Crowdsourcing and communication design

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4. Crowdcreativity e design della comunicazione

Quello che risulta spontaneo chiedersi è quale risulti essere il ruolo dei professionisti, dei grafici, dei creativi e delle agenzia di comunicazione tradizionali al sorgere di questi modelli e come possano questi competere con degli strumenti che sembrano offrire un valore aggiunto semplificando un processo che per sua natura deve affrontare dei passaggi che non possono certamente essere sviluppati in crowdsourcing. Le questioni che è necessario far sorgere sono sia di natura tecnica e riferite al metodo sia di tipo etico. Su daily.wired.it è stato chiesto a Luca Messaggi, ex Managing Deirector Europe di Zooppa, quale sia nello scenario “here comes everybody” del crowdsourcing, il ruolo dei comunicatori professionisti e delle agenzie. La sua risposta è stata: “Le agenzie andranno avanti: banalmente perché hanno una funzione diversa. Il crowdsourcing dovrebbe essere la reinterpretazione di un brief, non il ricorrere a gente che si fa pagare meno per produrre uno storyboard già pensato. Una strategia la fai in agenzia: poi si può aprire alla gente, e produrre o anche solo testare tale strategia.” Questa affermazione però non ha sempre riscontro nella realtà. A tal riguardo, Antonio Marazza, general manager di Landor Italia, azienda specializzata nella consultazione e nell’ideazione di brand si esprime

sul nuovo logo Upim nato da un concorso indetto su Zooppa.it al quale hanno partecipato 4.740 utenti e che ha premiato il vincitore Gianni Zardini, grafico freelancer di Verona, con ben 12.000 euro. “L’idea del nuovo logo di Upim non è molto originale: graficamente, il segno che caratterizza il logo è uguale a quello di Accenture, il cui rebranding su scala globale è stato gestito da Landor nel 2001. Anche la motivazione alla base della scelta è poco convincente: nel caso di Accenture invece c’è un chiaro legame tra posizionamento di marca, nome e identità: il concetto di ‘accento sul futuro’, che riassume la visione di una azienda che mette in pratica l’innovazione per cambiare e migliorare il modo in cui il mondo vive e lavora. Il caso Upim – ha continuato Marazza - dimostra ancora una volta che non ci sono scorciatoie: la creazione di una identità di marca è una attività strategica, che deve essere gestita attraverso un processo collaudato e guidato da professionisti“.

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