Polizia Penitenziaria - Marzo 2014 - N. 215

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crimini e criminali

Il mostro di Firenze Quarta ed ultima parte Pasquale Salemme Segretario Nazionale del Sappe salemme@sappe.it

i siamo lasciato con l’ultimo duplice omicidio del mostro avvenuto nel settembre del 1985, da questo momento in poi il mostro non colpirà più. Forse è morto, si è tolto la vita o forse è finito in carcere per altri motivi; fatto sta che da questo momento non ucciderà più. Passano i giorni, i mesi, gli anni e nei fiorentini inizia a scemare la paura del mostro e dei massacri avvenuti nelle miti campagne toscane.

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Nelle foto sopra Pietro Pacciani a destra Pier Luigi Vigna

Polizia Penitenziaria n.215 marzo 2014

Nel 1986 il commissario Sandro Federico che era a capo della SAM (Squadra Anti Mostro) viene sostituito dal commissario Ruggero Perugini specializzato in Criminologia Clinica e perfezionatosi all’Accademia di Quantico in Virginia negli Stati Uniti, sede del F.B.I. (Federal Bureau of Investigation). Nel dicembre del 1989, nonostante la diatriba tra Carabinieri e Procura di Firenze, è definitivamente abbandonata la «pista sarda», anche per il proscioglimento definitivo di tutti gli imputati coinvolti. L’esigenza di tornare alla normalità e di dimenticare la scia di sangue era fortemente avvertita dagli abitanti della provincia fiorentina, stanchi di convivere con la presenza di un mostro ancora fuori e pronto a colpire

chiunque si appartasse in cerca d’intimità. Il 30 luglio del 1991 c’è una svolta storica nelle indagini, la Procura di Firenze spicca un avviso di garanzia, a firma del Procuratore Capo Pier luigi Vigna e del Sostituto Paolo Canessa, in relazione ai delitti del mostro di Firenze per un contadino sessantaseienne di Mercatale, importante frazione del comune di San Casciano Val Pesa, in provincia di Firenze. Il destinatario dell’avviso si chiama Pietro Pacciani, ex partigiano soprannominato «il Vampa» per una bravata che gli aveva ustionato il viso, il quale è già in carcere con l’accusa di aver violentato le sue due figlie. Molti anni prima, nel 1951, il Pacciani, ventiseienne, aveva sorpreso la fidanzata Miranda Bugli, poco più che sedicenne, con un altro uomo. Prima aveva ucciso il malcapitato con diciannove coltellate e poi aveva obbligato la fidanzata ad avere un rapporto sessuale con lui accanto al cadavere. Nel corso del processo per quell’omicidio, aveva dichiarato di aver agito d’istinto dopo aver visto il seno sinistro della ragazza. Questa dichiarazione, anni dopo, costituirà uno degli indizio della Procura, in considerazione che, proprio il seno sinistro delle vittime del mostro era stato, in diverse omicidi, oggetto di spietata attenzione. Il contadino per quel reato era stato condannato a 13 anni di reclusione e scarcerato poco prima del primo omicidio del 1968, avvenuto a Signa, in provincia di Firenze. Gli inquirenti arrivano a Pacciani già nel 1985, quando in una lettera anonima, recapitata alla stazione dei carabinieri di San Casciano Val Pesa, l’estensore consiglia di fare delle

indagini “sul concittadino...”. A seguito della missiva i carabinieri eseguono una perquisizione nell’abitazione del Pacciani senza però trovare alcun elemento utile. Una svolta nelle indagini si ha il 27 aprile del 1992, quando gli inquirenti iniziano quella che forse sarà la più lunga perquisizione della storia della Polizia italiana. Per dodici giorni di seguito – dalle 9,50 del 27 aprile e sino alle 12 dell’8 maggio – una task-force composta da polizia, vigili del fuoco e società private dotate di metal detector, strumenti di ricerca a ultrasuoni e termo visori, frugano e scandagliano ogni singolo angolo della casa e dell’orto di Pacciani a Mercatale. Il terzo giorno, intorno alle 17,56, un

brillio quasi impercettibile nella terra colpisce l’attenzione dei poliziotti: era un piccolo cilindro completamente arrugginito, una cartuccia Winchester serie H, calibro 22. Inoltre, sempre ai Carabinieri di San Casciano, era stata recapitata, nei giorni seguenti alla perquisizione, un’asta tiramolla compatibile con quelle presenti nelle pistole Beretta 22 Long Rifle: l’oggetto è avvolto all’interno di due strisce di stoffa. Pezzi identici della stoffa saranno poi rinvenuti a casa del Pacciani in una successiva perquisizione. Le diverse perquisizioni succedutesi porteranno al sequestro di quello che gli inquirenti definiranno un «bazar di indizi»: ritagli di giornali relativi ai delitti, foto porno, quadri con simboli magici, un portasapone e un blocco


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