ultimamente ci siamo dotati di strumenti di comunicazione elettronici, con un adeguato ufficio stampa. Saranno necessarie collaborazioni dal territorio. Spesso la stampa locale ospita nostre posizioni politiche su problematiche locali e nazionali. Siamo stati capaci, insieme al compianto Romolo Fioroni, all’avv. Italo Rovali, all’avv. Ernesto D’Andrea, al giornalista Roberto Scardova, con l’impegno del giudice militare De Paolis, di portare a processo i nazisti e fascisti che trucidarono 24 innocenti di Cervarolo il 20 marzo 1944. Nei prossimi mesi primaverili avremo la sentenza definitiva. Altrettanto impegno l’abbiamo profuso per riaprire il caso dei caduti del 7 Luglio 1960, insieme ai parlamentari reggiani vecchi e nuovi e con i familiari delle vittime. Con l’impegno della CGIL di Reggio Emilia. […] Abbiamo dato un contributo determi-

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Alcuni ragazzi del gruppo studentesco Locomotori

nante per mantenere e migliorare l’iniziativa dei sentieri partigiani, che vedono da anni centinaia di giovani italiani e stranieri sulle nostre montagne, seguiti dal prezioso lavoro di Matthias Durchfeld. Importanti sono gli incontri di partigiani uomini e donne nelle scuole reggiane che vedono migliaia di presenze, così come è ormai tradizione prendere parte ai viaggi della memoria in Germania e Polonia, organizzati da Istoreco, che vedono la presenza di un migliaio di studenti. Mai abbiamo fatto mancare la nostra presenza dove sono caduti i 626 partigiani reggiani, spesso con la presenza e l’impegno di insegnanti e studenti, con le loro ricerche mirate, insieme ai Sindaci. Lo sforzo per dare memoria storica alle giovani generazioni entrate nel terzo millennio c’è e deve continuare. Un notevole contributo culturale e formativo ci viene anche dal Museo Cervi e dalla biblioteca Emilio Sereni. La collaborazione con l’Istituto, nel cui Consiglio di amministrazione siamo presenti, è costante, riconoscendo l’alto livello delle numerose e qualificate attività di ricerca storica, di diffusione della memoria e di testimonianza dei valori della Resistenza, della lotta antifascista e della civiltà contadina. Altro strumento prezioso è la rivista “RSRicerche Storiche” di Istoreco. Istoreco ed il Polo archivistico curano e custodiscono gli archivi utilizzati da tan-

ti studiosi, un prezioso patrimonio della nostra storia, che anima una gamma di attività di ricerca e di interventi nella scuola attraverso l’apposita sezione didattica (guidata per anni dalla prof.ssa Assunta Ferretti ed attualmente dalla dot.ssa Alessandra Fontanesi). […] Un contributo prezioso ci viene anche dalle pubblicazioni, che vanno fatte conoscere, come Il sangue dei vincitori di Massimo Storchi e Il primo giorno d’inverno dello stesso Storchi e Italo Rovali. Dobbiamo anche utilizzare al meglio i numerosi prodotti che il cinema ci offre, ad esempio Sopra le nuvole (su Cervarolo) e L’uomo che verrà“ (su Marzabotto) e la ricchezza delle risorse teatrali del nostro territorio (Teatro dell’Orsa, Teatro 5T ed altri). Concludendo, nella relazione del XIV Congresso dissi che era l’ultimo Congresso che vedeva tanti partigiani. Mi sono sbagliato. Oggi, dopo 5 anni, possiamo dire che nonostante gravi perdite di compagni preziosi, come Giuseppe Carretti, Gino Setti, Osvaldo Salvarani, Silvio Bonsaver e tanti altri siamo ancora qui con voi giovani per resistere perché l’Italia sia fiera degli uomini della Resistenza e possa crescere in democrazia: io e Peppino Catellani siamo i più giovani, ma anche noi superiamo abbondantemente gli 80 anni. La presenza dei due vice presidenti, Fio-


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Sen. Ugo Benassi

Marisa Ombra

Germano Nicolini

stituzionale, co , co ti ra oc m de o ibili . in uno stat e non sono percorr oi at ci or sc le , ta laico, antifascis

rella Ferrarini e Alessandro Frignoli, è stata di grande aiuto. Se oggi abbiamo presentato un bilancio di tutto rispetto lo si deve anche a loro e all’impegno di tutti voi. Voi giovani e donne sarete ben presenti nel Consiglio provinciale e nella segreteria. Noi vi accogliamo con tanta fiducia e speranza. […] Occorre lavorare, curare la sacra memoria dei nostri caduti, con rispetto nel confronto con le idee degli altri. Soprattutto, e finisco davvero, voglio ricordare sempre che in uno stato democratico, costituzionale, laico, antifascista, le scorciatoie non sono percorribili. Da questo Congresso mandiamo un saluto e un incoraggiamento a tutti i giovani del sud che con fiducia sfidano mafia e camorra per liberare le terre del sud dalla criminalità che impedisce un pacifico e democratico sviluppo. Infine grazie a voi tutti che avete ascoltato con pazienza e un grazie particolare a tutti quei volontari e volontarie, partigiani e non che da anni continuano a garantire con generosa disponibilità e con passione il funzionamento della nostra organizzazione, sia a livello provinciale che nelle sezioni locali. Andiamo avanti così, consapevoli che anche noi siamo la speranza per un avvenire fecondo per il nostro Paese. Grazie. Giacomo Notari

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o ercitare il compitione es er p e al or m tà “L'ANPI ha l'autorie i necessari processi di aggregaz mirante a favorirne...…” di una opposizio Mostra filatelica sulla Resistenza, allestimento a cura di Anacleto Mescoli del CIFR

DOCUMENTO CONCLUSIVO

XV CONGRESSO PROVINCIALE DELL’ANPI DI REGGIO EMILIA Il XV Congresso provinciale dell’ANPI di Reggio Emilia, svoltosi nell’Aula magna dell’Università di Modena e Reggio nelle giornate del 12 e 13 marzo 2011, condividendo il documento orientativo dell’ANPI nazionale destinato ai Comitati provinciali in vista del XV Congresso nazionale che si terrà a Torino dal 24 al 27 marzo 20011, approva la relazione del Comitato provinciale uscente presentata dal Presidente Giacomo Notari, le analisi, le proposte e le prospettive emerse dal ricco di battito (33 interventi), nonché le conclusioni del vice presidente nazionale Marisa Ombra. Ringraziando le Autorità presenti, i delegati, la stampa e gli invitati, il Congresso richiama oggi più forte che mai il carattere unitario, patriottico e nazionale della Resistenza, che costituisce il fondamento della Repubblica e che ha sancito, con la Costituzione, in modo definitivo il carattere democratico dello Stato italiano. Tanto più forte il richiamo alle radici antifasciste della nostra Repubblica, in questo 150° dell’Italia come Stato unitario, come ci ha ricordato il Presidente della Repub-

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blica Giorgio Napolitano in più occasioni, ed in particolare con la sua venuta a Reggio Emilia ed a Casa Cervi il 7 gennaio 2011, 214° anniversario della nascita del Primo Tricolore. Vada da questo Congresso, al Presidente Napolitano, il saluto caloroso ed il vivo ringraziamento di quelli che per ragioni anagrafiche chiameremo i vecchi e nuovi resistenti di Reggio Emilia Città del Tricolore Medaglia d’Oro della Resistenza. Un ringraziamento tanto più sentito, a Giorgio Napolitano, è dovuto per l’alto ruolo di difesa della Costituzione che va esercitando con fermezza, lucidità e dedizione in una fase di grave degrado morale della Nazione. Il Congresso provinciale conferma perciò la severa critica, emersa da tutti i congressi comunali e sezionali, verso il cosiddetto “revisionismo storico”, in realtà la ormai da troppo tempo perdurante, anche a livello pubblicistico locale, distorsione e falsificazione della storia del Novecento, ribadendo che si tratta di un intollerabile uso politicamente strumentale della storia stessa funzionale alla progressiva demoli-

zione dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana. Un “revisionismo” che ultimamente, e proprio in vista del 150°, tende a mettere faziosamente in discussione l’intero processo di costruzione dell’Italia come Stato, con una grottesca disputa tra “padani” e neoborbonici. C’è dunque bisogno di una grande azione culturale, di favorire studi e approfondimenti seri, anche in sede locale, sull’intero arco della storia italiana dei secoli XIX e XX. Ecco qui il ruolo positivo, che dovrà essere sempre meglio sviluppato, anche in un quadro legislativo regionale, di Centri di ricerca e di diffusione della conoscenza quali Istoreco ed Istituto Cervi, che già da anni operano positivamente stabilendo anche fruttuosi rapporti con la scuole di ogni ordine e grado, e producendo una serie di strumenti elettronici assai efficaci di comunicazione e diffusione delle conoscenze. Il Congresso denuncia la grave situazione economica e sociale che investe pesantemente il mondo dei lavoratori in ogni set-


“Sul piano internazionale il Congresso manifesta viva preoccupazione per il perdurare di situazioni di guerra che sembrano senza sbocco. Parimenti esprime piena solidarietà ai movimenti che nei Paesi del Magreb e in altre zone del mondo arabo islamico esprimono con forza spinte allo sviluppo democratico contro regimi dittatoriali. Mentre prende atto con soddisfazione di iniziative di solidarietà internazionale come quella, promossa dall’ANPI di Reggio in collaborazione con vari soggetti, della realizzazione della scuola d’infanzia per i bambini palestinesi di Seilat al Daher, ribadisce […] che deve cessare la politica dell’attuale Governo di Israele verso i Palestinesi, e ciò nell’interesse di entrambi i Popoli che devono poter convivere in pace su quella che si suole chiamare Terra santa”.

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tore: da quelli produttivi al mondo della cultura, in particolare della scuola. Ai drastici tagli che stanno mettendo in ginocchio la ricerca ed il processo di formazione delle giovani generazioni (contrariamente a ciò che si fa in altri Paesi per fronteggiare la crisi) si accompagnano gravi attacchi alla scuola di stato (vera ed unica “scuola libera”) anche per quanto riguarda contenuti e metodi, con l’argomentazione assurda che in essa si “inculcano” principi contrari a quelli che le famiglie vorrebbero “inculcare”. In pratica si tratta del ritorno, in forma ancora più aggressiva e brutale, della contrapposizione di un “pluralismo delle scuole” al “pluralismo nella scuola”. Garantito, quest’ultimo, proprio dalla scuola pubblica voluta dalla Costituzione. Le grandi manifestazioni promosse dalle donne (“Se non ora quando”) e di cittadini in genere (Difesa della Costituzione e della Scuola pubblica) le lotte sindacali aziendali o generali, che si vanno svolgendo in tutta Italia, esprimono la volontà di avviare uno sviluppo economico che sia anche di carattere sociale. Ancora, in tema di difesa della Costituzione, il Congresso sottolinea con forza la necessità di salvaguardare l’autonomia della Magistratura, contro le cosiddette “riforme epocali” tese (come ammesso dallo stesso Massimo Proponente) ad impedire “che si ripetano stagioni come quella di mani pulite”. L’ANPI non è un partito, come non ci si stanca di ripetere, ma una forza politicoculturale, che si pone come coscienza critica della politica e ha l’autorità morale per esercitare questo compito mirante a favorire i necessari processi di aggregazione di una opposizione che, pur essendo legittimamente plurale, deve trovare la via per proposte unificanti. Per questo l’ANPI deve anche sviluppare un’alleanza permanente con tutte le associazioni antifasciste, le confederazioni sindacali e i movimenti impegnati sul terreno democratico, continuando peraltro ad operare in modo unitario con la conso-

rella ALPI-APC, consolidando la pluriennale esperienza formalizzata nell’ottobre 2005. Il Congresso sottolinea l’importanza del processo ormai in fase avanzata presso il Tribunale militare di Verona sulle stragi nazifasciste, troppo a lungo colpevolmente restate senza giustizia, che hanno coinvolto le popolazioni della montagna reggiana (Cervarolo) e modenese (Monchio, Susano e Costrignano). Dà atto agli organismi dirigenti dell’ANPI provinciale di avere positivamente operato, come si era auspicato avvenisse al XIV Congresso, per giungere a tali risultati.. Il Congresso prende atto con soddisfazione che per la attuazione dei vari obbiettivi segnalati dal dibattito si è aperta una via verso il futuro con la sempre più folta e attiva presenza, tra le sue file (era l’auspicio del Congresso di cinque anni or sono) di tanti giovani, diversi dei quali già inseriti in organismi dirigenti dell’Associazione sia a livello centrale che locale. Ciò che ha permesso di trasformare la parola d’ordine del nostro XIV Congresso (“I giovani nell’ANPI per l’oggi e per il domani”), in quella del XV: PIU’ FORZA ALL’ANTIFASCISMO PIU’ FUTURO PER LA DEMOCRAZIA. Si è così avviato il percorso per la nuova stagione dell’ANPI. Parimenti, in coerenza col nostro impegno di solidarietà verso gli immigrati e di integrazione fra le diverse culture, le porte dell’ANPI devono aprirsi ai “nuovi italiani”, come già sta avvenendo nella nostra provincia. Il Congresso fa suoi gli emendamenti al documento del Nazionale proposti dal Coordinamento femminile nazionale dell’ANPI, proposte alla cui formulazione hanno fattivamente contribuito diverse nostre associate reggiane. Sul piano internazionale il Congresso manifesta viva preoccupazione per il perdurare di situazioni di guerra che sembrano senza sbocco. Parimenti esprime piena solidarietà ai movimenti che nei Paesi del

Magreb e in altre zone del mondo arabo islamico esprimono con forza spinte allo sviluppo democratico contro regimi dittatoriali. Mentre prende atto con soddisfazione di iniziative di solidarietà internazionale come quella, promossa dall’ANPI di Reggio in collaborazione con vari soggetti, della realizzazione della scuola d’infanzia per i bambini palestinesi di Seilat al Daher, ribadisce, in sintonia con le più limpide coscienze di personalità israeliane, che deve cessare la politica dell’attuale Governo di Israele verso i Palestinesi, e ciò nell’interesse di entrambi i Popoli che devono poter convivere in pace su quella che si suole chiamare Terra santa. In un mondo per tanti versi “globalizzato”, solo forze e movimenti democratici progressisti operano disuniti, ciascuno per conto proprio. E’ forse il momento di far sì che l’Antifascismo recuperi la sua dimensione europea, anche nello spirito dell’appello lanciato da un Resistente francese di 94 anni, Stéphan Hessel, uno dei componenti il Consiglio nazionale della Resistenza francese (equivalente al nostro CLN). Col suo opuscolo intitolato Indignezvous! (Indignatevi) invita i francesi, e le giovani generazioni in particolare, a riprendere un cammino pacifico di liberazione richiamandosi proprio ai principi di “democrazia progressiva” che furono anche della Resistenza italiana. L’ ANPI potrebbe farsi promotrice di collegamenti operativi con le omologhe organizzazioni di altri Paesi, a partire proprio dalla Francia, dove tra l’altro si è recentemente costituita una Sezione ANPI di Parigi, nella linea della “nuova stagione” che sta al centro del nostro Congresso nazionale. La sede è in Rue des Vinaigriers, storica sede dei Garibaldiens, e, per anni, luogo d’incontro della Fratellanza reggiana di Parigi. Di che indurci, come reggiani, a darci una mossa.

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politica gresso N O XV C

NPI APROVINCIALE Reggio Emilia 12-13 marzo 2011 IL COMITATO PROVINCIALE DOPO IL XV CONGRESSO PROVINCIALE ANPI Alberti Iria, Bartoli Ione, Battistessa Giuseppe, Bellesia Corrado, Benassi Sen.Ugo, Bertacchini Francesco, Bertani Eletta, Bertani Glauco, Bonini Gabriella, Benatti Primo, Bortolani Mauro, Bottazzi Loris, Braglia Renzo Antonio, Cantoni Rossella, Capitani Lorenzo, Carpi Giorgio, Carretti Eugenio, Carri Alessandro, Casali Marianella, Castagnetti Giacomina, Castelli Gianni, Catellani Peppino, Cattini Luciano, Cavazzini Fernando, Cavazzini Loredana, Cenci Gianluca, Cervi Adelmo, D’Andrea avv. Ernesto, Davolio Gaetano, Durchfeld Matthias, Fantesini Nino, Ferrari dott. Giuseppe, Ferrari

Anna, Ferrari Elisabetta, Ferrari Natascia, Ferrarini Fiorella, Ferretti Assunta, Ferretti Glauco, Fontanesi Alessandra, Fontanesi Alessandro, Franchi Silvano, Friggeri Bruno, Frignoli Alessandro, Galaverni Luigi, Ghiacci Gino, Gianolio avv. Alfredo, Giaroni Loretta, Incerti Antonella, Lazzeri Agnese, Lusuardi Ireo, Malavasi Annita (Laila), Manzotti Maria, Mareggini Ivo, Mazzi dott. Giglio, Meinero dr. Mario, Melandri Stefano, Menozzi Bruno, Montanari Fabio, Montanari on. Otello, Mori Roberta, Musi Germano, Napolitano Giuseppe, Nicolini Germano, Notari Giacomo,

Notari Marina, Orlandi Vassili, Orlandini Ermanno, Pagani Giuseppe, Pinotti Avio, Pioppi Alberto, Porta Vanna, Rinaldi Nando, Rinaldini Monica, Rivi Gianluca, Romani Giorgio, Rontervoli Mattia, Rossini Giovanni, Rubertelli Sergio, Ruggieri dott. Giancarlo, Salsi Anna, Salsi Laura, Soliani Albertina, Storchi Annalisa, Storchi Massimo, Sulpizio Giacomo, Tavernelli Fabrizio, Terzi Giancarlo, Torri Yuri, Vacondio Renato, Valcavi Giancarlo, Venturi Claudio, Vergalli Orio, Vignali Adriano, Vivi Bruno, Zambonelli Antonio, Zardetto Rina, Zoboletti Adriana.

COMUNICAZIONE Il presidente onorario della Sezione ANPI cittadina, Enrico Lelli, si scusa di non potere essere presente alle attività dell'Associazione per malanni e affanni che lo travagliano. Comunque se qualcuno volesse mettersi in contatto con lui, può telefonargli al n. tel. 0522 – 439980

10 aprile 2011

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L’ambasciatore palestinese Ateyeh insieme a Fiorella Ferrarini

politica RINGRAZIAMENTI:

SABRI ATEYEH:

“La nostra riconoscenza verso l’ANPI è grande…” Signor ambasciatore da dove nasce questa soldarietà fra l’OLP e l’ANPI? L’ANPI è sensibile alla lotta del popolo palestinese per l’indipendenza e la libertà perché l’ANPI conosce il significato della parola “libertà”. L’aspirazione di allora dei partigiani è la stessa di oggi del popolo palestinese per la propria libertà. Che effetto può avere la nuova situazione creatasi in Libia, in Tunisia in Egitto per la causa palestinese? Il popolo arabo non poteva rimanere eternamente passivo ed è positivo per l’intera comunità internazionale che in quelle regioni la situazione politica stia cambiando. E per la stessa Israele è una situazione nuova che potrebbe essere positiva, perché il vero rischio per gli israeliani è che la situazione non cambi. Invece se vince la democrazia nella nazione araba ci sarà anche per Israele maggior sicurezza, e non sarà più, come non perde mai occasione di dire, l’unico stato democratico dell’area. Ritengo che di conseguenza anche per la questione palestinese si potrebbero aprire diversi positivi scenari, perché per noi lo scopo è la costituzione dello Stato palestinese.

io . Serg g i s l i egzia le di R ringra a i z e l r a o i c cons rosi rovin acqua NPI p nume s A a a ’ l g l e r e a za d as, relato ziend siden dell’A 990 e ttori g e 1 e s r l i a o La pre t e 4 iret atenali n al 197 iani, d er il m rnazio p AC) d e , t G o n A Venez i t ( n ilia ali ed dame gio Em azion riscal n e ci. l i e n t g a , on to ne d o i z conve o a c i r t a depu nform acqua riale i

E sulla scuola di Seilat al Daher? La nostra riconoscenza verso l’ANPI, e verso tutti coloro che l’hanno sostenuta, è grande, e ancor maggiore è la mia emozione perché Seilat è il paese dove sono nato. Grazie per la vostra solidarietà. a cura di Glauco Bertani aprile 2011 11 notiziario anpi


politica

O

TISM T O I R T A P E TRICOLORE

NO

N A E L P M O C ° 0 5 NEL 1

O T A T S E M O C A I DELL'ITAL Reggio Emilia ha risposto con grandi e belle manifestazioni, sia nel capoluogo che in tutti i comuni della provincia, alle celebrazioni, il 17 marzo, del 150° anniversario della nascita dell’Italia come Stato. Non sono mancate, anche prima e dopo quella bella giornata, le contestazioni di vario tipo. Hanno fatto spicco i leghisti che abbandonano aule consiliari quando si canta Fratelli d’Italia, che da tempo hanno sostituito il fazzoletto verde al Tricolore (del cui uso parlò a suo tempo il leader Bossi nel modo che sappiamo). Gli stessi leghisti che, in sede locale, sostengono che a Reggio “nel dopoguerra, il Tricolore era diventato simbolo della reazione, rispolverato poi solo di recente per antagonismo con la Lega “ (Miles Barbieri, consigliere comunale, “L’Informazione”, 23.02.2011)

12 aprile 2011

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Siccome quella del Miles è opinione abbastanza diffusa a destra (sia tra i leghisti che i nazionalisti in qualche modo post fascisti), ci sembra utile citare ciò che scrisse Valdo Magnani, poi segretario dei comunisti reggiani fino al 1951, su “Il Nuovo Risorgimento”, organo delle associazioni partigiane, reduci e combattenti nel gennaio 1947. “Molti italiani in questa seconda guerra mondiale […] sono stati mandati a combattere fuori dal territorio della Patria. […] L’amarezza che viveva in loro diventava impeto di commozione quando, in terra straniera, vedevano sventolare il

Tricolore. […] Era però anche un senso di insofferenza, un desiderio profondo di liberazione da una impostura poiché esso, di fianco alla bandiera dalla croce uncinata, stava a rappresentare di fronte ad altri popoli, oppressione, dominio della violenza e delle armi sulla libertà conculcata,che, con voce sacra, chiamava gli oppressi alla rivolta contro la bandiera che amavano.[...] Oggi i combattenti, i partigiani, i reduci reggiani festeggiano, con tutto il popolo, il 150° anniversario del Tricolore. C’è un senso nuovo, per le nostre generazioni, in questa celebrazione. […] Il nostro Tricolore re-


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L’on. Otello Montanari durante durante le celebrazioni Nella pagina a fianco: di spalle il prof. Melloni mentre pronuncia la sua lectio magistralis sul tricolore

pubblicano non ci è stato regalato da nessuno, il popolo lo ha conquistato. E i combattenti, avanguardia di esso nella sua lotta, si sentono finalmente intimamente uniti con la Nazione”. Questo dunque scriveva Valdo Magnani nel gennaio 1947, nel contesto di un più ampio articolo, sul settimanale dei partigiani reggiani diretto da Didimo Ferrari, Eros. Ed Eros, dal canto suo, scriveva due mesi dopo nel proprio diario (“Ricerche Storiche”, 64/66, 1990) “Il Presidente della Costituente [Umberto Terracini] mi ha risposto che appoggerà la richiesta fatta per stabilire che il 7 gennaio sia considerata solennità civile e Giornata del Tricolore”. Insomma, come abbiamo più volte sostenuto, il Tricolore, fu “sequestrato” dal fascismo e ridotto a simbolo di un nazionalismo violento e aggressivo, fino ad abbassarlo al livello infame del razzismo a

fianco della bandiera nazista dalla croce uncinata, proprio come scriveva nel 1947 Valdo Magnani, ex partigiano garibaldino in Jugoslavia a fianco dell’Esercito di Tito. Con questo non vogliamo dire che storicamente i rapporti tra le sinistre italiane ed il patriottismo tricolore siano sempre stati idilliaci. Fin dagli albori del movimento operaio di ispirazione socialista la bandiera rossa, simbolo di fratellanza universale, era diventato il vessillo caro a milioni di lavoratori e di lavoratrici. Ed essi certo lo contrapponevano, per esempio nel 1911 (guerra italo-turca per la Libia, guarda un po’...) al Tricolore colonialista, così come contrapponevano alla personificazione femminil-tricolor-vestita di una patria in espansione coloniale la bella immagine di una donna di colore e una bianca che alzavano i rispettivi bambini facendoli abbracciare, in una cartolina diffusa in migliaia di copie anche nella

nostra provincia. Certo, ancora, lo squadrismo omicida 1920-1923 bruciava le bandiere rosse socialiste e imponeva il tricolore targato littorio mentre uccideva impunemente sindacalisti e cooperatori e bruciava case del popolo. Quel Tricolore non poteva essere amato dal popolo di sinistra. Anche se, “in fondo in fondo sì”, come disse quel militante socialista apprezzando tra pollice e indice il terminale rosso del Tricolore stesso, mentre energumeni in camicia nera e manganello alzato aspettavano la sua risposta. Come si vede la storia dei simboli non è così grottescamente banalizzabile come sta avvenendo. Così come non si può banalizzare la storia del nostro Risorgimento nazionale in una altrettanto grottesca contesa tra Neoborbonici e Leganordisti. Antonio Zambonelli

aprile 2011 13 notiziario anpi


politica

AMATE LA GIUSTIZIA, VOI CH Con questo imperativo ammonimento, rivolto a tutti i governanti, si apre solennemente il libro biblico della Sapienza. Il tema viene ripreso e sviluppato da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Paradiso, XVIII, 88-93), ove icasticamente si compendia il tema di fondo dell’intero canto: la celebrazione degli uomini che, forniti di potere, lo esercitano con giustizia e la condanna di coloro che la giustizia non rispettano ed anzi ne fanno scempio. Ed infatti, sulla giustizia si regge l’ordine delle società umane mentre l’ingiustizia genera confusione e violenza (cfr.: La Divina Commedia, a cura di Tommaso Di Salvo, Ed. Zanichelli, ottobre 1987, pag. 343 del Paradiso). Ora, rientra nella natura delle cose il fatto che un imputato non ami la giustizia, ma anzi la detesti e la tema. Ciò non pertanto, dovrà ineluttabilmente subire la condanna dei suoi misfatti. In un mondo alla rovescia, invece, l’imputato è al governo del Paese e fa confezionare da una maggioranza parlamentare completamente a lui asservita leggi che lo sottraggono ad ogni condanna e finanche ad ogni processo. Ben si comprende allora il suo disappunto se la Corte costituzionale ha l’ardire di statuire l’illegittimità di norme che lo renderebbero non punibile e non processabile. Il fatto è che l’ira dell’attuale Presidente del Consiglio si rivolge a quelle Istituzioni che non è riuscito a trasformare in organismi aziendali, tenuti perciò ad ottemperare alle sue direttive e a curare esclusivamente i suoi personali interessi. Il gioco è facilmente riuscito con il Parlamento, trasformato in un mero organo di ratifica dei provvedimenti governativi, tanto che ben 315 deputati hanno, senza alcun pudore, deliberato una palese menzogna: che il Presidente del Consiglio, telefonando alla questura di Milano, credesse realmente che una minorenne marocchina, verosimilmente dedita al meretricio, fosse la nipote dell’ormai deposto presidente egiziano e che volesse, pertanto, scongiurare una crisi diplomatica. Altre Istituzioni si sono invece dimostrate

14 aprile 2011

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più impermeabili alle lusinghe corruttrici del potere e del denaro e perciò vengono quotidianamente attaccate e vilipese. E così, il Presidente della Repubblica è accusato di controllare minuziosamente le leggi e gli atti del governo, ovverossia di esercitare con scrupolo e diligenza le sue prerogative costituzionali. La Corte costituzionale, si è già detto, è rea di proclamare l’illegittimità di leggi palesemente in contrasto con i principi della Costituzione, volte al solo scopo di rendere il Conducator immune da ogni sanzione penale. La magistratura, poi, ha finanche l’ardire di pretendere di sottoporre a procedimento penale colui che si ritiene legibus solutus, al di sopra di ogni legge ed immune da ogni sanzione. In tale ambito, si accusano gli organi di giustizia di porre in essere una persecuzione politico-giudiziaria. Ma è appena il caso di rilevare che se un cittadino impronta la sua vita alla violazione delle leggi e a commettere reati di ogni tipo, non deve poi meravigliarsi che la giustizia penale doverosamente si occupi delle sue malefatte. Sul piano strettamente oggettivo, infatti, un cittadino comune che vantasse i trascorsi giudiziari dell’attuale presidente del consiglio e non avesse potuto scongiurare plurime condanne in forza di leggi approntate allo scopo, sarebbe certamente stato già dichiarato “delinquente abituale”. Ed invece, nel mondo alla rovescia, un

imputato di reati gravi ed infamanti si accinge a varare una riforma della giustizia definita “epocale”, ma che sarebbe più appropriato qualificare apocalittica (nel senso di catastrofica), diretta ad incidere anche su basilari principi sanciti dalla Costituzione. Infatti, con tale riforma non si farà diventare più snello e celere il corso della giustizia e non si forniranno mezzi adeguati e strumenti normativi appropriati per la lotta contro il crimine, ma si renderà meno efficace e incisiva l’azione degli organi di giustizia e si asservirà la magistratura al potere politico, facendo barbaramente strame del sacrosanto e consolidato principio della divisione dei poteri. E così, a un tempo, potranno realizzarsi i veri intendimenti ri-


politica

HE GOVERNATE SULLA TERRA formatori di questa antistatale maggioranza di governo: impedire che la magistratura scopra e colpisca la dilagante corruzione che alligna nel sistema delle “cricche”, sul quale si fonda l’attuale classe politica dominante, e punire i magistrati, che hanno osato guardarci dentro e finanche indagare su persone che si ritengono impunibili. Tutto ciò comporterà non soltanto l’impunità della corruzione e del malaffare, ma anche la paralisi della funzione giudiziaria, con grande sollievo per la criminalità, specialmente quella organizzata; in una parola, il disfacimento dello Stato di diritto, trasformato in un’accozzaglia di briganti. Ma non basta! Soltanto il capo di una onagrocrazia (governo degli asini selvatici), quale quella attuale, può impunemente accusare la scuola pubblica di “inculcare” negli studenti idee contrarie all’ordine e alla morale delle famiglie. A parte la comicità di un’affermazione pronunciata da chi non vanta trascorsi familiari propriamente ortodossi e comportamenti privati improntati ad un ascetico stoicismo, la scuola pubblica non “inculca” alcunché, ma abitua i giovani a discernere e a pensare con la loro testa, fornendo gli strumenti formativi per una critica consapevole. Altri sono i luoghi nei quali si “inculcano” principi e dottrine, ad esempio i seminari ecclesiastici e le scuole private, curiosamente definite “libere”, da chi e da

che cosa e in contrapposizione a quali altre scuole (invece non libere?), non è dato sapere. La visione autocratica, invasiva e realmente antidemocratica dell’attuale indirizzo politico non risparmia i mezzi d’informazione. E così, da un lato, si tende ad eliminare ogni limite per la concentrazione nelle mani di uno solo di giornali ed emittenti televisive e, dall’altro, si boicottano e si vorrebbero condizionare o sopprimere, sol perché non ossequiose ed arditamente critiche, le poche trasmissioni televisive rimaste indipendenti nell’ambito di una RAI occupata ormai militarmente dalla maggioranza di governo, anche con aspetti di indubbia comicità per eccesso di servilismo, che toccano il loro apice nel TG1. E intanto, la RAI continua a perdere ripetutamente cause di lavoro intentate nei suoi confronti dai dipendenti puniti e declassati in quanto non proni ai voleri del Padrone Unico. Regime o non regine, dunque ? Alle corte ! Il quadro così delineato integra il nuovo volto del fascismo, bestia immonda dalle molte forme, oggi tramutato in uno spregiudicato ed incolto affarismo, senza scrupoli e senza morale. Davanti al mortale pericolo che attualmente corre la Repubblica, non si può restare indifferenti (cfr. Antonio Gramsci), ma occorre indignarsi con forza e con fermezza. E poiché i partiti di opposizione non riescono ad impedire incisivamente la disgregazione dello stato di diritto, i cittadini devono riappropriarsi di ogni iniziativa, facendo sentire, alta e forte, la loro voce anche attraverso la strategia denominata di “piazza continua”: questa è l’ora di una democratica e pacifica insurrezione generale! (cfr.: Stéphane Hessel, Indignez Vous!, Indigène éditions, dicembre 2010, ora anche in edizione italiana, 2011 add editore, Torino). Ed infatti, oggi, come allora: “Si tratta di rinascere dalla morte civile alla vita, di fare un primo passo avanti sulla via

della liberazione”. (Carlo Rosselli, Per una Guadalajara in terra italiana, “Giustizia e Libertà”, 23 aprile 1937, citato da Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli, Mondadori, marzo 2007). Giancarlo Ruggieri

Cogliamo l’occasione per segnalare il libro Le botte di Diogene, che l’autore ha donato all’ANPI con questa dedica: “All’ANPI di Reggio Emilia, dove ho trovato gli ideali in cui credo ed i compagni per condividerli, Giancarlo Ruggieri”. Nel ringraziarlo di cuore informiamo i lettori che il libro, che raccoglie saggi e godibilissime, fulminanti pasquinate, è acquistabile a 12 euro.

aprile 2011 15 notiziario anpi


società

La cooperazione na

e la comunità reggia

Da poco più di un mese Simona Caselli è la nuova presidente di Legacoop Reggio-Emilia. Si tratta di un fatto rilevante, non solo e non tanto perché è la prima donna alla guida dell’importante organizzazione imprenditoriale, ma perché è la prima persona che incarna l’ideale del “nuovo” dirigente cooperativo. Un dirigente, cioè, che ha i requisiti tecnici, professionali e culturali per dirigere imprese multinazionali, ma, in più, ha quel quid di formazione e spirito di solidarietà cooperativa che è indispensabile per dirigere una cooperativa. La cooperazione italiana gode di buona reputazione nel mondo e quella reggiana ne gode di ottima fra quella italiana. La cooperazione è diventata un’eccellenza reggiana, come il parmigiano-reggiano e le scuole dell’infanzia, un know-how da esportare che potrebbe, a buon titolo aspirare ad un ruolo nella cosiddetta nuova economia della conoscenza. Eppure non è banale chiedersi: cos’è, oggi, la cooperazione per i reggiani? La sentono come una forza amica o come un potere di cui diffidare? E ancora, cosa può aspettarsi la città dalla cooperazione? Sulle prime due domande, lascio ai lettori la valutazione. Sulla terza, voglio tentare una risposta, senza alcuna pretesa esaustiva, ma con la speranza di contribuire ad un utile dibattito.

1 – LA VERA COOPERAZIONE E’ UNA Tutti sanno che, da una parte, esiste una cooperazione vera, quella che si riconosce ed opera in base ai principi dell’Alleanza internazionale cooperativa, quella che non suddivide fra i soci il patrimonio aziendale, perché lo considera intergenerazionale e reinveste continuamente gli utili nell’impresa. Dall’altra, c’è un mondo opaco, popolato da migliaia di false cooperative, dette “spurie” (le cooperative, cioè, usate senza alcun fine solidaristico, ma soltanto come strumento per perseguire, indebitamente, vantaggi privati). Quest’ultime cooperative andrebbero perseguite ed eliminate dal mercato, in quanto strumento di concorrenza sleale, non solo verso le cooperative vere, ma anche nei confronti delle imprese private. Quella vera, invece, è tradizionalmente distinta fra cooperazione “rossa”(legacoop), “bianca”(Confcooperative) e, “terza centrale” (Agci). Tutte definite con riferimento ai partiti scomparsi della cosiddetta “prima repubblica”. La ragione principale di questa divisione è, da tempo, superata e la città si attende che la cooperazione reggiana, finalmente, cominci a parlare alla comunità e alle istituzioni con una sola voce rappresentativa di quel mondo.

16 aprile 2011

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2 – COOPERAZIONE = PROGRESSO? Fino alla fine del secolo scorso era convinzione diffusa che l’equazione cooperazione = progresso, nel senso più positivo del termine, fosse vera. Oggi, però, è ancora così? Vi è una parte dell’opinione pubblica che contesta apertamente il ruolo della cooperazione. Dice che gode di privilegi ingiustificati, che non paga le tasse. Anche pezzi del mondo sindacale ritengono la cooperazione fattore di degrado dei diritti dei lavoratori. La grande dimensione, raggiunta da talune cooperative, è addotta a motivo di critica, da parte di ambienti politici di destra e anche di sinistra perché, a loro dire è causa di smarrimento dei valori cooperativi. Infine, comportamenti discutibili da parte di alcuni managers, nelle vicende Giglio, Coopservice e Unipol, hanno gettato un’ombra sulla credibilità etica del mondo cooperativo. Insomma, il giudizio dell’opinione pubblica è più contrastato e il ruolo positivo della cooperazione è più discusso. La cooperazione è destinata a diventare impresa come le altre oppure riuscirà, nuovamente a rendere vera l’equazione “cooperazione = progresso”? Negli ultimi 10 anni, l’eccesso di sottolineatura del valore del fatturato non ha reso giustizia alla cooperazione. Per quanto im-

portante possa essere questo parametro, la cooperazione ha l’inderogabile dovere di procedere tenendo insieme l’efficienza con l’etica, la produttività con la solidarietà, l’avveduta direzione d’impresa con la partecipazione. Per questi motivi è diventato tanto difficile fare il cooperatore oggi, ma, o la cooperazione è questa o non è. Ecco, la comunità reggiana ha bisogno di cooperatori capaci di far vivere i valori cooperativi nella società attuale. 3 – UN PENSIERO COOPERATIVO PER LA COMUNITA’ Fino ad alcuni anni fa, portare superficie di distribuzione moderna in un comune, significava dare un contributo di progresso a quella comunità. Oggi, che siamo nell’era dell’eccesso d’offerta in molti campi dell’economia, occorre una capacità di pensiero più completa, più complessa. Con la crisi finanziaria, i comuni dotati di maggiori servizi sono e saranno quelli più colpiti dai tagli alla finanza locale. Reggio Emilia è e sarà fra questi. Allora è importante che la cooperazione risponda alla chiamata del Comune sulla progettazione dello sviluppo dell’Area Nord , ma sarebbe ancora più importante se la cooperazione maturasse un pensiero di trasformazione com-


società plessiva della città e proponesse, per esempio, un proprio progetto, anche per un’evoluzione positiva del centro storico. In sostanza, occorre un pensiero cooperativo capace di tenere in equilibrio le interrelazioni fra esigenze di area vasta e resto della città, per evitare che lo sviluppo di una parte possa essere causa di depressione del tutto. Non solo, la crisi economica porrà un problema di compatibilità del sistema di welfare reggiano rispetto alla spesa oggi necessaria per sostenerlo. La cooperazione è, per sua natura, intersettoriale e può rappresentare la risorsa per la sostenibilità dei servizi alle persone, dei servizi educativi, dei servizi culturali, dei servizi all’abitare, ecc. 4 – FORTEZZA E SENTINELLA DELLA LEGALITA’ La cooperazione reggiana dev’essere genuina e sicura come il ParmigianoReggiano, come l’aceto balsamico e le scuole dell’infanzia di Malaguzzi e Reggio Children. Dev’essere “fortezza” di legalità interna alle proprie aziende, nel modo di essere imprenditori e datori di lavoro, ma anche “sentinella” di legalità esterna, sul territorio. Sentinella contro l’n’drangheta e le mafie e i tentativi di infiltrarsi nel mondo delle imprese. La cooperazione deve sapersi porre come fattore di sviluppo economico, di coesione sociale e come fattore di serenità della comunità reggiana. La città può aspettarsi tutto questo? Claudio Ghiretti

Caritas a l l e d o i d Uno stu

A ’ ' A T R E V O LA P IA L I M E O I G G E R

Vivere nella società complessa Viviamo in un’epoca estremamente affascinate, ciò non toglie però che vi siano delle forti problematicità con le quali doversi confrontare. Una prima problematica che contraddistingue questi anni è la complessità. Il mondo oramai è un piccolo paese in cui tutti siamo collegati con tutti. La maggior parte dei problemi non può più essere affrontata a livello nazionale ma deve essere discussa in un tavolo internazionale. Volete un esempio? Prendiamo l’ecologia. Scendiamo ancora di più nello specifico: il disastroso terremoto che ha colpito il Giappone. Il fatto che su quel territorio ci fossero delle centrali nucleari non è solo un problema giapponese ma è diventato di tutto il mondo. Le nubi radioattive non si fermano certo alle frontiere nazionali, non chiedono il permesso a nessuno e sorvolano liberamente tutti i territori che desiderano. Oltre a quello ecologico potremmo fare moltissimi altri esempi.

Conoscere per agire Dunque la società in cui viviamo è una società complessa. La complessità ostacola la comprensione. Se noi desideriamo capire come funziona il contesto sociale nel quale viviamo dobbiamo imbarcarci in una difficile avventura. Non si può al giorno d’oggi essere dei “sempliciotti” che dicono per esempio “la colpa della povertà in Italia è tutta degli extracomunitari”. Questa affermazione oltre che essere eticamente discutibile è anche falsa, non poggia su una corretta analisi del complesso sistema immigratorio che caratterizza l’Italia. Mai come oggi prima di parlare bisogna “sapere”, bisogna conoscere le leve che muovono la società e gli effetti che ne derivano. Sulla conoscenza dobbiamo basare il nostro pensiero e le nostre azioni. Qualcuno disse che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, io dico che al giorno d’oggi tra il dire e il mare c’è di mezzo il pensare. Conoscere la povertà Tutto quanto detto vale per tutti gli aspetti che caratterizzano la nostra società, tra questi ovviamente vi è anche la povertà. La povertà al giorno d’oggi è il prodotto di una fitta rete di cause. Al giorno d’oggi non si può più parlare di “povertà” come categoria ma dobbiamo parlare di “poveri”,

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società

A LA POVERTA'’ IA REGGIO EMIL

mettendo al centro la persona con la sua complessità, dignità e diritti. Per conoscere i poveri è necessario rivolgersi a coloro che tutti i giorni, da svariati anni, sono a contatto con loro. Vi sono molti soggetti sia pubblici che privati che ascoltano i poveri e i loro problemi. Tra questi possiamo citare la Caritas nazionale italiana che coordina le Caritas diocesane. All’interno della Caritas diocesana di Reggio Emilia vi è il “Centro di Ascolto delle povertà” sito in via dell’aeronautica. Questa realtà è stata aperta 15 anni fa e da allora non ha mai smesso di accogliere ed ascoltare persone in difficoltà. Attualmente oltre alla responsabile vi lavorano tre dipendenti più un nutrito numero di volontari. Conoscere la povertà a Reggio Emilia Lo scopo del Centro di ascolto non è solo quello di accompagnare i poveri in un progetto di rinascita (lavorando sempre in sinergia con i servizi pubblici), ma anche quello di proporre alla cittadinanza (ai giovani di un qualche gruppo, ecc.) di collaborare nella presa in carico di queste problematiche. In quest’ottica ogni anno il Centro di ascolto redige un dossier sulla povertà a Reggio Emila, questa pubblicazione si basa unicamente sui dati raccolti durante l’anno di attività precedente. E’ questa la fonte da cui traggo le informazioni per proseguire questo breve articolo, per cercare di descrivere il fenomeno della povertà nella Provincia di Reggio Emilia. L’ottica di osservazione è dunque attendibile ma parziale, essa potrebbe essere integrata con le osservazioni di altre realtà presenti sul territorio. La povertà a Reggio Emilia (dall’osservatorio del Centro d’ascolto della Caritas) I dati dell’ultimo dossier pubblicato si riferiscono all’anno solare 2009 (ne riportiamo, per ragioni di sinteticità, solo alcuni). Quest’anno sono passate 2022 persone, ovvero il 28 percento in più rispetto all’anno precedente. E’ possibile stilare una classifica dei principali bisogni richiesti dalle persone al Centro di ascolto. Il numero fra parentesi si riferisce alle richieste che possono essere più di una per ogni individuo, questo è il motivo per cui il numero delle richieste è superiore al numero delle persone che si sono presentate al Centro d’ascolto. Problemi economici Lavoro Alloggio Istruzione Immigrazione TOTALE BISOGNI

18 aprile 2011

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(1674) (1575) (512) (489) (601) (5189)

Ed ora uno sguardo specifico sulle persone che si presentano al Centro d’ascolto di nazionalità italiana, riportiamo qui di seguito il riepilogo: N° persone: 299 (+28,3%) Percentuale persone “nuove” (prima volta che si presentano): 65,2% Sesso: maschi (70,9%) Età: la metà si collocano fra i 35 e i 54 anni Fratture famigliari (separazione, divorzi, ecc.): interessano il 20,9% delle persone Poveri lavoratori: oltre il 25% delle persone incontrare hanno un reddito (stipendio o pensione), ma non è sufficiente Senza fissa dimora: oltre il 25% Come la crisi economica ha inciso sulla povertà a Reggio Emilia La crisi economica ha fatto emergere alcune tipologie di povertà, le riportiamo qui di seguito: Poveri della “prima volta”: con questo termine si intendono coloro che non hanno mai fatto ricorso ai servizi Caritas prima dell’avvento della odierna crisi economica. Si tratta per lo più di italiani appartenenti al cosiddetto “ceto medio-basso” che sono scivolati lentamente nella povertà. Prima della crisi queste persone riuscivano a “sbarcare il lunario” al pelo. Il loro approccio con il Centro di ascolto è frutto di un percorso difficile di presa d’atto della propria situazione, in cui spesso l’accesso ai servizi Caritas viene vissuto interiormente come un fallimento, uno “stigma” negativo di cui ci si deve vergognare. Poveri di “ritorno”: si tratta di quelle persone, in maggioranza straniere, che già erano state incontrate dal Centro d’ascolto negli anni scorsi, nel momento in cui avevano intrapreso un percorso migratorio individuale. La successiva decisione di ricongiungere i propri famigliari era stata motivata dal raggiungimento di una autonomia finanziaria (fondata però sui lavori interinali, lavori precari, ecc.). Questa categoria è stata la prima che la crisi ha fatto spostare verso la povertà e sarà molto difficile invertire la tendenza. Si è inceppato il progetto di vivere nell’autosufficienza finanziaria, essi sono ricaduti in una situazione di forte precarietà sia lavorativa che abitativa. I “quasi” poveri di ieri: si tratta di persone che pur non avendo mai avuto accessi ai servizi Caritas, o avendone usufruito saltuariamente nei periodi di maggiori difficoltà, hanno sempre “tirato avanti”, grazie ai piccoli arrotondamenti al reddito. La crisi ha comportato una riduzione delle ore di straordinario, un calo della richiesta di lavori di pulizie ad ore, di servizi di babysitteraggio.

I poveri “consumati” dai meccanismi finanziari e dal gioco: con questo termine si intendono persone che per varie ragioni hanno avuto un accesso facile e spesso semplicistico al sistema creditizio slegato da qualsiasi ipotesi progettuale concreta. Le ragioni sono le più svariate, da chi lo ha fatto per acquistare beni di consumo, a chi vi ha fatto ricorso attratto da un sistema pubblicitario sempre più invasivo, creando in esse nel giro di pochi mesi, una vera e propria dipendenza dal gioco. Il più delle volte queste persone hanno acquisito una forte dimestichezza nel richiedere prestiti che le ha portate a perdere il concetto della realtà. I 4 punti elencati sono le macrotendenze nuove evidenziate dall’osservatorio del Centro d’ascolto emersi in seguito alla crisi economica. I suoi operatori hanno elencato molti altri fenomeni (es. la difficoltà per gli uomini di stare a casa tutto il giorno dal lavoro, il costo degli affitti, ecc.) ugualmente importanti ma meno significativi. Una approssimativa conclusione Tra il dire e il fare c’è di mezzo il pensare. L’attuale crisi economica è sgorgata da una foce molto complessa, essa è difficile da comprendere. Nonostante ciò capire cosa è successo è l’unica strada per impostare un cammino di vera rinascita, fondata su basi solide e non sugli errori che hanno permesso l’attuale crisi. Tutte le forze sociali, compresa la componente politica, dovrebbero darsi il tempo prima di agire di pensare qual è la strada migliore per poter impostare una società più equa dove la giustizia sia la regina incontrastata. Devo ringraziare per la stesura di questo articolo il mio collega Alberto Pighini (responsabile dell’osservatorio della Caritas diocesana) profondo conoscitore della povertà a Reggio Emilia.

Matteo Gandini


estero

Guerra in Libia

le matrici delle rivoluzioni contro i rais del Maghreb Dare al fuoco il tragico compito di fornire la risposta alla violenza della sopraffazione, che subiscono le parti più giovani delle società arabe, è divenuta ormai una pratica talmente diffusa, che indagini recenti indicano come i casi o i tentativi di suicidio col fuoco rappresentino oltre il 15 percento dei ricoveri ospedalieri. Pur tuttavia il ciclo storico, che la Tunisia e i Paesi vicini stanno vivendo, riveste ancora una caratteristica quasi familiare, nel senso che il movimento rivoluzionario risulta assolutamente spontaneo e si estende costantemente, aggregando le fasce sociali più diverse. La spontaneità che ha caratterizzato i movimenti rivoltosi di piazza, con risultati imprevedibili e senza una vera leadership politica, ne ha favorito il successo. Se le rivolte popolari fossero state più organizzate, dirette da un partito o da un movimento organizzato di opposizione, molto probabilmente sarebbero state schiacciate sul nascere dai regimi regnanti, attraverso un ben organizzato soffocamento poliziesco. Movimenti uniti dalla sola logica del malcontento, una volta diffusi tra la gente, anche attraverso Facebook e Google earth, sono riusciti, in meno di un mese, a rovesciare la dittatura di Tunisi, che durava ormai da un quarto di secolo e ad accendere fuochi di rivolta in tutti i Pae-

si dell’Africa settentrionale e del Medio oriente. La scelta che hanno dovuto fare o che debbono fare i rappresentanti delle masse in rivolta, è oggi duplice: o ci si accontenta di raccogliere i “guadagni” di democrazia accumulati dalle sommosse popolari, oppure si deve tendere a cambiare radicalmente le situazioni precedenti, puntando ad un cospicuo rialzo dei risultati politici conseguiti. E’ stato facile, peraltro, constatare come i fautori o meglio gli iniziatori delle rivolte, siano oggi la vera debolezza nel cambiamento: la mancanza di veri di dirigenti e l’assenza di un realistico programma politico, ha impedito agli improvvisati rivoluzionari di farsi carico della società, dopo averne rovesciato i vari dittatori e di garantirne la transizione verso un regime democratico e ordinato. In effetti i primi giorni, che hanno seguito la rivolta popolare e la destituzione dei rais, si sono dimostrati pericolosamente caotici. Liberate dal giogo della censura e dai controlli polizieschi, le organizzazioni politiche di opposizione si trovano improvvisamente sul palcoscenico della politica. Queste formatesi spesso alla scuola della clandestinità, segnate, inevitabilmente, dalle proprie derive settarie, sono costrette a trovare improvvisati e provvisori accordi tra i più diversi gruppi di opposizione, anche perché la piazza non

tace ancora, forte della scelta di puntare al massimo livello dei risultati rivoluzionari. Un militante della rivolta interpellato in piazza afferma: “Non è perché hai tagliato la cima di un albero che le sue radici sono state sradicate”. In questo momento una frazione della società (la borghesia liberale) in quei Paesi che hanno esautorato i vari rais o che lo stanno per fare, si sta attivando col fine di fare scorrere il fiume del sociale nel suo vecchio letto; un’altra parte della società (la popolazione rurale, impiegati senza futuro, disoccupati, studenti desclassati) punta su una forte valorizzazione degli effetti ottenuti dalla marea protestataria, auspicando che venga spazzata via non solo l’autocrazia invecchiata, ma anche il rispettivo clan di accalappiatori. Avere rischiato la vita per consentire ad altri di perpetuare lo stesso sistema, magari artatamente ripulito, non può essere più accettato, anche perché i popoli arabi si stanno scrollando di dosso il giogo della fatalità. La lotta politica, iniziata contro dittature personalizzate, chiede, inevitabilmente, che la stessa venga estesa anche contro il dominio economico di una stantia oligarchia. Evidentemente tale finalità non trova legittima condivisione da parte dei mercati finanziari e, in particolare, da parte del

aprile 2011 19 notiziario anpi


estero

le matrici delle rivoluzioni contro i rais del Maghreb

Scontri in Libia

Proteste in Barhein

20 aprile 2011

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Fondo monetario internazionale (FMI), che si sentono tutti fautori di una libertà diffusa, ma che interessi principalmente la circolazione dei capitali, il turismo e il mantenimento di zone franche. Infatti, oggi la Tunisia “liberata” viene declassata dall’agenzia di rating Moody’s giustificandola con “l’instabilità del Paese in seguito al recente, inatteso cambio di regime”. In tali, confusi contesti nasce, tra gli altri, il timore che l’Islam integralista prenda il potere nei Paesi in rivolta, evento questo solo marginalmente considerato dalle diplomazie che contano, visto lo scarso ruolo che gli islamici estremisti hanno goduto nelle vicende reali succedutesi nei Paesi in rivolta, tanto che Washington, rassicurato, ha abbandonato i regimi governanti alla loro sorte, fidando nell’esistenza di un’alternativa liberale, decisamente borghese e anti integralismo islamico. Permangono ancora, peraltro, tanti detonatori, sparsi nei Paesi arabi “pacifici”, pronti però ad esplodere in seguito alla crescita economica sperequata, ad alti livelli di disoccupazione, ad apparati polizieschi ipertrofici, a giovani istruiti ma senza futuro, ed a borghesie parassite, le quali conducono vita da turisti nel proprio Paese. Lo scoppio imprevisto e tragico di uno di questi, in un Paese, prima apparentemente tranquillo come la Libia, ne è la cocente ed evidente dimostrazione. La violenta reazione militare di Tripoli seguita ai moti rivoluzionari della maggioranza del popolo ha dato un nuovo, diverso risvolto ai movimenti popolari contro dittature dispotiche. La debole reazione dei Paesi europei e lo scarso appoggio dato ai sommovimenti popolari, mantenendo la fedeltà, fino a quando ciò è stato possibile, alle consolidate dittature dei Paesi del Nordafrica, ha avuto una netta se pur tardiva reazione, decisa peraltro dall’ONU, dando il via alla “no fly zone” quando Gheddafi è tornato ad essere il feroce tiranno dichiarando che “ non avrebbe avuto pietà per gli insorti” e avrebbe portato a termine il mattatoio di Bengasi. Tutti i titubanti, gli indecisi, i formalisti si sono trovati di fronte ad una verità che ha spinto a muoversi con la forza al fine di proteggere

quello che restava del movimento insurrezionale e di non assistere ad una strage, degna di quella che Saddam compiva contro le tribù sciite irrequiete. Gli appelli all’aiuto rivolti al mondo contro la repressione di Tripoli, non provenivano da focolai di Al Quaeda, ma erano la voce di una gioventù libica, cresciuta nel sogno di Internet, ma pronta a pagare con il proprio sangue la liberazione dal potere tirannico di Gheddafi. La risposta dell’ONU c’è stata, si è dispiegata in vaste operazioni militari, che hanno trasformato, peraltro, l’intervento umanitario in una serrata caccia a Gheddafi, forse per fare penitenza di maldestri baciamano. L’esperienza del passato, nel contesto del tentativo di appoggiare le nuove forme di democrazia nei Paesi arabi da parte dell’occidente, anche con interventi di aiuto militare, non deve far dimenticare che i regimi autoritari tendono a creare tra di loro sodalizi ed alleanze di reciproco aiuto per mantenere il potere. Lo dimostrano chiaramente gli ultimi eventi sia del Bahrein, ove l’Arabia Saudita e altri staterelli del Golfo, appoggiano con consistenti aiuti militari Manama contro gli sciiti che sfidano da mesi il regime di Khalifa, sia dello Yemen ove il regime yemenita di Ali Saleh è sostenuto da truppe lealiste esterne al Paese, che fanno stragi dei dimostranti popolari delle tribu Nahd, trascurando gli appelli e le “minacce” di Hillary Clinton. Tornando alla Tunisia, il cui movimento popolare ha dato il via alla diffusione dei sommovimenti in tutti gli Stati del Maghreb, si può affermare che tale diffusione non si fermerà se la società, nata dalla rivoluzione popolare, potrà dimostrare una vera capacità di democratizzare il Paese. Se tale condizione non si verificherà nel Paese e nei paesi vicini, si rafforzeranno i regimi autoritari, che ancora resistono alle spinte di democrazia, generate dalle forti proteste e dai sommovimenti di piazza. Il poco tempo che rimane all’Occidente per dare una degna risposta di sostegno a tutte le forze popolari e democratiche dei Paesi arabi, senza avviare inutili guerre, è tutto quello che resta per non trasformarsi nel nemico della civiltà e della libertà nel mondo arabo, quando è quello stesso mondo a chiederlo. Bruno Bertolaso


generazioni

Carmen Zanti con il marito prof. Alighiero Tondi

Carmen, durante la Resistenza, è in montagna a fianco del padre come staffetta, con delicati incarichi. Continuerà nel suo ruolo anche dopo la perdita del padre e viene quindi trasferita a Milano per ragioni di sicurezza. Là si trova con mia madre, Zelina Rossi di San Michele di Bagnolo e la mitica Laura Polizzi Mirka (recentemente mancata), staffette presso il CLN Alta Italia. Dopo la Liberazione la Zanti si impegnò nella vita politica ed assunse l’importante incarico di segretaria della Federazione internazionale delle donne democratiche, per coordinare e dirigere la politica femminile per l’azione di liberazione, di emancipazione della donna a livello internazionale e per assicurare asili e servizi alle donne, onde poter esercitare il diritto al lavoro. Nel 1963, fu parlamentare alla Camera e poi al Senato, battendosi sempre per i diritti femminili e la ricostruzione del nostro paese. Carmen, dopo la Liberazione, frequentava

Carmen, nata a Cavriago nel 1923, vive in Francia per 14 anni, perché il padre deve sfuggire all’arresto dei fascisti. Dal 1940 è in Italia, vivendo in miseria con il padre in confino, poi dirigente comunista partigiano, catturato, torturato e fucilato nel gennaio 1945. la nostra casa. Io ero una bambina e avevo soggezione di questa figura internazionale così diversa da noi contadini mezzadri, che vivevamo in grande ristrettezza. Una donna educata, sensibile, molto colta e raffinata: cercava le cose semplici della campagna, l’orto, la vigna, si interessava della gestione della stalla, voleva assistere alla mungitura a mano delle mucche ed assaggiare il latte appena munto. Cose che noi figli di contadini non valorizzavamo perché date per scontate e sinonimo di arretratezza e miseria in quegli anni. Le piaceva sempre parlare di politica, desiderava non perdere il contatto con le proprie origini e cercava di capire la lotta dei contadini, le difficoltà che bisognava superare dandosi obiettivi politici. Aveva un cruccio e non si dava pace: non solo il vescovo Socche ai tempi della lotta di Liberazione non aveva mosso un dito per salvare suo padre dalla fucilazione, ma nemmeno dopo la Liberazione egli volle aprire gli archivi per far conoscere il tormento vissuto da suo padre duran-

te la prigionia e la tortura. Queste verità Carmen non riuscirà mai a saperle, nemmeno durante i suoi anni di parlamentare e nemmeno tramite l’intercessione di suo marito l’architetto prof. Alighiero Tondi, ex padre gesuita ed ex vice direttore dell’Istituto di cultura religiosa superiore della Pontificia università gregoriana. La chiesa allora era schierata con i potenti, copriva incongruenze e ingiustizie. Pensando alla figura di Carmen Zanti, come a quella della Iotti, sua contemporanea, mi vien da dire che allora il movimento politico promuoveva le donne migliori, con pulizia morale, onestà ed un bagaglio professionale di grande rilievo. Oggi si promuovono le escort che pullulano attorno al PDL, vanno a ricoprire incarichi politici dopo aver fatto divertire il Presidente ed il suo entourage… Torniamo ai sani principi della politica pulita e della degna rappresentanza esercitata dalla colta Carmen Zanti. Anna Salsi

aprile 2011 21 notiziario anpi


I T N O NI C C A R TIGIA PAR

generazioni

unia a diai r o t s iciz am

Bruna e Irma se ne sono andate insieme, a quarantotto ore una dall’altra, ai primi di dicembre dello scorso anno, dopo aver combattuto con dignità a Villa Diamante a Campegine la loro battaglia contro la malattia. Non si conoscevano quando si erano incontrate in casa protetta, eppure erano accomunate dallo stesso percorso di vita. Bruna Pecchini, mia madre, aveva vissuto tra Godezza di Poviglio, dove era nata, Villa Seta di Cadelbosco Sopra, dove era andata ad abitare dopo il matrimonio, e Sant’Ilario, dove aveva trascorso la maturità e la vecchiaia. Irma Gibertini invece era di Sassuolo, in provincia di Modena, dove aveva vissuto gran parte della sua vita prima di trascorrere gli ultimi anni a Campegine vicino a Renzo, il figlio più giovane.

22 aprile 2011

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Bruna si era sposata con Bruno Manzotti all’inizio del 1940 ed era entrata a far parte della sua famiglia, contadina e antifascista, che comprendeva, oltre i genitori, anche i fratelli Jofre e Jaurès. Dopo pochi mesi dall’entrata in guerra dell’Italia, Bruna diede alla luce mio fratello Flavio. Tutti e tre i fratelli furono dopo poco tempo arruolati e inviati in Grecia e in Iugoslavia. Bruna rimase sola con gli suoceri a condurre il podere. E venne finalmente il 25 luglio e poi l’8 settembre 1943. Jofre e Jaurès riuscirono a tornare a casa mentre Bruno venne internato dai tedeschi in un campo di prigionia in Cecoslovacchia per essersi tra i primi rifiutato di aderire alla Repubblica sociale e lì rimase fino alla fine della guerra. Tutta la famiglia entrò a far parte della Resistenza.


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Jaurès prese la via dei monti dove divenne commissario di una formazione partigiana mentre Bruna entrò nelle SAP e divenne staffetta. “Quando mi fu chiesto di collaborare con i partigiani – ricorda in una sua testimonianza scritta – fu per me una grande gioia. Come staffette avevamo il compito di portare messaggi e ordini, trasportare materiali, aiutare a trovare case di latitanza. Dovevamo muoverci con prudenza e usare sempre le parole d’ordine”. Rivide il marito solo a guerra finita quando Bruno rientrò in Italia. Era il giugno del 1945 e tutti i componenti della famiglia erano quel giorno nei campi per la mietitura. “Stavamo mietendo – racconta Bruna – quando vidi arrivare Ferruccio, un cugino. C’era, secondo me, qualcosa di diverso nel suo modo di camminare, nel suo comportamento. Lasciai cadere a terra la falce e cominciai a correre verso di lui chiedendogli che cosa c’era di nuovo. Lui, quasi con un filo di voce, col groppo in gola, mi disse: “E’ arrivato Bruno”. Presi la bicicletta e pedalai forte quasi a scoppiare, inseguita da mia suocera che mi urlava di andare più piano. E finalmente potei riabbracciarlo dopo quasi tre anni che non ci vedevamo”. Anche Irma si era sposata molto giovane con Antonio Bondavalli che in seguito fece parte di uno dei primi gruppi partigiani dell’Appennino modenese, quello dei sassolesi. Bondavalli partecipò il 7 gennaio 1944 ad una delle prime azioni partigiane: il disarmo della caserma dei carabinieri di Pavullo.

A seguito di quell’azione, Irma, assieme alle mogli di altri partigiani sassolesi, venne arrestata a Sassuolo e, nonostante avesse due figli piccoli e fosse incinta, venne portata in prigione a Modena e poi internata nel campo di Fossoli dove rimase tre mesi. Grazie ad un congedo di due giorni per andare a trovare i figli, riuscì a fuggire e a raggiungere la montagna per unirsi ai partigiani. Fece la staffetta durante la Repubblica di Montefiorino e fu costretta a partorire in un locale di fortuna, non avendo la possibilità di essere ricoverata in ospedale. Dopo la guerra la vita riprese per entrambe in un clima di libertà e di democrazia conquistate anche con il loro contributo e i loro sacrifici. Non fu una vita facile ma la speranza di conquistare nuovi diritti come donne e come lavoratrici spinse entrambe a partecipare alle lotte politiche e sindacali che anche in Emilia accompagnarono gli anni della ricostruzione e poi del boom economico. Bruna, dopo aver lavorato come contadina assieme a mio padre, si trasferì nel 1958 con la famiglia a Sant’Ilario dove conobbe il lavoro di fabbrica alla conserviera Cantarelli e poi alla Superbox. Irma lavorò in ceramica, dove ricoprì anche il ruolo di delegata sindacale. Entrambe crebbero i loro figli, Bruna assieme al marito, Irma da sola dopo la prematura scomparsa del consorte. Quando la mamma si è aggravata, spesso rimanevo accanto a lei fino a tardi e, dopo averle dato il bacio della buonanotte, passavo a salutare anche Irma. Una sera Irma, dopo avermi chiesto, come faceva

sempre, come stava la mamma, mi ha guardato e con tutto l’affanno che il suo respiro faticoso le procurava, mi ha detto: “Marzia, io e la tua mamma ce ne andremo insieme”. E così è stato. Come se, accomunate dagli stessi sacrifici, dalle stesse battaglie per gli stessi ideali, dovessero essere insieme anche a conclusione della loro vita e della loro storia. Non solo, com’è naturale, ho provato dolore per la scomparsa di mia madre e di Irma ma anche un’acuta sensazione di vuoto. Ogni volta che scompare qualcuno come loro, qualcuno di questa generazione straordinaria, che non solo ha combattuto per la libertà, ma ha scritto la storia dei nostri diritti e dei nostri doveri, sento lo stesso senso di perdita e di vuoto. E’ l’intera comunità che perde qualcosa di importante. E se poi mi soffermo a riflettere sul presente, questa sensazione è ancora più forte. Grazie a te, mamma, al papà, a Irma e a tutti quelli come voi che ci hanno mostrato quanto è importante la dignità di se stessi, il senso del sacrificio, l’impegno nel lavoro, l’onestà e il rigore morale, la passione per la politica perché sorretta da forti ideali, il senso del bene comune, dell’impegnarsi non solo per migliorare la propria vita ma anche quella degli altri, il tenere sempre presente i più poveri, gli ultimi, quelli che hanno meno diritti. Ci avete aiutato a distinguere quali sono i valori veri e profondi, quelli di cui in tanti sentiamo la mancanza nella realtà attuale. Marzia Manzotti

aprile 2011 23 notiziario anpi


cultura

LA VACCA ROSSA REGGIANA NEI RICORDI DEL RAG. EFFREM ROSSI Mettendo un poco di ordine nelle centinaia di lettere giuntemi in relazione alla mia lunga serie di pubblicazioni, ecco capitarmi tra le mani due lettere inviatemi nell’ormai lontano 1987 dal rag. Effrem Rossi del Pio Istituto Artigianelli, in occasione dell’uscita del libro che avevo dedicato alla Vacca Rossa: sua origine e presenza nell’economia e tradizione popolare reggiana. Ora, quando la mia teoria sull’origine della nostra Vacca Rossa reggiana, viene confermata da quasi tutti i zoologi (anche se in verità si dimentica spesso di citarne l’autore), rileggendo queste lettere spedite dal rag. Effrem Rossi, mi sono commosso nel sentire quant’egli abbia saputo interpretare con tanta sensibilità e cognizione il significato intimo di questa mia pubblicazione. Quindi a maggior prova di ciò ecco il testo della lettera inviata in data 3 luglio 1989 all’allora Sindaco di Campegine ed a me stesso, dopo la pubblicazione del libro. Riccardo Bertani

Il rag. Effrem Rossi ha coltivato per decenni, a lato della sua attività professionale, un particolare interesse per vari aspetti della storia locale, un interesse testimoniato da numerose pubblicazioni su “Il Pescatore reggiano”, “Il Filugello”, “Reggio storia”, “Strenna del Pio Istituto Artigianelli” (di cui fu per anni direttore). Suo è anche il volume Il cuore e la memoria, 380 pagine, pubblicato nel 1995 e dedicato a diversi personaggi della storia reggiana. Io lo ricordo anche come abbonato e attento lettore della rivista “Ricerche storiche” negli anni in cui ero l’insegnante “comandato” all’Istituto storico Resistenza (a.z.)

ampegine C i d o c a Sind ampegine landini C r , O a r lo a r e p g an Ca Sig. Pier Rimondella n° 1 azio i, Via ine: ringr à di g o Bertan e d p r a m c a ic C R Sig. mune di della prima met o C l e d e iana spes 9 8 a cura e ne contadina regg 9 a 1 it d o i e l g d e u tore della izio ni u L d a a t ’ a r r ll 3 e t a , B i a t o ll o i n e lime on è ia n card Regg e; e comp Infatti, il libro n loro ra di Ric uffo con la memor e in p o m r e a t s s a o olo. ca r tata un t te le iativa por ostro mondo agric nostra terra in tut arto, la e La vac possibilità di fare iz n io in z a ia c r li o b la el n ella pub merit , il p ggio Ia per avermi offerto la felice e e nella tradizione doria dei contadini d imento alla vacca otagonista. a r e m p o o t in t e o r re ut da lui dir cuna nel folclore , ma anche la st e; e poi, con rife a la principale pr che abbia e n Ho ricev nte autore ed edito u m o a la ettat sa er d al C , ma giana sentitame olo, rlandini e che ha colmato un tera provincia reg giose seguite e risp in cui, la vacca ros suto quel periodo O r o n ig c questo se enti al Sindaco S fatica letteraria ssa in auge nell’in a; le credenze reli lavoro dei campi abbia non solo vis ertani! teressato in e r v o a B t o o a e u t m r t s r s e h li o n o s c a p e a fatic equ vacc uno , sign in un Com ione per quest pprezzata ra gestita e chi la fr come si svolgeva il far pensare sia a esposizione: bravo volto a suo tempo autore? z a a c o t li n b a b t u p dal suo ordo della lla com’e etenza da e ed infine voro si è s nella sua solo un ric zioni di vita: la sta burro fatto in cas to realismo e comp uro e dettagliato ia perché il mio la l’impegno profuso fici sono in i a r s ic il g o a s n a t , d d s a , o n e a t e r d a le if n o io i co erio tiv gg rev min malg man , il forma ino quel p nto e scor ri, per mo dina ai minimi ter dei a lettura ere il tutto ie i d o d n mungitura ha saputo descriv ente quei lavori, ta hé ho vissuto da vic i interessati alla su mo ificio onta prezzare il o la popolazione c ati alla vita di sacr eggiana p a i d L’autore a svolto materialm ntusiasmo sia perc uanti saranno ogg o d t s ridot teres dina r in gra addirittur o il libro con vero e mi sono chiesto: q ttosto pessimista. cioè quelli meglio lle campagne, ha particolarmente in a della vita conta e Io ho lett agricolo. Ma poi mi sono dato è piu i di quel periodo, odo di lavorare n i allora e temo non cumentazione storic aco m in o e d d d h il al mon po la risposta c rticolare i conta er rivoluzionato i dalla mentalità na seria, valida do o) al Signor Sind ria. o E purtrop in genere ed in pa gresso, oltre ad av mille miglia lontan libro che rimane u amente già pensat i agricole di categ senza l La gente e scomparsi; il pro vi lavorano sono ente importanza a liare (ci avrà cert ti, alle associazion lla nostra provincia a t r s r m o n a a c o gran p giovani che an on toglie minim o pertanto di c iglioteche, ai sindacalclore contadino de er sempre. ed i pochi i. Tutto ciò però n ecolo. Mi permett ivi storici, alle bib della vita e del fo drebbero perduti p h loro vecch a metà di questo s azione ai vari arc documento storico ti e dimenticati, an luti. c ordiali sa c i della prim copia della pubbli ssa rappresenta un gi del tutto supera lt o m e enti di inviare unità Montana; e lti usi e costumi og , complim ie z a r g a o r Anco alla Com probabilmente, m , le a il qu 24 aprile 2011

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cultura

San Pellegrino narrata da Antonio Casoli Antonio Casoli, Contavamo i cavalli bianchi, Bastogi, Foggia 2010, pagg. 263, Euro 22,00

Con questo volume l’autore ha inteso ricordare e tramandare la memoria di una parte della città di Reggio Emilia e dei suoi abitanti. Il territorio protagonista del racconto di Casoli è quello identificabile con l’attuale viale Umberto I e le vie che ad esso confluiscono. Da prima della seconda guerra mondiale e fino al miracolo economico sono raccontati aneddoti e personaggi ormai quasi scomparsi, ma che rimangono ben vivi nella memoria dell’autore e degli abitanti di San Pellegrino. Valga per tutti il mestiere, coi suoi personaggi caratteristici, del birocciaio che viene a poco a poco scomparen-

do con l’avvento della motorizzazione di massa, simbolo chiaro di benessere, ma anche di un mondo che va scomparendo. Agli occhi del lettore torneranno alla mente anche la montata, il bar Rotonda, le case Bergomi, gli orti di guerra lungo il viale che per tanti anni ha ospitato anche una delle locomotive della CCFR. Oppure la cosiddetta “isola Maddalena”, sede di una nota locanda fino alla fine degli anni Cinquanta poi demolita per fare posto agli attuali edifici fra via Cassoli, viale Umberto I e viale dei Mille. Un quartiere ben strutturato, con i suoi personaggi, i modi di fare e di dire, come quello di “andare in città” che i suoi abitanti dicevano per indicare il centro storico quando era ancora fisicamente ben separato da San Pelle-

grino da prati e campi; un’espressione tuttora usata sebbene l’urbanizzazione abbia da tempo cancellato le distanze. Il filo conduttore di tutto il testo sembra essere il movimento di cose e persone che ruotano attorno al quartiere e ai suoi abitanti. Quello lento e sicuro dei birocciai che trascorrono la loro vita sulle rive del Crostolo, quello sbuffante della locomotiva esposta in viale Umberto I, simbolo della cooperazione reggiana, quello sferragliante dei tram che giungono a collegare San Pellegrino con il centro storico, fino alle nuove costruzioni degli anni sessanta e settanta che occupando lo spazio che separava il quartiere dal centro hanno congiunto città e periferia. Michele Bellelli

IL LIBRO DI AVIO PINOTTI Romano Prodi: “La ringrazio di cuore per avermi dedicato I racconti del Ribelle…” Il 27 febbraio u.s., a Fabbrico, in occasione della manifestazione commemorativa della battaglia del 27.02.1945, Avio Pinotti ha fatto omaggio, con dedica, a Romano Prodi, applauditissimo oratore nella circostanza, del suo libro autobiografico già segnalato su queste pagine pubblicando la prefazione di Antonio Zambonelli. Il 1 marzo successivo l’ex Presidente del Consiglio ha ringraziato Pinotti con la lettera manoscritta che qui pubblichiamo.

Bologna, 1 Marzo 2011 Caro Pinotti, Un libro che è ancora oggi una fresca testimonianza di un periodo eroico. Una lettura utilissima anche per fare oggi un esame di coscienza sul mantenimento (da parte nostra) delle speranze e degli impegni di allora. Con molta amicizia Romano Prodi

aprile 2011 25 notiziario anpi


cultura

6 marzo 2011. Al Centro insieme della Canalina (Reggio

di ieri e di oggi insieme

Presentato un progetto

«Tema dell’incontro “Esistere o resistere: memorie di donne della Resistenza a Reggio Emilia”. Si è voluto, in sostanza, rendere per la prima volta omaggio e doveroso riconoscimento alle tante donne, numerosissime staffette, partigiane, combattenti, patriote, che, nelle forme più diverse, e col proprio personale impegno, hanno reso possibile la vittoria della Resistenza al fascismo e nazifascismo nella zona del capoluogo che va da Rivalta, Coviolo sino a San Pellegrino…» Il 6 marzo scorso più di centocinquanta persone residenti nel quartiere di San Pellegrino (Circoscrizione Reggio Sud) donne e uomini, giovani ed anziani hanno partecipato al centro insieme di via della Canalina, in una bella giornata di sole e di annuncio della primavera, ad un incontro emozionante e coinvolgente, promosso dalla sezione ANPI di San Pellegrino, tramite il Coordinamento provinciale femminile, dal sindacato SPI CGIL unitamente alla Camera del lavoro Reggio Sud, in collaborazione con la Circoscrizione Reggio Sud e con l’apporto determinante della Rete degli studenti medi di Reggio Emilia. Tema dell’incontro “Esistere o resistere: memorie di donne della Resistenza a Reggio Emilia”. Si è voluto, in sostanza, rendere per la prima volta omaggio e doveroso riconoscimento alle tante donne, numerosissime staffette, partigiane,

26 aprile 2011

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combattenti, patriote, che, nelle forme più diverse, e col proprio personale impegno, hanno reso possibile la vittoria della Resistenza al fascismo e nazifascismo nella zona del capoluogo che va da Rivalta, Coviolo sino a San Pellegrino. Generazioni di donne che, irrompendo sulla scena pubblica, si sono assunte responsabilità anche nella fase della ricostruzione del tessuto democratico e civile locale, nello sviluppo delle lotte per l’emancipazione femminile e per la costruzione della rete dei servizi educativi, assistenziali, culturali, ricreativi, contribuendo in modo decisivo alla qualità dell’abitare, del vivere civile e delle relazioni sociali in quello specifico territorio. Ne è nato un primo ALBUM PARTIGIANO, che raccoglie foto di riconoscimento delle donne coinvolte, attingendo agli archivi dei cartellini di ri-

conoscimento conservati presso Istoreco e ANPI provinciale. Certamente tante donne, che pure hanno agito e contribuito, restano sconosciute, ancora non identificate e ci auguriamo che nel corso del progetto di ricostruzione della storia del quartiere sarà possibile, con la collaborazione diretta dei cittadini, raccogliere altri nomi, altre storie, altri eventi che hanno portato quel territorio ad avere una sua specifica identità, grazie al ruolo peculiare delle donne. Nell’incontro di presentazione del progetto, ricco di emozioni, suggestioni, riflessioni sono state raccontate, con l’aiuto di un video con le loro testimonianze, le storie di alcune protagoniste (Maria Montanari, Eva Lini, Lidia Valeriani, Rina Pivetti, Ione Bartoli, Loretta Giaroni). Le testimonianze, la lettura di poesie e documenti dei Gruppi di difesa della donna e l’intervento di Annita Malavasi


Emilia)

che guarda al futuro

cultura

A Reggio Emilia un album R(E)sistente Si è aperta – in occasione del 15° Congresso ANPI – una nuova stagione di progettazione e di editoria resistente a Reggio Emilia. Nuovi strumenti sono stati predisposti per accompagnare il lavoro della memoria resistente nei quartieri, nelle circoscrizioni del capoluogo a partire dalle esperienze e dalle urgenze del presente. Ne è nato un Album partigiano dedicato anzitutto alle donne che hanno combattuto la propria guerra di Liberazione e di emancipazione sul territorio, come partigiane combattenti, patriote, come staffette o senza alcun riconoscimento né civile né militare. L’esigenza, nata da un’idea del Coordinamento donne ANPI, dalla sezione ANPI San Pellegrino e dallo SPI CGIL (Lega 4a e provinciale) di attualizzare fonti archivistiche significative come i cartellini di fotoriconoscimento conservati presso gli archivi ANPI e Istoreco, è stata quella di restituire loro valore e dignità comunicativa d’avanguardia, soprattutto nei confronti di tutte le giovani generazioni, gli studenti, oltre che le famiglie di queste protagoniste della Resistenza e della nuova stagione democratica sul territorio.

Laila hanno contribuito a rievocare scenari e contesti. Veri e propri protagonisti dell’iniziativa sono stati i ragazzi e le ragazze della Rete degli studenti medi, che hanno curato la regia dell’evento in forma di “narrazione” teatrale, e che hanno saputo tenere insieme la memoria, la riflessione sul presente e l’immaginazione del futuro. I loro contributi hanno messo a confronto la realtà delle giovani di allora e quella di oggi, hanno parlato delle loro speranze ed aspirazioni, di come vorrebbero il futuro. Un futuro nel quale possano essere realtà e vita concreta valori universali ed ancora attuali: il rispetto per la persona umana, l’eguaglianza, la solidarietà e la responsabilità, valori che hanno animato le tante donne semplici e normali che hanno contribuito alla nostra libertà e ai nostri diritti e che animano ora la parte migliore della nuove generazioni di oggi. Le resistenti di ieri, vere e proprie “madri” della repubblica e della Costituzione, ci richiamano alle responsabilità delle generazioni per difendere e tutelare quei valori ed i diritti conquistati, ma l’incontro al Centro insieme dimostra che tanti giovani e ragazze di oggi sono già pronti a raccogliere il testimone. Eletta Bertani

L’Album mira a colmare una lacuna vistosa nelle azioni di riconoscimento collettivo di un territorio alle proprie madri fondative, a tutte coloro che hanno contribuito di persona alla rinascita della città, contribuendo con la propria biografia a chiudere il capitolo della guerra di Liberazione. L’Album partigiano, organizzato secondo il clichet delle figurine delle resistenti, da ritrovare e incollare – mito e attrazione per moltissime generazioni di giovanissimi di molte stagioni passate e presenti – ricostruisce in una galleria di memoria fotografica le donne (di cui abbiamo trovato traccia nella documentazione) che hanno partecipato attivamente alla ricostruzione democratica del territorio; ciò non esaurisce tuttavia un lavoro di riconoscimento collettivo più profondo e autentico, che potrà viaggiare anche attraverso l’oralità, i racconti, il passaparola che ancora vive tra i testimoni anche delle generazioni seguenti. L’Album partigiano appartiene a un progetto di riconoscimento collettivo più ampio dal titolo “Esistere o Resistere” che consiste in recupero di memoria presente attraverso documentari, interviste, azioni di rianimazione territoriale e di qualità dell’abitare democratico e partecipato, attraverso il pensiero e la pratica delle donne; un progetto che si intende riportare – se godrà di buona fortuna – su tutte le circoscrizioni e i territori del capoluogo e della provincia. Se non ora, quando? L’album partigiano è acquistabile anche presso la sede SPI CGIL lega 4a presso la Camera del Lavoro Reggio Sud di Via Bismantova, 7. Per informazioni, presentazioni e progettazione condivisa anche con gli istituti scolastici del territorio, si può telefnare all’ANPI provinciale (0522 432991) o alla Camera del Lavoro Reggio Sud, Via Bismantova Reggio Emilia (0522 457500)

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cultura

Ribellarsi è giusto “Indignamoci, come hanno fatto i nostri padri abbracciando gli ideali della Resistenza. La loro indignazione ci ha regalato un futuro migliore, la libertà, la Costituzione. Difendiamo questi diritti. Ricordiamoci che le conquiste non sono per sempre, e noi abbiamo il dovere di ridar loro vitalità”.

Novantatré anni, berlinese di nascita ma francese d’adozione, resistente durante la seconda guerra mondiale, deportato a Buchenwald e co-redattore della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. Questa breve biografia appartiene a Stéphane Hessel, che nell’ottobre scorso ha scritto un manifesto diventato, in pochissimo tempo, un caso letterario. Indignatevi! pubblicato da add Editore, (Indignez vouz! edito, in Francia, da una piccola casa editrice, Indigène Edition di Montpellier) è un monito alle giovani generazioni (e non solo) perché l’indifferenza ritorni ad essere “il peggiore di tutti gli atteggiamenti”. Poco più di trenta pagine, per ricordare che la Resistenza è nata dall’indignazione, e per esortare i giovani a ridare vita a questo sentimento. A loro dice “guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione…”. A 93 anni Hessel non è stanco. Parla del futuro. E ricorda che “la violenza volta le spalle alla speranza”. È la non violenza il motore della speranza. Cita Mandela e Martin Luther King, auspica che “le so28 aprile 2011

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cietà moderne sappiano superare i conflitti attraverso una comprensione reciproca e una pazienza vigile”. Salvaguardare i diritti, prima di tutto! E’ la loro violazione che deve provocare l’indignazione! E di motivi ce sono tanti. Il trattamento disumano riservato agli immigrati, ai senza tetto, ai rom, ma anche una politica che aumenta il divario fra molto ricchi e molto poveri, che mette in discussione lo stato sociale, che permette che i media siano nelle mani di pochi. Parla della Francia di Sarkozy, ma il monito di Hessel è più che mai attuale anche in Italia. Più volte dalle pagine di questo giornale ho espresso la mia rabbia nei confronti di una linea politica dettata dalla maggioranza di governo che calpesta giorno per giorno i diritti fondamentali dell’uomo. Lo fa con i continui attacchi alla nostra Costituzione, con un’informazione deviata, con delle leggi palesemente razziste.

Leggere Hessel ridà speranza. “Ha provocato il risveglio di un popolo, finora molto passivo”, ha detto di lui il filosofo Edgar Morin. Abbiamo il dovere ribellarci! Di ribellarci a questa politica che gioca senza scrupoli sulle nostre vite, sulle vite di chi scappa dai conflitti e di chi è vittima della nostra ignoranza, che alimenta l’intolleranza e le guerre fra poveri, che volutamente aumenta le incertezze e le insicurezze per renderci più deboli in questo momento così delicato per la società. Indignamoci, come hanno fatto i nostri padri abbracciando gli ideali della Resistenza. La loro indignazione ci ha regalato un futuro migliore, la libertà, la Costituzione. Difendiamo questi diritti. Ricordiamoci che le conquiste non sono per sempre, e noi abbiamo il dovere di ridar loro vitalità. Anna Fava


La preparazione al Viaggio della Memoria di Istoreco

800 studenti al Teatro Ariosto applaudono i partigiani reggiani

cultura

Da sinistra; Matthias Durchfeld, Giovanna Quadreri, Giacomina Castagnetti e Fernando Cavazzini

Giacomina Castagnetti, Giovanna Quadreri e Fernando Cavazzini Il racconto di “un gesto naturale”. Nella mattinata di martedì 1° febbraio oltre 800 studenti si sono ritrovati al Teatro Ariosto di Reggio Emilia per ascoltare le testimoniane di Giacomina Castagnetti, Giovanna Quadreri e Fernando Cavazzini, tre reggiani che prima si sono opposti alla guerra, a rischio della propria vita, e poi si sono uniti alla Resistenza. Quella andata in scena il 1° febbraio al Teatro Ariosto è stato uno dei quattro momenti di preparazione del Viaggio della Memoria 2011, che ha portato quasi mille reggiani in visita a Berlino, la capitale della Germania oggi e cuore del potere nazista durante la seconda guerra mondiale. Il primo protagonista avrebbe dovuto essere Ludwig Baumann, novantenne tedesco di Brema, disertore della Wehrmacht del 1942 e fondatore dell’Associazione delle vittime della Giustizia Militare Nazista. Ma Baumann, a causa di seri problemi di salute, non ha potuto raggiungere Reggio Emilia e il suo posto è stato preso con grande disponibilità e generosità da Giacomina

Castagnetti, Giovanna Quadreri e Fernando Cavazzini, che hanno raccontato ai ragazzi reggiani la loro esperienza. Quest’anno il Viaggio della Memoria è proprio dedicato al ripudio della guerra ai tempi della guerra. Giacomina Castagnetti, proveniente da una famiglia antifascista, è stata fra le fondatrici dei Gruppi per la Difesa della Donna, e fra le più impegnate a convincere i giovani reggiani ad abbandonare la divisa visto il disastro che la guerra provocava in tante, tante famiglie. Giovanna Quadreri di Marola, nel 1943, si recò in bicicletta a Ferrara a soli 16 anni per raggiungere il fratello e altri amici, tutti sotto le armi, e aiutarli a disertare, fornendo loro vestiti civili per poter fuggire dalla caserma. Negli anni della Resistenza, ha combattuto come staffetta, lavorando per il comando alleato a Secchio di Villa Minozzo. Fernando Cavazzini, giovane e promettente operaio delle Reggiane, partecipò nel luglio del 1943 alle manifestazioni della fabbrica, deciso a non produrre più armi per la guer-

Il teatro gremito di studenti

ra in corso. E dopo salì sui monti reggiani, prendendo parte alla lotta partigiana con il nome di battaglia “Tony”, capo di una leggendaria squadra di sabotatori. I tre hanno parlato della loro scelta di rifiutare la guerra, e della loro attività per convincere anche altri giovani come loro a rifiutare quell’orrore. “E’ stato un gesto naturale, non è stato necessario pensarci molto”, hanno detto nel corso dell’incontro, iniziato con le domande proposte da Matthias Durchfeld di Istoreco, coordinatore del Viaggio della Memoria e proseguito con tantissime domande degli studenti reggiani, entusiasti dei racconti dei protagonisti e della loro vivacità. Il Viaggio della Memoria vero e proprio si snoderà in tre diversi Viaggi, di cinque giorni ciascuno, che coinvolgeranno in totale un migliaio di persone. I tre Viaggi si sono svolti dal 15 al 19 febbraio, dal 22 al 26 febbraio e dall’1 al 5 marzo. Adriano Arati

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cultura Viaggio della Memoria 2011 a Berlino Un Viaggio unico, impegnativo quanto difficile. Sabato 5 marzo è terminata l’esperienza a Berlino del Viaggio della Memoria 2011 di Istoreco, che dalla metà di febbraio alla prima settimana di marzo ha portato mille reggiani, quasi tutti studenti delle superiori, in visita a Berlino, ai campi di prigionia della zona e ai luoghi simbolo del nazismo e della guerra fredda. In ognuna delle tre tornate le ragazze e i ragazzi in Germania hanno formato una piccola redazione di viaggio per elaborare nottetempo la loro esperienza. Diversi articoli si potevano leggere sulla “Gazzetta di Reggio” oppure su www.istoreco.re.it, e ora la collaborazione stretta fra Istoreco e ANPI durante la preparazione al viaggio (vedi articolo sulle testimonianze) continua con la pubblicazione di alcune riflessioni degli studenti.

“Oh che sensuale e travolgente signora che sei Berlino, più volte il tuo volto è stato sfregiato violentemente con un lungo coltello. Quello che ti rimane ora è una cicatrice, così profonda e maledettamente indelebile formata da cemento e sangue, da lacrime nere e sguardo vuoti. Quanto sei coraggiosa mia cara Berlino, resistente e vivace. La tua pelle odora di sudore e fatica, lo sento il tuo cuore pulsante e vivo che mi contagia, mi emoziona e mi fa vibrare l’anima. Queste parole sono per te città dai mille colori, e per voi, con cui ho conosciuto altri aspetti della storia. Per non dimenticare. Mai”. “E’ stata un’esperienza molto interessante e coinvolgente, specialmente la visita al lager femminile di Ravensbrück perché ho potuto immedesimarmi davvero nelle deportate e anche nelle sorveglianti, comprendendo la meccanica di un campo di concentramento: una vera e propria industria di morte”. “Quando siamo partiti c’era la neve e ci lamentavamo per il peso delle valigie. La voglia era troppa di partire per questo viaggio così importante, troppa era anche la voglia di stare insieme e lasciare a casa tutti i pensieri e le preoccupazioni riguardanti l’esame di maturità. Bene, ora siamo stiamo rientrando a casa e tutti i pensieri precedenti, tutto quelli che a noi sembrano essere enormi e irrisolvibili, appaiono successivamente piccoli. Questa esperienza ci ha fatto crescere e riflettere su quanto la crudeltà dell’uomo può diventare insopportabile. Ci sono state persone che hanno vissuto situazioni indescrivibili, impensabili e noi, andando nel campo di Ravensbrück siamo riusciti a capire la crudeltà di tutto: fame, sete, scarsa igiene, vergogna, torture, violenza, odio… queste sono le parole giuste per descrivere l’orrore e non sono nemmeno abbastanza. Per questa ragione dobbiamo ringraziare chi è riuscito ad organizzare questo viaggio. Davvero, grazie di tutto”. “Ravensbrück. Un luogo desolato, fuori dal mondo, malinconico. Entriamo calpestando quel terreno che circa 60 anni fa, prima di noi, scricchiolava sotto il passo stanco di migliaia di depor30 aprile 2011

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tate. È freddo. Un freddo gelido che penetra nelle ossa e ci costringe a rabbrividire. Tremiamo sotto ai nostri piumini, i nostro maglioni pesanti, siamo vestiti a strati eppure abbiamo freddo. Allora basta un attimo per ricordare che in quello stesso luogo, con quello stesso clima, migliaia di persone andavano vestite con una sola divisa non certo adatta a proteggere quei corpi fragili. Nel mentre la guida racconta dei lunghi appelli durante i quali si era costretti a stare in piedi anche per ore. Proibito qualunque mezzo per cercare di difendersi dalla rigidità del clima. Uniamo la fame, la stanchezza, la paura, gli stenti, le malattie non serve molto per capire fino a che punto la crudeltà umana riesca ad arrivare. Non è possibile comprendere lo stato d’animo di un prigioniero in un campo di concentramento, è completamente fuori da ogni logica umana, soprattutto per noi abituati a lamentarci pur possedendo anche più del superfluo”.

“Un nodo stretto in gola per le assurdità umane, lo stomaco era chiuso davanti al sangue versato su quel terreno arido tanto d’erba quanto d’umanità; gli occhi rimanevano lucidi e bagnavano disperati la baracca con lacrime d’angoscia mista a rabbia. Ancora oggi è obbligo chiedersi il perchè ed è obbligo chiedersi anche di quanto sangue ha ancora bisogno l’egoismo umano. Le parole non bastano per comprendere ciò che hanno vissuto milioni di deportati. I campi di concentramento, i luoghi della memoria, devono essere visitati di persona. Bisogna sentire sulla propria pelle ogni ingiustizia subita da qualsiasi uomo sulla faccia della terra, bisogna saper tremare d’indignazione davanti ad ognuna di queste ingiustizie. Siamo noi che dobbiamo portare avanti e raccontare alle generazioni future ciò che successe allora. Noi abbiamo la fortuna di sentire testimonianze di persone che hanno lottato, che sono scappate, che sono sopravvissute a questo orrendo sterminio. Noi oggi abbiamo dunque la responsabilità, anzi, il dovere e l’obbligo morale di portare avanti la MEMORIA”. “Un viaggio, un’ esperienza forse anche qualcosa di più. Qualcosa che ti fa ragionare, capire e illumina quello che prima non riuscivi a vedere. Ed è qui che oltre al couscous, nachos, le bir-


cultura re, le chiacchierate nei corridoi a notte fonda e le risate, c’è lei, quella luce che illumina ogni cosa del passato e che illuminerà il tuo cammino futuro. Perché senza passato non c’è futuro, l’uno la conseguenza dell’altro, l’uno l’esperienza da cui devi imparare e migliorare per fare sempre meglio. Poche parole forse, le stesse che sono servite a Ravensbrück davanti a quel lago che è anche la culla delle ceneri di migliaia di ebrei, per far accendere in me quella luce.. che illumina ogni cosa del passato”.

“Un’aspetto che ci ha molto colpito è la continua “ostentazione” della storia. Infatti la maggior parte dei monumenti, se non tutti, sono collegati direttamente o indirettamente al periodo pre e post nazista. Abbiamo utilizzato il termine “ostentare” perchè i monumenti cittadini, come quello dedicato agli ebrei sterminati, sono enormi, frequenti e centralizzano l’intera attenzione sulle vittime della seconda guerra mondiale. Berlino, inoltre, è straordinariamente disciplinata, pur essendo una delle capitali più popolose. Estremamente grande ma estremamente accogliente, Berlino, nonostante le caratteristiche metropolitane, ti assorbe nella sua dimensione: è multietnica, offre locali, divertimento, cultura ma soprattutto molteplici opportunità per il mondo giovanile. Berlino è vivace, poliedrica, frizzante”. “Cosa pensano i ragazzi di oggi di ciò che è venuto prima di loro, di un periodo buio della storia, una macchia? Certo, non tutti sono informati, molti hanno una visione distorta delle cose, non tutti vogliono addentrarsi nel groviglio della storia. ARBEIT MACHT FREI. Vieni subito colpito da questo emblema dei campi, ecco, questo tutti i ragazzi lo conoscono. Cosa salta all’occhio entrando in questo posto? Il freddo, certo. Provate a immaginarvi, noi abbiamo cinque strati di vestiti, loro avevano una sottile camicia a righe. Forse neanche questo colpisce tutti. Ci addentriamo nel campo, tutti volti così, per distogliere il vento gelido dalla faccia, e noti una torretta sopraelevata. Pensa, in questo momento ci starebbero sparando, abbiamo oltrepassato il passo della morte, un mucchio di sassi e più in là filo spinato, ai tempi carico di elettricità. Forse neanche questo colpisce proprio tutti. 50.000 deportati, venti guardie. Quante? venti. Ecco, quella torretta ci torna in mente, da essa una mitragliatrice controllava tutte le baracche. Si respira un’aria di morte spaventosa in questi luoghi, morte ovunque. Le sezioni sono divise per i lavori svolti dai deportati, e le postazioni rappresentate da una lettera. A, B, C ... Z. Occhio a passare da questa pero’. Li finisce l’alfabeto, e insieme la tua vita. Camere a gas, forni crematori, fosse di fucilazione, ecco l’ultima postazione. Vediamo una specie di barella nel museo, ci chiediamo se per caso fosse usata per trasportare i feriti, forse per aiutare gente in difficoltà; ecco, questa era usata per inserire i condannati in un forno. Morte. I ragazzi lasciano fiori e scattano fotografie. Ci vuole roba forte per attirare l’attenzione, ma questo si, che colpisce proprio tutti”.

L’esperienza a Berlino si è conclusa, in realtà il progetto Viaggio della Memoria e proseguito con tante attività a Reggio in questi mesi. Alla fine di tutti i dovuti momenti di studio e di riflessione vi invitiamo tutti t tutte sabato 30 aprile a brindare con noi alla Liberazione! Per non dimenticare che il 25 aprile è una festa!

ore 16.00 c/o la rotonda di Santo Stefano, Reggio Emilia visita guidata in centro storico con banda musicale e letture a cura degli studenti del Viaggio della Memoria ore 18.00 c/o Istoreco, Via Dante 11, Reggio Emilia aperitivo con Bio-Bar “Bevo per NON dimenticare un brindisi alla Liberazione!” proiezione del video sul Viaggio della Memoria a cura degli studenti di Montecchio proiezione della mostra fotografica Viaggio della Memoria a cura degli studenti di Correggio musica dj set con RadioRumore per info: www.istoreco.re.it

Il diario online del Viaggio della Memoria 2011 su: www.istoreco.re.it aprile 2011 31 notiziario anpi


NO FLY ZONE ED ALTRE STORIE

Potremmo utilizzare i termini più diversi oppure, come ormai è in uso in questo Paese, cambiare il senso alle parole. Dire, ad esempio, che bombardare a tappeto la Libia di Gheddafi è un’azione umanitaria e del tutto legittima perche l’ONU l’ha autorizzata, e provare a crederci. Ma la realtà è che, ancora una volta, siamo in guerra. Una guerra fatta apparire, ancora una volta, come inevitabile, perché è sempre colpa di qualcuno particolarmente cattivo che solo ora è diventato così cattivo. Prima no, o forse non era così importante. Ne deriva una sensazione di surreale inquietudine che spinge chi ha voglia di imbastire uno straccio di analisi a chiedersi: ma da dove potremmo cominciare? E allora, si potrebbe cominciare dal malridotto art. 11 della nostra Costituzione, invocarne il rispetto per l’ennesima volta dopo gli sfregi di Iraq, ex Jugoslavia e Afghanistan, ovvero ricordare il ripudio della guerra. Ma ci sarebbe subito qualcuno che ci vorrebbe far capire che no, non siamo in guerra, stiamo solo applicando una risoluzione dell’ONU. E ci ricorderebbe (come ha fatto il Presidente Napolitano) che esiste anche il secondo comma, in base al quale sono consentite “in condizioni di parità con gli altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicura la pace e la giustizia tra le nazioni”, promuovendo e favorendo

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le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Così, come d’incanto, la guerra non si chiamerebbe più guerra. Oppure, potremmo cominciare dalla considerazione che la politica internazionale ha dato a Gheddafi in nome di interessi economici rilevanti (petrolio e gas) pur nella assoluta consapevolezza del regime dittatoriale ormai vecchio di 41 anni che, guarda un po’, risulta efferato e criminale solo adesso. Ci potremmo chiedere, ad esempio, come mai la BP, azienda molto vicina al governo inglese, ha avviato nel 2007 un piano di investimenti, in territorio libico alla ricerca del petrolio, per circa 900 milioni di dollari. O della partecipazione libica del 3 percento nel gruppo editoriale del Financial Times. Oppure ancora, potremmo chiedere dei contratti per dieci milioni di euro annunciati da Sarkozy nel 2007 o delle insistenti voci di finanziamento della campagna elettorale dello stesso Sarkozy con i soldi libici. Per stare dalle nostre parti potremmo chiedere conto dei sontuosi contratti delle imprese italiane in Libia, a favore di ENI e che garantisce un approvvigionamento di gas e petrolio poco al di sotto del 30 percento del fabbisogno nazionale; o a favore dell’industria bellica e specialmente di Finmeccanica, in grado di garantire storicamente a Gheddafi armi e sistemi d’arma, aerei, elicotteri, motovedette e quant’altro (le autorizzazioni alla esportazione in Libia di armi italiane

sono passate dai 93 milioni di euro del 2008 al 111,8 milioni di euro nel 2009). Oppure ancora, potremmo chiedere conto delle partecipazione azionarie libiche in Unicredit, Impregilo, e nelle stesse ENI e Finmeccanica. Potremmo partire anche dalla consapevolezza americana della grande occasione di trovare, attraverso i sommovimenti di questi mesi, una stabile collocazione in nord Africa, notoriamente zona di influenza europea. Oppure, dallo strano e sospetto attendismo politico e diplomatico di coloro che ora si presentano come “volenterosi”. Dalla mancanza di un serio percorso di mediazione politica internazionale diretto a individuare credibili proposte di conciliazione interna al conflitto che si andava profilando. Potremmo parlare della sospetta diffusione di notizie provenienti dalla Libia ormai sprofondata nella guerra civile, con le quali da un lato si amplificavano avvenimenti mai adeguatamente documentati, come i bombardamenti dei jet libici sui civili inermi o foto fasulle di fosse comuni, e – dall’altro – si davano per scontate le ore di Gheddafi e lo si dava passeggero, insieme a tutta la sua numerosa famiglia, su tutti gli aerei che decollavano da Tripoli. Oppure, (e i due aspetti sono collegati), potremmo cominciare dalla strisciante informazione del consenso, dall’insopprimibile desiderio che montava in ognuno di noi “a fare qualcosa”, quando per “qualcosa” si intende possibilmente un intervento armato, una lezione al tiranno e una gratificazione a un nostro irrefrenabile anelito di giustizia planetaria. Una incessante propaganda di parte alimentata da notizie non verificabili atta ad indignare l’opinione pubblica mondiale, una sorta di costante quotidianità del dramma della popolazione civile libica, un farcene gradualmente carico sino alla condivisione di un intervento militare, basta che tutto ciò finisca. Un altro interessante punto di partenza potrebbe essere il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione italo-libico platealmente sottoscritto solo sette mesi fa dal governo Berlusconi (ma


NO FLY ZONE ED ALTRE STORIE

ad onor del vero, già messo in cantiere dal governo Prodi), all’interno del quale vi sono articoli che meritano di essere riportati integralmente, tanto rendono evidente l’ipocrisia che vi è contenuta. Ed allora citiamo il diritto di ciascuna parte di “scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale”. E ancora: “l’impegno a non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra parte”, l’astensione da “qualsiasi forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell’altra parte”. Infine, ed è la parte più farsesca visto cosa sta accadendo, “la rassicurazione che l’Italia non userà né permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia” e l’impegno “a dirimere pacificamente le controversie che dovessero sorgere tra i due Paesi”. Potremmo anche partire dalla sorprendente, ambigua ma comunque non condivisibile Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che autorizza a mettere in atto la “no fly zone” e “tutte le misure necessarie per proteggere civili e aree civili popolate”, oltre ad altri interventi sul commercio delle armi, sanzioni economiche, blocco delle partecipazioni finanziarie all’estero, dei voli commerciali e quant’altro. “Tutte le misure necessarie” significa evidentemente, come abbiamo visto, l’aggressione mediante bombardamento “mirato” su obiettivi militarmente sensibili in danno di uno Stato – ci piaccia a no – ancora sovrano. Oppure è così interpretabile, se non vi sono state obiezioni alla celerità con la quale Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno scaricato centinaia di missili sulla Libia. E l’ONU? Già, l’ONU. Una ONU che attraverso il Consiglio di Sicurezza deroga al suo impegno fondamentale di perseguire la pace autorizzando di fatto una azione di guerra non si era mai vista. Pensavamo fosse una altra cosa, ovvero una istituzione internazionale votata a sanare le differenze tra le economie degli Stati, a mediare tra le Nazioni in conflitto, a lottare contro la fame , la sete e la miseria, a rafforzare la diplomazia e il dialogo

tra i governi del mondo, a promuovere la lotta al traffico d’armi, di droga e di esseri umani, a promuovere la messa al bando della armi chimiche nucleari e di distruzione di massa. Ed invece oggi la troviamo sollecitare l’adozione “di tutte le misure necessarie” al fine di salvaguardare delle vite umane. Verrebbe da dire, attraverso la soppressione di altre vite umane, considerato che dovremo presumibilmente attenderci incresciosi “effetti collaterali”. Attendiamo di capire se “tutte le misure necessarie” saranno adottate per risolvere i 31 conflitti attualmente in essere nel mondo e per tutelare i civili ad esempio in Yemen, in Bahrein, in Siria, in Costa d’Avorio e in Iran. E, naturalmente, anche in Palestina che attende da 50 anni. Infine, potremmo partire dalla insopportabile contraddizione che vede il Premio Nobel per la Pace Barack Obama disporre il bombardamento della Libia, iniziando con i 124 missili lanciati solo nel primo giorno. Ma tant’è. Sicuramente esistono anche altri aspetti a partire dai quali potremmo analizzare complicità, cause ed effetti della crisi libica, non ultimo quello che afferma che in quel paese vi è stato un indubbio salto di qualità nella richiesta di cambiamento e di riforme che ha investito il nord Africa e i Paese arabi, ovvero il fatto che in questo caso siamo evidentemente in presenza di una guerra civile. Oppure quello fondamentale della messa in discussione delle disponibilità petrolifere della Libia (alle quali la Francia sembra assai interessata) in modo che questo Paese possa diventare, come qualcuno ha detto, “una pompa di benzina per le grandi compagnie petrolifere occidentali”. Ma una volta enunciati tutti questi aspetti, occorre rendersi conto che come in tutti gli ultimi conflitti (Iraq e Afghanistan) chi alla guerra si oppone si trova di fronte al fatto compiuto e rischia di apparire velleitario, in grado solo di enunciare nobili principi ma non di confrontarsi con la cruda realtà. Viceversa, denunciato ciò che non è stato fatto o ciò che, purtroppo, è stato fatto, chi si oppone alla guerra alla guerra ha il dovere di proporre le soluzioni alternative.

Ogni conflitto e le modalità con le quali viene sostenuto vanno contestualizzate, specialmente quando si è in presenza di una violenza che tende alla eliminazione fisica di chi dissente, della popolazione o, peggio, in presenza di un genocidio. E quindi non può bastare un semplice invito al “cessate il fuoco”, al fine di creare un corridoio umanitario che consenta l’arrivo dei soccorsi alla popolazione civile, che nella realtà soffre maggiormente le conseguenze della guerra. Occorre, se necessario, fare riferimento a forze, militari e non, in grado di interporsi, di fungere da cuscinetto tra le parti in conflitto non per prendere posizione a favore di una delle due, ma per fermare la scontro e sollecitare la ripresa del negoziato. Ciò anche attraverso la forza, laddove una parte non intenda accettarlo, ovvero mediante un intervento che, a quel punto, assumerebbe legittimamente il ruolo di “polizia internazionale”. Ma mai mediante un intervento che ritenga di arrestare un massacro proponendo altri massacri chiamati azioni umanitarie! Certo, tutto questo richiederebbe uno sforzo politico, organizzativo ed economico enorme. Ma, se parliamo di costi, si provi a pensare al prezzo stratosferico dell’azione militare in atto per chi la conduce (oltre che di chi la subisce): un solo missile tomahawk euro 533.000, il primo giorno di bombardamento americano 58,6 milioni di euro. Il fine resta la ripresa del negoziato e la soluzione politica, ma un conto è auspicarle e un altro è porre in essere le condizioni affinché possano realizzarsi in assenza di guerra. Anche perché, al di là delle controverse intenzioni dei c.d. “volonterosi”, ovvero tenere a bada Gheddafi o eliminarlo fisicamente, è chiaro a chiunque che i bombardamenti non sono in grado di risolvere militarmente il conflitto e rischiano, piuttosto, di esasperare l’atteggiamento antioccidentale della popolazione. Ed è altrettanto chiaro che la fase successiva ai bombardamenti è abitualmente l’intervento di terra che, seppur ora formalmente escluso, da più parti viene sollecitato. E sarebbe una tragedia.

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di Massimo Becchi

IL BOOM DEL FOTOVOLTAICO E DELLE FONTI RINNOVABILI Sono quasi duemila gli impianti nella nostra provincia Il no al nucleare non passa solo dalle immagini che ci arrivano dalla centrale di Fukushima in Giappone, ma anche da questi dati: nel 94 percento dei Comuni italiani sono installati impianti da fonti rinnovabili. Sono, infatti, 7.661 i municipi che ospitano almeno un impianto da rinnovabile, rilevati nel Rapporto comuni rinnovabili 2011 di Legambiente. Erano 6.993 lo scorso anno e 5.580 nel 2009. La crescita è impressionante e riguarda ognuna delle fonti pulite. Sono 7.273 i Comuni del solare, 374 quelli dell’eolico, 946 quelli del mini idroelettrico, 290 i comuni della geotermia e 1.033 quelli che utilizzano biomasse e biogas. Aumenta quindi significativamente il contributo energetico delle rinnovabili che nel 2010 ha coperto il 22 percento dei consumi elettrici complessivi, grazie a 200 mila impianti distribuiti nel territorio, che già oggi rendono rinnovabili al 100 percento un numero sempre maggiore di Comuni.E’ impressionante la velocità di sviluppo di un nuovo modello energetico distribuito, che ormai riguarda quasi ogni Comune italiano. Queste esperienze dimostrano come le fonti rinnovabili sono oggi tecnologie affidabili, su cui è possibile costruire un modello energetico più moderno, efficiente e pulito. Occorre sostenere questo scenario, dando certezze a imprese, cittadini, enti locali, per sviluppare innovazione e qualità nel territorio, e consentire in poco tempo di raddoppiare gli attuali 120 mila occupati nel settore. Chiediamo al governo un impegno preciso in questa direzione, a cominciare da una modifica al Decreto Romani che ha di fatto frenato e tolto ogni certezza agli investimenti, introducendo un tetto alla crescita delle rinnovabili e una revisione degli incentivi che complica gli interventi. Oggi, anche alla luce di quanto avvenuto a Fukushima, puntare sulle fonti pulite è l’unica prospettiva energetica percorribile per l’Italia, che ha tutto l’interesse a raggiungere i target previsti dall’UE al 2020 rendendo più moderno e pulito, sicuro e meno dipendente dall’estero il suo sistema energetico. I numeri presentati oggi dimostrano che l’alternativa al nucleare esiste e che la rivoluzione energetica è già iniziata. La situazione reggiana di installazione del fotovoltaico è a macchia di leopardo, con ancora molti ed ampi margine di espansione. Attualmente sono attivi (da dati del GSE del 31 marzo 2011) 1967 impianti per 23.967 KW installati, un dato che permette di produrre mediamente 33.500 MWh ossia l’equivalente di energia di 11.200 famiglie reggiane, non poco quindi, se si considera che corrispondono al fabbisogno di tutti gli abitanti di Albinea, Bibbiano, Boretto e Brescello o al consumo di Scandiano o Correggio. La maggior parte degli impianti costruiti dai reggiani è al di sotto dei 3 KW, ovvero ad uso famigliare (numero 810), e l’altra grande fetta è rappresentata dagli impianti fra i 3 e i 20 Kw (1.008). Sono quindi i privati che hanno 34 aprile 2011

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creduto in questa tecnologia, facendo impianti comunque piccoli e non per mera speculazione sui contributi del conto energia. Questi dati rappresentano un esempio di successo e una chiave fondamentale per capire come dovrà funzionare un modello energetico costruito intorno alle fonti pulite e agli impianti più efficienti. Il dibattito politico italiano dovrebbe guardare a queste esperienze e a un Paese come la Germania, dove sono stati ottenuti in poco tempo risultati di crescita impressionante e si è costruito un nuovo sistema industriale con 350mila occupati, e dove il Governo ha recentemente definito l’obiettivo al 2050 di un contributo pari all’80 percento di fonti rinnovabili rispetto ai consumi elettrici. Altro che fonti inutili e marginali. Puntare su rinnovabili ed efficienza energetica è una sfida nell’interesse dell’Italia e dei suoi cittadini e può diventare una grande opportunità di competitività per un sistema industriale come il nostro che ha il suo cuore nelle piccole e medie imprese. La sfida ora è costruire una seconda fase dello sviluppo delle rinnovabili nel territorio, per raggiungere gli obiettivi europei di sviluppo al 2020 e poi continuare a progredire nell’innovazione energetica e in una progressiva uscita dalle fonti fossili. Per rispondere ai problemi energetici italiani, occorre ribaltare l’idea che la soluzione passi attraverso la costruzione di nuove grandi centrali (siamo a 115.000 MW installati e 22.000 MW di nuove centrali termoelettriche sono in approvazione o costruzione!) e partire, al contrario, dalle risorse presenti nei territori e dalla domanda di energia di case, uffici e aziende per capire come soddisfarla con le soluzioni tecnologiche più adatte. Per costruire un nuovo scenario energetico servono regole semplici e trasparenti per l’approvazione dei progetti da fonti rinnovabili, perché l’incertezza delle procedure è ancora oggi una fortissima barriera alla diffusione degli impianti, sia domestici sia di grande taglia. E’ necessario, inoltre, definire uno scenario certo per gli incentivi alle fonti rinnovabili fino al 2020, di progressiva riduzione ma che dia spazio a investimenti in tecnologia e ricerca per la grid parity (il pareggio tra il costo di produzione dell’energia da fonti rinnovabili e il costo d’acquisto dell’energia dalla rete). E’ possibile farlo togliendo finalmente dalle bollette finanziamenti al nucleare e altre voci assurde che pesano molto più delle rinnovabili per oltre tre miliardi di euro ogni anno. Ma serve anche una rete energetica che aiuti la distribuzione distribuita e un mercato che garantisca la concorrenza nell’offerta e la trasparenza delle tariffe. Infine, una politica che incentivi l’efficienza energetica in edilizia, negli impianti, nell’offerta ai cittadini e alle imprese che rappresenta la strada più semplice ed economica per ridurre la bolletta energetica, le importazioni e le emissioni di CO2.

Diffusione del fotovoltaico nei comuni reggiani al 31/03/2011 Elaborazione su dati del GSE Comune ALBINEA BAGNOLO IN PIANO BAISO BIBBIANO BORETTO BRESCELLO BUSANA CADELBOSCO DI SOPRA CAMPAGNOLA EMILIA CAMPEGINE CANOSSA CARPINETI CASALGRANDE CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO DI SOTTO CASTELNOVO NE’ MONTI CAVRIAGO COLLAGNA CORREGGIO FABBRICO GATTATICO GUALTIERI GUASTALLA LIGONCHIO LUZZARA MONTECCHIO EMILIA NOVELLARA POVIGLIO QUATTRO CASTELLA RAMISETO REGGIO NELL’EMILIA REGGIOLO RIO SALICETO ROLO RUBIERA SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA SANT’ILARIO D’ENZA SCANDIANO TOANO VETTO VEZZANO SUL CROSTOLO VIANO VILLA MINOZZO TOTALE

Totale KW installati

Numero impianti

337,5 279,2 156,0 2.075,1 634,5 44,2 28,7 529,8 546,1 93,2 96,0 97,9 1.521,9 82,9 366,2 149,2 369,9 643,7 11,1 1.039,4 108,8 278,9 740,8 688,7 44,6 389,4 618,4 661,8 147,0 389,0 12,4 5.668,3 461,2 1.278,3 89,7 1.116,9 282,9 273,7 169,1 449,2 269,8 29,2 358,7 107,1 230,4 23.966,8

61 35 8 61 27 10 4 34 37 14 19 13 60 16 45 30 28 32 3 106 21 17 59 53 5 34 62 89 24 65 1 430 39 60 16 78 46 34 37 71 10 6 27 18 22 1.967,0


memoria

Sopravviverà la musica agli Zero?

P

Potrei iniziare questo intervento in progress, parlando dei beati anni ‘90, decade in cui effettivamente, musicalmente parlando, tutto pareva ancora possibile. O ancora meglio avrei potuto ricordare gli anni ‘80 (e pure una parte del declinare dei ‘70) visto che lì è fissata la mia adolescenza e gioventù. Se poi penso che, essendo stato infante negli anni ‘60 e che sicuramente qualche subliminale di quello spirito e di quei suoni da qualche parte della mente alberga, avrei potuto fare un bel raccontino sul crescere con la musica... e invece il tema scottante è oggi la sopravvivenza della musica. Il presente è sconcertante, spesso disarmante e disarmato, arduo da affrontare, spesso da scalare senza alcuna protezione, più che mai da capire. Occorre inoltre fare una premessa, per evitare la parte del vecchio bolso, del moralista snob, o peggio del nostalgico, accidioso, passatista: che una opinione oggi concorre con visioni allo stesso modo valide, oggettive, riscontrabili. Esiste una verità malferma, pronta a tramutarsi nel suo esatto contrario e questo crea incertezza, spaesamento, difficoltà d’azione. Un po’ come le musiche, le tendenze, gli stili che in questi famigerati anni zero (formula ormai markettara) sono tutto e il contrario di tutto. Musiche che paiono galleggiare, un suono che contraddice l’altro, elementi che si mescolano in un vortice temporale dove convivono le armonie vocali dei Beach Boys/Van Dyke Parks e i click’n’cut digitali, dove riaffiora la nowave newyorkese e il folk pastorale, dove torna il songwriting d’autore e l’urgenza combat delle favelas globali, dove si citano gli anni ‘50, i crooner, le torch songs e nel mese successivo la psichedelia, il rhythm’n’blues originario e quello dei nuovi produttori delle charts americane. Una babele di linguaggi che si sovrappongono in una costruzione vociante che somma piano su piano una torre instabile fatta di nicchie, anfratti, cubicoli. Piccoli spazi che nel breve periodo franano e che vengono sostituiti da nuove edificazioni. Edificazioni in cui trendsetter e giornalisti glamour ricavano altri luoghi, piccole stanze, miniappartamenti: torna il folk, che però nell’immediato si divide in weird, psych, doom, tronic eCc. Non si fa in tempo a decifrare i segnali d’interpretazione che è il turno di giravolte percettive e allora ecco lo shoegaze, che si apparenta con l’indietronica, ma pure il dubstep, ci sono brani che sanno di classico con nuove figure umane, ma ci sono produzioni che nascondono gli artefici e che si concentrano sulla vita propria del suono che ci circonda, naturale o artificiale che sia (field-recordings, found sounds, glitch, 8bit music, neo-ambient). In queste mescole e giustapposizioni, intervengono ulteriormente i revival (parola che fa pensare al liscio e alle musiche popolari... ma a volte vien da pensare che Sonic Youth, Nick Cave, Devo, Talking heads, sono per noi come i Casadei per i nostri nonni...) il citazionismo colto o incolto, apocalittico o integrato, trash o camp: la italo disco, che si imparenta con la nu-disco, con il balearic, che però può prendere una rotta cosmica andando a impattare con il kraut dei corrieri cosmici. Se però facciamo ritorno sul pianeta terra è un gran citare la forma primigenia, ovvero

il blues: quello più arcaico e roots, quello desertico del mali, quello imbastardito di indies explosion, quello costruito sui campioni e trasposto sul computer. E’ un continuo rimasticare, rimangiare, assimilare e digerire (o mal digerire) i ‘60, ‘70, ‘80, ‘90, un po’ come i buffet delle grandi vernici o come i buffet della cucina internazionale degli hotel e dei villaggi vacanze in bella mostra nelle località più esotiche. Barocco e Minimal, Nouvelle e Tradizionale, Fusion e Macro. Micro-Macro: la scena reggiana ora che tutto accade ovunque e comunque, in tempo reale o con leggera sfasatura satellitare, stordita da jet-lag o arrossata da esposizione da social network, non si discosta dunque dagli scenari in cartapesta appena disegnati. Anche nella provincia reggiana si dislocano sul territorio nicchie e enclave soniche, scene alternative e mainstream. Il filone che prende il suo via dal ceppo CCCP, il filone rock italiano del ceppo Ligabue, il filone pop-soul Zuccheroso, il ceppo post-rock, post-metal, post-punk (quello sperimentale e quello alla MTV), l’emo, i tecnicismi funky-jazz-fusion, la rilettura del folk, l’hip-hop, il neo-prog, la dance made in reggio con apice Benassi e l’elettronica made in Maffia. Tanti nomi e tanti punti di vista che farebbero pensare ad una costante e assidua vivacità, una conferma insomma di quello che si è sempre detto e pensato della nostra provincia, ma che sottotraccia nasconde qualche problema di solidità, che fa intravedere elementi di instabilità, che trema e scricchiola mentre compaiono crepe sempre più profonde. Ammetto di non essere capillarmente irrorato e informato, non bazzico più tanto nei boschi alla ricerca di prodotti di stagione e non so del tutto cosa si agita nel sottobosco reggiano. Ma grazie ai concorsi per le giovani band che ho seguito negli anni come giurato, come tutor o semplice interessato, grazie alla possibilità di poter ancora calcare qualche palco che in fondo rimane l’osservatorio più importante e il luogo di massimo confronto, qualche segnale mi è giunto, qualche prospettiva si è stagliata sullo sfondo, qualche informazione è trapelata. Se dunque mi baso su questi input e sulle sensazioni nemmeno troppo meditate devo dire che la situazione non è allettante e le previsioni per ora appaiono offuscate. Certo è vero che i pessimisti sono in realtà i migliori ottimisti, quelli che appurato un negativo stato delle cose si approntano in un modo o nell’altro a ribaltarlo, si ingegnano per trovare vie d’uscita, riscatto, orgoglio. Dunque questo pessimismo cosmico-ostico-autistico-localistico va preso come un incentivo, come un campanello d’allarme, come un “risvegliamoci tutti” dal torpore prima che sia troppo tardi. Questo è una testimonianza di una spedizione alla ricerca dell’oro, di civiltà nascoste, viaggi immaginari forse, potete credere o non credere, snobbare o prendere in seria considerazione. Ho provato a setacciare la grana, la sabbia, il limo del grande fiume, ma poco è rimasto, ben poco mi è apparso luccicante e capzioso. Se escludiamo i grandi successi commerciali di gente come Ligabue-Zucchero-Nomadi-Spagna-ecc, se escludiamo la scuderia de “I Dischi del Mulo” (CSI, Ustmamò,AFA...), gli ultimi episodi di rilievo nazionale sono stati i Giardini di Mirò e relativo

entourage, l’exploit pop del Nucleo, i progetti fuoriusciti dai desaparecidos del Maffia, il socialismo tascabile degli Offlaga Disco Pax e poco altro. Dopodiché le luci si sono un po’ spente intorno e c’è stato un dilagare di cover, tribute band, locali e circoli che si sono adattati per sopravvivere al nuovo clima, forse qualche gestore si è pure approfittato per puro calcolo. Non si può negare che nel frattempo un indecente momento politicosociale italiano ha del tutto tarpato le ali alla creatività, all’intraprendenza, alla crescita. Il musicista, l’operatore culturale, come il ricercatore, come chi lavora in teatro, come chi fa cinema... la deriva culturale che sta investendo il nostro(?) paese è sempre più profonda, lo strabordare di reality, format, vippismi d’arrembaggio, ipocrisie e oscurantismi vari, hanno puntato le luci sulla confezione del prodotto più che sulla bontà del prodotto stesso. Sono poi sorte nuove burocrazie, tecnicismi, cavilli, divieti e proibizioni che hanno reso impossibile e controproducente organizzare, proporre, osare o lanciarsi in avventure artistiche. Reggio non appare immune a questa infezione che ha indebolito le difese culturali, anche qui imperano i nuovi usi e costumi italici con annessi e connessi. La curiosità e il coraggio hanno ricevuto una bella mazzata dai Signori dei Media, da addetti al settore sempre più pavidi, dal populismo culturale. Da quanto tempo vediamo i PR delle discoteche coinvolti nelle decisioni sulle politiche culturali di partiti e amministrazioni? Quanto è misurabile lo strapotere delle Organization che sempre più occupano, colonizzano e trasformano i luoghi dove poco prima si tenevano concerti? Quali radio effettivamente alternative ai network? Da quanto assistiamo alla chiusura di locali tra il silenzio e l’inermità della città? Intanto vediamo gli ipermercati affollati per i vari tronisti, amici della De Filippi, isolani famosi: SIGN OF THE TIMES. Segni malauguranti, tempi sfregiati, strabordare e dilagare che tutto copre e tutto appiana dal macro al micro, dal global al local. Forse proprio questo ambiente ormai ostile, sbraitante, delirante porta al rinchiudersi a riccio in nicchie rassicuranti, protette dalla rete, riserve indiane o blog ultraspecialistici, massonerie d’avanguardia, ma quanto di questa carboneria ragionante influisce sui meccanismi del quotidiano, quanto influenza le politiche culturali di una città, quanto fa scena e quanto è osceno? Epifenomeno o Ipofenomeno? Cosa appare? Trasferirsi definitivamente sulla rete? Trasferirsi all’estero? O prendere pesci in faccia da un pubblico lobotomizzato? Meglio una sconfitta con onore, annunciata e accettata, o meglio una resistenza disperata? Arrendersi al fascismo culturale e allo sbraitare dei cantori del nulla, al fascismo del silenzio ancora più mortificante? Concedere vittoria a canzoni melense e grandi bastardi o ritornare a combattere sui palchi con watt, parole e idee? Io sono per la sfida e la lotta a oltranza, per il mimetismo, per le strategie e la guerriglia, sono per il risveglio delle cellule dormienti... nei quartieri di Reggio città, così come nella bassa, sulle rive del Po e sui crinali d’appennino. Meglio il martirio in nome della libertà delle sette notte piuttosto che il marchio infamante della X (Factor).

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di Riccardo Bertani

Quando la propaganda fascista giudicava ironicamente la lingua inglese

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uando nel giugno del 1940 l’Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, il regime fascista e con minor foga quello monarchico intrapresero una grande campagna propagandistica contro l’Inghilterra, non trascurando nemmeno ironiche critiche alla stessa lingua inglese. Infatti, proprio nel 1940, uscì, con l’autorizzazione del ministero della Cultura popolare, per conto della casa editrice romana “ La voce sul mondo” un opuscoletto intitolato Vocabolario inglese segreto, dove l’autore Enrico Ragusa, volutamente ironizzava sull’etimologia di alcuni vocaboli della lingua inglese, dai quali sosteneva si potessero facilmente evincere i caratteri di avidità, rozzezza ed inciviltà che caratterizzavano il popolo della “Perfida Albione”, antica locuzione ripresa dal regime fascista per indicare la spregiudicatezza politica della Gran Bretagna e la sua appartenenza alla cricca delle “nazioni plutocratiche”. Lo scopo dell’autore di questa curiosa ricerca linguistica fu quello di dimostrare “scientificamente”, attraverso una sorta di bizzarra antropologia del linguaggio, i caratteri psicologici negativi e contraddittori del popolo inglese, che in quel momento storico, guidato da Winston Churchill, si opponeva al regime fascista, alleato della Germania di Hitler. Nella presentazione dell’opuscolo, il Ragusa sottolinea la doviziosa ricchezza della lingua italiana, dove ogni parola, pur nella diversità dei significati, salvo rare eccezioni, mantiene sempre un senso 36 aprile 2011

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inscindibile legato alla propria origine. Non altrettanto avviene nella lingua inglese, come testualmente sostiene: “ I sinonimi inglesi e le omonimie ci lasciano stupefatti, essendo per noi non solo contrastanti, ma poiché riuniscono significati assolutamente inassociabili, ci sembrano anzi ripugnanti tra loro”. Ecco in proposito alcuni esempi: il sostantivo Plum, significa prugna, susina, zibibbo, ma anche milionario, assimilando metaforicamente la ricchezza a qualcosa di succoso, alla capacità dell’uomo si raccogliere dentro di se tutto il succo che gli è possibile contenere; l’aggettivo mean significa basso, vile, spilorcio, mentre con funzioni di sostantivo plurale indica mezzi finanziari, facoltà; swear, significa allo stesso tempo giurare, attestare, bestemmiare imprecare, tanto che per gli inglesi giurare equivale a spergiurare; la stessa cosa succede per traduce, con significato di diffamare tradurre, noi italiani conosciamo bene il senso riposto in questa parola, perché tutte le volte che gli inglesi ci hanno tradotto, ci hanno diffamato. In materia religiosa non c’è da aspettarsi molto se quack è il ciarlatano e quaker il quacchero, ossia uno dei migliori campioni fra le innumerevoli sette dei protestanti. Gli inglesi si sa sono un popolo di aristocratici e una delle parole che si dovrebbe salvare dalla doppiezza di questi significati è gentleman, gentiluomo, ma in effetti non è così, dal momento che gentle, con valore di aggettivo significa gentile, mentre come sostantivo significa verme. L’ambiguità la troviamo anche in ambito familiare, Mother si traduce madre, ma anche muffa o feccia e mai nessuna lingua ha osato questa confusione per tale santa parola. Concludendo queste dissertazioni sulla lingua inglese, il Ragusa testualmente recita: “Questa è la grande storia dell’Inghilterra. La storia si dice semplicemente story, ma story significa pure frottola”. Enrico Ragusa (Palermo 1984, Roma 1990) fu un personaggio estroverso e controcorrente: pazzo di professione, inquilino senza fissa dimora, girovago ozioso su tutte le strade del mondo, con la grande vocazione di saper dir male degli altri, come egli stesso amava definirsi. Dunque, nella circostanza, un raffinato interprete delle necessità del regime di dipingere il mondo britannico come il regno della più conclamata ipocrisia, immagine nella quale si sarebbe dovuto rispecchiare il sentimento degli italiani. Il suo opuscolo di sole 15 pagine, di cui ho rinvenuto una copia tra i libri della mia biblioteca, fu certamente più efficace della pur brillanti tavole satiriche che Enrico De Seta, dalle pagine del Balilla, giornaletto distribuito gratuitamente alle scuole elementari, indirizzava contro gli inglesi. Ricordo ancora la tiritera con cui si aprivano le strisce settimanali: Per paura della guerra – Re Giorgetto d’Inghilterra – chiede aiuto e protezione – al ministro Ciurcillone”. Seguiva la narrazione di un episodio di fantasia dove gli inglesi avevano sempre la peggio e gli italiani vincevano, con l’aiuto dei camerati tedeschi. Senonchè i personaggi inglesi risultarono talmente simpatici da produrre l’effetto contrario a quello voluto, tanto che le pubblicazioni furono interrotte. Riccardo Bertani


GRANDE PARTECIPAZIONE POPOLARE AL

memoria

66° DELLA BATTAGLIA DI FABBRICO Vivi applausi per Romano Prodi

Nonostante la pioggia battente, grande è stata la partecipazione popolare alla commemorazione, il. 27 febbraio u.s., del 66° anniversario della battaglia di Fabbrico. Dopo il lungo corteo fino al cippo che ricorda i partigiani caduti, il corso centrale del paese, e le strade adiacenti, si sono riempiti di cittadini che hanno calorosamente applaudito l’oratore ufficiale della manifestazione, l’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi, che ha esordito sottolinenando con vivo apprezzamento le parole lette poco prima dai ragazzi delle scuole davanti al monumento ai caduti. Parole che “hanno messo in risalto i valori scaturiti Resistenza e validi oggi e per il futuro”. A proposito di scuola, Prodi ha colto l’occasione per un invito a “non disprezzare la scuola di Stato”, con chiaro riferimento a dichiarazioni di assai altro tenore di Berlusconi. Non è poi mancato l’accenno all’ironia con cui in molte parti del mondo, in occasione dei suoi viaggi, gli tocca di sentire riferimenti non proprio lusinghieri alla condotta dell’attuale presidente del Consiglio. Pieno successo anche del pranzo partigiano, con circa 300 commensali, allietato dalle canzoni del coro “AAA Millevoci”. Emozione particolare ha destato l’esecuzione di un canto popolare di fine Ottocento introdotto anni fa a Fabbrico dal compianto Lino Ferretti, Gioachi, e rielaborato da Baracchi, uno degli animatori del coro.

66° anniversario dell’eccidio Villa Cadè, Reggio Emilia

In ricordo dei martiri di villa Cadè 9 febbraio 1945 Domencia 13 febbraio sono stati ricordati dalle autorità – fra cui il sindaco di Albinea Antonella Incerti e dall’ANPI di Reggio Emilia rappresentata da Alessandro Fontanesi – a 66 anni dal fatto, avvenuto il 9 febbraio 1945, i 21 ostaggi prelevati dai tedeschi dal carcere di Parma e fucilati per rappresaglia in seguito ad azioni partigiane avvenute sulla notte del 7. Furono fucilati i reggiani Fausto Abbati e Stefano Mazzacani da Casalgrande, Lino Ghidoni da Albinea, da altre province vicine: Bruno Affanni, Mirco Andreoli, Athos Bolzani, Lino Bottali, Marcello Cavazzini, Elio Dresda, Eugenio Fontana, Servente Gabelli, Arnaldo Ghirelli, Umberto Guareschi, Silvio Monica, Angelo Padovani, Ettore Plathbec, Flaminio Ragazzi, Paride Sacco, Antonio Schiavi, Bruno Ghinolfi e un altro sconosciuto. Un momento della commemorazione, Alessandro Fontanesi al microfono

Foto di Claudio Messori e Valerio Bianchi aprile 2011 37 notiziario anpi


memoria Certi reggiani, per esempio

AUGUSTO CAMPARI IL FIGLIO DI BRACCIANTI CHE “INVENTÒ” I GIORNALINI DI FABBRICA 38 aprile 2011

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Roma, 1954. Campari è il morettino fra Togliatti e Papà Cervi. Ben riconoscibili, da sinistra: il sen. Silvio Fantuzzi, Luigi Longo, Onder Boni, la sua segretaria, Vivaldo Salsi, Nilde Iotti, Gino Prandi, Cesare Campioli, Ennio Cervi

Sessant’anni or sono era in corso una delle più dure ed epiche lotte dei lavoratori reggiani: l’occupazione delle OMI “Reggiane” per salvare il grande stabilimento industriale e con esso il lavoro per circa 5.000 dipendenti. Iniziata nell’ottobre 1950, la lotta si sarebbe dolorosamente conclusa nell’ottobre successivo con la chiusura. Sia prima che durante l’occupazione diversi degli operai diventarono giornalisti attorno all’esperienza di “Voce operaia” e poi “Per la salvezza delle Reggiane”. Ricordiamo Learco Benna, Giordano Canòva, Luciano Guidotti, Giuseppe Socini (che era anche segretario della sezione comunista di fabbrica).


memoria Tra i primi lettori dell’autobiografia di Campari c’è stato anche Aldo Tortorella. Ecco il suo commento.

Augusto Campari, bracciante dopo aver terminato le scuole elementari a Santa Maria della Fossa, poi operaio e partigiano, fu in pratica l’animatore, e redattore a sua volta, dei due organi di stampa. Sotto la guida di Loris Malaguzzi, aveva anche già iniziato una attività giornalistica come corrispondente delle pagine reggiane de “Il Progresso d’Italia” (Malaguzzi ne era il direttore), quotidiano “indipendente” (vicino al Pci) che si stampava a Bologna. Campari venne ben presto chiamato in Via delle Botteghe oscure, alla sede centrale del Pci, con l’incarico di estendere l’esperienza reggiana dei giornali di fabbrica a tanti altri stabilimenti del Triangolo industriale, Genova, Milano, Torino. Fu l’inizio di un percorso di vita davvero straordinario a stretto contatto coi vertici del Pci, con intellettuali e artisti di primo piano e in una contemporanea immersione nelle diverse realtà del Paese. Tra l’altro quei giornali di fabbrica furono vere e proprie fucine di quadri dirigenti (Antonio Pizzinato e Aris Accornero, per esempio). Nato nel 1922 e vissuto fino all’adolescenza nel “ghetto” proletario di Santa Maria della Fossa, tra Bagnolo e Novellara, raggiunse poi uno zio a Milano trovando lavoro prima come garzone da un fornaio poi come operaio. Chiamato alle armi all’inizio della seconda guerra mondiale, si trova in Jugoslavia l’8 settembre ‘43, torna a casa riesce poi a fuggire da un forzoso arruolamento nell’esercito della RSI riprendendo a collaborare con le SAP di San Tommaso della Fossa. Anche se, scrive Campari stesso, “non avevo la stoffa del guerrigliero”. A guerra finita eccolo operaio alle “Reggiane”, ed ecco la lunga stagione di funzionario del Pci (con l’immancabile passaggio alla mitica scuola delle Frattocchie) e del Pds, in vari ruoli (continuò anche in quello di giornalista con articoli su “l’Unità”, “La Verità”, “Emilia”, “Il Calendario del popolo”). Di questa lunga vicenda Campari rende conto in un avvincente dattiloscritto destinato alle nipoti (ma che sarebbe auspicabile venisse al più presto dato alle stampe, proprio come suggerito dalla lettera di Aldo Tortorella che pubblichiamo qui accanto). Terminato alcuni anni addietro, il testo è stato depositato presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Nel 2006 Rai Educational ha ottenuto la liberatoria per poterlo utilizzare nei suoi programmi. Campari da alcuni anni, dopo la lunga esperienza nazionale, è tornato a vivere da dove era partito. Non proprio a Santa Maria della Fossa, ma nelle vicinanze, a Bagnolo in Piano. Dove tra l’altro, da pensionato operoso, è stato tra i fondatori di quella C.T.L. (Cooperativa Tempo Libero) che è una vera e propria moderna Casa del Popolo, secondo la tradizione inaugurata oltre un secolo fa da Camillo Prampolini.

Caro Campari, ho letto la tua bella autobiografia, scritta per le nipoti. E’ in realtà un lavoro che va ben oltre l’ambito familiare. Tu dai conto della vita di un operaio e di un funzionario comunista italiano: e oggi è questa materia non solo poco nota, ma spesso disprezzata. Si vede dal tuo libro di quale umanità fosse fatto quel movimento operaio e comunista cui insieme abbiamo partecipato. Con affetto Aldo Tortorella

Donne dipendenti delle “Reggiane” in posa sul trattore “R-60” prodotto durante l’occupazione. Campari lo battezzò, in un suo articolo, La vacca di ferro. Cinque anni dopo divenne il titolo del poema di Franco Cigarini dedicato all’epica lotta

Antonio Zambonelli

aprile 2011 39 notiziario anpi


memoria

«Fra i partigiani Garibaldini merita un ricordo particolare Domenico Manfredi, nome di battaglia Enrico. Nato il 14 agosto 1927. Appena sedicenne cercò di nascosto dai suoi familiari il modo di far parte e partecipare alle azioni dei gruppi che agivano clandestinamente in pianura contro i nazifascisti. Non riuscendo a farsi accettare, data la sua giovane età, Domenico durante il coprifuoco seguì un partigiano e lo sorprese mentre scriveva frasi contro la guerra e il nazifascismo e rivolgendosi allo stesso gli disse: “Adesso non dirai che non è vero, ora so tutto e voglio uscire alla sera con voi”…».

40 aprile 2011

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La Rosta Vecchia è un quartiere della città di Reggio Emilia che si trova nel perimetro viale Risorgimento (zona Ospedale Santa Maria Nuova), via Benedetto Croce, via Che Guevara e via Passo Buole. Dopo l’8 settembre 1943, fra alcuni residenti di via Bedogni e via Perretti si è costituito un nucleo partigiano che ha operato nelle formazioni sappiste e garibaldine. I punti di ritrovo principale era al n. 5 di via Bedogni dove abitavano i partigiani Eaco Catelli, Armando Rossi, Anna Manfredi, Domenico Manfredi ai quali si univano Eries Mainini e Angiolino, la sorella Edda Mainini, Carlo Magnani, Renato e Nino Vacondio, Bedogni Irmo di via Perretti, Alfredo Cerioli, Sergio e Giovanni Garofoli, le staffette Oriele Vacondio e Alberta Rossi, i sappiti Achille Montanari e Albino Manfredi. Una parte ha operato nel capoluogo, nelle SAP (Squadre di azione patriottica), altri solo saliti in montagna entrando nelle formazioni Garibaldine. Fra i partigiani Garibaldini merita un ricordo particolare Domenico Manfredi, nome di bat-

taglia Enrico. Nato il 14 agosto 1927. Appena sedicenne cercò di nascosto dai suoi familiari il modo di far parte e partecipare alle azioni dei gruppi che agivano clandestinamente in pianura contro i nazifascisti. Non riuscendo a farsi accettare, data la sua giovane età, Domenico durante il coprifuoco seguì un partigiano e lo sorprese mentre scriveva frasi contro la guerra e il nazifascismo e rivolgendosi allo stesso gli disse: “Adesso non dirai che non è vero, ora so tutto e voglio uscire alla sera con voi”. Domenico venne quindi accettato e dopo aver partecipato ad alcune azioni sappiste nella pianura, chiese di esser inviato a combattere nelle formazioni partigiane della montagna. Ai primi di luglio del 1944 si arruolò nella 144a Brigata Garibaldi che operava tra la Statale del Cerreto e il torrente Enza. Partecipò volontariamente a varie azioni di pattuglia, sempre pronto ad eseguire ogni ordine che gli veniva impartito. Questo suo atteggiamento meravigliò e commosse il suo comandante. Purtroppo la sua attività partigiana è stata di breve durata. Il 29 luglio, venuti a conoscenza che i tedeschi si accingevano a sferrare un fortissimo attacco alle posizioni partigiane che avevano liberato buona parte dell’Appennino reggiano, alcuni partigiani, fra cui Domenico, uscirono di pattuglia per ispezionare la statale del Cerreto. Nei pressi dello Sparavalle i partigiani sostarono per dissetarsi ad una piccola sorgente. Fu allora che un reparto tedesco li sorprese ed aprì contro il gruppo una violenta sparatoria. Nello scontro che seguì morirono alcuni partigiani, diversi furono feriti, fra i quali anche Domenico ad un braccio. Poteva salvarsi come gli altri ma il suo cuore generoso lo indusse ad accogliere le invocazioni di aiuto di un suo compagno ferito ad una gamba. Tornò indietro, lo sorresse trasportandolo in un disperato tentativo di salvarlo. Purtroppo furono catturati entrambi e portati a Castelnuovo Monti e rinchiusi per due giorni in una cantina della casa Capanni. In seguito vennero trasferiti nelle carceri di Ciano d’Enza. Da allora di Domenico e del suo compagno non si seppe più nulla. In ricordo del giovanissimo partigiano è stata intestata la biblioteca comunale di Rosta Nuova. Anacleto Mescoli


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l l e d o i r iversa

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Domenica 20 marzo a Cervarolo sono state commemorate le vittime della ferocia nazista consumata in una gelida giornata di inizio primavera del 1944. Per ricordare quella tragedia pubblichiamo alcuni stralci dell’intervento di Ernesto D’Andrea tenuto a Cervarolo in occasione della cerimonia commemorativa e la testimonianza di Natalina Maestri, citata dallo stesso D’Andrea nel suo intervento, fatta davanti a giudici del tribunale militare di Verona, dov’è in corso il processo ai responabili della strage. Tanti cittadini hanno partecipato alla cerimonia. Sono intervenuti il vice sindaco di Villa Minozzo, Erica Beltrami, mentre la rievocazione è stata curata dagli studenti della scuola media “Galileo Galilei”. Le foto sono di Gianni Marconi, che ringranziamo per la disponibilità. […] A Cervarolo 24 persone innocenti –

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tra cui anche una persona paralizzata ed il parroco, don Giovanni Battista Pigozzi, che venne umiliato, denudato e deriso – trovarono la morte per mano di una mente folle e criminale, che venne aiutata, ed è inutile nasconderlo, perché è la semplice verità che risulta dagli atti processuali, dalle spie fedeli a Benito Mussolini. Il rispetto e la difesa della Costituzione italiana, nata prima di tutto dalle lotte partigiane, come ci ricorda un grande giurista quale è stato Pietro Calamandrei, è il primo e fondamentale passo per evitare il rischio di un brusco ritorno a un paese privo di equilibri istituzionali, a un paese privo delle libertà fondamentali. […] Nel mondo in cui viviamo, e soprattutto oggi, in un periodo di consusmismo sfrenato che molto spesso induce l’animo umano più a guardare l’interesse personale che non l’interese collettivo, è indispensabile per evitare “guasti alla

D’Andrea: “HA ANCORA SENSO PARLARE OGGI DI ANTIFASCISMO? IO RITENGO DI SI…”

democrazia e all’osservanza delle leggi” che ciascuno di noi svolga il proprio ruolo nella società con il massimo impegno e rifiuntando ogni tentativo di corruzione. Giorgio Ambrosoli, che è stato assassinato nel 1979 a Milano, perché aveva cercato, senza corrompersi, di non far fallire alcune banche italiane, in una lettera indirizzata alla moglie, prima di essere ucciso, scriveva: “è indubbio che pagherò molto a caro prezzo l’incarico di liquidatore: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per l’Italia”. E prima di essere ucciso Ambrosoli dichiarava che: “tutti noi dobbiamo assumerci, senza essere condizionati e senza alcuna titubanza, la responsabilità del ruolo che ciascuno di noi ricopre nella società”.

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[…] Gli insegnanti, ad esempio, hanno il dovere di raccontare che la libertà e la democrazia sono state conquistate con il sacrificio di persone oneste e coraggiose che hanno combattuto per ridare dignità ad un paese ferito e martoriato. […] E ai giovani, che si avvicinano alla politica e alle istituzioni, per la prima volta, dico, con molta sincerità, che si deve avere il coraggio anche di dire no (!!!) al partito in cui si milita, quando ci si rende conto che si scontra con la volontà del cittadino. […] I rappresentanti delle istituzioni pubbliche, ad esempio, devono favorire in ogni modo e forma la memoria collettiva su questi tragici eventi che hanno colpito anche una borgata come Cervarolo. […] Dobbiamo porci una domanda: ha senso parlare ancora oggi di antifascismo, dopo oltre sessant’anni dalla caduta del regime fascista? Io ritengo di sì, in particolare oggi quando si mette in discussione la credibilità di alcune istituzioni democratiche, come la credibilità della stessa Corte costituzionale che ha il compito di controllare che le leggi siano giuste ed uguali per tutti i

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Uno studente della scuola “Galilei”

cittadini. […] Nel momento in cui si assiste al tentativo di relegare ad una questione marginale e di poca rilevanza la scuola pubblica, anch’essa riconosciuta nella nostra Costituzione, vi è l’obbiettivo di creare un’istruzione di serie "A", a cui possono accedere solo in pochi, ed un’istruzione di serie "B". […] E allora io sono profondamente convinto che ci sia ancora bisogno, ma tanto bisogno, dei valori e di quella cultura che caratterizzano l’antifascismo; perché l’antifascismo è sinonimo di democrazia. […] Chi vi sta parlando è un avvocato il quale, inisieme ad altri avvocati, si sta impegnando per ottenere una sentenza di condanna di quei criminali nazisti che hanno provocato tanto dolore a Cervarolo il 20 marzo del 1944 e di cui ancora oggi non si pentono. Qualcuno potrebbe osservare che è solo una sentenza, un pezzo di carta a fronte di tante vittime che sono stati strappati alla vita terrena ingiustamente. Io però mi sento di rispondere che sarà una sentenza comunque importante, che servirà per scrivere l’ultimo capitolo di un

Giacomo Notari, Enrico Bini e Ernesto D’Andrea

libro di storia, mai concluso prima d’oggi. È un capitolo di storia che tutti i giovani potranno leggere e studiare. […] Ma il processo è importante anche per l’aspetto culturale e didattico che svolge rispetto alle giovani generazioni affinche queste tragedie non accadano piu’. Ernesto D’Andrea

Foto di Gianni Marconi

67° anniversario


“IO CHIEDO AL TRIBUNALE SOLO GIUSTIZIA… NIENTE ALTRO” NATALINA MAESTRI, AVEVA 13 ANNI. “Alla mattina del 20 marzo del 1944 era appena diventato giorno ed il paese di Cervarolo era già circondato dai nazisti. non si poteva più muovere nessuno di noi. I nazisti hanno cominciato a buttare giù le porte, a buttare fuori tutta la nostra roba (vestiti, tavoli, sedie e altro ancora), quello che gli serviva lo caricavano sulle camionette… Mio papà voleva andare a nascondersi in soffitta per non farsi catturare dai tedeschi, ma io e mia mamma gli abbiamo detto di non andare perché se ti trovano dopo ti uccidono… verso le 8 del mattino i nazisti hanno cominciato a portare nell’aia di Cervarolo tutti gli uomini del paese… anche Rovali Antonio e Borea Cesare che erano infermi, li hanno trascinati nell’aia come se fossero animali… alle nostre mamme i nazisti avevano detto di dare ai nostri genitori un fagottino con del cibo, perché li avrebbero portati in Germania… ma non era vero. […]

Questi uomini, con in mano il fagottino, rimasero in piedi nell’aia, senza mai potersi sedere tutto il giorno… nel frattempo io e mia mamma siamo andati in fondo al paese di Cervarolo e davanti alla porta della famiglia Costi abbiamo visto, distesi per terra, già ammazzati sia Costi Lino che Costi Ennio… i loro corpi riversi in quel modo sull’asfalto, con il freddo che c’era, facevano tanta, tanta e dico tanta tristezza… i nazisti li avevano uccisi la mattina… io e mia mamma abbiamo iniziato a piangere e ci siamo dette adesso ci uccidono tutti… ma i nostri papà erano ancora là in piedi nell’aia di Cervarolo… con il fagottino pieno di pane in mano… ‘poverini’ pensavo… con loro c’era anche il prete don Giovanni Battista Pigozzi […] Verso le 6 di sera il paese di Cervarolo iniziava già a bruciare… noi eravamo stati allontanati dai nazisti… ma da lontano ad un certo punto abbiamo visto il paese bruciare e sentito i colpi delle mi-

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tragliatrici… Dopo siamo tornati a Cervarolo…avevano ammazzato tutti, avevano bruciato anche i corpi dei nostri cari famigliari… Siamo rimasti disperati con la roba che avevamo addosso, le nostre case tutte bruciate, non avevamo più niente per vivere… abbiamo dovuto chiedere l’elemosina… io piangevo perché mi vergognavo, piangevo perché non volevo chiedere l’elemosina… ma dopo tutti ci hanno aiutato… ci hanno dato i vestiti… ci hanno dato qualche cosa da mangiare…dopo ci hanno costruito due baracche in legno e abbiamo vissuto in queste barecche di legno per un bel po’ di tempo… Io chiedo al tribunale solo giustizia… niente altro”. Natalina Maestri La commozione dei familiari delle vittime della strage

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memoria 66° anniversario degli eccidi del Torrazzo e di San Michele della Fossa (Bagnolo in Piano)

IN RICORDO DEGLI ECCIDI Il 13 febbraio scorso si sono svolte a Bagnolo le celebrazioni per il 66° anniversario degli eccidi del Torrazzo e di San Michele avvenuti rispettivamente il 14 febbraio e il 3 marzo 1945.

I caduti di San Michele: Ottorino Vecchi di Scandiano, Guido Signorelli di Rio Saliceto, Annibale Bruschi e Angelo Grassi di Piacenza, Luigi Brandolisi e Renato Corradini di La Spezia, Elio Sesenna di Fiorenzuola e un altro giovane rimasto sconosciuto. I caduti del Torrazzo: Aristide Carboni,Carlo Formentini, i fratelli Otello e Oreste Gibertoni, Evres Lazzaretti, Primo Malaguti, Emilio Mattioli, Licinio Tedeschi, Armando Storchi e Imerio Tondelli.

Una delegazione, partita da piazza Garibaldi, ha raggiunto il monumento che ricorda i fucilati dai tedeschi a San Michele. Successivamente è partito il corteo con i gonfaloni e la banda musicale che si è fermato davanti al Torrazzo, in centro a Bagnolo.A ricordare i caduti per mano fascista il sindaco di Bagnolo Paola Baraldi, l’assessore Cristiano Ruggia del Comitato provinciale della Resistenza di La Spezia e Alessandro Frignoli, vice presidente dell’ANPI provinciale. Preceduta da un intervento dell’assessore alla cultura di Bagnolo Daniele Ferrari, la compagnia teatrale MaMiMò ha letto alcune lettere di condannati a morte della Resistenza e il ricordo delle molte rappresaglie fasciste.

66° anniversario dell’eccidio di Ponte Cantone (Calerno)

IN RICORDO DEI MARTIRI 14 febbraio 1945 vati dai tedeschi dal carcere di Parma e fucilati per rappresaglia in seguito ad azioni partigiane compiute sulla notte del 12. Alunni e alunne della V classe della scuola elementare “Italo Calvino” di Calerno hanno poi recitato testimonianze raccolte tra i familiari dei caduti.

Domenica 13 febbraio sono stati ricordati dal sindaco di Sant’Ilario Marcello Moretti, da quello di Piacenza Roberto Reggi e dall’assessore provinciale Antonietta Acerenza, a 66 anni dal fatto, avvenuto il 14 febbraio 1945, i 20 ostaggi prele-

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Furono fucilati: Nello Avanzi, Pierino Avanzi, Corrado Barresi, Giuseppe Bellini, Giacomo Bernardelli, Guido Botti, Bruno Faustini, Raimondo Fermi, Antonio Gandolfi, Egidio Gardini, Renzo Melloni, Franco Molinari, Amos Montecchi, Aldo Pasqua, Giulio Resmini, Nicola Cosimo Salvo, Angiolino Tanzi, Oreste Tosini, Luigi Viglio, Paride Zanatti.


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I SINISTRA D O IC H C R A N O M E L’OLANDES CO DI EROS N A FI A O N IA G EG R dimo Ferrari. E GARIBALDINO Fritz l’Olandese e Di l post Liberazione

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l 2007. In Snapper è morto ne itz Fr , ale di on m ra nda guer to prigioniero oso dopo essere sta dese durante la seco ur an nt ol ve o av cit i er sa es as ll’ o de od Ufficiale aggio 1940). diale in m e la 2a guerra mon ll’Olanda (9-14 m nt de ra ta du zis o na tat pi ne ca zio a Italia er olenta occupa ito alla rapida e vi dei tedeschi in segu

Dopo l’8 settembre ‘43 (e dopo vari avventurosi spostamenti ancora in corso di accertamento in sede di ricerca storica) entrò in contatto con elementi della Resistenza modenese. Fu così tra i primi partigiani operanti sull’Appennino nell’alta valle del Secchia. Nel reggiano operò poi come ufficiale di collegamento del Comando unico reggiano col comando della Divisione Modena montagna, sotto il nome di copertura di Francesco. Del tutto particolare il suo rapporto con le formazioni garibaldine e col commissario generale Eros, come emerge chiaramente dai numerosi rapporti da lui stilati e firmati (estate ‘44-aprile 1945)conservati presso l’archivio di Istoreco. Meno nota la corrispondenza che intrattenne anche negli anni del dopo Liberazione, e dopo il suo rientro in Olanda, con lo stesso Eros. Siamo qui in grado di renderne conto con qualche esempio pescato dal carteggio personale di Didimo Ferrari messoci a disposizione dalla figlia Anna. Ritornato in Olanda e ripreso servizio come ufficiale (sarà poi smobilitato in settembre ‘46 e reintegrato nel suo precedente lavoro all’Ufficio statistico centrale come dirigente del settore finanziario), Snapper dovette lasciar trascorrere vari mesi prima di riprendere i contatti con Eros. La prima lettera, da Hilversum, è del 1 luglio 1946. Singolare l’indirizzo del destinatario, che dà l’idea, assieme alla notizia di aver ritrovato la propria moglie “Che è stata internata in quello campo terribile di Bergen Belsen”, del caos da cui a fatica l’Europa stava uscendo. La lettera è firmata, come tutte quelle che seguiranno, col nome di Frantz. “Al Dodimi Ferrari (nome di battaglia durante la lotta partigiana EROS Commissario generale di guerra di Reggio Emilia) per indirizzo Federazione Communista di Reggio Emilia-Italia”. “Caro Eros, finalmente ho l’opportunità di scriverti. Ho ritrovato quest’indirizzo mentre finalmente il collegamento postale fra Olanda e Italia è ripreso”. Questo l’incipit di una

lettera scritta in un abbastanza comprensibile italiano imparato “sul campo” durante i mesi della Resistenza in Italia. Snapper, di madre lingua fiamminga, conosceva bene sia il tedesco che l’inglese, lingue che gli furono utili proprio da partigiano e per il ruolo particolare da lui avuto. Doveva avere dimestichezza anche con il francese, come fanno pensare alcuni francesismi che compaiono nelle lettere del dopo Liberazione (es. “amusante” per “divertente”). “Mi dispiace tanto – scrive fra l’altro – che lo sforzo della tua bella patria durante la lotta contro il nazifascismo non è appreciato (sic) e che adesso l’Italia è trattata come un paese ex fascista e non come un paese che ha cacciato via con mezzi di se stesso il fascismo”. E subito dopo chiede notizie, come in un empito di rimpatriata psicologica, dei “vecchi compagni della lotta di anni scorsi, Miro, Monti, Luigi, Gianni, Zorro, Sintoni, Gino ...”. Nomi di battaglia, rispettivamente, di Riccardo Cocconi, Augusto Berti, Pio Montermini, Giovanni Farri, Pietro Galassini, Fausto Pattacini e Otello Salsi. In una lettera di alcuni mesi dopo accennerà anche a “Rosina, la nostra compagna corragiosa che è stata incarcerata tanto tempo”. Si riferiva a Rosina Becchi, brutalmente e ripetutamente torturata da sgherri nazisti (a Busana e a Ciano) e fascisti nostrani (a Villa Cucchi), Medaglia d’Argento al V.M. Dà poi notizia di una costituenda ANPI in Olanda, allo scopo di riunire “gli Italiani che hanno combattuto in Olanda contro gli tedeschi e gli Olandesi che sono stati partigiani in Italia”. Al riguardo chiede il parere di Eros nel suo simpatico italiano “Che pensa te di questa cosa?”. Annuncia di essere in procinto di scrivere un libro “nella lingua olandese della lotta partigiana in Reggio ed Emilia per informare i miei compatriotti della lotta partigiana in Italia e la coraggio che io ho visto dei Garibaldini nel Emilia”. Sarà ora interessante verificare se poi quel libro sia stato scritto e se sia in qualche modo reperibile, ed eventualmente traducibile in italiano. Va detto che l’apprezzamen-

to per i garibaldini non era genericamente rivolto a tutti i partigiani, ma derivante proprio da una forte affinità che Snapper ebbe nei mesi della lotta di liberazione con i partigiani “rossi” e con Eros personalmente. Ciò che emerge con tutta evidenza anche dai carteggi coevi, in parte pubblicati da Guerrino Franzini nella sua Storia della resistenza reggiana (pp. 829, 833). Ma nonostante la sua simpatia nei confronti degli ideali comunisti, riconfermata anche nelle lettere del dopo liberazione, Snapper manifesta ad Eros il proprio attaccamento all’ istituto monarchico dell’Olanda per la decisa posizione antinazista della famiglia reale e poi anche perché, scrive il 9 dicembre ’46, dopo la vittoria repubblicana negli USA, “non ho mai amato i repubblicani. Non ne l’Italia di 1944-45 e non nel America di 1946”. Circa il suo attaccamento alla casa reale olandese, Snapper scriverà (13.02.1947) “oggi è nata in Olanda una piccola principessa. Come tu sai io sono un uomo di sinistra, però monarchista. Ma tu sai che la casa di Orange è sempre stata una casa progressiva, dunque oggi abbiamo grande festa per celebrare que [che] per la prima volta dopo la liberazione è nata una principessa sulla suole [sul suolo] libero olandese. Nella lettera scritta il 22.04.1947 (l’ultima, tra quelle in nostre mani) Snapper ringrazia Eros per il materiale (foto e documenti vari relativi alla resistenza reggiana) inviatogli per il libro a cui sta lavorando. Per la pubblicazione del quale libro si doveva però aspettare fino a che “la situazione della carta sarà amegliorata”. Augurandoci, in conclusione, che la penuria di carta nell’Olanda del 1947 sia stata rapidamente superata e che il libro di Snapper sia stato pubblicato, continueremo a cercarlo per scoprire, dopo quello russo di Anatoli Tarassov e inglese di Roy Farran e del capitano Lees, anche lo sguardo “olandese” sulla Resistenza reggiana. Antonio Zambonelli

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Nel leggere sulla “Gazzetta di Reggio”, gli articoli sul viaggio della memoria a Berlino del 2011, le impressioni positive degli studenti (anch’io ho partecipato a due viaggi, ad Auschwitz e Berlino), mi hanno sollecitato a scrivere le mie esperienze e impressioni di un viaggio fatto in Germania Ovest nel 1955, sono ricordi che non si dimenticano e che ti segnano la vita in positivo. Allora ragazzo di 14 anni, mai andato fuori Reggio,ad eccezione di essere andato quattro o cinque volte ad Ancona a trovare mio padre rinchiuso in quelle carceri solo per avuto la colpa di esser stato un partigiano comunista (nel post Liberazione prestò servizio nella polizia partigiana), ma non avevo mai visitato la città perché mia madre non aveva soldi per fermarci. Un giorno l’ANPI provinciale propose ai miei genitori di mandarmi assieme ad altri ragazzi di altre città italiane in visita in Germania per un mese, su invito di una organizzazione antinazista denominata VVA, (Associazione perseguitati antinazisti), per dimostrare a noi ragazzi italiani che il popolo tedesco non erano stato tutto nazista,come allora molti sostenevano. Partimmo nel giugno alla volta di Milano, dove c’era il concentramento di tutti i ragazzi e accompagnatori, siamo stati ospiti per una notte al convitto scuola dell’AN-

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PI, noi quattro o cinque di Reggio siamo arrivati verso le 12.00, dopo aver sistemato le nostre cose nelle camere, siamo andati a fare un giro per la città. Potete immaginare quale stupore quali sensazioni abbiamo provato, vedere una città cosi grande con enormi palazzi, le tranvie, tante macchine, poi il Duomo così maestoso, la galleria Centrale, il Castello Sforzesco ecc. Il mattino seguente partimmo in treno destinazione Monaco di Baviera, dove ci fu il primo scarico; eravamo tutti preoccupati perché andavamo ospiti in casa di famiglie che non conoscevamo e che parlavano un’altra lingua a noi sconosciuta ed essendo a loro sconosciuta la nostra, mai stati all’estero. Ma eravamo anche curiosi di arrivare; cosi arrivammo a Stoccarda, Norimberga, Francoforte sul Meno, alcune cittadine meno note poi su verso Nord, Kassel ultima tappa, dove scesi io con altri nove ragazzi. Alla stazione centrale, ancora semi distrutta dalla guerra (Kassel fu rasa al suolo) a riceverci c’erano le famiglie e i responsabili della organizzazione. Io fui scelto dalla famiglia di Ernst Ulbrich. Dopo le prime strette di mano e i baci, andammo a casa e incominciai a conoscere gli altri componenti, poi imparai dall’accompagnatore che non era una famiglia come le altre, perché la fam.

Ulbrich, di Marì la moglie e della nipote Ingrid era stata distrutta dalla guerra. Cosi il nonno di Ingrid, Ernst e la zia Marì si misero insieme per poter allevare la nipote ed evitare di metterla in un orfanotrofio e formare invece una famiglia normale. Nei giorni seguenti incominciammo a fare gite turistiche per visitare castelli, fiumi, foreste molto verdi e ben curate, villaggi, musei, ecc. in centro della città e nella periferia ed altre cittadine vicine. Nel pomeriggio, al ritorno, tutti insieme ci trovavamo nella sede della organizzazione con le famiglie per parlare di tante cose soprattutto della guerra della pace e delle nostre famiglie, delle avventure dei nostri padri partigiani. Per comunicare con gli amici tedeschi l’accompagnatore venuto con noi dall’Italia faceva da interprete. Qualcuno dei tedeschi sapeva qualche parola di italiano. Ernst, due giorni alla settimana, si assentava da casa, dagli incontri con gli altri, per poi apparire sotto sera con una borsa piena di roba. Dove andasse lo imparai nel viaggio di ritorno, sempre dall’accompagnatore: dato che Kassel a quei tempi era vicino al confine con la Germania Est, lui passava il confine per vie traverse perché non aveva il lascia passare, in quanto comunista e antinazista (il partito comunista nella Germania Ovest era stato messo fuori legalità, perciò era clan-


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destino) e aveva contatti con compagni dell’organizzazione antinazista dell’Est, i quali lo rifornivano di uova da vendere in Kassel, per mantenere l’organizzazione e il partito comunista. Altra cosa che vorrei ricordare: nel programma dei nostri giorni cera compresa una visita al campo di concentramento di Buchenwald, ma siccome era in territorio orientale, le autorità non ci diedero il permesso, con nostro grande rammarico. Due sere prima della partenza per l’Italia ci trovammo tutti insieme per festeggiare in una piccola birreria, tra un piatto, una bevuta, incominciammo a cantare canzoni partigiane poi siamo arrivati a Bandiera rossa, L’Internazionale; a un certo punto arrivò la polizia ci fece smettere di cantare, prese le generalità dei tedeschi e ci mandò tutti a casa. Partimmo da Kassel contenti perché dopo un mese si ritornava a casa, ma con una grande amarezza di dover lasciare persone così buone premurose nei nostri confronti. Il concentramento di tutti era fissato a Monaco, per poi andare a far visita prima del rientro in Italia al campo di concentra-

mento di Dachau. Al campo doveva riceverci e accompagnarci nella visita il Borgomastro del paese, ma all’ultimo momento ha disdetto l’impegno, perché, sapemmo da un prete italiano che si offrì di accompagnarci, il Borgomastro era vicino alle idee naziste. Deponemmo una corona di fiori alla lapide a ricordo dei morti del campo, poi incominciò la visita all’interno del campo, la curiosità di tutti noi era di sapere come mai un prete italiano si trovava in quel luogo: ci spiegò che da quando il campo diventò campo di concentramento, divenne il campo di prigionia più grosso della Germania per religiosi di fede cristiana, anche Lui fu fatto prigioniero e mandato a Dachau. Nel 1955 c’erano ancora numerose baracche, alcune ristrutturate, dentro ci vivevano ancora persone che erano state torturate, che avevano subito esperimenti scientifici sul loro corpo, (il campo era anche noto per i dottori incaricati a fare questo tipo di lavoro). Alcuni dopo essere stati liberati tornati a casa non anno trovato più nessun famigliare, la casa distrutta, cosi, dato che queste persone ricevevano una piccola pensione

dall’ONU sono ritornati indietro, alcuni si sono sposati, alcuni erano italiani. Il parroco fu incaricato di occuparsi di queste persone. Poi ci fece notare al centro del campo la baracca dei prigionieri russi, ancora com’era del ’45, se ricordo bene, era la n. 17. I russi avevano un trattamento speciale, mangiavano una volta al giorno, non potevano uscire dalla baracca se no venivano fucilati. Intorno alla baracca da altri prigionieri facevano coltivare l’orto e seminare fiori, ma per i russi era vietato raccogliere la verdura, molti per fame di notte si azzardavano dalle finestre a prendere verdura cosi, venivano uccisi. Poi arrivammo alla camera a gas costruita un anno prima della liberazione del campo. Potete immaginare il nostro stupore, la nostra disapprovazione, la commozione era tanta, incontenibile; poi i forni crematori, sentire le spiegazioni del parroco di come si svolgevano i lavori era ancora più orribile più mostruoso. Pensare che una mente umana potesse arrivare a tanto! Questa visita al campo ci fece riflettere e discutere tanto durante il rientro in Italia. La prima cosa che ci è venuta in mente aprile 2011 47 notiziario anpi


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erano le condizioni dei prigionieri; io questo ricordo lo porto ancora dentro di me come se la visita l’avessi appena fatta. Questa visita ha rappresentato il culmine del viaggio. Arrivati a casa tutti erano curiosi di sapere; i nostri genitori, gli amici, l’ANPI, ecc. Dato che io facevo già parte della FGCI di villa Ospizio, organizzammo alcune serate d’incontro con i giovani e la gente, allestimmo anche una piccola mostra fotografica, questa poi fu esposta anche alla festa provinciale dell’Unità. A quei tempi ancora non si parlava della memoria forse perché la guerra era da poco conclusa, ma in me era forte il desiderio di far conoscere ad altri le esperienze fatte e quello che avevo visto. Sarà anche per questo che nel mio piccolo ancora oggi collaboro con l’ANPI. Faccio appello ai giovani di oggi che partecipano ai viaggi della memoria, di essere anche loro impegnati a divulgare le loro esperienze. Io poi continuai a tenere i contatti con la famiglia Ulbrich e con l’organizzazione. Invitai alcuni di loro a venire a Reggio, ma dato l’età avanzata non vennero, ma invitarono mio padre e mia madre ad andare da loro, dove furono ricevuti con festeggiamenti: tutti li volevano ospitarli, riuscirono ad andare anche a Buchenwald. Oggi per questioni anagrafiche queste famiglie non ci sono più, ma ho ancora contatti con persone tedesche per esempio con Eva Watschkow di Berlino, che non conobbe mai suo padre, ufficiale tedesco della Luftwaffe, ucciso a villa Rossi di Albinea perché cercò di disertare assieme ad altri quattro suoi commilitoni per unirsi ai partigiani Il piano falli, ma prima del tentativo di disertare, ebbe incontri con mio padre per passargli armi e munizioni da portare in montagna. La figlia venuta a conoscenza di questo fatto volle venire a Reggio ad incontrare mio padre, per sapere del suo. Ecco perché questi viaggi questi incontri sono necessari. Perché la memoria è fondamentale per la formazione di uomini e donne, di giovani e ragazze consapevoli e portatori di valori veri. Luciano Cattini

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a u q a r o n o “Se n lle donne i

La voce de

Lamanifestazionevolutadalledonneperrivendicare dignità e diritti, per prendere le distanze dai festini di Arcore e respingerne i disvalori. Sul palco la vice presidente dell’ANPI Fiorella Ferrarini Oltre 3.000 persone hanno aderito alla manifestazione “Se non ora quando?” svoltasi a Reggio domenica 13 febbraio. A rispondere all’appello non sono state soltanto le donne: la grande sfida era, probabilmente, proprio questa. Infatti, genitori, figli, anziani erano in piazza per dire di no alla mercificazione del corpo della donna e manifestare per la sua dignità. Dalle 15, piazza Martiri del 7 luglio era già gremita. L’evento organizzato dalle donne per le donne, la manifestazione voluta per rivendicarne dignità e diritti, per prendere le distanze dai festini organizzata ad Arcore da Silvio Berlusconi. Ad aprire l’evento sono state le donne del comitato organizzatore, che hanno sottolineato come l’appuntamento non rappresenti un evento isolato: “Questa giornata per noi è solo l’inizio, per continuare a parlare di donne e di uomini, di dignità, di rispetto”. E mentre la partecipazione cresceva, sul palco – presente anche Fiorella Ferrarini dell’ANPI reggiana – si alternavano voci diverse. Erano testimonianze di lavoratrici, studenti, uomini delle istituzioni e della società: “Le Spettinate” (gruppo di attrici reggiane), una lavoratrice della GFE (da mesi in lotta con i colleghi per il proprio posto di lavoro) e altri. (gb) Foto di Angelo Bariani


avvenimenti

Sul palco si riconoscono Eletta Bertani e Fiorella Ferrarini

L’adesione dell’ANPI ersa v i d a r u t l u c a n in piazza per u

ando”.

Alcune attrici della compagnia Le Spettinate

Castellarano

CENA ANPI PER IL 150°: «LA RESISTENZA FU UN NUOVO RISORGIMENTO»

La sala gremita

Giovedì sera 17 marzo, l’ANPI di Castellarano ha festeggiato il 150° dell’Unità d’Italia con una “cena partigiana” al Circolo Arci di via Chiaviche 59. Duecento persone, oltre ai volontari, hanno raccolto l’invito per una serata che ha voluto festeggiare sia il momento fondante della nostra nazione sia contribuire all’attività dell’ANPI. All’iniziativa hanno collaborato attivamente anche Auser e SPI. Il Comune di Castellarano ha dato il patrocinio. Dopo cena, canti popolari col gruppo “Amici del coro”. Foto che di Gabriele Ronchetti

I volontari

Loredana Cavazzini

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HERMES GRAPPI

25/07/1925-06/03/2011

Hermes Grappi in Istoreco durante il Direttivo del giugno 2009

Un ragazzo del 1943

Lo ricordano Giannetto Magnanini e Vanni Ermanno Orlandini Hermes Grappi l’ho conosciuto subito dopo la Liberazione. Un giorno, con Franco Iotti, usciti dalla fabbrica Lombardini ci recammo, in tuta blu, alla sede del Fronte della Gioventù di Reggio Emilia, in via Boiardi al civico 4. Nella sede vedemmo un giovane dietro ad una scrivania, tutto assorto a leggere i giornali; era Amus Fontanesi che alzando testa ci vide e disse: “Ecco la classe operaia”. Poco dopo rincontrai Hermes, alto, magro, con capelli neri, un po’ spettinato; sorrise con occhi interrogativi a me giovane operaio con l’istruzione di 5a elementare; lui con maggiore istruzione, io cresciuto in mezzo ad operai antifascisti convinti, lui in rapporto con il movimento clandestino di Cavriago. Eravamo parte delle migliaia di ragazzi sui vent’anni che dopo l’8 settembre del 1943 erano sotto le forche caudine dei fascisti della Repubblica sociale italiana, pronti per essere chiamati alle armi a fianco dello straniero. Ragazzi che tra il gennaio e il marzo del 1944 venivano arruolati con prepotenza e ricatti e minacciati di morte, come pure i familiari se non ci presentavamo. A migliaia ci trovammo nel Fronte della Gioventù, prima con negli occhi la paura e la morte, poi pieni di entusiasmo per andare oltre con speranza e certezza nell’avvenire. Dopo qualche decennio costituimmo su proposta di Hermes e Pino Ferrari, il sodali50 aprile 2011

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zio “I ragazzi del ’43-45”. Ogni tanto ci incontravamo attorno ad un tavolo, oltre ad un buon pranzo ma non c’era nulla di nostalgico, non parlavamo mai del nostro passato ma ci interrogavamo sul presente e sull’avvenire, per capire come si muoveva il mondo, l’Italia e soprattutto le forze democratiche in Italia. Discussioni e confronti aperti, ma con reciproca stima sulle diverse interpretazioni. C’era Hermes, Pino Ferrari, Amus Fontanesi, chi scrive, Ugo Benassi, Alessandro Carri, Enrico Lelli e altri, volevamo sapere l’uno dall’altro brevi accenni e vicende familiari ma ci si rituffava subito sui grandi temi politici, mondiali, nazionali e locali. Hermes aveva un profondo senso dell’amicizia, aveva rapporti costanti con la gente. Aveva una forte personalità, attento, comprensivo, dialogante, a volte rigido e irremovibile anche su aspetti particolari. Hermes ha fatto tante cose nella sua lunga vita; militante delle associazioni giovanili democratiche a livello provinciale, nazionale e sul piano europeo, presente nel circolo di cultura negli anni ’50, dirigente ANPI e di Istoreco. Militante di base del PCI, poi dirigente provinciale, presente nel ruolo di amministratore pubblico a livello cittadino, provinciale e regionale, dirigente tecnico, amministrativo in cariche pubbliche e private, imprenditore, consulente finanziario e molti viaggi nel mondo. Tra noi due vi sono state anche discussioni su certi aspetti della politica degli anni ’50, mai risolti. Ma io ho sempre valutato che Hermes avesse un fiuto politico acuto. Ricordo un pranzo tra noi due e Giovanni Berlinguer, fratello di Enrico, in una pausa di un’assemblea calda. Giovanni allora candidato alla guida del partito, ci lesse un breve intervento che stava per consegnare alla stampa nazionale. Per me andava benissimo, Hermes, invece, fece due puntualizzazioni subito raccolte da Berlinguer che corresse la sua dichiarazione scritta. Hermes aveva notevoli intuizioni politiche. Infine, voglio ricordare un incontro di qualche mese fa a Marola. Sollecitai una sua testimonianza per una ricerca che ho in corso. Mise sulle ginocchia il registratore e lesse lentamente ciò che aveva scritto. Disse che era soddisfatto di ciò che aveva fatto, dei riconoscimenti ricevuti come dirigente aziendale in vari campi economici e finanziari. Disse che tutto ciò che gli veniva riconosciuto era merito dell’esperienza che aveva fatto nel partito comunista come funzionario a tempo pieno. Grazie a quel lavoro, aveva imparato a co-

noscere le persone con i loro pregi e difetti. Aveva soprattutto imparato a lavorare e trattare con la gente e ad avere perseveranza negli obiettivi che incontrava nella vita. Hermes resta in me come l’amico critico e fraterno della mia vita. Giannetto Magnanini Anch’io ho conosciuto Hermes in diverse occasioni e ne rimasi sempre ben impressionato per l’attenzione con la quale ascoltava e con la disposizione ad interloquire sui piccoli problemi locali, rilevandone la giusta dimensione, come sui grandi problemi del paese e del mondo. Come sindaco di Albinea (1987/1992) invitavo Hermes, assieme ai compagni più anziani del Comune, a partecipare ai periodici incontri che tenevo con loro alla domenica mattina nel mio ufficio, per ascoltare i loro rilievi critici al mio e nostro lavoro e per sentire il giudizio che loro davano alle iniziative, di vario genere, dai lavori pubblici all’assistenza, al rapporto con gli altri partiti e all’utilizzo delle risorse disponibili. Hermes non faceva sconti sui rilievi critici, così come, senza piaggeria, apprezzava anche le cose buone che riuscivamo a fare, ma spronava sempre a fare meglio e guardare avanti. Era una specie di comitato dei saggi che Hermes mi suggerì di mettere in atto e che, infatti, mi servì molto sotto tutti i punti di vista anche quando, senza giri di parole il rilievo critico era piuttosto diretto e severo. Ricordo con piacere l’entusiasmo con il quale Hermes accolse l’invito che gli rivolsi per raccontare agli studenti una storia da egli vissuta al Gattaglio, ove abitava durante il fascismo. Un operaio antifascista gli spiegò tutto sulla dittatura e gli parlò di Prampolini e Gramsci. Quei racconti segnarono la sua formazione politica e lo portarono in età matura alla resistenza partigiana e all’adesione al PCI. Quel racconto è stampato in una pubblicazione di Istoreco di qualche anno fa e fa parte di quella narrazione storica minore oggi purtroppo presuntuosamente snobbata, ma che resta un veicolo utile per la formazione culturale delle nuove generazioni. In questi ultimi anni ho collaborato con lui nel Comitato dei garanti di Istoreco, apprezzandone la qualità spiccia e mai ipocrita che ha consentito di cementare una sincera amicizia e reciproca stima. Come per ognuno di noi, la vita ha alti e bassi, ma Hermes l’ha vissuta sempre con intensità, specie sul piano politico e sempre al fianco dei lavoratori e degli oppressi. Ultimamente aveva sostenuto la lotta della FIOM e sempre per un mondo migliore e più giusto. Vanni Ermanno Orlandini


cercato dagli stessi. Dopo il 1945 intraprende varie esperienze lavorative, si trasferisce a Genova, crea la sua famiglia con la sua amata Livia e vive serenamente nell’onestà e nel lavoro durante tutta la sua esistenza.

ALDO ROMEI

LUIGI RONCHETTI (EDISON)

24/09/1922-27/12/2010 Il 27 dicembre 2010 è mancato all’affetto della sua famiglia e di coloro che gli hanno voluto bene Aldo Romei, contadino e antifascista. Aldo Romei, nasce a Quattro Castella (RE) il 24 settembre 1922, vive la giovinezza alla Colombaia di Garfagnolo (Castelnovo ne’ Monti), arruolato di leva nel 1942, viene assegnato al fronte occidentale; dopo 1’8 settembre 1943, a seguito degli “sbandamenti”, raggiunge (a piedi ed a volte salendo in corsa e saltando dai treni) nuovamente il suo paese. Fino al termine del periodo bellico collabora attivamente con la Resistenza; membro delle SAP, pur non imbracciando più le armi, rischia la vita diverse volte mantenendo i “contatti” e trasmettendo verbalmente messaggi fra le diverse squadre partigiane, fedele collaboratore del Partigiano Milan (detto Magnan) di Costa de’ Grassi, si muove, essendone un perfetto conoscitore, nel territorio dell’appennino reggiano, a nord del fiume Secchia tra Castelnovo ne’ Monti, Vetto D’Enza, Ramiseto e Busana riferendo dei movimenti del nemico. Il 17 novembre 1944 perde il fratello Giuseppe (nome di battaglia Fiero), arruolato fra le file partigiane, nell’eccidio di Legoreccio; tale fatto “segna” (per lui e la sua famiglia), con un ricordo amaro e indelebile, tutta la sua esistenza. Ancora più motivato nella sua azione patriottica, vive “alla macchia” per proteggere la sua famiglia e agisce spesso in autonomia ed in solitudine a favore della comunità contadina delle frazioni e dei vari piccoli agglomerati abitati della zona quando, la notte, ripara diversi collegamenti elettrici salendo al buio sui pali danneggiati dai nazifascisti e per tali azioni viene assiduamente, ma invano, ri-

21/06/1926-06/032011

BRUNO FANI

30/11/1923-11/02/2011 L’11 febbraio u.s. è deceduto Bruno Fani, partigiano della 145a BGT Garibaldi, indimenticabile attivista, anche come fotografo, dell’ANPI. La sorella Franca nel ricordarlo con profondo rimpianto, offre pro Notiziario. In sua memoria offre anche Albertina Bagnacani.

ROBERTO REDEGHIERI (BARACCA)

Il 6 marzo u.s., all’età di 84 anni è venuto a mancare il Partigiano Luigi Ronchetti Edison, originario di Campogalliano (MO). Giovanissimo sale in montagna, entrando nelle fila del conosciuto distaccamento “Zambonini” della 145a BGT Garibaldi e partecipa a tutte le numerose battaglie avvenute nel nostro Appennino. Dopo la guerra aderisce attivamente all’ANPI. Fa il casaro a San Faustino di Rubiera e, nel 1959, sposa Angela Mussini di Scandiano, dove si trasferisce, e dalla quale avrà due figlie Valeria e Marisa. Lavorerà poi come muratore fino alla pensione. Un uomo onesto, gran lavoratore, dedito alla famiglia, di carattere piuttosto schivo e di poche parole. Rimasto vedovo ha vissuto a Scandiano con la figlia Marisa. Ha avuto il funerale civile che voleva, con la bandiera dell’ANPI e la banda musicale che suonava le canzoni partigiane. In suo onore, le figlie Marisa e Valeria e il genero Maurizio Becchi sottoscrivono generosamente per il Notiziario. Unendo il nostro dolore a quello dei famigliari, rivolgiamo loro le più sentite condoglianze. ANPI Scandiano

Dopo alcuni mesi di malattia, il 16 febbraio 2011, è mancato all’affetto dei suoi cari Roberto Redeghieri Baracca di Villa Cella. Convinto antifascista insignito del diploma di combattente per la libertà dal presidente Sandro Pertini. Lo ricordano con affetto la moglie Iside, i figli Deanna, Ivan, Ombretta e i nipoti tutti. aprile 2011 51 notiziario anpi


Bruno Manzotti - Bruna Pecchini

ANNIVERSARI

Il 25 febbraio ricorreva l’8° anniversario della scomparsa di Bruno Manzotti, antifascista, deportato dopo l’8 settembre 1943 in un campo di prigionia in Germania. I figli Marzia e Flavio con le loro famiglie lo ricordano con tanto affetto assieme alla madre Bruna Pecchini, staffetta partigiana, scomparsa il 6 dicembre scorso. Nell’occasione sottoscrivono pro “Notiziario”.

GUIDO BORGHI

IN MEMORIA Per ricordare Guido Borghi, scomparso il 5 febbraio 1991, la moglie Idima Grisanti e i figli Gian Paolo, Tiziano e William sottoscrivono pro Notiziario.

ENRICO VESCOVINI

IN MEMORIA Per onorare la memoria dell’indimenticabile studente Enrico Vescovini, deceduto in seguito ad un incidente stradale, i genitori dott. Enzo e dott.ssa Donata, e la famiglia Cavazzini Fernando offrono pro Notiziario.

FRANCESCO BENEDETTI (FOLGORE)

10° ANNIVERSARIO Il 14 marzo ricorreva il 10° anniversario della scomparsa di Francesco Benedetti Folgore, Partigiano decorato con la Croce al merito, che, adolescente, non esitò ad abbracciare la lotta antifascista per liberare l’Italia. La moglie Marisa, le figlie Lina, Rita, i nipoti e i generi lo ricordano con tanto amore e sottoscrivono pro Notiziario. Lo ricordano anche, con immutato affetto, i cognati Ermanno Pignatti e Marta Casoli e sottoscrivono pro Notiziario.

ANTONIO BRENNO COSTETTI (VOLPE) ULISSE GILIOLI (ORAZIO)

IN MEMORIA

4° ANNIVERSARIO

Per onorare la memoria, in occasione del 25 Aprile, del Partigiano Antonio Brenno Costetti Volpe. “Papà, noi tutti ti ricordiamo e seguiamo i tuoi insegnamenti di onestà e rispetto per il prossimo. Sei sempre nei nostri cuori” Moresca, Franca, Robin e Bruna.

Nel 4° anniversario della scomparsa del Partigiano Ulisse Gilioli Orazio, avvenuta il 22 marzo 2007, la moglie Simona e la figlia Simonetta, nel ricordarlo con immutato affetto e rimpianto, offrono pro Notiziario.

GIULIO GUIDOTTI

8° ANNIVERSARIO Il 16 aprile ricorre l’8° anniversario della scomparsa del Partigiano Giulio Guidotti, appartenente alla divisione “Dalmazia” dell’esercito di liberazione della Jugoslavia. Nel ricordarlo con infinito affetto, la moglie Selene, il figlio Gianni, la nuora Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati, le cognate, e i parenti tutti sottoscrivono pro Notiziario.

ROMEO VIANI

9° ANNIVERSARIO

Il 17 maggio 2002 ricorre il 9° anniversario della scomparsa di Romeo Viani. Lo ricordano sempre con affetto la moglie Lidia Valeriani, i figli Mauro e Silvano, la nuora Deanna e la nipote Federica. In suo onore offrono pro Notiziario.

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AMARENZIO MONTANARI (MIRCO) -MARINA NOTARI

IN MEMORIA

I figli Mirco e Rino con le rispettive famiglie e i nipoti Marco, Sofia e Francesca, in occasione del 25 Aprile, ricordano Amarenzio Montanari Mirco, comandante del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi della 76a BGT SAP, insieme alla moglie, scomparsa il 5 dicembre 2008, e sottoscrivono pro Notiziario.

ALDO MUSSINI (EROS)

9° ANNIVERSARIO

In occasione del 25 Aprile, nell’anniversario della scomparsa di Aldo Mussini, avvenuta il 19 aprile 2002, il Partigiano Eros del distaccamento “Rolando Iotti” di Roncocesi, appartenente alla 76a BGT SAP, e in ricordo del suo impegno politico e del suo attivismo sociale, la moglie Velia Verzelloni, la figlia Maela, il genero Rino e i nipoti Marco, Sofia, con affetto e rimpianto, sottoscrivono pro Notiziario.


GINO FURGHIERI (BRUNELLO)

13° ANNIVERSARIO Sono trascorsi ormai 13 anni dalla tua scomparsa, avvenuta il 13 marzo 1998, ma non siamo qui a ricordare solo il tuo anniversario, ma bensì a ricordare tutti i momenti vissuti insieme. Insieme a te che eri una persona piena di giusti valori e ricca di generosità, e che ci servono ancora come aiuto prezioso. Non ti dimenticheremo mai. In tua memoria sottoscriviamo pro Notiziario. Dimma, Katia, Nicoletta,WALTER Mario.

BORCIANI

2° ANNIVERSARIO Nel 2° anniversario della scomparsa di Walter Borciani, avvenuta il 12 maggio 2009 lo ricordano i fratelli Paolo e Teobaldo, sottoscrivendo pro Notiziario. Arruolato nel Regio esercito nel 1940, dopo l’8 settembre 1943 torna a casa e diviene partigiano combattente con il nome di battaglia Pacagnone della 76a BGT SAP. Walter è stato indimenticabile componente del “113”, il gruppo sempre a disposizione dell’ANPI provinciale.

ROMUALDO SBERVIGLIERI (ALDO)

GIUSEPPE CARBONI

11° ANNIVERSARIO A 11 anni dalla scomparsa, avvenuta il 27 aprile 2000, del Partigiano Giuseppe Carboni, lo ricordano con amore immutato la moglie Lina, le figlie Rossella e Daniela, il genero Ermanno e le nipoti Giulia ed Elena. In sua memoria sottoscrivono pro Notiziario..

ELENA RICCO’ (NELLA)

6° ANNIVERSARIO Il 4 aprile ricorreva il 6° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella. Il figlio Marco, la nuora Marina e la carissima nipote Roberta la ricordano con immutato affetto e amore sottoscrivendo pro Notiziario.

IDIMO LUSETTI (IVANO)

6° ANNIVERSARIO Il 7 aprile ricorreva il 6° anniversario della scomparsa del Partigiano Idimo Lusetti Ivano. La figlia Ermelinda sottoscrive pro Notiziario.

13° ANNIVERSARIO Per onorare la memoria del padre Partigiano Romualdo Sberveglieri Aldo, della 144a BGT Garibaldi, deceduto il 7 febbraio 1998, la figlia Ciria, insieme alla famiglia, offre pro Notiziario.

OLDANO PATERLINI (ENOS)

9° ANNIVERSARIO Il 12 aprile ricorreva il 9° anniversario della scomparsa del Partigiano Oldano Paterlini Enos. Lo ricorda la moglie Iones e sottoscrive pro Notiziario.

IVO GUIDETTI (FERMO)

5° ANNIVERSARIO In ricordo del Partigiano Ivo Guidetti Fermo, deceduto il 21 marzo 2006, di Roncocesi, i famigliari sottoscrivono pro Notiziario.

FRANCESCO NERONI

10° ANNIVERSARIO AFRO CREMA

2° ANNIVERSARIO Il 17 febbraio scorso ricorreva il 2° anniversario della perdita del caro Partigiano Afro Crema di Rio Saliceto, comandante di distaccamento della 37a BGT GAP, operante in pianura. Lo vogliono ricordare come uomo stimato e benvoluto da tutto il paese, per l’impegno sociale disinteressatamente profuso per tutta la sua vita a favore dei più deboli. La moglie Luciana Pallicelli e i figli Claudio e Luciano offrono a favore del Notiziario.

A 10 anni dalla morte, la moglie Pompilia Ferrari, le figlie Gilda e Giuliana, i nipoti Andrea e Francesco, ricordano con immutato affetto il caro Francesco Neroni e in sua memoria offrono pro Notiziario.

OLIMPO GIOVANARDI

1°ANNIVERSARIO IL 22 gennaio u.s ricorreva il 1° anniversario della scomparsa del Partigiano Olimpo Giovanardi. La moglie Nedda Ferrari, con famiglia, offre pro Notiziario.

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WOLMER VERZELLONI - WILMA GALAVERNI

JAMES MALAGUTI - IDA DONELLI

IN MEMORIA

Per onorare la memoria dei coniugi Wolmer Verzelloni e Wilma Galaverna, in occasione del 25 Aprile, Velia Verzelloni, Maela Mussini e famiglia, ricordandoli con tanto affetto, sottoscrivono pro Notiziario.

ESTER BEDOGNI - BRENNO GALLONI

IN MEMORIA Per onorare la memoria della madre Ester Bedogni, deceduta il 19 maggio 2003, e del fratello Brenno, Marisa Galloni offre pro Notiziario.

ANNIVERSARI Ricorrono rispettivamente il 14° e il 4° anniversario della scomparsa dei coniugi James Malaguti e Ida Donelli. Lui, comandante partigiano e uomo politico impegnato nel movimento della sinistra; staffetta partigiana lei; padre e madre affettuosissimi, ricordati con affetto da quanti li hanno conosciuti. Oggi, in questa Italia tradita e umiliata c’è ancora bisogno di loro, dei partigiani, dell’ANPI e di quanti si impegnano per ricordare, difendere e portare avanti i valori irrinunciabili della Resistenza, della libertà, dell’onestà, dei valori morali e della solidarietà fra tutte le genti. Il figlio Claudio Malaguti li ricorda a nome di parenti, amici e compagni e sottoscrive pro Notiziario.

LORIS CONFETTI (GIULIO) - ENERMERE BEGGI

IN MEMORIA Per ricordare i genitori Loris Confetti Giulio, Partigiano della 76a BGT SAP, ed Enermere Beggi, i figli Ileana e Mauro sottoscrivono pro Notiziario.

MARIA SCHIATTI in BAGNACANI - ATTILIO BAGNACANI

IN RICORDO In memoria della mamma Maria Schiatti e del padre Attilio Bagnacani, i figli Albertina, Romeo e Arto sottoscrivono pro Notiziario.

ADORNO TAGLIAVINI (EMORE) ADRIANA ORLANDINI

IN MEMORIA In occasione del 25 Aprile, giorno della Liberazione, per onorare la memoria del Partigiano Adorno Tagliavini Emore, della 144a BGT Garibaldi, e della moglie Adriana Orlandini, i figli Mirca ed Emore of-

ILDE PASTORINI- GIUSEPPE FERRETTI

ANNIVERSARI Il 5 aprile ricorreva il 36° anniversario della morte di Giuseppe Ferretti di Villa Cadè. Lo ricordano assieme alla moglie Ilde Pastorini, deceduta il 28 novembre 2010, i consuoceri Clara e Umberto offrendo pro Notiziario.

IN MEMORIA Nell’anniversario del 25 Aprile, giorno della Liberazione dal fascismo, Franca e Iosanna Bartoli, assieme a Gina Chiesi Rocchi, ricordano con affetto l’amico Antonio Ligabue Toni, recentemente scomparso, e sottoscrivono per il Notiziario.

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NELLO BIZZARRI (BRENNO) - ALBERTINA ROSSINI (BRUNA)

IN MEMORIA ANTONIO LIGABUE (TONI)

54 aprile 2011

frono pro Notiziario.

In memoria dei genitori Nello Bizzarri Brenno della 37a BGT GAP e Albertina Rossini Bruna della 77a BGT SAP. Per il 25 Aprile, festa della Liberazione, vi ricordo con tanto amore e immensa riconoscenza per i forti ideali che mi avete trasmesso e in vostro onore offro per il Notiziari ANPI. Vostra figlia Annusca.


WALTER REVEBERI (FRESA)

17° ANNIVERSARIO Il 7 aprile ricorreva il 17° anniversario della scomparsa del Partigiano Walter Reverberi Fresa, ispettore di battaglione con il grado di sottotenente, appartenente alla 145a BGT Garibaldi. La moglie Laura Cavazzoni, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscrive pro Notiziario.

presidente onorario. La figlia Linda lo ricorda con tanto affetto assieme al fratello Mario Garavaldi Vecio, medaglia di bronzo al v.m., ucciso il 23 aprile 1945 a San Rigo di Rivalta.

BRUNA MAMMI in MENOZZI

IN MEMORIA In ricordo di Bruna Mammi, il marito Bruno Menozzi, con la famiglia, sottoscrivono pro Notiziario.

CARLO CAMELLINI (DISASTER)

12° ANNIVERSARIO Il 6 aprile ricorreva il 12° anniversario della scomparsa del Partigiano Carlo Camellini Disater, della 144a BGT Garibaldi. La moglie Loredana Reverberi e i figli Fausto e Giordano, in sua memoria offrono pro Notiziario.

6° ANNIVERSARIO Per ricordare il marito Orlando Rossi, deceduto il 19 marzo 2005, la moglie Giovanna Muzzi, con la famiglia, lo ricorda con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

AUGUSTINA FERRARINI (TINA)

6° ANNIVERSARIO Il 25 aprile di sei anni fa ci ha lasciato Augustina Ferrarini (Tina) della 76a BGT SAP. La figlia, il figlio, la nipote, il genero e la nuora ricordano che il suo primo valore fu la libertà. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.

ORLANDO ROSSI

NATALE DELMONTE

IN MEMORIA Per ricordare Natale Delmonte, sindacalista, la sorella Angiolina sottoscrive pro Notiziario.

ERO BENADUSI

21° ANNIVERSARIO Nel 21° anniversario della scomparsa del compagno Ero Benadusi, la moglie Franca e la figlia Lorena lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

MARIO BAGNACANI

4° ANNIVERSARIO Il 3 maggio ricorre il 4° anniversario della scomparsa di Mario Bagnacani. Nell’occasione la moglie Dimma, i figli Claudio e Silvia, il nipote Simone lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

VIVALDO GARAVALDI (BIBO)

20° ANNIVERSARIO Il 26 aprile 2011 ricorre il 20° anniversario della scomparsa del Partigiano Vivaldo Garavaldi Bibo, viceintendente del I BTG della 76a BGT SAP e per tanti anni attivo nell’apparato della federazione del PCI. E’ stato presidente per 15 anni dell’AVIS provinciale e per divenirne poi

ERMINIO FILIPPINI - VALENTINA MANFREDINI

ANNIVERSARI

Un’esistenza insieme di Amore e di lotta contro le avversità della vita e contro il regime nazifascista. Erminio, deceduto il 23 gennaio 1988, è stato prima incarcerato, poi internato nel Lager di Bolzano, partigiano sia Lui che il fratello Franco, trucidato dai nazifascisti. Primo Sindaco dopo la Liberazione di Luzzara, ancora Sindaco e Amministratore comunale poi, insegnante all’Istituto “Lorenzini” di tanti ragazzi “difficili”, segretario del PCI luzzarese, presidente dell’ospedale civile di Guastalla e della IPAB di Luzzara.Un grandissimo stimato Luzzarese. Valentina, la maestra Adriana, deceduta il 2 gennaio 2009, insegnante elementare fu inviata dai fascisti, coattamente, in Istria ad insegnare la lingua italiana nella regione occupata. A Luzzara ha insegnato ai suoi giovani allievi come fossero suoi figli, visto che la sorte glieli aveva negati. Nelle Sue lezioni vi albergavano valori di onestà e rettitudine, di Libertà e Democrazia che con Erminio ha condiviso e trasmesso con amore altruista al paese intero di Luzzara. Erminio e Adriana rimarranno indelebilmente nei cuori e nelle menti di tantissimi luzzaresi. Un esempio per tutti. L’ANPI di Luzzara e la cognata Tazia con i nipoti tutti Li ricordano con commozione ed affetto.

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RENATO ORLANDINI

DOMENICA BERTIZZOLO

2° ANNIVERSARIO

2° ANNIVERSARIO

Per ricordare Renato Orlandini nel 2° anniversario della scomparsa, avvenuta il 2 marzo 2009, lo ricorda con grande rimpianto la moglie Rosanna Castellari in suo onore offre pro Notiziario.

DONATO PIAZZI (BAFFIN)

IN MEMORIA In memoria del partigiano Donato Piazzi Baffin di Ramiseto la moglie Ada Costi offre pro Notiziario.

Il 12 gennaio u.s. ricorreva il 2° anniversario della scomparsa di Domenica Bertizzolo. Il marito Saverio Ganassi, unitamente ai figli Mirco e Marina e la nipote Fanny la ricordano offrendo pro Notiziario.

CESARE CARLINI

1° ANNIVERSARIO Ad un anno dalla sua mancanza lo ricordiamo così: abbracciato alla sua bandiera dei partigiani: la moglie Velia, i figli, le nuore e i nipoti Carlini. In suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

ATHOS BEDOGNI

7° ANNIVERSARIO

REMIGIO BAGNACANI (VITTORIO)

Per ricordare il marito Athos Bedogni, scomparso il 23 febbraio 2004, la moglie Adele Chiossi offre pro Notiziario.

7° ANNIVERSARIO

RINO SORAGNI (MUSO)

50° ANNIVERSARIO Nel ricordo dell’indimenticabile Rino Soragni Muso, vicecomandante della valorosa 37a BGT GAP, medaglia d’argento al v.m., scomparso tragicamente il 18 marzo 1961, la moglie Enza Gemmi offre pro Notiziario.

PAQUALE RIVI

Nel 7° anniversario della scomparsa del Partigiano Remigio Bagnacani Vittorio, appartenente alla 77a BGT SAP, la moglie Laura Giuni, con la famiglia, in sua memoria offre pro Notiziario.

WERTER BIZZARRI

13° ANNIVERSARIO In occasione del 13° anniversario della scomparsa di Werter Bizzarri, ex internato militare, avvenuta il 5 gennaio 1998, la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca sottoscrivono pro Notiziario.

2° ANNIVERSARIO Per ricordare nel 2° anniversario della scomparsa, avvenuta il 4 febbraio 2009, il fratello Pasquale che, bambino di 7 anni, portava messaggi per incarico del padre Luigi, Eros, Arrigo e Renzo offrono, in suo onore, pro Notiziario.

NADIA GANASSI

12° ANNIVERSARIO Sono passati 12 anni da quel 2 marzo 1999, ma il ricordo resta sempre. Il papà Saverio, il figlio Mirco, la sorella Marina offrono pro Notiziario.

56 aprile 2011

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PRIMO MAREGGINI (BOMBA) MALVINA BENEVENTI

IN MEMORIA Per ricordare i coniugi Primo Mareggino Bomba e Malvina Benedenti, i figli, il genero, le nuore, i nipoti e i pronipoti offrono pro Notiziario.


PAOLO DAVOLI (SERTORIO)

SERGIO FERRARINI (SPARTACO)

IN MEMORIA

9° ANNIVERSARIO

Per onorare la memoria del padre Partigiano Paolo Davoli Sertorio, medaglia d’argento al v.m., torturato e ucciso dai fascisti il 28 febbraio 1945, la figlia Paolina Davoli sottoscrive pro Notiziario.

LINO BERTANI-VINA CAMPANINI

IN MEMORIA Per commemorare la memoria dei genitori Lino Bertani e Vina Campanini, le figlie Carla e Vera, ricordandoli con immutato affetto, offrono pro Notiziario.

JONES ROCCHI-ANGELO VERZELLONI IN MEMORIA Con affetto Valerio Verzelloni ricorda la scomparsa dei genitori, Jones Rocchi e Angelo Verzelloni, avvenuta diversi anni fa. Entrambi lavoratori furono collaboratori nella lotta di Liberazione del nostro Paese per un futuro in una società progressista. I cognati Luigi Galaverna e Norma Rocchi si uniscono al ricordo e sottoscrivono pro Notiziario.

ADELMO BEGGI (PADELLA)-IOLANDA CROTTI

ANNIVERSARI Valerio Beggi e la famiglia vogliono ricordare, sottoscrivendo pro Notiziario, la scomparsa del padre Adelmo, Partigiano combattente con il nome di battaglia Padella, e della madre Iolanda Crotti, che hanno lasciato un grande vuoto. L’affetto per loro rimane tuttora immutato.

GIOVANNI GOVI

IN MEMORIA A ricordo del marito Giovanni Govi e dei caduti per la libertà, Paola Torinelli offre pro Notiziario.

Il 18 maggio ricorre il 9° anniversario della scomparsa di Sergio Ferrarini Spartaco. Ti ricordiamo con dolorosa nostalgia e sottoscriviamo pro Notiziario. Anna e Linda “Per sentieri segreti, per valli, / Senza casa, braccati, banditi… / Senza scarpe, affamati, inseguiti, / Senza cielo, né nome, né gloria, / Senza sole, fra nebbie notturne, / Scarpinando per monti e torrenti / Noipuntammo a una sola vittoria: / Libertà per l’Italia e per noi!” (Avevamo vent’anni)

EMIDIO FRANCHI (MARCO) - ARMENTINA FANTINI (OLGA)

IN MEMORIA In occasione del 25 Aprile, i figli ricordano con affetto e rimpianto i genitori Partigiani Emidio Franchi Marco, deceduto l’8 luglio 1970, e Armentina Fantini Olga, scomparsa il 5 maggio 1999, entrambi appartenenti della 76a BGT SAP “Angelo Zanti”, e in loro memoria sottoscrivono pro Notiziario.

MAURA FERRARI

6° ANNIVERSARIO Il 1° maggio ricorre il 6° anniversario della scomparsa di Maura Ferrari, figlia di Didimo Ferrari Eros commissario partigiano. Il marito Mario Peca, la sorella Anna con Attilio, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia non dimenticheranno mai il suo altruismo, i valori di onestà, il suo sorriso e ottimismo, la speranza di un mondo migliore affinché gli obbiettivi di giustizia, di pace e di benessere… verso una meta dove splende perennemente il sole… rimangano come obiettivi per i suoi cari e per tutti.

FIORINDA CANTONI ved. FERRARI

13° ANNIVERSARIO Il 10 aprile ricorreva il 13° anniversario del decesso di Fiorinda Cantoni vedova di Didimo Ferrari Eros. Con tutto l’affetto che conservano nel cuore, i nipoti Riccardo e Valerio Braglia, la figlia Anna, il genero Attilio la ricordano.

aprile 2011 57 notiziario anpi


i sostenitori notiziario

Il “Notiziario ANPI” è una voce della Resistenza e della democrazia. PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO

- NEREO GRASSI – pro Notiziario ...........................................euro - ANNA FERRARI – in ricordo della sorella Maura ......................... " - NEALDA DONELLI – in memoria del marito Otello Dazzi ............. " - NEALDA DONELLI – in memoria dei cognati Deledda e Romano ." - NEDDA FERRARI e FAM. – in memoria del marito Olimpo Giovanardi . ................................................................... " - ROMANO CATELLANI e FAM – in ricordo dei genitori . ................ " - AVE e DINA MORSELLI – in memoria di Angiolino Morselli (battaglia di Fosdondo 15 aprile 1945) ...................................... " - VELIA INCERTI – in memoria del marito Cesare Carlini ............... " - MARIA FERRETTI, ANPI Fabbrico – pro Notiziario ....................... " - SAVERIO GANASSI – pro Notiziario ............................................ " - IVO MAREGGINI e F.LLI – in memoria dei genitori . ..................... " - ANPI BUSANA – pro Notiziario ................................................... " - EROS RIVI e F.lli – in memoria di Pasquale Rivi .......................... " - ORNELLA FERRETTI – pro Notiziario .......................................... " - ENZA GEMMI – in memoria del marito Rino Soragni .................. " Fam. GALAVERNI – pro Notiziario .............................................. " - ADELE CHIOSSI – in memoria del marito Athos Bedogni ............ " - ELEONORA OROSEI – in ricordo del marito Mario Masoni .......... " - ERIO LANZONI “VOLGA” – pro Notiziario .................................... " - ADA COSTI, Ramiseto – in ricordo del marito Donato Piazzi “Baffin” ............................................................... " - RINA PIVETTI – pro Notiziario . ................................................... " - Fam. BENEDETTI – in memoria di Francesco Benedetti . ............ " - LUCIANO MARASTONI – pro Notiziario ....................................... " - RENZO SIRONI – pro Notiziario .................................................. " - UGO GUIDETTI – pro Notiziario . ................................................. " - FRANCESCO MANTOVI – pro Notiziario ...................................... " - GIANFRANCO GATTAMELATI – pro Notiziario .............................. " - ANNAMARIA PATERLINI e FAM – in ricordo di Mario Catellani . ... " - GIUSEPPE CODELUPPI – pro Notiziario . ..................................... " - ROSANNA CASTELLARI – in ricordo del marito Renato Orlandini. " - ANGIOLINA DEL MONTE in BENASSI – in memoria del fratello Natale ..................................................................... " - VIRGINIA FRANCIA – in memoria dei suoi cari ............................ " - Fam. CARONI – in memoria di Nildo Caroni “Nebbia” . ............... " - PAOLO e TEOBALDO BORCIANI – in memoria del fratello Walter.. " - Fam. COSTETTI – in ricordo di Antonio Brenno “Volpe” .............. " - GLI AMICI di una vita – onorano la memoria di Mario Catellani “Giorgio” ...................................................... " - ERMANNO PIGNATTI e MARTA CASOLI – in memoria di Francesco Benedetti “Folgore” .............................................. " - ERMANNO PIGNATTI – pro Notiziario ......................................... " - FRANCA FANI – in ricordo del fratello Bruno .............................. " - Fam.VESCOVINI e CAVAZZINI – in memoria di Enrico Vescovini .. " - LIDIA VALERIANI – in memoria di Romeo Viani ........................... " - PAOLINA DAVOLI in memoria del padre Paolo ............................ " - GIANNI ANDREOLI, Correggio – pro Notiziario ............................ " - ANTONIO TIRELLI, Correggio – pro Notiziario ............................. " - BRUNA AGUZZOLI, Correggio – pro Notiziario . ........................... " - VILIO FERRETTI (partigiano), Correggio – pro Notiziario .............. " - REDENTO BERNI, Correggio – pro Notiziario .............................. " - LIDIA LINI, Correggio – pro Notiziario ......................................... " - RINA LINI, Correggio – pro Notiziario ......................................... " - GIANNI GUIDOTTI – in memoria di Giulio Guidotti ....................... " - GAUDENZIO MONTANARI – a sostegno ...................................... " - ANDREA NASCIUTI – a sostegno ................................................ " - PAOLO COMASTRI – a sostegno ................................................ " - GIANNI CATELLANI – a sostegno . .............................................. " - SIMONA COCCHI – in memoria del marito Ulisse Gilioli .............. " - Fam. ROMOLO FIORONI – a sostegno ........................................ " - MARZI/MANZOTTI – in memoria di Bruno e Bruna Manzotti ....... " - IRMES TEDESCHI, Campegine – a sostegno . ............................. "

20,00 100,00 25,00 25,00 20,00 50,00 50,00 50,00 30,00 100,00 50,00 57,60 75,00 30,00 50,00 25,00 50,00 150,00 25,00 50,00 30,00 50,00 10,00 20,00 20,00 25,00 20,00 100,00 25,00 100,00 20,00 20,00 50,00 50,00 70,00 130,00 130,00 30,00 20,00 500,00 100,00 80,00 25,00 25,00 25,00 20,00 25,00 80,00 80,00 70,00 50,00 30,00 30,00 50,00 100,00 30,00 50,00 40,00

- OSTILIANA PIPERI – a sostegno ................................................. " - ILEANA CONFETTI – in memoria di Loris e Beggi Enermere ....... " - LORENA FONTANESI – per ricordare i nonni . ............................. " - IDIMA GRISANTI e figli – in memoria di Borghi Guido ................. " - DOMENICO SIMONELLI – in ricordo dei fratelli Ulderico e Ercole . ..................................................................... " - EMILIA GIAROLI – a sostegno..................................................... " - DANTINA IOTTI PLACINI – a sostegno ........................................ " - MUSSINI/ MONTANARI –per A. Montanari, M. Notari, A. Mussini, W.Verzellini e W.Galaverni "........................................................ " - SERMIDE DONELLI – a sostegno ............................................... " - SERMIDE CUGINI MANGHI – a sostegno . ................................... " - ADA COSTI – in memoria di Piazzi Donato ................................. " - MARINA POZZI – a sostegno . .................................................... " - MAURA ANTONIANI – a sostegno . ............................................. " - ALCIDE BALLABENI – a sostegno . ............................................. " - GAETANO CAVAZZOLI – a sostegno . .......................................... " - DILLE RAVAZZI – a sostegno . .................................................... " - CLAUDIO MALAGUTI – in memoria dei genitori .......................... " - RENZO BARAZZONI – in memoria di Ulisse Gilioli “Orazio” ......... " - BRUNO MENOZZI e FAM. – in memoria della moglie Bruna Mammi ........................................................................... " - KATIA FURGHIERI – in memoria di Gino Furghieri ....................... " - GIOVANNA MUZZI – in memoria di Orlandi Rossi . ...................... " - VALTER CROVEGLI – a sostegno ................................................ " - LAURA CAVAZZONI – in ricordo del marito Valter Riverberi “Fresia” ............................................................ " - LOREDANA REVERBERI e FIGLI – per Carlo Camellini “Disaster” . ................................................. " - DIANA BASCHIERI, Scandiano – in memoria di Ezio Lorenzelli . .. " - SAVINA CAPRARI – a sostegno .................................................. " - MIRCA TAGLIAVINI – in ricordo di Adorno e Adriana Tagliavini . ... " - MARISA GALLONI – in memoria di Ester Bedogni e Bruno Galloni ......................................................................... " - RICCARDO CASANOVA, Busana – a sostegno.............................. " - ALBERTINA BAGNACANI, ROMEO, ARTO – in ricordo di Maria Schiatti e Attilio Bagnacani . ......................... " - ALBERTINA BAGNACANI – in memoria di Bruno Fani . ................ " - POMPILIA FERRARI e FAM. – in ricordo di Francesco Neroni....... " - Fam. REDEGHIERI – in memoria di Roberto Redeghieri .............. " - ERMELINDA LUSETTI – in ricordo di Idimo Lusetti “Ivano” ......... " - FAM.GUIDETTI – in memoria di Ivo Guidetti “Fermo” .................. " - CIRIA SBERVEGLIERI e FAM. – in ricordo del padre Romualdo .... 50,00 - LINDA GARAVALDI in memoria del padre Vivaldo e dello zio Mario ....................................................................... " - ANNUSCA BIZZARRI – a ricordo dei genitori Nello e Albertina Rossigni .................................................................. " - FRANCA CUCCHI e LORENA BENADUSI – in memoria di Ero Benadusi ...................................................... " - ROMEO OLIVA, Fabbrico – a sostegno . ...................................... " - SILVIA BAGNACANI – in ricordo del padre Mario Bagnacani ....... " - NERO e MARIA FONTANESI – in memoria di Mario Castellani ..... " - LUCIANA PALLICELLI e FIGLI – in ricordo di Afro Crema ............. " - CARMEN e COSETTA ALTARE – a sostegno ................................ " - IRIDE SILVI e DANIELA BARTOLI – in ricordo di Armando Bartoli .................................................................... " - MARCO FERRATI – in ricordo della madre Elena Riccò “Nella” ... " - EDGARDO e FRANCA BASCHIERI – in onore di Oldano Paterlini ....................................................... " - MARZIA e FLAVIO MANZOTTI – in memoria dei genitori ............. " - GERMANO NICOLINI – a sostegno . ............................................ " - ASILO NIDO RODARI – a favore scuola infanzia in Palestina ....... " - PAOLO BORCIANI – a sostegno . ................................................ "

150,00 150,00 100,00 30,00 50,00 50,00 20,00 200,00 30,00 30,00 50,00 10,00 10,00 10,00 20,00 20,00 150,00 30,00 100,00 50,00 70,00 30,00 50,00 50,00 30,00 20,00 50,00 20,00 20,00 60,00 10,00 50,00 50,00 50,00 200,00 " 50,00 200,00 50,00 50,00 120,00 50,00 80,00 100,00 50,00 30,00 50,00 50,00 200,00 80,00 20,00

continua a pag. 60 58 aprile 2011

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USCITA 15 APRILE

Habemus Nanni e ne sentivamo la mancanza!

Nella Stanza del figlio, Nanni Moretti, interpretava uno psicanalista. Dieci anni dopo, il ruolo è rimasto il medesimo ma il soggetto della sua indagine non è più un paziente qualunque. Si tratta del Papa appena eletto, depresso e atterrito dal pontificato: Habemus Papam. In Vaticano si preparano all’elezione di un nuovo papa. Così, mentre fuori insieme alle candele dei fedeli, alle scommesse dei bookmakers e alle luci delle tv, San Pietro diventa il set più importante del Pianeta... all’interno, dentro le volte della Cappella Sistina i cardinali sono chiamati ad eleggere il nuovo pontefice. Dopo due fumate nere, le schede convergono su un nome inatteso: il cardinale Melville (Piccoli), fino ad allora rimasto nell’ombra. Ora è il lui il nuovo Eletto e i cardinali lo applaudono mentre Melville non sa nemmeno che nome scegliersi, è frastornato, si sente inadeguato e subisce il peso del suo predecessore. Quando le ante delle finestre di San Pietro si aprono perché il mondo possa riconoscerlo, crolla. Il nuovo Papa è profondamente depresso e per aiutarlo arriva il professor Brezzi (Moretti), uno psicanalista. Ovviamente Brezzi è ritenuto il migliore nel suo campo ma il compito è molto arduo. Le sedute sono prive di qualsiasi intimità, non si può chiedere al paziente nulla di personale e quando il medico domanda se Melville abbia problemi con la fede, quest’ultimo non ha paura e afferma: “Dio vede in me capacità che non ho. Dove sono, dottore? Le cerco e non le trovo”. Brezzi chiederà aiuto anche alla sua ex-moglie, interpretata da Margherita Buy, psicanalista pure lei. Ma la situazione precipita, l’aiuto dell’analisi non giova a Melville che

un giorno scompare. Il suo sogno, da sempre, era di diventare un attore. E, mentre i fedeli lo credono in ritiro spirituale, dentro l’enclave pontificia si organizzano messe in scene per nascondere il segreto... Brezzi attende il suo ritorno... Un grandissimo film, nato nella mente di Nanni Moretti molti anni fa, ma impossibile da realizzare per motivi di costi. Habemus Papam, otto milioni di euro di budget, ha scene di massa, ambientate tra l’ambasciata di Francia e una Cappella Sistina ricostruita a Cinecittà in scala identica all’originale, moltissime comparse, costumi imponenti e scenografie importanti. Il risultato è una pellicola sorprendente, “una commedia dolente“ – come l’ha definita il regista – un’analisi antropologica sullo smarrimento. L’infallibile che si scopre fallibile, proprio nelle suntuose vesti di chi non si può permettere di esserlo. Una quadriglia sentimentale in cui ogni personaggio incarna una paura. In Habemus Papam tutti sono prigionieri di un’ossessione – oltre che realmente rinchiusi dentro un luogo ben delimitato – il Papa dalla sua investitura; Brezzi dal suo talento (“Sarà veramente il migliore come tutti affermano?”); l’autorità ecclesiastica di una guida. Arriverà una soluzione o l’assoluzione? Intanto il film è papabile per il Festival di Cannes 2011.

Habemus Papam (Italia, 2011) Regia di Nanni Moretti con Nanni Moretti, Michel Piccoli, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Margherita Buy 110’, 01 Distribution, commedia/ drammatico Uscita: 15 APRILE

aprile 2011 59 notiziario anpi


i sostenitori continua da pag. 58 - LUIGI BEGGI – a sostegno nel suo 91° compleanno ................... " - TEOBALDO BORCIANI – a sostegno ........................................... " - ANTENORE MESSORI, Scandiano – a sostegno .......................... " - MARISA RONCHETTI – in ricordo del padre Luigi ....................... " - VALERIA RONCHETTI – in ricordo del padre Luigi ....................... " - LAILA e LUCIA GROSSI – per onorare il 25 Aprile ....................... " - GINA CHIESI ROCCHI, FRANCO e IOSANNA BARTOLI – in ricordo di Antonio Ligabue “Toni” .......................................... " - VIENNA e CLAUDIO BIZZARRI – in memoria di Giovanni Bizzarri . ............................................... " - GIAN PAOLO ARTIOLI – per la madre Tina Ferrarini .................... " - EDGARDO e FRANCA BASCHIERI – in ricordo di Paterlini Oldano ." - GIUSEPPINA NEGRI – a sostegno ............................................... " - MARIO ANDREOLI – contributo .................................................. " - VERA e CARLA BERTANI – in memoria dei genitori ..................... " - BRUNO MENOZZI – a sostegno . ................................................ " - ANGIOLINA LELLI – in ricordo del marito Primo Montecchi- ....... " - EVA WATSCHKOV, Berlino – in memoria di Oddino e Rosa Cattini ........................................................................... " - SECONDO e ADALGISA SPAGGIARI – a sostegno ........................ " - ANTONIO FABBRIS e IVANNA ROSSI – in memoria di Mario Catellani,.................................................... " - LAGHI DEL SOLE, ARCI MASSENZATICO – a sostegno ................ "

20,00 10,00 30,00 70,00 70,00 50,00 50,00 25,00 250,00 50,00 20,00 10,00 60,00 30,00 50,00 25,00 40,00 30,00 50,00

- ALFREDO GALAVERNI – a sostegno ........................................... " - VALERIO VERZELLONI – per ricordare i genitori .......................... " - LUIGI GALAVERNI – in memoria dei cognati Verzelloni . .............. " - DILVA DAOLI – a sostegno ......................................................... " - SEZ.ANPI PISTELLI – a sostegno . .............................................. " - PICCA RIGHI, Olmo di Gattatico – a sostegno ............................. " - GIOVANNI TEDOLDI, Poviglio – a sostegno ................................. " - PAOLA GOVI TORINELLI – in ricordo del marito Giovanni e dei caduti . ............................................................... " - ANNA FIORANI e FAM. – in ricordo del marito Sergio Ferrarini “Spartaco” ....................................................... " - VALERIO BEGGI – in memoria dei genitori Adelmo Beggi e Iolanda Crotti ................................................... " - IVANA CAMELLINI e FAM. – In memoria dei genitori Erio Camellini e Rina Galassi .................................................... " - AMOS CODELUPPI – a sostegno ................................................ " - ELLA FRANCHI E FRATELLO – in memoria dei genitori partigiani ................................................................ " - ENNIO PISTONI “TARO” – in memoria dei Caduti per la libertà.... " - SEZ. ANPI GUASTALLA – a sostegno .......................................... " - TAZIA BARBIERI e FAM. – in ricordo di Erminio Filippini e Valentina Manfredini................................................................ "

30,00 30,00 30,00 40,00 200,00 20,00 20,00 20,00 100,00 40,00 50,00 100,00 100,00 30,00 185,00 100,00

CONTRIBUTI A SOSTEGNO DEL XV CONGRESSO DELL’ANPI DI REGGIO EMILIA - SEZ.ANPI di MONTECAVOLO .................................................euro - SEZ.ANPI di VEZZANO s/C. ...................................................." .. - SEZ. ANPI “PISTELLI” REGGIO EMILIA...................................." .. - SEZ. ANPI di SAN PELLEGRINO REGGIO EMILIA......................" .. - SEZ. ANPI di FABBRICO . ......................................................" .. - SEZ. ANPI di CAMPAGNOLA.................................................." ..

200,00 200,00 300,00 200,00 200,00 200,00

- SEZ. ANPI di RIO SALICETO . ................................................" .. - SEZ. ANPI di SCANDIANO......................................................." .. - GERMANO NICOLINI..............................................................." .. - GIUSEPPE LINI......................................................................" .. - BRUNO GETI, Carpineti ........................................................." ..

200,00 100,00 100,00 100,00 20,00


Associazione Provinciale di Reggio Emilia via Maiella, 4 - Tel. 0522 3561 www.cnare.it





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