Amici del Musical #11

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amici del

musical

w e b z i n e

11|2014


Metti una sera a Torrita di Siena di Fabiola Ricci


Ouverture

La serata – spettacolo svoltasi a Torrita di Siena domenica 29 giugno, in collaborazione con la Compagnia Teatro Giovani Torrita / Accademia Toscana del Musical Theatre, ha avuto come protagonisti innanzitutto l'amore per il Musical Theatre e la voglia di fare conoscere nuove opere e nuovi autori italiani. Composizioni ed esibizioni tutte di alto livello. Grande soddisfazione nel ricevere i complimenti degli autori per le performance dei loro brani da parte dei miei allievi, grande piacere rincontrare il bravissimo collega Emiliano Geppetti e duettare nuovamente con lui nel brano corale finale eseguito da tutti i protagonisti, autori ed interpreti (tra cui l'importante presenza di Luca Velletri) ma, soprattutto, grande onore per avere contribuito alla realizzazione di un evento unico, che ha visto mettersi in gioco artisti molto validi. Spero di cuore che gli spettacoli a cui abbiamo assistito possano suscitare l'interesse di vari produttori, spero potremo vederli in cartellone in una delle prossime stagioni, eventualmente rivisti drammaturgicamente e registicamente, in modo che possano acquistare un maggiore impatto scenico e comunicativo, perchĂŠ, assicuro, il materiale di partenza è sorprendentemente ottimo. Grazie a Franco Travaglio per avere avuto una grande idea artistica. Alla prossima edizione!


Amici del Musical www.amicidelmusical.it sito ideato da Franco Travaglio webzine issuu.com/amicidelmusical ideazione e coordinamento editoriale Francesco Moretti in redazione Stefano Bonsi, Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri, Matteo Firmi, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso, Enza Adriana Russo, Franco Travaglio si ringrazia Fabiola Ricci n. 11|2014 25 luglio 2014 in copertina: la serata di premiazione di PrIMO 2014 a Torrita di Siena

Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali. Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a: francesco.moretti@gmail.com


Facts & Figures

PrIMO 2014 la serata di premiazione

6

dall’Italia Ragtime Jesus Christ Superstar Oblivion Show 2.0 Come Erika e Omar Thriller Live Hair Slava’s snowshow e Peppa Pig

20 28 34 36 40 44 50

dall’estero Grease Reefer madness Musical für Haiti

58 64 72

le interviste Nicolas Tenerani Michael Kunze e Silvester Levay

80 92

Un po’ di news

100


La premiazione di Frankenstein the Opera

La premiazione di Vincent


Nuova linfa per il musical italiano La Premiazione-Spettacolo di PrIMO del 29 giugno scorso all’Hotel Rotelle di Torrita di Siena Due soddisfatti Fabiola Ricci e Franco Travaglio hanno introdotto lo scorso 29 giugno la serata di premiazione di PrIMO 2014. La prima edizione del Premio Italiano del Musical Originale ha avuto una magnifica cornice nella squisita ospitalità dell’affascinante Hotel Rotelle di Torrita di Siena. Una serata che rappresenta per il musical italiano un debutto assoluto: uno spazio aperto e gratuito di promozione, riconoscimento, incoraggiamento e vetrina dedicato agli autori del teatro musicale originale. E la regista della serata (anche membro della giuria di qualità) così come il direttore artistico hanno sottolineato il successo dell’iniziativa (25 le opere in concorso) nei numeri e nella qualità riscontrata. Il compito di rompere il ghiaccio era toccato agli adrenalinici ragazzi della Compagnia Giovani Torrita e agli allievi dell’Accademia Toscana del Musical Theatre che diretti dalla stessa Ricci si erano esibiti in un elettrizzante

medley tratto dal loro ultimo successo, la prima italiana della comedy di Broadway The Wedding Singer (Il cantante di matrimoni, per tutte le info e le prossime date www.teatrogiovanitorrita.it). Ad aprire ufficialmente la scaletta di esibizioni ecco entrare in scena i tre autori di Frankenstein The Opera Maurizio Sparacello, Alfredo Furma e Marco Lo Gerfo, per l'occasione anche interpreti della tormentata storia dello scienziato che ridona la vita a tessuti umani morti, mettendo al mondo una infelice creatura destinata - nonostante la sua aspirazione al bene e all’amore - a provare infelicità e a seminare morte, a causa della sua deformità, e della crudeltà con cui il mondo lo accoglie. Le canzoni che compongono il breve e significativo showcase sono caratterizzate da potenza drammatica e uno stile figlio della cosiddetta opera popolare, con un gusto melodico e una ricerca espressiva del tutto peculiari


che rendono meritatissima la vittoria nella votazione on-line. Ecco salire sul palco i due veri presentatori della serata: i simpatici Martina Bardelli e Giulio Benvenuti (che si sono anche esibiti con bravura in vari estratti dalle opere). Interessante anche l’intervista agli autori Alessandro Zanetti e Paolo Peli, che ha seguito l’esibizione dello stesso Benvenuti nel brano Tutto o niente, tratto dall’opera in concorso, anch’essa di matrice letteraria, Magica Notte di Mezza Estate, in cui hanno spiegato i rapporti con la fonte shakespeariana. È il momento di Amori e Bugie a Wall Street, vincitore del Premio Speciale

MTA Workshop, la menzione creata da Marco D. Bellucci, direttore della Musical Theatre Academy di Roma, che ha scelto l’opera per una produzione a cura dei suoi allievi, andata in scena il 23 e 24 aprile 2014. Autrice di libretto, musiche e liriche l’ecclettica Laura Facci, che ha interpretato un vero e propri onewoman show, una rapsodia dei brani più rappresentativi della divertente commedia musicale: ambientata tra i colletti bianchi della capitale della finanza mondiale ma caratterizzata da una lievità, una simpatia, una frizzantezza tipicamente italiane. La rilettura che lo stesso Bellucci ha fornito a Wall Street (intitolato per l’occasione

La premiazione di Amori e Bugie a Wall Street


più semplicemente Amori e Bugie) ha dato inoltre uno spessore e una costruzione anglosassoni alla comedy rendendola agile e scoppiettante. Nel panorama di musical impegnati e drammatici che ha caratterizzato questa prima edizione del premio, il copione di Laura Facci spiccava per uno sguardo più sorridente alla realtà, una solarità di ritmi e personaggi che è stata molto apprezzata. Inoltre la scelta di utilizzare per questa presentazione solo la bella voce dell’autrice, la sua verve, e il semplice accompagnamento di un pianoforte ha ulteriormente restituito fascino alle canzoni, inframmezzate da spiritosi assaggi della trama che ci hanno

invogliato a vedere l’opera completa in versione scenica, nella speranza che questa e altre idee in gara trovino un giorno la via del palcoscenico professionale. A inaugurare le opere ispirate a grandi personaggi della storia e della letteratura c’è Einstein il musical, biomusical del celebre scienziato frutta della prolifica produzione di Renato Billi (che ha piazzato in finale ben due opere), di cui Matteo Benvenuti e Martina Bardelli ci hanno presentato il bel duetto Tu come d’incanto; e poi l’interessante medley tratto da Merlino il musical. A interpretarlo un nutrito gruppo di performer, venuti appositamente dalla Puglia (dove è in

I protagonisti di The Wedding Singer


Emiliano Geppetti


scena con grande successo), tra cui gli stessi autori Silvio Coppola, Giacomo Sances e Luca Arcano. Un piccolo estratto molto intrigante, che sottolinea bene le peculiarità di Merlino, sospeso tra timbriche celtiche, musica pop-rock e una rivisitazione del ciclo arturiano affatto scontata. Un altro grande personaggio, questa volta tratto direttamente dalla storia dell’arte, al centro del musical vincitore del Premio della Critica, Vincent. Parliamo del tormentato genio di Van Gogh, che necessitava di un interprete d’eccezione: gli autori hanno avuto la fortuna di affidare il ruolo a Luca Velletri, che per il teatro è

Frankenstein The Opera

stato, tra gli altri, Pilato in Jesus Christ Superstar, Peron in Evita, Frollo in Notre Dame de Paris, oltre ad aver partecipato a innumerevoli edizioni di Sanremo e molte altre trasmissioni. Accanto alla sua voce incomparabile e al suo carisma interpretativo, Giulio Benvenuti nei panni del fratello Theo e l’intensa Sien di Monica Salvi, performer e autrice trapiantata a Londra ci hanno offerto un assaggio della creazione. Con uno stile che unisce la teatralità dei grandi musical drammatici viennesi alla grande melodia, la colonna sonora di Vincent si è fatta apprezzare particolarmente per raffinatezza e pathos, in una riduzione che ha condensato in


Fabiola Ricci

Luca Velletri


alcuni brani rappresentativi con efficaci raccordi recitati, la parabola umana e artistica di Vincent, con le sue cadute, le sue ossessioni, i difficili rapporti umani, componendo un variegato affresco di luci, ombre, sogni e incubi. Al termine dello showcase la prima premiazione, proprio del compositore Raffaele Paglione e della librettista Anna Hurkmans con l’ambito trofeo PrIMO consegnato dallo stesso Luca Velletri, che non ha mancato di raccontare l’amicizia che lo lega ai due autori e alla fascinazione che ha provato quando per primo ha sentito alcuni brani dell’opera. Ritroviamo il mostro di Mary Shelley e l’autore Renato Billi in Frankenstein Drama Rock una diversa rivisitazione del celebre romanzo. Ne ha raccontato brevemente la genesi lo stesso compositore e librettista dopo la messa in scena di un breve estratto a cura della Compagnia Giovani di Torrita. La vulcanica Laura Facci ha ricevuto poi il Premio Speciale MTA Workshop dalle mani di Fabiola Ricci, che ha letto la motivazione di Marco Bellucci, la cui partecipazione alla serata è stata resa impossibile all’ultimo momento da un contrattempo. C’è ancora tempo per ascoltare la bella voce di Antonia Gualteri in

Sapore di Realtà, tratto da Dorian Gray il musical, presentato poi al pubblico dal compositore Marco Pupa, a sottolineare ancora una volta la matrice letteraria di moltissime opere di PrIMO. Una grande sorpresa ha accompagnato infine la consegna del Primo Premio ai papà di Frankenstein The Opera, Maurizio Sparacello, Alfredo Furma e Marco Lo Gerfo il travolgente Emiliano Geppetti (tra i tanti ruoli Lumière ne La Bella e la Bestia, Ciuchino in Shrek) ha contagiato tutti con la sua simpatia. Insieme a Fabiola Ricci è stato anche solista nell’emozionante Stagioni d’Amore, tratto dalla versione italiana di Rent che il coro di autori e interpreti ha intonato come degna conclusione della serata. Scoppiettanti fuochi d’artificio hanno accompagnato gli applausi finali di una bella giornata per il musical italiano, in cui tanti creativi di teatro musicale hanno finalmente fatto gruppo, hanno tirato fuori dal cassetto le loro opere e ne hanno fatto dono al pubblico, creando un’energia positiva che non mancherà – ce lo auguriamo – di suscitare una scintilla benefica e dare nuova linfa al mondo dello spettacolo tricolore.


Vincent


Frankenstein Dramma Rock

Dorian Gray


Laura Facci


Magica Notte d’Estate

Merlino


dall’

It


amici del

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talia


foto | Rocco Casaluci


Un tuffo nell’America del primo Novecento Al Comunale di Bologna un sorprendente e sontuoso Ragtime, nell’ambito del Summer Musical Festival della BSMT di Enrico Comar Si chiude con questo sorprendente Ragtime (in scena dal 14 al 18 luglio) la seconda, splendida, edizione del Summer Musical Festival, rassegna teatrale organizzata dalla BSMT in collaborazione con il Teatro Comunale di Bologna, il Piccolo Teatro del Baraccano e il Teatro Duse (new entry di quest’anno), che, in un momento non certo facile per la cultura e il teatro, segnata da tagli dei fondi, deficit di bilancio e scarse prospettive (e il Comunale di Bologna, malgrado una stagione artisticamente proficua, non fa purtroppo eccezione in questo) accettano una sfida coraggiosa e ambiziosa, dimostrando grande fiducia in un genere teatrale, quello del musical, che in Italia continua non avere il ruolo che meriterebbe (a tale proposito, spiace vedere diversi posti vuoti in platea, malgrado biglietti dai prezzi decisamente bassi, per quello che dovrebbe essere, per molte ragioni, un evento da tutto esaurito).

Capolavoro riconosciuto del suo genere (vincitore di 4 Tony Award), lo spettacolo di Terrence McNally (libretto) Stephen Flaherty (musiche) e Lynn Ahrens (testi) e tratto dall’omonimo romanzo di E.L. Doctorow, offre un affresco molto ricco e articolato della società e della storia americana del primo Novecento, seguendo le vicende di famiglie e individui di diversa estrazione sociale e culturale, una benestante famiglia americana, l'immigrato Tateh e sua figlia, il pianista di colore Coalhouse e la sua famiglia, le cui storie si incrociano e si influenzano a vicenda, interagendo con figure storiche come Henry Ford, Harry Houdini, Booker T. Washington o Emma Goldman. Musicalmente, lo score di Flaherty sfiora la perfezione, alternando, su un accompagnamento strumentale pressoché costante, frammenti di prosa a brevi momenti cantati, che all’occasione sfociano in grandi numeri canori.


Lo score, che alle melodie originali mescola frammenti di classici standard ben camuffati, omaggia la musica americana tra XIX e XX secolo, con sonoritĂ soul, ragtime e blues mescolate e rivisitate (con un occhio al Gershwin di Porgy & Bess e Victor Herbert). Altrettanto complesso, e meno equilibrato nella sua resa complessiva, il libretto, fin troppo saturo di personaggi, linee narrative e tematiche, con un ritmo a volte eccessivo che appesantisce e deconcentra lo spettatore. Eccezionale, in questo, la regia di Gianni Marras, in grado di compensare certe debolezze del testo mantenendo la massima fluiditĂ . Visivamente molto curato, con luci e


costumi di grande impatto e suggestivi effetti cromatici, in particolare nelle scende di massa (eccezionali queste ultime, potendo oltretutto disporre di un'ensemble scenica e corale composta da 50 studenti della BSMT, che anche produzioni operistiche pi첫 importanti raramente possono permettersi), scenografie quasi minimaliste (presumibilmente per questioni di budget) utilizzate al meglio. Orchestra, diretta da Stefano Squarzina, sempre valida (e decisamente voluminosa per un musical) e voci eccellenti, per quanto a volte venisse a mancare il giusto "dialogo" tra la parte vocale e quella strumentale (anche a causa di una amplificazione audio un po' eccessiva e non sempre




equilibrata, con la tendenza a impastare e appiattire i suoni). Cast di altissimo livello, a partire dall’eccellente protagonista Timothy Martin (il cui Coalhouse raggiunge vette emotive sorprendenti) e dal carismatico Tateh di Marco Romano. Seguono Daniela Pobega (protagonista dell’edizione madrilena de Il Re Leone), graditissimo ritorno


sui palcoscenici italiani dopo anni di assenza, e Andrea Ascari (anche curatore dei testi italiani), che si riserva il complesso e non facile ruolo del Padre.Vera trionfatrice però è Simona Distefano, in grado di far emergere in tutta la sua grandezza scenica e musicale il personaggio della Madre con una sottigliezza e un coinvolgimento non comuni.


foto | Gianmarco Chieregato


Jesus, oggi come allora sempre Superstar Massimo Romeo Piparo bissa il successo dell'edizione giubilare per celebrare il ventennale italiano della celebre opera-rock. di Roberto Mazzone Quando l’indimenticabile Carl Anderson fece tappa anche a Torino per l’edizione giubilare di Jesus Christ Superstar, nel 2000, io c’ero. E adesso Massimo Romeo Piparo bissa il successo di quattordici anni fa, portando sul palcoscenico del Teatro Sistina di Roma l’altro storico protagonista cinematografico della celeberrima opera rock firmata Andrew Lloyd Webber & Tim Rice: Ted Neeley, dopo 40 anni – e a 71 anni di età – è ancora Jesus, sempre Superstar. La sua voce subisce le fisiologiche trasformazioni

dovute agli anni che passano, ma in momenti cult di canzoni come Everything’s Alright, The Temple e Gethsemane, si può proprio affermare che la “divina ugola” arriva ancora a toccare il cielo! E in sala è un tripudio… Massimo Romeo Piparo – dopo la flessione artistica, a mio personalissimo parere, registrata con My Fair Lady – questa volta ha davvero fatto centro. I Negrita che eseguono dal vivo sul palcoscenico le immortali musiche di Lloyd Webber, insieme all’orchestra diretta da Emanuele Friello, conferiscono realmente un valore


aggiunto allo spettacolo, con un “retrogusto elettro-rock” che non dispiace. Pau, il frontman del gruppo, ha saputo offrire una sua personale e convincente interpretazione dell’iconico personaggio di Ponzio Pilato. Ma la vera rivelazione di questa edizione è l’esordiente assoluto Feysal Bonchani, nel ruolo di Judas: i cosiddetti “detrattori” avrebbero da obiettare soprattutto sull’età probabilmente troppo giovane e prematura per interpretare un ruolo ormai universalmente riconosciuto. Ma l’impegno del giovane debuttante non fa assolutamente rimpiangere il compianto Carl Anderson e se Piparo è riuscito a far vivere sul palcoscenico teatrale un

Jesus settantenne, allora gli aggettivi “giovane” e vecchio” possono serenamente essere messi da parte… Attorno a questo nucleo centrale, un cast di indiscutibili professionisti, tra cui corre l’obbligo citare Simona Molinari (Maria Maddalena), l’instancabile Emiliano Geppetti (Simone Zelota) e Riccardo Sinisi, che dopo la positiva esperienza nel musical Priscilla, la regina del deserto, prosegue un importante e delicato percorso artistico cimentandosi nel ruolo di Pietro. Tuttavia, lo spettacolo non è tutto un Hosanna e siccome gli unici a essere senza peccato sono appunto Gesù Cristo e la Vergine Maria, vanno



evidenziati alcuni punti deboli: primo fra tutti, il Caifa di Shel Shapiro; pur riconoscendone le doti artistiche, pare azzardato parlare di interpretazione, in questo caso: l’ex leader dei Rokes sembra piuttosto “accompagnare” la partitura e fortunatamente in scena con lui c’è sem-

pre Paride Acacia, “storico” interprete italiano nel ruolo di Jesus, che questa volta veste i panni di Annas. Un disegno luci che non rende merito al messaggio di Luce che questo spettacolo dovrebbe trasmettere, lascia veramente perplessi; stesso discorso vale per i commenti tratti


dall’Antico e Nuovo Testamento: precisi ma a tratti un po’ sfasati, possono tendere a confondere il pubblico. Dulcis in fundo, un appunto sul montaggio della Herod’s Song, che ricorda fin troppo, per colori, personaggi di contorno e oggetti di scena Sballo dal Pinocchio dei Pooh.

Ed è proprio di questi giorni la notizia che la ripresa di JCS al Teatro Sistina, in settembre, avrà il gusto di una storica reunion degli attori che recitarono con Neeley nel film del 1971: ad affiancarlo sul palco ci saranno Yvonne Elliman (Mary Magdalene) e Barry Dennen (Pilato).



Oblivion, gran finale con tutti i Promessi d’Italia A Trieste le battute finali dell’Oblivion Show ed uno storico raduno dei fan dei Promessi Sposi in 10 minuti di Sara Del Sal Si chiamava Oblivion Show ed ha entusiasmato i pubblici di tutta Italia. I cinque talentuosissimi performer che hanno le loro radici nel musical italiano hanno vinto ancora una volta, riuscendo a far divertire il pubblico di Trieste con due serate memorabili. Per il “Gran Finale”, al Rossetti, Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli hanno preparato due eventi. Una serata li ha visti affiancati dal loro regista, Gioele Dix, che si è inserito a modo suo nei vari numeri, e nella seconda invece hanno ospitato sul palco i loro fan, che si sono presentati da tutta italia per interpretare, con loro, una affollatissima versione dei famosissimi Promessi sposi in 10 minuti. Chissà cosa avrebbe pensato Manzoni nel vedere il suo romanzo sul palco, rinvigorito e ringiovanito dagli Oblivion, con innumerevoli monache di Monza, un numero considerevole

di perpetue etc. Non potendo contare sul parere dell’autore basta basarsi su quello del pubblico, che ha riso e partecipato a sua volta, filmando la performance, con centinaia di telefonini. Oblivion Show era uno spettacolo che riusciva a mettere in luce le grandi qualità dei cinque artisti sul palco, e così ancora una volta è stato, con qualche canzone inedita, tra gli abbinamenti impossibili, e con la scena dell’ufficio postale che a Trieste non era mai stata presentata. Inutile cercare di capire chi sia il più bravo o chi sia risultato più divertente. Gli Oblivion, si sa, sono una formazione che lascia senza fiato, che funziona come un meccanismo perfetto, squisitamente equilibrato e con grande professionalità. Applausi per loro quindi, che si confermano uno dei fenomeni più interessanti del teatro italiano; attendiamo perciò le loro prossime “Oblivionate”!



Sbatti il mostro sul palcoscenico Sfida delicata, ma vinta, per Enzo Iacchetti, che porta in scena a Roma una feroce critica alla spettacolarizzazione della cronaca nera di Roberto Mazzone Una sfida delicata per Enzo Iacchetti, che produce e dirige, per il Teatro Lo Spazio di Roma, Come Erika & Omar - è tutto uno show. Un musical, ma anche una black-comedy; una pungente satira che denuncia la spettacolarizzazione che la nostra tv mette in scena quando capitano casi come il delitto di Novi Ligure, quello di Erba, di Garlasco, di Avetrana… Uno spettacolo sicuramente controverso però ben riuscito. I protagonisti, Jessica e Christian, sono due emuli dei fidanzatini di Novi Ligure; lei, spregiudicata e ribelle, non sopporta il clima famigliare, costretta a vivere con due genitori ipocriti e un fratellino affetto da un ritardo mentale (il bravissimo e divertentissimo Michele Savoia, n.d.r.); lui, innamorato, accetta di seguire la sua ragazza in questo folle progetto, ma è a tratti pavido e, dunque, capace di farsi venire qualche scrupolo e di ascoltare la propria coscienza.

Così l’unico “mostro” appare lei, trasformata però in diva dal clamore mediatico suscitato dal delitto prima e dal processo poi… a quel punto si scoprirà di essere davvero innamorata e, nel finale, i ruoli si invertiranno. La giovanissima Gea Andreotti è davvero portentosa sotto parecchi punti di vista: dalla resa del personaggio, alla sua interiorizzazione, ma a colpire è soprattutto la mimica facciale e le straordinarie qualità vocali, che tengono testa alle coinvolgenti musiche di Francesco Lori; strepitosi soprattutto i cosiddetti company numbers. L’interpretazione di Massimiliano Pironti suscita leggera perplessità esclusivamente nella prima scena, quando i due protagonisti fanno il loro ingresso sul palco… Poi, lo spettacolo procede e sulla sua performance non resta alcun dubbio: eleva positivamente ogni personaggio che interpreta sulla scena. Restano da citare ancora Marco Massari e Paola Lavini (i genitori,


ma anche il Sindaco del paese e una divertente Rosy, emula del delitto di Erba) e Giada Lorusso (un comprensivo brigadiere di Polizia e una svampita e accomodante inviata speciale). Lo spettacolo, se lo si considera un musical, non appare molto adatto a location come il Teatro Lo Spazio, ma è ben fatto e certamente merita di essere visto in giro per l’Italia (purtroppo a Roma il richiamo non è fortissimo, n.d.r.).


Sembra che lavori come questo, oppure Spring Awakening per citarne un altro, stiano davvero “vedendoci lungo”, in considerazione della prossima stagione teatrale. Il musical – non sempre – è anche adatto a rappresentazioni non convenzionali. Per il momento a questo spettacolo, andato in scena a Roma fino al 31 maggio, non si può che augurare maggiore successo.



Ancora una serata a tutto Thriller Si riconferma una grande festa per i fan di Michael Jackson l’impeccabile tribute show con i suoi più grandi successi di Sara Del Sal Molti hanno pensato di averlo già visto, ma quando si ha a che fare con un tribute show non c’è nulla di più sbagliato. Sono show in continua evoluzione. È il caso di Thriller live, che ha fatto tappa in Italia, al Rossetti di Trieste, in questo nuovo allestimento che dopo avere girato l’Inghilterra, ora sta facendo ballare l’Europa intera. Genesi sui generis per uno spettacolo che nasce come una festa celebrativa per i fan, approvata da Michael Jackson, che si è modificata fino a diventare uno show. Sarebbe dovuto andare in scena nel 2009 a Londra per qualche tempo, per fare da apripista agli show dello stesso artista attesi allo 02 Arena. Un modo per fare salire la febbre da Jackson. Ma la morte della star ha cambiato il corso degli eventi, e quello spettacolo, tutto costruito sulle sue hit, che ripercorreva la sua ascesa al successo e i suoi traguardi a livello di vendite di dischi, è diventato quindi l’unica opportunità, per dei fan

ancora increduli, per sentirlo ancora tra loro. E proprio nel 2009 lo show era arrivato a Trieste, trovando lo stesso spirito, un affetto nei confronti dell’artista e della sua musica senza pari. Ecco allora la lacrima per quel bambino che lo rappresentava da piccolo, impegnato a cantare con i fratelli, e per tutto ciò che veniva raccontato sul povero Michael, vittima di un meccanismo infernale che continuava a demolirlo per poi esaltarlo. Ma gli anni passano ed ora Thriller live è una gran festa. Si celebrano l’artista e le sue canzoni, si ricorda il fatto che è stato campione di incassi e che ha battuto tutti i record. Si può arrivare a litigare su quale album sia stato il suo migliore, se Thriller o Bad, ma soprattutto si cantano le sue canzoni. La cura nei particolari è infinitesimale. Luci, costumi, audio, coreografie. Nulla viene lasciato al caso, dando subito l’impressione di essere di fronte a qualcosa di grande.


A David Jordan l’onere di impersonare Jackson trasformandosi in lui, una prova difficilissima che viene superata egregiamente con uno studio dei movimenti tale da riuscire quasi a trarre in inganno il pubblico. Quattro i cantanti chiamati per ridare vita a delle canzoni che non hanno bisogno di presentazioni, ma solo due che lasciano il segno, con buona pace di Tyrone Lee e del suo collega che seppur intonati e di buona presenza

scenica non hanno saputo, se non in coro con gli altri, emozionare. Ottima la performance di Cleo, Cleopatra Higgins, artista completa che ha cantato, ballato e dato vita alle canzoni che ha interpretato, arrivando a tratti ad avvicinarsi alla voce di Jackson. Ma la vera sorpresa sul palco è stato l’unico performer non di colore, il ragazzaccio rock che di solito viene ingaggiato per fare da contrasto, e che in questo caso ri-


spondeva al nome di Jesse Smith. Già dal primo atto con She’s out of my life ha chiarito la situazione: intensità, presenza scenica e una voce fuori dal comune in grado di virare all’heavy metal non sono caratteristiche facili da riscontrare e lui ne ha in abbondanza. Beat it o Dirty Diana cantate da lui diventano dei pezzi incredibili, in grado di sprigionare un’energia ancora più dirompente. In una serata perfetta, in compagnia

delle pagine più belle di Jackson, per gli amanti del musical il regalo è stato doppio: quello di scoprire, come è accaduto in precedenza, un’ennesima stella in ascesa, perché quel Jesse Smith coi suoi capelli lunghi e gli occhioni azzurri, a breve sarà in scena in West End, in Thriller Live, e chissà che invece di passare dritti sulla Shafstebury Avenue alla ricerca dei Miserabili o di altro, stavolta non si decida di andare proprio ad ascoltare lui.


foto | Sasmi


Fai brillare la luce dentro di te A Milano un allestimento di Hair celebra il controverso e colorato mondo degli Hippie di Sara Del Sal Ci sono dei titoli che sono ormai diventati pietre miliari del genere musical a livello mondiale, che garantiscono un impatto diretto sul pubblico e che sono sinonimi di una ottima serata a teatro. Hair rientra senza ombra di dubbio in questa lista. Appartenente a quella serie di show che vantano nella loro scaletta alcune canzoni che sono diventate delle hit internazionali e che ancora oggi vengono utilizzate nelle serate danzanti. Eppure Hair porta con sé la fotografia di una generazione ormai distante, che faceva uso di droghe leggere e di acidi, che praticava il sesso libero, che viveva nelle comunità senza pensare agli obblighi come il lavoro o, ancor peggio, alla chiamata alle armi. Hair aveva un’impronta politica forte, e James Rado e Gerome Ragni, sulle musiche di Galt MacDermot hanno costruito uno show incentrato su coloro che portavano i capelli lunghi come simbolo di libertà e di protesta, ma di certo senza peli

sulla lingua, e poi, dieci anni dopo, sono rimasti delusi dalla versione cinematografica diretta da Milos Forman, al punto da affermare che non vi riconoscono il loro spettacolo, che gli Hippie sono completamente snaturati e che dei loro personaggi non restano che i nomi. Quindi per quanto li riguarda, una versione cinematografica di Hair deve ancora essere girata. Con queste premesse verrebbe da chiedersi perché, se non in nome di una presunta facilitazione per il pubblico che potrebbe avere visto il film, la compagnia Magnoprog abbia scelto di portare in scena un tributo al film, utilizzandone la storia, in vece dell’originale. La risposta del pubblico, che ha ballato e cantato per due sere facendo registrare due sold out al Teatro Nuovo di Milano sembra dare loro ragione. Ecco allora Claude, un ragazzone dell’Oklahoma con tanto di lettera di convocazione per l’esercito in mano che incontra



una comunità di hippie e passa un po’ di tempo con loro perdendo la testa per Sheila, che è una ragazza ricca e già fidanzata con uno del suo rango. In questo caso il protagonista è Berger, che si ritrova a passare da hippie tra gli hippie a soldato per caso, vittima di una sua idea geniale, quella di sostituirsi a Claude per permettere di salutare gli altri proprio pochi minuti prima di una chiamata anticipata delle truppe per quel Vietnam dal quale non farà ritorno. Un allestimento molto scarno, che però prevedeva una band dal vivo sul palco, quello di Milano, che ha contato sulla presenza di Gianluca Sticotti nei panni di Berger, pronto a

dimostrare ancora una volta la sua versatilità e la sua intensità, oltre che a dare un’ennesima riprova della sua grande voce. Beatrice Baldaccini è sicuramente una Sheila molto elegante, nonostante i costumi di scena, e si conferma una performer completa. Simone Marzola è un Claude solido, a tratti forse anche un po’ troppo rigido nei movimenti mentre Loredana Fadda fa sfoggio ancora della sua grande voce, ma è più limitata nella recitazione. Lorenzo Baglioni ha una ottima presenza scenica, nonostante la parrucca, ma dovrebbe affinare i tempi comici. Lo spettacolo, a conti fatti, non è una grande produzione, ma an-


drebbe comunque asciugato in molti punti per renderlo davvero godibile. Quando si porta in scena un titolo storico non si può troppo fare affidamento sul pubblico inesperto, si rischia di incappare su qualcuno che conosce bene lo spettacolo e che potrebbe uscire dalla sala con molti punti interrogativi in mente, ma comunque canticchiando Let the sunshine in.




Slava contro Peppa: una nevicata vi seppellirà Inevitabile mettere a confronto due family show passati a pochi giorni di distanza a Trieste di Francesco Moretti A distanza di poche settimane, ho potuto assistere a due concezioni completamente diverse, e a due risultati altrettanto diversi, di quello che potremmo definire family show. Il primo è Slava Snowshow. Non un musical, ma uno spettacolo che non si lascia definire facilmente, sospeso tra favola, fantasia, sogno, comicità surreale. I quadri che via via si compongono sul palco, in una cornice fiabesca e onirica, vedono come protagonista uno strambo pagliaccio giallo, vestito con una casacca deforme, circondato da un nugolo di altri pagliacci verdi che interagiscono tra loro in scenette e sketch ricchi di sottile ironia, fascino, pervasi però da un’aura di nostalgia e struggimento che non lascia indifferenti. Sono soprattutto i bambini, che ancora una volta - dopo la trionfale accoglienza del 2007 - contribuiscono a riempire il Politeama Ros-

setti in ogni ordine di posti, rimanendo affascinati e incantati, come del resto i loro genitori, di fronte ad uno show che regala emozioni e magia come se fosse la cosa più naturale del mondo. Durante l’intervallo i clown invadono letteralmente la platea, rincorrono i bimbi e giocano con loro, scavalcano le poltroncine bagnando gli spettatori dai loro ombrelli spara-acqua, mentre le spettatrici più disincantate si scattano selfie con i clown più prestanti e che... senza troppi complimenti ricambiano con audaci pizzicotti. Ma il meglio arriva nel secondo tempo, quando una enorme ragnatela gigante invade la platea, una impressionante tormenta di neve (di carta) travolge il pubblico esterrefatto e, nel finale, decine di coloratissimi palloni giganti invadono la grande sala del Rossetti. Un delirio, e il pubblico giustamente apprezza.





Il discorso con lo spettacolo Peppa Pig e la caccia al tesoro, tratto dal fenomenale successo a cartoni animati per i più piccini, diretto da Claudio Insegno, cambia radicalmente. Sempre di show per famiglie si tratta, ma ahimé il confronto appare impietoso. Certo, altri mezzi, altre possibilità, e si vede. Semplici scenografie richiamano i familiari paesaggi del cartone, i colori son proprio gli stessi, e quando le note del conosciutissimo jingle risuonano in platea, per i bambini presenti è una vera gioia. Ovviamente lo show è pensato per loro, gli attori muovono i personaggi-pupazzi tanto cari ai più piccoli

(ci sono Peppa Pig, George, Susi Pecora, Danny Cane...) e li fanno parlare e cantare le mille canzoncine del cartone animato, ma all’occhio di un adulto certo non sfuggono un audio non buono, una recitazione un po’ approssimativa, un generale senso di recita parrocchiale. L’impressione è che si sia voluto sfruttare il richiamo della porcellina rosa, senza curare troppo i dettagli, e alla fine i risultati si vedono. Soprattutto non si capisce l’assurda politica di prezzi assolutamente folli rispetto alla reale qualità dello spettacolo: il pubblico triestino ha risposto con una platea tristemente semivuota, anche se i bimbi si sono divertiti.


dall’

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amici del

musical

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foto | Herbert Schulze


Potevamo rimanere senza brillantina? No. E infatti anche in questo numero parliamo di uno show che anno dopo anno continua a divertire migliaia di spettatori di Roberta Mascazzini Capitol Theater, Düsseldorf, 24.4.2014. Grease è la storia di un gruppo di adolescenti americani degli Anni ’50, ma le loro vicende potrebbero essere quelle dei nostri giorni: i ragazzi divisi in bande, chi fa il bullo, chi lascia la scuola, chi si mette in mostra facendo bravate, le corse coi motori rombanti, la voglia di essere grandi e di conquistare le ragazze. Il ballo per festeggiare la fine della scuola, poi, c’è persino qui, in Germania, ed i diplomati si vestono eleganti per l’Abiball (il ballo della maturità). Il musical rockeggiante fu messo inscena in lingua tedesca nel 1994, al solito Raimund Theater di Vienna, dove spesso si celebrano le prime di molti musical importati dal mondo anglo-americano, e non solo. Seguirono, naturalmente, diverse produzioni in altre città, ma il vero grande trionfo si ebbe nel 1996, quando sulla scena c’erano, contemporaneamente, una produzione al Capitol Theater di Düsseldorf ed una al Theater des We-

stens di Berlino. La prima rimase addirittura in scena due anni ininterrottamente. Il lettore attento, si sarà accorto che il 1996 fu anche l’anno del debutto sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Milano della bella produzione della Compagnia della Rancia, anch’essa rimasta in scena fino alla stagione successiva, con la sola pausa per la chiusura estiva del teatro. Una cosa mai successa prima. Da allora, il successo di Grease in entrambi i Paesi non si è mai arrestato ed è ormai uno di quei titoli sicuri, che attirano il pubblico grazie alle musiche ritmate e nostalgiche, alla storia, nonostante tutto, abbastanza spensierata, alle veloci coreografie, alla sua associazione col mito di John Travolta e con la versione cinematografica del musical, che sancì anche il successo mondiale dell’attore, facendolo assurgere ad icona internazionale delle giovani generazioni. Inutile riassumere la trama, meglio soffermarsi sulla produzione.


Ora, come nel 1994, la scelta è stata quella di tradurre i dialoghi in tedesco, lasciando le canzoni, famosissime, in inglese. Certo, l’effetto è un po’ strano, perché le canzoni costituiscono parte integrante della storia, raccontandola. Se sia stata una scelta stilistica, di riduzione dell’impegno di traduzione o la volontà di far godere dei versi originali non è dato di sapere. Certamente, risulta più coerente la decisione della produzione italiana di tradurre tutto,

anche se, magari, i puristi delle liriche originali possono storcere il naso. Vero è che la versione teutonica del musical fa un uso molto frequente – per delle orecchie italiane, quasi esagerato – della lingua inglese anche nei dialoghi, inserendo, qua e là delle


parole nella lingua d’oltreoceano, e, di conseguenza, i song in idioma originale non disturbano in modo eccessivo. Quest’uso dell’inglese anche nei dialoghi, oltre a riflettere un ampio impiego quotidiano di vocaboli della lingua di Sua Maestà da parte dei te-

deschi, raggiunge anche un duplice scopo nell’ambito della messa in scena: aiuta a ricreare l’ambientazione americana della trama e funge quasi da slang giovanile e da fraseggio cool. I dialoghi sono stati un po’ modificati rispetto al tour del 2011/12, in quanto sono scomparsi i toni volgari e le parolacce di cui era abbastanza ricco a quel tempo.


Le scenografie sono simili a quelle italiane, fatta eccezione la geniale trovata iniziale italiana dei due protagonisti che intonano la prima canzone incorniciati dal gigantesco muso della Ford, auto che ricompare poi, in misura normale, durante la sempre ed ovunque applauditissima scena di Grease Lightnin’. Questo numero, nella versione tedesca, è un po’ meno movimentato, le coreografie sono meno scatenate ed acrobatiche, ma rimane pur sempre, uno show-stopper, grazie alla combinazione sapiente di musica, colori, luci e fumo previsto dal copione: insomma, nessun effetto speciale e tuttavia un’ovazione assicurata.

I costumi, riproducono, ovviamente, gli abiti degli Anni ’50, ma lo fanno qui con colori molto più sgargianti, talvolta fluorescenti, rispetto ai raffinati color pastello italiani. I costumi del ballo studentesco sono eleganti abiti da ballo, ma non raggiungono la sontuosità frou-frou di quelli di Zaira De Vincentiis. D’altra parte gli italiani se ne intendono di moda… Tutti gli attori del cast sono ben calati nei rispettivi ruoli, cantano senza sbagliare una nota e ballano così in sincronia come raramente si vede in Italia (forse anche per mancanza di spazio sui nostri palchi). Anche nei dialoghi, l’effetto di naturalezza è assicurato, nonostante l’-


handicap dell’uso di due lingue. Eva Serrarens incarna bene i cambiamenti che subisce Sandy nel corso della storia: inizialmente dolce, timida ed insicura, imparerà a diventare più sicura di sé e farà infine sfoggio dell’acquisita grinta nel numero finale You’re the one that I want. Daniel Rakasz è un Danny con una voce fluida e melodiosa, ma non troppo potente, dalle movenze e dal recitato sicuro. Forse solo con un viso troppo poco attraente per impersonare il “mito” Danny. Kennickie/Stefan Rüh è scatenatissimo e non è da meno Rizzo/Selvi Rothe, che ha interpretato il ruolo della leader delle Pink ladies in modo

egregio: spavalda quanto basta, in fondo un po’ insicura dentro e con una carica sensuale alta. Molto esilaranti i soliti personaggi: Vince Fontaine e Teen Angel, impersonati dallo stesso attore, Stefan Reil, Roger/Mathias Laval e Eugene/Fabian Kaiser e Miss Lynch/Stefanie Stiller. Questo tour si è concluso il 1° giugno ed al momento non sono ufficialmente programmate altre date. Difficile però pensare che la prossima stagione teatrale sia priva di brillantina.



Droga, spinelli, sesso Non ci manca niente Con Reefer Madness va in scena a Monaco un audace spettacolo off-Broadway con tematiche alquanto forti di Laura Confalonieri Quest’anno i diplomandi della sezione musical dell’accademia teatrale August Everding di Monaco di Baviera, con sede al Prinzregententheater e in collaborazione con il Gärtnerplatztheater (ancora chiuso per restauri, quindi sempre in cerca di un palcoscenico disponibile) hanno pensato bene di portare in scena in anteprima per il pubblico tedesco, nella traduzione del performer olandese Léon van Leeuwenberg, lo spettacolo off-Broadway Reefer Madness di Kevin Murphy e Dan Studney, una scurrile storia d’amore e marihuana, musicalmente sempre in bilico fra The Rocky Horror Show e La piccola bottega degli orrori, drammaturgicamente splatter (la regista Ricarda Regina Ludigkeit, che cura anche le coreografie, dev’essere l’equivalente tedesca di Wes Craven), ambientata nella provincia americana bacchettona degli Anni '30, nei quali il magnate W. R. Hearst usa il suo monopolio mediatico per criminalizzare

la canapa, colpevole soprattutto di impedire ai suoi compari, lobbysti del greggio, di inondare i mercati di un nuovo materiale (manco a dirlo, un ricavato del petrolio), la plastica. Vengono realizzati film “educativi” per genitori e adulti in generale sui pericoli della canapa, nelle scuole arrivano “esperti” inviati dal governo per avvertire studenti e studentesse dei pericoli inerenti al suo consumo. Il narratore (Nico Schweers, vocalmente un po' troppo giovane per la parte), professore al college, usa da subito toni apocalittici: “Genitori! Guardate in cosa la marihuana trasforma i vostri ragazzi!”, e subito il palcoscenico è invaso da zombies sanguinanti in decomposizione. E continua: ”Guardate cosa è successo a Jimmy Harper, studente modello, castamente innamorato di Mary Lane, pudica studentessa, per aver fumato uno spinello!" E qui, in flashback, comincia la nostra storia: Jimmy (Benjamin A. Merkl, nerd da manuale), e Mary (Antonia


Welke, ingenua modello) siedono sulla loro panchina preferita all’ombra di un albero verde, leggono Romeo e Giulietta e non trovano il coraggio di baciarsi. Prima di tornare a casa (sono pur sempre quasi le sei di sera!), si danno appuntamento per andare al ballo della scuola. In un appartamento poco lontano, la prostituta Mae Coleman (sofferente con il suo spacciatore e insofferente con tutti gli altri: Laura Joeken) e i suoi coinquilini, la ragazza-madre Sally DeBanis (stralunata: Veronika Hörmann) e l'ex (?) studente Ralph Wiley (stralunato perfino nella pettinatura: Manuel Dengler) si svegliano a fatica dopo un party a base di alcool e marihuana: le bottiglie

sono tutte vuote, il posacenere è pieno. Servono nuovi clienti per finanziare un altro party, dice lo spacciatore Jack Stone (un vero gangster in gessato e baffetti: Pascal Höwing), e va subito al bar del suo complice Mr Poppy (Philipp Büttner) a cercare studenti da assuefare. Anche il narratore proibizionista è là, e, unico fra tutti gli avventori, beve whisky. A Jack Stone basta un’occhiata per individuare in Jimmy il suo prossimo cliente fisso e, quando sente che il ragazzo cerca qualcuno che gli dia lezioni di ballo per prepararsi alla festa della scuola, lo convince a seguirlo nell’appartamento di Mae. Mae, tuttavia, ha riflettuto sulla sua


condizione e rimpiange i temi in cui non fumava: era una brava studentessa, aveva genitori orgogliosi di lei, aveva un futuro.Vorrebbe smettere, vorrebbe lasciare Jack, vorrebbe cacciare tutti dal suo appartamento e riprendersi la sua vita. Invece va a caccia di mozziconi ancora fumabili nel posacenere. Jack arriva con Jimmy, e Mae gli accende uno spinello, “per sciogliere i movimenti”. Dopo poche boccate, Jimmy sogna già il diavolo con tanto di zoccoli caprini e vello nero che lo trascina in una danza lasciva. Al termine delle danze lo fa accoppiare con Mae. Col passar dei giorni, Jimmy fuma spinelli anche apertamente, per la strada. Chi si trova nei suoi paraggi

quando succede la paga cara: un gatto viene afferrato per la coda, fatto roteare in aria e lanciato via; un cane viene addirittura affettato con una sega a motore. Per trovare i soldi per la marihuana arriva persino ad andare a rubare in una chiesa, dove Mary, che ne sente la mancanza, ha appena pregato per lui. Con la complicità di Ralph scassina una cassetta delle offerte. Nemmeno Gesù in persona (ancora Philipp Büttner, più smaliziato, scamiciato e superstar del modello webberiano anni '70), che gli appare attorniato da angeli femmine e maschi in minigonna salmodianti l'Halleluja di Händel, riesce a dissuaderlo dal crimine.


Quando, in seguito, Jimmy si rende conto di quello che ha fatto, ruba l’auto di Mary per fuggire, ma, sballato com’è, investe un povero vecchio, che muore sul colpo. Visto che il suo ragazzo ormai è ufficialmente ricercato, anche Mary si mette alla sua ricerca - invano. Per far capire al pubblico che l’ha proprio

cercato dappertutto, attraversa correndo la scena portando sottobraccio prima la portiera di un auto, poi quella di un aereo - e infine passa in risciò. Jimmy, intanto, è arrivato ad una remota stazione e aspetta il treno che lo porterà chissà dove (ha chiesto semplicemente un biglietto per la città più lontana). Jack Stone, tuttavia,


l’ha rintracciato e, per non perdere il suo miglior cliente, gli offre un brownie “fatto in casa”. Jimmy dapprima tentenna, poi accetta e subito, sotto l'effetto della marihuana, la stazione gli appare affollata di spacciatori con ventriquattrore piene di brownies. Stone lo riporta a casa di Mae, dove,

nel frattempo, è arrivata anche Mary. Inutile dirlo, anche a lei è stato subito offerto uno spinello, che le ha fatto immediatamente perdere ogni inibizione, fino al punto di farle afferrare la frusta per spassarsela con Ralph. Jimmy, entrando e assistendo alla scena, si getta su Ralph per ucciderlo. Jack spara per riportare la pace, ma


una pallottola vagante colpisce Mary, che muore nelle braccia del suo Jimmy, cantando di Romeo e Giulietta. Mae, che nel frattempo ha chiamato la polizia, quando gli agenti arrivano non ha il coraggio di dire che a sparare è stato Jack, e Jack, naturalmente, dà la colpa dell'omicidio a Jimmy. La condanna per Jimmy non può essere che la sedia elettrica. Dopo la sentenza, nell’appartamento la situazione precipita: Ralph, in preda

ai sensi di colpa, fuma sempre di più e ha visioni sempre più apocalittiche di zombies, del diavolo che sodomizza Mary e di Jimmy, che andrà a morte innocente. Alla fine è talmente sconvolto che uccide Sally, che per comprare più erba ha perfino venduto il suo neonato. Jack, per paura di essere il prossimo, elimina anche lui con un colpo di pistola. Mae, per paura di essere la prossima, cava il cuore a Jack col rastrellino che usa


per curare le piantine di marihuana. A Jimmy, nel frattempo già seduto sulla sedia elettrica, appare Gesù, che gli si siede sulle ginocchia, non già per consolarlo, ma per dirgli che andrà all'inferno. A graziare Jimmy, tuttavia, arriva, seppure all’ultimo minuto, Roosevelt in persona e sedia a rotelle spinta da Mae: avendo saputo che il presidente era nelle vicinanze, è andata ad intercedere (il come è sottinteso).

Per il gran finale di tip tap arrivano anche la Statua della Libertà, lo zio Sam e George Washington (il costumista Rainer Sinell qui si è proprio sfogato). Gesù resuscita Mary, tramutandola in un angelo. Il coro annuncia che la prossima campagna di informazione sarà contro le teorie di Darwin. Il pubblico si sbellica e tributa ovazioni a tutti, compresa la band diretta da Andreas Kowalewitz.



I musical di Kunze&Levay per aiutare Haiti Il tradizionale galà primaverile viennese con le più grandi star del musical d’oltralpe, dedicato quest’anno agli autori di Elisabeth di Enrico Comar Giunto ormai alla quarta edizione, il consueto gala di beneficenza in favore di Haiti al Ronacher quest’anno è dedicato interamente alla coppia Kunze & Levay, creatori di alcuni tra i più significativi musical in scena nei teatri viennesi negli ultimi vent’anni. I due organizzatori, Lukas Perman e Marjan Shaki, frizzanti e simpatici come sempre, assumono il ruolo di anfitrioni della serata, riservandosi solo un’esibizione a testa per lasciare spazio alla schiera di star intervenute per l’occasione, le cui carriere sono indissolubilmente legate alle creazioni di Michael Kunze e Sylvester Levay. Oltre ai consueti nomi del mondo teatrale viennese (Annemieke van Dam, Ethan Freeman, Pia Douwes, Yngve Gasoy Romdal, Carin Filipcic, Uwe Kröger, Maya Hakvoort, Lukas Perman, Marjan Shaki, Mark Seibert e Wietske Van Tongeren) quest’anno lo spettacolo è arricchito dalla partecipa-

zione, non annunciata in cartellone e quindi graditissima sorpresa, di diversi interpreti delle produzioni ungheresi degli spettacoli della coppia, assumendo a volte i toni di una simpatica sfida teutonico/magiara, quasi un riflesso delle culture dei due autori, i quali risultano comunque essere le vere star della serata, acclamati dal pubblico in sala (e circondati dai fan durante l’intervallo e a fine spettacolo) e chiamati più volte sul palco per parlare del loro lavoro e rievocare i momenti più importanti della loro collaborazione. La serata procede rapida e coinvolgente, sulle note di alcuni degli spettacoli più amati dal pubblico viennese (Rebecca, Mozart! e l'inevitabile, onnipresente, implacabile Elisabeth), alternati a melodie meno note (Marie Antoniette, ancora mai allestito in Austria, e soprattutto l’inedito Lady Bess, ultima, pregevolissima, fatica dei due artisti), nelle sonorità sontuose e sempre impeccabili dei Vereinigten


Bühnen viennesi, guidati dall’abile bacchetta di Koen Schoots. I cantanti si alternano sul palco, trattenendosi di tanto in tanto dopo le esibizioni per raccontare al pubblico aneddoti e curiosità sulla loro esperienza con Kunze e Levay (spassoso il resoconto delle disavventure di Maya Hakvoort nel corso degli anni). I brani seguono una logica musicale più che narrativa, con il susseguirsi di brani da diversi spettacoli, alternando ballads e brani più concitati, in cui si inseriscono brevi pezzi corali (affidati all’ensemble del Ronacher), spesso eseguiti in forma semiscenica (notevoli Strandgut da Rebecca e Milch da Elisabeth), passando, nella seconda parte, a duetti e concertati, in una

sequenza che soddisfa pienamente l’orecchio ma non aiuta la comprensione delle scene e degli spettacoli. Simpatiche, per quanto a volte un po’ forzate, le rivisitazioni a più voci di alcuni dei brani, con gli interpreti storici “sfidarsi” faccia a faccia. Eccellente Hilf mir durch die Nacht affidata al quartetto degli ungheresi Lilla Polyak, Bernadett Vago, Gyorgy Szomor e Pal Feke, così come Wenn Ich Tanzen Will con le coppie Douwes-Kröger / Hakvoort-Seibert; meno convincente e troppo macchinoso Ich Gehör Nur Mir eseguito a quattro voci (Hakvoort, Douwes,Van Dam e Van Tongeren), che nel finale pasticciano oltretutto un po’ con le armonizzazioni.


Uwe Kröger, da sempre beniamino del pubblico viennese, strappa sentiti applausi con un’intensa Kein lächeln war je so kalt e nelle ripetute apparizioni nelle ormai “sue” vesti di Der Tod, dimostrando una sorprendente capacità di gestire al meglio uno strumento vocale ormai alquanto compromesso; Maya Hakvoort emoziona con Nichts, nichts, gar nichts e “ruba” un magistrale Gold von den Sternen alla collega Carin Filipčić, che ha comunque occasione di sfoggiare tutto il suo talento canoro (probabilmente la voce migliore della serata) nell’energica American Woman e nella dolce You are not alone. Ma la vera trionfatrice della serata è innegabilmente Pia Douwes. Forma

vocale strepitosa, acuti argentini e una serie di elegantissime mise da sirena in grado di mettere in risalto un fisico degno di una ventenne, fa esplodere il teatro di applausi ad ogni suo ingresso, culminati in una chiassosa e interminabile standing ovation al termine di un portentoso Rebecca (con Wietske Van Tongeren). Dietro tutto questo spettacolo, fa piacere vedere un gruppo di cantanti e musicisti uniti per una causa comune. Sebbene si tratti pur sempre, prima di tutto, di un evento mondano, un’ottima vetrina pubblicitaria per cantanti e musicisti e una divertita sfida tra star del teatro musicale, tuttavia è innegabile l’impegno e la sincerità con cui ognuno di questi ar-


tisti si dona a questo progetto; primi tra tutti, instancabili organizzatori e promotori, Marjan e Lukas, abilissimi nel coinvolgere tanto i colleghi quanto il pubblico, da diversi anni impegnati quasi costantemente nel sostegno alla J/P HRO Haitian Relief Organization, un progetto al quale, si può dire, stanno dedicando una parte consistente della loro vita e della loro carriera. Il risultato comunque sembra essere all’altezza dell’impegno dimostrato: un efficace e costante lavoro di raccolta fondi (oltre 200.000 euro in quattro anni, di cui 66.900 con questo solo concerto), un considerevole impatto sull’opinione pubblica e una costante campagna informativa. Proprio questo, secondo Markjan Shaki, è il primo obiettivo del progetto. È il paradosso di un mondo sovraesposto alle notizie, in cui gli eventi si susseguono a quelli appena precedenti con tale rapidità ed enfasi da cancellarli dalla mente del pubblico. “Si dimentica”, dice Marjan. “o si finge di ignorare che un problema continui ad esistere non appena uno nuovo ci viene posto di fronte. Bisogna far aprire gli occhi, far capire che i problemi sono ancora la anche il giorno dopo”. “Perché Haiti? Haiti in fondo è solo una delle tante situazioni simili, e proprio per questo è necessario continuare a parlarne, per evitare che venga messa da parte. Proprio perché è una delle tante, c'è il bisogno di continuare a seguirla ed impegnarsi a suo favore”.



le

inter


amici del

musical

rviste


foto | Stage Entertainment Germania


In Germania è bello Ma non vedo l’ora di tornare in Italia A tu per tu con Nicolas Tenerani, performer italiano di successo “in prestito” alla Germania nel cast di Sister Act di Roberta Mascazzini Capitan Uncino in Peter Pan e niente meno che orco in Shrek, Nicolas fa attualmente parte dell’ensemble della produzione tedesca di Sister Act ad Oberhausen, in qualità di cover di Joey, ma, instancabile, ha vinto l’audizione come cover di Curtis. Insieme a lui fanno parte dello splendido cast anche la giovane e talentuosa Laura Panzeri, già vista nel ruolo di Sandy, durante la tournée estiva di Grease, nonché in Happy Days e La Febbre del Sabato Sera oltre a Verena Plangger, italiana di Bolzano, ma diplomata a Monaco di Baviera. La prima domanda che ti rivolgo, visto che tu hai fatto parte del cast di Sister Act anche in Italia, è quella di chiederti come sia reinterpretare il ruolo di Joey in Germania, visto che si tratta di un’altra lingua e di un altro pubblico soprattutto. È stato bello, perché ho potuto portare un po’ di carica latina al mio personaggio: è soprattutto questo quello che si aspettano i tedeschi,

quando sentono un accento italiano. Aver potuto lavorare con già un bagaglio d’esperienza su quel personaggio è stato utile per trovare nuove piccole cose, che alla regista sono piaciute e che ha lasciato. È bello perché puoi portare nuova energia e concentrarti anche sugli ostacoli della lingua. Anche perché, ogni attore, quando interpreta un personaggio, porta una sua lettura personale ed una propria carica... Certo, e poi, lavorare con Caroline Brouwer, che è la regista dello spettacolo, è bello perché ti lascia molta libertà di elaborare e di portare del tuo. Se poi non va bene, si fa sempre in tempo a correggerlo. È stato interessante che per la costruzione del personaggio lei un giorno ci ha messi tutti in cerchio e ci ha fatto raccontare la nostra storia ed alla fine ci ha detto “Ok, queste cose ve le ripetete ogni giorno prima di andare in scena, questo è fondamentale per ogni attore”


Questa è un’esperienza molto bella nel vivere la parte di preparazionedello spettacolo. Sì, sì. Avendo così ben chiaro il personaggio, avendolo costruito così bene durante le prove, ti rilassi e porti in scena anche qualcosa di divertente, perché insomma, meno ci pensi e più ti diverti! Avrai visto, te ne sarai accorto tu stesso, che durante la vostra canzone “Hey Schwester” (Hey, Sorella), il tuo personaggio è stato quello che ha fatto più ridere…ci siamo sbellicati tutti. (Nicolas ride) È un momento quasi disgustoso, perché rispetto alla versione italiana, qua la carica sessuale è più forte, la gestualità, la mimica sono molto più pesanti. Il personaggio è veramente esagerato, quasi cartoonesco. E anche l’accoppiata pancia finta e i capelli lunghi da tamarro aiutano... Ma qual è la differenza che hai riscontrato tra il pubblico italiano e quello tedesco nell’approccio allo spettacolo? Sono molto attenti ed esigenti. Siamo contenti di avere quasi tutte le sere almeno una standing ovation e durante lo spettacolo si nota sicuramente una maggiore attenzione del pubblico. Ovviamente è un pubblico molto allenato. E di solito l’unico rumore tollerato è “Stttt”(silenzio)... altrimenti si viene buttati fuori dalla sala dallo spettatore seduto a fianco...


I bambini sono composti e non ho mai sentito suonare un solo cellulare in sala. Però questo fa parte di una coscienza etica, di educazione civica, che qui in Germania la gente ha un po’ di più, rispetto a noi italiani. Invece una cosa che credo TU abbia notato, visto che lo hai scritto anche in post sulla pagina Facebook di Amici del Musical, è che i teatri anche di cittadine piuttosto piccole, poco importanti o, diciamolo, quasi sconosciute qui in Germania si cimentino – anche con coraggio – con titoli importanti e costosi, come Les Miserables, Sunset Boulevard e quanti altri ne puoi ancora citare. Secondo te, la collaborazione in Italia tra la BMST ed il Teatro Comunale di Bologna potrebbe magari essere portata ad esempio, far scaturire qualcosa di nuovo e buono anche da noi? Assolutamente sì. Lo vorrei. Io poi sono di Bologna e penso che la Bernstein sia la migliore realtà scolastica esistente in Italia e la più coraggiosa nel proporre titoli. La collaborazione col Comunale è l’esempio che i grandi enti lirici possono veramente avvicinarsi al musical; non capisco se sia a volte una questione politica o magari il dover esser in passivo piuttosto che in attivo per continuare e ricevere fondi pubblici. Io tutto questo non lo so. Però quando vedi che la BMST riesce a produrre insieme al Comunale Les Miserables – e qui (in Germania) lo fanno tutti i piccoli teatri – è... come se il Teatro Stabile di


Catania producesse Les Miserables e lo proponesse ai suoi abbonati: qui è così. Ma dovrebbe esser ovunque così: l’ente lirico dovrebbe far convivere l’opera, per la quale noi siamo famosi nel mondo, col musical, che è anche un modo per avvicinare un pubblico diverso al teatro. Credo che il teatro vada anche un po’ “svecchiato” ed il pubblico rieducato anche a qualcosa di nuovo e soprattutto di qualità. E, comunque, non è detto che il giovane che può essere attirato da un musical poi, per curiosità, non vada anche a vedere un’opera lirica, magari prodotta dallo stesso teatro. Quando tu vieni educato al Bello, sei

allenato a riconoscerlo nelle sue molteplici forme. Purtroppo con tanti musical di qualità non eccellente, soprattutto in Italia, si disaffeziona, si allontana il pubblico, che si chiede “Ah, questo è il musical? E allora io non ci vado più a vederlo!” Ho avuto anch’io qualche “sbandamento”... Beh, ma l’abbiamo avuto tutti! In alcuni ci ho anche lavorato, figurati… Pecunia non olet, per cui bisogna farlo. Si cerca di dare il meglio in uno spettacolo anche se non è il massimo. La bravura dell’attore consiste anche nel portare il suo talento al servizio di uno spettacolo mediocre e cercare di tirarne fuori il meglio, di esaltarne le parti migliori.


Direi che tu non sei l’unico attore italiano che ha trovato... ...l’America in Germania... ...ci sono altri e numerosi attori, che tu probabilmente conoscerai.Vorrei farti una domanda banale: hai avuto occasione di andarli a vedere in qualche loro spettacolo? Sì. Ho la fortuna, intanto, di lavorare con la mia collega italiana, Laura Panzeri, che è talentuosissima e poi sono stato fortunato, perché ho visto i bravissimi Gian Marco Schiaretti ed Emanuele Caserta in Tarzan ed è bello vedere tanto talento anche all’estero e scoprire che le compagnie sono disposte, quando sei la persona giusta, ad investire su di te con corsi

di tedesco e con aiuti economici per il trasferimento. Ma qui ci sono sicuramente anche più soldi e, quindi, le compagnie si possono permettere di trasformare talentuosi sconosciuti in star, con promozioni mirate, in modo da poter abbracciare un pubblico ampissimo. Tanto è vero che in Germania, così come succede in Gran Bretagna piuttosto che negli Stati Uniti, alcuni riescono ad emergere ad un punto tale da potersi permettere concerti da solisti come fossero cantanti da hit parade, mentre in Italia, l’unica persona che mi venga in mente che mettere in cartellone innanzitutto il suo nome è Manuel Frattini, mentre non si intravedono, al momento,


giovani che possano mettersi in gioco allo stesso modo. Manuel è un talento enorme ed ha avuto sicuramente la fortuna di essere uno dei primi, quindi di essere il capostipite del genere e di essere il più riconosciuto. Adesso forse non si hanno la voglia ed i soldi per investire sui nuovi protagonisti delle ultime produzioni. Forse è venuto in un momento in cui il musical era prodotto da meno compagnie... ...meno compagnie e la qualità era altissima... ...era meno diffuso e non si scrivevano musical ogni giorno su qualsiasi argomento, alla fine disperdendo risorse e talenti. Sicuramente 10-15 anni fa per il musical italiano era davvero un periodo d’oro in cui gli spettacoli erano fantastici, pochi e bellissimi e quelli che hanno lavorato nel musical come Rossana Casale, Maria Laura Baccarini, Manuel Frattini, Gianpiero Ingrassia, Fabrizio Angelini, e così via, son tutti personaggi che hanno avuta la fortuna di diventare i capostipiti di un genere. ...quando non erano “di moda”... Esatto. Quindi ora la gente riconosce questi nomi come il Musical in Italia. Adesso, sicuramente, con tanti nomi, tanti prodotti magari mediocri, l’attenzione si è un po’ sparpagliata, è un po’ andata a scemare. Bisognerebbe

convogliare le giuste energie nelle persone giuste. L’ultimo esempio è Loretta Grace: era alla sua prima esperienza di musical e adesso, grazie a Sister Act ed all’investimento che la Stage Entertainment ha fatto sul suo nome ora è conosciuta a livello nazionale ed è un nome di richiamo. Ed è anche la dimostrazione che non bisogna avere un nome già famoso in cartellone. Questo è assolutamente vero e spero sarà così, ad esempio, con Dirty Dancing o come potrebbe essere con Beatrice Baldaccini in Cercasi Cenerentola, che è un’attrice bravissima e sarebbe bello se si puntasse sul suo nome per creare una nuova stella nel mondo del musical. Basta poco: bastano un cartellone ed un nome e la gente immediatamente lo riconosce. Il fatto che tu ora stia lavorando nella produzione di una società internazionale di prestigio, ti fa venire voglia di lavorare ancora a livello internazionale – probabilmente no – oppure hai qualche sogno nel cassetto, qualche musical che tu sogni d’interpretare un giorno? Il mio sogno è sempre quello di tornare in Italia. Sempre. Spero che ci siano le possibilità e le occasioni. Mi piacerebbe tanto, tantissimo lavorare con Gianluca Guidi, che è il mio mentore, la persona che guardo sempre con ammirazione e m’ispira in continuazione, un talento incredibile e vorrei tanto lavorare con lui. Se ri-


mettesse mano ad un progetto come Gigi che è uno dei miei musical favoriti, correrei subito in Italia! Allora facciamo un appello dalle pagine della nostra webzine: Gianluca, per favore, rifai “Gigi”! Ecco, appunto, fai la regia di Gigi, che sarebbe un sogno! È logico che qui il lavoro c’è, almeno fino a febbraio 2015 ho la fortuna di essere qua. Poi speriamo anche che questo progetto con i Ricchi e Poveri, Sarà perché ti amo, che ho sostenuto ed abbracciato fin dall’inizio, possa trovare una giusta collocazione e permettermi di rientrare in Italia, perché quello è il mio Paese e, dopo 10 anni che cerchi di costruire una carriera, sarebbe bello continuare a lavorare su quello che hai già costruito e non stare qui a costruire da capo qualcosa . Sì, anche perché, dopo un’esperienza, abbastanza lunga, si tratta di un altro paio di maniche rispetto ad una persona che magari è appena uscita dalla scuola e deve costruire, in ogni caso, tutto dal principio, in un Paese oppure in un altro. Ai ragazzi giovani posso dire tranquillamente di venire, provare: le opportunità ci sono e la lingua non deve essere un ostacolo. Consiglio di essere curiosi, d’informarsi, di guardare i siti per le audizioni; sul sito di Stage Entertainment ci sono sempre audizioni e sono aperte a tutti. Quindi se una persona vuole, se si

tratta di una persona giovane e se il proprio Paese non offre quasi nulla, può sempre cercare qualcosa all’estero. È logico che faccia piacere rimanere a casa propria, però, quando l’acqua inizia a diventare troppo alta, bisogna imparare a nuotare e si va anche all’estero. Io, a 36 anni, spero a di tornare a casa. Sono contento di aver fatto una bella parentesi internazionale, che mi ha aiutato sicuramente a crescere, ad imparare una nuova lingua, però la mia casa è altrove. Invece, visto che hai fatto, per così dire, la “doppietta” con questo ruolo in “Sister Act” sia in Italia sia in Germania, e visto che a Düsseldorf c’erano le audizioni per “Shrek” che tu hai già interpretato in Italia, non ti è venuta, anche solo per pura curiosità, la voglia di tentare? Sono arrivato tardi! (ride) Sono solo arrivato tardi! Shrek è veramente uno show faticosissimo e, per iniziare, non mi permetterei mai di puntare ad un ruolo così grande, avendo ancora delle grosse lacune linguistiche. Quindi preferisco partire pian piano e guadagnarmi la stima dei colleghi, dei miei superiori e solo dopo tentare la “colonizzazione della Germania”! (ride) In Italia, rispetto alla Germania, fanno più successo gli show importati dall’estero, tradotti, più che altro dall’inglese. Produzioni originali italiane, dopo la premiata ditta Garinei & Giovannini,



che abbiano avuto un così enorme successo, non ce ne sono state tantissime e quelle che ci sono state hanno avuto per soggetto, più che altro, delle fiabe. Citiamo, per esempio, Pinocchio, Robin Hood, Peter Pan, tu hai fatto anche Il libro della Giungla... Secondo te, ha qualcosa a che vedere con una peculiarità del pubblico italiano, col fatto che gli italiani amino la famiglia e magari vanno molto a teatro coi bambini oppure sono i nostri gusti musicali diversi? Per una produzione è sicuramente più facile investire su uno spettacolo per bambini, perché il bambino viene col nonno, la nonna, la zia, ecc., quindi a livello monetario è uno spettacolo che attira di più, perché è spensierato, piacevole e si va anche più volentieri a vederlo. Io che sono appassionato, vado a vedere sia Spring awakening sia Aladin, mentre il pubblico che non è ancora molto educato punta sull’ovvio, sul più simpatico, sul più accattivante. Quindi è solo questione di educazione ed il fatto che, adesso, i titoli come Spring awakening inizino anche a girare, ad arrivare anche ad un terzo anno, vuol dire che in qualche modo il sasso nello stagno è stato buttato. Prossimamente arriveranno anche in una piazza importante come Milano. Io incrocio davvero le dita, perché quando questi spettacoli sono fatti veramente bene, con un’orchestra dal vivo, con dei veri talenti in scena, vanno promossi. Love Story e Next to

normal arriveranno a Bologna, quindi finalmente qualcosa si comincia a vedere: è solo una questione di educazione e pian piano ci stiamo arrivando; persone molto coraggiose come Pietro Contorno di Spring awakening cominciano ad essere ripagate. È bello quando vedi questo coraggio produttivo ed imprenditoriale puntare su un titolo non ovvio; adesso cominciamo ad essere pronti anche per altri titoli. Speriamo che in futuro succeda anche per titoli completamente italiani dalla A alla Z: musiche, testi, ecc. Sarebbe bello, perché i progetti ci sono. Certo, chi scrive in inglese o in tedesco è avvantaggiato dal fatto che il pubblico può essere più vasto. Sì, anche in tedesco il bacino di utenza può comprendere oltre alla stessa Germania, anche la Svizzera, l’Austria…Speriamo però che anche in Italia ci sia qualcosa che si muova, che nasca e che fiorisca. A proposito di musical originali italiani, non so se avevi visto che il nostro coordinatore, Franco Travaglio, ha fatto un lavoro immane con l’organizzazione di PrIMO... PrIMO, certo... ho votato!!! Sono stato bravo, eh? Ho votato Dorian Gray. Ora lo sa tutto il mondo... Non so se ti sia sfuggito o se tu l’abbia notato, ma a questo concorso ha partecipato anche “Gonzaga – Il regno della nebbia”: ti


dice qualcosa questo titolo? Sì, sì. Infatti un giorno ho chiesto se fosse quello dove recitavo anch’io! È stata una bellissima, piccola produzione, fatta praticamente nella casa dei Gonzaga, poichè abbiamo debuttato a Novellara. È’ stato scritto da uno degli autori dei Nomadi (Cristian Cattini, n.d.r.), c’erano dei bellissimi pezzi ed è stata una delle prime volte in cui mi sono confrontato con un prodotto tutto nuovo. E poi ringrazio Filippo Strocchi, che mi ha “ceduto” questo personaggio (Vincenzo Gonzaga, n.d.r.), che all’inizio doveva essere interpretato da lui. Avevo, in questa parte, il pezzo Padre come deve essere un uomo, che è una canzone meravigliosa, che io ancora canto e porto anche alle audizioni. Veramente un pezzo bellissimo. Peccato che non abbia vinto! C’è stato però qualcosa di buono: è stato un modo per riascoltarlo. Ora tu hai molta esperienza, 10 anni sono comunque tanti: vuoi toglierti qualche sassolino dalla scarpa o fare qualche critica costruttiva? Io parlo da spettatore, da artista e purtroppo vedo certe scelte che a livello qualitativo vanno ad inficiare la qualità dello spettacolo. Non sottovalutiamo il pubblico. Se si fanno delle scommesse su dei vip, ben vengano. Come a Broadway dove Zack Braff (Scrubs) fa Pallottole su Broadway, io ho visto Sean Hayes, di Will e Grace (nomination ai Tony Awards nel

2010 per Promesse, promesse n.d.r.), Daniel Radcliffe (Harry Potter): tu li guardi e recitano, cantano e ballano da dio. Allora sì. Il vip lo prendi, ma deve essere bravo, la tua scommessa da regista ci deve essere, ma ci deve essere anche il materiale su cui lavorare. Esistono anche scuole diverse di recitazione all’estero... Esistono certo, ma esistono anche in Italia. Insomma, abbiamo dei talenti enormi e quindi mettiamoli al servizio del musical: persone come la Cortellesi, come Claudio Bisio sono molto curioso di vedere Geppi Cucciari - e come Elio che sicuramente saranno bravissimi. Geppi, io l’ho anche sentita cantare, se non sbaglio proprio nell’ultimo film, e se l’è cavata. Insomma, ben vengano queste persone, che portano la gente a teatro, ma sono brave, perché la gente non è più stupida. E comunque queste persone vengono già dal mondo del teatro. Vengono dal teatro, è logico. Anche se Elio è un bravissimo cantante, prima di tutto. Quindi queste scommesse si devono fare con persone veramente talentuose, perché la gente se ne accorge, si lamenta – so benissimo di parlare da spettatore e non da imprenditore. Se il vip di turno non è bravo/a la gente poi non andrà più la seconda volta a vedere un musical, ma se ne starà seduta a


casa a vedere la propria attrice o il proprio attore preferito che in tv ha sempre fatto successo, ma che in teatro, evidentemente, non ha funzionato. Quindi ci vuole un po’ di coraggio, perché queste scelte vengono sempre premiate. Poi quando sarò un produttore (ride)... Dora Romano dice sempre che io sarei un ottimo produttore... le cose cambieranno (ride)... Beh, un produttore si occupa anche di trovare finanziatori. Certo. Ora con questa esperienza all’estero... L’importante è non fare come i produttori di “The Producers”! No, però a volte in Italia ho assistito

a spettacoli talmente brutti che mi sembrava davvero di vedere i produttori di The Producers: mi sembrava di vedere gente che metteva in scena lo spettacolo più brutto del mondo per fregare il fisco e poi scappare. Ed invece no! Era tutto vero ed era quello il problema! Ringraziamo Nicolas per la disponibilità e la simpatia e speriamo che la stagione teatrale italiana 2014-2015, con qualche titolo più recente, sia davvero di buon auspicio, come si augura anche il performer italiano. Nel frattempo auguriamogli una buona continuazione della permanenza in Germania: che sia piena di soddisfazioni, successo e divertimento.



Ancora una volta debuttiamo in Oriente La coppia d’oro del musical tedesco, Silvester Levay e Michael Kunze, e il grande successo dei loro lavori in Corea e Giappone di Enrico Comar Lady Bess, nuova creazione della coppia Kunze-Levay, ha debuttato il 13 aprile in prima mondiale all'Imperial Theatre di Tokyo. Ambientato nell'Inghilterra del XVI secolo, lo spettacolo racconta le vicende della futura Elisabetta I Tudor durante i difficili anni di regno della sorellastra Maria. Una selezione dei brani principali del musical è stata presenta al pubblico viennese il19 maggio, durante l’ormai consueto concerto di beneficenza in favore di Haiti organizzato da Marjan Shaki e Lukas Perman, dedicato quest’anno interamente ai due autori. Incrocio Sylester Levay nel foyer del teatro, durante l’intervallo dello spettacolo. Gioviale e disponibile come sempre, non aspetta nemmeno le mie domande, chiedendomi invece subito come vanno le cose in Italia e quali novità teatrali ci sono in giro. Di fronte ai miei complimenti per i brani del nuovo spettacolo, non si nasconde dietro la falsa modestia, esibendo invece il legittimo orgoglio

di un autore verso la sua opera: "Vedrai i prossimi, alcuni sono fantastici!" Trovo appena il tempo per qualche domanda prima del suono del campanello che annuncia l’inizio della seconda parte dello spettacolo. Ho notato uno stile molto vario nei brani, come del resto in quasi tutti i suoi spettacoli. Sceglie consapevolmente di adottare questo ecclettismo musicale? Sì. È importante secondo me. In questo caso ho inserito numerosi richiami alla musica celtica e alle composizioni dell’epoca; è necessario per richiamarne l’atmosfera e l’ambientazione. Tuttavia ho avvolto il tutto in un tessuto più moderno, che possa comunicare in modo più diretto con lo spettatore di oggi. Lo spettacolo ha recentemente debuttato in Giappone. È previsto qualche allestimento in Austria o Germania nel prossimo futuro? Al momento non vi è nessun pro-


getto a riguardo. Ma speriamo sinceramente di poterlo mettere in scena anche in Europa prossimamente. Lascio, momentaneamente, Levay, che, con la sua solita cortesia, si lascia strappare senza resistenze un invito al post-spettacolo per continuare la conversazione e presentarmi gli artisti. Qui mi trovo faccia a faccia con Michael Kunze, che, in completo scuro e camicia rossa (bicromia pressoché costante, in ogni combinazione possibile, in tutte le sue apparizioni pubbliche) mi fissa austero con due occhi azzurri taglienti, intimidendomi un po’ sulle prime, mentre cerco di abbozzare qualche domanda in un inglese persino peggiore del mio solito. Bastano tuttavia pochi attimi per rendere la conversazione più distesa, finendo per toccare diversi punti e temi interessanti. Penso che un testo biografico sia spesso molto difficile sviluppare in teatro (in Elisabeth e Mozart ha adottato soluzioni inusuali e sorprendenti). Qual è il suo abituale “metodo di lavoro” quando scrive uno spettacolo come questo? Generalmente inizio facendo ricerche storiche, per molti mesi, spesso anche per anni. Dopodiché seleziono i personaggi principali e inizio a delineare la struttura dello spettacolo, cercando di dare una forma teatrale agli eventi storici, riducendo il numero dei personaggi e fornendo loro


personalità e obiettivi e dinamiche teatralmente efficaci. Il fulcro del dramma è nei conflitti, e in come i personaggi cercando di fare fronte alle avversità. Ad un certo punto è necessario liberarsi dai fatti storici per seguire le logiche del dramma. Si tratta sempre di un lavoro creativo, non di un documentario. Com’è iniziata la vostra collaborazione con Levay? E come è cambiata durante questi 20 anni di lavoro insieme? In realtà la mia collaborazione con Sylvester è iniziata 40 anni fa, a metà degli anni Settanta. Io ero un produttore discografico all’epoca, e lui un pianista con cui ebbi occasione di collaborare. Ho scoperto il suo talento per l’improvvisazione e così l’ho incoraggiato a comporre per i miei artisti. Nel 1976 abbiamo pubblicato una hit numero uno negli Stati Uniti (Fly, Robin, Fly). Successivamente ho cominciato a lavorare per il teatro musicale, mentre Sylvester è andato a Los Angeles per diventare un compositore cinematografico. Alla fine degli anni Ottanta l’ho chiamato per lavorare sul progetto di Elisabeth. Da allora continuiamo a lavorare insieme, senza la necessità di nessun reale cambiamento. Lui si fida delle mie capacità drammatiche, e io mi fido suo genio musicale. Dopo molti musical tedeschi, come mai ha deciso di scrivere questo in inglese? Avevo già scritto la prima versione di Tanz der Vampire in inglese. In quel-


l’occasione il motivo era semplicemente che i miei collaboratori Jim Steinman e Roman Polanski non parlano il tedesco. Successivamente ho scritto Marie Antoinette e adesso Lady Bess anch’essi in inglese, perché, pensandoli per il mercato giapponese, ci sono maggiori e migliori traduttori dall’inglese che dal tedesco. Perché si è scelto di mettere in scena in Giappone prima che in Europa? Il Giappone attualmente è il nostro mercato principale. I nostri spettacoli sono molto più popolari lì... La Toho Company con sede a Tokyo ci ha garantito una produzione di prima classe per il progetto Lady Bess.

Giappone e Corea sono due Paesi importanti per i vostri musical (anche se questi spettacoli sono spesso di storia europea). Perché il pubblico asiatico ama così tanto quegli spettacoli? Gli asiatici hanno sempre dimostrato un particolare interesse per la storia europea. Ma probabilmente non è questo il motivo principale per cui amano i nostri spettacoli. A loro piace un certo tipo di storie, ricche di emozioni e di significati, che ritrovano nei miei dramamusical. Com’è iniziato questo rapporto? E come si è evoluto in questi anni? Tutto è cominciato con l’enorme successo di Elisabeth al Teatro Tagara-


zuka nel1995, seguito da un analogo successo dell’allestimento della Toho dello stesso spettacolo, seguito da un’altrettanta fortunata produzione di Mozart!. Da allora in poi tutti i miei spettacoli hanno avuto (e hanno ancora) notevole fortuna in Giappone e in Corea. Dopo il debutto di Lady Bess a Tokyo, stiamo ora lavorando ad un nuovo allestimento di Mozart! al Sejong Center di Seoul che sarà in scena da giugno ad agosto. Quali sono, secondo lei, le principali differenze tra la realtà teatrale europea e quella dell’Asia orientale? Il teatro europeo non è ancora riuscito a staccarsi dal naturalismo. Il

pubblico asiatico non va a teatro a vedere “la realtà” sul palco, è invece disposto a mettersi in gioco in un’esperienza emozionale più libera. So che spesso modificate i vostri spettacoli, quando vengono allestiti in nuovi paesi. Lady Bess è stato creato appositamente per il pubblico giapponese? O cambiate qualcosa per loro? Lady Bess potrebbe essere eseguita in qualsiasi parte del mondo, così com’è. Siamo molto soddisfatti di questo lavoro. Non posso promettere però che Sylvester e io non troveremo il modo di perfezionarlo nelle prossime produzioni per offrirvi uno spettacolo ancora migliore.


un po’ di

n


del

musical

news



Una lunga estate a tutto musical L’offerta di grandi titoli e graditi ritorni nei palcoscenici e festival estivi del Centro Europa di Matteo Firmi La stagione 2013-2014 è appena conclusa e i teatri in questi mesi estivi prendono giustamente un po’ di relax, anche se la programmazione della prossima stagione in molti teatri è già ben definita. Nel mese di luglio nella splendida cittadina svizzera di Thun è allestito sul lago il musical Aida (musiche di sir Elton John e libretto di Tim Rice), regia di Katja Wollf e coreografie di Christopher Tölle. Lo spettacolo, ispirato dalla celebre opera, vede Patricia Meeden impersonare Aida e Jörn-Felix Alt il bel Radames. Si replica fino alla fine di agosto. Restando nella bella Svizzera le produzioni maggiori saranno a Zurigo e nella ormai famigliare San Gallo, che vedrà un nuovo allestimento di Flashdance (da febbraio a maggio 2015), la continuazione dell’allestimento di Artus (per i curiosi, rimandiamo alla recensione nel precedente numero) da settem-

bre a dicembre e una curiosa coproduzione con il Theater am Gartnerplaz di Monaco di Anything Goes solo in 4 repliche e il musical Moses – I 10 comandamenti nel periodo pasquale. Il moderno teatro zurighese Theater 11 vedrà l’allestimento del Rocky Horror Show dal 4 al 9 novembre e del divertente Shrek dal 18 febbraio al 3 marzo. La capitale svizzera vedrà un allestimento del celebre The Lion King che debutterà a marzo 2015. Nella vicina Austria le produzioni fioccano in ogni capitale di Land. Salisburgo vedrà la continuazione delle repliche di The sound of Music (dal 10 gennaio) e La Cage aux Folles (già il 7 ottobre), entrambi con la partecipazione del celebre Uwe Kroger, e l ‘allestimento di Im weissen Rossl, più facilmente conosciuto con il nome di Al cavallino bianco, che sarà cavallo di battaglia della stagione 2014-2015.



Graz, capoluogo della verde Stiria avrà in cartellone Evita di Webber / Rice, spettacolo in lingua inglese con sopratitoli in tedesco. Debutterà il 2 ottobre e vedrà come protagonisti nel ruolo di Eva Duarte, Bettina Monch, nel ruolo di Juan Peron Guido Weber e in quello del “Che“ Marc Lamberty. L’allestimento sarà curato da Martin Frohner nella direzione musicale e nella regia da Marcel Keller. Nella vicina Carinzia e più precisamente nel StadtTheater di Klagenfurth andrà in scena uno spettacolo molto ricercato, Victor -Victoria (dal 26 marzo 2015), che narra la storia di complicità tra una cantante e il suo amico gay nella Parigi degli anni trenta. Regia di Viki Schubert e direzione musicale di Gunter Weimann. Linz, capoluogo dell’Alta Austria vedrà il 29 settembre debuttare l’allestimento de Les Miserables, punta di diamante della produzione di quest’anno che avrà alla regia Mathias Davids e come direzione d’orchestra vedrà alternarsi il duo Kai Tietje e Marc Reible. Lo spettacolo sarà in scena per tutta la stagione 2014/2015. Oltre a Les Miz, in

cartellone anche Show Boat - gioco scherzoso di Oscar Hammenstein e jerome Kern, riproposizione della passata stagione (le repliche cominceranno a novembre 2014 per terminare a febbraio 2015). Vienna da settembre avrà nuove produzioni. S’inizia con la continuazione di Mamma Mia, al Raimund Theater, sempre con Ana-Milva Gomes nel ruolo di Donna e Madalene Lauw nel ruolo di Sophie. Due voci potenti per un spettacolo da sempre nella mente di tutti. Il Ronacher, che ha salutato il 29 giugno scorso La Visita della Vecchia Signora - spettacolo inaspettatamente bello - si prepara all’arrivo dal cielo di Mary Poppins interpretata dalla voce angelica di Annemieke Van Dam. L’arrivo è previsto il 1° ottobre, con repliche fino 31 dicembre. Maribor, nella vicina Slovenia, vede in programma My Fair Lady, con premiere prevista per il 30 gennaio. La regia è del francese Paul Emily Fourny e la direzione è affidata a Simon Robinsson. L’Europa centrale ci offre una succulenta produzione... buon spettacolo a tutti, a voi la scelta.



un po’ di news Dopo lo straordinario successo di critica e pubblico riportato nella scorsa stagione, la Compagnia dell’Alba in co-produzione con il Teatro Stabile d’Abruzzo porta nuovamente in scena la commedia musicale Aggiungi un Posto a Tavola di Garinei & Giovannini, scritta con Iaia Fiastri, con le musiche di Armando Trovaioli e le coreografie originali di Gino Landi, nella sua prima edizione professionale autorizzata da autori ed eredi dopo le cinque precedenti di esclusiva del Teatro Sistina di Roma. La tournée che partirà dalla metà di novembre (date in via di definizione) sarà dedicata ai 40 anni dal debutto dello spettacolo e vedrà il centro dei festeggiamenti presso l’Auditorium Conciliazione in Roma dal 2 all’8 dicembre 2014. La settimana di repliche romane, che vanta la partecipazione straordinaria di Enzo Garinei nel ruolo del Sindaco Crispino, si aprirà infatti il 2 dicembre con una grande festa e l’inaugurazione di una mostra, a cura di Alessandro Caria, dedicata ai 40 anni dello spettacolo musicale italiano più famoso e maggiormente rappresentato in Italia all’Estero, e darà il “la” ad una serie di eventi in concomitanza con le repliche. Concepito come omaggio all’edizione degli anni ’70, lo spettacolo vede la regia e le coreografie originali riprodotte da Fabrizio Angelini, regista di alcuni tra i più importanti spettacoli musicali degli ultimi anni (tra gli altri Bulli e Pupe, Rent, Francesco il musical, Jesus Christ Superstar, Aladin, W Zorro...), coreografo e performer di numerosi lavori per la Compagnia della Rancia e per Gigi Proietti, e regista residente di Stage Entertainment per La Bella e la Bestia e Mamma Mia!; e presenta il giovane Gabriele de Guglielmo, definito dalla critica stella nascente del Teatro Musicale, ancora nei panni di Don Silvestro, il prete che riceve una telefonata di Dio in persona che gli annuncia l’arrivo di un nuovo Diluvio Universale



un po’ di news In occasione del suo 20° anniversario, lo spettacolo teatrale in lingua inglese Disney’s Beauty and The Beast, sarà in programma al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in prima nazionale e successivamente a Milano, nel corso di una imminente tournée internazionale che prevede tappe anche in Turchia, Emirati Arabi, Kazakhstan, Filippine, Tailandia, Singapore, Indonesia. La squadra creativa originale di Disney’s Beauty and the Beast si è ricomposta per riportare in scena questo classico di Broadway. Il musical è diretto da Rob Roth e coreografato da Matt West; i costumi sono di Ann Hould-Ward (che ha vinto il Tony Award® per il suo lavoro in Disney’s Beauty and the Beast), le luci di Natasha Katz, la scenografia di Stanley A. Meyer, il montaggio sonoro di John Petrafesa Jr. e la supervisione musicale di Michael Kosarin. Basato sul film d’animazione premio Oscar del 1991, Disney’s Beauty and The Beast ha debuttato a Broadway nel 1994, dove è stato nominato a 9 prestigiosi Tony Awards, andando in scena per ben 13 anni. È infatti uno degli spettacoli di Broadway che vanta il maggior numero di rappresentazione e i maggiori incassi di tutti i tempi. Nel corso degli anni, grazie al suo grande successo, la sua visibilità è cresciuta e sono nate produzioni in tutto il mondo. In seguito all’autorizzazione accordata nel 2004, hanno avuto luogo produzioni in 22 paesi, tradotte in 8 lingue, con un pubblico di 35000 persone, per un totale di 28.000 repliche che equivalgono a 67 anni di rappresentazioni, ed un incasso di oltre 1,7 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti Disney’s Beauty and the Beast è andato in scena in oltre 6000 teatri, comprese le produzioni professionali, locali e scolastiche. Attualmente esistono 5 produzioni di Disney’s Beauty and The Beast in scena a livello internazionale: a Parigi, e in tournée in America, in Spagna, in Giappone e in Germania. La versione in italiano prodotta da Stage Entertainment Italia, è andata in scena con grande successo per due stagioni, a Milano e Roma, dal 2009. info www.disneysbeautyandthebeast.it



un po’ di news A 100 giorni dall’inizio della sua attesissima tournée europea, si aprono su ticketone le prevendite dell’unica tappa italiana di uno spettacolo cult per eccellenza, il celebre The Rocky Horror Show. In concomitanza con l’apertura dell’Expo e dopo ben 10 anni di assenza dai palcoscenici meneghini, Milano si prepara dunque ad accogliere - dal 5 al 17 maggio 2015 sul palco del Teatro della Luna - un musical leggendario, tradotto in tutte le lingue e visto in 5 continenti da oltre 20 milioni di persone nel mondo. Definito come “la madre di tutti i musical”, e amatissimo dal pubblico fin dal suo primo debutto nel 1973 al Royal Court di Londra, The Rocky Horror Show è uno spettacolo unico nel suo genere, con una strepitosa colonna sonora, protagonisti bizzarri e dalla speciale capacità di coinvolgere e interagire con il pubblico. La versione in arrivo in Italia nel 2015, anno in cui si festeggeranno anche i 40 anni dall’uscita del film (The Rocky Horror Picture Show, 1975), è imponente e spettacolare. L’allestimento, prodotto da BB Promotion Gmb, uno dei maggiori punti di riferimento del live - entertainment europeo, sarà in lingua originale. L’organizzazione per l’Italia sarà a cura di Murciano Iniziative.



un po’ di news Arriva finalmente anche in Italia, a ventun anni dal suo debutto sulle scene londinesi, Sunset Boulevard, il musical di Andrew Lloyd Webber e Christopher Hampton, tratto dal celeberrimo capolavoro cinematografico di Billy Wilder. La versione italiana, per ora in un’unica data, andrà in scena il 31 agosto al Todi Festival, con la regia di Federico Bellone e l’adattamento di Franco Travaglio. Direzione musicale di Giovanni Lori. Nell’ambito ed esigente ruolo di Norma Desmond, la diva del cinema muto che vive in una fastosa villa prigioniera del suo stesso glorioso passato, ci sarà Donatella Pandimiglio. Joe Gillis, lo squattrinato sceneggiatore che fatalmente incrocerà il suo destino con quello di Norma, sarà interpretato da Simone Leonardi. Betty Schaefer, la giovane e ingenua segreteria che si innamorerà di Joe, avrà il volto e la voce di Alice Mistroni; Artie, il fidanzato di Betty, sarà invece interpretato da Enrico Bernardi, mentre Renato Cortesi vestirà i panni di Max Von Mayerling, l’enigmatico e servile maggiordomo di Norma. Crudele e spietata satira sul mondo del cinema, con una trama che si intrecciava con le vere storie e carriere degli attori del film, il musical Sunset Boulevard è ricordato come uno dei più classici esempi di fiasco di successo: nonostante il pubblico continuasse a riempire i teatri a Londra e a Broadway, la produzione non riusciva a recuperare gli enormi costi del faraonico allestimento, colpita anche da una causa milionaria intentata da Faye Danaway, estromessa poco prima del suo debutto dallo stesso Lloyd Webber. Nel ruolo di Norma Desmond si sono alternate le più grandi performer del musical, e non solo: Patti Lupone, Elaine Paige, Betty Buckley, Glenn Close, Rita Moreno, Petula Clark. Negli ultimi anni Sunset Boulevard sta rivivendo in numerose produzioni regionali in ogni angolo del mondo.


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