Amici del Musical #14

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amici del

musical

14|2015 w e b z i n e

dal cinema a teatro ...e viceversa


Amici del Musical www.amicidelmusical.it sito ideato da Franco Travaglio webzine issuu.com/amicidelmusical ideazione e coordinamento editoriale Francesco Moretti

in redazione Stefano Bonsi, Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri, Matteo Firmi, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso, Enza Adriana Russo, Franco Travaglio si ringraziano Andrea Ascari e Achille Oliva n. 14|2015 21 giugno 2015

in copertina: Alessando Frola in Billy Elliot (foto di Antonio Agostini)

Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali. Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a: francesco.moretti@gmail.com


Ouverture

Mentre chiudiamo questo numero della webzine, a Torrita di Siena sta andando in scena la serata di premiazione della seconda edizione di PrIMO - Premio Italiano del Musical Originale, che quest’anno ha avuto ancora più successo - in termini di partecipazione di opere e di votanti - della già lusinghiera prima edizione. L’album fotografico della serata sarà oggetto, secondo i nostri piani, di un numero speciale della webzine che uscirà nelle prossime settimane. Intanto godiamoci questo numero, che chiude le fila di una stagione ricca di spettacoli, alle porte di un’altra inedita stagione estiva che - considerato l’Expo2015 a Milano, non chiude i battenti, e già in vista della prossima, che si preannuncia altrettanto interessante. Un numero legato da un evidente filo rosso: il rapporto sempre più stretto tra cinema e teatro musicale. Si parla infatti di musical nati come film (Billy Elliot - la grande sorpresa di fine stagione - e poi Priscilla, Dirty Dancing, Newsies), ma anche di film tratti da musical teatrali (Into the Woods e The Last 5 Years)... e poi Grease, nato a teatro, diventato film, ritornato a teatro più vivo che mai. Una piccola novità vi attende nelle ultime pagine: le recensioni su alcune uscite in CD, DVD e libri che la nostra redazione ha ritenuto interessante farvi conoscere. Se volete mandarci le vostre, la redazione è aperta. Buona lettura Francesco Moretti coordinatore

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Silvio Spaccesi un breve ricordo di Achille Oliva*

1926|2015

Di Silvio Spaccesi i ricordi sono tanti, belli e sempre presenti, sin da quando debuttammo a Viterbo nel 1981 con Forza venite gente. Ripenso alle prove al Teatro Tenda di Roma, al tour, ai momenti in cui spesso io mi intrattenevo nel suo camerino per cercare di carpire i suoi suggerimenti artistici; mi spiegava tante cose, dalla recitazione al doppiaggio. Ăˆ stato un amico con cui si scherzava spesso, anche se a volte poteva apparire brontolone. Un altro grande Maestro che ci mancherĂ . Ciao, Silvio

* uno degli autori di Forza Venite Gente


Facts & Figures

Billy Elliot Grease Romeo e Giulietta - ama e cambia il mondo Priscilla, la regina del deserto Into the Woods The Last Five Years A Summer Musical Festival Bonnie & Clyde Edoardo Scalzini Gabrio Gentilini Romeo & Julia anteprima / letto / ascoltato

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foto | Antonio Agostini

Billy Elliot spicca il volo


di Alessandro Caria L’attesa per il debutto dell’edizione italiana di Billy Elliot (la prima versione non-replica al mondo) era davvero tanta. Scommessa vinta, allora? Diciamo che nonostante alcune riserve, questo Billy Elliot italiano funziona. Non mi aspettavo una fotocopia dello show che da 10 anni spopola nel West End, ma un prodotto di alto livello; e su tanti aspetti non sono stato deluso. OK, Billy non vola (probabilmente proprio perché non è una versione replica, lo scopriremo solo vivendo...) e non mancano le proiezioni (a questo punto vero trademark delle regie di Massimo Romeo Piparo, ce ne faremo una ragione!) come quella, fastidiosissima, dell’orologio che segna le ore che passano o quella che chiude la suddetta scena del mancato volo (in questo allestimento troppo “reale” e poco onirica, nonostante un gioco di specchi che poteva essere sviluppato in maniera più teatrale e l’ottimo passo a due eseguito dal Billy piccolo e dalla sua proiezione adulta) che spezza un momento di alta poesia. Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: Piparo ha messo insieme un cast pazzesco; nonostante la crisi continua ad usare l’orchestra (numerosa, occupa sia la buca che le barcacce laterali del Sistina, diretta da Emanuele Friello);

Billy Elliot, Roma - Teatro Sistina, 5 maggio 2015

Ottimo cast, buon adattamento e regia: Massimo Romeo Piparo mette d’accordo tutti


stavolta non usa nomi noti/specchietto per le allodole e fa emergere giovani di talento, vedi il bravissimo Donato Altomare come il fumantino fratello di Billy (senza dimenticare in precedenza il Judas di Feysal Bonciani, vera rivelazione del recente JCS accanto a Ted Neeley) che ci conduce attraverso la narrazione dello sciopero dei minatori in cerca di quella “stella in cielo che ci illuminerà” (The Stars Look Down), tra le fatiche della lotta, il disperare delle possibilità di vittoria, le tentazioni di cedere, e gli scontri violenti con la polizia che compongono le coreografie forse più suggestive e forti dello spettacolo. Personalmente trovo questo aspetto dei cambi di registro negli stati d’animo dei protagonisti tra i più interessanti del musical di Lee Hall & Elton John (apprezzo meno quella “foga” un po’ fuori luogo e poco simpatica di sostenere che non tutti i ballerini sono gay, quell’affannarsi a far vedere che il piccolo protagonista non è gay – mettendogli anche accanto un amichetto gay che si traveste da donna: come se l’eventuale contrario fosse reato o peccato, come se dovesse interessare a qualcuno). Lo spettacolo diretto da Piparo, nonostante qualche lacuna nel gestire le controscene e il ritmo dei due tempi, è ben confezionato, stavolta Teresa Caruso ha ideato una scenografia finalmente agile che richiama quella dell’allestimento originale pur adattandosi ad un teatro in cui lo spettacolo non deve stare per




anni (niente botole giganti); le luci di Umile Vainieri, salvo alcuni intoppi, credo attribuibili ad una prima senza troppo rodaggio, aiutano a creare e suggerire le giuste atmosfere. E le traduzioni! Altro piccolo miracolo: forse non saranno tutte in metrica, ma sono efficaci: accidenti, alla fine la gente canticchiava già “Siamo tutti qui, siamo tutti qui, sulla stessa barca insieme” (la celeberrima Solidarity). Un grande plauso al lavoro straordinario di Marco Rea che ha fatto fare un salto di qualità alle coreografie di Roberto Croce, senza dimenticare il contagioso entusiasmo delle bambine del gruppo Children Tappers di Graziella Di Marco. Il cast: oltre al citato Altomare, ecco il bravo e ca-

pace Billy di Alessandro Frola, il bambino di famiglia proletaria che nell’Inghilterra degli Anni ’80 durante il lungo e vano sciopero anti-Thatcher dei minatori, vuole assolutamente diventare ballerino e ”spiccare il volo, fiero come un re” (Electricity); sì, bravo davvero, se stai sul palco del Sistina non devi prendere l’applauso perché fai tenerezza, ma perché sei capace e hai talento pure a 14 anni... un’interpretazione ricca di energia, di naturalezza e di emozione; a volte pare che potrebbe fare di più ma che gli sia “imposto” di non andare oltre, peccato. Christian Roberto interpreta Michael, l’amico di Billy: è semplicemente sensazionale, maturità e



presenza scenica formidabili. Strepitoso Maurizio Semeraro (Mr. Braithwaite / pianista) che riesce a fermare lo spettacolo per bravura e simpatia. Ottima la Nonna di Cristina Noci, che attrice di razza e che animale da palcoscenico! Anima gentile e allegra di una famiglia sospesa tra le angustie di cibo cattivo e di un’ansia senza fine. Bravo anche Luca Biagini come Padre di Billy (ma la sua canzone durante la festa di Natale può giocarsela meglio, così è un po' buttata via...). Bella prova di attore di Jacopo Pelliccia, nella sua riuscita caratterizzazione del Coach di Boxe. Menzione di merito a Gea Andreotti che ha saputo sostituire all’ultimo momento in maniera egregia l’infortunata Elisabetta Tulli (che speriamo di ammirare la pros-

sima stagione) nel commovente ruolo della Madre di Billy. Infine lei, Sabrina Marciano, la Stella di questo Billy Elliot tricolore: non si risparmia in nulla, non sbaglia un tempo, uno sguardo... stupenda nel canto, favolosa e scatenata nel ballo e che attrice di gran classe! Un esempio: il modo in cui porge la battuta finale... quel suo intimo, meraviglioso, strozzato e commosso “Grazie, Billy”, dove c'è tutta Mrs. Wilkinson e la sua voglia di riscatto; e dove esplode tutta l’essenza di questo musical che riesce a commuovere anche senza le magnifiche suggestioni dell’allestimento anglosassone: il contrasto fra questa sciatta durezza esistenziale e l’aspirazione alla bellezza, alla lievità, all’aereo lirismo rappresentato dalla danza. Brividi e applausi.


foto | Lorenzo Ceva Valla

Ora e sempre brillantina!


di Sara Del Sal Diciotto anni di successi. Grease continua a far parlare di sè e a riempire i teatri. Com'è questo nuovo allestimento? La risposta in 18 punti! 18. Feel good musical per definizione, fa sempre uscire da teatro col sorriso 17. Saverio Marconi pensa la regia molto simile al film offrendo al pubblico il massimo confort nel seguire la storia 16. Gillian Bruce ha messo molto pepe alle coreografie, rendendole ancora più d’impatto 15. I costumi nuovi valorizzano maggiormente le ragazze anche se con abbinamenti di colori che possono non essere molto vicini al gusto italiano (giacca viola con camicia arancione, tanto per citarne uno, che mette a dura prova il termine sobrietà) 14. Ci sono due lenzuola di troppo... Uno nella scena con le ragazze a casa di Marty che non apporta nulla di nuovo, se non coprire le stesse, e quello enorme che copre la scalinata di Teen Angel, che risulta fastidioso e non solo non conferisce un’idea paradisiaca alla scena ma non riesce nemmeno a celare le terribili vestaglie che vengono fatte indossare alle (poche) ragazze in scena. 13. Alcune traduzioni di Franco Tra-

Grease, Milano - Teatro della Luna, 27 marzo 2015

Diciotto buoni motivi, come gli anni italiani di questo evergreen, per continuare a vedere Grease



vaglio riescono a legarsi maggiormente al testo, donando uno spessore ad alcune canzoni che precedentemente si perdeva. 12. Le rime, croce e delizia della canzone italiana, in questo nuovo Grease ci portano a livelli ben diversi da sole/cuore/amore, aprendo a “è sfatta l’ovatta” o “sexy/pepsi”. 11. Luigi Fiorenti offre al suo Sonny grinta, simpatia e freschezza. 10. Andrea Rossi, doratissimo Teen Angel, Roberto Colombo come Vince Fontaine e Claudia Belli come Miss Lynch sono centrati nei personaggi. Giorgio Camadona è un Roger strappa applausi, solido nel canto e nella recitazione. 9. Silvia Contenti è una Marty ele-

gante e piacevole diversa da tutte le precedenti. 8. Gioacchino Inzirillo è un Doody cresciuto rispetto alla precedente edizione ma non ancora perfetto 7. Luca Peluso è un Eugene divertente 6. Giulia Marangoni è una Jan godibile e spontanea 5. Gianluca Sticotti è un Kenickie travolgente, una perfetta combinazione di talento e carisma che arriva dritto a segno, facendo esplodere la platea 4. Floriana Monici è Rizzo. Punto. Anche se la nuova traduzione della canzone There are worse things I could do è particolarmente impegnativa da cantare, lei la padroneggia con la sua



grinta e immancabilmente conquista il pubblico. 3. Giuseppe Verzicco è un Danny dolce, giovane, fresco ma non troppo dotato vocalmente. 2. Beatrice Baldaccini porta la sua Sandy verso il nuovo millennio ma talvolta, come quando canta Hoplessly Devoted To You, sembra non avere deciso fino in fondo che tipo di vocalitĂ

utilizzare, cambiandola troppo spesso. 1. Grease è un musical completo, un successo incontrastato a livello mondiale, e ha sdoganato il genere in Italia. Non ha bisogno di presentazioni e riesce sempre a guadagnarsi l'affetto del pubblico. Insomma Grease vale sempre una serata a teatro anche dopo diciotto anni.


Ama e cambia il musical


di Sara Del Sal Musical o no? La faraonica produzione di David Zard si chiama Romeo e Giulietta Ama e cambia il mondo. Il musical. Eppure è lo stesso Zard in conferenza stampa, al Rossetti, a chiarire subito: “lo sapete che è un’opera moderna. Ho messo "il musical" per differenziarlo dal balletto e dagli altri omonimi spettacoli come l’Opera.” Peccato che lo spettacolo che porta in giro per l’Italia sia già andato in scena in altri stati, e che sia sempre stato considerato per ciò che è: un musical. L’edizione italiana, prima della tappa triestina, ha avuto l’occasione di andare in scena a Istanbul. “L’abbiamo portata in Turchia, dove ora ci sono gli anglosassoni con Il Fantasma dell’Opera”, racconta Zard. “Sono arrivati con 23 tir per quello spettacolo, per 10 giorni di montaggio. Noi abbiamo solo13 tir, e ci bastano 3 giorni di montaggio, saremo mica più bravi?” Il dubbio che non abbia mai visto il complesso lavoro di Lloyd Webber si fa largo, ma meglio non indagare, preferendo invece la presentazione del nuovo Romeo, Federico Marignetti, che si dimostra, senza ombra di dubbio il migliore sul palco. “Abbiamo dei bravissimi artisti e siccome sanno fare tutto, in questo caso li facciamo anche recitare”, continua

Romeo & Giulietta - ama e cambia il mondo, Trieste - il Rossetti, 06.05.15

Opera moderna o musical? Il dilemma non convince del tutto neppure David Zard. Che lo spiega a modo suo.


Zard. Eppure il discorso non vale per Roberta Faccani, che dimostra di voler eccedere in tutto, risultando senza dubbio la peggiore sul palco. Questo spettacolo è fortemente sbilanciato, con i maschi in scena che superano di gran lunga le performances delle donne. Ma se l’orchestra non suona dal vivo “perché non esiste al mondo un posto in cui si potrebbe mettere in scena questo show con oltre 110 orchestrali”, come racconta Zard, sono registrati anche i cori e generano due effetti ben evidenti. In un caso, se i tecnici audio non stanno attenti, come hanno fatto la sera della prima, coprono totalmente i cantanti e nell’altro caso, diventano dei momenti in cui i solisti si concedono delle pause. Il risultato è palese, non si capiscono le parole delle canzoni, ma a buona parte del cast rimane tempo per fare la gara all’acuto.

Acchiappa applausi, certo, ma decisamente sbagliato. Zard ha ricordato con commozione i giorni di allestimento, in cui il regista Giuliano Peparini ha tenuto per ore e ore segregato il cast in sala prove affinché fosse tutto perfetto (dimenticandosi, evidentemente, di curare i cambi scena, arrivando a trasformarli in performance soliste di acrobati o simili). Le coreografie di Veronica Peparini, che ha a disposizione ballerini ed acrobati che non devono nemmeno cantare, invece di sfruttarne le infinite possibilità si riducono sempre a lunghe file di persone a bordo palco. Insomma? Se a Vienna era descisamente Musical, in Italia no, mancando quasi tutto ciò che lo connota... ai melomani allora l’opportunità di riconoscerlo come Opera Moderna.



foto | Cristian Castelnuovo

Il primo bus non si scorda mai


di Roberto Mazzone Il primo bus non si scorda mai. Ci sono poi quelli che passano anche più volte nella vita. Può accadere anche a teatro, dove non sempre il percorso risulta come ce lo ricordiamo. È questa la sensazione che capita di provare guardando l’edizione milanese del blockbuster Priscilla, la regina del deserto, allestita in occasione di Expo 2015 al Teatro Manzoni.Va detto che quella a cui ho assistito è un’anteprima e che ci sarà tutta l’estate a disposizione per conferire allo spettacolo il lustro delle edizioni precedenti. Partendo dal presupposto che si tratta di un’edizione-tour e quindi non dovrebbe sorprendere più di tanto che Priscilla (il bus con il quale i tre protagonisti attraversano il deserto australiano da Sidney alla volta di Alice Springs per allestire uno spettacolo di drag-queen) sia essenzialmente lo scheletro di se stesso, c’è da dire che comunque il teatro di via Manzoni non sembra essere la cornice più efficace per un allestimento che risulta certamente dignitoso, ma pur sempre uno spettro della prima edizione italiana del 2011. Si può anche rivolgere un plauso allo sforzo produttivo di All Entertainment, ma tutto l’entusiasmo di poter rivedere in Italia questo titolo

Priscilla, la regina del deserto, Milano - Teatro Manzoni, 27 maggio 2015

In occasione di Expo2015, torna nel capoluogo lombardo il bus più glamour che c’è. Ma in tono minore.



non basta a rendere inevitabile il paragone con l’allestimento precedente (stanziale a Milano nella stagione 2011/2012 e in tour per quella successiva). Dal punto di vista squisitamente artistico, comunque, il cast risulta molto affiatato e rappresenta la punta di diamante di questa versione, tanto da poter confidare che col tempo ne farà la fortuna. Tra gli interpreti ritroviamo Marco D’Alberti (una Bernadette disincantata ed ironica, ormai con un proprio stile) e Riccardo Sinisi, che ormai sente suo il ruolo di Adam/Felicia, e lo dimostra a se stesso e al pubblico. New entry di questa edizione, Cristian Ruiz, che può dare al ruolo di Tick una nuova impronta, anche se attualmente risulta ancora

non del tutto aderente alla complessità del personaggio. Tra le straordinarie voci delle Divas, accanto a Elena Nieri e Loredana Fadda, si segnala l’ingresso di Giovanna d’Angi. Ritroviamo anche la simpatia di Giada D’Auria (Cynthia) e, altra novità, un intenso Massimiliano Colonna, nel ruolo del meccanico Bob. Lo spettacolo resterà in scena a Milano fino a ottobre inoltrato e poi tornerà a Roma al Teatro Brancaccio, che già lo aveva ospitato nel 2013. Priscilla, la regina del deserto resta comunque un’esperienza da vivere per chi non ha mai visto questo musical. Per chi invece lo ha già visto, l’auspicio è quello che decida di continuare a utilizzare il bus e non fare un pezzo di strada a piedi.


Nel bosco di Sondheim


di Andrea Ascari Premessa Ho visto Into The Woods il giorno di Pasqua al cinema Raffaello di Modena insieme a mia sorella, in una di quelle che la Cineteca di Bologna definirebbe: “Visioni Disturbate”. La maggior parte del pubblico era lì perché non c’era più posto per Fast & Furious 7 e non aveva idea di cosa il film fosse: appena è cominciato, il mio vicino è esploso in un “Cazzo, ma è cantato!” lamentandosi sonoramente dei sottotitoli per tutta la proiezione, mentre la signora davanti a me ha whatsappato tutto il tempo prestando attenzione solo al flirt di Emily Blunt con Chris Pine e reagendo alla famosa di lui battuta “Sono stato cresciuto per essere un Principe Azzurro, non sincero” con un sonoro: “Bello Stronzo!” Ecco: questo era il livello. Spero ciò non abbia interferito con il mio apprezzamento del film.

Aspettative Come fan di Sondheim ho desiderato il film di Into The Woods “...more than life, more than anything, more than the moon...” dal suo debutto. La Sony aveva annunciato una versione cinematografica da mega budget già a metà degli anni ’90 con Goldie Hawn, Cher, Steve Martin e le creature di Jim Henson, poi l’ha tenuta in

Into the woods - al cinema

Una delle più apprezzate opere di Sondheim passata al setaccio disneyano: cosa ne potrà uscire?


sospeso per vent’anni. Nel frattempo Sondheim è assurto a figura di culto e Woods è diventato il suo lavoro più rappresentato in assoluto con ben due revival a New York e una versione sublime al Regent’s Park di Londra. Dopo aver ispirato Shrek, Come d’Incanto, le serie televisive Once e

Grimm, le serie a fumetti Fables e Grimm Fairy Tales e chi più ne ha più ne metta, alla fine è arrivata la Disney che ha optato per una versione dal budget contenuto (50 milioni di dollari, relativamente pochi in confronto ai 61 di Les Mis e ai 95 del nuovo Cinderella) ma che tutto sommato rispetta il lavoro di Sondheim, lascia a


James Lapine il compito di sceneggiare il suo libretto originale e non altera troppo le magnifiche orchestrazioni originali di Jonathan Tunick, condotte dal fedele Paul Gemignani. Questi ultimi due avevano collaborato anche al precedente film tratto da Sondheim, ovvero Sweeney Todd di Tim Burton, più riuscito e stilistica-

mente più coraggioso anche se peggio cantato rispetto a Woods.

Dalla scena allo schermo Trasferire Into The Woods da Broadway al grande schermo è un’impresa che beneficia del sublime materiale di partenza ma risulta piena d’insidie e difficoltà. Intanto la struttura bifor-


cata: Woods teatrale è in due atti, di cui il secondo riesamina e sviluppa le implicazioni morali del primo. Il primo atto, che Sondheim definisce una farsa, è un capolavoro di intreccio narrativo che segue le imprese di famosi personaggi da racconti dei Fratelli Grimm - Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Jack (del Fagiolo Magico) e Rapunzel - più un paio di personaggi inventati - il Fornaio e la Moglie - mentre conquistano ad ogni costo l’agognato ...e vissero tutti felici e contenti. Poi, nel secondo atto, più vicino al melodramma, ci si chiede cosa venga dopo e a che prezzo si sono realizzati i desideri e se era davvero il caso di esprimerli in un primo tempo. Per Sondheim e Lapine il bosco diventa

un luogo psicologico, oltre che fisico, dove si affrontano dilemmi esistenziali, si perde l’innocenza e si conquista la consapevolezza. Tutti i personaggi quindi subiscono una specie di contrappasso in cui affrontano traumi, disintegrazione morale, inganno, tradimenti, bugie, disillusione, paura, codardia, rimpianto, fallimenti relazionali, fallimenti matrimoniali e morte. Non ci si aspetta di certo il lieto fine da un musical di Sondheim, ma questa cupezza era figlia del 1987, ovvero l’apice della crisi dell’AIDS, quando la breve favola della liberazione omosessuale era stata crudelmente annientata. La struttura speculare avrebbe bene-


ficiato di un film in due tempi o addirittura di due film separati: se hanno tirato fuori una trilogia da un libro striminzito come Lo Hobbit, chissà cosa si poteva fare con l’abbondanza del materiale di partenza e le nuove canzoni scritte da Sondheim per le varie incarnazioni di Woods. Senza il beneficio di una degna chiusura della prima parte (il numero corale Ever After qui diventa solo strumentale) o di un intervallo o di una degna ripresa narrativa per la seconda parte (So Happy che segnava la rapida dissoluzione del lieto fine) il film collassa nella seconda metà, smarrendo per strada molto del suo messaggio e della sua forza sovversiva. Si perdono così molte delle simme-

trie che danno senso a Woods: il Narratore/Uomo Misterioso che si rivela il Padre del Fornaio (eliminato il primo e senza relazione con il presente il secondo, la canzone No More trasformata in un sottofondo strumentale); il Lupo che sarebbe lo stesso attore del Principe di Cenerentola (qui inutilmente scorporati perdendo una serie di sottili ambivalenze); le varie riprese, soprattutto quella ancora più comica del duetto Agony in cui i Principi rivelano le nuove conquiste sentimentali: nientepopodimeno che Biancaneve e la Bella Addormentata. Il sesso, la violenza e la morte vengono ovviamente edulcorate in casa Disney, diventando l’adulterio della Moglie del Fornaio


un semplice bacio, una morte accidentale l’uccisione della Madre di Jack e rendendo incomprensibile il destino di Rapunzel che nel film a un tratto sparisce mentre in scena prima impazziva, poi veniva spiaccicata dalla Gigantessa (forse la Disney temeva per il successo di Rapunzel 2...) È vero che esiste una versione scolastica di Into The Woods, approvata dagli autori, che taglia del tutto il secondo atto ed epura il primo dei particolari più dark, quindi poteva andarci ben peggio: in fin dei conti dovremmo essere grati alla Disney di averci almeno provato a riproporre gli sviluppi decisamente “per adulti” del secondo atto e di non aver trasformato Woods nel classico film na-

talizio per tutta la famiglia, come si era temuto.

Cast Le composizioni di Sondheim richiedono molto agli attori, che devono avere da una parte la voce e la musicalità per gestire una scrittura complicata e scomoda e dall’altra l’abilità di sopravvivere alle acrobazie linguistiche delle verbose e iper rimate liriche (con tutto l’amore…) Meryl Streep regge perfettamente la sfida grazie a una voce sorprendentemente ben sviluppata negli acuti (certo non si poteva sospettare in Mamma Mia!) nonostante le vengano risparmiati un paio di finali scomodi che invece la povera Bernadette Peters doveva sorbirsi in teatro.


Anna Kendrick potrebbe benissimo affrontare il personaggio di Cenerentola in scena per otto repliche a settimana: viene dal teatro (e si sente) e nel suo debutto cinematografico (lo scemo Camp) già affrontava The Ladies Who Lunch del nostro amato Stephen. Emily Blunt (che adoro, per cui sono di parte...) e James Corden (che non sospettavo avesse una voce così bella) mi hanno pienamente convinto come Fornaio e Moglie. Di Johnny Depp che dire? È il suo secondo Sondheim per cui dev’esserci in lui qualcosa di masochistico che lo attira verso un repertorio così inadatto alla sua voce e che farebbe paura anche al cantante più navigato; ma in questo caso non ha Tim Bur-

ton che gli salva la prestazione e il suo numero Hello, Little Girl, che dovrebbe tirar giù il teatro e invece tira giù solo la tonalità, non risulta né divertente, né sinistro, né sensuale, né pauroso. Infine la scelta dei due bambini per Cappuccetto Rosso e Jack non mi sembra azzeccata: cantano benissimo, per carità, ma dovrebbero essere adolescenti, per cui viene rimosso ogni sotto testo sessuale in versi come: “Excited and scared...” “Isn’t it nice to know a lot?” o per Jack “And she drove me close to her giant breast...” Aspetto tecnico Come film, Into The Woods mi sembra resti intrappolato a metà tra palco e


schermo e la parte visuale riflette questo scisma, alternando soluzioni anti naturalistiche che ricordano il teatro (la pupazzosa Gigantessa, i tessuti ondulanti, i costumi che sembrano zucchero filato, gli alberi palesemente finti) a effetti computerizzati (pochi, per fortuna!) che ricordano i recenti film di favole in carne ed ossa come Malefica, Cinderella, Biancaneve e il Cacciatore. Questa macedonia stilistica potrebbe anche funzionare se non fosse per la fotografia di Dion Beebe - magnifica in Memorie di una Geisha, sempre per Marshall che propina colori cupi, crudi e tendenti al grigio, perfetti nel suo precedente film di fantascienza Edge of Tomorrow - Senza Domani ma indecisi

tra il disneyano e il dark in questo caso e senza una vera transizione cromatica tra prima e seconda parte.

Regia Ormai mi è chiaro che apprezzo Rob Marshall più come coreografo che come regista. Le sue coreografie per Cinderella con Whitney Houston e Chicago mi avevano convinto pienamente. Il problema è che in Woods non solo evita la pura coreografia come la peste, forse per nobilitare un musical che si distacca da lustrini e paillettes, ma toglie l’elemento fondamentale dei migliori film musicali: lo spazio. Il risultato è più claustrofobico di una messa in scena teatrale nonostante sia ambientato all’aperto: il suo


bosco si estende così poco - con la sola fuga verso l’alto di Giants in the Sky, l’unico momento di ampio respiro nel film - che sembra un risparmio di set, più che una opprimente Selva Oscura. Per contro, Marshall fa muovere la camera fin troppo proprio mentre sono gli attori a muoversi necessariamente già tanto. Il risultato è comunque sorprendentemente piatto, letterale, privo di fantasia nonostante le immense possibilità che Marshall aveva per esempio nel vertiginoso Opening iniziale, dove si limita a seguire chi sta cantando senza alcuna fluidità o senso dell’ordito o senso del macroscopico. Marshall non fa nulla con le canzoni

che amplifichi o enfatizzi le interpretazioni degli attori, troppo spesso inquadrati troppo da vicino (cosa che poteva funzionare nel carcere di Chicago ma che toglie vita a Woods). L’unica figura che si vede intera da capo a piedi (cosa importante in un musical) è Cenerentola in On the Steps of the Palace, non a caso scelto come clip del film su YouTube: Marshall finalmente ferma la camera, si toglie di mezzo e la Kendrik è libera di interpretare Sondheim come solo un attore di teatro sa fare. L’altro numero memorabile è Agony, ma più per merito degli esilaranti e irresistibili Chris Pine e Billy Magnussen che non per come è concepito e girato. Insomma: ringrazio Marshall per essere uno dei pochi registi che ancora osano realizzare film musicali, ma Into The Woods meritava una direzione più inventiva e visivamente creativa per funzionare davvero. Quindi: siamo felici che il film esista ma usciamo con l’impressione che il grande schermo abbia reso più piccolo l’amato Sondheim.

Epilogo Ai tanti bambini presenti in sala e a mia sorella, che non aveva mai visto la versione teatrale - nonostante io l’abbia tradotto ormai quindici anni fa e la BSMT l’abbia messo in scena in più di un’occasione - Into The Woods è piaciuto molto. Solo negli Stati Uniti ha incassato 128 milioni di dollari. Alla faccia di noi ipercritici Amici del Musical.


Due facce della stessa medaglia


di Sara del Sal Mettere in scena The last five years a teatro è una bella sfida ma portarlo sul grande schermo lo è decisamente di più. Il musical di Jason Robert Brown ha trovato con Richard LaGravanese, che ne firma adattamento e regia, una nuova linfa. Anna Kendrick e Jeremy Jordan si sono immedesimati in Cathy e Jamie per raccontare una storia d’amore durata 5 anni: lei la vive a ritroso mentre lui parte dall’inizio. Solo nel momento in cui lui le chiede di sposarlo loro si incontrano e duettano. È costruita così questa storia, e sta saldamente ancorata sulle canzoni, con pochi, stringatissimi dialoghi. A fare da sfondo ai due innamorati una New York e i suoi scorci, capace di amplificare la magia di una coppia di giovani, che si incontrano, si amano e cercano di seguire le loro strade, ma laddove lui fa la sua ascesa verso il successo in ambito letterario, lei si scontra con le lunghe ed estenuanti code e gli infiniti rifiuti alle audizioni. Comprensibile quindi la difficoltà di Cathy di partecipare alle continue presentazioni del libro del marito, circondato ormai non solo da ammiratrici, ma anche da continue tentazioni. Ed è così che il loro rapporto si incrina, con le scenate per avere attenzione di lei, e un rapporto

The Last 5 Years - nei cinema

Una storia d’amore che nasce, vive e muore declinata in due originali punti di vista


non solo amichevole instaurato da lui con un’altra donna. Cinque anni dopo i due giovani e spensierati sono due persone diverse, che devono dirsi addio. Gli italiani che hanno apprezzato lo spettacolo a teatro con una grande Francesca Taverni, affiancata da Cristian Ruiz o da Antonello Angiolillo, forse si troverà un po’ spiazzata di


fronte alla Kendrick, che pur essendo brava, vocalmente rimane sempre uguale a se stessa. Cinque anni non sono certo un lasso di tempo così lungo, ma Jordan invece riesce a mettere a segno un’interpretazione molto piú avvincente e coinvolgente, presentandosi ragazzo e chiudendo il film da uomo. Difficile capire se un film di questo

tipo potrà andare a segno sul pubblico italiano, anche se molto probabilmente non ci riuscirà, perché è troppo cantato per gli amanti dei cinepanettoni. Rimane comunque un film piacevole, con una bella fotografia e che si basa su una bella storia, che per gli amanti del genere musical sarà sicuramente da vedere.


La foto di apertura (di Bruno Angelo Porcellana), è dell’alestimento di Nine, ma ne parleremo nel prossimo numero

Quattro musical d’estate


di Enrico Comar Bologna, da alcuni anni ormai, può vantare una stagione estiva tra le più ricche e interessanti dell'intero panorama italiano. Tre mesi di arte, cinema, teatro e musica. Moltissima musica, per tutti i gusti e stili, che anima le serate cittadine con spettacoli spesso di grande interesse. Un contesto perfetto per il Summer musical festival, piccolo e (troppo) raro gioiello nella realtà teatrale del nostro paese. Frutto della collaborazione tra la Bernstein School of Musical Theater, il Teatro Comunale di Bologna, il Piccolo Teatro del Baraccano e il Teatro Duse, e giunto ormai alla terza edizione, il festival (unico nel suo genere in Italia), ha proposto quest’anno un interessante cartellone che, come di consueto, abbraccia generi e autori molto diversi tra loro, con una offerta tra le più interessanti e coraggiose del panorama italiano in questo campo. Quattro appuntamenti quasi “obbligatori” per qualsiasi amante del musical. Partenza il 21 maggio, con Lucky Stiff, in scena per tre serate al Teatro Duse, frizzante commedia tratta The Man Who Broke the Bank at Monte Carlo di Michael Butterworth, che segna l’inizio della collaborazione tra Stephen Flaherty (musiche) e Lynn

Bologna

Anche questa estate la BSMT si fa in quattro per la più interessante rassegna della stagione


Ahrens (testi), futuri autori di Ragtime (presentato lo scorso anno proprio a Bologna), qui alle prese con temi ed atmosfere ben diversi, con una trama dai toni farseschi e a tratti surreali ben servita da regia e direzione musicale di Shawna Farrell e dai testi italiani di Franco Travaglio. A seguire, con una decisa virata musi-

cale e stilistica, Avenue Q, un “giovane classico” (musiche di Robert Lopez e Jeff Mark, testi Jeff Whitty, tradotti da Michael Anzalone) in scena dal 4 al 7 giugno nel Cortile del Piccolo Teatro del Baraccano con la regia di Mauro Simone e la direzione musicale di Vincenzo Li Causi, perla “politicamente scorretta” su temi


scottanti (si passa dalla pornografia al razzismo e all’omofobia) affidati a pupazzi in perfetto stile Sesame Street e ai loro alter-ego umani con ampie dosi di scorrettezza e humor nero. Il cartellone è continuato con Nine, capolavoro della coppia Yeston-Kopit vincitore del Tony Award, dall’11 al 14 giugno, per la regia di Shawna

Farrell, ed Evita di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, dal 16 al 18 luglio (negli stessi giorni, il parallelo festival cinematografico, riproporrà, sul grande schermo di Piazza Maggiore, la fortunata trasposizione cinematografica di Alan Parker) in scena al Teatro Comunale nel nuovo allestimento firmato Gianni Marras.


foto | Theater Bielefeld

Due furfanti innamorati


di Laura Confalonieri Bielefeld, città di 328.000 abitanti nel nord deindustrializzato della Germania, in realtà non esiste. Lo ammettono i residenti, che lo scorso anno ne hanno festeggiato gli 800 anni di fondazione con il motto Das gibt's doch gar nicht! (Non esiste proprio), e l’ha pubblicamente dichiarato il cancelliere Angela Merkel che, nel 2012, in occasione della consegna del premio per la stampa, riferendosi a Bielefeld ha chiosato: “...se esiste”. Lo sostiene anche un circostanziato dossier presente da ormai oltre vent'anni in internet: è abitata da extraterrestri, che hanno cammuffato la loro astronave da università; è la porta di Atlantide, per questo non ci sono sbocchi autostradali che vi portano; è un Truman Show inscenato dai servizi segreti. Tutto questo, tuttavia, non ha impedito al teatro cittadino (725 posti) di diventare nel corso di questi ultimi anni un’officina di produzione di musicals di qualità. Il successo più recente è la prima rappresentazione in lingua tedesca (traduzione: Holger Hauer) di Bonnie & Clyde, fiasco d’annata 2011 di Frank Wildhorn (musica), Don Black (testi) e Ivan Menchell (soggetto). Il perché del naufragio a Broadway si capisce immediatamente: la sparato-

Bonnie & Clyde, Bielefeld (D) - Theater Bielefeld

Sonoro fiasco a Broadway, il musical di Frank Wildhorn rivive in una città tedesca famosa per... non esistere


ria che all’alzata del sipario segna la tragica fine a scena aperta dei due protagonisti è il momento più avvincente di tutto lo spettacolo. Per le restanti due ore e 45’ non succederà nient’altro degno di nota. Stilizzati a eroi romantici dal celebre film del 1967 che aveva come protagonisti Warren Beatty e Faye Dunaway, in teatro Bonnie e Clyde sono solo i gangster improvvisati che erano in realtà, quelli che nel saccheggiare negozietti e piccole banche del Middlewest americano devastato dalla crisi economica del ‘29 si sono lasciati dietro una scia di 14 morti. Il tentativo di esplorare l’entroterra familiare e sociale di questi due antieroi colpisce il pubblico solo di striscio, causa un soggetto acerbo, una partitura che - a parte qualche brano

country all’inizio e, in seguito, un momento gospel e uno blues - è un mero inanellamento di duetti d’amore, e la regia superficiale di Jens Göbel. Abla Alaoui convince a voce spiegata nei panni di Bonnie, all’inizio con i suoi scrupoli a far da complice a Clyde, poi con il suo amore incondizionato e la sete di gloria e pubblicità. Divertente la scena della rapina alla banca al termine della quale i due, invece di dileguarsi, si attardano a litigare su quale nome dovrà apparire per primo nei titoli di cronaca e a firmare autografi ai clienti che li incitano a sparare al cassiere. Philipp Büttner è un Clyde a tratti con poca voce, ma sempre con tanta rabbia in corpo: deciso a diventare come il suo idolo Billy the Kid (volu-


tamente rimuovendo il fatto che questi sia morto ammazzato a 22 anni) e a sedere un giorno al tavolo di Al Capone in un club di Chicago, è, tuttavia, vittima di un’infanzia e di una adolescenza passata in carcere (allora spesso ingiustamente), è spaventato la prima volta che uccide e verrà poi traumatizzato dallo stupro che subirà ad opera di un secondino. La band di sei musicisti sotto la direzione di William Ward Murta è esperta del genere musical, e si sente. La scenografia di Julia Hattstein (che ha disegnato anche i costumi, in perfetto stile anni Trenta) è costituita da un enorme ponte di viadotto in costruzione che occupa, in diagonale, quasi tutto il palcoscenico. Il corpo centrale, con sopra un panno e una croce di travi, offre una

superficie ideale per le proiezioni di Konrad Kästner. Di fianco all’arcata destra, in proscenio, è piazzata un’impalcatura, che i personaggi utilizzano anche quando ai fini della storia non serve. Sul lato sinistro della scena c’è un modellino d’auto sulla quale Bonnie e Clyde fuggono dalla polizia dopo i loro misfatti. L’uso frequente di una piattaforma girevole facilita il cambio di scene: in un attimo si passa dal salone di parrucchiera di Blanche alla prigione, e perfino alla chiesa con una croce bianca alta alcuni metri. Anche i giochi di luci ed ombre sortiscono il loro effetto (ad esempio quando fanno sembrare enormi i secondini). Thomas Klotz, nel ruolo di Ted Hinton, il poliziotto infelicemente in-



namorato di Bonnie, canta con Philipp Büttner il duetto più bello dello spettacolo, su chi sia il partito migliore per la ragazza. Navina Heyne si fa apprezzare nei panni di Blanche, la religiosissima moglie di Buck, il fratello di Clyde. Ha i suoi momenti migliori nel divertente numero all’inizio dello spettacolo, durante il quale cerca di convincere il marito evaso a tornare in prigione, e nel suo breve brano tranquillo nel secondo atto. Poco si capisce la sua decisione di unirsi alla banda alla fine dello spettacolo. Udo Eickelmann, nel ruolo di un Buck sempre succube del fratello o

della moglie, resta (volutamente?) in ombra, e non solo vocalmente. Mark Coles ha una solida voce soul, che, nel ruolo del pastore, può esibire nei suoi due numeri gospel. In questi numeri si inserisce perfettamente anche il coro dell’Opera, cui riescono perfino le belle coreografie di Adonai Luna. Ai due protagonisti sono affiancati alter ego giovani, che appaiono all’inizio e alla fine dello spettacolo per rivelarne sogni e desideri. Christina Patten e Fabian Kaiser qui, tuttavia, non sembrano molto più giovani dei protagonisti; solo più in voce. Ovazioni per tutti.


foto | Stefano Bonsi

Vita da perFORMErs


di Stefano Bonsi Era ormai il lontano 2004 quando, seduto per la seconda volta sulla poltrona di un teatro, conobbi Rent, un musical di stampo rock firmato Jonathan Larson, che vanta 12 anni di permanenza a Broadway, un Tony Award in tasca e migliaia di appassionati in giro per il mondo. Una storia dolceamara che racconta l’Amore e che ha acceso in me la passione per il musical. Ringrazio quindi la giovane compagnia “i perFORMErs”, che ha festeggiato il suo terzo anno di vita portando in scena un’originale versione di Rent - Vivi la vita in amore. La compagnia è capitanata da Edoardo Scalzini: performer, produttore ed ora anche regista. Quante altre sfaccettature nascondi? E quale di questa predomina? Non nascondo altre sfaccettature particolari, se non quella di essere un ragazzo come tanti altri che segue una passione e cerca di portarla avanti con la tenacia necessaria. Nasco come performer, ho studiato per diventare tale e il mio primo amore è il palcoscenico. I ruoli di produttore e regista sono arrivati in un secondo momento, sono nati dalla necessità di creare qualcosa di mio, qualcosa che potesse mettere in pratica appunto quello per cui ho stu-

Rent - Vivi la vita in amore, Cento (FE), 16 maggio 2015

A tu per tu con Edoardo Scalzini, anima dei perFORMErs che hanno messo in scena il capolavoro di Larson


diato. Quindi posso confermare che, seppur in modi diversi, questi tre “ruoli” hanno avuto un’eguale importanza.

Ti affianchi sempre a grandi professionisti del campo. Quest’anno Vincenzo Li Causi, Eleonora Beddini e Mario Coccetti. L’anno scorso hai invece affidato a Mauro Simone la regia di “OUT-ING”. Come hai vissuto le selezioni dei tuoi cast, seduto dall’altra parte della scrivania? È sicuramente strano stare “dall’altra parte del tavolo”, trovarsi davanti persone, amici con le quali fino al giorno prima hai condiviso l’audizione da “performer” e non da “produttore”, ma è anche molto gratificante sapere che, nonostante tutto, tanti ragazzi si mettono a di-

sposizione e fanno ore di casting per i tuoi spettacoli, che credono nella loro riuscita e danno fiducia ad una compagnia nascente guidata da un ragazzo con poca esperienza e tanti sogni. Mauro Simone parla sempre di generosità in scena, beh io posso dire che ne ricevo a volontà anche fuori e oltre al talento, che è necessario, è proprio questo che cerchiamo nelle persone che collaborano (non mi piace usare il termine “lavorano”) con noi: una grande disponibilità e volontà di mettersi alla prova. Anche quest’anno i tuoi ragazzi - un cast di grande qualità! - si sono messi alla prova, affrontando a testa alta uno spettacolo difficile come Rent. Avete af-


frontato produzioni del tutto diverse tra loro, per musicalità, annata o tematiche. Ma come nasce uno show? Quali sono i criteri di scelta per i titoli che scegliete? Dal momento in cui abbiamo deciso di produrre spettacoli con la compagnia, uno dei punti fermi che ci siamo imposti, oltre alla musica dal vivo, era quello di mettere in scena titoli inusuali all’Italia, titoli che avessero una tematica particolare da poter sviluppare, una tematica che potesse incuriosire e quindi dare una motivazione in più per venire a vedere lo show. Ecco, diciamo che nella scelta andiamo in questa direzione, scegliere uno spettacolo che non sia fine a se stesso, che sia legato a un film o al nome di un’opera famosa come lo è

appunto A Little Night Music di Stephen Sondheim ispirato a Sorrisi di una notte d’estate di Bergman, o a tematiche forti ma reali come OUT-ING e Rent nei quali si parla di accettazione, omofobia, AIDS, bullismo, povertà…

Argomenti difficili, ma dei quali è giusto parlare. Cronenberg una volta ha detto: “Io lavoro con i miei sogni o incubi”. Quanto Edoardo c’è nelle scelte registiche di Rent? Io metto sempre qualcosa di mio, in tutto quello che faccio. Credo sia indispensabile. In tutte le decisioni e scelte passate fatte dalla compagnia c’è sempre il mio marchio. In Rent in particolare. Questa era la terza volta che andavo in scena con questo spet-


tacolo, ho avuto in passato la possibilità di analizzarlo bene e di constatare ciò che, a mio modesto parere, risultava essere poco leggibile per un pubblico italiano. Quindi ho modificato diverse cose, aggiungendo o togliendo, senza però snaturare l’essenza dello spettacolo, e del messaggio che Jonathan Larson ha voluto lasciarci.

Dopo il Rent prodotto da Nicoletta Mantovani l’Italia ha visto passare altre produzioni amatoriali. Un consiglio per chi ha il tuo stesso sogno nel cassetto e vuole aprire una propria compagnia? Il mio consiglio è questo: NON PENSATE, FATE! Io ho fatto così, e sono tre anni che sono in gioco. Se ci si ferma a pensare a tutte le problema-

tiche che mettere su una compagnia può portare è la fine, si deve cominciare un passo alla volta, senza grandi pretese, e piano piano qualcosa viene fuori. Questo concetto a mio parere è valido per qualsiasi ambizione uno abbia nella vita. Naturalmente, e lo dò per scontato anche se so che non dovrei: fate, ok, ma con la testa! Una curiosità: che significato ha l’elemento della candela nel tuo Rent? La figura della candela nella mia versione di Rent ha avuto un ruolo molto importante.Volevo innanzitutto trovare un qualcosa che accomunasse Rent con La Boheme di Puccini, opera dal quale lo spettacolo è tratto, e la candela è uno di quegli


elementi fondamentali che compare in tutti e due gli allestimenti. Poi mi serviva qualcosa che simboleggiasse la vita, una vita che ha un corso ed una fine, una “durata” che non è eterna come appunto la candela ha, ma che con tutti i suoi ostacoli e problemi non ha una risoluzione definitiva fino alla fine, la fiamma si può spegnere per un soffio di vento per esempio,ma può essere riaccesa in qualsiasi momento, basta volerlo…

Cosa desidera la vostra compagnia ora? Quest’anno avete conquistato il primo e unico sold-out della stagione al Teatro Pandurera di Cento: continuerà la collaborazione con la Fondazione Borgatti? Devo tanto alla Fondazione Borgatti

di Cento, non dico tutto ma quasi. Quindi sì, vorremmo continuare a regalarci a vicenda queste belle collaborazioni ma per adesso non mi sento di dire ancora niente di definitivo per quanto riguarda la prossima stagione. Di titoli ce ne sono molti che vorremmo fare, ma anche qui l’unica anticipazione che posso darvi è che… sono tutti bellissimi!

Allora non ci resta che rimanere in attesa della vostra prossima avventura. Avete fatto un ottimo lavoro in questi tre anni: continuate così! L’Italia ha bisogno di una realtà come la vostra, che deve ancora crescere, ma le cui premesse sono ottime! Grazie per la disponibilità Edoardo, e in bocca al lupo per il futuro!


Questa volta mi preparo a saltare in platea


di Roberto Mazzone Dirty Dancing torna in scena con un allestimento tutto nuovo, una versione ancora più ricca e spettacolare, con nuove coreografie e nuove scenografie. E con un sorprendente finale in cui Johnny scenderà a ballare in platea, coinvolgendo tutto il pubblico. Confermati i due protagonisti, Sara Santostasi, nel ruolo di Baby Houseman, e Gabrio Gentilini, nei panni di Johnny Castle. Proprio quest’ultimo lo abbiamo incontrato al Barclays Teatro Nazionale, durante una pausa dalle prove del nuovo allestimento, e in quest’intervista traccia un bilancio delle sue esperienze (non solo teatrali) degli ultimi mesi, anticipando qualcosa di quello che vedremo in scena dal 3 luglio a Milano.

Allora, Gabrio, possiamo chiamarlo questo un nuovo debutto? È un allestimento completamente nuovo. La cosa interessante è vedere che la storia è la stessa, ma è cambiato tutto il resto. Le scenografie sono nuove e sono reali, non sono proiettate, se non in alcuni brevi momenti; avremo sempre luoghi definiti, dal lago, al bosco, al ristorante alla camera di Johnny... le coreografie, nella scorsa edizione, tendevano a essere spettacolari, soprattutto nelle prese,

Dirty Dancing, Milano - Teatro Nazionale, dal 3 luglio 2015

In attesa di riprendere Dirty Dancing, Gabrio Gentilini si racconta (e di “Forte forte forte” dice che...)


nei passi a due; ora si è cercato di essere più fedeli al film, sottolineando il fatto che questi ragazzi si nascondono per provare dei balli che all’epoca erano proibiti.

Come evolverà il tuo personaggio? Devo dire che la regia di Federico Bellone ci sta aiutando molto, perché ha saputo innanzitutto ascoltare i consigli dell’autrice del film (Eleanor Bergstein, n.d.r.) ed è stato ancora più fedele alla versione cinematografica, per cui, credo, regalerà momenti più incisivi quest’anno. Io la vivo così, perlomeno. Anche i miei colleghi vengono da me e mi dicono “Guarda che quest’anno le cose funzionano di più”... Non solo per la regia, sicuramente perché siamo maturati io e Sara in questi mesi.

Nel frattempo, in questi mesi, tu hai fatto altro, e ti abbiamo visto in molti: raccontaci, dal tuo punto di vista, l’esperienza di “Forte forte forte”. È stata un’esperienza molto “forte forte forte”! Inizialmente ho fatto molta fatica a inserirmi in quel contesto, è estremamente diverso dall’ambiente teatrale, soprattutto dal musical, in cui sei abituato a lavorare almeno otto ore al giorno; lì invece i tempi sono diversi, magari lavori intensamente qualche ora e poi devi aspettare... l’organizzazione era un po’ quello che era, ti dico la verità... Diciamo che all’inizio le mie aspettative sono state molto disattese, poi però, alla fine del percorso, si è rive-

foto | Ivan Nacar


lata una delle esperienze più importanti per me, ho imparato professionalmente e umanamente delle cose di me che prima non vedevo e che in teatro non avrei mai riconosciuto.

È davvero così “alienante” come esperienza? Per me lo è stata. La gente ogni tanto mi ferma, mi riconosce, ma non ho avuto un’esposizione tale da cambiarmi la vita. È stato alienante il fatto di dover stare sempre chiuso tra lo studio e l’albergo, mentre il mondo intorno a me si è mosso particolarmente... soprattutto l’ambiente del musical ha avuto parecchio da ridire su questo format. In realtà, a livello di stress fisico, ho vissuto periodi ben più impegnativi di quello. L’approccio che devi avere relazionandoti con il mondo televisivo è diverso: devi stare davanti alla telecamera, raccontarti anche quando non ti sembra sia necessario farlo.

Com’è la tua giornata in questo periodo di nuovo allestimento? Mi sono fermato un attimo solo oggi, dopo dodici giorni! C’è più entusiasmo, ma me la godo anche un po’ di più, nonostante le difficoltà siano tante, perché è tutto nuovo e stiamo facendo tutto in tempi record.

Che tipo di accoglienza ti aspetti da parte di un pubblico “estivo”? È la prima volta che si viene a luglio qui al Barclays Teatro Nazionale con un musical, per cui ci speriamo


foto | Cosimo Buccolieri


molto. Non oso immaginare come potrà essere all’Arena di Verona... l’idea di vederla piena davanti a me... sperò che accada, ma non so come reagirò! Si tratta comunque di uno spettacolo che si presta tantissimo all’estate.

Prossimi progetti? Dopo l’estate sarò impegnato, da novembre 2015 a gennaio 2016, ancora con Dirty Dancing al Gran Teatro di Roma. Sono molto contento perché è la seconda volta che sono il protagonista di un titolo importante, però sarà la mia prima volta a Roma. Siccome tra i miei sogni c’è quello di

fare cinema, ritengo che la capitale sia una piazza importante in questo senso. In realtà, più vado avanti in questo lavoro, più mi rendo conto che quello che mi piace di più è raccontare le storie, per cui vorrei approfondire il discorso della recitazione. Poi ci sono altre cose in ballo... ma non posso dire ancora niente!

Dopo due “anteprime” al Teatro Coccia di Novara, sede di riallestimento, sabato 27 e domenica 28 giugno, Dirty Dancing sarà in scena a Milano per tutto il mese di luglio, con tappe in agosto a Bolgheri, Cattolica e all’Arena di Verona.


Romeo & Julia in salsa futuristica


di Anna Hurkmans Avere l’onore di essere invitati dal prestigioso Musikverein di Vienna (è quel luogo meraviglioso da dove viene trasmesso ogni anno il concerto di Capodanno) a fare quattro rappresentazioni del proprio musical nella sala Brahms (un po’ più piccola, ma sempre da 600 posti e riccamente ornata da colonne e stucchi dorati su un fondo rosso-pompeiano) non capiterà a molti autori di musical. È successo a Norberto Bertassi, italiano a Vienna, attore, cantante, regista e autore con il suo musical Romeo und Julia. Niente a che fare con la versione nota in Italia; qui si tratta di una rielaborazione molto originale, un po’ fiabesca e alquanto distante dal prototipo shakespeariano, pur conservandone il nocciolo della storia d’amore dal finale tragico. Sono andata a vedere lo spettacolo il 10 aprile con Raffaele Paglione, compositore dei miei musicals Vincent, Violet&Mussolini e altri. La storia è stata trasportata nel futuro: si svolge a Veronapolis nel 2084 (riferimento a Orwell!) dove Lady Montague governa con pugno di ferro un “bel mondo nuovo”, nel quale però l’amore è proibito, perché la governatrice è convinta che porti solo disgrazia. Possiede persino un potere speciale: può entfühlen le per-

Romeo & Julia,Vienna - Musikverein, 10 aprile 2015

In scena il lavoro di Norberto Bertassi, emigrato in Austria e fondatore di una operosa compagnia teatrale


sone, cioè può togliere loro ogni capacità di sentimento.Vuole però che il suo popolo viva pieno di gioia e divertimenti, di cui il grande ballo di capodanno è l’apice. Quello che i suoi sudditi non sanno è che nel sottosuolo vive un’altra popolazione, severamente separata da quella di sopra, i Capulets, che attraverso un duro e incessante lavoro devono produrre quel che serve al ricco mondo dei Montagues. I due gruppi sono ben riconoscibili grazie ai bellissimi costumi di Angelika Pichler: Lady Montague e i suoi seguaci sono vestiti con fastosissimi costumi colorati, in cui predomina la stoffa dorata luccicante e le cui teste sono coronate da altissime parrucche a pagoda,

mentre gli sgobboni del mondo dei Capulets vestono una specie di uniforme grigio-nera e portano tutti gli occhiali. Come mai questi due mondi non vengono mai a contatto? Semplice: Lady Montague ha fatto spargere la voce che quelli di sotto soffrono di pericolose malattie contagiose; e non c’è niente di più credibile della diceria che crea paura. Persino il popolo di sotto non tenta mai di uscire dal proprio isolamento per la stessa paura. E fare domande è proibito. Ovviamente un giorno ci sarà la scoperta degli altri. Julia è curiosa e segue con due amiche un trasporto di vestiti per il mondo di sopra, dove avrà luogo il ballo. Le ragazze si mettono le mises eleganti che erano de-


stinate ai Montagues e partecipano al ballo,dove Julia avrà il fatale incontro con Romeo. Da quel momento la storia segue abbastanza fedelmente l’originale, anche se qui le reazioni dei compagni di Julia prendono le caratteristiche di una rivolta sociale; ci si ribella all’ingiustizia e i duelli in cui scappano i morti da ambedue le parti sono causati da rivendicazioni di diritti. I due innamorati, maledetti da Lady Montague, trovano anche qui aiuto in padre Lorenzo, un ruolo breve ma incisivo che Norberto Bertassi interpreta con grande sensibilità e visibile entusiasmo. Il padre dice a Romeo che lui ha il diritto di nominare la nuova governatrice: sarà Julia. La quale riesce a

scappare al tentativo di Lady Montague di toglierle ogni sentimento, perché berrà la pozione che la farà sembrare apparentemente morta. Romeo, che la trova così, si ucciderà con un coltello. La trovata interessante è anche nell’uso di quattro narratrici, vestite da clown rigorosamente in bianco e nero e due angioletti, tra cui Maddalena, la figlia undicenne dello stesso regista, che come un coro greco commentano gli avvenimenti, sfruttando bene il meraviglioso balcone della sala con visioni molto suggestive e voci cristalline. Il tutto viene rappresentato da un cast di giovani, ragazzi e bambini provenienti dalla compagnia “teatro” fondata da Nor-


berto Bertassi, rafforzato da alcuni professionisti nei ruoli principali, spesso essi stessi provenienti da anni e anni di studio nella compagnia. Il risultato è uno spettacolo perfettamente oliato (era stato rappresentato tredici volte a Mödling, cittadina vicina a Vienna e sede della compagnia) anche se lo si era dovuto adattare alla diversa location, convincente in tutte le sue componenti. Uno spettacolo in cui canto, recitazione e danza erano perfettamente amalgamati ed eseguiti con passione ma anche rigore dai giovani interpreti, accompagnati da una validissima band dal vivo.

Dopo lo spettacolo abbiamo voluto intervistare Norberto Bertassi sulla sua attività a Vienna. Ci ha raccontato come era arrivato a Vienna dalla sua nativa Udine: avendo purtroppo perso il padre all’età di dodici anni si era trasferito nella capitale austriaca a seguito della mamma viennese. Mentre frequentava la scuola superiore, si era già svegliato in lui un forte interesse per la musica, suonava la chitarra e scriveva canzoni. Dopo la scuola cominciò a interessarsi al teatro e alla danza, partecipò a vari workshops (In quello con la famosa Susi Nicoletti


ebbe come collega Ute Lemper) e studiò per tre anni composizione al conservatorio. Poi frequentò per tre anni una scuola di recitazione a New York. Tornato a Vienna audizionò per Les Miserables dei Vereinigte Bühnen Wien dove coprì vari ruoli per poi ottenere il ruolo di Rudolf nella famosa prima versione di Elisabeth di Kunze/Levay. A questo seguirono ruoli in Evita, Hello Dolly, Joseph e altri in Germania e Austria fino al ruolo di Ben in Rebecca nel 2006. Nel frattempo, nel 1999, aveva fondato la propria compagnia di musical, chiamato “teatro” (rigorosamente

con la minuscola, per distinguerlo dalla parola tedesca che va sempre scritta con la maiuscola). Nei primi due anni la sede della compagnia fu addirittura una fattoria, dove furono rappresentati i primi spettacoli con e per bambini. Più tardi si trasferì in una segheria, dove fu costruito un teatrino da 150 posti, dove si rappresentò tra altre fiabe una versione del Piccolo principe cui seguirono fiabe come Biancaneve, Cenerentola e Pinocchio. Ci furono molti altri trasferimenti fino a che la compagnia trovò casa nel teatro della città di Mödling, dove attualmente consiste di un gruppo di circa 40 tra bambini, ragazzi e adulti e che riceve sovvenzioni dalla regione Niederösterreich, dalla città di Mödling e dal Governo Federale, oltre a sovvenzioni da importanti banche come la Raiffeissenbank, che fa anche pubblicità nelle sue sedi, nonché da privati spesso assai generosi (come lo invidiamo qui nella nostra situazione italiana!). È evidente che in Austria il talento viene riconosciuto e premiato e il grande impegno educativo all’arte trova lì un terreno fertile, ma anche il pubblico apprezza i lavori offerti: in un anno ci sono stati ben 10.000 spettatori! Adesso, dopo i quattro impegnativi spettacoli a Vienna la compagnia è già in pieno lavoro per il musical Peter Pan, sempre scritto da Norberto Bertassi con il librettista Norbert Holoubek e il compositore Walter Lochmann. Andrà in scena quest’estate. Tutte le info su www.teatro.at.


anteprima Bags Live, attraverso uno speciale accordo con Disney Theatrical Productions, presenta per la prima volta nel mondo dopo gli USA il fenomeno di Broadway Newsies. Lo spettacolo andrà in scena, in lingua italiana e solo a Milano, al Barclays Teatro Nazionale dal 31 ottobre 2015.

Il musical vanta una colonna sonora vincitrice del Tony Award composta da Alan Menken, con parole delle canzoni di Jack Feldman, e un libretto del quattro volte vincitore del Tony Award Harvey Fierstein.

Ambientato a New York alla fine del secolo, Newsies è ispirato dal vero “sciopero degli strilloni del 1899” e racconta l’esaltante storia di Jack Kelly, il carismatico leader di una banda sgangherata di giovani venditori di giornali, che sogna una vita migliore lontano dalle avversità della strada. Quando i giganti dell’editoria alzano i prezzi della distribuzione a spese degli strilloni, Jack vede un motivo per combattere e raduna i giovani venditori di tutta la città per scioperare a favore dei propri diritti.


Lo spettacolo ha debuttato a Broadway nel marzo del 2012 ricevendo 23 importanti nomination in ambito teatrale e vincendo i premi Tony, Drama Desk e Outer Critics Circle per la miglior colonna sonora e le migliori coreografie. Lo show ha inoltre recuperato l’intero investimento più velocemente di qualsiasi altro musical della Disney ed è ora in tour negli USA con enorme successo dopo aver raggiunto 1005 rappresentazioni a New York.

Il musical sarà diretto da Federico Bellone (Grease, Disney - High School Musical, Sugar-A qualcuno piace caldo), coreografato da Gillian Bruce (Disney - High School Musical, Peter Pan, Frankenstein Junior), con la supervisione musicale di Simone Manfredini (Grease, Disney - High School Musical e La bella e la bestia), l’adattamento del libretto di Alice Mistroni (Queen - We Will Rock You, Mamma Mia!, Dirty Dancing) e le parole italiane delle canzoni di Franco Travaglio (Disney - High School Musical e La bella e la bestia, Cats). Il cast sarà composto da 34 interpreti che canteranno dal vivo accompagnati da un’orchestra di 11 elementi. info www.newsies.it


musical d’oltralpe L’estate è alle porte, i teatri si stanno preparando alla chiusura estiva... ma cosa ci proporrà la stagione 2015/2016? Partiamo con le anticipazione dalla Svizzera, dove il teatro di San Gallo ci proporrà due allestimenti originali. Il 12 dicembre nella piccola cittadina vedremo West Side Story con la regia di Melissa King e la direzione musicale di Otto Tausk. Una novità assoluta invece sarà allestita ad aprile 2016: le celebri avventure di Don Camillo e Peppone con libretto di Michael Kunze e musiche di Dario Farina, regia di Andreas Gergen e direzione musicale di Robert Paul. Dalla Svizzera saliamo un po’ verso la capitale della Baviera: quest’anno nel Deutsches Theater di Monaco la programmazione vedrà Ich war noch Niemals in In New York (Non sono mai stato a New York), celebre raccoglitore delle musiche di Udo Jürgens (premiere il 7 ottobre). Salendo di qualche chilometro, nella cittadina di Coburgo vedremo a febbraio 2016 il musical Copacabana di Merry Manilow. A Salisburgo il teatro cittadino proporrà, oltre al classico The sound of Music, il musical Annie, allestimento a cura di Kim Duddy e direzione musicale di Peter Ewald, premiere il 10 dicembre. Nella capitale dell’Alta Austria quest’anno sarà una stagione piena di spettacoli. Si comincia con Singin‘ in the Rain, premiere al 3 ottobre con allestimento di Melissa King e direzione musicale di Marc Reibel. Successivamente Hedwig and the Angry Inch, allestimento a cura di Johannes von Matushka e direzione musicale di Bela Fischer jr: premiere il 20 novembre. di Matteo Firmi


la stagione 2015/16 Il 2016 a Linz si aprirà con Grand Hotel sempre con la direzione di Bela Fischer jr e con l’allestimento di Andy Hallwaxx, mentre la stagione si concluderà con Into the Woods alla Grosse Saal, direzione di Daniel Spaw e allestimento a cura di Matthias Davis. A Vienna la stagione vedrà il ritorno di Mozart!: il secondo musical dell’accoppiata Kunze–Levay torna al Raimund Theather, con Oedo Kuipers nel ruolo di Mozart, Thomas Borchert nel ruolo di Leopold Mozart e Franziska Schuster nel ruolo di Constanze Weber. Allestimento curato da Harry Kupfer e direzione musicale di Koen Schoots. Fino a gennaio, al Ronacher, possiamo vedere Mary Poppins (di cui abbiamo parlato lo scorso numero) a cui seguirà in marzo 2016 il classico di Webber e Rice Evita. Nel Landestheater di Graz, Funny Girl aprirà il 2016 con allestimento a cura di Stefan Huber e direzione di Marius Burkert. Tell me on a Sunday di Andrew Lloyd Webber debutterà nel mese di aprile con Markus Merkel alla direzione musicale e con l’allestimento a cura di Rainer Vierlinger. My Fair Lady chiuderà la stagione del teatro stiriano (la Stiria è la regione austriaca di cui Graz è capoluogo, ndr), in maggio 2016.


letto / visto / ascoltato Dorothy on the Rocks Barbara Suter Algonquin Books pp. 325

Sono sempre piĂš numerosi gli autori e i registi che citano i musical nelle loro opere ma che ce ne fosse una che si basa sulla storia di una musical performer forse non se lo aspettano in molti. Si chiama Dorothy on the rocks. Un romanzo ricco di sorprese, mai scontato, ma soprattutto pieno di musical. Eccola Mags, alle prese con il costume di Dorothy per entrare in scena nel Mago di Oz in una piccola compagnia di giro americana. Peccato che il suo lavoro contrasti con i suoi problemi personali che troppo spesso lei cerca di affogare, appunto, nell'alcool. Una storia toccante che porta però a galla tutti i piccoli e grandi problemi che possono incontrare i performer e che passa da un titolo all'altro evidenziandone alcune caratteristiche. Broadway, pur essendo poco distante, può sembrare un miraggio per molti artisti che non riescono a trovarvi un ingaggio e che sono quindi costretti a lavorare con delle compagnie di giro. Una lettura consigliata sotto l’ombrellone.

recensito da Sara Del Sal


letto / visto / ascoltato Self titled tenor Daniel Koek Prime Performance 13 tracks

Australiano di nascita, e uno dei più giovani Jean Valjean a recitare a Londra ne Les Miserables, Daniel Koek è anche cugino d'arte, essendo imparentato con Susan Rigvava-Dumas, che gli spettatori d'oltralpe conoscono per Rebecca. In questo suo primissimo album da solista, uscito ormai nel 2008, Daniel Koek sfodera tutta la potenza e il fascino della sua voce tenorile cimentandosi con i brani più amati e famosi dai grandi musical, molti dei quali lo hanno visto come protagonista. Eccolo quindi scatenato in Disco Inferno da Saturday Night Fever, appassionato nei tre brani da West Side Story, quasi solenne in Gethsemane dal sempreverde Jesus Christ Supertar, perfettamente calato nella parte nel Phantom of the Opera. L'album è aperto con un omaggio ai film Disney con Go the Distance da Hercules, e chiuso con una convincente interpretazione (se si sorvola sulla pronuncia) di Nessun Dorma da Turandot.

recensito da Francesco Moretti


letto / visto / ascoltato Coming home Kristin Chenoweth Decca

Nota al grande pubblico del musical come la prima interprete della strega Glinda in Wicked, Kristin Chenoweth - oltre ad aver partecipato ad un sacco di film e serie televisive, tra le quali Glee - è un vero animale da palcoscenico: non per niente ha dalla sua anche un Emmy e un Tony Award. Lo dimostra ancora una volta nel dvd tratto dal suo spettacolo Coming Home, registrato a Broken Arrow, la città dell’Oklahoma dov’è nata. Una scaletta che lascia senza fiato, tra i brani che l’hanno resa celebre a teatro e i classici della canzone americana. Tra tutti spicca una intensissima interpretazione di Bring Him Home, da Les Miserables, ma pure Maybe This Time (Cabaret) tira giù il teatro, Fathers and Daughters (con i genitori sul palco) è un gioiello, Upon This Rock, accompagnato dal coro scolastico che la vedeva tra le fila, è travolgente. Uno spettacolo da vedere e rivedere, per non finire mai di stupirsi della bravura e simpatia di questa performer.

recensito da Francesco Moretti


letto / visto / ascoltato KE Kerry Ellis Absolute Marketing 9 tracks

Divenuta in pochi anni una delle più apprezzate performer del West End grazie alla partecipazione a musical come My Fair Lady, Wicked, We Will Rock You e la recente apparizione in Cats nel ruolo di Grizabella, Kerry Ellis è uscita con un nuovo album in cui interpreta e re-interpreta alcuni brani della sua carriera con incur-

sioni nel pop internazionale. Solo nove brani, che spaziano dall’ormai classico Let it go, ai celebri I Could Have Danced All Night e On The Street Where You Live da My Fair Lady (in una luce completamente nuova), alle raffinatezze di Alfie, ai versi quasi gospel di Gimme Love, a quelli trascinanti di As Long As He Needs Me. Meno azzeccati i riarrangiamenti di due grandi classici come Take that look off your face e I dreamed a dream, forse troppo diversi dagli originali, ma la voce è di gran classe.

recensito da Francesco Moretti


letto / visto / ascoltato Stages Josh Groban Reprise 14 tracks

Non sarà conosciutissimo al grande pubblico, ma basta una veloce ricerca su google per scoprire che Josh Groban a 34 anni ha già venduto la bellezza di 25 milioni di dischi, duettato con Celine Dion, Barbra Streisand, Andrea Bocelli e Sarah Brightman, e si sta confermando come una realtà solida nello showbiz musicale. Gli appassionati di musical lo ricorderanno accanto a Idina Menzel nel ruolo di Anatoly del magnifico Chess in concert di Andersson e Ulvaeus alla Royal Albert Hall del 2008 (nonché per le sue apparizioni nella serie Glee) e avranno nuovamente modo di apprezzarlo nel nuovissimo cd Stages in cui interpreta 15 brani di repertorio del teatro musicale moderno. Registrato tra Los Angeles e Londra negli storici Abbey Road Studios con un’orchestra di 75 elementi, il disco vanta arrangiamenti grandiosi e mai scontati, ad arricchire la voce versatile del performer, che alterna potenza, sentimento, impostazione da crooner e piglio da baritono moderno.

Molte le chicche tra cui lo stupendo - e relativamente poco frequentato in questi ambiti - What I Did For Love da A Chorus Line e il magnetico Pure Imagination da Charlie and the Chocolate Factory. Non mancano i più ascoltati All I Ask For You dal Phantom (in duetto con la brava Kelly Clarkson), Empty Chairs At Empty Tables e Bring Him Home da Les Miz, e una sorprendente Les temps des cathedrales da Notre Dame De Paris, con orchestrazioni recensito da Franco Travaglio


letto / visto / ascoltato e un’interpretazione che la rendono molto più interessante dell’originale. Tra i musical meno noti ma da (ri)scoprire a cui il cd attinge con gusto, ci sono Finian’s Rainbow e The Fantasticks, con Old Devil Moon e Try To Remember. Non mancano i classici di Rodgers & Hammerstein If I Loved You (altro duetto di lusso, con Audra McDonald) e You’ll Never Walk Alone, e più di un’incursione sondheimiana (Children Will Listen/Not While I’m Around e Finishing The Hat).

Un ritorno a Chess (l’intensa Anthem) fa coppia con la vera perla del disco, che sembra scritta apposta per i colori dell’ intensa vocalità di Groban: Gold Can Turn To Sand, sempre composto dagli ex-Abba Benny Andersson e Björn Ulvaeus, e tratto dal loro ultimo musical, Kristina From Duvemala, la cui colonna sonora, imponente e molto affascinante, non si accompagna purtroppo a una storia appetibile per il mercato anglosassone, per cui lo spettacolo si è dovuto accontentare di una versione concerto ancora alla Royal Albert Hall, nel 2010. Il successo mondiale continuerà invece a sorridere a Groban, semmai accresciuto da questa notevole e consigliatissima prova discografica.


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Le Bal des Vampires, Parigi - Teatro Mogador, data

Grande successo anche nella capitale francesce per i vampiri di Roman Polanski


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