UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi Corso di studi in Scienze delle Attività Motorie e Sportive
Tesi di laurea:
CALCIO A 5: IL RUOLO DELL’ ALLENATORE
Candidato: Andrea Mandelli ……………………………………
Relatore: Prof. Silvio Benati ……………………………………
Anno Accademico: 2013-2014 1
INDICE Premessa
3
1 Caratteristiche e ruolo
4
1.1
Requisiti e prerequisiti
5
1.2
Competenze
6
1.3
Leader e leadership
7
1.4
CredibilitĂ
9
2 Creare e gestire un gruppo
10
2.1
Stili d’insegnamento
13
2.2
Metodo
14
2.3
Comunicazione e feedback
15
2.4
Motivazione
18
2.5
Drop-out
18
3 Compito da realizzare
21
3.1
Organizzazione del lavoro da svolgere
22
3.2
Lavoro nei differenti settori di gioco
23
3.3
Comportamento in gara e in allenamento
25
3.4
Tipo di informazioni: cosa dire, come e quando
27
4 Profilo tecnico dell'allenatore giovanile
29
4.1
Piccoli amici
31
4.2
Pulcini
34
4.3
Esordienti
38
Conclusioni
43
Bibliografia e sitografia
45
2
PREMESSA Durante il percorso di studi mi sono imbattuto più volte nella figura dell’allenatore/istruttore di sport individuali e di squadra, sviluppando un particolare interesse per il ruolo di allenatore di sport di squadra. Questo stimolo mi ha spinto a diventare allenatore e a seguire, dapprima due squadre diverse della scuola calcio e, successivamente, una squadra di futsal di pulcini misti. Mi sono sentito maggiormente motivato ad allenare nel calcio a 5 in quanto, per quattro anni, ho praticato questo sport e ho trovato, di conseguenza, più facilità nel dimostrare, preparare e gestire allenamenti ed esercizi. Per arricchire il mio bagaglio di esperienze ho fortemente voluto, avendone la possibilità, frequentare il corso per istruttori di scuola calcio organizzato dal CONI-FIGC. Dopo aver assistito a cento ore di lezione, tra teoria e pratica, e aver sostenuto e superato l’esame finale, posso ritenermi soddisfatto di ciò che mi è stato insegnato e trasmesso e spero di poter applicare le competenze acquisite. In questo elaborato cercherò di analizzare la figura dell’allenatore di calcio a 5, mettendone in evidenza il ruolo, le caratteristiche, la gestione del gruppo, l’organizzazione e il metodo di lavoro. Mi soffermerò poi in particolare sul profilo del mister nelle tre categorie dell’attività di base.
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CAPITOLO 1 CARATTERISTICHE E RUOLO
L'allenatore di calcio a 5 svolge, dalle categorie più piccole alla prima squadra, un ruolo di formatore e in quanto tale deve privilegiare alcuni aspetti come adeguare gli allenamenti e scegliere modelli di prestazione legati all'età dei propri atleti, educare e sviluppare capacità tattiche e strategiche, utilizzare una formazione aperta al turn over, promuovere valori sportivi come lealtà e fair-play , richiedere la massima partecipazione compatibilmente con altri impegni e scindere l'esito della prestazione collettiva da quella individuale. Tutto ciò cercando di prestare attenzione a responsabilizzare gli allievi, infondere curiosità, dialogare, coinvolgere i giocatori nell'organizzazione e auto valutarsi per correggersi e migliorarsi.
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1.1 REQUISITI E PREREQUISITI Chi decide di allenare nel calcio a 5 deve possedere alcuni requisiti fondamentali che potrà solo migliorare ad altri che, con pazienza e costanza, potranno essere appresi. I due aspetti più importanti sono la passione per questo sport e la motivazione. La passione è l'interesse attivo che spinge a lavorare con dedizione,
mentre
la
motivazione
è
quella
dimensione
psicologica che consente di superare eventuali difficoltà e delusioni e che può generare esaltazione nell'osservare i risultati ottenuti. Tra gli altri requisiti richiesti ci sono: •
entusiasmo e dedizione verso il proprio mestiere;
•
esperienza metodologica;
•
fiducia in sé stessi e in ciò che si fa;
•
conoscenze tecnico tattiche;
•
personalità equilibrata;
•
conoscenze base di psicologia.
Tra le competenze che invece si possono apprendere nell'arco del proprio lavoro, ci sono: •
le competenze nell'organizzazione didattica in allenamento
e in partita •
le competenze comunicative.
Come il bravo giocatore sa trovare la risposta adeguata ad ogni situazione di gioco, così il bravo allenatore sarà attento a leggere
la
situazione
di
insegnamento-apprendimento
in
allenamento come in gara, per rispondere con le opportune scelte didattiche alle necessità manifestate dai suoi atleti. Il
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piacere dell'allenatore si realizzerà pertanto nel trovare, con l'organizzazione,
i
tempi
e
le
modalità
più
indicate
per
intervenire efficacemente in ogni situazione.
1.2 COMPETENZE Tra le competenze richieste ad un allenatore ci sono quelle metodologiche,
organizzative,
tecniche
e
relazionali,
indispensabili per la preparazione e la buona riuscita degli allenamenti, la stesura degli obiettivi e la coesione del gruppo.
METODOLOGICHE: •
saper spiegare le attività;
•
utilizzare il metodo induttivo e deduttivo;
•
lavorare per obiettivi;
•
dichiarare gli obiettivi di lavoro ai giocatori;
•
porre domande ai giocatori;
•
usare strategie per mantenere l'attenzione dei giocatori
ORGANIZZATIVE: •
mantenere una giusta proporzione tra tempi di spiegazione
e attività; •
predisporre spazi di lavoro funzionali e flessibili;
•
saper organizzare la rotazione dei ruoli;
•
predisporre il campo e gli attrezzi prima dell'allenamento;
•
utilizzare un buon rapporto spazio/numero dei giocatori.
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TECNICHE: •
saper dimostrare attività spiegate;
•
saper scegliere attività adeguate all'obiettivo;
•
saper variare le attività in funzione del grado di riuscita;
•
saper individuare la causa degli errori;
•
correggere gli errori uno alla volta.
RELAZIONALI: •
favorire
un
buon
clima
di
rispetto
verso
gli
altri
e
l'ambiente; •
discutere, chiedere pareri e proposte ai propri giocatori;
•
rinforzare i comportamenti positivi;
•
incoraggiare e gratificare;
•
rivolgere a ciascun allievo gesti di attenzione;
•
saper essere autorevole;
•
mantenere la calma nei momenti difficili;
•
saper cogliere le dinamiche relazionali all'interno del gruppo
1.3 LEADER E LEADERSHIP In una squadra l'allenatore è colui che addestra e prepara i singoli giocatori e, allo stesso tempo, coordina le capacità e le risorse agonistiche dei singoli. Gestisce inoltre le dinamiche interpersonali e psicologiche, sdrammatizzando, chiarendo o sostenendo a seconda delle situazioni. E' colui che motiva , rinforza e, se necessario, punisce, trovando il giusto ruolo fra la propria partecipazione emotiva alle vicende dei giocatori ed un più obiettivo distacco. Gli aspetti principali della leadership di un
7
istruttore sportivo possono essere riassunti in: •
trasmettere sicurezza;
•
valorizzare al meglio il gruppo squadra;
•
parlare poco e incoraggiare a fare;
•
intervenire in modo propositivo;
•
fare domande invece di impartire ordini;
•
vedere
l'errore
tecnico
come
primo
passo
per
l'apprendimento; •
parlare dei propri errori prima di sottolineare quelli altrui;
•
richiamare
l'attenzione
sugli
errori
altrui
in
maniera
indiretta; •
attenzione rivolta a disporre la squadra con un certo
equilibrio relazionale •
lodare ogni progresso, piccolo o grande;
•
essere l'uomo in più in campo
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1.4 CREDIBILITA' Un buon allenatore, per far si che i suoi ragazzi lo seguano, deve essere credibile cercando di rispettare pochi ma importanti aspetti come: •
non spendere troppe promesse che potrebbe non riuscire a
mantenere; •
rispondere alle domande con competenza, sincerità e
sensibilità; •
evitare di programmare frasi che potrebbero far perdere la
stima di un atleta; •
far sapere ai giocatori ciò che fanno, evidenziare le loro
abilità e i punti da migliorare; •
spiegare le ragioni di tecniche e strategie per favorire la
presa di coscienza.
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CAPITOLO 2
CREARE E GESTIRE UN GRUPPO
L'allenatore di calcio a 5, ma in generale di tutti gli sport di squadra, rispetto a un tecnico di sport individuale, deve confrontarsi con una serie di problematiche poiché deve far interagire
un
gruppo
di
individui,
ognuno
con
le
sue
caratteristiche tra cui quelle: •
di ordine tecnico, in quanto la prestazione deve comportare
l'integrazione del comportamento tecnico dei vari componenti della squadra; è necessario quindi insegnare a più individui ad eseguire bene gestualità diverse e contemporaneamente •
problematiche di tipo psicologico causate dalle diverse
personalità dei ragazzi o adulti che costituiscono un gruppo e che devono cercare di interagire in modo positivo
Lo scopo dell'allenatore è di orientare l'attività del gruppo verso il conseguimento di mete comuni traendo da ogni giocatore il massimo delle sue potenzialità. Alla base del proprio agire l'allenatore dovrà essere abile quindi nel: •
motivare i componenti del gruppo nelle molteplici fasi
dell'attività; •
individuare i problemi e trovare le soluzioni didattiche per
risolverli; •
saper dare sostegno psicologico nelle difficoltà sia ai singoli
che al gruppo Sarà perciò essenziale per l'allenatore stabilire fin dall'inizio un
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ottimo rapporto con la squadra e con il singolo, instaurare un rapporto di stima e di rispetto reciproco, che dovrà poi essere mantenuto per tutta la stagione. L'allenatore potrà quindi pretendere alcuni comportamenti tra i quali: •
parlare della propria attività esprimendosi al plurale, ossia
come componenti di una squadra; •
manifestare entusiasmo nell'appartenere a tale squadra;
•
parlare di eventuali problemi con mister e compagni;
•
ricercare attivamente la soluzione dei problemi;
•
essere consapevoli che si impara dagli errori e che si vince e
si perde insieme
L'allenatore dovrà quindi: •
conoscere le tecniche di gioco e le fasi attraverso le quali si
articola l'insegnamento; •
motivare e sostenere gli interessi individuali e di gruppo,
creando situazioni favorevoli al raggiungimento di traguardi previsti, controllando tempi e spazi e creando un contesto ambientale collaborativo •
favorire l'incontro con i vari saperi motori per sviluppare
forme di linguaggio che esaltino espressività e creatività •
valorizzare tutte le esperienze, individuali e di gruppo;
•
far interagire i giocatori durante il gioco;
•
programmare un piano di lavoro che preveda gli obiettivi da
raggiungere, contenuti e modalità didattiche da proporre, variabili da inserire, verifiche e valutazioni. Sul
piano
puramente
didattico
i
compiti
dell'allenatore
consistono nel promuovere la formazione degli atleti attraverso
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precise scelte organizzative, per cui: •
la sua attività deve essere svolta con continuità educativa,
in modo da sviluppare i processi formativi che riguardano lo sviluppo della persona; •
deve permettere agli atleti di essere protagonisti attivi, con
un crescendo di esperienze positive e attraverso giusti e adeguati stimoli; •
il suo lavoro deve essere concordato con la società in modo
da avere un'unicità di linguaggio.
L'allenatore è tenuto inoltre, in accordo con la società: •
a partecipare a riunioni tecniche e organizzative indette
dalla società; •
tenerla
costantemente
aggiornata
della
situazione
del
proprio gruppo affrontando i problemi eventuali insieme allo staff; •
produrre
elaborati
scritti
riguardo
la
programmazione
didattica generale, le singole sedute di allenamento e tutte le particolarità da annotare relative al proprio gruppo.
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2.1 STILI DI INSEGNAMENTO Lo stile d’insegnamento è la decisione, la strategia didattica che l'allenatore adotta per una situazione di controllo sociale e mantenimento della disciplina; a seconda dello stile si può misurare il grado di autonomia data agli atleti. Tra i differenti stili d’insegnamento si possono adottare, tra gli atri, gli stili: •
autocratico:è lo stile di chi tende a comandare, controllare
ogni comportamento dell'allievo minacciando, talvolta, sanzioni e punizioni; •
autoritario: l'allenatore prescrive, l'atleta esegue. È lo stile
degli allenatori che non concedono la libera espressione ai propri giocatori, creano tensione nel gruppo e determinano a priori gruppi e sottogruppi. Tendono spesso a impartire premi e punizioni senza una valida giustificazione; •
partecipativo o democratico: è il tipico stile di chi coinvolge
gli atleti nell'elaborazione dei programmi, tenendo conto dei loro stati d'animo e offendo rispetto reciproco e fiducia. La sua partecipazione nel gruppo è molto attiva; •
permissivo: chi predilige questo stile tende a subire le scelte
del gruppo, dando indicazioni e suggerimenti soltanto quando vengono richiesti. Per questi aspetti, nel suo gruppo, ognuno fa ciò che vuole. Lo stile perfetto da adottare non esiste, ma il giusto approccio ad una squadra sarebbe l'equilibrio tra autorità e autorevolezza.
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2.2 METODO Nella spiegazione di un esercizio l'allenatore deve cercare di posizionarsi dove può controllare ed essere visto dagli allievi. La spiegazione dev'essere quanto più breve, chiara e con un linguaggio appropriato, poiché i messaggi trasmessi devono apparire diretti, specifici, completi, coerenti e incoraggianti. Le informazioni inoltre devono essere appropriate al livello di chi le riceve e focalizzarsi su una cosa alla volta. L'allenatore, per le sue spiegazioni, può utilizzare due principali ma differenti metodi: •
diretto: consiste nella dimostrazione da parte dell'istruttore
e dell'esecuzione a specchio degli allievi; •
indiretto:
prevede
la
dimostrazione
delle
parole
dell'allenatore da parte di un giocatore. Una volta terminata la spiegazione l'allenatore deve accertarsi che il messaggio sia stato compreso, per cercare di evitare eventuali
fraintendimenti
ed
errori.
Come
per
lo
stile
d'insegnamento, anche per il metodo non ne esiste uno preferibile all'altro, ma è consigliato usare un terzo tipo di metodo, il metodo misto, per alternare il metodo diretto e quello indiretto e per offrire sempre una diversa prospettiva agli atleti. Due validi metodi utili alla risoluzione dei problemi possono essere: • induttivo: l’insegnante propone e gli allievi sono liberi di scegliere la soluzione; • deduttivo: l’insegnante determina tutto e gli allievi si limitano a seguire.
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2.3 COMUNICAZIONE E FEEDBACK Comunicare significa inviare un messaggio, attraverso un mezzo di trasmissione, ad un destinatario, ovvero dire qualcosa, tramite un canale comunicativo, a qualcuno. I componenti della comunicazione sono essenzialmente tre: •
Verbale (7%)
•
Paraverbale (38%)
•
Non verbale (55%)
Componente verbale: Per una comunicazione verbale efficace occorre che i messaggi siano diretti, completi, specifici, chiari, coerenti, incoraggianti ed espressi
in
maniera
personale.
Devono,
inoltre,
essere
appropriati al livello di chi li riceve e focalizzarsi su una cosa per volta.
Componente paraverbale: Riguarda tutto ciò che si osserva, o meglio, si ascolta nel modo di parlare di una persona. In particolare il volume, che indica la forza del suono, il tempo, ovvero la velocità di emissione delle parole, il ritmo, che indica il succedersi nel tempo delle parole, la risonanza, cioè la sonorità di una voce, l'articolazione, che si riferisce al numero di parole comprese durante l'ascolto e il timbro, che indica la qualità del suono emesso.
Componente non verbale: il linguaggio non verbale incide in maniera rilevante sulla comprensione del messaggio in quanto rivela cosa si vuol dire.
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Esso è composto da una serie di dettagli e deve essere analizzato in maniera globale. È composto da una serie di dettagli tra cui la mimica, la prossemica, cioè la distanza tra chi parla e chi ascolta, la postura e la gestualità.
Il comportamento umano è, pertanto, un continuo scambio di segni comunicativi tra persone. Tra le strategie di comunicazione e
di
comportamento
che
l'allenatore
dovrà
adottare
per
influenzare l'attenzione dei suoi giocatori ci sono: •
indicare
al
gruppo
le
mete
da
raggiungere,
sia
in
allenamento che in gara; •
stabilire regole di vita comune, da integrare, nel caso del
settore giovanile, con le altre agenzie educative come scuola e famiglia, che concorrono al processo di formazione e sviluppo della personalità del ragazzo; •
incentivare
comportamenti
altruistici
e disincentivare i
comportamenti individualistici poiché, in un gioco come il calcio a 5, è importante il gioco di squadra e, perciò, che tutti tocchino il pallone; •
stimolare la partecipazione dei giocatori alle decisioni e alle
attività di squadra, consentendo a tutti di esprimere la propria opinione e manifestare le proprie idee; •
favorire occasioni per stare insieme anche fuori dal contesto
sportivo per facilitare l'integrazione e creare le basi per una migliore e proficua coesione; •
sottolineare
i
comportamenti
positivi
con
la
propria
approvazione e con il giusto uso del rinforzo positivo che aiuta a mantenere vivi gli stimoli e a produrre, nei ragazzi, l'effetto di
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porsi
traguardi
sempre
più
alti
in
relazione
alle
proprie
possibilità. Il rinforzo, positivo o negativo, è un utile strumento che l'allenatore
può
e
deve
adottare
in
quanto
aumenta
la
probabilità di emissione di risposta da parte dei giocatori, riduce i comportamenti negativi, incrementa quelli positivi e migliora la prestazione individuale. Gli aspetti principali da rinforzare sono la
prestazione,
collettivi,
l'impegno
meglio
se
e
i
dopo
miglioramenti
una
corretta
individuali
e
esecuzione
e
preferibilmente con gesti e parole di approvazione. Un altro importante strumento per l'allenatore è il feedback, in altre parole le risposte e i commenti in relazione a ciò che una persona fa. Essi possono essere positivi e negativi e si possono suddividere in: •
feedback positivi generali: sono quelli che aumentano
l'autostima e la simpatia verso l'allenatore; •
feedback
positivi
precisi:
rinforzano
i
comportamenti
d'apprendimento, aumentano l'autoefficacia e la stima nei confronti dell'allenatore competente. I feedback positivi vanno dati con tempestività, non troppo spesso perché non diventino consuetudine, ma non troppo poco per non demotivare: •
feedback
negativi
generali:
possono
provocare rabbia,
paura, depressione, disistima di sé e degli atri, conflittualità e competitività nel gruppo; •
feedback negativi precisi: consapevolezza di cosa non va e
di come non doverla fare. Essi provocano responsabilità, apprendimento e fiducia nell'allenatore.
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Ogni feedback negativo dovrebbe terminare con la conferma della stima dell'allenatore nei confronti del giocatore per dare il messaggio che può salvare la relazione.
2.4 MOTIVAZIONE Come i giocatori per giocare a “futsal” hanno bisogno di valide motivazioni come divertimento, benessere fisico, partecipazione di gruppo e successo agonistico, così anche gli allenatori per poter svolgere al meglio la propria attività. Le motivazioni, o meglio, gli orientamenti, che caratterizzano un allenatore sono: •
orientamento al successo personale, inteso come vittorie,
trofei o premi in denaro; •
orientamento al compito, ovvero verso ciò che deve essere
insegnato; •
orientamento al gruppo, ossia all'aspetto sociale e quindi,
soprattutto,
alla
gratificazione
che
deriva
da
una
buona
interazione tra i partecipanti. Gli ultimi due punti si riferiscono in particolare a due obiettivi che l'allenatore deve cercare di perseguire se allena nella scuola calcio, mentre l'allenatore di una prima squadra può ambire anche e soprattutto al successo personale.
2.5 DROP-OUT Il calo di motivazione, la mancanza di stimoli come grinta, entusiasmo ed efficienza possono determinare, specialmente a livello giovanile, l'effetto drop-out. Il drop-out è, infatti, il
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fenomeno che si verifica quando un giocatore non svolge più attività motoria continuativa e organizzata. Tra le principali motivazioni che portano a questo fenomeno ci sono la noia, gli infortuni, problemi con i compagni di squadra, l'eccesso di competizione, altri interessi, il lavoro, lo studio e, tra le altre, le divergenze con l'allenatore. L'allenatore gioca un ruolo molto importante nella crescita e nella formazione del giocatore, ma se viene meno a questo compito, può innescare un effetto irreversibile nel rapporto con il proprio atleta. Questo si verifica, spesso, quando l'allenatore è troppo esigente e utilizza metodi di allenamento che mirano, non tanto alla formazione del ragazzo, quanto a costruire e a realizzare un risultato. È importante che gli allenatori si interroghino sul rapporto che hanno con i propri allievi, se abbiano creato un clima di tensione attraverso pressioni eccessive, abbiano reso sgradevole o troppo pesante l'attività,abbiano chiesto troppo all'allievo o troppo poco togliendogli così entusiasmo e interesse. È importante saper creare
un
clima
caratterizzato
da
divertimento
e
gioco,
sopratutto per i giovanissimi, e lasciare spazio alla creatività e all'iniziativa per non cadere nella monotonia. Può capitare che l'atleta
si
stanchi
di
essere
trattato
come
un
piccolo
professionista troppo sollecitato perché vinca sempre; sono atteggiamenti sbagliati, specialmente nei confronti dei bambini che, invece di essere trattati come tali, vengono visti come adulti ai quali spremere tutte le risorse per arrivare al risultato finale. Spesso, infatti, si verifica un'eccessiva esasperazione dello sport, la richiesta di un agonismo sbagliato, basato sul giocare per vincere e con ogni mezzo e questo va contro il
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piacere del gioco e del divertimento.
Che cosa può fare l'allenatore per prevenire il drop-out? •
Cercare di capire se lo sport scelto dal giovane piace, lo
stimola, lo diverte ed indirizzarlo, in caso contrario, verso un altro sport; •
creare delle aspettative adeguate alla persona e alle sue
reali possibilità; •
rendere
gradevole
il
“futsal”
attraverso
un
clima
di
divertimento e gratificazione costante, utile per l'aumento della propria autostima; •
cercare di dare a tutti un'occasione per sentirsi protagonisti
o decisivi per la squadra; •
trasmettere il messaggio che vincere non è l'obiettivo
primario e la sconfitta non è sinonimo di fallimento.
Per tenere alta la motivazione occorre indicare, per ogni allenamento, le mete da raggiungere, variare spesso gli esercizi e gli allenamenti, creare brevi momenti di competizione, non dilungarsi in spiegazioni monotone, far sì che ogni atleta si migliori,
provando
piacere
nel
farlo.
Per
sostenere
la
motivazione di ogni atleta, l'allenatore deve far sì che questi trovi sempre, in quello che fa, qualcosa che soddisfi i suoi bisogni. È pertanto necessario e utile un accordo allenatoreatleta all'inizio di ogni stagione sportiva. L'allenatore s’informerà circa gli obiettivi di ogni atleta e a sua volta esporrà le proprie aspettative nei suoi confronti, costruendo così insieme un “patto” condiviso sugli obiettivi.
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CAPITOLO 3
COMPITO DA REALIZZARE
L’allenatore, per cercare di ottenere dal giocatore ciò che vuole che assimili, deve realizzare un lavoro specifico. Conoscere le caratteristiche di ciascun giocatore è indispensabile per ottenere che gli allenamenti siano realmente specifici, altrimenti si può correre
il
rischio
di
ottenere
obiettivi
irraggiungibili
o
eccessivamente semplici. Tale allenamento specifico sarà rivolto in diverse direzioni: il movimento di insieme della squadra nei diversi sistemi che devono essere utilizzati, giocate prestabilite, situazioni concrete di gioco. È opportuno che il mister inizi il lavoro
specifico
in
maniera
individuale
per
migliorare
o
rafforzare aspetti che riguardano il settore coordinativo e cognitivo di ogni giocatore, per cui risulterà utile modificare o limitare in forma individuale norme e parametri. Infatti, lo scopo per il quale nel gioco si modificano regole e spazi di gioco, è per cercare di far prendere coscienza al giocatore di ciò che fa bene e ciò che fa male, con l’obiettivo che, successivamente, ne possa approfittare in partita.
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3.1 ORGANIZZAZIONE E DIREZIONE DEL LAVORO La stabilità e il buon funzionamento del gruppo dipendono, in gran parte, dal modo in cui un allenatore lo dirige. Le strategie per far ciò sono molteplici e ogni allenatore può scegliere quella che preferisce in base alle sue caratteristiche, ma è importante che i giocatori imparino ciò che si cerca di insegnare loro. Se invece si ha a che fare con allievi che credono di saperne più dell’allenatore o che non lo ritengono adatto al suo ruolo, allora sarà più difficile trasmettere degli insegnamenti, dare istruzioni e, tantomeno, pensare che le realizzino in allenamento e in partita. La fiducia del giocatore nei confronti dell’allenatore può far si che chi apprende capisca dove sbaglia e convincersi dell’errore, mentre la mancanza di fiducia comporterà la ripetizione dello sbaglio e, di conseguenza, il forte pericolo che l’esecuzione scorretta consolidi l’errore. Per farsi rispettare quando si deve dirigere un gruppo, bisogna dimostrare ad esso che si hanno le capacità per farlo, che si è esperti in materia, ma soprattutto, bisogna avere fiducia in se stessi e in ciò che si propone. Così, una volta conquistata la fiducia e il rispetto dei ragazzi, l’allenatore può cominciare a organizzare e pianificare il lavoro a proprio vantaggio. L’allenatore deve tenere comunque presente che il lavoro da svolgere, la gestione delle partite, gli allenamenti, devono essere concentrati e svolti nell’interesse dei giocatori poiché sono loro i protagonisti del gioco. Il mister intento a urlare dalla propria panchina innumerevoli indicazioni ai propri giocatori si mostra una persona troppo autoritaria e protagonista del gioco, che mette pressione e che, quindi, si dimentica dei veri attori del gioco. Quando inizia una partita i
22
giocatori
i
giocatori
dovrebbero
sapere
che
la
figura
dell’allenatore è presente soltanto per dare utili indicazioni e che se si commette un errore grave in partita egli ha a disposizione un time out per correggere i giocatori e ripristinare l’ordine. Se l’allenatore fornisce indicazioni razionali, i giocatori saranno già mentalmente
disposti,
ogniqualvolta
che
viene
richiamata
l’attenzione, a ricevere la relativa indicazione. Questo modo faciliterà i giocatori a mettere in pratica ogni indicazione che verrà data loro, in maniera precisa e puntuale.
3.2 LAVORO NEI DIFFERENTI SETTORI DI GIOCO In molti casi l’allenatore è responsabile del fatto che i suoi giocatori adottino in gara un atteggiamento positivo o negativo nei confronti della competizione, del fatto che esprimano aggressività e ansia verso gli aspetti competitivi e regolamentari del gioco e non verso avversari, pubblico e arbitro. Un’altra sua funzione è quella di rendere i suoi giocatori consapevoli dei propri difetti come delle proprie capacità in modo che questi, nei limiti delle loro possibilità, imparino a nascondere i primi e a sfruttare le seconde quando si trovano in campo. È importante che l’allenatore dia in ogni momento, ai giocatori, un gran numero d’informazioni sul risultato delle loro azioni, in modo da ottenere che questi ne comprendano il motivo e la relazione causa-effetto, sia in positivo sia in negativo. Questo feedback dipende
in
gran
parte
dalle
conoscenze
del
calcio
a
5
dell’allenatore e dagli aspetti di gioco che ciascun giocatore deve cercare di migliorare. A tale proposito Ruiz e Sanchez (1997)
23
affermano: “Un
requisito
indispensabile
per
l’allenatore
rispetto
alla
problematica delle informazioni da trasmettere ai giocatori è che questi abbia sviluppato le sue capacità di osservare, individuare e valutare le differenze tra il modello o la norma di riferimento e l’esecuzione reale dell’atleta. Da questo punto di vista va detto, anzitutto,
che
tale
abilità
dipenderà
dalle
caratteristiche
dell’esecuzione tecnico-tattica del suo sport”. Come affermato da questi due autori, è indispensabile che l’allenatore, affinché possa aiutare i suoi allievi, sia in grado di sapere cosa vuole che essi facciano esattamente e poi che sappia riconoscere la differenza tra l’azione che avrebbero dovuto eseguire e quella realmente eseguita. Se l’allenatore riesce a fare in modo che ciascuno dei giocatori abbia le capacità di analizzare e valutare il risultato delle azioni compiute, se riesce a creare una mentalità simile, i giocatori matureranno, rispetto
alle
loro
azioni,
un
senso
critico
tale
da
poter
apprendere dai propri errori. Schimdt (1991) afferma che le informazioni in merito agli errori commessi sono fondamentali ai fini dell’apprendimento. Strettamente legato a questo Bayer (1992) afferma che: “L’educatore (allenatore) che ha lo scopo di facilitare lo sviluppo ed
il
miglioramento
adattamento,
può
dell’allievo
evitare
(giocatore)
l’acquisizione
di
intesi
come
comportamenti
automatizzati meccanici proponendo, durante l’esecuzione del gesto e del comportamento, condizioni d’esecuzione variabili ed in
continuo
cambiamento,
che
si
alternano
a
stabilizzazione o a condizioni d’esecuzione standard”.
24
periodi
di
È innegabile che, per riuscire ad apprendere un determinato gesto motorio e automatizzarlo, la ripetizione sia assolutamente necessaria.
3.3 COMPORTAMENTO IN GARA E IN ALLENAMENTO L’allenatore ha il dovere di approfittare di ogni circostanza che gli si offre per cercare di migliorare i propri giocatori. Così facendo, sia nelle partite sia negli allenamenti, si potranno sfruttare le caratteristiche speciali di ciascuno di essi e, di conseguenza, cercare di insegnar loro cos’è più conveniente. Proprio queste differenze porteranno il mister ad avere giocatori che metteranno
in gioco, durante la gara, capacità mai
manifestate in allenamento ed altri che, al contrario, faranno fatica a ripetere in gara gesti facilmente eseguiti in allenamento. Gli aspetti della prestazione si possono sviluppare sia in partita sia durante le sedute di allenamento, ma vanno ben distinti: Allenamento (esercizi): •
fondamentali tecnici
•
fondamentali individuali tattici
•
condizione fisica
Allenamento (Situazioni di gioco): •
Fondamentali strategici
•
Fondamentali tattici collettivi
•
Attenzione selettiva
25
Competizione: •
Senso del collettivo
•
Senso della posizione
•
Capacità di anticipazione
•
Disciplina tattica
•
Rispetto delle norme
•
Rapporto con i compagni
•
Confronto con altri
Disciplina tattica, rapporti con compagni e avversari, rispetto delle norme, sono tutti aspetti allenabili e che bisogna introdurre e approfondire in allenamento, ma che trovano la loro massima espressione in gara. L’utilità di proporre esercizi invece, è che con essi ci si può concentrare su un’attività precisa per realizzare un lavoro analitico, necessario per apprendere i dettagli
dei
movimenti
che
si
vogliono
insegnare.
Ed
è
importante poterli fare in allenamento in quanto solo così si possono modificare regole e spazi di gioco, interrompere il gioco quando si ritiene opportuno per fornire indicazioni. L’allenatore deve quindi, sia in partita sia in allenamento, mettere a disposizione tutta la sua esperienza al servizio dei giocatori per insegnare loro la tecnica e il corretto posizionamento in campo. In alcuni casi però, alcuni giocatori non eseguono determinati movimenti per paura di sbagliare e questo, spesso, è provocato dall’allenatore. Egli dovrebbe considerare l’errore come aspetto del gioco ed insegnare i ragazzi ad agire, nei limiti del possibile, con responsabilità, in modo che acquisiscano fiducia in se stessi e riuscendo, per loro stesso convincimento, ciò che possono e
26
non possono fare durante la gara. Tutto ciò può essere, ovviamente, affrontato e sviluppato, con esercizi in parte analitici, anche se conviene che venga sviluppato in un contesto competitivo
in
quanto
maggiormente
specifico
ai
DIRE,
COME
fini
dell’assimilazione e dell’apprendimento.
3.4
TIPO
DI
INFORMAZIONI:
COSA
E
QUANDO L’allenatore ha il compito di orientare, analizzare e correggere il lavoro dei giocatori mediante l’insegnamento dei movimenti che vuole che siano eseguiti e cercare di ottenere il miglioramento di quelli che ha già insegnato e proposto. Per poter ottenere questo miglioramento è importante che il mister dia ai ragazzi le indicazioni
più
opportune
su
come
hanno
realizzato
tali
movimenti, in modo che li possano migliorare. In questo caso è fondamentale ricevere dei feedback, cioè le informazioni di ritorno, la cui importanza è decisiva ai fini del progresso del giocatore. L’ideale sarebbe che ogni giocatore fosse in grado di analizzare da solo il risultato delle sue azioni e, sulla base di questa analisi, apprendere e migliorare di conseguenza. Tutto ciò è comunque molto difficile per un giocatore di calcio a 5 e diventa impossibile se il giocatore è un principiante, coinvolto in una partita e con una conoscenza del gioco limitata. La differenza tra un giocatore esperto e uno meno esperto sta nella rapidità e nell’abilità con cui il primo è in grado di leggere il gioco rispetto al secondo che, spesso, non possiede la capacità di osservare uno spazio così ampio. Il compito dell’allenatore sta
27
quindi nell’aiutare i giocatori a cercare di aumentare lo spazio che controllano mentre giocano. Il modo migliore per farlo è fornire loro il maggior numero d’informazioni sull’esito delle proprie
azioni
rendendoli
capaci,
attraverso
esercitazioni
adeguate, di capire quali siano gli stimoli più rilevanti ai fini del gioco (attenzione selettiva). Le informazioni di ritorno saranno, pertanto, tanto più concrete quanto maggiore sarà l’esperienza dei giocatori a cui è diretta. Un tipo di feedback essenziale per il processo d’apprendimento è quello sugli “errori commessi” poiché, se i giocatori non sono in grado di capire dove sbagliano, o
attribuiscono
i
loro
errori
ai
compagni,
all’arbitro
o
all’allenatore, non saranno mai in grado di migliorare. È perciò importante che l’allenatore insegni ai ragazzi ad essere obiettivi, poiché avranno maggior capacità di apprendere e migliorarsi.
28
CAPITOLO 4
PROFILO TECNICO DELL’ALLENATORE NELL’ATTIVITÀ DI BASE
Allenare ed educare i giovani al gioco del calcio a 5 non è un compito semplice, occorre che il tecnico sia in grado di esaltare qualità
tecniche,
tattiche,
comunicative,
educative
e
psicologiche, tenendo sempre in considerazione le fasce d’età a cui si rivolge. Le sue competenze riguardano sia gli ambiti d’insegnamento in età scolare che una conoscenza dei problemi legati alle dinamiche dell’apprendimento motorio. Deve inoltre conoscere
e
tenere
presenti
i
processi
che
regolano
la
maturazione fisica e le fasi sensibili che sono alla base dello sviluppo biologico dell’apprendimento, in particolar modo le capacità coordinative, essenziali nelle esecuzioni dei gesti tecnici. Possedere queste caratteristiche risulta fondamentale per ridurre eventuali errori e non compromettere la crescita potenziale del giovane calciatore. Il tecnico deve sapere che il suo operato ha una valenza formativa e deve essere in grado di modificare la sua proposta tenendo conto delle caratteristiche di ogni età. Infatti, trattare i ragazzi da adulti, cioè proporre un programma didattico adatto agli adulti e ridotto sul piano quantitativo,
può
solo
danneggiare
la
crescita
tecnica
e
psicologica degli allievi. Nella continua evoluzione del calcio a 5 e
delle
conoscenze
d’insegnamento,
anche
pedagogiche la
figura
relative
ai
dell’allenatore
programmi si
dovrà
aggiornare coerentemente a tali e relativi processi educativi. Un
29
buon allenatore del settore giovanile deve far apprendere con semplicità e metodo gli obiettivi didattici individuali e di squadra, utilizzando il metodo migliore per trasmettere il proprio sapere e farlo apprendere stabilmente. Deve inoltre mostrarsi sensibile
nel
saper
combinare
e
riadattare
la
propria
programmazione in risposta alle nuove abilità acquisite e ai processi conseguiti. Nella sua formazione l’allenatore deve tener conto dei seguenti fattori: •
Mantenere
un’elevata
motivazione
per
perseguire
i
necessari miglioramenti e arricchire le proprie competenze metodologiche, didattiche, organizzative e relazionali; •
Essere consapevole dei propri limiti;
•
Esaltare al massimo le proprie qualità;
•
Sviluppare una personale filosofia di lavoro cercando
soluzioni originali e creative; •
Essere sensibile e adattarsi al contesto presso il quale
opera.
30
4.1 CATEGORIA PICCOLI AMICI (5-8 ANNI) La categoria dei “piccoli amici” è la categoria da cui comincia il percorso del giovane calciatore e l’allenatore ideale per aiutare la sua crescita personale dovrebbe essere essenzialmente giovane e simpatico, saper voler bene e credere nelle capacità dei propri bambini, dare suggerimenti, aiutare e incoraggiare nelle difficoltà, lasciar giocare, ma soprattutto far divertire. Le caratteristiche e i comportamenti che caratterizzano questa fascia d’età sono: •
Pensiero di tipo egocentrico;
•
Proietta solo se stesso nell’ambiente;
•
Scarsa collaborazione con i compagni;
•
Attenzione limitata;
•
Esegue movimenti istintivi;
•
Controllo motorio non efficace;
•
Difficoltà ad analizzare le situazioni di gioco
Gli obiettivi dell’area tecnico-tattica che ci si prefigge sono: •
Guida della palla in forma libera;
•
Calciare in forma libera, con palla ferma e in movimento;
•
Ricevere in forma libera, da fermo e in movimento;
•
Stimolare
il
superamento
dell’avversario
con
ridotte
possibilità di movimento; •
Partite giocate in forma libera, da 3 contro 3 fino al gioco
reale; •
Gioco in superiorità numerica per facilitare le azioni di
attacco.
31
Mentre invece gli obiettivi dell’area fisico-motoria: •
Tutta l’attività dev’essere basata sul gioco;
•
Proporre giochi con regole semplici;
•
Organizzare percorsi motori per migliorare la motricità
generale e gli schemi motori di base; •
Giochi per sollecitare le capacità coordinative, la rapidità e
la mobilità articolare
I contenuti delle lezioni di allenamento di questa categoria sono da suddividere in 50% di esercitazioni di carattere senso percettivo, 25% di coordinamento tecnico, un 19% di tattica divisa tra esercitazioni e partita e il 6% di parte fisica. È consigliabile svolgere questo tipo di esercizi in due sedute settimanali della durata di 60 minuti ciascuna. Una seduta caratteristica di questa categoria può essere così suddivisa:
-
LO SCALPO (5’)
Due gruppi di bambini si affrontano in un quadrato di 15 metri per lato. Un gruppo indosserà un fazzoletto colorato all’altezza dei calzoncini (scalpo). I bambini senza scalpo dovranno toglierlo agli altri che lo indossano. Vince la squadra che in meno tempo sarà riuscita a togliere tutti gli scalpi. Si possono aggiungere delle varianti a questo esercizio iniziale come dare lo scalpo a entrambe le squadre oppure aumentare o diminuire lo spazio di gioco.
-
GUIDA GEOMETRICA (10’)
Tracciare con i delimitatori diverse figure geometriche sul
32
terreno di gioco. Due bambini con palla si posizioneranno sui lati della figura geometrica delimitata in modo diametralmente opposto. Al segnale dell’insegnante i bambini partono guidando la palla lungo il perimetro della figura. Vince chi, per primo, raggiunge e tocca con la mano l’altro mantenendo il controllo della palla.
-
COLPISCI IL BERSAGLIO (10’)
Due squadre di bambini si posizionano sulle due linee di fondocampo con l’obiettivo di colpire, calciando la palla con i piedi, il bersaglio (scatolone o altro grande bersaglio). Vince la squadra che riesce a spingere il bersaglio nel campo dell’altro gruppo. I palloni che si fermano nella propria metà campo possono essere recuperati, riportati sulla propria linea di fondo campo e calciati. Per aggiungere alcune varianti a questo esercizio si possono inserire più bersagli e prevedere di colpire l’oggetto lanciando la palla con le mani.
-
PERCORSO MOTORIO CON ATTACCANTE E PORTIERE (10’)
Si dispongono due percorsi ai lati di una porta, ciascuno della lunghezza di circa 10 metri. A sinistra sarà posizionato il percorso per il bambino che effettuerà il tiro in porta con palla in movimento, dall’altra invece quello destinato al portiere. Al “via” dell’istruttore il bambino che ricopre la funzione di attaccante conduce la palla nel percorso effettuando uno slalom, al termine del quale effettuerà un tiro. Nello stesso momento il “portiere” supera rapidamente il coordinatore di frequenza (scaletta) per andare poi a parare il tiro del compagno.
33
-
3 CONTRO 3 CON PORTIERE FISSO IN FASE DIFENSIVA
Il gioco è una normale patita tre contro tre in cui la squadra non in possesso di palla deve difendere con un portiere fisso, stabilendo cos’ un confronto fra tre attaccanti e due difensori più un portiere. Appena la squadra torna in possesso di palla il portiere esce dalla porta, mentre uno dei giocatori avversari andrà
ad
occupare
la
propria,
invertendo
così
la
superiorità/inferiorità numerica. Si possono inserire varianti come l’attribuzione di due punti al gol del portiere o la partita tre contro tre in forma libera.
4.2 CATEGORIA PULCINI (8-10 ANNI) Con la categoria “pulcini” prosegue il percorso del giovane atleta, spinto da motivazioni diverse dalla precedente categoria. In particolare: trarre piacere dall’azione sportiva, muoversi pensando e saper vivere in gruppo. Il profilo che più si addice a questa categoria è quella di un allenatore giovane, simpatico, ma soprattutto amico dei suoi allievi e con caratteristiche molto simili all’allenatore dei piccoli amici, ma con alcune differenze: saper correggere gli errori, far migliorare i ragazzi, rimproverare in certe occasioni ma mai in modo duro. Tra le caratteristiche e i comportamenti che si possono trovare nei pulcini ci sono: •
Pensiero meno egocentrico rispetto alla fase precedente;
•
Proiezione di più elementi, come compagni e avversari,
nell’ambiente; •
Maggior attenzione e collaborazione dimostrate;
•
Analisi di situazioni di gioco;
34
•
Maggior controllo motorio;
•
Combinazione di più schemi motori,
•
Acquisizione delle prime abilità tecniche;
Gli obiettivi fisico motori sono prevalentemente orientati verso lo sviluppo delle capacità coordinative, di sprint, della rapidità e della mobilità articolare. Bisogna sollecitare inoltre il versante aerobico della resistenza, della muscolatura posturale e della forza espressa in modo rapido, cercando di esprimere il tutto attraverso il gioco. Per quanto riguarda gli obiettivi dell’area tecnico tattica bisogna cercare di rivolgere l’attenzione su: •
Avviamento e impostazione dei gesti tecnici specifici del
calcio a 5; •
Guida della palla in condizioni più complesse;
•
Giochi ed esercitazioni per la sensibilizzazione della pianta
piede sul pallone; •
Utilizzo della pianta piede per lo stop e la guida della palla;
•
Ricevere da fermo e in movimento con palla aerea;
•
Avviamento e impostazione della posizione difensiva di
base e del marcamento; •
Come smarcarsi: il contro movimento e le corse con cambi
di direzione e intensità di corsa; •
Primi riferimenti per l’avviamento al ruolo;
•
Giocare in superiorità numerica con conclusione rapida a
rete; •
Primi riferimenti degli sviluppi del gioco offensivi;
•
Calciare da fermo e in movimento con finalità di passaggio
e tiro;
35
•
Tirare in porta di punta piede;
•
Calciare in modo accompagnato con l’esterno collo;
•
Colpire di testa da fermo e in movimento;
•
Superare
l’avversario
con
maggiori
possibilità
di
movimento.
I contenuti delle lezioni di allenamento dei pulcini sono suddivisibili in: 34% di esercizi di coordinamento tecnico, 34% di tattica divisa in esercitazioni e partite, 20% di carattere senso percettivo e 12% di obiettivo fisico. Per questa categoria è consigliabile svolgere due sedute settimanali di 80 minuti ciascuna. Una seduta di allenamento tipica può essere composta dai seguenti esercizi:
-
PALLA BASE (5’)
In uno spazio delimitato da due linee, due squadre composte da più allievi effettuano una partita. Il gol è valido quando chi attacca riesce a guidare la palla oltre la linea avversaria.
-
PASSARE E RICEVERE CON TRIANGOLAZIONE (10’)
Sull’intera superficie del campo disporre più gruppi composti da quattro (massimo sei) giocatori con un pallone, due da un lato, due dall’altro, posti gli uni fronte agli altri. L’allievo in possesso di palla esegue un passaggio al compagno di fronte, si allarga per ricevere e chiudere la triangolazione. La palla viene poi trasmessa nel punto in cui è iniziata l’azione per l’allievo successivo che riprenderà la sequenza.
36
-
TRECCIA (15’)
Tre file di giocatori si posizionano a fondocampo con palloni nella fila centrale. Gli allievi devono avanzare verso l’altra porta. Il ragazzo della fila al centro passa il pallone al compagno di destra e segue (dai e segui), il compagno che ha ricevuto palla conduce fino al centro, passa al giocatore a sinistra e segue. Si ripete la sequenza fino in prossimità della porta dove, chi riceve il pallone, calcia di prima in porta da fuori area.
-
2 CONTRO 1 CON UN DIFENSORE PER METÀ CAMPO (20’)
In un rettangolo di gioco di circa 20x30 metri diviso in due metà campo, si gioca con due attaccanti che, partendo dalla linea di fondo, devono superare un difensore per ogni metà campo. Obbligo, per chi difende, di non spostarsi dalla propria metà campo. L’azione finisce quando la palla è in possesso del portiere, termina fuori o in rete o viene intercettata da un difensore.
-
PARTITA 3 CONTRO 1 (30’)
Due squadre di cinque allievi si affrontano con i seguenti ruoli: un portiere, un difensore, tre attaccanti. Il difensore non può oltrepassare
la
metà
campo.
Gli
attaccanti
non
possono
retrocedere nella loro metà campo. La palla viene messa in gioco
direttamente
dal
portiere
per
gli
attaccanti
che
eseguiranno un’ azione di 3 vs 1 con conclusione rapida a rete. Con le stesse regole possono essere eseguite le altre situazioni di superiorità numerica: dal 4 vs 4 per il 2 vs 1 (un portiere, un difensore, due attaccanti), dal 6 vs 6 per il 3 vs 2 (un portiere,
37
due difensori, tre attaccanti). Si può variare ulteriormente impostando la partita 5 vs 5 in forma libera.
4.3 CATEGORIA ESORDIENTI (11-12 ANNI) La categoria “esordienti” rappresenta l’ultima tappa dell’attività di base per un ragazzo che, nella maggior parte dei casi, è spinto da motivazioni come l’acquisizione di uno status per una propria promozione sociale, competizione in gara, scaricare il nervosismo, desiderio di divertimento e di stare in gruppo. In questo delicato periodo di preadolescenza il mister dei ragazzi deve essere, oltre che simpatico, comprensivo e sensibile, capace di trasmettere fiducia, entusiasmo e di insegnare la tecnica, preparato calcisticamente e bravo a “strigliare” ed elogiare a seconda delle situazioni. Le caratteristiche e i comportamenti
dei
ragazzi
in
questa
categoria
sono
generalmente: •
Riuscire a rappresentare mentalmente il gesto motorio da
eseguire; •
Recepire
in
modo
ottimale
la
spiegazione
verbale
trasformandola in motoria; •
Strutturare il pensiero creativo;
•
Migliorare il gioco aereo;
•
Pensare ad eseguire la finta quando dribbla;
•
Capire ed attenersi al compito che l’allenatore gli assegna;
•
Sviluppare lo spirito di squadra;
•
Sviluppare capacità di autocritica;
•
Migliorare l’integrazione con il gruppo;
38
•
Per
Sviluppare lo spirito di competizione
quanta
riguarda
l’area
fisico
motoria
è
necessario
completare la fase di sviluppo e porre le basi per quelle successive, per terminare il percorso formativo dell’attività di base. Gli obiettivi dell’area tecnico tattica invece comprendono: •
La
richiesta
di
maggiore
precisione
e
velocità
nell’esecuzione di tutti i fondamentali tecnici di base; •
Il superamento dell’avversario completamente attivo e
senza limiti di spazio; •
Gli aspetti percettivi dello smarcamento: quando e dove
smarcarsi; •
Gli appoggi corretti al possessore di palla;
•
L’avviamento e l’impostazione del marcamento individuale
e con disposizione a zona; •
Il concetto dell’aiuto difensivo con maggiori variabili tra cui
il 3vs3 e il 4vs4; •
Il difendere in inferiorità numerica;
•
L’attaccare in superiorità numerica, anche con il portiere di
movimento; •
L’avviamento al ruolo;
•
L’avviamento del gioco “a muro” del pivot
•
Gli sviluppi del gioco offensivo
I contenuti della lezione sono da suddividere in: 43% di tattica suddivisa
in
esercizi
di
situazione
e
partita,
27%
di
coordinamento tecnico, 17% di obiettivi fisici e 13% di senso percettività. È preferibile svolgere 2/3 sedute settimanali di
39
allenamento
della
durata
di
80
minuti.
Una
seduta
di
allenamento per questa categoria può essere suddivisa in questo modo:
-
PARTITA 4 PORTE (5’)
Una squadra affronta l’altra cercando di far gol nelle due porte disposte sulle linee di fondo campo. Alcune tra le varianti di questa partita possono essere: porte disposte in ampiezza (sulle linee laterali, tra il fondo campo e il centrocampo) oppure due porte disposte in profondità (linee di fondo campo) e due in ampiezza (sulle linee laterali, all’altezza del centrocampo).
-
GUIDA PALLA IN DUE RETTANGOLI (10’)
Delimitare un rettangolo esterno di 18x16 metri più un rettangolo interno più piccolo. Nei quattro angoli del rettangolo esterno disporre due o tre allievi con un pallone. I possessori di palla devono condurla in senso antiorario nel rettangolo interno, consegnando il pallone ai compagni in attesa posti verso la destra. Chi termina l’azione si posizionerà in fondo alla fila rimanendo in attesa del proprio turno per riprendere la sequenza.
-
CALCIARE E RICEVERE A DUE TOCCHI (15’)
Gli allievi suddivisi in quattro gruppi (due o tre per gruppo, più i portieri) si distribuiscono all’interno dello spazio di gioco nel seguente modo: due gruppi (A e B) si posizionano a fondo campo, in corrispondenza della zona del calcio d’angolo (un gruppo in un angolo e uno nell’altro), gli altri due (C in una zona
40
e D nell’altra) lateralmente all’altezza del centrocampo. I portieri in porta. Un allievo del gruppo A trasmette la palla davanti a sé ad uno del gruppo C, il quale con due tocchi (stop di pianta piede e calcio di interno) passa il pallone in diagonale al compagno del gruppo B che, sempre a due tocchi manderà al tiro il compagno del gruppo D. dopo l’azione, rotazione in senso orario degli allievi che hanno partecipato all’azione.
-
3 VS 2 CON RAPIDA CONCLUSIONE A RETE (20’)
Due squadre di cinque allievi si affrontano con i seguenti ruoli: un portiere, due difensori, due attaccanti. La disposizione iniziale è la seguente: attaccanti nella metà campo avversaria, i difensori nella propria metà campo. Regole di gioco: nella fase di possesso uno dei due difensori può e deve oltrepassare la metà campo, con l’obiettivo di determinare la superiorità numerica. I due attaccanti invece giocano solo nella metà campo offensiva, sia in attacco sia in difesa, senza avere la possibilità di retrocedere nella propria. Il portiere può rimettere in gioco la palla sia servendo direttamente gli attaccanti nella metà campo avversaria, sia uno dei due difensori nella propria metà campo. Si gioca senza corner. Una variante di questa situazione di gioco può essere il 7 vs 7, con sei giocatori di movimento più in portiere, per il 4 vs 3.
-
PARTITA IN SUPERIORITÀ NUMERICA (30’)
Si gioca una partita normale 5 vs 5 o con più giocatori. Ogni volta che la palla esce dal fondo o viene parata dal portiere, i
41
giocatori in difesa hanno 4/6 secondi (scanditi dall’allenatore) per eliminare gli avversari, rincorrendoli e toccandoli. Chi è toccato deve eseguire sul posto, per esempio, addominali (o altri esercizi) prima di rientrare in gioco. Il portiere cerca di rimettere la palla velocemente in gioco per sfruttare la superiorità numerica della sua squadra. La partita può poi essere giocata in forma libera.
42
CONCLUSIONI In questo scritto ho cercato di esaltare le caratteristiche, il ruolo, gli obiettivi dell’allenatore di uno sport tanto bello e appassionante quanto sconosciuto e incompreso. Credo che il calcio a 5 sia uno sport molto utile ed efficace per la formazione di un atleta in quanto io, pur non avendo mai giocato a calcio, dopo tre anni dedicati alla pratica del futsal in squadre giovanili, sono riuscito a fare il mio esordio in una prima squadra di categoria C1. Questo mi ha dimostrato che la pratica del calcio non è necessariamente propedeutica al calcio a 5 e che il futsal non dev’essere percepito come sport alternativo o, come capita spesso, di ripiego per calciatori ormai stanchi di giocare e correre in campi di dimensioni notevolmente superiori. La somiglianza con il calcio è però, spesso, la motivazione che avvicina bambini e ragazzi a questo sport, ma è solo con la pratica e la costanza che restano colpiti e impressionati positivamente da questa attività. Ho provato di persona questa sensazione poiché, allenando un gruppo di calcio a 5 di pulcini di 9-10
anni,
da
una
stagione
all’altra,
ho
notato
come
l’entusiasmo e l’interesse siano stati un fattore stimolante per i ragazzi stessi che hanno nella maggior parte proseguito il loro percorso e per quanti, seguendo il loro esempio si siano aggregati al gruppo. In soli tre anni, infatti, il numero di iscritti è passato da 50 a 120. In qualsiasi categoria, dai piccoli amici alle prime squadre, e come già più volte ribadito nell’elaborato, la figura dell’allenatore è fondamentale per la crescita e il prosieguo sportivo dell’atleta. Sono convinto di quest’ultima affermazione perché proprio all’inizio del mio percorso calcistico
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ho avuto la fortuna di incontrare un mister competente, disponibile e carismatico che mi ha insegnato non solo tecnica, fondamentali di base e posizioni corrette in partita, ma anche e soprattutto mi ha trasmesso la dedizione e l’entusiasmo per il suo lavoro. Sono proprio queste qualità che, insieme alla mia predisposizione a rapportarmi con bambini e ragazzi la passione per il calcio a 5, mi hanno spinto, nonostante la giovane età, a intraprendere la carriera di allenatore. Un cammino che finora mi ha dato più soddisfazioni e gratificazioni che delusioni e che spero
possa
continuare
in
futuro.
Concludendo
vorrei
sottolineare come il percorso di studi che sto per terminare mi abbia aiutato ad approfondire e consolidare il concetto di allenatore e educatore e mi spinga a proseguire gli studi con la specialistica in “Scienze dell’educazione motoria e delle attività adattate”
per
poter
intraprendere
questo
soprattutto in ambito professionale e lavorativo.
44
ruolo
anche
e
BIBLIOGRAFIA: - FIGC-SETTORE GIOVANILE SCOLASTICO, “Guida tecnica per le scuole di calcio”, 3^edizione, 2008 - MENICHELLI ROBERTO, “Io calcio a 5”, Editoriale Sport Italia, 2010 - SCHMIDT RICHARD, WRISBERG CRAIG, “Apprendimento motorio e prestazione”, Società stampa sportiva, Roma, 2000 - VELASCO JESUS, LORENTE JAVIER, “Manuale per la formazione tecnico-tattica del giocatore di calcio a 5”, Calzetti Mariucci, 2003 - WEINECK JURGEN, “L’allenamento ottimale”, Calzetti Mariucci, 2009
SITOGRAFIA: - http://www.fidalpiemonte.it/public/PuntoTecnico/PsicoSpor t_Giacomazzi.pdf
45