Afghanistan: Aspettando il 2014. La società civile afghana su pace, giustizia e riconciliazione

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4. LA TRANSIZIONE E IL POST-2014 Da quando la comunità internazionale, la Nato e i paesi che fanno parte della missione Isaf hanno concordato con il governo Karzai la data del ritiro 93 , il 2014 è entrato nella discussione e nell’immaginario pubblico afghano come un passaggio fondamentale, uno spartiacque. A poco più di un anno dal suo completamento, il disimpegno degli eserciti stranieri porta con sé molti interrogativi e diversi timori 94 , mentre l’attuale fase di transizione è un processo i cui esiti si manifesteranno compiutamente solo in futuro. Il quarto capitolo è dedicato alle valutazioni sull’attuale fase di transizione e alle aspettative per il periodo successivo alla fine della missione Isaf della Nato. Qui intendiamo individuare quali siano i timori più diffusi, quali i settori che più preoccupano i rappresentanti della società civile e quali gli strumenti che suggeriscono di adottare per affrontare efficacemente il trasferimento di responsabilità e di sovranità dagli internazionali agli afghani. Anche in questo caso ci basiamo sull’idea che per elaborare una strategia appropriata per accompagnare l’Afghanistan in questa delicata fase di passaggio sia indispensabile conoscere le aspettative della popolazione, le loro richieste, i loro suggerimenti. Una strategia elaborata senza tener conto di tali aspetti rischia di porre le condizioni perché si ripetano gli errori del passato, rendendo il paese ancora più instabile 95 . Come tutti i periodi di passaggio, la transizione è un periodo di incertezza che porta con sé molte incognite, rischi potenziali 96 e potenziali opportunità. Questo capitolo si fonda sull’idea che la transizione e il ritiro, se opportunamente gestiti e condotti, possano favorire due processi essenziali, fin qui poco applicati: l’inclusione dei punti di vista degli afghani nell’elaborazione strategica e nel modellamento dell’agenda post-2014; la riflessione sugli errori compiuti finora dalla comunità internazionale, dal governo afghano e dalla stessa società civile, insieme a un ragionamento sul modo per evitarli in futuro. Ciò sembra confermare una delle tesi che con più forza viene sostenuta dai partecipanti alla ricerca: la transizione e il ritiro rappresentano l’ultima occasione affinché la

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Il piano cronologico per la transizione è stato formalmente adottato nel corso della conferenza internazionale tenuta a Lisbona nel novembre 2010. Barbara Stapleton suggerisce però che “la decisione politica di ritirare le forze regolari internazionali dall’Afghanistan (e terminare la missione Isaf) sia stata presa nell’ambito della Nato due anni prima”, in Beating a Retreat, op. cit. pp. 4-5. 94 Jonathan Steele scrive che “le interviste con un ampio spettro di politici del governo e dell’opposizione, attivisti della società civile e comuni cittadini rivelano la delusione per gli 11 anni di coinvolgimento straniero, e la forte preoccupazione che i prossimi anni portino difficoltà economiche e maggiore violenza politica e insicurezza”, in On the eve: Afghan views of the future as foreign forces withdraw, Norwegian Peacebuilding Resource Center, 2013. 95 Secondo gli autori della ricerca The Cost of War (p. 6), “nonostante molto sia stato scritto sulle guerre in Afghanistan, spesso mancano i racconti, le prospettive e le percezioni degli afghani comuni”. 96 Si veda Prisca Benelli, Antonio Donini, Norah Niland, Afghanistan: Humanitarianism in Uncertain Times, Feinstein International Center 2012. 117


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