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Discorso d’incitamento all’odio e l’azione di Amnesty /Campagne Amnesty

DISCORSO D’INCITAMENTO ALL’ODIO E L’AZIONE DI AMNESTY

di Dario Di Maio

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Gli stati sono tenuti a vietare il discorso d’odio, cosa che Amnesty International chiede di fare per legge ed in modo rispondente ai criteri di necessità e proporzionalità, al fine di tutelare parallelamente e il più possibile la libertà di espressione

Il termine HATE SPEECH, ovvero “discorso d’incitamento all’odio”, non ha una definizione universalmente accettata in diritto internazionale.

Citando l’art.20, paragrafo 2, del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite, 1966:

«Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge».

Sulla base, invece, della definizione che ha dato il Consiglio d’Europa:

«(…) Il termine “discorso di incitamento all’odio (hate speech)” deve essere inteso come l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione, l’ostilità nei confronti delle minoranze, dei migranti delle seconde generazioni» (1)

In tal senso (ed è quello che preferisco) quindi, il discorso d’odio è un tipo di discorso che facendo leva attraverso mezzi di comunicazione di massa, discorsi pubblici, manifestazioni politiche propagandistiche, nonché sui nuovi mezzi di comunicazione (Facebook, Twitter, Instagram ecc…), cerca di incitare all’odio, alla paura, alle discriminazioni o persino alla violenza contro una persona o un gruppo di persone sulla base di caratteristiche come etnia, genere, orientamento sessuale, disabilità, appartenenza linguistica, religiosa, culturale, ecc.

La repressione all’incitamento all’odio tuttavia non è facile, perché molto spesso non è fatta da dichiarazioni clamorose di odio e di appello alla violenza ma di allusioni, informazioni enfatizzate o oscurate, interpretazioni di numeri e statistiche. Per lavorare contro il discorso d’odio bisogna lavorare sulle mentalità che lo producono e per cambiare le mentalità bisogna lavorare sull’educazione dei giovani e degli adulti, nelle scuole, nei luoghi di lavoro.

E’ proprio sui Social media (Facebook, Twitter) ma anche Blog e siti web, che Amnesty International Italia ha deciso di affrontare il problema con una campagna di monitoraggio e sensibilizzazione.

Conta fino a 10 è una campagna di sensibilizzazione di durata biennale incentrata sull’uso del linguaggio (2), e che pone come obiettivo specifico il monitoraggio, la prevenzione e il contrasto del discorso stereotipato, discriminatorio o violento attraverso i canali che oggi abbiamo in maggioranza a disposizione e che si configurano come un’arma a doppio taglio, capace cioè di accrescere le nostre conoscenze ma anche, e soprattutto, diffondere un odio ingiustificato contro le minoranze.

Razza ed etnia sono le più frequenti categorie di discriminazione riportate dall’OSCE/ODHIR. Sono gruppi vulnerabili: rifugiati, migranti, stranieri, minoranze etniche, minoranze linguistiche, minoranze religiose, donne, persone LGBTI, disabili, ecc. Il significativo numero di manifestazioni quotidiane di razzismo è un richiamo costante alla persistente importanza di questo problema sociale e politico nel contesto globale contemporaneo. La ricorrenza degli episodi in numerosi Paesi in tutto il mondo dimostra che il potere delle idee razziste rimane forte, trova espressione in movimenti ideologici e partiti politici, e che a volte queste hanno conseguenze fatali.

Gli stati sono tenuti a vietare il discorso d’odio, cosa che Amnesty International chiede di fare per legge ed in modo rispondente ai criteri di necessità e proporzionalità, al fine di tutelare parallelamente e il più possibile la libertà di espressione.

Va chiarito infatti il rapporto che sussiste tra discorso d’odio e libertà di pensiero e in tal senso la Cassazione con sentenza (37581/2008), afferma che l’art.21 della Costituzione italilana secondo cui vige “il principio costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero” non ha valore assoluto ma va coordinato con altri valori costituzionali di pari rango.

Nello specifico, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, incontra il limite derivante dall’art.3 della Costituzione italiana che consacra solennemente la pari dignità e la eguaglianza di tutte le persone senza discriminazioni di razza e a questo fatto si somma il necessario rispetto delle Convenzioni internazionali sulle discriminazioni.

(1) - Raccomandazione del Comitato dei Ministri n.20 del 1997 del Consiglio d’Europa

(2) - https://www.amnesty.it/campagne/conta-fino-a-10/

IN EVIDENZA https://www.amnesty.it/appelli/stop-alla-violenza-online-su-toxictwitter/