Garcia marquez memoria delle mie puttane tristi

Page 39

5 Leggendo Idi di marzo trovai una frase sinistra che l'autore attribuisce a Giulio Cesare: È impossibile non finire per essere come gli altri credono che uno sia. Non mi fu possibile controllare la sua vera origine nell'opera dello stesso Giulio Cesare e neppure nelle opere dei suoi biografi, da Svetonio fino a Carcopino, ma valse la pena di conoscerla. Fu il suo fatalismo applicato al corso della mia vita nei mesi successivi a fornirmi la determinazione di cui avevo bisogno non solo per scrivere queste memorie, ma anche per cominciarle senza pudori con l'amore di Delgadina. Non avevo un istante di requie, a stento assaggiavo un boccone e persi così tanti chili che i pantaloni non mi si reggevano intorno alla vita. I dolori erratici mi rimasero nelle ossa, cambiavo umore senza motivo, trascorrevo le notti in uno stato di smarrimento che non mi permetteva di leggere né di ascoltare musica, e invece passavo le giornate con la testa che mi ciondolava a causa di una sonnolenza stupida che non serviva per dormire. Il sollievo mi cascò dal cielo. Nell'affollato autobus di Lama Fresca una vicina di sedile che non avevo visto salire mi sussurrò all'orecchio: Ti viene ancora duro? Era Casilda Armenta, un vecchio amore in saldo che mi aveva sopportato come cliente assiduo da quando era un'adolescente altera. Una volta ritirata, mezzo inferma e senza un soldo, si era sposata con un ortolano cinese che le aveva dato nome e appoggio, e forse un po' d'amore. A settantatré anni aveva lo stesso peso, era sempre bella e di carattere forte, e conservava intatta la disinvoltura del mestiere. Mi portò a casa sua, un orto appartenente a cinesi su una collina della strada per il mare. Ci sedemmo sulle sedie da spiaggia della terrazza ombrosa, tra felci e tralci di astromelie, e gabbie di uccelli appese alle gronde. Sul versante della collina si vedevano gli ortolani cinesi con cappelli a cono che seminavano gli ortaggi sotto un sole ardente, e il pelago grigio delle Bocas de Ceniza con i due frangiflutti di rocce che incanalano il fiume per diverse leghe nel mare. Mentre chiacchieravamo vedemmo entrare un transatlantico bianco nell'imboccatura e lo seguimmo in silenzio fino a sentire il suo bramito di toro lugubre nel porto fluviale. Lei sospirò. Ti rendi conto? In oltre mezzo secolo è la prima volta che non accolgo la tua visita nel letto. Ormai siamo altri, dissi. Lei proseguì senza ascoltarmi: Ogni volta che dicono cose di te alla radio, che ti lodano per l'affetto che la gente nutre nei tuoi confronti e ti chiamano maestro dell'amore, figurati, penso che nessuno abbia conosciuto le tue trovate e le tue furbizie bene come me. Davvero, disse, nessuno avrebbe potuto sopportarti meglio. Non resistetti oltre. Lei se ne accorse, vide i miei occhi umidi di lacrime, e solo allora dovette scoprire che non ero più quello che ero stato e sostenni il suo sguardo con un coraggio di cui non mi ero mai creduto capace. È che sto diventando vecchio, le dissi. Lo siamo già, sospirò lei. Il fatto è che non lo si sente dentro, ma da fuori tutti lo vedono. Era impossibile non aprirle il cuore, sicché le raccontai la storia completa che mi ardeva nelle viscere, dalla mia prima telefonata a Rosa Cabarcas la vigilia dei


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Garcia marquez memoria delle mie puttane tristi by alboreya bas - Issuu