Giornale della Sezione ANA Monte Grappa n 104 di Ottobre 2015

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SulSul Ponte Ponte di Bassano di Bassano

LA GRANDE GUERRA Gavotti e la sua leggendaria figura di Gianni Idrio Tra i molti protagonisti della Grande Guerra che meritano una approfondita rivisitazione non può mancare, di certo, un personaggio dello spessore del ten. col. Nicolò Alberto Gavotti. Le opere realizzate da lui e dal suo gruppo di lavoro stanno ormai compiendo i cento anni, ma conservano tutt’ora un fascino ed una ammirazione incondizionata. Le numerose comitive o scolaresche che in questi mesi salgono a Cima Grappa chiedono tutte di poter visitare la Galleria Vittorio Emanuele III, meglio conosciuta come Galleria Gavotti. Il Manzoni direbbe: “ma chi era costui?” Apprendiamo così, leggendo i Quaderni Savonesi - un agile opuscolo pubblicato a cura dell’ISREC, di Savona - che Nicolò Alberto Gavotti, marchese, era nato a Genova nel 1875, figlio di Giuseppe, Ammiraglio della Regia Marina, che aveva partecipato alla battaglia navale di Lissa nel 1866, e figlio altresì di Anna Laura Vivaldi Pasqua, dei duchi di S. Giovanni. Per rimanere in tema di nobiltà aveva sposato Adelia dei conti di Broglio (di Resana), da cui nacquero sei figli. Morì ad Albisola Superiore ( Savona) nel 1950. Laureatosi a Roma in Ingegneria Civile ed Elettrotecnica all’età di 22 anni, iniziò subito a lavorare con incarichi prestigiosi e di grande rilevanza, come l’Acquedotto Pugliese. Fu in quella occasione che imparò a

l’unità combattente da lui comandata fosse la sola a prendere il nome del suo Comandante. Col grado di Maggiore e di Ten. Colonnello diresse il Gruppo Lavoratori Gavotti, del 3° Reggimento genio della 4^ Armata, con una forza complessiva di oltre 1500 uomini, formato appunto dalla 310^ Compagnia e da numerose “Centurie di lavoratori”. Gli inizi della sua carriera l’hanno visto realizzare strade

e fortificazioni sul monti Lessini, nel Veronese. In tre piacevolissimi libri intitolati “La guerra del mio gruppo all’Austria” egli ha esposto con fine ironia le sue concezioni tattiche ed operative, dimostrandosi anche un sorprendente psicologo e conoscitore dell’animo umano. Voleva bene ai “suoi” soldati, quasi tutti padri di famiglia, ed ai suoi collaboratori. Per ciascuno cercava l’impiego più naturale e si curava di ogni necessità. Esilarante, addirittura, quando descrive la vestizione del personale a Verona, nel 1915, prima di iniziare tutta una serie di lavori sui Lessini. “E che vestizione! Figuratevi 350 uomini grandi e grossi, che si dovevano inventariare, misurare e rivestire con corredi da fanteria …meridionale. Ma la fatica più

costruire opere in galleria, in trincea, su viadotti, per portare acqua all’assetata Puglia, superando i rilievi e le pendenze degli Appennini. Congedatosi col grado di sottotenente di complemento del Genio nel 1900, allo scoppio della guerra, nel 1915, chiese di essere arruolato come volontario, ritenendo un dovere morale, per lui, figlio di un Ammiraglio, dare un personale contributo per le sorti della Patria. La sua progressione di carriera fu impressionante. Oltre a lui solo un altro ufficiale, il generale Emanuele Pugliese (ossia il famoso colonnello “Carriera”- nomen omen - di Emilio Lussu), ebbe ben quattro promozioni per meriti di guerra e da Ufficiale di Complemento divenne Ufficiale Generale. Col grado di Tenente e di Capitano comandò la 310^ Compagnia del Genio. Ma forse è ancora più rilevante che


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