Sul Ponte di Bassano te Tombion adibita ad ospedale, interrompendo così ogni possibile via d’accesso verso Primolano. Lo stesso giorno il caporalmaggiore Pietro Nardino, originario di Incino (si trovava vicino a casa), al comando di una pattuglia di arditi si mise in posizione nei pressi del ponte del Corlo, un passaggio obbligato per le truppe austriache in ripiegamento che scendevano dal Col dei Prai verso la direttrice Fonzaso, Passo Rolle, Predazzo, Brunico bloccando e costringendo alla resa un’intera divisione. In suo aiuto intervenne da Cismon il capitano Cesare Maria de Vecchi (futuro Quadrumviro) con un plotone di fanti che prese in consegna i prigionieri. L’impresa di Nardino cadde nel dimenticatoio della storia, mentre venne esaltata la figura di De Vecchi, il quale nel 1925 ricevette dal Re Vittorio Emanuele III il titolo nobiliare di Conte di Val Cismon.
Nel 1928, anche l’Amministrazione Comunale di Cismon gli conferì la cittadinanza onoraria. Al 91° Reggimento di fanteria della Brigata Basilicata resta l’onore di riportare nei cartigli le azioni più significative del reggimento e la citazione nei bollettini ufficiali per aver catturato in una sola giornata ben 4500 prigionieri destando l’ammirazione dei Comandi Italiani. Ai cismonesi rimane il ricordo di questa cartolina reggimentale che riporta un episodio di guerra accaduto in uno sconosciuto e piccolo paese sulla carta geografica Europea, che diventò, dal novembre 1917 fino al novembre 1918, il più importante centro logistico per gli Imperi della Triplice Intesa.
L'angolo della memoria La Colonna Romana di Ponte San Lorenzo di Alfeo Guadagnin
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isalendo la strada Cadorna, che da Romano Alto porta a Cima Grappa, si giunge a Ponte San Lorenzo, frazione di Solagna. Prima di passare il ponte che attraversa l’omonima valle e proseguire per Cima Grappa, su una spalla del medesimo, sorge una colonna sulla cui lapide è inciso “QUI GIUNSE IL NEMICO E FU RESPINTO PER SEMPRE. 15 GIUGNO 1918. ROMA ETERNA NE SEGNO’ IL RICORDO”. Quel 15 giugno del 1918 le truppe d’assalto austro-ungariche, dopo aver superato d’impeto Col del Miglio, Fenilon e Moschin, scesero lungo Valle San Lorenzo ed arrivarono in prossimità del ponte, sbucando sulla strada Cadorna. L’artiglieria italiana si attivò immediatamente creando uno sbarramento di fuoco, che impedì ai rincalzi di uscire dalle proprie trincee per supportare l’attacco e all’artiglieria da montagna imperiale di spostare i propri pezzi in appoggio agli assaltatori. Coloro che arrivarono a Ponte S. Lorenzo furono annientati dai fanti della Brigata Bari e dal fuoco delle bombarde del 18° Gruppo. Il 4 giugno del 1920 la colonna donata dalla città di Roma, partì da Bassano per essere collocata nel punto massimo dell’avanzata nemica durante la battaglia del Solstizio. Il 1° agosto successivo la cerimonia di inaugurazione avvenne alla presenza del Generale Gaetano Giardino che qualche anno dopo, polemicamente annotò: «Salimmo sul Grappa ogni anno anche quando s’irrideva all’amore di Patria, al grigio verde, al sacrificio dei nostri Caduti. Innalzammo a Ponte San Lorenzo la colonna venuta da Roma, simbolo e auspicio; salimmo da Bassano tra l’indifferenza dei più, tra il sorriso dei sovversivi. Eravamo in pochi, ma non dubitammo mai e ripetemmo sicuri: non prevarranno!». Che fossero veramente pochi coloro che presenziarono all’inaugurazione della colonna, lo testimoniano anche le foto d’epoca, ma Giardino da soldato ed ex Ministro del Regno puntò il dito verso i suoi avversari politici.
Gli anni 1919-20 vennero denominati “biennio rosso”, caratterizzati da scioperi nelle fabbriche e da scontri, anche violenti, tra le Forze dell’Ordine e le classi sociali più povere, rappresentate dai contadini e dagli operai, da coloro cioè che la guerra l’avevano combattuta e subita più di altri. Il conflitto da poco terminato, aveva lasciato pesanti strascichi nella popolazione, in parte restia a partecipare a celebrazioni solenni nei luoghi dove si era versato il sangue di tante persone care. E’ anche vero che in quel primo dopoguerra, il Grappa era parzialmente raggiungibile in quanto le sue strade erano sotto un severo controllo delle autorità militari. Le vette del massiccio portavano ancora i segni della guerra da poco conclusa e sui campi di battaglia, giacevano ancora corpi e materiale bellico molto pericoloso. Per questi motivi la cerimonia della deposizione della stele avvenne in sordina. La colonna originariamente non fu posizionata nel luogo attuale, ma a circa una ventina di metri a nord del ponte, su quella che una volta era la strada sterrata che dirigeva verso Lepre, frazione di San Nazario. Nel roccione distante un paio di metri da dove si trovava il cippo, sorgeva anche un piccolo capitello votivo, tutt’ora esistente, che nel corso degli anni è stato restaurato e impreziosito. Sullo stesso masso su cui è posato il capitello si trova una lapide a testimonianza del luogo esatto dello scontro, che reca la dicitura: “SUL MEZZOGIORNO DEL 15 GIUGNO 1918 AGLI INCALZANTI UNGHERESI, QUI SI OPPOSERO I FANTI DELLA BRIGATA BARI E I BOMBARDIERI DEL 18° GRUPPO. LA STRADA CADORNA FU SALVA”. Solamente nei decenni successivi, quando la vecchia strada militare lasciò il posto a quella odierna, rischiando che la colonna venisse dimenticata o non notata, si decise di spostarla in una posizione ben visibile. La roccia che si trova all’imbocco del ponte parve la zona più idonea. Fu la scelta giusta, perché garantì al monumento e alla sua simbologia, la giusta ed eterna visibilità.
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