Pentola D'Oro Ottobre 2010

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Anno VI°, n. iv - Ottobre, Novembre, Dicembre 2010 Rivista Trimestrale - Registrazione al Tribunale: nr. 1 del 7/1/2005 - Spedizione postale:“Poste Italiane Spa Spedizione In Abbonamento Postale 70% Lo/Bg” Casa Editrice: Speb S.R.L. - In Caso di mancato recapito restituire al mittente.

Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane

Anno VI - Numero IV Ottobre, Novembre, Dicembre 2010

RIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIO DI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURA

Euro 7,00

Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane


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Editoriale

Arti, mestieri e creatività Angelo Agnelli

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Alcune recenti esperienze mi hanno portato a ragionare sul tema della cosiddetta “creativita”. L’argomento è contorto, confuso, incoerente. Creatività è un termine abusato che sta diventando sempre più difficile collocare in modo chiaro e comprensibile. Spesso le percezioni (e le dissertazioni) sono anche devianti. Più si discorre e si discute sulla “creatività” meno si capisce che cosa sia. Fra le tante distorsioni c’è l’ipotesi che il mestiere di una persona possa essere definito “creativo”. Quando qualcuno mi dice “faccio il cuoco creativo” mi pare un’affermazione un pò ridicola. La creatività non è un mestiere. Semmai è una risorsa importante, nelle arti e nei mestieri. Se qualcuno avesse chiesto a Mozart, a Einstein o a Raffaello “che mestiere fai?” si sarebbe sentito rispondere musicista, fisico o pittore. Non certo “musicista creativo”, “fisico creativo”, “pittore creativo”. Credo che guadagnarsi sul campo, col lavoro e risultati concreti, la modesta ma precisa qualifica di cuoco è più ambizioso, oltre che chiaro e semplice, di quella “cuoco creativo”. In più, parole come “cuoco” o “pittore” hanno un suono onesto, artigianale. La parola “creatività” poi è usata così largamente, e in così tanti modi diversi, che sembra aver perso ogni significato. Talvolta assume un senso perverso basta pensare all’uso dell’espressione “cucina creativa”. Invece di dare valore al fattore creativo come specializzazione, è secondo me importante capire il valore e l’importanza della parola “mestiere”. Ricordarsi ogni tanto di quel chiaro percorso, nello sviluppo della cultura italiana e mondiale, che è stato tracciato all’insegna delle gloriose “arti e mestieri”, non sarebbe malaccio. Il cuoco secondo me è una professione che fa parte del mondo delle Arti e dei Mestieri. Eccome. Tutti possono essere, qualche volta, “creativi”. Nessuno lo può essere sempre, né diventarlo a comando. I migliori maestri, nelle arti e nei mestieri, sono quelli che sanno come incoraggiare, stimolare e governare quel processo intuitivo che porta a una soluzione inaspettata. Ma senza mai dimenticare quella finezza di progettazione e di realizzazione che viene da un grande e prezioso patrimonio di esperienza. In poche parole, il talento può essere un dono naturale, ma perché dia frutti ci vuole molta disciplina e sapienza. Un’intuizione risolutiva può nascere in modo imprevedibile. Ma è il mestiere che le rende realizzabili. Da tempo immemorabile “arti e mestieri” sono qualcosa di ben definito. Perché in quasi tutti i mestieri c’è qualcosa di artistico – e perché nessuna arte è realizzabile senza un solido e competente mestiere. Sarà difficile, temo, cambiare la sciocca terminologia oggi in voga. Ma è importante capire che l’arte e il mestiere contano molto - e possono produrre eccellenti risultati, con o senza quei rari e straordinari momenti di intuizione o di innovazione che portano a qualcosa di veramente “creativo”. Ma la cosiddetta “creatività” è inutile (quando non è nociva) in assenza di un solido mestiere. Le buone basi tecniche sono utili, se non indispensabili - ma non possono sostituire l’esperienza, la sensibilità e l’attenzione ai valori umani. Insomma quella del cuoco è un mestiere (e un’arte) difficile. Ma, quando ci si riesce bene, è affascinante. Creatività a parte.


Testi e foto di

Maurizio Di Dio

Sommario Itinerario enogastronomico Garante per la radiodiffusione e l’editoria Registro Nazionale della stampa N. 5386 del 23/10/96. Rivista ufficiale della SAPS Centro ricerche per lo studio dei materiali e forme degli strumenti di cottura. Periodico trimestrale Anno VI°, n. 4 - Ottobre, Novembre, Dicembre 2010

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Registrazione al Tribunale: nr. 1 del 7/1/2005 Spedizione Postale: Poste Italiane Spa Spedizione in Abbonamento Postale 70% Lo/Bg Casa editrice: SPEB s.r.l. Presidente: Marino Lazzarini Direttore Responsabile: Paolo Agnelli Direttore Editoriale: Maurizio Di Dio cell. +39 340 12 00 187 Comitato Direttivo: Baldassare Agnelli, Angelo Agnelli, Maurizio Di Dio, Massimiliano Pezzoni Testi e foto: Maurizio Di Dio Ha collaborato: Claudia Barale. Redazione: Via S. Giorgio, 6 - 24122 Bergamo Progetto grafico: L’Azzurro - Tel. 035 315 347 Pubblicità & advertising: ufficiostampa@sapsitalia.com cell. +39 348 25 50 502 Stampa: Quadrifolio S.p.A. 24052 Azzano S. Paolo - via Emilia,17 (BG) È vietata ogni riproduzione di testi e fotografie.

Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane Itinerario enogastronomico

pag. 6

Bilegno - Borgonovo Val Tidone Ristorante La Palta

pag. 14

Gazzola Azienda Agricola Luretta

pag. 18

Piacenza Antica Osteria del Teatro

pag. 20

Ponte dell’Olio Ristorante Riva

pag. 24

Loc. Scottina - Cadeo Ristorante Antica Osteria della Pesa

pag. 28

Monticelli d’Ongina Trattoria Cattivelli

pag. 32

Besenzone Ristorante La Fiaschetteria

pag. 34

Soarza di Villanova dull’Arda Azienda Agricola Pizzavacca

pag. 38

Madonna dei Prati Trattoria Campanini

pag. 39

Polesine Parmense Ristorante al Cavallino Bianco e Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina pag. 42


pag. 47

Soragna Ristorante Stella d’Oro

pag. 50

Fidenza Agrinascente Caseificio Coduro Enoteca Drogheria Negrotti La Mangeria Salumi e Compagnia Latteria ‘55

pag. 54 pag. 55 pag. 56 pag. 58 pag. 60

Borghetto di Noceto Osteria della Posta

pag. 61

Noceto Ristorante Aquila Romana

pag. 63

Parma Ristorante Cocchi Salumeria Verdi Ristorante La Greppia Ristorante Parizzi La Corriera Stravagante Lorenzo Dondi Ristorante Parmarotta Hi Fi News Musica da tavola

pag. 66 pag. 69 pag. 70 pag. 75 pag. 78 pag. 79 pag. 81 pag. 84

Eventi La notte dei Culatelli

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Strumenti di Cottura Copper Ceramik

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News Steelite International crea la divisione Italia

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Roccabianca Hostaria da Ivan



ITINERARIO

ENOGASTRONOMICO

Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane Isa Mazzocchi Ristorante La Palta

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Filippo Chiappini Dattilo Antica Osteria del Teatro

Carla Aradelli Ristorante Riva

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Il territorio che abbiamo preso in considerazione su questo numero de La Pentola d’Oro è quello compreso tra il piacentino e la bassa parmense racchiuso dentro gli antichi confini del Ducato dei Farnese e dei Borbone, oggi definite le Terre Verdiane: un “giacimento” di cultura, crte e una grande tradizione enogastronomica. Il nostro percorso si sviluppa lungo le strade che intrecciano le due provincie, tra i colli che degradano verso la pianura, nelle terre vicino al grande fiume Po. La prima tappa volge verso la Val Tidone. Da qui, sfruttando alcune diramazioni fra le colline di bassa valle, si giunge a Borgonovo Val Tidone e poi a Bilegno dove abbiamo incontrato Isa Mazzocchi del Ristorante La Palta: una cuoca eccelsa, sia per originalità che per la versatilità nel cucinare che grazie alla sua insolita passione, fortemente motivata dalla determinazione e professionalità, occupa un ruolo importante nella sua categoria a livello locale e nazionale. Proseguendo da qui verso le pendici del monte Serenda, su una zona collinare favorita dalle condizioni geo-climatiche, siamo arrivati alla proprietà della Cantina Luretta propensa alla produzione di grandi vini del territorio. Da qui siamo proseguiti verso Piacenza, alla volta dell’Antica Osteria del Teatro di Filippo Chiappini Dattilo, cuoco dall’audacia spiazzante e ambizioso, che propone una cucina all’insegna della più alta creatività gastronomica dove curiosi abbinamenti locali e nazionali, si fondono a meraviglia. Riprendendo verso sud proprio all’imboccatura della Val Nure a Ponte dell’Olio abbiamo incontrato Carla Aradelli del Ristorante Riva cuoca autodidatta che esprime una cucina curiosa, d’equilibrio a tratti anche conservatrice, nel mo-


ITINERARIO

ENOGASTRONOMICO

Claudio Cesena Antica Osteria della Pesa

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mento in cui tutti innovano. Risalendo verso nord in località Scottina nel comune di Cadeo si trova l’Antica Osteria della Pesa di Claudio Cesena cuoco giovane, ma esperto che esercita, con profonda competenza, una cucina fantasiosa e stimolante “che si morde”, dai gusti distinti, ma in armonia tra essi. Proseguendo sempre verso nord a ridosso del Po si trova l’Isola Serafini una frazione di Monticelli d’Ongina, sempre in provincia di Piacenza, dove ha affondato le sue radici l’Antica Trattoria Cattivelli: una trattoria di famiglia, in cui tutti sono coinvolti che propone una cucina semplice e genuina, perfettamente intonata al luogo. Sempre sulle rive del Po, ma a Soarza di Villanova sull’Arda, in una cascina dall’ingresso maestoso, abbiamo incontrato l’azienda Agricola Pizzavacca della famiglia Pisaroni è impegnata nella produzione agricola tradizionale ma anche nella coltivazioni di ortaggi e piante da frutto che trasforma, in deliziosi prodotti: succhi di frutta, nettari di frutta, confetture, salse e conserve. Continuando il nostro percorso nel piacentino siamo arrivati a Besenzone, precisamente in località Bersano al Ristorante La Fiaschetteria di Patrizia Dadomo, una delle voci intriganti della cucina di qui, ma anche nazionale capace di esprimere una cucina espressione del territorio, ma leggera e del benessere ancorata ai prodotti locali. Il suggestivo viaggio è continuato alla volta di Busseto, a Madonna dei Prati in provincia di Parma dove abbiamo scoperto la Trattoria Campanini, una trattoria di famiglia degna di que-

Stefano Campanini Trattoria Campanini

Manuela e Claudia Cattivelli Trattoria Cattivelli

Patrizia Dadomo Ristorante La Fiaschetteria


ENOGASTRONOMICO

Massimo Spigaroli

Barbara Albertelli

Ristorante Al Cavallino Bianco Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina

Hostaria da Ivan

sto nome e per giunta ricca di inusuali accorgimenti, dove Stefano Campanini con la mamma Maria e la sorella Franca, propongono una cucina della tradizione con anche alcune interessanti rielaborazioni che richiamano comunque sempre gli antichi sapori. Tuffandoci ancor più verso la bassa siamo arrivati a Polesine Parmense all’Antica Corte Pallavicina della famiglia Spigaroli dove Massimo Spigaroli, oltre che ambasciatore per eccellenza del Culatello di Zibello Dop è anche cuoco rinomato, impegnato non solo nello storico locale di famiglia Il Cavallino Bianco, ma oggi anche nel nuovo Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina. Nel primo Massimo Spigaroli propone una cucina ancorata alla tradizione, con alcuni piatti evo-

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ITINERARIO

luti che hanno segnato la crescita di questo ristorante, mentre al Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina si impegna in una cucina di ricerca, di costruzione e di elaborazione della mera tradizione. Proseguendo, a Roccabianca abbiamo fatto tappa all’Hostaria di


ITINERARIO

Ivan Albertelli e sua moglie Barbara che hanno creato un locale all’insegna del piacere eno-gastronomico dove si apprezza una cucina mai dimenticata, riproposta nella maniera più fedele, ma anche alleggerita ed esaltata dalle proposte dei vini: Champagne soprattutto. Da qui ci siamo spostati verso Soragna per incontrare Marco Della Bona cuoco patron del Ristorante Stella d’Oro un vero e proprio

pegno nel miglioramento qualitativo della trasformazione del latte in Parmigiano Reggiano di altissima qualità. La tappa nella caratteristica cittadina di Fidenza ci ha consentito di apprezzare l’Antica Drogheria Negrotti dove si respira ancora l’atmosfera dei tempi passati ed inoltre la Mangeria Salumi e Compagnia un buon indirizzo per chi vuole sedersi a tavola senza

Enrico Rizzi La Mangeria Salumi e Compagnia

Marco Dellabona Ristorante Stella d’Oro

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anfitrione capace di far star bene chi si siede ai suoi tavoli attraverso una cucina di gran classe a difesa della memoria e dell’identità del territorio. Da Soragna verso Fidenza, quasi all’imbocco dell’autostrada si trova l’Agrinascente, un negozio particolare dove si trova il meglio della vocazione agroalimentare della Food Valley parmigiana. A pochi chilometri da qui verso Coduro abbiamo visitato il Caseificio Sociale di Coduro in cui il maestro casaro Fabio Serventi è animato da un forte im-

ENOGASTRONOMICO

Giuseppina Mezzadri Osteria della Posta


ITINERARIO

ENOGASTRONOMICO

tanti formalismi per consumare piatti della tradizione e anche solo un tagliere di salumi o formaggi. Sempre a Fidenza esiste ancora un luogo dove i clienti golosi possono respirare il gusto e goderne a pieno: è la Latteria ‘55 punto vendita di generi ali-

mentari tipici del territorio emiliano, salumi e Parmigiano Reggiano innanzitutto. Proseguendo verso Parma, ma tagliando per le strade secondarie di campagna siamo giunti a Borghetto, all’Osteria della Posta della famiglia Aldi-

Beatrice Petrini

Corrado Cocchi

Paola Cavazzini

Ristorante Aquila Romana

Ristorante Cocchi

Ristorante La Greppia

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geri protagonista di una cucina dai prodotti genuini offerti dalla terra: semplice che non si discosta mai dalla tradizione. Prima di raggiungere Parma abbiamo fatto tappa a Noceto allo storico Ristorante Aquila Romana dov’è impegnata in cucina Beatrice Petrini, cuoca autodidatta naturalmente influenzata dagli insegnamenti della nonna e della mamma che le hanno tramandato la bontà e la genialità delle loro ricette, di una cucina semplice e genuina. Arrivati a Parma, la meta del nostro percorso, abbiamo incontrato il Ristorante Cocchi: uno di quei posti in cui, quando si entra, sembra di essere tornati a quel mondo semplice e casalingo che non esiste più, in cui si preparano piatti squisiti rispettosi del territorio con concentrazione e professionalità. In pieno centro la Salumeria Verdi propone eccellenze di qualità nei salumi e nei formaggi locali, con impeccabile servizio personalizzato e cura dei dettagli. Poco più avanti al Ristorante La


ITINERARIO

ENOGASTRONOMICO

Marco Parizzi Ristorante Parizzi

Lorenzo Dondi Il Pittore Stravagante

Greppia a due passi dal Duomo Paola Cavazzini, cuoca patron, mantiene viva la cultura gastronomica parmense, personalizzandola dove è possibile, attraverso cotture espresse della tradizione che esprimono un piacere gastronomico genuino. In via Borgonato invece Hi Fi News Musica da Tavola è un negozio particolare che favorisce l’incontro tra il suono ad alta fedeltà e vini per un originale nuovo codice di piacere del lifestyle. In via Repubblica, proprio di fronte alla Chiesa di San Se-

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Antonio Di Vita

polcro si trova il Ristorante Parizzi che rappresenta un importante pezzo di storia della ristorazione parmigiana dove Marco Parizzi è impegnato ad esaltare il giusto trait-d’union fra la cucina moderna e quella tradizionale. In via XXIV Maggio si trova La Corriera Stravagante di Franz e Lorenzo Dondi, una classica birreria dove gustare superbi panini espressi, eseguiti con la stessa premura che richiedono dei piatti cucinati. Il nostro percorso si conclude per la strada che va a Langhirano al Ristorante Parmarotta, il tempio della cottura alla brace e allo spiedo, del cuoco patron Antonio Di Vita, capace di emozionare anche con le sue preparazioni dei piatti della tradizione.

Ristorante Parmarotta



B I L E G N O - B O RG O N OVO VA L TI D O N E

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B I L E G N O - B O RG O N OVO VA L TI D O N E

Ristorante La Palta: cucina del territorio eccelsa e aperta al mondo da giovane, senza togliere mai nulla alla famiglia - oltre che moglie è anche madre di due bambine - è riuscita a sdoganare finalmente con successo il suo ristorante: ma lei stessa stenta ancora a crederci. Complice Georges Cogny che l’aveva adottata, professionalmente parlando. Eclettica, signorile, accorta, Isa Mazzocchi mi era parsa già così quattro anni fa

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Forse l’ho già detto: le donne, com’è universalmente noto, nella graduatoria dei cuochi cari alla critica, occupano perennemente la posizione alle spalle degli uomini, o comunque ruoli sempre marginali rispetto al “sesso forte”. Isa Mazzocchi, 42 anni chef patron del Ristorante La Palta solo grazie alla sua insolita passione, fortemente motivata dalla determinazione e professionalità, occupa invece un ruolo importante nella sua categoria a livello locale e Ristorante La Palta nazionale, e non è solo consideLoc. Bilegno, 67 rata solamente un grazioso acBorgonovo Val Tidone cessorio di un ristorante. 29011 Piacenza Nella lotta per veder riconoTel. 0523 862103 scere la propria grandezza di cuoca, oltre che di persona, Isa ci ha messo, e ci mette, forza e coraggio encomiabili: la stessa forza e lo stesso coraggio che le sono indispensabili ogni giorno per portare avanti questo suo ristorante immerso nella campagna piacentina, a Bilegno. Qui, nonostante tutto e tutti, da una parte è riuscita a mantenere viva l’originalità e la storia del bar-trattoria-negozio, accogliendo ancora oggi gli avventori e, contemporaneamente, realizzare il suo sogno con nuovi locali, confortevoli e di gusto, che ospitano il vero e proprio Ristorante La Palta. Isa Mazzocchi lo ha fatto con caparbietà ed ostinatezza. Contro tutti. Crederci e darci dentro: queste sono le condizioni a cui si è sottoposta per poter assaporare il successo e le soddisfazioni che arrivano sempre in ritardo. Lei è una delle tante donne di questo lembo di terra che tiene in mano le redini di una cucina, ma la sola (di queste da me incontrate), ad avere ricevuto una formazione professionale ad hoc. In età scolastica infatti ha frequentato l’alberghiero di Salsomaggiore: “credo molto alla formazione - mi dice Isa - mi ha insegnato quella disciplina che è necessaria per chi vuole svolgere questa professione…”. Facendosi un mazzo così dalla mattina alla sera fin


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quando ebbi modo di raccontare la sua storia su La Pentola d’Oro n. 2 del 2006. Oggi ha ancora più lunghi i capelli nerissimi che libera dal suo elegante chinon solo a fine servizio, ma è rimasta la persona determinata e piacevole, ma anche spiazzante a volte, che ho raccontato a suo tempo. Una cuoca eccelsa, sia per originalità che per la versatilità nel cucinare. Oggi, rispetto a “ieri” lo fa con più naturalezza e sicurezza, animata da una innata fantasia. Le sue ricette, sono fondate sulla tradizione della cucina piacentina e della Val Tidone, ma non mancano variazioni e contaminazioni di fuori che le rendono uniche. E che rispecchiano ampiamente il suo spirito eclettico e la sua anima nobile. Ricette di successo che poggiano su solide basi tecniche. I suoi piatti sono pensati secondo la logica della ricerca del piacere e della seduzione attraverso quel che offre il quotidiano, il fresco, quel che vien dall’orto o dai sui fidati fornitori. E dalla sua fantasia.


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Con l’obiettivo principale di soddisfare tutti i sensi di chi si accomoda ai suoi eleganti tavoli. Nel suo bel ristorante con le sale che si aprono sulla campagna, Isa Mazzocchi in cucina, in tandem con il fidato e giovane Andrea Molinelli che la segue da 11 anni, realizza piatti rispettosi della stagione come: Pizza ai fichi affumicati con fegato grasso d’oca e quaglia arrostita, Risottino allo zafferano con le pesche di Volpedo mantecato al S.Ste’, Cannelloni di crepes al tartufo nero della Val Tidone con zucchine, Fiori e coppa, Gnocchi di zucca con code di gambero e pompelmo candito,

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Controfiletto di manzo scottato alle erbe aromatiche con purè di fagioli, Cotiche e pane croccante, Faraona al limone candito profumato alla liquirizia, Insalata di coppa affumicata su trancio di melanzana con salvia fritta e zabaione alla senape. Una cucina del territorio e aperta al mondo, sincretica ma al tempo stesso solida, tanto innovativa quanto capace di citare con intelligenza la tradizione. Tutti i piatti, non escono dalla cucina se non sono “marchiati” con una minuscola goccia, (quasi un puntino), di latte denso, a testimoniare la purezza e la naturalezza da cui hanno origine i piatti di Isa Mazzocchi, “ma anche per provocare e dare un segnale di distensione a questo mondo - mi dice - siamo adulti, ma non dimentichiamoci mai che per prima cosa siamo stati figli e il primo alimento che ci ha nutrito è stato il latte”.


GAZZOLA

Azienda Agricola Luretta: vini orgoglio della viticoltura piacentina

Azienda Agricola Luretta Castello di Momeliano, 29010 Gazzola - Tel. 0523 971070 - Fax 0523 971589

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La Val Luretta è una piccola vallata formata dal torrente Luretta situata in provincia di Piacenza dove permane un ambiente naturale ed integro con un clima temperato privo di sbalzi eccessivi. Questa valle che si incunea tra la Val Trebbia ad est e la Val Tidone ad ovest, inizia alle pendici del monte Serenda dove le due valli si riuniscono e si estende su una zona collinare che ospita la Cantina Luretta. L’azienda vinicola, fondata da Felice Salamini e da suo figlio Lucio si trova esattamente a Gazzola, nel cuore dei Colli Piacentini D.o.c. dove dispone di quattro appezzamenti, per una superficie complessiva di circa 50 ettari, suddivisi in quattro distinti appezzamenti, situati parte in Val Luretta e parte in Val Nure. Una produzione totale di 250mila bottiglie, che si fregiano della certificazione

e scegliendo le varietà da impiantare. Tutto qui è curato nei minimi particolari: l’uva viene raccolta a mano e riposta in cassette larghe e basse che consentono di non sovrapporre i grappoli, viene tenuta a temperatura controllata fino al momento della pigiatura per evitare che si inneschino processi di fermentazione e quindi ogni uva segue la sua strada verso la bottiglia. Luretta utilizza le cantine del Castello Momeliano per l’affinamento in barrique un imponente torrione medievale: un vero spettacolo per gli occhi che possono godere alla vista di lunghe file di barriques allineate, ma anche per il naso. Le barrique qui riposano sulla terra al riparo: un luogo davvero speciale fatto apposta per far diventare grandi i vini che si producono in azienda. Dalla tradizione della bassa Lombardia e l’Emilia dove storica-

biologica dell’ICEA. Luretta è favorita dalle condizioni geo-climatiche del territorio estremamente propenso alla produzione di grandi vini, come testimonia la storia: nel 1873 infatti si conosceva già la predisposizione di questa zona per il buon vino tant’è che nel testo teatrale “La partita a scacchi” di Giuseppe Giacosa i due giocatori fanno appositamente una pausa per bersi un buon vino della zona. La Cantina Luretta lavora in modo deciso sulla valorizzazione del terreno, lasciando che le sue viti vadano a cercare acqua e nutrimento in profondità, facendogli produrre pochi grappoli e di piccole dimensioni per ogni pianta

mente si è sempre bevuto vino frizzante, nasce l’idea di produrre il Principessa di Luretta: un vino frizzante, di memoria contadina, da uve chardonnay e trebbiano, naturale reso limpido attraverso le operazioni di remuage e degorgement, caratteristiche del metodo Champenoise. Di altra caratura il lo Spumante On attend les Invités, è questo il suo nome, elaborato partendo da uve pinot nero: è quello che i produttori francesi definiscono rosé de saignée, vale a dire uno spumante rosato il cui colore non è ottenuto mediante aggiunta di vino rosso durante la sboccatura, ma dal naturale contatto delle bucce con il mosto.



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PIACENZA

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PIACENZA

Antica Osteria del Teatro: il passato ricomincia dal futuro Filippo Chiappini Dattilo classe 1961 è un cuoco nato per la passione ed un amore profondo che fin da ragazzo nutriva per questa professione. Dopo la maturità scientifica si iscrive al Politecnico di Milano: voleva diventare ingegnere elettronico per una sua naturale inclinazione verso gli studi matematici e scientifici. Ma ci rimane solo tre anni, attratto dalla passione viscerale e più forte verso la cucina. Sì perché Filippo Chiappini Dattilo, in fondo l’ha sempre saputo cosa voleva fare da grande: il cuoco. Abbandonati gli studi scientifici si sposta in Francia per imparare il mestiere, con la benedizione della famiglia che gli lascia scegliere il suo destino: da Georges Blanc al La Mère Blanc di Vonnas, all'Auberge des Templiers a Sologne, da Paul e Marc Haeberlin all’Auberge de l’Ill, e ancora da Emile Jung al Crocodile di Strasburgo. In Francia impara la tecnica, la disciplina che impone il mestiere, l’organizzazione della cucina e di tutte le altre componenti che fanno grande un cuoco, soprattutto l’equilibrio tra intraprendenza ma-

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Se l’Europa allargata punta a diventare unita nella diversità, Piacenza, in quanto a cultura gastronomica, lo è già. Terra di confine dove Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna rappresentano gli estremi di un paesaggio sfaccettato e mutevole, a Piacenza si incontra la cultura gastronomica italiana/internazionale, in una sorta di melting pot di tradizioni, lingue e prodotti. Una città che ha tracciato le coordinate di un nodo nevralgico della geografia gastronomica grazie alla sua storia, ma anche grazie al famoso cuoco francese Geoges Cogny che nel 1976 aprì qui il Ristorante Antica Osteria del Teatro, divenuto emblema gastronomico di Piacenza e d’Italia. Dalla fine del 1985, in cucina dell’Antica Osteria del Teatro, c’è Filippo Chiappini Dattilo che di Georges Cogny mi dice: “quando da ragazzino frequentavo questo ristorante insieme ai miei genitori Georges mi sembrava un marziano. Devo a lui in gran parte, ma anche ai tanti viaggi gourmet che da giovane con mio padre adottivo Salvatore Dattilo facevo in giro per la Francia e per l’Italia, la mia passione verso questa professione”.


PIACENZA

nageriale e determinazione artigianale. Ha appreso l’ovvio rispetto del prodotto, ma anche a non lasciarsi mai immobilizzare dal rispetto della tradizione. Per niente francesista rivoluzionario, né integralista della tradizione, al suo rientro in Italia Filippo aveva già le idee chiare. E le mette subito in pratica proprio all’Antica Osteria del Teatro, prendendo il posto di Georges Cogny, che intanto aveva la-

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sciato, colla responsabilità di due stelle Michelin che pesavano come un macigno. Dopo un anno, a soli 25 anni, con l’intraprendenza di chi vuole dimostrare la propria capacità ed inclinazione, Filippo Chiappini Dattilo diventa cuoco patron del Ristorante Antica Osteria del Teatro di Piacenza. Siamo nel 1986. La sua è subito una cucina personale, impostata sulla cultura, sulla ricchezza dei prodotti locali ed italiani che la compongono: “da valorizzare e portare avanti con gli strumenti ed i mezzi che ho assimilato durante tutte le mie esperienze” mi racconta. Il suo impegno da chef patron all’Antica Osteria del Teatro è ben chiaro: Antica Osteria del Teatro Via Verdi, 16 - Piacenza Tel. 0523 323777 - Fax 0523 304934

proporre l’alta cucina piacentina fondendo in modo naturale materie prime d’eccellenza con la fantasia e la creatività. Un’occasione privilegiata per poter porre a confronto una cucina creativa proveniente soprattutto dalla propria sfera culturale, motivata da una sensibilità particolare: “a Piacenza abbiamo una grandissima tradizione gastronomica ma quello che mi sento di fare da sempre è renderla più vicina a chiunque. La mia è una cucina italiana, di prodotti d’elite italiani, sempre nel rispetto della cultura del territorio” - mi dice. Così animato da passione ed ostinazione, nonostante approdare al luogo di partenza volesse dire portarsi appresso l’ingombrante nome del suo illustre predecessore e dover sempre rivendicare la propria autonomia, lo stile personale di Filippo Chiappini Dattilo è stato vincente e soprattutto si è legittimato. Non solo per l’audacia spiazzante delle sue ambizioni, ma soprattutto per l’impostazione che ha saputo dare alla sua cucina all’insegna della più alta creatività gastronomica dove curiosi abbinamenti locali e nazionali, si fondono a meraviglia. Ma grazie anche alla squadra fedele che compone il suo locale e che Filippo ha saputo rendere orgogliosa e coesa: il suo secondo Tommaso Negri con gli altri giovani della brigata, Giancarlo Grassi il sommelier responsabile


PIACENZA

di Sala coadiuvato da Daniele Volpani e Ilaria Liridi. All’antica Osteria del Teatro si possono vivere esperienze gastronomiche di chi alle teorie preferisce il fare come per esempio: La terrina di fegato grasso d’anatra con fichi senapati e gelatina al porto, Il risotto mantecato al limone e capperi di Pantelleria con scampo reale, “Il branzino 2010”, Il filetto di dentice con insalata di cipolle bianche al forno, Frutti rossi e fave di cacao all’agro di Gutturnio, Le costolette di agnello prè-salè con porcini trifolati e kefir. Ma anche vivere una cucina del momento. Infatti se è vero che la crisi

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economica si riflette inevitabilmente sui consumi nell’alta ristorazione, all’Antica Osteria del Teatro l’amore per i piccoli piaceri della vita stanno al passo coi tempi con il menu Bottiglieria Gourmet Lunch. Più informale con due piatti a scelta tra antipasto, primo e secondo a 30 euro, il menù è stato studiato in sinergia con l’amico medico Carlo Carlini: “per stare al passo coi tempi - mi dice Filippo - menu studiato apposta per chi dopo pranzo deve lavorare e sentirsi leggero”: Merluzzo mantecato con crema di mais, Tartare di scottona, olio, sedano verde e scaglie di grana, Trofie al pesto con seppie patate e pinoli, Tortiglioni con ragout di vitello, Crema di pomodoro con pane croccante, Basilico e mozzarella di bufala. Ma non è l’unica novità questa dell’Antica osteria del Teatro. Il locale, ricavato da un palazzo del quattrocento dalle splendide sale ricche di particolari storici, quest’estate è stato rinnovato nello stile e nel pregio, quasi

per sfatare la prigionia stereotipata del vecchio locale e segnare un altro passaggio importante. Rimane intatta invece all’Antica Osteria del Teatro l’esempio d’una deliziosa tappa dove i metodi di cottura, i prodotti, gli accostamenti, le possibili citazioni di modelli precedentemente codificati dalla tradizione, dialogano coerentemente con tutto il resto, ma soprattutto anche con la formidabile carta dei vini che per Filippo Chiappini Dattilo è un “normale” prolungamento espressivo dei suoi piatti.


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Ristorante Riva: cucina personale curiosa e d’equilibrio tistica, Carla Aradelli, ma neanche una ristorazione che punta a essere sempre in competizione con tutti. Da giovanissima, quando ancora aveva le idee confuse su cosa le sarebbe piaciuto fare da grande, incontra il famoso compianto chef George Cogny, come tanti suoi colleghi e colleghe di questa terra. E ne rimane affascinata soprattutto per gli insegnamenti riguardo la disciplina, l’ordine, l’applicazione. Pensa sia quella la strada che le può interessare intraprendere. Così con duri sacrifici Carla decide di aprire insieme al marito un suo locale. In piena libertà, nel vero senso del termine, e secondo una scelta di vita al di fuori dei rigidi schemi imposti dall’educazione ricevuta. Sia in famiglia che nella vita. Rimettono a

Ristorante Riva Via Riva, 16 29028 Ponte dell’Olio (PC) Tel. 0523 875193

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Ponte dell’Olio è un piccolo borgo di origine medievale dei Colli Piacentini, proprio all’imboccatura della Val Nure. Luogo di strade e di sentieri appenninici che un tempo scandivano il traffico e gli scambi intensi tra la Liguria e le terre padane. A ridosso del Castello medievale, in località Riva, a meno di un chilometro dal paese, si trova il Ristorante Riva di Carla Aradelli, mamma, donna, cuoca, e del marito Maurizio che si occupa della sala. Appena la incontro Carla Aradelli, ci tiene subito a dirmi che non è figlia di cuochi, né discende da cuochi, anche se è cresciuta nel ristorante di famiglia specializzato in banchetti e quindi ha respirato sempre questo lavoro. Che è stato poi portato avanti dalla sorella. “Io ero la figlia che non era bella, non sapeva cucinare e andava male a scuola, in una famiglia dove il maschio era il maschio” - mi dice. I suoi facevano tavolate infinite e a lei non l’aveva nemmeno sfiorata un attimo il pensiero di impegnarsi in un ristorante per banchetti. Un elemento che l’ha posta in una condizione di rottura con la famiglia. “L’unica dell’ambiente da cui ho imparato veramente qualcosa sulla cucina è la signora Vincenza, donna con grande passione per la cucina” - ci tiene a dirmi. Non voleva fare la banchet-


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posto un locale, l’attuale, che era prima adibito a bar tabaccheria e negozio alimentare con cucina. Il primo intervento che fanno è proprio allargare la cucina. Nel suo nuovo locale, con due raffinate sale e un dehor estivo, si dimostra subito una cuoca di carattere, orgogliosa del suo lavoro, che sa tenere in pugno la cucina con caparbietà e cocciutaggine. “Tutte le belle cose che si dicono sull’orto, sulle erbe, sul km 0 io a quel tempo le facevo già, senza neanche pensarci su, in modo naturale... - mi racconta Carla - erano anni in cui costringevo mio marito a venire con me a raccogliere i prugnoli, nonostante magari avesse la febbre, o facevo la marmellata con i petali di rosa canina... Sai quanti ce ne vogliono per farne un barattolino?”. La sua è sempre stata prima di tutto una cucina istintiva, anche se concepita con una certa tecnica affinata, di cui però non ha mai voluto sbandierare solo il valore della territorialità pura, ma quello della nazionalità. Dei suoi fornitori, fidati e fedeli che la servono da quando ha aperto, infatti, ce ne sono molti di fuori mi dice: “che mi danno una materia prima eccezionale come per esempio gli agnelli, o la carne di manzo e alcuni formaggi che prendo da sempre in Piemonte”. Carla Aradelli ad un certo punto del suo percorso si

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sente drogata del “sistema”: dava grande importanza al confronto, alla comunicazione, alla critica, insomma a tutto ciò che riguarda un professionista quando entra a far parte di un conteso sociale, costantemente sotto i riflettori, come quello dei cuochi. Ma di questo “sistema” non si è mai sentita pienamente parte. La sofferenza al “sistema” le viene ancor più quando diventa mamma. “La scelta della professione di cuoco impone compromessi durissimi con l’altra parte del carattere femminile”


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- mi dice. “Fare la mamma è una cosa che ho scelto in libertà e alla cui libertà, non rinuncerò mai. Libertà, mia, ma anche di chi mi sta vicino”. Così ad un certo punto Carla si allontana dal “sistema”, diventa una mamma e una cuoca totale, ma “invisibile”. Decide di fare sul serio. Questa sua scelta costituisce oggi un’eccezione nella “categoria”. Non si sente più legata ad un animo prettamente artistico, ma piuttosto ad un’esigenza di esercitare un mestiere che possa sostenere la sua famiglia e far felici i suoi clienti. La cucina di Carla è curiosa, d’equilibrio. Una cucina fondata su di lei. A tratti anche conservatrice, nel momento in cui tutti innovano, ma sicuramente non banale da cui escono piatti come per esempio: Baccalà con patate e ciccioli di pancetta, Maccheroni fatti all’ago con salsiccia pomodorini e zafferano, Crostatina all’uovo con fonduta al grana, capperi e carpaccio di tartufo nero della val Nure, Piccione con porcini, mirtilli di montagna e riduzione al vino rosso, Cannoncini alla crema pasticcera su macedonia di frutta secca e mele spadellate al calvados.

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“Vorrei essere ricordata come una cuoca qualunque, ma una grande donna” - conclude Carla. Per completezza di cronaca, Carla Aradelli ha solo 42 anni, ma da 23 anni esercita questo mestiere, è doppiamente mamma, fa parte dell’Associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe, ed ha conseguito la stella

Michelin nel lontano 1997 che tutt’ora mantiene. Il marito Maurizio, in sala sa infondere stima e fiducia nell’ospite e da navigato sommelier offre, con stile discreto e professionalità, il giusto abbinamento alle preparazioni della cucina attraverso una bella e fornita carta dei vini.


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Ristorante Antica Osteria della Pesa: cucina che si morde fantasiosa e stimolante

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Claudio Cesena è un giovane arguto e gioviale che per natura è portato a far sempre qualcosa. È il cuoco dell’Antica Osteria della Pesa che ha aperto insieme al fratello Marco nel 1996 sulle affascinanti colline piacentine di Travazzano di Carpaneto, e oggi trasferita in aperta campagna - tra Pontenure e Cadeo - a completamento della splendida struttura ricettiva a quattro stelle “Cascina Scottina”. La sua storia professionale è lunga ed intensa nonostante abbia solo 37 anni. Nato in Germania, da madre tedesca e padre italiano, Claudio sceglie la scuola alberghiera di Salsomaggiore, orientando inizialmente la sua idea verso l’arte pasticcera - una delle sue passioni - che però abbandona per studiare da cuoco tout court.

Antica Osteria della Pesa Strada Comunale del Riglio Loc. Scottina 29010 - Cadeo (PC) Tel. 0523 504232

Durante il periodo scolastico nelle vacanze estive fa esperienza presso il ristorante Da Giovanni a Cortina d’Alseno dove inizia a comprendere le dinamiche di cucina e soprattutto i ritmi intensi del lavoro di cuoco. Una volta diplomato si mette subito a disposizione del Ristorante il Cacciatore di Sorbolo, poi del Tre Ville di Parma. Ma è l’esperienza triennale al Ristorante Maps di Castell’Arquato, con il conseguimento della stella Michelin, che lo gasa e lo convince che quella è la sua strada. Corsi di aggiornamento in diverse cucine, tra cui quella di Filippo Chiappini Dattilo dell’Osteria del Teatro di Piacenza, e nei vari centri specializzati sparsi in giro per l’Italia, lo aiutano a completare la sua formazione.


TRANI

L’offerta è troppo allettante e il luogo proposto corrisponde, nell’ambiente e nelle dimensioni, a quello a cui loro aspiravano da sempre. E non se la lasciano scappare. Oggi coadiuvati da collaboratori giovani, i due fratelli formano una squadra che si misura oltre che con la quotidianità del ristorante e le colazioni dell’albergo, anche con l’organizzazione di catering di qualità. Tutto espressamente preparato da loro. In cucina dell’Antica Osteria della Pesa, Claudio esercita, con profonda competenza, una cucina concreta, ma leggera. Una cucina fantasiosa e stimolante “che si morde”, dai gusti distinti, ma in armonia tra essi. Claudio non è più una giovane promessa, ma un professionista sicuro e competente.

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A Milano, nel 1995, si mette in sfida e si classifica primo al Concorso nazionale per giovani cuochi organizzato dalla “Confrérie de la Chaine des Rotisseurs”, e poi terzo in Finlandia durante lo stesso concorso internazionale. I successi ottenuti spingono il fratello Marco a convincerlo di aprire un loro locale: è così che ha inizio la storia dell’Antica Osteria della Pesa dei fratelli Cesena. Claudio in cucina e Marco in sala durante gli 11 anni passati sulle colline di Travazzano ottengono numerosi successi in termini di clientela e soddisfazioni personali. Ma non è quello il loro destino. Sul loro cammino nel 2007 incontrano un imprenditore che li convince a spostare l’Antica Osteria della Pesa a Cascina Scottina che aveva appena rimesso a nuovo.


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Da sempre valorizza il territorio e la tradizione piacentina attingendo alle materie prime locali. I piatti che arrivano in tavola sono misurati, realizzati con tocchi creativi, ma privi di inutili formalismi estetici: come la Crema tiepida di patate con prosciutto di maiale nero cotto nella brace e sfoglia di pane croccante, i Panzerotti a modo nostro con coppa croccante, i Ravioli ripieni di “picula ad caval” con verdura croccant e burro alla nocciola, il Cannolo di storione da noi affumicato con ratatouille di piccole verdure all’olio verde, il Petto di piccione farcito al tartufo e pistà ad gras, la sua coscia in crosta di pane, mostarda di frutta e verdura”. Ma nei suoi piatti Claudio celebra, per passione anche il mare, con i leggeri sapori del pesce, come per esempio La tavolozza di sapori di primavera con bocconcini di pesce spada, oppure I pesci di scoglio alla piastra sulla loro zuppetta con millefoglie di melanzana alla parmigiana.

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Dolci da manicomio in cui si erge la zuppetta di fichi al porto e cardamomo con gelato al timo. L’anno scorso è uscito in libro (vedi box a lato) intitolato “cuo chi due anime in cucina” - in cui Claudio Cesena è protagonista insieme alla collega a Isa Mazzocchi del Ristorante La Palta di Bilegno. Un libro che racconta una cuoca e un cuoco, le loro scelte, i loro gusti, i desideri per rendere il lavoro di cuoco sempre più bello, per loro e per chi ne gode i frutti.”

“cuo chi due anime in cucina” Cosa può portare due giovani cuochi, una donna e un uomo, di uno stesso territorio con due ristoranti da mandare avanti, ad accettare di stare tutti e due nello stesso libro? Che è un pò come condividere la gloria, un terno al lotto, una riconoscenza grande, una medaglia... Me lo sono domandato più volte ma quando sono entrato in possesso del libro “cuo chi due anime in cucina” ho capito. Tutti e due godono nel cucinare. Tutti e due godono la “sfida” con se stessi: lo si percepisce quando li conosci personalmente come è capitato a me di vederli all’opera, impegnati ciascuno nel proprio ristorante, nella propria cucina. Lei è Isa Mazzochi la cuoca patron del Ristorante La Palta di Bilegno, lui è Claudio Cesena, cuoco patron dell’Antica Osteria della Pesa del Relais Cascina Scottina. Tutti e due appartengono alla stessa cultura. Loro due hanno scelto di condividere la scena da protagonisti di un libro che parla di loro, in modo identico se pur diverso, ed hanno gioito nel condividere la scena. Del resto sono due altruisti per eccellenza, che accettano di buon grado la presenza di comprimari. “cuo chi due anime in cucina” è un volume che racconta attraverso le immagini di Fausto Mazza le storie personali dei due protagonisti esposte a mo’ di romanzo da Alessandra Locatelli e Luigi Franchi. Un uomo e una donna davanti ai fornelli, con le loro differenti caratteristiche e idee con due differenti approcci nel produrre una ricetta con lo stesso principale ingrediente. Il libro non è solo una food photography intensa ed efficace, che esalta la prelibatezza dei piatti, ma anche il ritratto, umano e professionale, dei due cuochi immortalati nella loro gestualità quotidiana, tra pentole e fornelli. Isa Mazzocchi e Claudio Cesena con questo libro secondo me hanno dato tanto a se stessi, ma anche al mestiere di cuoco, contribuendo a renderlo un’arte condivisa. Per questo nessun appassionato riuscirà a rimanere totalmente indifferente di fronte a un simile illustre connubio. “cuo chi due anime in cucina”, isa mazzocchi e claudio cesena: Foto di Fausto Mazza, GL. Editore, pag. 168, 20,00 euro.



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Trattoria Cattivelli: la cucina delle donne come punto di forza assoluto

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Vi sono dei luoghi predestinati, scriveva Eduard Shurè, saggista e poeta francese, che sembrano edificati dalla natura per rappresentare agli occhi dell’umanità certe idee fondamentali la cui magia deriva da loro, non solo dalle tradizioni storiche, dalle leggende e dai ricordi che li hanno impregnati del loro penetrante profumo, ma si direbbero santuari scolpiti dagli dèi che vi si venerano per servir loro da abitazioni. Luoghi meravigliosi come l’Isola Serafini, una frazione di Monticelli d’Ongina in provincia di Piacenza, a ridosso dell’unico imponente sbarramento idroelettrico del corso d’acqua padano e l’unica abitata del Grande Fiume.

Qui nel piccolo borgo che conta una decina di abitanti ha affondato le sue radici l’Antica Trattoria Cattivelli. Una trattoria di famiglia, quella dei Cattivelli, in cui tutti sono coinvolti: da papà Valentino, alla mamma Cesira, alle figlie Manuela e Claudia. Compresi Luca, il marito di Manuela e Massimiliano il marito di Claudia. All’inizio la Trattoria Cattivelli era un “baracchino” il classico punto di ritrovo per merende a base di fritture e salumi. Con la nuova generazione i locali si ampliano per andare incontro all’esigenza dei numerosi clienti che venivano qui per cercare una cucina casalinga e gustosa ad un prezzo assolutamente modesto oltre che refrigerio e aria buona. Man mano si allarga anche il menu, con protagonisti alcuni piatti realizzati con i prodotti tipici, prima fra tutti i pesci d’acqua dolce come storione, anguilla, luccio perca, pesciolino e pesce gatto, e i prodotti della terra, con verdure e ortaggi di stagione, ma anche carni. La trattoria Cattivelli pur essendo oggi un locale che sa mettere a tavola centinaia di persone, ha mantenuto alto il valore di sana trattoria: quella fondata sulla cucina di casa propria che apre ai “foresti”. Gente alla mano, gentile e onesta, i Cattivelli. Che fa paio con il locale semplice, ma molto curato - nella sala


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grande campeggia un enorme affresco sulla vita fluviale degli anni ’50 del pittore Giacomo Malfanti, (che credo sia un pò l’orgoglio della famiglia per come mi hanno chiesto di fotografarlo), - come anche l’esterno con un bel pò di verde che ti fa sentire bene. La cucina governata da tutte le donne Cattivelli è un punto di forza assoluto di questa Trattoria: una storia generazionale legata alla ristorazione, alla trasmissione dei saperi basati anche sulla manualità, sui gesti e i ritmi delle preparazioni con punte di eccellenza nella selezione delle materie prime come anche nell’amore nel preparale. La qualità del cibo è encomiabile, te ne accorgi da come riesce a sopravvivere la cucina dalle tecniche di cottura tradizionali. Quello della cucina col sapore di una volta dove la vicinanza del fiume è evidente. Un tratto identitario forte che resiste saldamente, nonostante la trasformazione dei ritmi di vita, la tecnologia e la globalizzazione dei consumi. Una cucina

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Trattoria Cattivelli Via Chiesa di Isola Serafini, 1 29010 Monticelli d’Ongina (PC) Tel. 0523 829418

semplice e genuina, perfettamente intonata al luogo da cui escono piatti come per esempio l’Anguilla marinata della casa, il Luccio perca in salsa della bassa, i Tortelli di ricotta ed erbette con burro e salvia, la Zuppetta di pesce d’acqua dolce, la Frittura di anguilla pesce gatto e pesciolini, il Mio gelato al profumo di menta e salsa di liquirizia.


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Ristorante La Fiaschetteria: cucina rivisitata, leggera e del benessere

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Mai, come in questo lembo di terra tra Piacenza e Parma, ho trovato un numero così alto di donne brave in cucina: alla faccia del noto giornalista britannico Sam Holden del Daily Mirror che nel suo libro “Diary of a Hapless Househusband” sostiene che “le donne non cucinano bene come gli uomini e che anche quando sono cuoche discrete non escono dal seminato, non sorprendono e non regalano vere emozioni...”. Se è pur vero che la storia del rapporto tra grande cucina e cuoche donne è stata spesso la storia di un rapporto difficile, tuttavia, dopo essere rimaste a lungo all’ombra dei loro colleghi uomini sui quali si è spesso concentrata l’attenzione dei media, oggi le donne chef stanno rapidamente scalando posizioni su posizioni e tendono ad assumere sempre più spesso il ruolo di guida e di maggiore innovazione all'interno dei movimenti gastronomici. Patrizia Dadomo, del Ristorante La Fiaschetteria nella bassa Piacentina è sicuramente una delle voci intriganti della cucina di qui, ma anche nazionale: cuoca autodidatta, ha rubato con gli occhi il mestiere dalla sua famiglia che da quattro generazioni gestisce la trattoria Vernizzi a Frescarolo di Busseto. Con un diploma da magistrale in tasca Patrizia Dadomo non ha mai pensato di professare l’arte per cui aveva studiato da giovanissima.


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Così uscita dal tran, tran di cucina famigliare, apre con il marito Gianni Rigoni la Trattoria Verdiana a sant’Agata, poco distante dalla villa di Giuseppe Verdi. Un locale tra il bar-trattoria-negozio che si rivela subito stretto per le ambizioni professionali che i due rincorrevano. Per lasciare “inalterati” gli stili gastronomici a cui i clienti della vecchia Tarttoria Verdiana erano abituati, e ridefinire una propria cucina d’autore, i coniumi Rigoni, aprono La Fiaschetteria immersa nella tranquilla campagna di Besenzone. “Per fare una cucina che fosse espressione del territorio, ma che sapesse anche offrire originali evoluzioni: una cucina leggera e del benessere ancorata ai prodotti locali” - mi dice Gianni Rigoni. In queste ex scuderie di una nobile casa di campagna del tardo ‘600, Patrizia Dadomo e Gianni Rigoni, trovano il loro luogo. Riordinano gli ambienti secondo uno stile attento e rispettoso della classicità del locale: rimangono inalterati: i tipici soffitti a cassettoni che si fondono con le mura spesse, gli storici camini, le volte basse e le finestre ampie. Riempiono le stanze da pranzo di quadri e oggetti di pregio che si fondono in modo naturale con l’arredamento ed il tovagliato. Un vialetto di siepe conduce all’interno di


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La Fiaschetteria Località Bersano, 59 bis 29010 Besenzone (PC) Tel e fax 0523 830444

questa splendida cornice in cui all’esterno fa bella mostra la lampada insegna con incisa “La Fiaschetteria” acquistata dai due coniugi ad un mercatino e da cui hanno ricavato il nome del loro ristorante. L’altissimo gradimento tra il pubblico e i critici, nel 1996 porta La Fiaschetteria a fregiarsi della prestigiosa stella Michelin che tutt’ora mantiene. “La cosa strana è che, prima della stella, sulla guida non eravamo neppure citati... insieme a Vissani, siamo l’unico caso del genere nella storia della guida” - aggiunge Gianni Rigoni.

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Una cucina del territorio che Patrizia ha addomesticato, importando anche dai ricordi delle esperienze consumate durante le visite ai migliori ristoranti d’Italia per “osservare e capire certe tecniche e gli ingredienti che si potevano adattare alla mia cultura” - mi dice Patrizia. Così nel suo menù trovano spazio, tra gli altri, le Noci di cappesante rosolate al rosmarino con passata di piselli e speck, la Terrina di fegato grasso d’oca con bieta caramellata e pane dolce all’uvetta, i Ravioli ripieni di faraona con fonduta al taleggio, la Frittura di fegato di vitello tocchetti con porcini freschi, la Sfoglia croccante di mandorle con mousse di cioccolato caramellia (cioccolate al latte caramellato). La fiaschetteria è anche una deliziosa locanda di campagna con tre sole camere da notte, arredate con pregevoli mobili antichi e massima attenzione ai dettagli, per un soggiorno silenzioso e rilassante.


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SOARZA

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V I L L A N OVA

S U L L ’A R D A

Azienda Agricola Pizzavacca: prodotti secondo natura In provincia di Piacenza, sulle rive del Po, a Soarza di Villanova sull’Arda, in una cascina dall’ingresso maestoso, ha sede l’Azienda Pizzavacca - della famiglia Pisaroni che da diverse generazioni è impegnata nella produzione agricola tradizionale del territorio piacentino. 70 ettari coltivati a cereali, barbabietole da zucchero, mais, foraggi e orticole da campo, con i classici sistemi agricoli, a cui - da un pò di tempo - si sono aggiunte le coltivazioni di ortaggi e piante da frutto per essere trasformati, sempre in azienda, in succhi di frutta, nettari di frutta, confetture, salse e conserve...

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Azienda Agricola Pizzavacca via Po, 1 29010 Soarza di Villanova sull’Arda (Pc) Tel. 0523 837395

“Tutto nasce circa tre anni fa’ - mi dice Emanuele Pisaroni, 30 anni, laureato in scienze agrarie all’Università Cattolica di Piacenza - quando una mattina al mercato generale dove portavamo a vendere i nostri pomodori non eravamo riusciti a venderli per colpa della concorrenza di quelli esteri venduti a prezzi stracciati. Scossi da questa esperienza, ma consapevoli della qualità dei nostri, prodotti, l’indomani ci presentammo con dei barattoli di passata di pomodoro preparati da mia mamma... e fu un successone”. Reduci da questa straordinaria esperienza decidemmo di affiancare alla produzione agricola, la trasformazione e la vendita diretta. Filiera corta, come si dice in questi casi. Frutta e verdura all’azienda agricola Pizzavacca sono prodotte e raccolte tenendo in precisa considerazione il giusto periodo per ogni diversa varietà

e poi lavorate e trasformate senza conservanti grazie alla qualità degli ingredienti e ai procedimenti di imbottigliamento studiati ad hoc. I risultati sono da urlo per salubrità, sapore e gusto. “Questa attività di trasformazione di prodotti ortofrutticoli è un valore aggiunto che si sta dimostrando sempre più prezioso per noi” - continua raggiante Emanuele - e sta trovando un notevole riscontro sia sul mercato nazionale che estero”. La trasformazione dei prodotti mantiene l’impronta delle antiche ricette della bassa piacentina e non prevede l’utilizzo di conservanti, coloranti e altri prodotti normalmente utilizzati nel settore industriale. Pere, mele, albicocche, susine, ciliegie, pesche è la frutta prodotta rigorosamente in azienda, mentre ananas, arance e pompelmo e frutto di bosco arrivano da coltivatori selezionati.

Per gli ortaggi solo il carciofo non fa parte della loro produzione e arriva dalla Sardegna. Un rapporto corretto nella trasformazione di prodotti naturali che anche per questo osiamo definire “puliti”. L’azienda Pizzavacca crede molto ad una economia che contribuisca allo sviluppo del territorio ed al lavoro a “dimensione umana”, secondo il principio fondamentale di tradizione. Oltre la sua famiglia, infatti, nella fase produttiva, sono coinvolte le persone del posto: come la signora Anna che pulisce le verdure de’ la Giardiniera meglio di una macchina o come la signora Teresa che prepara le confezioni come un’artista modellista. “Ogni domenica - aggiunge Emanuele - ci presentiamo in piazza con i nostri nuovi prodotti per farli assaggiare alla gente del posto: per noi il loro giudizio è fondamentale per continuare a crescere”.


MADONNA

DEI

P R AT I

Trattoria Campanini: sobria ed intrisa di passione mensa. Oppici lasciò i locali, ma continuò la sua attività coadiuvato dai figli, in un modesto locale costruito a poche decine di metri che è ancora l’attuale locale della trattoria Campanini. La nuova attività funzionava anche da negozio in cui si trovava tutto ciò che poteva essere

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Madonna dei Prati è un’enclave di campagna solenne e severa, fatta di grandi spazi e di poca gente, rimasta rurale nonostante il 2010, denominata così per il suo santuario ove si venera fino dal 1600 un’antica immagine della Beata Vergine Maria, Santa Madonna dei Prati di Busseto. Su tutto il paesaggio attorno per parecchi chilometri troneggia il profilo alto quasi 20 metri di questo Santuario di stile bramantesco costruito, così come ora si trova, negli anni 16901696 su progetto dell’architetto Don Francesco Callegari di Roncole. Difficile dire se sono i caratteri a plasmare i luoghi o viceversa. Fatto sta che questo Santuario in qualche modo ha condizionato e condiziona tutt’ora la Trattoria Campanini. Si perché tenuto conto che Madonna dei Prati, non aveva altra rinomanza se non quella derivata dalle pratiche religiose che si tenevano attorno alla chiesa e che richiamavano periodicamente masse di fedeli che dovevano in qualche modo anche essere sfamati, un certo Don Leto Bocelli, nel 1911 decise di aprire un punto di ristoro presso la sua chiesa, destinando a questo uso il portico dell’oratorio. La conduzione del nuovo punto ristoro per i pellegrini, fu affidata al signor Oristodemo Oppici. Il contratto, della durata di tre anni, però fu disdetto prima della scadenza perché Oppici non mantenne fede ai doveri contrattuali che riguardavano gli obblighi imposti dalla serietà del luogo piuttosto che ai piaceri della

Trattoria Campanini Via roncole verdi 136 Madonna Dei Prati (Parma) Tel. 0524 92569

utile alla vita quotidiana della gente che a poco a poco compose il primo nucleo di abitanti di Madonna dei Prati. Agli Oppici in seguito successe uno dei nipoti, Romano Campanini, a cui si deve la nascita della “torta fritta” diventata famosa in quasi tutti i ristoranti della Bassa Parmense. Attorno alla fine degli anni ’60 la trattoria passa di nuovo di mano. Tocca agli attuali Cam-


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DEI

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panini - parenti stretti del Romano - portare avanti la tradizione di famiglia. La famiglia di Stefano Campanini con mamma Maria, in cucina da una vita, e la sorella Franca in sala, rinnovano la gestione e iniziano una graduale e normale evoluzione, tenendo conto delle nuove esigenze della clientela che comincia a frequentare la Trattoria anche la sera. Torta Fritta, pasta tirata a mano, i grandi salumi del territorio, selvaggina e animali da cortile ruspanti erano le proposte che recitava il “nuovo” menu. Lavorato con lo stile di vita sobrio e intriso di passione che li distingue. L’ambiente della Trattoria Campanini è rigo-

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rosamente da locale di campagna, di quelli che riescono clamorosamente a mettere d’accordo tutti: una trattoria di famiglia degna di questo nome e per giunta ricca di inusuali accorgimenti. Come quello di aver mantenuto salda la produzione dei migliori salumi, Culatelli di Zibello D.o.p. compresi, conservati in una cantinetta storica a fianco del Santuario. Cuoco autodidatta Stefano apprende il mestiere dalla nonna e dalla mamma motivato da grande passione. Pur definendosi tradizionalista puro, nell’elaborazione dei suoi piatti pone massima attenzione anche a quelle che sono le nuove esigenze della clientela che lo portano a sconfinare - a volte - verso piatti originali che richia-

mano comunque gli antichi sapori. Come per esempio le “caramelle” di taleggio (pasta ripiena), con culatello di zibello e formai di bruna, lo zabaglione balsamico, (marchio registrato dai Campanini), con scaglie di Parmigiano Reggiano 36 mesi, la crema rovesciata al cioccolato e rhum. A garanzia di una tradizione culinaria radicata invece Stefano Campanini e mamma Maria propongono il tagliere di culatello di Zibello e spalla di San Secondo con Torta fritta, la Trippa alla parmigiana, il Guanciale di maiale al Lambrusco con polenta. Ricca la proposta dei vini con oltre 250 etichette di cui circa una cinquantina di Champagne.



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Al Cavallino Bianco e Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina: cucine d’eccellenza con cuore in movimento Per chi ancora non lo sapesse e identificasse Massimo Spigaroli solo, (si fa per dire), come il Presidente del Consorzio del Culatello di Zibello e l’attento allevatore o produttore di salumi unici dell’Antica Corte Pallavicina, si sbaglia di grosso. Infatti Massimo è anche cuoco rinomato, impegnato non solo nello storico locale di famiglia Il Cavallino Bianco, ma oggi anche nel nuovo Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina. Oltre che in tutto il mondo, a rappresentare la migliore cucina della sua terra. Già da bambino le doti culinarie di Massimo si fanno avanti: nelle pause scolastiche si dà da fare al ristorante di famiglia Il Cavallino Bianc il prossimo anno compie 50 anni: lo aprirono infatti suo padre Marcello e la mamma Enrica proprio sulla sponda del Po, nelle vicinanze dell’imbarcadero. Da subito il locale cominciò ad attirare clienti tanto da trasformarsi in un accogliente Lido-Osteria dove si poteva con pochi quattrini mangiar e bere bene, e, nei festivi, anche ballare. Un ristorante di famiglia in cui Massimo appena cresce si da subito da fare, aiutando la zia Emilia, cuoca dalle doti culinarie speciali, nei lavori di cucina. Da lì all’iscrizione alla scuola alberghiera di Salsomaggiore per frequentare i corsi di cucina, il passo per Massimo fu naturale. La passione lo spinge, a soli 16 anni, fino a Lione nel ristorante di Paul Bocuse: “ne avevo sentito tanto parlare e lo raggiunsi in treno e poi in taxi per approfondire la mia conoscenza sulla nouvelle cuisine, il movimento che in quegli anni stava affondando le sue radici anche in Italia - mi dice fu un’esperienza che segnò il mio percorso futuro in cu-

cina, ma non solo - continua - perché capii che i francesi sopra ad un prodotto che aveva poco da dire ci costruivano giganteschi monumenti!”. “Mi colpì però molto il fatto che Bocuse facesse “uscire” in sala i cuochi che portavano in tavola le preparazioni, a discapito della professione dei camerieri... Da

Ristorante Al Cavallino Bianco Via Sbrisi, 2 - 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524-96136 - Fax 0524 96416 Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina Strada del Palazzo Due Torri, 3 - 43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 936539

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questa esperienza capii che con il nostro territorio, le nostre professionalità e i nostri prodotti, si poteva fare molto di più di quanto si era fatto fino allora”. Massimo Spigaroli inizia così quindi un percorso di valorizzazione del patrimonio eno-gastronomico del territorio, impegnandosi ancor di più sia in cucina con la preparazione dei piatti sia in azienda nella produzione di salumi. Giovanissimo, al Circolo della

Stampa di Parma, presenta un piatto speciale di sua creazione Il fegato in reticella alla Spigaroli, che diventò subito il “Piatto del Buon Ricordo” del Cavallino Bianco, confermando così la speciale dimestichezza di Massimo Spigaroli tra pentole e fornelli. Il sogno che aveva da bambino di fare il cuoco si stava avverando. Prima dei vent’anni ha collezionato esperienze in importanti alberghi a 5 stelle in Italia e all’estero, e la partecipazione a importanti concorsi gastronomici lo legittimano come uno dei più autorevoli interpreti della cucina del territorio. Nel frattempo cura anche l’amore per il culatello che produce di fronte al suo ristorante e stagiona nelle splendide storiche cantine. La sua ricerca della qualità estrema anche in questo campo, lo porta in poco

tempo a diventare il più importante ambasciatore del culatello fino alla carica di presidente del Consorzio. Lavora sempre sodo Massimo Spigaroli, ma non gli mancano le soddisfazioni: negli anni a seguire incontra - nella duplice veste di cuoco e produttore di salumi presidenti di Repubblica, principi, personaggi famosi ed illustri. Al Cavallino Bianco la sua cucina rimane ancorata alla tradizione, con alcuni piatti evoluti che hanno segnato la crescita di questo ristorante come per esempio il Tagliere di Culatello di Zibello di 20 mesi, i Tortelli alle erbette alla parmigiana, il Filettino nero intramezzato di Tosone e Culatello, il Semifreddo di Giuseppe Verde. Qui il valore fondamentale sono i clienti che cercano i piatti dell’identità del Cavallino Bianco, il servizio fatto in un certo modo, che frequentano il locale perché rappresenta anche la storia del patrimonio della Bassa Parmense. Massimo Spigaroli nel nuovo Ristorante del Relais Antica Corte Pallavicina, invece, si concentra per rafforzare questa identità di territorio e va oltre: “la vastità e la qualità dei prodotti di questa terra,


P O L E S I N E PA R M E N S E

Relais Antica Corte Pallavicina: dimora di campagna per soggiorni ispirati L’Antica Corte Pallavicina è uno degli esempi di straordinario recupero di una dimora storica a tutela di un territorio che conserva, lungo il suo grande fiume che lo segna, il Po, alcuni fra i più importanti e inimitabili patrimoni di saperi, sapori e profumi d’Italia. L’opera di risanamento dell’Antica Corte Pallavicna, compiuta negli anni dai fratelli Massimo e Luciano Spigaroli ha dato vita a qualcosa di assolutamente straordinario: una testimonianza storica di assoluto rilievo, che fu dimora del ramo locale dei Pallavicino e luogo d’ispirazione per Giuseppe Verdi durante la creazione di Aida. L’Antica Corte Pallavicina è stata riportata agli antichi splendori in combinazione alla sua originale funzione che svolgeva in antichità: nei suoi terreni, tra prati e boschi, infatti, vivono tutti gli animali della bassa e dell’alta corte, dall’anatra all’oca, dalla vacca al maiale, che con cura e nel rispetto del benessere animale vengono allevati secondo natura per essere poi trasformati in straordinarie prelibatezze locali. Ma l’Antica Corte Pallavicina, è anche relais ed ospitalità. Le 6 esclusive camere, di cui 2 Suite, sono tutte al primo piano servite da ascensore. Sono semplicemente eleganti, corredate da tutti i comfort e curate al dettaglio, con grandi vasche da bagno ed arredamenti d’ epoca alleggeriti da inserti moderni, con saponi sempre artigianali. Dotate di camini funzionanti, presentano bagni ricercati con lavabi realizzati dagli artigiani del posto, con stuoie delle docce in legno di pioppo, un piccolo bar e una moscarola sempre rifornita di buon ParmigianoReggiano, pane, salame e vino, per un soggiorno all’insegna del piacere a 360°.

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mi offre la possibilità di ricercare quotidianamente nuove vie che siano in grado di suggerire combinazioni di gusto, magari fin’ora inespresse” mi dice. Con l’esperienza, la sua cucina ha assunto dimensioni diverse e diversificate. Qui si impegna in una cucina di ricerca, di costruzione e di elaborazione. Anche se il riferimento di fondo rimane quello originale, quello che gli hanno insegnato i suoi genitori: della filiera corta che attinge dalle produzioni proprie come quelle dell’orto a fianco - o al massimo locali - per tutto ciò che serve a produrre quotidianamente il menu. “Il punto di congiunzione sta nel fatto che la tradizione non è affatto conservazione - mi dice - la tradizione per me significa radici ed è la fondamenta su cui costruisco il mio lavoro in cucina….che però attualizzo nel mondo in cui viviamo, con la realtà odierna, con il nuovo, con l'occhio rivolto al mondo che cambia ogni giorno. Ed io cerco di impegnarmi per cambiarlo in meglio”. È questa la grande sfida! “Prendiamo per esempio la nuova cucina che ho allestito per il ristorante Relais Antica Corte Pallavicina continua ancora Massimo - non a caso è attrezzata di tutto punto, con macchine in grado di farci svolgere meglio il nostro lavoro, con piani cottura all’avanguardia, con cappe d’aspirazione ultima generazione e perfino l’aria condizionata... Cose - continua - che ci permettono di lavorare in un ambiente anche più sano, con pentole di ogni materiale e forma in grado di cuocere con ogni tecnica e frigoriferi adatti ad ospitare diversi prodotti che necessitano di stare a temperature differenti” - conclude. Ma questa filosofia si esprime anche ai tavoli, con la posateria d’argento, il tovagliato di lino, il servizio professionale ed attento, svolto con calore e rapporto umano, che sono alla base del modo di interpretare la ristorazione di Massimo Spigaroli. La tangibilità di una cucina seria e qualificata che offre motivi e spunti che vanno oltre il cibo, attraverso il cibo come l’Anguilla marinata con uvetta e ratatouille di melanzana e pomodoro, il Crudo di Bue con verdure, i Ravioli di Lumache, il Petto d’anatra, il Caramello.


P O L E S I N E PA R M E N S E

Il Culatello di Zibello passione di gusto garantito

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La Denominazione di Origine Protetta “Culatello di Zibello” DOP, è riservata esclusivamente al prodotto di salumeria che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione. Il Consorzio ha stabilito che la lavorazione deve avvenire solo ed esclusivamente nel periodo tra ottobre e febbraio, quando la bassa è avvolta dalla nebbia e dal freddo. È in quel periodo che la parte di carne ricavata dalla coscia dei suini adulti, allevati secondo metodi tradizionali nei territori di competenza definiti nello stesso disciplinare, viene decotennata, sgrassata, disossata, separata dal fiocchetto e rifilata a mano, così da conferirle la

caratteristica forma “a pera”. La massa muscolare così ottenuta viene salata manualmente a secco. L’operazione di salagione ha una durata che va da uno a sei giorni mentre la fase di stagionatura non deve durare meno di 10 mesi a partire dalla fase di salatura. Durante tale periodo è consentita la ventilazione, l’esposizione alla luce ed all’umidità naturale tenuto conto dei fattori climatici presenti nella zona tipica di produzione. Alla fine il culatello si presenta con un peso che varia dai 3 ai 5 kg, imbrigliato in giri di spago tali da formare una sorta di rete a maglie larghe, dal profuno intenso e caratteristico. In bocca è morbido, dolce, delicato e persistente. Così buono che una fetta tira l’altra senza stancare mai.

Ogni anno solo 13.000 pezzi si possono fregiare della DOP e del marchio dei produttori aderenti al Consorzio del Culatello di Zibello.


ROCCABIANCA

Hostaria da Ivan: felicità enogastronomica laica e generosa La costruzione dell’immagine dell’Hostaria da Ivan è assoluta e assolutamente originale fin dall’inizio. Grazie soprattutto al lucido sguardo laico di un oste come lui che esalta le cose in cui crede (primo fra tutti il piacere del vino), e restituisce ai commensali le coordinate del piacere intenso, alto. L’Hostaria da Ivan così com’è all’inizio affascina, fa capire subito ai suoi ospiti che qui possono trovare cibi e vini buoni. Ivan lo fa anche per allusione accompagnandoli per mano in un contesto di gioia esistenziale: fino a quando non la si incontra quest’osteria, e il suo Oste, soprattutto, rimane un sen-

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Se dovessi riassumere l’esperienza consumata all’Hostaria da Ivan di Roccabianca lo farei con la descrizione di Cuccagna: paese favoloso dove regnano l’abbondanza e le delizie del bere e del mangiare e di ogni altro facile piacere e godimento dei sensi (Battaglia S., Grande dizionario della lingua italiana, UTET). L’Hostaria da Ivan è un’oasi di civiltà conviviale creata da un mancato “modellista” Ivan Albertelli - con un amore viscerale verso il vino e il cibo, e da una mancata infermiera - sua moglie Barbara - cuciniera dal carattere mite. Che un pò è costretta ad assecondare il marito sognatore. Tutti e due hanno deciso nel 1994 di mettersi a fare gli osti, uno dei mestieri più vecchi del mondo, si potrebbe dire e a primo acchito, un mestiere su cui, si pensa male, non c’è niente da imparare. E invece... Così rilevano il Bar di Fontanelle a Roccabianca per ricreare l’osteria vera, quella di una volta: vini e salumi innanzitutto.


ROCCABIANCA

Hostaria da Ivan Strada Villa - Fontanelle, 22 43010 Roccabianca (PR) Tel. 0521 870113

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timento sconosciuto per molti. Nel 2005 l’Hostaria da Ivan cambia sede: si trasferisce nella casa di fronte e diventa anche Locanda. Nei nuovi spaziosi ambienti, prende forma anche una cucina più strutturata in cui Barbara cucina i piatti della tradizione, quelli delle “rezdore” della zona, con impegno e devozione, ma soprattutto mai in maniera banale. Una cucina che richiede molto tempo ricca di ingredienti e materie prime della zona. Una cucina mai dimenticata, e riproposta nella maniera più fedele, ma anche alleggerita dove si può: il Tosone fritto avvolto in pancetta, le Lasagnette di pasta all’uovo con ragù di manzo e fonduta di parmigiano, i Pisarei (gnocchetti di pane e latte) con sugo ai fagioli borlotti, la Crema di zucchine con timo e olio extra ver-

gine d’oliva ligure, i Tortelli intrecciati con ripieno di prezzemolo e ricotta, al burro e salvia, gli Stracci di pasta alle biete, con Sugo ai peperoni e acciughe su salsa delicata di taleggio, gli Gnocchi di patate con pesto leggero e julienne di pecorino, la Trippa alla parmigiana, il Polletto alla cacciatora con verdure, le Costine di maiale grigliate con patate e senape la crudità di carne piemontese di fassona. E ovviamente i salumi tipici con Culatello del Consorzio di Zibello, Prosciutto Crudo di Parma 28-30 mesi di stagionatura, coppa di testa di maiale, Strolghino, ecc... Quando si entra all’Hostaria Da Ivan le casse di vini e le immense bottiglie accatastate in ogni dove ti fanno già avvertire che qui il bere è una pratica molto importante collegata al mangiare.


ROCCABIANCA

La Spalla Cotta di San Secondo La Spalla Cotta di San Secondo, è un altro formidabile prodotto di questo territorio che merita di essere descritto. Uno dei salumi preferiti dal grande Giuseppe Verdi. La Spalla Cotta di San Secondo è prodotta su un’area ben circoscritta della pianura parmense compresa tra Fontanellato, Roccabianca e Pieveottoville, di cui San Secondo costituisce l’epicentro. I quantitativi che qui si producono sono estremamente limitati: oggi nella zona tipica si registra una produzione di circa 20.000 spalle l’anno, che viene assorbita dal consumo famigliare e dai ristornati e trattorie della zona. Già conosciuta e apprezzata gin epoca romana per la sua prelibatezza la spalla cotta di San Secondo era utilizzata a volte come moneta di scambio. La fabbricazione (che una volta non prevedeva l’asportazione dell’osso, oggi introdotta per ragioni pratiche e di consumo) inizia con la rifilatura della spalla (parte superiore della coscia anteriore del maiale), cui segue la salatura e la “concia” con pepe, cannella, aglio e noce moscata. Dopo un paio di settimane di “riposo” in ambiente freddo, il trancio viene arrotolato e legato prima di procedere all’insacco nelle vesciche di maiale e ad una seconda legatura. La stagionatura minima prevista è di un mese e mezzo poi la spalla viene lavata in acqua e aceto e quindi cotta per 4 fino a 8 ore a secondo della grandezza. Il risultato è un salume particolarmente profumato e tenero, il suo sapore è dolce e delicato. Può essere consumato anche freddo, ma dà il meglio di sé quando viene gustato tiepido e tagliato a fette grossolane. Tradizionalmente la spalla veniva consumata nel periodo estivo, quando terminava il processo di stagionatura, nel periodo in cui cadeva a San Secondo la Fiera Grande, oggi trasformata nella Fiera della Spalla e della Fortanina (il vino-bibita locale che ben s’accompagna alla spalla).

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Si avverte, dalla mole di tappi a fungo - appesi a formare una scultura - che le bollicine, qui, sono di casa. In numero considerevole di etichette e abbondanti scorte nazionali e francesi. Qui tutto si apre, tutto si beve, tutto si finisce fino all’ultima goccia. E se non lo si fa seduti comodamente ai tavoli della spaziosa e luminosa sala da pranzo con vista su un giardinetto all’italiana curatissimo, Ivan ci invita nel suo chiosco cantina. Un locale raccolto in cui regna un disordine controllato con libri e riviste che spuntano ovunque tra le bottiglie esposte (stupisce la raccolta di bollicine….) e i salumi appesi, in cui alle pareti sfoggiano, tra le altre cose, una bandiera italiana e le elucubrazioni firmate da vignaioli e amici. Qui l’oste accoglie i commensali e gli amici con un buon bicchiere di vino, solitamente Champagne, e li induce a chiacchiere e a socializzare. E immersi tra tutti questi simboli del vino si trae solo linfa per un’allegria disincantata comune, oltre che godere della generosità assoluta dell’oste. Ivan è un oste evoluto e credo che abbia anche anticipato i tempi in alcune forme di comunicazione dell’eno-gastronomia che per molto tempo è stata suddita di false retoriche modaiole-culturali. Informatevi sulla sua “Salumoterapia”: una sorta di viaggio full immersion tra il piacere delle bollicine e i salumi della bassa, proposto a tutti coloro i quali vogliono vivere il cibo e il vino con maggior leggerezza per una felicità eno-gastronomica più vera.



SORAGNA

Ristorante Stella d’Oro: cucina ricercata, applicata al patrimonio locale 51 n. 4 - ottobre 2010

La prima sensazione che si ha nell’entrare a “La Stella d’Oro” è quella che perfino l’aria che si respira sia pervasa dalla tradizione della ristorazione. Che sprigiona anche da colui che con forza e passione gestisce il locale. Te ne accorgi infatti quando il patron del ristorante lo vedi intento nelle operazioni di religiosa stappatura di una “bollicina” per dei clienti che si fidano: un vero e proprio anfitrione capace di far star bene chi si siede ai suoi tavoli. Lui è Marco Della Bona 52 anni, di cui 20 anni trascorsi in un ristorante a Parma che condivideva con un socio. Prima ancora scuola all’Alberghiero di Salsomaggiore, stage su è giù per la Francia e l’incontro con George Cogny. Tanta storia. Come quella di Soragna - dov’è nato Marco e in cui si trova il ristorante Stella d’Oro - le cui origini risalgono ai longobardi: all’epoca del re Liutprando il borgo era un feudo imperiale dei Pallavicino, poi marchesato, infine principato, “e poteva anche battere moneta”. In questo piccolo borgo antico immerso nella campagna emiliana vicinissimo a Parma e Fidenza Marco Della Bona torna alle sue origini dopo l’esperienza parmense e una stella Michelin alle spalle. Ci ritorna per, e con, la sua famiglia, moglie e figlia. Ma anche per ritrovare quell’intimità contadina da cui egli proviene. L’idea è quella di rilevare un vecchio locale per mettere su una cucina da trattoria: salumi - di cui Marco è un grande intenditore soprattutto di Culatelli - for-


SORAGNA

maggi e qualche piatto caldo abbinato a vino buono. Ma la sua caratteristica lo dirotta nuovamente verso una ristorazione di un certo livello “non ci stavo coi prezzi da trattoria - mi dice - per quello che offrivo”. Per forza: già solo le bottiglie di vino che circolano in carta a La Stella d’Oro - oltre 1.500 etichette fra i migliori nazionali ed internazionali, soprattutto Champagne - lasciano trasparire le ambizioni di Marco. Che sono quelle di proporre alla sua clientela solo il meglio! Così il locale viene rimesso a nuovo, con interventi curati da cui si ricavano due sale luminose,

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raffinate ed accoglienti, più un cortile interno per la sosta conviviale durante il periodo estivo. Nel tran, tran quotidiano che si consumava all’inizio a La Stella d’Oro ad un certo punto la sua indole di cuoco di cucina “moderna”, che si porta dietro dalla città, viene messa in discussione da un suo cliente che dopo un pranzo gli dice: “potevi fare a meno di darmi forchetta e coltello per mangiare tutte ‘ste pappette”. Lui che cercava di mettere nel piatto originalità, col dovere della ricerca, ma sempre guardando al pia-

cere del cliente, comincia a meditare su quel commento. E a tornare un pò indietro, applicando certi principi di ricerca al patrimonio della tradizione, alle materie prime locali. Le sue conoscenze tecniche e professionali di cucina, da quel momento le usa soprattutto a favore dell’equilibrio, della difesa della memoria e dell’identità del territorio. E, attraverso una cucina di grande classe, dove preparazioni tipiche parmensi e materie prime locali riescono a fondersi con grande naturalezza insieme alla sua fan-


SORAGNA

tasia, riconquista il suo cliente, così come tanti altri, oltre che i riconoscimenti della critica. Sono anni di grandi soddisfazioni in sintonia anche con l’euforia del settore che tira. Tant’è che da buon imprenditore, oltre che cuoco patron, Marco Della Bona ristruttura le camere ai piani superiori de La Stella d’oro per farne una “locanda” di un certo livello, formando anche la squadra che porta avanti oggi l’impresa: oltre lui, la moglie, la figlia, il genero e 5 dipendenti, impegnati tra cucina e sala. Fornitori fidati, capaci di

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Ristorante Stella d’Oro Via Mazzini, 8 - Soragna Tel. 0524 597122

sostenere il giusto rapporto tra qualità e quantità dei prodotti, mettono in mano a Marco una materia prima che qui, a La Stella d’Oro, con grande sapienza viene modellata secondo una cucina della “forchetta”, della tradizione rivista e alleggerita, piena di forza, fantasia e sapore. Come la Tartare di carne cavallo, sanato e chianina, il Savarin di riso con salsa di funghi porcini e polpettine di carne, la Mazzancolla con patate allo zafferano e salsa calda rosa, la Suprema di faraona caramellata all’aceto balsamico con sedano, mele e ribes rosso, la Zuppa inglese.


FIDENZA

Agrinascente negozio gourmet specchio del territorio Sull’autostrada A1, Milano-Bologna si esce al casello di Fidenza/Salsomaggiore Terme per due motivi: per un giro all’Outlet “grandi firme”, che sta viaggiando su numeri di presenze annue esorbitanti, e per il negozio di Agrinascente dove si trova il meglio della vocazione agroalimentare della Food Valley parmigiana. In questa terra che è la sintesi di arte - con la via Francigena e i percorsi verdiani, e di benessere - con il sistema termale che comprende Salsomaggiore e Tabiano, il negozio di Agrinascente, nasce dieci anni fa in tempi non sospetti - con l’intento di offrire ai suoi

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Agrinascente via San Michele Campagna, 22 43036 Fidenza Tel. 0524 522334

clienti un’offerta ampia e specializzata di prodotti agro-alimentari di qualità del territorio. Ma nello stesso tempo anche per integrare gli aspetti commerciali del cibo a quelli culturali. Un grande appeal enogastronomico che, in più, al sistema commerciale, affianca un sistema produttivo impostato con regole etiche condivise con i propri fornitori e con i propri clienti, in un’ottica di servizio “dal produttore

al consumatore”. Con un rapporto diretto con le filiere agroalimentari e quindi di facile rintracciabilità. All’inizio aveva la funzione di un vero e proprio spaccio di un caseificio, poi nel 2003, grazie alla direzione di Silvano Romani, Agrinascente ampia la gamma della proposta dei prodotti uscendo anche dai confini locali, pur mantenendo alto - con oltre l’80% - la quota di quelli del territorio. Quando si entra all’Agrinascente lo stupefacente assortimento di prodotti di qualità, (circa 4.000 referenze), i rutilanti scaffali ricolmi di prosciutti e formaggi, i banconi frigo a vetrina, a cui ci si accosta per farsi servire dal personale altamente qualificato e di maturata esperienza, ci si rende conto che questo negozio è davvero un concentrato di genuino amore per il cibo e per i suoi processi produttivi. Qui si è immersi tra straordinarie varietà di salumi, parmigiano, formaggi di ogni sorta, confetture e vini. Il tutto su una superficie di 500 metri quadri a forma ottagonale che lo rende ancor più suggestivo e unico. Il negozio Agrinascente oggi è diretto da Aurelio Burlenghi, professionista impegnato nel settore della selezione e vendita di prodotti agro-alimentari di qualità da oltre vent’anni: “è un negozio unicamente dedicato ai prodotti d’eccellenza dell’alta gastronomia con una variegata proposta di vini, il tutto all’insegna del buono e garantito a prezzi interessanti proprio perché la filiera commerciale è corta” - mi dice. Ma l’Agrinascente, oltre che una realtà commerciale è anche un’abilissima operazione di marketing del territorio: un luogo dove riscoprire un rapporto naturale ed autentico col cibo legato fortemente al territorio. Prenotando preventivamente, infatti il personale qualificato dell’Agrinascente accompagna i propri clienti in un percorso didattico con visite alle realtà produttive, per apprendere, approfondire e conoscere la storia dei prodotti, dei produttori e delle tecniche di fabbricazione.


FIDENZA

Caseificio Coduro: saperi e sapori dell’arte casearia

Caseificio Sociale Coduro Via Coduro, 43036 Fidenza Tel. 0524 523720

35-37.000 quintali di latte all’anno, utilizzati in massima parte per la produzione del Parmigiano Reggiano dop, ricotta e il tipico tosone (una striscia lunga e sottile dalle forti sensazioni lattiche, privo di sapidità e dalla caratteristica struttura compatta e particolarmente elastica). Il Parmigiano Reggiano qui affronta tutte le fasi di lavorazione fino alla stagionatura per almeno 24 mesi, prima di essere marchiato e commercializzato. “Questo mestiere si tramanda in famiglia, ma oggi c’è il rischio di perdere questa conoscenza” - mi dice Fabio Serventi - c’è bisogno di una scuola di formazione che sappia trasmettere, oltre che i saperi della tradizione, anche una professionalità a passo coi tempi”.

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Il Parmigiano Reggiano è uno dei più importanti simboli del made in Italy e rappresenta una delle eccellenze agro-alimentare italiane nel mondo. Il prodotto è il risultato di un disciplinare di produzione assai rigoroso: la qualità inizia fin dalla stalla, con l’alimentazione controllata dei bovini, e continua nei caseifici con l’attenta e rigorosa trasformazione. Nel cuore della zona tipica del Parmigiano Reggiano, il Caseificio sociale Coduro interpreta questa filosofia nel pieno rispetto di tutte le regole. Sorge intorno alla metà degli anni ’60, in località Coduro di Fidenza in provincia di Parma e dal 1984 è condotto dalla famiglia Serventi, casari da una vita. Una lunga tradizione familiare oggi in mano a Fabio Serventi, quarantenne animato da un forte impegno nel miglioramento qualitativo della lavorazione del latte. Il maestro casaro Fabio Serventi infatti ha imparato l’arte della trasformazione del latte a soli 14 anni, ma non disdegna dell’aiuto delle nuove tecnologie per produrre sempre formaggi migliori sotto tutti i punti di vista. Oggi insieme a lui lavorano sua madre, sua moglie e due giovani aiutanti. Due generazioni di casari, quella della famiglia Serventi, che come dicevo non rinunciano all’uso delle moderne tecnologie, pur rimanendo sempre ancorati al rispetto della tradizione. Ogni giorno Fabio Serventi con i suoi collaboratori lavora in qualità di “casaro appaltatore” il latte raccolto dai 5 soci conferenti, trasformandolo in formaggio.


FIDENZA

Enoteca Drogheria Negrotti: atmosfere passate di gusto

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Da secoli la drogheria Negrotti è l’ombelico di Fidenza grazie alla posizione privilegiata con le sue storiche vetrine che si affacciano fra via Bernini e la centrale piazza Garibaldi. La prima individuazione del negozio si ha nel 1885: risulta infatti che qui all’angolo dell’edificio del Banco di Roma a quel tempo esisteva la drogheria Vergiati: assai rinomata per un particolare mistrà, liquore di anice stellato, e un delicato rosolio chiamato acqua dello Stirone. L’Antica Drogheria Vergiani fu acquistata ad inizio secolo dalla zia di Giorgio Negrotti - l’attuale proprietario - e fino agli anni 80 rimase un emporio dove si vendeva di tutto: chiunque entrasse nel negozio, trovava gli scaffali colmi da gran quantità di vasi e vetri e poteva assaporare quel caratteristico profumo delle spezie oltre a quelli tipici dei prodotti tradizionali da drogheria, come i chimici, i dedicati alla pulizia, gli olii, le caramelle, i biscotti. Oggi, dopo più di cent’anni di vita, la Drogheria Negrotti con-

Negrotti vini e liquori Via Giuseppe Mazzini, 29 43036 Fidenza (PR) Tel. 0524 522308

serva intatto il suo arredamento originario e trasmette lo spirito del tempo, con i profumi ed il gusto della tradizione. La porta d’ingresso si apre su un’intera parete di legno di noce e radica con tantissime mensole a piani ognuna delle quali contiene barattoli di caramelle, confetture, tè, pasta, farina, liquori, distillati, caffè, cioccolatini, tonno, ecc.ecc. Come anche i piani degli scaffali di lato che contengono i vini, spumanti e champagne soprattutto. Il negozio di Negrotti è interamente avvolto dal legno originale dell’epoca, compreso il lungo bancone su cui fa bella mostra di sé un macina caffè d’epoca pronto a sminuzzare profumati chicchi di caffè. Quando arrivo qui in un tardo pomeriggio d’agosto il

signor Negrotti è curvo sul bancone, intento a pesare per una sua cliente una polvere giallastra presa da una brocchetta di ceramica bianca con la scritta in blu “Antica Drogheria Negrotti” e sopra un’etichetta sbiadita: senape. L’eleganza che mette Giorgio Negrotti in quei suoi gesti lenti, meccanici è tale da conferire all'ambiente un aspetto del tutto surreale, come una favola, un racconto di un tempo passato, un universo parallelo e misterioso. Quasi magico. Dove si respira ancora l’atmosfera dei tempi passati, con quel gusto d’antan che trasmette anche l’apparente ordine che caratterizza tutto il negozio.



FIDENZA

La Mangeria Salumi e Compagnia: informalità e gusto

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A Fidenza, gli amanti della buona tavola che vogliono sedersi a tavola senza tanti formalismi per consumare anche solo un tagliere di salumi o formaggi possono darsi appuntamento alla “Mangeria-Salumi e Compagnia”, gestita dal giovane Enrico Rizzi che ha aperto i battenti due anni fa. La passione, l’onestà, l’amore per le tradizioni e la buona cucina hanno portato il 28enne Enrico Rizzi a disegnare un progetto che partendo dalla precedente esperienza di gestore di un bar, sempre qui a Fidenza, potesse offrire una proposta gastronomica locale, per tutte le tasche: una sorta di osteria all’insegna degli antichi piaceri della mensa e della gola. Raffinata semplicità, parmigianità, alta qualità delle materie prime al giusto prezzo: è questa quindi la cifra gastronomica della Mangeria, Salumi e Compagnia di Fidenza. Esplicita e significativa l’unione dei due termini: Mangeria Salumi e Compagnia che caratteriz-

zano al meglio il concept del locale. Il primo evoca autenticità, informalità con gli affettati appesi che scendono sul bancone o appoggiati su un tavolo della sala da pranzo - ma anche la scelta di un decoro generale, curato, semplice ed essenziale. Il secondo, richiama il piacere di poter consumare non solo l’eccellenza del territorio (i salumi), ma anche tutti quelli che fanno parte della tradizione di questa terra d’eccezione e che, cucinati, compongono il menu de La Mangeria. Alla Mangeria voluta-

La Mangeria Salumi e Compagnia Via Bacchini, 18 Fidenza Tel. 0524 202365


FIDENZA

cellenza degli ingredienti proposta in modo filologicamente attuale. Come in una casa privata, qui non si propone una cucina d’autore e non è esasperata nemmeno la ricerca della presentazione del piatto.

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mente, è stato scelto di portare la tradizione culinaria parmense ed i suoi straordinari patrimoni al centro dell’attenzione, in maniera non stereotipata, ma attingendo alla semplicità della tradizione rurale ed, insieme, alle ricette dei piatti delle “redzore” capace di offrire sostanza e gusto. La cucina de La Mangeria nasce centrata sull’ec-

Fondamentale, invece, l’importanza della stagionalità, la scelta degli ingredienti di base che seguono il cambiamento del tempo e l’offerta della terra con protagonista la cucina parmense tradizionale, e alcune sottozone locali, sia per ricette che per materie prime. Tra questi il semplice tagliere di salumi e formaggi di qualità, i tortelli di erbetta con burro fuso e parmigiano reggiano, la tartare di filetto di manzo e contorno di verdure fresche, la tagliata classica condita con aceto balsamico, la ratatouille di verdure e patate al forno, la pesca ripiena con crema di cioccolato, nocciole e amaretti e la sbrisolona. Piatti semplici, uniti a genuinità e freschezza sono all’ordine del giorno de “La Mangeria, salumi e compagnia”. Un trionfo di sapori in abbinamento a vini locali e non, al giusto prezzo. Come vuole il suo patron Enrico Rizzi.


FIDENZA

Latteria ’55: emporio gastronomico di cultura e servizio d’altri tempi A Fidenza esiste ancora un luogo dove i clienti golosi possono respirare il gusto e goderne a pieno. È la Latteria ‘55 dove dalla data della sua fondazione, il 1955 appunto, si respira il gusto e la genuinità dei prodotti che propone. Salumeria storica di Fidenza, nata da un’iniziativa di Nello Ghirardi, la Latteria ’55 è stata rilevata nel 2004 da Roberto Rizzi che, prove-

Latteria '55 Agrifidenza Srl Via Camillo Benso Conte di Cavour, 16 - Fidenza Tel. 0524 534513

nendo dallo stesso settore, ha trovato naturale proseguire l’attività di successo, confermando la Latteria ‘55 come punto vendita di generi alimentari tipici del territorio emiliano e mantenendo all’attività la denominazione originale. Salumi e Parmigiano Reggiano innanzitutto: sono questi i protagonisti indiscussi che riempiono di profumi ogni scaffale della Latteria ‘55. Prosciutto di Parma, Culatello DOP di Zibello, Fiocco di Culatello, Coppa di Parma, Salame di Felino, Spalla Cotta di San Secondo, Lardo di Colonnata, ma anche Mozzarella di Putignano e un vasto assortimento di formaggi a latte crudo francesi e piemontesi, sono solo al-

cune delle specialità che si possono acquistare alla Latteria ‘55 di Fidenza. Arrivati davanti alla vetrina della latteria ’55 si resta sorpresi per due importanti ragioni: per la quantità di clienti che la affolla e per la spropositata offerta di prodotti di qualità che la riempiono. Roba d’altri tempi! Il negozio fa parte di “Noi da Parma”: si tratta di una catena, a marchio Errefood S.p.A., ideato per dare un’identità precisa alla qualità dei prodotti e che racchiude punti vendita selezionati con la garanzia, per tutti i clienti, di proporre articoli provenienti direttamente dalla produzione. L’alta qualità dei prodotti che si possono trovare alla Latteria ‘55 è quindi il risultato di quest’attenta ricerca che parte dalla selezione dei contadini e allevatori che meglio sanno rispettare la tradizione per arrivare a prodotti eccellenti per gusto e genuinità. La riscoperta del prodotto a misura d’uomo, attraverso il fascino e la valorizzazione di prodotti genuini e la proposta di un rapporto più equilibrato fra alimentazione-salute-conoscenza, sottende all’impegno di Roberto Rizzi. Che ha deciso di impegnarsi per portare avanti questo storico negozio di Fidenza nel segno del profondo rispetto per i processi produttivi naturali, la passione per i prodotti “di una volta” e l’amore per i profumi e i sapori prelibati. Nel negozio di Roberto Rizzi, infatti è conservata una cultura di antiche memorie e qui, ogni giorno, i clienti trovano cortesia, qualità e la sicurezza dei prodotti di qualità oltre che una ricca offerta di essi. Non solo salumi e formaggi alla Latteria ’55, ma anche miele, marmellate, confetture, salse, dolci, paste. Tutti prodotti gentili dal gusto autentico, persistente e raffinato, come anche quelli della gastronomia fresca a base di ricette “rustiche”, ma alleggerite che la Latteria ’55 varia e propone ogni giorno. In più, come una volta, l’assaggio di salumi e formaggi proposto prima della vendita alla propria clientela alla Latteria ’55 è ancora un gesto che si compie: saggio e civile.


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Osteria della Posta: cucina di principio e passione Ci rimane per diversi anni, affinando le sue doti di cuciniera, fino a quando nel 2000 non si presenta l’occasione di rilevare questo posto. “Era un locale non più tanto frequentato” - mi dice la figlia Pamela che si occupa del bar, mentre prepara alcuni panini strapieni di

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Borghetto dista pochissimo da Fidenza e meno di venti minuti da Parma, ma è già un mondo a parte. C’è il campanile di una chiesa, qualche casetta bassa con un pò di orto, tanto verde tutto attorno e anche più in là. Questo territorio evoca un passato intrinseco di storia rurale e diocesana, caratterizzato dalla cultura e dalla cordialità della gente che ci vive. Sulla via di ingresso al paesino capita di imbattersi in un’insegna al neon che occupa in larghezza tutta una facciata, ma che in realtà identifica un locale da segnarsi sul taccuino prezioso delle tavole fidate. Sto parlando dell’Osteria della Posta. Da fuori con il dehors estivo le sembianze sono più da bar che da schietta osteria, come denota anche l’interno appena si entra che svela una sala con pochi tavoli anonimi, alcuni distributori di bevande e di gelati, il bancone in stile moderno e la parete a mobile luminosa che contiene gli alcolici. Ma oltre questa, e la saletta giochi, si apre un altro mondo, quello dell’osteria curata e semplice con non più di venti posti a sedere. La storia dell’Osteria della Posta è la storia soprattutto di una donna, Giuseppina Mezzadri in Aldigeri, che rimasta vedova ha dovuto fare subito i conti con le difficoltà di far crescere i figli e trovarsi un lavoro che le garantisse uno stipendio dignitoso. Con tre figli a carico Giuseppina, da moglie di casaro qual’era, non potendo portare avanti l’azienda del marito da sola, decide di andare a lavorare in una Pizzeria di Fontevivo.

Osteria della Posta Via Borghetto, 40 Loc. Borghetto di Noceto (PR) Tel. 0521 629258


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spalla cotta di San secondo e prosciutti crudi stagionati. Insieme ai figli, ormai cresciuti e in età da lavoro, Giuseppina decide di rinnovare qui il rito della vecchia osteria del paese riproponendo un luogo di ritrovo per tutti, anziani e giovani. Un posto dove alla mattina e nel primo pomeriggio nel bar si possono anche ritrovare per discutere, per giocare a carte e per divertirsi. L’Osteria della Posta se la frequenti la senti subito come luogo del cuore, che racconta le persone che la conducono, ma anche quelle che la frequentano. Qui si trova questa cucina di principio e passione si vive soprattutto anche una bella prove di umanità. Soprattutto perché è riprodotta, senza falsi stereotipi, l’atmosfera famigliare che rappresenta il modo di

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essere della famiglia Aldigeri: cordiale, allegra e disponibile. All’Osteria della Posta la qualifica “osteria“ non è soltanto un orpello per infiorare l’insegna: è un’indicazione rigorosa che ha pieno riscontro nella sostanza. Giuseppina con il figlio Andrea guida una cucina dai prodotti genuini offerti dalla terra: una cucina semplice che non si discosta mai dalla tradizione. Il menu tipicamente trattoresco, recitato a voce dalla figlia Romina in sala, propone le classiche ricette del luogo qui mai dimenticate: le paste fatte in casa “comediocomanda” come i tortelli di erbetta o di patate “annegati nel burro e asciugati col parmigiano”, le lavagnette con i funghi, gli gnocchi al tartufo, la bomba parmigiana (un risotto allo zafferano ripieno di petto di piccione), la lepre alla cacciatora con polenta, lo stinco di maiale al forno. Tanto per citarne alcuni. Una cucina che comunica la sua identità attraverso tutti i sensi e che qui, soprattutto, ti lasciano mangiare in santa pace senza menartela coi prodotti dei presìdi, senza imbarazzanti decori del piatto, senza la stratosferica carta dei vini... Ecco, i vini! Qui da scegliere dallo scaffale o dal mobiletto climatizzato, non c’è una vasta selezione, ma quel che è sufficiente per accompagnare il pasto. La selezione delle etichette è stata suggerita alla famiglia Aldigeri da Beppe Siliprandi, noto personaggio locale ambasciatore dell’eno-gastronomia di qualità, che ha adottato fin dall’inizio questo locale e da esso è stato adottato. L’osteria non è morta. Viva


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Ristorante Aquila Romana: storica cucina ereditata e domata

Ristorante Aquila Romana via Gramsci 6 43015 Noceto (PR) Tel. 0521625398

Tanto da convincere Giorgio a lasciare il caseificio e sua moglie Giacoma (mamma di Beatrice) ad abbandonare il lavoro di sarta ed entrare a far parte della squadra del Ristorante. Uno in sala ad aiutare il padre e l’altra tra i fornelli ad aiutare la suocera. Mamma Giacoma, originaria del posto con una gran voglia di dimostrare di saperci fare anche tra pentole e fornelli, introduce piano, piano,

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Da tre generazioni nelle mani della famiglia Petrini, il Ristorante Aquila Romana di Noceto per molto tempo è stato uno dei simboli gastronomici della “bassa”. Arrivati da Verona qui a Noceto nel dopoguerra per motivi di lavoro, i Petrini lo rilevarono quando ancora si chiamava solamente Ristorante dell’Aquila ed era chiuso da tempo. Lo riaprirono i nonni paterni di Beatrice l’attuale cuoca patron, 42 anni di cui 25 anni passati in cucina: “mia sorella Fiorenza ed io ci siamo caricate un bello zaino di responsabilità sulle spalle..., sarebbe stato più facile avessimo aperto un locale ex novo” - esordisce quando mi parla del suo ristorante e del suo percorso professionale. Sì perché, come si diceva all’inizio, l’Aquila Romana ha ricoperto un ruolo importante nella ristorazione del territorio ed è stato per molto tempo un riferimento costante per i clienti, i fornitori, le realtà produttive ed economiche del territorio. Ma andiamo per ordine. Nei primi anni di vita l’Aquila Romana attira i suoi clienti con una cucina molto semplice, impostata su piatti tipicamente veneti come pasta e fagioli, brasati, arrosti, e qualche selvaggina, cucinati dalla nonna paterna di Beatrice: autodidatta, ma con una dote innata per la cucina. A queste proposte si aggiungono via, via, i formaggi, soprattutto Parmigiano che arrivava dal casaro in cui lavorava Giorgio, il padre di Beatrice, e alcuni salumi della zona. Il tran tran dell’Aquila Romana procede spedito con un bel successo. E soprattutto i conti tornano.


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nel menu dell’Aquila Romana, le paste ripiene fatte in casa ed alcuni altri piatti della tradizione. Papà Giorgio invece si occupa oltre che della sala anche dell’approvvigionamento delle materie prime. Inoltre spinto da una forte passione introduce i primi vini in bottiglia a fianco del solito “vino della casa” che a poco a poco lascerà per dar spazio alle etichette italiani delle migliori aree enologiche, ai grandi francesi con Champagne su tutti. Oltre che ad importanti liquori e distillati. I cambiamenti apportati dalle nuove leve sono forieri di ulteriori successi per il locale, tanto che all’Aquila Romana le professionalità crescono, adattandosi anche alla nuova clientela attirata dalle innovative proposte e dal servizio impeccabile. Oggi la storia continua con

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Beatrice e sua sorella Fiorenza. Entrare all’Aquila Romana è tuffarsi nella storia, avvolti da quadri alle pareti, enormi specchi, tovagliato fine e comode sedie. Beatrice Petrini è cuoca autodidatta naturalmente influenzata dagli insegnamenti della nonna e della mamma che le hanno tramandato la bontà e la genialità delle loro ricette, di una cucina semplice e genuina. Un pezzo straordinario di cultura tramandata nel tempo di cui fa sempre tesoro. Ovviamente Beatrice tende a personalizzare, evolvere e spesso “addomesticare”, la cucina tradizionale che ha ereditato, per renderla il più possibile proponibile alla clientela di oggi. Nel caso specifico non c’è alcuno stravolgimento rispetto alla tradizione, semmai entra in gioco la sua personalità. La sua voglia di innovare, la sua fantasia e la sua sensibilità. E anche le nuove tecniche. Nello scorrere delle parole di Beatrice emerge la forza di una idea che ha accompagnato questo suo percorso: ogni generazione ha fatto tesoro della esperienza della precedente e ha cercato di proseguire migliorando e arricchendo fin dove possibile il metodo e il risultato del proprio lavoro. Lei sta facendo questo. Una cucina ispirata quindi, anche se deriva dalla tradizione, senza accostamenti arditi confezionata con mi-

sura e conoscenza delle proprie capacità che la porta a non strafare: spuma di ricotta alle erbe con pomodori freschi, pollo alle erbe in croccante di parmigiano e aceto balsamico tradizionale, tortello di erbetta con parmigiano, cappelletto croccante con pomodoro fresco acciughe e capperi, budino di limone con frutta fresca e mirtilli.


Dal nostro allevamento alla vostra tavola, qualitĂ e selezione dei tagli migliori. AMBROSINI CARNE. GUSTO E TENEREZZA.

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Ristorante Cocchi: esaltazione di gusti locali

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La tradizione dei Cocchi “osti” appartiene ad un tempo antico ed è ben radicata nella storia e nella cultura popolare del territorio parmense. Me lo racconta Corrado Cocchi, 72 enne, - oste e anfitrione di straordinaria esperienza e umanità - che gestisce con la sua famiglia il Ristorante Cocchi dell’Hotel Daniel a Parma. Si hanno notizie della prima Osteria aperta in

che aprì mio padre qui a Parma rilevando una vecchia osteria famosa che si chiamava “i tre scalini” - mi dice. L’Osteria dei Tre Scalini era sistemata in una delle ultime case prima della città, crocevia di gente che procedeva per la città o ne usciva. Nel rispetto della tradizione, in un ambiente spartano, qui veniva servito del vino della casa - prodotto dagli stessi Cocchi - proposto con i salumi della zona, qualche formaggio, qualche mi-

zona da un Cocchi già dal 1850. La tradizione poi continua. Nel corso degli anni a venire, infatti, nascono e si sviluppano altre osterie gestite dai Cocchi, soprattutto nella Bassa parmense, tra Sissa, Roccabianca e Colorno. Fino ad arrivare ai giorni nostri, “con quello

nestra e poco più. Fino a quando la nuova generazione non prese in mano la gestione e lo trasformò in un vero e proprio ristorante, allargando sia la proposta del menu che gli ambienti. “Nel 1971 causa lo sfratto dovemmo lasciare quel posto


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67 e approdammo qui, nell’attuale struttura che ospitava già un albergo che abbiamo mantenuto” continua Corrado Cocchi. Oggi il suo ristorante è uno di quei posti in cui, quando si entra, sembra di essere tornati a quel mondo semplice e casalingo che, purtroppo, oggi è ovunque pressoché sparito. Gli ambienti sono arredati con cura, con pregevoli opere d’arte contemporanea alle pareti, frutto del gusto dei proprietari. Da Cocchi si è al sicuro: per la convivialità che si respira, altra fondamentale caratteristica, per l’arredamento che ti avvolge con le boisserie e le luci soffuse, oltre che per l’impeccabile e lindo tovagliato. Tutto in sintonia per creare un’atmosfera accogliente, capace di stimolare sia condizioni d’intimità che conviviali allegrie. In cucina un tempo qui dai Cocchi ci stava la mamma di Corrado, Jolanda, cuoca esperta, poi fu il tempo di sua moglie, la signora Laura che oggi supervisiona l’instancabile lavoro di tre baldi giovani professionisti in cucina con lei da oltre 10 anni: Lorenzo Rizzi, Damiano De Candia e Carlo Pironti. La giovane squadra di cuochi mantiene viva la cucina della tradizione che i Cocchi hanno sempre interpretato, tenendo salde le caratteristiche principali di qualità, attraverso esaltazioni di gusti locali che hanno reso immortale una certa cultura gastronomica di queste parti: boliti misti, gnocchi, paste fatte in casa, brasati, zuppe, funghi….

Ristorante Cocchi Via Gramsci, 16/A - 43100 Parma Tel. 0521 995147


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Fedeli e coerenti alla tradizione la cucina del Ristorante Cocchi attinge al meglio che si trova quotidianamente sul mercato e dai fornitori fidati. Il clima che si respira in cucina durante l’orario di servizio è di assoluta concentrazione e professionalità. Le comande che arrivano

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dalla sala, gestita con garbo e raffinatezza da Corrado e dal figlio Daniele, sono evase dai tre cuochi in modo impeccabile e professionale con preparazioni e cotture espresse. Piatti squisiti rispettosi del territorio come i “tagliolini con zucchine, zafferano e prosciutto croccante”, “la zuppetta di porcini

con patate e lamelle di parmigiano”, “la melanzana alla parmigiana con cialda di parmigiano croccante”, “il rognone trifolato con patate”, “il filetto ai porcini con crostone di pane”, “i tagliolini ai porcini”. Preciso che la pasta viene fatta a mano sul momento da una signora impegnatissima tra impastarla, tirarla a mano e modellarla a macchina e, che oltre ai piatti cucinati, il Ristorante Cocchi serve anche un’accurata selezione di salumi tipici e Parmigiano stravecchio che conserva nella sua fiera cantina, super fornita anche di straordinari vini.


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SalumeriaVerdi: eccellenze di qualità, servizio personalizzato e cura nei dettagli

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Parma è una delle città più belle d’Italia. Ci si va per curiosità, per l’arte, per la musica, per la cultura in generale, ma anche per appagare in maniera sublime tutti sensi del nostro palato. Questi sono i luoghi di Giuseppe Verdi, luoghi in cui la musica si respira nell’aria e nelle cose, ma anche nei prelibati salumi e formaggi di cui è patria. Non è un caso che Parma sia la capitale mondiale della musica, ma anche di alcuni prodotti d’eccellenza della nostra gastronomia come Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma tanto per citare solo due “superstar” del territorio. La Salumeria Verdi nasce nel Salumeria Verdi 1991, un negozio facente parte di un Strada Giuseppe Garibaldi, 69 gruppo di salumerie organizzate da 43121 Parma - Tel. 0521 208100 Silvano Romani, energico imprenditore parmense con passione ed amore innato verso le cose semplici e genuine, che seleziona per i propri locali ogni prodotto direttamente presso i produttori e ne diventa distributore esclusivo per la città. Il locale accogliente e tipico, caratterizzato da pareti ricolme di salumi e formaggi che ti avvolgono con anche il profumo intenso che inondano è gestito da Cristina Guardiani e Francesco Galvani, soci nell’impresa insieme a Silvano Romani. La Salumeria Verdi offre tutta la familiarità del piccolo negozio di una volta nel rapporto diretto, semplice, ma estremamente attento e professionale, con il cliente, privilegiando il servizio personalizzato e la cura dei dettagli. “L’impegno che ogni giorno mettiamo nel nostro lavoro, che amiamo profondamente, ci ha fatto acquisire una certa esperienza nel trattare i prodotti che ci permette di servirli con precisione e professionalità nel rispetto per il cliente e attenzione verso le sue esigenze”. La qualità eccellente dei prodotti offerti è completa per quanto riguarda la varietà del territorio soprattutto e va dai migliori prosciutti crudo e cotti, ai culatelli, ai fiocchetti, agli strolghini fino alla selezione di salumi di maiale nero. Per quanto riguarda i formaggi, prima di tutto Parmigiano Reggiano di diverse stagionature, ma mai inferiori ai 24 mesi e tutti i D.o.p. d’Italia. Completa l’offerta di prodotti della Salumeria Verdi anche una piccola gastronomia dove spiccano i tortelli di pasta fresca tirati a mano.


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Ristorante La Greppia: piacere gastronomico antico e genuino La gloria gastronomica parmense vanta origini remote grazie agli apporti di Principi e Duchi. Il segno lasciato dai Farnese, signori fastosi del Ducato di Parma e i Borbone avvezzi alle maniere francesi, impressero alla città una importante cultura delle gioie della vita ed in particolar modo quelle della tavola. Lo fecero attraverso raccolte di scritti e ricettari che spiegano molto bene la sofisticata storia, nobile e plebea al tempo stesso, della cucina della corte Borbonica che

da una parte imponeva pietanze “europee” con un particolare riguardo per quelle austriache e dall’altra stravedeva per la cucina popolare fino ad allora considerata indegna di una mensa regale. Al ristorante La Greppia di Parma a due passi dal Duomo dalla splendida cupola affrescata dal Correggio, Paola Cavazzini, cuoca patron, ha deciso di mettere in pratica gli aspetti culturali del passato culinario di Parma


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creando dei piatti che nascono dalle ricette del Nascia, il cuoco di origine siciliana al servizio della corte dei Farnese dal 1659 e specializzato in piatti a base di verdure, e di Dalli, altro cuoco famoso presente a corte dal 1690, il quale propone piatti in cui la frutta è parte integrante di primi e secondi. “Fortunatamente hanno lasciato molto di scritto: ricette su cui bisogna lavorarci sopra per interpretarle al meglio…., non smetto mai di studiare e di documentarmi” - mi dice con umiltà e un filo di voce mentre è tutta intenta a preparare un risotto alle fragole. Per Paola Cavazzini, cuoca autodidatta, diventare cuoca professionista è stata la logica conseguenza dell’essere cresciuta accanto ad una mamma, anch’essa cuoca, al servizio presso un’importante famiglia di Parma, da cui ha appreso fin da bambina i fondamenti basilari della cucina della tradizione ed in particolare il rispetto verso i prodotti del territorio e la loro stagionalità. “Alla Greppia si fa una cucina delle donne” - aggiunge Maurizio Rossi, il marito, che ha fatto dell’arte dell’accoglienza, elegante e discreta, il motivo conduttore della sua professionalità. “Solo la cucina delle donne sa offrire il sapore della cucina di famiglia” - aggiunge. Il Ristorante La Greppia è stato aperto dai coniugi Rossi nel 1980. Il nome della rastrelliera di legno per il fieno, posta sopra la mangiatoia, riprende un pò l’origine della destinazione d’uso che avevano antica-


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mente questi locali adibiti a stalle. Il ristorante ha un ingresso intimo che si apre su una sala lunga: un locale tra il rustico e l’elegante, curato e molto accogliente. Alla fine della sala una enorme vetrata si affaccia sulla cucina con in primo piano una spettacolare sfilata di paste mattarellate a mano dalle sapienti mani delle donne della piccola brigata secondo la miglior tradizione locale. È qui che Paola Cavalchina mantiene viva la cultura gastronomica parmense, personalizzandola dove è possibile, attraverso cotture espresse della tradizione che esprimono un piacere gastronomico genuino. Con anche alcune tracce di gusto di tempi lontani. Piatti buoni per davvero, di tradizione e, soprattutto, di sostanza e classicità: come il Baccalà in rosso con patate, le Cipolle ripiene con tartufo nero di Fragno, la Parmigiana di vitello con tartufo nero di Fragno, il Risotto alle fragole fresche, Pasta al pettine con fave piccanti, il Brasato di manzo estivo, il Gelato allo zenzero. E poi il carrello dei dolci che è un inno alle marmellate fatte in casa, come pure le mostarde e il miele. Ristorante La Greppia Strada Giuseppe Garibaldi, 39 43121 Parma Tel. 0521 233686




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Ristorante Parizzi: trait-d’union fra cucina moderna e tradizionale 1956” - mi racconta Marco Parizzi, 41 enne cuoco patron al timone del Ristorante Parizzi di oggi con la moglie Cristina, sommelier responsabile dell’accoglienza in sala oltre che della cantina. “Una volta era la tipica trattoria con cucina casalinga e pochi tavoli - continua - e nel 1968 mio padre e mia madre lo convertirono in un vero e proprio ristorante”. Al Ristorante Parizzi di oggi quando entri ti colpisce l’eleganza minimalista degli ambienti: due salette intime appena entrati e, prima della cucina, una grande sala illuminata dalla luce solare che entra dal soffitto

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Parma è una città che, seppur di medie dimensioni, sembra un piccolo borgo con la sua bella piazza gremita di gente, l’acciottolato sulle strade, i palazzi nobiliari, le torri, i campanili, le vecchie case del centro. In via Repubblica, proprio di fronte alla Chiesa di San Sepolcro che custodisce numerose tele del ‘400 e i bellissimi affreschi di pittori come Cesare Baglioni e Ferdinando Galli Bibiena, si trova il ristorante Parizzi che rappresenta un importante pezzo di storia della ristorazione parmigiana. “Il ristorante Parizzi fu aperto da mio nonno Pietro nel


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in vetro con esposte alcune opere di arte contemporanea e pop che la rendono accogliente e suggestiva. Marco Parizzi è cresciuto, professionalmente qui. Prima gli studi da ragioniere, nel caso in cui il lavoro dei genitori gli fosse stato stretto, poi appena finito militare, a vent’anni, entra in pista impegnandosi nel servizio in sala. Allora la cucina del ristorante Parizzi era in mano a degli ottimi chef che, con la supervisione e la gestione dei suoi genitori, l’hanno perfezionata fino

a raggiungere prestigiosi riconoscimenti: inclusa la stella Michelin che dal 1979 ancora mantiene. Marco Parizzi in quegli anni entra in cucina in punta di piedi, consapevole del mestiere che avrebbe voluto fare da “grande”. Sotto l’egida di chef “maestri” che hanno ruotato nelle cucine del suo ristorante. Con loro Marco Parizzi arricchisce il suo già buon bagaglio tecnico e professionale, traendo, dalle maturate esperienze, nozioni e concetti che segneranno il

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Ristorante Parizzi Via Repubblica, 71 43100 Parma Tel. 0521 285 952


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suo stile. Dopo qualche anno prende il pieno controllo della cucina del suo ristorante perché si sente pronto, professionalmente parlando, per perseguire il suo personale modello di gastronomia. Abbandona, ma non del tutto, la cucina tradizionale emiliana strettamente collegata al territorio, per proporre ai suoi ospiti una cucina “alleggerita” - come la definisce lui - in cui il senso del gusto rimane, come anche alcuni clas-

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sici originali piatti parmigiani. Un giusto trait-d’union fra la cucina moderna e quella tradizionale, quella di Marco Parizzi, dove anche alcuni piatti a base di pesce di mare trovano un importante spazio nel suo menu. La stessa cosa la fa anche mescolando alle tecniche dello spadellamento e ad altre più innovative, quella dello spiedo: “me lo sono studiato e fatto fare su misura apposta per me” mi dice con una punta di orgoglio mentre me lo mostra in funzione. La cottura allo spiedo Marco Parizzi l’alterna infatti a quelle tradizionali senza contraddizione: “la cottura allo spiedo è la formula più arcaica della cucina in grado di concentrare le proteine, del cibo che viene cotto, e rilasciare invece i grassi... è particolarmente leggera e digeribile...” - continua Marco. In cucina modella in questo modo ricette fresche come tra le altre: le Uova di seppia impanate al basilico con pinzimonio ai crostacei, la Composizione di manzo crudo agli oli aromatici e piccolo hamburger, gli Strichetti bianchi e neri con battuto di baccalà e asparagi verdi, il Piccione cotto allo spiedo e disossato con cous cous alle verdure e salsa alle olive nere.


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La Corriera Stravagante: birreria semplice e panineria sincera Lorenzo Dondi pittore, (vedi Box dedicato), con il fratello Franz, anche lui artista, ma della musica condivide la passione per l’eno-gastronomia. Ad un certo punto della loro vita che li portava ad essere divisi impegnati nelle diverse arti, decidono di aprire, a Parma la loro città, “La Corriera Stravagante”: in via Preti, una via che agli inizi degli anni ’80 non ci si arrivava lì per caso e nemmeno per sbaglio. La Corriera Stravagante si pone subito come una sorta di pub dall’atmosfera internazionale e piacevolCorriera Stravagante Via Platone, 3 - Parma - Tel. 0521481481

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mente intimista. Si rifà nel nome e nella filosofia al libro di John Steinbeck, ambientato in America nella prima metà del secolo scorso, che narra le vicissitudini di alcune persone che dopo essersi incontrate in un ristorante con pompa di benzina, in un luogo di passaggio di numerosi viaggiatori, sono destinate a vivere insieme un’avventura. Ma La Corriera Stravagante dei fratelli Dondi è anche un locale che per primo a Parma

propone la musica dal vivo in un ambiente ristretto ed intimo. È stato il ritrovo capostipite di un certo tipo di divertimento e di aggregazione, grazie ai tavolacci in cui potevano sedere circa una decina di persone e conoscersi tra un “crudo e mozzarella”, una birra e tanta musica. Il locale d’altronde era nato proprio con l’intento di fondere i due elementi: da un lato la convivialità semplice fatta di panini e bevande, dall’altro promuo-


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Lorenzo Dondi Il Pittore Stravagante Lorenzo Dondi é un pittore parmense dalle umili origini, concepito in un campo di concentramento dov’erano reclusi durante la seconda guerra mondiale il papà Bruno e la mamma Slavita che lì si erano incontrati e uniti in matrimonio. Forse per questa sua particolare origine, Lorenzo Dondi, ha sviluppato una sensibilità artistica che lo fa pittore, scultore e architetto autodidatta. Di cultura fine, di carattere schietto e di intelletto scaltro, Lorenzo Dondi è anche uomo di sani e onesti principi. Durante tutta la sua attività artistica, ormai datata, è riuscito a realizzare opere straordinarie che però pochi in Italia e nel mondo hanno potuto conoscere. Probabilmente perché il Maestro non ha mai accettato quei condizionamenti dettati dalle mode, dai capricci del mercato, ed ha sempre schivato l’esibizionismo che invece rimane uno dei corridoi più facili da percorrere per l’ingresso alla notorietà. Lorenzo Dondi nelle sue opere interpreta con la più genuina libertà di espressione gli argomenti dell’attuale società con i suoi vizi e le sue virtù. Le sue pennellate, in tanti anni di pittura, sono alternate da fasi violente di colori scuri, forti, e fasi solari con colori più blandi quasi a descriverne il degrado sociale dei tempi che corrono. Quel che è straordinario di questo artista è che tutta la sua pittura riesce ad esprimere sempre un concetto di arte museale. E quando l’artista è in meditazione, viene fuori la penna del poeta con una prosa a volte anche satirica. Pungente e precisa a colpire di volta in volta i politici, il potere, e tutto quanto minaccia il cammino di una normale vita, senza alcuna reticenza. Lorenzo Dondi è un gran talento, un uomo di spirito nobile con un gran senso cromatico e soprattutto con una felice e grottesca personalità. In più, è un gran gourmet. E mi fermo qui.

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vere la cultura musicale dedicati ad un pubblico giovane. Oltre 1000 concerti con punte di 2, 3 la settimana. Tante canzoni e tante voci che qui a La Corriera Stravagante hanno segnato la storia della musica italiana e non solo. Tutta Parma e non solo è passata da qui. Come anche una sfilza infinita di cantanti sul suo palco: da Vinicio Capossela a Andy Forrest, da Flaco Biondini a Riccardo Fogli. Poi, quando gli altri locali sull’onda della loro felice intuizione decidono di attivarsi in tale senso, i fratelli Dondi smettono. Colpa anche del fatto che i proprietari del vecchio locale decidono di ristrutturare gli ambienti: il che voleva dire chiudere La Corriera Stravagante per più di un anno. I fratelli Dondi riaprono poco dopo in via Platone, una laterale di via XXIV Maggio, di fianco a un supermercato, che è il posto di oggi de La Corriera Stravagante. Un ampio parcheggio esterno ti guida all’ingresso del locale con la cucina a vista dove Donatella, la moglie di Lorenzo, prepara superbi panini espressi, eseguiti con la stessa premura e con la stessa freschezza che richiedono dei piatti cucinati. Il resto del locale è informale, slow, con i tavoli di legno e alle pareti alcune immagini dei tempi che furono con le foto storiche del vecchio locale e qualche quadro di Lorenzo. Un luogo sincero, semplice ed accogliente, dove regna la stessa atmosfera ed il clima confidenziale della Corriera vecchia maniera: segni distintivi del carattere dei fratelli Dondi.



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Ristorante Parmarotta: cucina locale del fuoco salutare e dietetica “Devo ringraziare tutti coloro con i quali ho avuto modo di lavorare: sono stati loro che mi hanno orientato a fare bene e trasmesso la passione per questo mestiere - continua Antonio una passione che ho ricevuto per riflesso”. Orientato a continuare su questa strada, per crescere professionalmente, Antonio Di Vita sceglie da giovane di fare esperienza in cucina allo Stendhal di Castello di Torrechiara, al Moro di Sant’Ilario, famoso per la cottura alla griglia e allo spiedo, dove apprende le tecniche specifiche. Ma è alla Greppia di Parma che Antonio Di Vita si forma in maniera definitiva togliendosi anche delle belle soddisfazione. Anche perché il ristorante ricevette la prima stella Michelin proprio nel periodo in cui lui faceva il cuoco. La svolta avvenne nel 1984 quando assieme a due soci decide di aprire il suo attuale ristorante “Parma Rotta”: il nome è anche del luogo, e deriva dal fatto che in tempi remoti il torrente Parma in piena rompeva gli argini allagando tutta questa zona.

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Antonio Di Vita, 52 anni è il cuoco patron del ristorante “Parma Rotta” di via Langhirano a Parma. Il suo percorso professionale, come anche quello umano, è stato segnato già in tenera età: figlio di genitori separati, quando ancora la legge sul divorzio non esisteva, è cresciuto senza padre in un collegio a Fontanellato ed ha iniziato a lavorare prestissimo. “Ho incominciato a fare questo mestiere per bisogno di lavorare - mi dice - prima come garzone nel negozio di alimentari di Bruno Montali a disossare i prosciutti, poi da Maini, fino a quando trovai un posto da aiutante in cucina presso il ristorante San Marco di Pontetaro”. A quel tempo Antonio Di Vita aveva appena 16 anni e nonostante le sue prime esperienze in cucina fossero limitate a lavare i piatti e a pelare patate, il suo carattere determinato, e la passione verso questo lavoro che vedeva svolgere con tanta volontà e spirito di sacrificio dai cuochi al suo fianco, fecero crescere in lui l’ambizione di voler esercitare.


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Il locale nasce subito con lo scopo di valorizzare soprattutto la tecnica di cottura più antica del mondo: quella a fuoco di legna. Che, come dicevo sopra, lui aveva ben appreso al Moro di Sant’Ilario. In breve il Ristorante Parma Rotta diventa il tempio della cottura alla brace o allo spiedo in Parma e dintorni. Antonio ristruttura e modifica gli elementi e le attrezzature che aveva a disposizione e con alcuni accorgimenti del

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mestiere, corregge delle imperfezioni, per produrre una cucina del fuoco salutare e dietetica. Per trovare il modo di far coesistere, nei limiti del possibile, due esigenze diverse ed egualmente importanti: il piacere di gustare cose buone e la necessità di difendere la salute. Qui per cucinare si arriva a consumare 3 quintali di legna al giorno composta in parti più o meno uguali da castagno, carpano e faggio - legnami che principalmente compongono l’ Appennino. Esaltano al meglio le carni che Antonio cuoce alla griglia: come fiorentine, costate, agnello, maiale, polli, oltre che verdure di stagione, e allo spiedo stinchi di maiale, cosce d’oca e spiedoni assortiti di costine, lombatine, salsicce, fegati... “Tutto servito senza l’aggiunta di salse o salsine: al massimo solo olio extravergine d’oliva e sale pregiato” mi dice. Il lavoro gira bene in quegli anni e in breve con i soci Antonio Di vita arrivò a gestire fino a sei ristoranti, con un numero impressionante di dipendenti. Dopo cotanta gavetta si sente pronto e nel 1999 decide di mettersi in proprio rilevando totalmente il Parma Rotta. Antonio di Vita è ormai un professionista, anche se non smette mai di studiare, innovare,


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interpretare l’universo gastronomico. Così allarga le proprie conoscenze e si specializza anche sui dolci, sul cioccolato, sulla pralineria. Oggi il suo Parma Rotta è un ristorante di famiglia, tenuto conto che il personale è formato dalla moglie Lorella, le sue due figlie Lara e Jessica e qualche aiutanti. Già, la famiglia! Un bene prezioso ancor più per lui che da piccolo non l’ha mai avuta. “Per la mia famiglia ho lottato per realizzare questo ristorante e sono orgoglioso nel vedere che sia mia moglie che le mie due figlie,

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Ristorante Parma Rotta Strada Langhirano, 158 43124 Parma Tel. 0521.966738

seppur giovanissime, si impegnano con grande volontà e passione”. Lara, dopo tre anni di economia e commercio ha deciso di lasciare l’università, per dedicarsi al ristorante e aiutare la mamma Lorella in sala, mentre Jessica, appena 19enne, conseguito il diploma alle superiori, si è aggiunta in cucina esprimendo grande professionalità nelle preparazioni. Soprattutto dei piatti della tradizione, dove le paste di ogni forma, anolini e tortelli conditi con i sughi della nonna la fanno da padroni, ma anche trippa alla parmigiana e stracotto, oltre gli immancabili salumi. “Sono cresciute praticamente qui - continua Antonio sono figlie d’arte ed hanno appreso poco a poco i segreti del mestiere..., il nostro è un rapporto basato sullo stimolo reciproco e sulla passione condivisa”. Passione che Antonio Di Vita è stato capace di trasmettere a loro

come ai suoi clienti, e da loro, viceversa, è capace anche di ricevere. I locali del ristorante Parma Rotta possiedono tutto il fascino di una trattoria di campagna con travi a vista che profumano di casa e trasmettono calore. Gli antichi e spessi muri sono pieni di arte e cultura ad esprimere le altre grandi passioni di Antonio Di Vita: quadri di artisti appesi alle pareti, libri stampati a mano con inchiostri antichi su carte pregiate, fotografie d’autore, ma anche oggetti di design del tempo passato, rare etichette, preziosi distillati e ottimi sigari.


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Hi Fi News Musica da tavola: emozioni al naturale

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È raro immaginare bottiglie di vino vendute in un locale che non tratta specificatamente l’argomento eno-gastronomico. Ancora più improbabile è immaginarlo in vendita tra impianti stereo o multicanale o tra altri particolari diffusori di musica. “Hi Fi News Musica da Tavola” è l’incontro tra il suono ad Alta-Fedeltà e vini per un originale nuovo codice di piacere del lifestyle. Nasce grazie all’intuizione dei coniugi Guido Cerioni, da 25 anni nel settore dell’Hi-Fi , e Mariella Gennari cuoca patron della Locanda Mariella di Fragnolo di Calestano.

Hi Fi News Musica da Tavola Borgo Onorato, 21 - 43100 Parma - Tel. 0521 503071

Hi-Fi News lo apre Guido a Fidenza nel 1986: all’inizio era solo un negozio specializzato esclusivamente nella vendita di impianti Hi-Fi di cui lui è grande intenditore. L’idea di trasferirlo nel 1999 a Parma e farlo diventare Hi Fi News Musica da Tavola, col matrimonio di impianti hi-fi musicali e i migliori vini di tutto il mondo, viene ad entrambi in maniera naturale, quasi per gioco, e concilia le passioni e le professioni di entrambi. Un negozio, diventato subito culto a Parma,

che sa coniugare l’emozione dell’ascolto ad alta fedeltà con il piacere del bere, vini o distillati che siano. Ma non solo, anche la vendita di libri e dischi da Hi-Fi News Musica da Tavola trasformano questo bel posto in una sorta di concetto umanistico, dove il piacere è finalizzato ad un emozione personale, non massificata: il filo conduttore comune che unisce gli argomenti di cui tratta. Ciascuno volto a rappresentare il corretto rapporto verso prodotti naturali: la musica con concetti di riproduzione diversi da un Mp3 capaci di trasmettere sensazioni di naturalezza e in grado di sorprendere e soddisfare anche gli audiofili più esigenti, dove la percezione del suono è sorprendentemente chiara e naturale. Lo stesso vale per il vino da cui si cerca la naturalezza, la bontà e il giusto rapporto che esso ha con la terra.


EVENTI

La notte dei Culatelli Premio Antica Corte Pallavicina Il Premio Antica Corte Pallavicina, ideato dai fratelli Spigaroli quest’anno è giunto alla quinta edizione. Si svolge nel contesto della manifestazione “La Notte dei Culatelli”, nella cornice straordinaria del castello quattrocentesco Antica Corte Pallavicina, l’unico rimasto in Italia a ridosso del Po nel cuore della Bassa Parmense. La storica dimora è stata sapientemente recuperata dalla famiglia Spigaroli, famosi per i loro straordinari Culatelli, che lo hanno fatto diventare, dopo 20 anni di cure e restauri, uno dei complessi più interessanti capace di raccogliere in un’unica sede l’azienda gioiello e un Relais Chateaux con poche stanze deliziose per soggiorni all’insegna del relax di piacere. Con Angelo Agnelli, rampollo

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EVENTI

dell’azienda di pentole di famiglia Baldassare Agnelli a condividere questa magica notte, c’erano alcuni rappresentanti di spicco della cultura, dell’economia, della politica e del giornalismo, che hanno ricevuto anch’essi il Premio Antica Corte Pallavicina: il famoso cuoco francese Alain Ducasse, pluristellato Michelin, che si divide tra i ristoranti di Parigi e Montecarlo, Max Bergami, direttore di Alma Graduate School dell’Università di Bologna, il

giornalista Rai Alfredo Antonaros che ha spiegato ai presenti il valore ed il significato di questo premio: “un tributo della famiglia nei confronti degli amici, dei clienti, dei sapori e delle tradizioni più autentiche della Bassa Parmense, attraverso un riconoscimento a personalità significative del mondo della cultura, dell’economia, della politica e del giornalismo, testimoniando così il rapporto vitale tra innovazione e origine, tradizione e progresso. Ma anche un’occasione per sostenere direttamente un progetto internazio-

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cuoco Massimo Bottura del Ristorante La Francescana di Modena anch’esso pluristellato Michelin, Oscar Farinetti, imprenditore e fondatore di Eataly, Pasquale Forte, industriale e agricoltore, Maria Cristina Allegri, cuoca e rezdora delle Terre del Po, Federico Quaranta, conduttore radiofonico titolare, insieme a “Tinto” della rubrica serale Decanter in onda ogni giorno su Radio Rai 2. A presentare la manifestazione assieme ai fratelli Spigaroli, il

nale di tutela della terra e del paesaggio”. Oltre alla celebrazione dei suddetti personaggi che si sono distinti per il loro operato, il Premio Antica Corte Pallavicina infatti quest’anno ha devoluto una somma cospicua in denaro a sostegno dell’apicoltura in Etiopia: il progetto targato Slow Food, iniziato da qualche anno, mira a proteggere il miele del vulcano Wenchi e il miele bianco di Wukro (Tigray), prodotti eccellenti che possono divenire un’ottima opportunità commerciale per la popolazione dello stesso territorio.


STRUMENTI

DI

COTTURA

Copper Ceramik by Baldassare Agnelli la nuova linea di strumenti di cottura professionali in rame e ceramica A cura di MarcoValletta

Trovare in una cucina moderna la casseruola di rame, bassa con manico e “ceramicata” all’interno, è un’opportunità intrigante. Gli chef della NIC hanno sposato da subito quest’attrezzatura che meglio esprimi i valori tecnici della conducibilità del rame e della qualità culinaria e gastronomica che viene offerta con l’aggiunta del “Copper Ceramik”. L’idea era di eseguire un condimento semplice, a base di ortaggi trifolati nella casseruola ceramicata, per poter osservare con attenzione due valori: il primo definito grado di conduzione del calore; il secondo capire l’impiego dei grassi da aggiungere e il grado di assorbimento dell’alimento in rapporto all’olio. Ricordando che il rame è il conduttore leader delle attrezzature di cucina per la trasformazione, aggiungendo il ceramicato all’interno “Copper Ceramik” otteniamo una procedura di trasformazione ottimale, perché si permette l’impiego di meno grassi in cottura e una minor aderenze, nel senso che gli alimenti attaccato meno al fondo. È un grande vantaggio per il cuoco che spesso deve eseguire trasformazioni multiple sullo stesso piano di cottura, gestire più padelle e pentole durante il servizio con alimenti diversi. Con questo sistema nuovo con rame in Copper Ceramik garantiamo una facilitazione del lavoro, minore attaccamento al fondo delle padella-casseruola per qualsiasi alimento. Nel caso presentato, gli ortaggi si sono colorati in modo uniforme, hanno bevuto meno olio del solito, non si sono attaccati al fondo. Suggeriamo allo chef di prestare attenzione al gestire con sapienza il fuoco sottostante. Una cottura dolce, o media, è da preferire a quelle con fiamma libera al massimo. Gli strumenti da impiegare per il mescolamento all’interno della Copper Ceramik devono essere adeguati, il legno o in gommato, ma anche il metallo non crea problemi, se viene fatto in cottura. Provate per credere.

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La Baldassare Agnelli, leader nella produzione di strumenti di cottura professionali, arricchisce la propria produzione con una nuova linea di pentole all’avanguardia nei sistemi di cottura tradizionali: Copper Ceramik by Baldassare Agnelli. Sì, questa volta è toccato al rame! Le pentole di questo straordinario metallo sono state rivestite di ceramica ed hanno assunto, agli occhi di chef professionisti, un significato speciale: la perfezione della cottura. La linea Copper Ceramik by Baldassare Agnelli è il frutto della continua ricerca e sperimentazione promossa dall’azienda Baldassare Agnelli, sia in collaborazione con i più importanti chef della cucina italiana, sia attraverso il Centro di Ricerca e Formazione Saps di Lallio (Bg), associazione fondata da Angelo Agnelli con lo scopo di studiare e approfondire le forme e i materiali degli strumenti di cottura. La Linea Copper Ceramik by Baldassare Agnelli, unica ed esclusiva, sta conquistando in poco tempo un posto d’onore nei templi della gastronomia in Italia: conduce il calore 25 volte meglio rispetto all’acciaio. Tradizionalmente per le pentole in rame viene usato il rivestimento in stagno che però può creare difficoltà nella manutenzione quotidiana del prodotto. Invece con la ceramica vengono mantenuti gli stessi vantaggi di diffusione di calore e le proprietà del rame senza nessun problema nel lavaggio e nella manutenzione. La Baldassare Agnelli ha creato questa linea con il rivestimento B-Ceramik per avere un perfetto prodotto professionale con i vantaggi del rivestimento naturale B-Ceramik. Chef, gourmet e appassionati hanno voluto arricchire la propria cucina con questo strumento pregevole ed unico, che viene prodotto in esclusiva dall’azienda Baldassare Agnelli Professional Cooking. La produzione delle pentole professionali Baldassare Agnelli ancora oggi è contraddistinta dalla lavorazione artigianale del prodotto, che viene realizzato come cent’anni fa lavorando a freddo il materiale, in modo da rispondere alle richieste e ai desideri degli chef più esigenti. Un modello di lavorazione che unisce tradizione e modernità, ricerca e tecnologia, cura dei particolari e professionalità: fattori determinanti che hanno portato l’azienda Baldassare Agnelli ad essere leader nella produzione di pentole professionali.


NEWS

Obiettivo Italia Steelite International crea la divisione Italia

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Steelite Intl., azienda leader a livello internazionale per la produzione di servizi per la tavola in porcellana vetrificata inglese, ha deciso di puntare sul mercato italiano dando nuovo impulso alla sua offerta con un ufficio Steelite Italia e nuove entusiasmanti linee. Dopo oltre quarant’anni dalla nascita del marchio Steelite, la prestigiosa azienda di porcellana vetrificata inglese ha dato vita ad un ufficio Italia. Il tutto è stato reso possibile dalla collaborazione nata con la F.s.g. Italia S.r.l. (www.fsg-italia.it), che sarà responsabile del marchio sul territorio nazionale. Con una produzione di circa cinquecentomila pezzi a settimana, oggi Steelite può vantare di essere una delle più grandi produttrici di piatti professionali in Europa, con un giro d’affari mondiale di 56 milioni di Sterline. Tutto questo avviene da un’unica unità produttiva situata a Burslem, una tra le più antiche aree manifatturiere dell’Inghilterra. Burslem è un mix di alta tecnologia, di innovazione e di tradizionali processi produttivi. “La scelta delle attrezzature denota l’immagine che il locale, sia esso hotel o ristorante, vuole dare di sé. Questa scelta, fatta in modo corretto, denota la professionalità del ristorante, della struttura alberghiera e del personale preposto - spiega il Key Accounts Manager Italia Stefano Alfonso - la scelta di un piatto deve tenere in considerazione il design, che sarà in grado di caratterizzare l’ambiente e di esaltare la creatività dello Chef, ma anche della redditività che il prodotto consente di avere. Gli effetti di rotture meccaniche, maldestri accatastamenti, stoccaggi e trasporti effettuati con contenitori non idonei, shock termici o altre situazioni dettate dal normale utilizzo, possono comportare importanti spese di gestione e riassortimento nel medio periodo. Tali considerazioni sono alla base della produzione Steelite.” La produzione Steelite si può suddividere in quattro grandi famiglie. La prima è la Distinction, consigliata per i ristoranti e la banchettistica negli hotel di medio alto livello, è la giusta combinazione tra design, innovazione, funzionalità e durata nel tempo. La seconda famiglia è la Performance, ideale per ristoranti, società di ristorazione e per la banchettistica, nasce dal perfetto connubio tra praticità e resistenza anche in condizioni di utilizzo estreme. La terza è la Creations Glass, oggetti in vetro con forme accattivanti ed originali

per la tavola ed i buffet. La quarta ed ultima famiglia Buffet service & Presentation riguarda invece due importanti novità: la nuovissima linea di alzate Rosselli Risers e gli innovativi scaldavivande Canyon Chafer. L’inserimento di queste due nuove linee, aggiunto alle novità degli scorsi mesi, denotano quanto la Steelite International sia vicina alle esigenze del mercato, delle nuove mode ed anche delle singole realtà. Questo ha portato ad un notevole sviluppo di articoli “rustici” e “retro” con la necessità però di trovare un perfetto equilibrio tra tendenza e design. La risposta è stata la creazione della linea Terramesa: destinata a chi ama uno stile caldo e rurale abbinato ad elevate prestazioni e qualità. Inoltre, come se non bastasse, da qualche settimana le costanti innovazioni in fase produttiva hanno portato ad un grande risultato: la garanzia a vita contro le sbeccature del bordo per tutti gli articoli delle famiglie Distinction e Performace. “La qualità del prodotto, la soddisfazione dell’utilizzatore e del suo cliente sono per noi della Steelite l’obiettivo da perseguire. Sotto questo marchio abbiamo infatti tradizione, versatilità, innovazione, possibilità di decori sottosmalto di altissima qualità e durata continua S.A. - siamo infatti in grado di soddisfare ogni tipo di esigenza, dalla banchettistica di alto livello a chi cerca il giusto compromesso tra praticità, prezzo e qualità”. Con la Steelite Italia sarà ancora più facile avvicinarsi a questo prestigioso brand. Basterà contattare telefonicamente gli uffici allo 0522 902051 o scrivere una mail all’indirizzo italy@steelite.com per richiedere una visita, un campione, un catalogo od una consulenza.



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Anno VI°, n. iv - Ottobre, Novembre, Dicembre 2010 Rivista Trimestrale - Registrazione al Tribunale: nr. 1 del 7/1/2005 - Spedizione postale:“Poste Italiane Spa Spedizione In Abbonamento Postale 70% Lo/Bg” Casa Editrice: Speb S.R.L. - In Caso di mancato recapito restituire al mittente.

Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane

Anno VI - Numero IV Ottobre, Novembre, Dicembre 2010

RIVISTA UFFICIALE DELLA SAPS: CENTRO RICERCHE PER LO STUDIO DI MATERIALI E FORME DEGLI STRUMENTI DI COTTURA

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Tra piacentino e parmense: i sapori delle Terre Verdiane


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