ANGAR_in residenza

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A.N.G.AR. in residenza

a cura di Caterina Giansiracusa e Annalisa Zegna

Villa Mossa, Occhieppo Superiore (BI)



Indice

introduzione p. 7 calendario p. 9 intervista p. 10 prima settimana p. 15 seconda settimana p. 31 terza settimana p. 51 quarta settimana p. 69 eventi p. 93 biografie p. 106 ringraziamenti p. 109

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A.N.G.AR. in residenza è un progetto ideato e curato da due giovani artiste biellesi, Caterina Giansiracusa e Annalisa Zegna, e da Jacopo Lunardi della cooperativa Il Mercato dei Sogni soc. coop., un’azienda che da anni progetta e realizza progetti culturali nel territorio biellese. A.N.G.AR. (A New Generation Artist) è un acronimo che ricorda lo spazio in cui gli aerei vengono custoditi e si preparano per nuovi viaggi: esso vuole essere un punto di partenza, luogo d’incontro, laboratorio e spazio di riflessione sull’arte contemporanea, un momento in cui ci si può fermare, consapevoli che i “soliti schemi” non hanno più senso e che si deve cercare qualcosa di nuovo. A partire dalla riflessione sul cambiamento in atto nel mondo della cultura, chi la difende e promuove deve sapersi relazionare in modo diverso e con poche risorse, per questo il progetto è stato pensato come esperienza autogestita in grado di consentire ai giovani artisti di costruire autonomamente un percorso di senso, fuori dai centri istituzionali e in zone periferiche. Si può parlare di micro-residenza che mette in contatto artisti operanti in diversi ambiti, permettendo loro di relazionarsi e confrontarsi sul processo di creazione. L’intenzione è di promuovere un linguaggio libero, mentale e corporeo, sostenuto da poche linee guida e nessuna limitazione: l’interazione fra i partecipanti infatti non ha smesso di generare collaborazioni, scambi e influenze reciproche. A.N.G.A.R si è sviluppato in un mese di attività - dall’8 agosto al 1 settembre 2013 - nella Sala delle Carrozze, un antico deposito di carrozze per cavalli all’interno di Villa Mossa a Occhieppo Superiore, in provincia di Biella. Progettata per stimolare e accogliere l’espressione del corpo nella sua istanza materiale e concettuale, la residenza ha avuto luogo in uno spazio che ne assecondasse parallelamente le esigenze. Le opere sono state allestite all’interno della Sala mentre nel cortile adiacente si è lasciando ampio respiro a performance, spettacoli teatrali e concerti musicali che proponessero un dialogo tra l’artista, le diverse forme espressive, l’ambiente e il pubblico, mantenendo costante una ricerca sulla sensorialità. Il fulcro del lavoro creativo è stato il corpo, punto d’intersezione tra le diverse discipline. La ricerca si è sviluppata nell’arco di quattro settimane seguendo quattro percorsi tematici attorno al tema della fisicità: la metamorfosi, l’interno, il contatto e l’assenza.

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inaugurazione PRIMORDIUM * Maneggiare con cura

inaugurazione ANIMUS

* Segno Arte - Said Ait El Moumen

inaugurazione MATRIX

ALTER

FuturArkestra

18.00 Pina, W.Wenders

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18.00 Marina Abramovic - The Artist is present, M.Akers

Troszkij Beat

pley #y * Morkebla

inaugurazione

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* Ma tu dov’eri quando non c’eri? * Anti#gone

# Gassman

18.00 The Nude Restaurant, A.Warhol

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18.00 The Tommy Project cost of living, L.Newson Sol Ruiz 9


INTERVISTA a Caterina Giansiracusa e Annalisa Zegna a cura di Clara Rosenberg

CR: Qual è stata l’idea germinale del progetto ANGAR e come lo immaginavate prima che prendesse forma realmente? Inizialmente A.N.G.AR. nasce come l’idea di una residenza d’arte contemporanea, in cui far interagire artisti di esperienza diversa, farli vivere insieme e successivamente esporre i lavori prodotti dalla ricerca e dall’esperienza comune. La volontà era di creare un evento artistico che fosse completamente autogestito, che partisse dagli artisti e creasse diverse reti di comunicazione: tra l’arte contemporanea e le altre forme artistiche, tra l’arte contemporanea e l’ambiente che la ospita, e tra le diverse figure professionali che lavorano nel campo dell’arte. L’idea era quella di creare un “contenitore”, un luogo di scambio e di dialogo. A.N.G.AR. è stato un mese di attività, possiamo definirlo un laboratorio sperimentale, dove l’arte visiva ha incontrato la musica elettronica, il rock, la performance teatrale, la ricerca coreografica e - soprattutto - un pubblico non addetto ai lavori. La scommessa era proprio quella di utilizzare un luogo decentrato, come può essere il paesino di Occhieppo Superiore, e lì far scattare dei meccanismi di creazione e relazione, fuori dai centri e con poche risorse. In questo momento di frenesia e saturazione globale crediamo siano importanti spazi di incontro e relazione, dove il dialogo possa avvenire attraverso la ricerca artistica a 360°, da qui la scelta di interagire con la musica, la danza, il teatro. Le residenze sono un fenomeno ormai diffuso, forse a buona ragione: diventano spazio di formazione e laboratorio per il nuovo, un nuovo che nasce sempre dall’esperienza dell’incontro. 10


CR: In base a cosa avete selezionato gli artisti? Avete dato maggiore valore alla tecnica, all’esperienza, ai temi proposti, all’aspetto umano? La selezione è avvenuta in modo molto spontaneo, principalmente attraverso il passaparola. Abbiamo iniziato a parlare del progetto ad amici e artisti con cui eravamo in contatto, spiegando l’idea e il nucleo tematico attorno a cui volevamo lavorare: l’entusiasmo e la partecipazione di chi ha aderito hanno creato il contesto che è stato positivo e ricco di stimoli. La cosa essenziale era la voglia di dialogare con altri artisti, non chiudersi all’interno del proprio lavoro ed esporlo come un qualcosa di finito e chiuso in se stesso ma aperto allo scambio e alla discussione. Per cui, per tornare alla tua domanda, la scelta è avvenuta principalmente sulla base della nostra esperienza e per aderenza al tema - che è comunque molto vasto. L’idea era quella di scambio: coinvolgere giovani sul territorio ma anche portare nel territorio esperienze esterne. Il percorso tematico degli allestimenti, che ha una forma ciclica, si è costruito strada facendo, con il contributo di chi ha partecipato. L’esperienza è stata positiva dal punto di vista delle relazioni: lavorare corpo a corpo richiede sempre una disposizione particolare, come tutti sappiamo, che è fondamentale al buon esito e all’efficacia degli eventi.

CR: Perché la scelta di integrare le opere in esposizione a performance, teatro, concerti e danza? Non c’è forse il rischio che si perda il valore dell’oggetto d’arte? L’idea di base è la comunicazione. A.N.G.AR. è stato pensato come un luogo di dialogo, scambio e confronto. L’arte non è un mondo chiuso ed elitario, ma un processo vitale che non necessita affatto di un piedistallo per elevarsi perchè la nobilitazione avviene dall’interno. La storia dell’arte ci insegna che il valore dell’oggetto d’arte è qualcosa che è già stato messo in discussione negli ultimi decenni, attraverso le pratiche performative, l’arte relazionale e non solo. Il discorso non è tanto incentrato sull’oggetto, quanto sulla situazione che si crea, sulla tipologia di fruizione. L’idea però non è quella di svalutare l’oggetto d’arte, al contrario. La fruizione estetica avviene attraverso i sensi, per cui è naturale coinvolgere discipline diverse, soprattutto in relazione al tema del corpo, che non è un nemmeno tema ma piuttosto un fulcro operativo, il più “basso” direi, il punto di partenza. 11


CR: Siete state artiste e curatrici. Mettete in relazione i due ambiti. Il lavoro duplice di artista e curatore - già sperimentato spesso nell’arte contemporanea - è sempre rischioso e complesso. Costruttivo è sicuramente cambiare il punto di vista, non solo concentrato sul particolare, ma con uno sguardo d’insieme sulla struttura generale del progetto. Il lato interessante di questa esperienza è il fatto che sia stata una collaborazione completa: abbiamo costruito insieme tutti gli aspetti del lavoro, condiviso le difficoltà e i dubbi. Ci siamo sperimentate entrambe e messe in discussione secondo diversi punti di vista e questo credo sia stato positivo, sia dal punto di vista professionale sia da quello umano.

CR: Parliamo di corpo, perché questa scelta? Quando abbiamo imbastito il progetto, ci siamo confrontate a lungo sui nostri lavori e il corpo si è rivelato essere alla base di entrambe le poetiche, come punto di partenza dell’esperienza e della relazione con la realtà. L’esperienza del corpo è la più comune, condivisa e anche un po’ scontata, forse. Ma sono proprio le cose più quotidiane e ovvie a risvegliare l’interesse e interrogare, a far cambiare punto di vista, a trasformare lo sguardo. Si parla del corpo ma in senso più traslato della soggettività, concetto complesso e molto dibattuto oggi, che non si risolve in un ormai vecchio ideale umanista, ma che ha a che fare con un processo dinamico, di relazione e interazione collettiva.

CR: In che cosa somiglia o si differenzia la vostra esperienza rispetto ad altre residenze artistiche (che vanno molto di moda ultimamente)? A.N.G.AR. è stato qualcosa di più articolato e libero rispetto ad una residenza. Agli artisti è stato chiesto di partecipare ciascuno secondo la propria disponibilità, con la possibilità di essere ospitati se necessario, di lavorare in loco o di portare opere pronte, di lavorare site specific o di proporre lavori già fatti. Per questo motivo è stato un mese molto dinamico e vario, dove la gente arrivava, si fermava, partiva, tornava, e questo probabilmente in una residenza vera e propria non avviene.

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CR: Che ruolo ha avuto il pubblico e quanto vale il suo punto di vista? Il pubblico ha partecipato e siamo complessivamente soddisfatte, naturalmente tenendo conto dei limiti del progetto: il mese di agosto, in un paesino di pochi abitanti, fuori Biella e con un budget molto ristretto. L’aspetto interessante è che il pubblico è stato molto vario e il feedback di conseguenza è stato diverso: c’è stata curiosità, interesse, apprezzamento o anche solo dubbio. Quanto vale il loro punto di vista? Questa è una domanda difficile. Crediamo che la capacità di “arrivare” alle persone sia qualcosa di fondamentale per la pratica artistica, e il momento di confronto con il pubblico sia uno dei più arricchenti della ricerca, forse una cartina tornasole. Il commento del fruitore - da quello più ricercato e sensibile a quello più grezzo e sincero - è sempre una possibilità di dialogo. E’ stato molto interessante essere lì presenti, durante tutto il periodo di apertura e il continuo dialogo che si è instaurato con le persone che venivano a visitare l’esposizione è stato stimolante.

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1# PRIMORDIUM

nei luoghi della metamorfosi

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L’ europeo e l’africano hanno un’idea del tempo completamente diversa, lo concepiscono e vi si rapportano in modo opposto. Per gli europei, il tempo esiste obiettivamente, indipendentemente dall’uomo, al di fuori di noi, ed è dotato di proprietà misurabili e lineari. Secondo Newton il tempo è assoluto: “Il tempo assoluto, vero, matematico scorre in sé e per sé in virtù della sua stessa natura, uniformemente e senza dipendere da alcun fattore esterno”. L’europeo si sente al servizio del tempo, ne è condizionato, è il suo suddito. Per esistere e funzionare deve osservare le sue ferree e inalterabili leggi, i suoi principi e le sue rigide regole. Deve rispettare date, scadenze, giorni e ore. Si muove solo negli ingranaggi del tempo, senza i quali non può esistere. Ne subisce i rigori, le esigenze, le norme. Tra l’uomo e il tempo esiste un conflitto insolubile che si conclude sempre con la sconfitta dell’uomo: il tempo annienta l’uomo. Gli africani, invece, intendono il tempo in modo completamente opposto. Per loro si tratta di una categoria molto più flessibile, aperta, elastica, soggettiva. E’ l’uomo (un uomo, beninteso, che agisca conformemente al volere degli antenati e degli dei) che influisce sulla forma, sul corso e sul ritmo del tempo. Il tempo è addirittura qualcosa che l’uomo può creare: infatti l’esistenza del tempo si manifesta attraverso gli eventi, e che un evento abbia luogo oppure no dipende dall’uomo. Se due eserciti non si danno battaglia, la battaglia non avrà luogo (ossia il tempo non manifesterà la sua presenza, non esisterà). Il tempo è un risultato del nostro agire e sparisce ogni volta che sospendiamo o non intraprendiamo la nostra azione. E’ una materia sempre pronta a rinascere sotto il nostro influsso ma che, se non le trasmettiamo la nostra energia, cade in uno stato di ibernazione o affonda addirittura nel nulla. Il tempo è un’entità inerte, passiva e, soprattutto, dipendente dall’uomo. L’esatto contrario del modo di pensare europeo. Tradotto in pratica, significa che se ci rechiamo in un villaggio dove nel pomeriggio deve tenersi una riunione e sul luogo stabilito non troviamo nessuno, non ha senso chiedere: “Quando comincia la riunione?”. La risposta è risaputa: “Quando la legge si sarà riunita”. da Ebano di Ryszard Kapuscinski

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Si svolge insolubile il quotidiano conflitto tra corpo e tempo, tra ciò che si deve e ciò che si può: il tempo che stringe, quello che manca, quello che si perde o a cui non si dà significato. Il tempo è materia cui l’uomo dà forma. Riflettendo su questo e sulla possibilità di fare proprio il tempo, nascono le opere della prima settimana espositiva. Il tempo della trasformazione del baco, che fila la bava per divenire farfalla, come i bozzoli presentati in Kokons che rimandano a un luogo protetto, intimo, di trasformazione e metamorfosi. E’ il corpo che crea un contenitore per il tempo dell’evoluzione, contenitore che viene aperto in Kokons.2 von Innen, attraverso una proiezione video che permette allo spettatore di abitarlo. Preparare la mente e l’occhio significa porre la condizione per il mutamento. Il video ad occhi chiusi sperimenta la potenzialità dello sguardo miope di generare attraverso il fuorifuoco un livello di realtà fatto di luce e colore. Come avviene a partire dalla nascita ognuno cerca e costruisce l’immagine complessa del mondo: da dove vengo, dove vado? propone con la metafora di gusci d’uovo i continui tentativi di trasformazione e rinnovamento di sé.

Caterina Giansiracusa Annalisa Zegna

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Kokons Giansiracusa Caterina, 2013 installazione dimensioni ambientali, rete metallica, filo di ferro cotto, bozzoli di seta 20


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Kokons Giansiracusa Caterina, 2013 22


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Kokons.2 - von innen (dall’interno) Giansiracusa Caterina, 2013 riprese video e montaggio Bianca Cassinelli audio Matteo Giansiracusa 24


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da dove vengo, dove vado? Annalisa Zegna, 2013 installazione dimensioni ambientali, 100 uova, acqua 26


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ad occhi chiusi Annalisa Zegna, 2013 video, 9’45’’ 28


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2# ANIMUS

quello che accade dentro

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Si dovrebbe fare a meno del corpo, dell’idea del corpo. Il corpo è nato nella caverna di Platone o piuttosto è stato concepito e informato sotto forma di caverna: come una prigione o come una tomba dell’anima, ed il corpo è stato inizialmente pensato dall’interno, come un’oscurità seppellita nella quale la luce riesce a penetrarvi solamente sotto forma di riflessi, e la realtà solamente sotto forma di ombre. Questo corpo è visto dall’interno, come nella comune ma dolorosa fantasia di osservare il corpo della madre dall’interno, come nella fantasia di abitare nella pancia di qualcuno, senza padre né madre, prima di qualsiasi padre o madre, prima del sesso e della riproduzione e di raggiungere se stessi, là, come un occhio notturno aperto su un mondo di catene e simulacri. Questo corpo è innanzitutto e interiormente dedicato alle immagini, ed alla conoscenza delle immagini; è l’ “interno” della rappresentazione, e allo stesso tempo la rappresentazione di quell’ “interno”. da Corpus, in The Birth to Presence di Jean-Luc Nancy

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Le opere della seconda settimana espositiva si ispirano al corpo come forma cava, cassa di risonanza del mondo esterno e spazio vuoto che contiene. A partire da queste riflessioni le opere costruiscono un percorso che attraversa il corpo come soglia. Come forma cava, scultura in sottile marmo nero, mostra un torace che come una corazza protegge il suo interno - come fosse un tesoro o un segreto. Lo spettatore viene invitato ad accomodarsi dentro una vasca da bagno: Il mare in cui un tempo gli esseri viventi erano immersi, ora è racchiuso entro i loro corpi è un’installazione sonora che rimanda alla condizione prenatale, dove il mondo esterno viene filtrato dal liquido amniotico. Mare dentro costruisce un’immagine a partire dall’acqua e dai sistemi circolatori. Pensato dall’interno, il corpo prende forma seguendo il flusso dei propri liquidi che mantengono l’eco del mare delle origini. Nella scultura di ferro Ali dell’anima, il corpo vuoto accoglie il seme della poesia, che germoglia nella solitudine del sogno e lo trasforma in leggerezza. Qualcosa che resiste condensa nella sospensione di un palloncino rosso l’immagine di una forza interna che mantiene in vita. Il movimento del respiro - in sè invisibile - altera la superficie del corpo nell’opera Solo fiato, nel tentativo di cogliere ciò che avviene in profondità. Il respiro diventa una possibilità di contatto continuo tra il nostro corpo e il mondo che ci circonda. Nell’installazione sonora Sono qui, mi senti? un respiro accompagna lo spettatore lungo tutto il percorso della mostra.

Trung Anh Vu Caterina Giansiracusa Annalisa Zegna

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sono qui, mi senti? Giansiracusa Caterina, 2013 installazione sonora audio di Matteo Giansiracusa 36


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come forma cava Giansiracusa Caterina, 2013 marmo nero, 7x25x22 cm 38


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Ali dell’anima Trung Anh Vu, 2013 ferro inossidabile, 20x80x60 cm 40


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Solo fiato Giansiracusa Caterina, 2013 video, 3’30’’ riprese video e montaggio di Bianca Cassinelli 42


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qualcosa che resiste Annalisa Zegna, 2013 voce di Lorenzo Guglielmo installazione sonora, palloncino rosso, paravento 44


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il mare in cui un tempo gli esseri viventi erano immersi, ora è racchiuso entro i loro corpi. Giansiracusa Caterina, 2013 installazione sonora, vasca audio di Matteo Giansiracusa 46


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Mare dentro Annalisa Zegna, 2013 installazione dimensioni ambientali, vasi di vetro, 33 litri d’acqua, proiezione video 48


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3# MATRIX

generando forme per contatto

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A volte ho sognato di elaborare un sistema di conoscenza umana basato sull’erotica: una teoria del contatto, nella quale il mistero e la dignità altrui consisterebbero appunto nell’offrire al nostro Io questo punto di riferimento d’un mondo diverso. In questa filosofia, la voluttà rappresenterebbe una forma più completa, ma anche più caratterizzata dei contatti con l’Altro, una tecnica in più messa al servizio della conoscenza del non Io. Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

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Il nostro corpo è in continuo contatto con il mondo e la conoscenza dell’esterno avviene quotidianamente attraverso la superficie, la pelle. L’arte delle origini nasce dalla necessità di lasciare la traccia del proprio passaggio, l’affermazione di sé, della propria identità e del proprio essere transitorio. La ricerca proposta indaga le possibili forme lasciate dal corpo come matrice nella sua dimensione tattile: quelle dirette, come in Ipotesi di contatto, dove l’impronta viene presentata in quanto tale, testimone del passaggio del corpo che resta traccia impressa sulla lastra che, attraverso il processo della stampa su carta, diventerà poi matrice a sua volta; quelle che compongono insiemi più complessi, come nella serie a_round, realizzata attraverso la ripetizione dell’impronta del dito. Quelle in negativo, come Fragile, calco di un corpo che resta invisibile all’esterno, negativo-matrice che contiene la scultura, composta da milioni di singoli granelli di sabbia, rappresentanti non tanto di un solo individuo, quanto di un’intera comunità di persone e la sua fragilità; e la scultura In negativo, guscio vuoto, calco prelevato dall’artista direttamente su di sè, testimone dell’assenza di un corpo soggetto e oggetto dell’operazione. Quello che resta è come una crosta secca, staccata dal corpo, ma che ne racchiude all’interno l’impronta, l’identità. In Fragments restano le forme che il corpo ha abitato, come resti visibili di un’archeologia contemporanea, prelevati anch’essi direttamente dal corpo dell’artista, sono “abiti” che una volta indossati mutano l’aspetto del corpo sul quale sono stati modellati. Le sculture sono presentate in un’installazione che allo stesso tempo ne sottolinea l’indipendenza formale e il loro carattere di testimonianza, attraverso la presenza del video di una performance; diversamente, in Anatomy of darkness, la traccia del corpo si manifesta come immagine multiforme ed eterea, riflesso di un vissuto custodito nella memoria. Il contatto è qui inteso come quello tra individui, i cui legami ci contaminano, producendo viralmente forme che vivono in uno spazio altro, scuro, al confine tra percepito, ricordato e immaginato.

Aaron Inker Caterina Giansiracusa Artsiom Parchynski Mona Lisa Tina Annalisa Zegna

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Fragile Artsiom Parchynski, 2013 negativo del calco in gesso del corpo umano riempito di sabbia secca del fiume, ferro 56


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Ipotesi di contatto Giansiracusa Caterina, 2013 installazione dimensioni ambientali, stampe su carta, lastre 58


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Fragments Mona Lisa Tina, 2013 installazione dimensioni ambientali, video della performance 60


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a_round Annalisa Zegna, 2013 acrilico su carta, 1000x150 cm 62


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Anatomy of darkness Aaron Inker, 2013 video, colore, 7’ 64


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In negativo Caterina Giansiracusa, 2013 bronzo, 40x30x20 cm 66


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4# ALTER

oltre il corpo, quello che resta

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Il segreto, secondo Ciang, stava tutto qui: Jonathan doveva smettere di considerare se stesso prigioniero di un corpo limitato, un corpo avente un’apertura alare di centodieci centimetri e i cui itinerari potevano venir tracciati su una carta nautica. Il segreto consisteva nel sapere che la sua vera natura viveva, perfetta come un numero non scritto, contemporaneamente dappertutto, nello spazio e nel tempo. da Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach

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Il percorso proposto in questa residenza si conclude nell’ultima settimana con il confronto del corpo con la sua assenza, il non-essere-più una presenza fisica nel mondo. Proiettato verso l’oltre, il corpo diventa materia di trasformazione e oggetto della cancellazione attuata dal tempo. Le opere in mostra riflettono sulla memoria dei corpi, sulle loro impronte e sui resti lasciati. La ricerca approfondisce il momento in cui l’uomo si relaziona al tempo altro, della morte e sovra-individuale. Il corpo invisibile è un disegno esposto per tre giorni al pubblico, che durante una performance finale viene cancellato dall’artista. L’opera fa riferimento alla concezione ortodossa secondo cui il corpo fisico ridiventa terra mentre l’anima ritorna nella luce da cui fu generata. La scultura Gigli d’oro propone un corpo modificato e costretto secondo l’ideale di bellezza della Cina, dove fino alla prima metà del XX secolo le bambine dovevano fasciarsi i piedi fino al giorno del loro matrimonio. L’artista ha proposto la performance Piedi di giglio, dove simula la pratica che risulta al limite della tortura. Recovering è una statuetta in ceramica che richiama le pratiche magiche diffuse nel territorio africano sulla guarigione del corpo, secondo il transfert tra essere organico e statuetta. Il video Notes for escapology riflette sul rapporto ambiguo con la morte, in riferimento all’arte illusionistica che indica la capacità di un mago di sapersi liberare da costrizioni fisiche e ambientali. La morte fisica del corpo è al centro di Si dice che si muore due volte, installazione pensata come un archivio audio in divenire, che raccoglie ricordi legati a persone scomparse, trasferiti poi in tracce audio incise della voce dell’artista che le rende durature. Im-Pressioni sono una serie di sculture che si presentano come forme autonome, resti indipendenti di un corpo da cui sono state prelevate e di cui contengono la memoria. Una collezione di pietre ed elementi naturali, parte dell’installazione Essere pietra, evoca un tempo altro rispetto a quello umano, attraverso una ricerca sulle forme della natura con cui l’uomo è in costante relazione. Thread è una performance in cui tramite un filo si mette in atto il rapporto diretto tra l’artista e il pubblico nel tentativo di creare una rete di relazione e collegamenti dagli esiti imprevisti. Aaron Inker Corina Cohal Caterina Giansiracusa Silvana Li Pira Manuela Macco Annalisa Zegna

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Il corpo invisibile Corina Cohal, 2013 disegno a carboncino su carta, terra 150x186 cm 74


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Il corpo invisibile Corina Cohal, 2013 performance 76


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Gigli d’oro Silvana Li Pira, 2013 ceramica di Castellamonte, oro zecchino 77x15x15 cm 78


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Recovering Silvana Li Pira, 2013 ceramica di Castellamonte e Grès, 1200° 80x30x10 cm 80


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Si dice che si muore due volte Caterina Giansiracusa, 2013 installazione dimensioni ambientali, paravento, tavolo, sedia 82


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Notes for escapology Aaron Inker, 2013 video, colore, 1’10’’ 84


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Im-pressioni Caterina Giansiracusa, 2013 serie, filo di ferro cotto 86


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Essere pietra Annalisa Zegna, 2013 dimensioni ambientali, collezione, materiali vari 88


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Thread Manuela Macco, performance, 20’ circa 90


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PHOTOGALLERY

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SEMinRESIDENZA Gli artisti in residenza propongono “SEMInRESIDENZA”, un progetto collettivo e aperto a chiunque interessato a prendersi cura di semi e coltivarli. L’operazione risulta simbolica: seminare la cultura, diffonderla e coltivarla per far fiorire la bellezza. Sarà possibile prelevare un vasetto all’interno del quale è stato piantato il seme di un fiore. L’invito è quello di portarlo nella propria casa, farlo crescere e successivamente caricare le foto delle piantine, trapiantate in nuovi vasi, sulla pagina facebook oppure inviandole per email. 94


Una delle piantine di SEMinRESIDENZA, aprile 2014

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Andrea Chiardi, Xavier Claro, Mattia Rodighiero, Marco Tommaso, con la partecipazione di Simone Perazzone.

Pley è un laboratorio/esperimento musicale ispirato ad event ’76 degli Area, a sua volta mutuato da una idea del compositore contemporaneo John Cage. L’obiettivo è di coinvolgere il pubblico durante l’improvvisazione di quattro musicisti attraverso la scrittura di pensieri, idee o immagini su bigliettini. Questi scritti vengono raccolti da un quinto elemento del gruppo che trascrivendoli su una lavagna permette ai musicisti ( e al restante pubblico) di leggere il messaggio. Il compito dei musicisti è di restituire quel messaggio attraverso la musica come in una sorta di gioco/dialogo tra attore e spettatore. 96


Il corpo del condannato. Progetto di laboratorio autogestito, da un’idea di Luca Biasetti. Studio per un progetto di installazione che ha come punto di partenza la dialettica della condanna che l’uomo infligge all’uomo. Una scrittura collettiva volta al racconto di un rovesciamento perpetrato nel quotidiano, quello tra la responsabilità e la punizione, attraverso il corpo. Una narrazione, non una cronaca. Un tavolo, orizzontale, da cui attingere e a cui dare, se si ritiene. Il piano dell’etica rivolto in basso, a guardare il tempo trascorso a giudicare e a separare bene e male con la forca sempre pronta. Un’azione di liberazione, letteraria, musicale, immaginifica.

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Maneggiare con cura di Elena Pilotto, Luca Biasetti e Luca SigurtĂ 99


Segno Arte di Said Ait El Moumen, opera di Michelangelo Pistoletto 100


Morkebla 101


Anti#gone di e con Miriam Giudice liberamente tratto da J. Anouillh 102


Ma tu dov’eri quando non c’eri? di Elena Pilotto, con Ferdinando Carlo Ferraro Titin, Julienne Cirillo, Adele Fioravera, Silvia Bazzini. 103


FuturArkestra Troszkij Beat 104


I Gassman Sol Ruiz 105


BIO

CORINA COHAL Nasce a Iasi, in Romania, nel 1980. Ha frequentato L’Università di Arti Visive nella città natale, seguendo il corso di Grafica pubblicitaria. Successivamente si laurea in Illustrazione all’Istituto Europeo di Design di Torino e in Grafica d’Arte all’Accademia Albertina di Belle Arti. Lavora principalmente con il disegno a carboncino su grandi fogli di carta e l’incisione, creando grandi installazioni, performance o opere site-specific prediligendo temi quali il tempo, la fragilità, la memoria, il corpo e la maternità. CATERINA GIANSIRACUSA Nasce a Moncalieri, vive e lavora tra Biella e Torino. Si diploma all’Accademia Albertina di Torino, nel corso di Scultura nel 2012. Attualmente la sua ricerca è volta ad indagare le capacità del corpo di astrarsi dalla sua condizione più prettamente fisica per confrontarsi con l’esterno e, pensato come frammento, di instaurare relazioni con altri corpi e con lo spazio che occupa. Di fondamentale importanza resta il lavoro manuale, la scultura, che permette al corpo dell’artista di dialogare direttamente con la materia attraverso il contatto fisico. AARON INKER (Nicholas Ferrara) Nasce a Biella nel 1984. Ha frequentato il corso di Comunicazione visiva e multimediale all’Accademia ACME di Novara, laureandosi con una tesi sulla videoarte monocanale. Successivamente ha frequento il corso magistrale di Progettazione e produzione delle arti visive presso l’Università IUAV di Venezia, presentando lavoro “liminal” come tesi di laurea. inkerwarehouse.blogspot.it SILVANA LI PIRA Nasce a Catania nel 1979. Si laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Orientale di Napoli e consegue il diploma quadriennale in pittura all’Accademia Albertina di Torino. Approfondisce lo studio della ceramica, tecnica prediletta nel suo lavoro, orienta i suoi interessi principalmente verso il continente africano, e si approccia a temi quali la cultura popolare, il sacro nell’arte ed il rapporto tra selvaggio e domestico. MANUELA MACCO Nasce a Biella, vive e lavora a Torino. Consegue la laurea in Materie Letterarie presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi in Storia dell’Arte Contemporanea. Intenzionata ad approfondire i temi legati al ruolo del corpo e dell’azione nell’arte visiva, intraprende parallelamente un intenso percorso di indagine su corpo e movimento dedicandosi all’esplorazione e allo studio di diverse tecniche e discipline corporee. Il suo lavoro include installazioni, video e performance. www.manuelamacco.com/

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MONA LISA TINA Nasce a Francavilla Fontana (BR) nel 1977. Si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2007 e si specializza in Arte Terapia presso Art Therapy Italiana con sede a Bologna, nel 2012. Dal 2011 coordina insieme a Stefano Ferrari il Gruppo di studio “Psicologia e Arte Contemporanea” della IAAP (International Association for Art and Psychology). Oltre a partecipare a esposizioni personali e collettive , conduce seminari e workshop incentrati sull’integrazione tra arti performative e tecniche di arte terapia. La maggior parte dei suoi progetti si articola a partire dalle riflessioni intorno al tema dell’autorappresentazione del “Corpo” e dell’identità, attraverso il linguaggio della Body art e della performance, prestando particolare attenzione al coinvolgimento e all’interazione con il pubblico. www.monalisatina.com/ ARTSIOM PARCHYNSKI Nasce a Polotsk, in Bielorussia nel 1985. Ha frequentato il triennio di pittura all’Accademia di Belle Arti di Genova e il biennio specialistico all’Accademia Albertina di Torino. Attualmente vive a Torino e lavora con la Galleria Moitre. Il suo lavoro, impegnato nel tentativo di indagare il rapporto tra uomo e spiritualità, non è vincolato dalla scelta di una tecnica o di un materiale preciso, ma varia di volta in volta in base alle necessità proprie dell’opera. TRUNG ANH VU Nasce in Vietnam nel 1980. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove vive e lavora. Ha esposto a PARCO (Casier, Tv), alla Galleria Tonin e allo Spazio Ferramenta di Torino. Si occupa principalmente di scultura, privilegiando il ferro saldato come materiale di lavorazione. ANNALISA ZEGNA Nasce a Biella nel 1990, vive e lavora a Venezia. Nel 2013 si diploma in Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e successivamente frequenta il corso di Arti Visive all’Università IUAV di Venezia. Negli ultimi anni ha sviluppato un interesse verso le dinamiche relazionali, intese sia come interazioni a livello sociale sia come strutture molecolari della materia. In particolare indaga il rapporto che il soggetto instaura con il luogo e il tempo in cui si situa, chiamando in causa la memoria personale in relazione a quella storica.

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Progetto di Il Mercato dei Sogni soc.coop.

Finanziato da Piano Locale Giovani 2012 - attuazione 2013

con il contributo di Provincia di Biella Fondazione CRT Comune di Occhieppo Superiore Comune di Occhieppo Inferiore

in collaborazione con Numero Sette Bi-Box Art Space Concept La Fonderia Musicale

Progettazione, organizzazione, comunicazione: Jacopo Lunardi

Fotografia e grafica: Margherita Palmirotta Stefano Vangi

un particolare ringraziamento a: Luca Biasetti Jacopo Ceresa Nicholas Ferrara Matteo Giansiracusa Lorenzo Guglielmo Clara Rosenberg Carluccio Rossi

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