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CRISTINA ALINOVI, FEDERICO BIANCHESSI, FILOMENA POMILIO

Articolo

#QuestioneAmbiente. Conoscenze, condizioni, scenari in recenti esperienze di pianificazione urbana

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Cristina Alinovi1, Federico Bianchessi2, Filomena Pomilio2

1 Centro Studi PIM Milano Email: cristina.alinovi@pim.mi.it

2 Consulenti Centro Studi PIM Email: giraffe.architetti@gmail.com, pomilio.filomena@gmail.com

Inviato: 21 ottobre 2020 | Accettato: 9 novembre 2020 | Pubblicato: 19 novembre 2020

Abstract

Nella forma di domande e risposte (Q&A), il contributo racconta di alcune esperienze di pianificazione locale e progettazione urbana che si confrontano con il tema ambientale, in termini di costruzione di conoscenze e poi di condizioni e scenari di azione. Come rigenerare ambiti dismessi in un equilibrio sostenibile? Dall’esperienza della Variante Generale al PGT di Melzo (MI) si racconta di modelli analitici in grado di supportare l’attività decisionale in condizioni di incertezza; del metodo multicriteri da impiegare per la previsione delle dinamiche urbane e per le applicazioni del future thinking; della costruzione di indicatori efficaci per ripensare la città per le persone, di usi transitori e permanenti legati alla rigenerazione. Come (ri)fare e (ri)creare città? Dall’esperienza della Variante Generale al PGT di San Donato Milanese (MI) si racconta di come guidare le trasformazioni già in atto; come ripensare all’idea di città pubblica; come passare dalla quantità alla qualità e al placemaking, anche tenendo conto degli effetti che ne derivano per i comportamenti individuali e collettivi (densificazione urbana, pedonalizzazione, creazione di centralità, ecc.). Come (ri)orientare le grandi trasformazioni? Dalle esperienze in un comune della cintura milanese si racconta della guida di un processo di riconfigurazione di previsioni di trasformazione urbana inattuate, alla luce dei mutati assetti del mercato, delle indifferibili istanze ambientali (consumo di suolo, vulnerabilità, rischi e clima) e della necessità di definire nuovi modelli insediativi fondati sulla sostenibilità.

Parole chiave: environment, local plans, urban regeneration

Come citare questo articolo

Talia M. (2020, a cura di), Le nuove comunità urbane e il valore strategico della conoscenza, Atti della Conferenza internazionale Urbanpromo XVII Edizione Progetti per il Paese, Planum Publisher, Roma-Milano | ISBN 9788899237264.

© 2020 Planum Publisher

Q&A: domande e risposte sulla Questione Ambiente

La Questione Ambiente e sostenibilità nelle scelte e nelle azioni di piano costringe a dare risposte a due interrogativi principali: (i) come mettere a sistema e valutare, in situazioni complesse, alternative di piani e progetti; (ii) come tradurre un approccio sostenibile in termini pragmatici e operativi (a livello di costruzioni analitiche, di opportunità, contenuti normativi e di indirizzo, ecc.). Nelle esperienze di pianificazione, soprattutto più recenti e che lavorano a valle di nuovi provvedimenti legislativi e di pianificazione di area vasta, le due questioni si propongono continuamente, costringendo il sapere tecnico a costruire argomentazioni solide, chiare e applicabili, oltre che condivise. La forma Q&A scelta per il racconto deriva dalla sentita e frequente necessità, nella Questione Ambientale, di cercare di dare forma ai problemi prima che alle soluzioni e di proporre, attraverso esperienze, punti di vista diversi e concreti.

Le esperienze che si raccontano sono riportate prima di tutto come risposte (o, meglio, tentativi di risposta) a tre specifiche domande.

Come rigenerare ambiti dismessi in un equilibrio sostenibile? La cornice

L’esperienza di pianificazione in corso nel territorio di Melzo (MI) risulta esemplare per il valore nodale che il tema della rigenerazione qui assume rispetto ai futuri assetti del territorio. Ai margini della conurbazione milanese, Melzo ha le caratteristiche dei comuni medio-piccoli che si trovano ad affrontare questioni “grandi” dal punto di vista della qualità del sistema insediativo e della rigenerazione di luoghi tradizionali della produzione e del lavoro (industriale, ma anche agricolo) non più funzionanti. Nello specifico, si tratta di ambiti di valore strategico non solo per l’abitato melzese, ma anche, in termini più ampi, per il territorio dell’Est milanese, in particolare per la loro elevata accessibilità alla scala sovra-comunale e metropolitana (passante ferroviario, SP13, SP Cassanese, a SP Rivoltana, TEEM, BreBeMi). Gli ambiti di rigenerazione sono pertanto luoghi “notevoli”, che coinvolgono opportunità ed esigenze di natura più complessa rispetto a situazioni di carattere ordinario (mobilità, ambiente, produzione, sicurezza, ecc.) e di diversa scala (non solo locale).

Le risposte

Riferimenti e modelli analitici. L’individuazione degli ambiti di rigenerazione nella Variante al Piano (PGT) di Melzo1 è avvenuta prima di tutto in considerazione del loro “stato di fatto” ossia della oggettiva criticità in cui si trovano alcune porzioni dell’urbanizzato. In parallelo, l’aggiornamento del quadro conoscitivo e programmatorio del PGT vigente è stato colto come opportunità per redigere, ad integrazione di elaborati cartografici standard, modelli analitici e interpretativi di sintesi, da utilizzare come supporto nel processo partecipativo, nella fase di individuazione degli ambiti di rigenerazione e degli scenari di sviluppo del Documento di Piano. Si è così realizzata una banca dati integrata, da interrogare e aggiornare anche in riferimento al successivo monitoraggio della VAS. I modelli analitici prodotti sono esito di una correlazione di informazioni multidisciplinari, in formato vettoriale, provenienti da diverse banche dati ufficiali e open source, e rappresentate cartograficamente. Dati e indicatori di vulnerabilità e qualità. La fase analitica è stata sviluppata in primis rispetto al tema della “vulnerabilità climatico ambientale” (Fig. 1) per approfondire la conoscenza del territorio in relazione al carico antropico (residenti, popolazione fragile, addetti), alla temperatura, ai consumi energetici, alle criticità idrauliche e acustiche, allo scopo di evidenziare gli ambiti a rischio dove attivare politiche/interventi di mitigazione degli impatti dell’uomo sull’ambiente e viceversa. Una seconda chiave di lettura è stata la “qualità”, intesa come insieme di caratteristiche/criteri che consentono di soddisfare le attese di chi utilizza elementi del territorio suscettibili di classificazione o di giudizio/valutazione. In una prospettiva di sostenibilità anche rispetto al consumo di suolo e alla programmazione dei servizi, la qualità urbana – articolata in sociale, urbanistica e architettonica, ambientale, ecc. – è stata integrata con altre letture, tra cui la qualità dei suoli e della città pubblica. Dal punto di vista tecnico-metodologico, il primo passo è consistito nel discretizzare il territorio comunale in una maglia di celle quadrate 100 metri di lato, utilizzandola come base di riferimento per l’analisi di diversi parametri (qualità, vulnerabilità, vincoli, clima, suoli, ecc.)2. Per valutare ciascun parametro, si è adottata una scala decimale, variabile a seconda del grado di incidenza di ciascun elemento o parametro individuato da ogni singola cella, in modo da poter comparare grandezze e dati diversi. Si è effettuato così il calcolo del punteggio di sintesi allo scopo di ottenere una lettura complessiva del territorio, in grado di individuare gli ambiti che più in assoluto necessitano di politiche e azioni specifiche. Da ultimo, il modello analitico è stato trasposto dalla griglia di analisi alla dimensione dell’isolato urbano utile sia ai fini della pianificazione urbanistica che per la comunicazione durante il processo partecipativo.

1 Primo risultato: approvazione dell’Individuazione degli Ambiti di Rigenerazione ai sensi dell’articolo 8bis della L.R. n. 12/05, Deliberazione di Consiglio comunale n. 22 del 20/07/2020. 2 Il riferimento è dato dal lavoro predisposto all’interno del Progetto "Vulnerabilità urbana e cambiamento climatico: un approccio operativo per il rischio urbano" con Città Metropolitana di Milano, 2018. Inoltre, i dati sono stati utilizzati all’interno del Progetto ClimaMI “Linee Guida ClimaMI. Un "ponte" tra la complessità della crisi climatica e la pragmatica della pratica quotidiana dei professionisti.”, dicembre 2019. (https://www.progettoclimami.it/linee-guida)

Figura 1. “Vulnerabilità climatico ambientale”. Fonte: Tavola n. 07 Quadro conoscitivo della Variante generale al PGT del comune di Melzo, Centro Studi PIM, maggio 2020.

Metodo multicriteri per la previsione delle dinamiche urbane e del future thinking. Per il tema specifico delle aree dismesse ex Galbani, a partire dallo Studio preliminare per la definizione dei possibili scenari di trasformazione, si è utilizzata l’analisi multicriteria, con una forte connotazione partecipativa nella selezione delle alternative progettuali3. Tale metodo ha permesso di selezionare lo scenario più attinente agli indirizzi dell'Amministrazione e alle richieste degli stakeholder, coniugando al contempo obiettivi di competitività con obiettivi di sostenibilità. Basandosi sull’individuazione di differenti criteri di scelta (gli obiettivi rispetto ai quali ordinare le alternative d’intervento/scenari di sviluppo), l’analisi multicriteria, tradizionalmente applicata nei processi decisionali inclusivi caratterizzati dalla presenza di diversi attori con una pluralità di posizioni rispetto al problema, ha costituito uno strumento mediante il quale pervenire a un consenso, non tanto sulle possibili azioni, ma sugli stessi criteri di scelta ed i relativi “pesi”. Inoltre, condividere con la cittadinanza obiettivi/criteri e visione futura della città ha contribuito a costruire i processi di riqualificazione in maniera continuativa e consapevole. Alberi della sostenibilità. (Fig. 2) Lo Studio per la definizione degli scenari di trasformazione delle aree ex Galbani ha prodotto due risultati: schemi dei criteri denominati "alberi della sostenibilità" e tabelle di ponderazione che possono costituire uno strumento di valutazione utile per l'AC rispetto ad eventuali proposte alternative di trasformazione avanzate da operatori privati. Gli “alberi della sostenibilità” offrono cioè un percorso di valutazione per le proposte anche per casi similari, come ambiti dismessi e degradati, nonché rispetto ad obiettivi/criteri condivisi che delineano, nel loro insieme, una nuova visione di città. Costituiscono inoltre uno strumento utile ai fini dell’individuazione degli ambiti di rigenerazione e come punti di partenza per la Variante generale al PGT.

3 “Aree ex Galbani. Gli alberi della sostenibilità. Studio preliminare per la definizione dei possibili scenari di trasformazione”, Centro Studi PIM, agosto 2019.

Figura 2. “Alberi della sostenibilità”. Fonte: “Aree ex Galbani. Gli alberi della sostenibilità. Studio preliminare per la definizione dei possibili scenari di trasformazione”, Centro Studi PIM, agosto 2019.

Indicatori per ripensare la città per le persone. Una “Matrice delle performance”, articolata in sei settori (Ambiente e Territorio, Economia, Società, Fattibilità tecnica, Rischi, Architettura e urbanistica) con una quarantina di criteri specifici utilizzati per lo Studio preliminare, si è rivelata esaustiva ed efficace per la fase di monitoraggio. Per i Comuni alle prese con la redazione di varianti generali è assolutamente necessario acquisire nuove competenze nel campo della valutazione economico-sociale delle trasformazioni, delle capacità promozionali dei processi di rigenerazione urbana, della gestione delle fasi partecipative che interessano tutti gli attori coinvolti nel processo: il Pubblico, a cui è sempre e comunque affidata la regia, il Privato economico e il Privato collettivo. Ciascuno di essi è portatore d’interessi specifici legittimi, talvolta contrastanti, che devono essere armonizzati. Tramite la metodologia sperimentata, tutti i soggetti sono stati coinvolti, a vari livelli e con differenti responsabilità, per costruire gli scenari del nuovo Piano. Questo ha tante più possibilità di riuscita quanto più è basato su un progetto realmente condiviso in stretta aderenza al contesto locale, producendo soluzioni ad hoc per ciascun ambito territoriale.

Come (ri)fare e (ri)creare città? La cornice

Il quadro per affrontare il quesito è offerto da un Comune della cintura del capoluogo lombardo (San Donato Milanese), in fase di revisione generale del PGT, che ripensa all’idea di città, non necessariamente da rivoluzionare, ma da rivedere in funzione dell’accompagnamento delle trasformazioni – anche importanti, per entità e ampiezza – in atto, e della gestione della città pubblica, già allo stato attuale caratterizzata da standard elevati, sia quantitativi che qualitativi. In questo quadro, si aggiunge la necessità di ripensare alla città e ai suoi servizi anche in funzione della resilienza post pandemica, e dunque di una rinnovata qualità e distribuzione delle funzioni urbane, nonché di un nuovo modello di mobilità (densificazione/rarefazione

urbana, pedonalizzazione, creazione di centralità, ecc.), tenendo conto degli effetti che ne derivano per i comportamenti individuali e collettivi in una città che è cresciuta per policentrismi, spesso senza un progetto unitario di messa a sistema dei vari luoghi della vitta urbana e collettiva. La gestione sostenibile (dal punto di vista ambientale, sociale, economico e sanitario) della città pubblica, consistente e diffusa, diventa così un cardine del progetto di rinnovo del piano e delle soluzioni tecniche proposte.

Le risposte

La città di San Donato M. vuole (ri)farsi inclusiva e attrattiva, bella e abitabile, rigenerata e ospitale, verde e resiliente (Fig.3). Vuole cioè ripensare gli spazi urbani, concentrandosi non più sulla densificazione edilizia, ma piuttosto sulla qualità urbana, che va riconsiderata in funzione dei mutamenti sociali e abitativi, ambientali e delle relative necessità. In una città che presenta una natura policentrica e di “cluster”, si propone di lavorare sul riconoscimento e la valorizzazione degli assetti urbanistici specifici di ogni singola parte, cercando di non imporre differenze e tantomeno confini, ma di fare emergere identità e specificità locali. Si lavora, inoltre, sulla creazione di dotazioni locali di servizi e di luoghi di aggregazione, attorno a cui i singoli nuclei possano costruire centralità autonome, oltre che di relazioni tra le parti, attraverso un censimento dei nodi vocati come polarità di quartiere, evidenziandone le valenze e le criticità specifiche.

Figura 3. San Donato Milanese 2030: Una città sostenibile e inclusiva. Fonte: Linee Guida della Variante al Piano di Governo del territorio del comune di San Donato Milanese, http://sdm2030.altervista.org, settembre 2019.

Il percorso progettuale si svolge principalmente sui seguenti temi e oggetti urbani. Vuoti di cui riappropriarsi. “Se il distanziamento richiede di aumentare lo spazio intorno a noi, dovremo espandere i confini degli ambiti collettivi, per costruire una città che possa accogliere tutti, in sicurezza e senza discriminazioni”4: questo è più facile in contesti, come San Donato M., ove si verifica l’opportunità di lavorare su molteplici spazi che hanno perso il loro valore e la loro funzione di attrattori sociali e culturali, in cerca di utilizzi da parte delle persone e per le persone, che spesso li attraversano ma non li vivono. Molti di questi spazi risultano dei vuoti urbani che necessitano di un progetto non isolato, ma che tenga in considerazione le possibili relazioni territoriali. Ciò a partire, ad esempio, da opportunità di riappropriarsi di strade e aree recuperando spazi dismessi o in attesa, oppure aprendo spazi sottoutilizzati ad usi molteplici, oppure sottraendo spazi alle auto. Le proposte urbanistiche e progettuali sono dunque rivolte a ripensare i luoghi simbolo della città per favorire l’incontro dei cittadini e rendendoli al tempo stesso sicuri; spazi privati, semi-privati e pubblici si riscoprono cioè come possibili e necessari, e possono essere riscoperti nella forma di luoghi di relazione.

Luoghi polifunzionali e flessibili. Lo scenario di piano prevede una città con spazi polifunzionali, con più zone per lo sport e per la convivialità; una città a misura di pedone e ciclista, con una rete di percorsi fatti ad hoc per la mobilità lenta. Fondamentale è l’opportunità di ripensare le scuole come spazi plurimi, affinché possano accogliere una molteplicità di funzioni anche al di fuori degli orari di lezione, coniugando questo obiettivo con l’esigenza di aumentare gli spazi dedicati all’istruzione in funzione dell’aumento della popolazione in età scolare e delle esigenze sanitarie. Insieme ai contenitori più ibridi, gli spazi aperti di "aggregazione distanziata", cioè della città che si fa parco diffuso, inoltre, possono assumere un rilievo strategico in un contesto già storicamente connotato come città giardino, almeno nella sua parte più "nobile" e pregiata. Diffusione e prossimità. Diffusione e prossimità dei servizi (nella città dei "15 minuti") sono approcci in grado di orientare le scelte urbanistiche a San Donato M., laddove un esperimento suggestivo è proprio l'associazione tra questa logica di prossimità con la matrice policentrica e spesso frammentata che la città presenta (Fig. 4). In un periodo storico in cui il contatto con gli altri è rarefatto ma indispensabile, anzi ancora più richiesto, la città deve rispondere alla domanda di nuovi paesaggi urbani di prossimità, in cui gli spazi di vita si espandono in modo variabile, e nella città si creano confini porosi in cui le reti sociali possono prendere forma: gli spazi tra le case, gli spazi del vicinato, gli spazi verso le strade. Da un lato, gli spazi devono essere reinventati per accorciare le distanze, dall’altro ciò significa ripensare una densità senza affollamento. Sul modello parigino della “città dei 15 minuti”, è possibile mantenere i vantaggi economici e sociali della densità, ridimensionando il problema dell’affollamento attraverso un uso dei trasporti meno problematico, che incentivi i residenti a camminare e andare in bicicletta. Un modello “distribuito e flessibile” interessante, che risponde anche a un “urbanismo aperto”, non sovradeterminato o del tutto definito a priori, così da conservare i benefici del vivere insieme nelle città ma scongiurarne le minacce più pericolose, da quelle derivanti da virus e malattie, a quelle legate agli effetti dei cambiamenti climatici5 .

Figura 4. Servizi diffusi. Fonte: Relazione del Quadro Conoscitivo della Variante al Piano di Governo del territorio del comune di San Donato Milanese, Centro Studi PIM, maggio 2020

Luoghi intermedi. In stretta correlazione con la promozione della prossimità, si incentiva la creazione di nuovi step intermedi tra casa e lavoro: luoghi diffusi di co-working come forma mediana che si posiziona tra il lavoro smart da casa ed il lavoro "in azienda". Se la nuova normalità è fatta anche di tempi di vita diversi, avremo bisogno di spazi diversi: per i luoghi di lavoro il co-working sta rispondendo bene alle capacità di

5 https://www.che-fare.com/battiston-sennett-strututre-flessibili-urbanesimoaperto/?utm_content=bufferb9442&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer

adattamento e di trasformazione che riguarda la vita lavorativa. Una città come San Donato M., offre molteplici possibilità di creare tappe intermedie nel percorso casa-stazione-lavoro. Inoltre, è possibile lavorare su queste tappe prendendo a modello “campus o talent garden” come generatori di innovazione che comprendono funzioni multiple che si aggiungono al lavoro tradizionale: dalla formazione, agli eventi, al relax.

Come (ri)orientare le grandi trasformazioni? La cornice

Per rispondere al quesito si presenta l’esperienza di piano per un Comune situato nella prima cintura dell’hinterland milanese, caratterizzato da una progressiva densificazione, e nel quale pertanto le residue porosità sopravvissute all’interno del tessuto edificato rivestono un valore strategico. Sin dalla fase di avvio del nuovo PGT, è subito risultato evidente che in particolare due grandi aree libere ma da tempo opzionate a fini edificatori si candidavano a divenire oggetto di grandi trasformazioni: la prima sita nel cuore del centro abitato, prossima al municipio e ad altre polarità urbane, consolidatasi nell’immaginario dei cittadini come un vasto prato semi-naturalistico; l’altra in posizione meno baricentrica, di carattere più residuale ma comunque posta a cerniera tra un quartiere a bassa densità ed un comparto terziario, oltre che attigua a un nodo del trasporto pubblico metropolitano. Entrambe le aree risultavano oggetto di proposte di trasformazione, inevitabilmente contraddistinte da una forte interazione tra interesse pubblico e privato.

Le risposte

Per valutare gli scenari di intervento, il nuovo piano si è trovato di fronte a diversi possibili approcci: il tema quantitativo (indici e parametri urbanistico-edilizi); il tema procedurale (il rapporto tra pianificazione attuativa pregressa e pianificazione generale in fieri, anche rispetto allo stato di diritto acquisito); il tema qualitativo-sostanziale (la capacità degli interventi di costruire un rapporto virtuoso con la città circostante, lavorando quindi al confine tra pianificazione e progettazione alla scala urbana). È apparso evidente che, pur nell’impossibilità di ignorare i primi due temi, più codificati nell’ambito della tecnica urbanistica, si rendeva necessario introiettare nel percorso di piano anche il terzo, individuando gli strumenti per gestirne la complessità e la natura intrinsecamente discrezionale. La prima risposta è stata che le trasformazioni in atto, ancorché supportate da percorsi istruttori avanzati, dovevano essere riorientate. Questo per la necessità di non subire, dal punto di vista qualitativo, scenari e progetti “ereditati” da contrattazioni pregresse e probabilmente obsoleti, o perlomeno non rispondenti ai bisogni del vivere odierno ed alla visione di chi attualmente abita la città ed i suoi spazi. Sono state pertanto individuate alcune condizioni di sfondo alla trasformazione, nella consapevolezza che l’attore pubblico deve assumere il ruolo di progettista esclusivamente riguardo all’oggetto del suo mandato statutario: gli spazi del vivere comune, i servizi, il rapporto tra intervento e contesto; in una parola, la città pubblica. A partire da un “plafond” quantitativo variamente declinabile, è stato quindi delineato un set di scenari relativi al disegno urbano inteso come rapporto tra spazi privati e città pubblica. Questi scenari consentono di estrapolare una serie di criteri che assumono validità anche al di là del caso in oggetto, ponendosi come possibili linee-guida attraverso cui orientare le grandi trasformazioni: • la logica dei progetti di trasformazione non deve essere “riempire i vuoti”, anche per lotti e tasselli successivi, quanto invece il (ri)pensare e (ri)fare nuove parti della città; • devono essere privilegiate soluzioni che promuovono la permeabilità orizzontale, riducendo la frammentazione degli spazi aperti e la stessa suddivisione tra recinzioni, proprietà, isolati, rendendo anche il verde privato accessibile e percorribile; • in linea generale, il principio insediativo deve promuovere il rapporto con la città circostante, prevedendo non “isole” chiuse, ma fronti e affacci verso l’esterno, con l’obiettivo di creare nuove centralità e maggiori relazioni con gli spazi e percorsi di uso pubblico; • le cessioni di suolo e di collegamenti ad uso pubblico non devono essere la risultante “in negativo” dell’edificazione, ma il frutto di un disegno complessivo e legato alle esigenze di contesto, se non l’elemento fondante il progetto stesso; • affinché i nuovi comparti “vivano” come brani di città, si deve favorire e l’insediamento di mix funzionale, ove la funzione abitativa sia associata alle funzioni di servizio e commercio che ne consentono la vita e lo sviluppo.

L’approccio per scenari (quattro fortemente alternativi tra loro) ha permesso all’Amministrazione comunale di rivoluzionare il confronto con gli operatori privati, ponendo la nuova “idea di città” al centro del processo decisionale, in una prospettiva in cui i pesi insediativi e le funzioni, pur determinanti, possono assumere un certo grado di libertà a condizione che sia garantito il raggiungimento degli obiettivi di qualità urbana. Grazie a questo rinnovato paradigma, il processo di riconfigurazione delle previsioni inattuate viene riorientato alla luce dei mutati assetti del mercato, delle indifferibili istanze ambientali (consumo di suolo, vulnerabilità, rischi e clima) e della necessità di definire nuovi modelli insediativi fondati sulla sostenibilità.

Sitografia

Progetto ClimaMI Linee Guida ClimaMI. Un "ponte" tra la complessità della crisi climatica e la pragmatica della pratica quotidiana dei professionisti, dicembre 2019 https://www.progettoclimami.it/linee-guida

Inchiesta Dobbiamo fare spazio (pubblico), su IlGiornaledell’architettura.com, 2020. https://inchieste.ilgiornaledellarchitettura.com/dobbiamo-fare-spazio-pubblico/

Intervista a Richard Sennet Per Richard Sennett, dobbiamo immaginare strutture flessibili per un urbanesimo aperto, a cura di G. Battiston su Che-fare.com https://www.che-fare.com/battiston-sennett-strututre-flessibili-urbanesimoaperto/?utm_content=bufferb9442&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_ca mpaign=buffer