Afghanistan: Aspettando il 2014. La società civile afghana su pace, giustizia e riconciliazione

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“É ancora tutto sulla carta, nessuno si è impegnato a trasformare la transitional justice in un piano concreto. D’altronde, come potrebbe essere altrimenti? Karzai ne sarebbe coinvolto, o almeno i suoi familiari, così come il vice-presidente”, rappresentante Aga Khan Foundation, Bamiyan “Ora non dovremmo parlare né affrontare la questione degli abusi e dei crimini passati. I criminali o i loro sostenitori sono al governo, hanno il potere. Basta pensare che non si può dire che Masoud sia stato un criminale, né qui a Bamiyan dire che lo sia stato Mazari, e altrove non si può dirlo di Fahim o di Hekmatyar. Credo che dovremmo puntare all’unità nazionale, perlomeno all’inizio, anche a livello simbolico. Si potrà parlare di una corte speciale, nazionale o internazionale, solo più avanti, quando ci saranno istituzioni funzionanti e solide, quando ci sarà pace e stabilità, quando ci sarà sicurezza per tutti e un governo centrale forte e accettato dalla maggior parte della popolazione”, Amir Sharif, lettore in Sociologia, Università di Bamiyan “I criminali devono essere portati davanti a una corte di giustizia. Ma la vera domanda è: chi li giudicherà, chi applicherà la legge? Quelli che dovrebbero giudicarli sono a loro volta dei criminali. In ogni caso, sono contrario all’amnistia, che non fa altro che dare carta bianca a tutti per commettere nuovi crimini, prima che il paese sia in grado di fare i conti con quelli passati. Oggi è impossibile giudicare i colpevoli, portarli davanti a una corte. La comunità internazionale dovrebbe cercare di favorire questo processo, organizzare una corte speciale come quella dell’Aja o un processo simile a quello per il figlio di Gheddafi. Il guaio è che gli stranieri sembrano sostenere quei criminali che dovrebbero processare”, content manager Radio Killid, Jalalabad “Per l’affermazione dello stato di diritto sono stati spesi miliardi di dollari. Il risultato? Qui lo stato di diritto viene inteso come il diritto dei più forti a essere sopra la legge. Nella sua essenza, stato di diritto significa invece che ci sono dei limiti ai quali devono sottostare anche le autorità governative e parlamentari. Occorre una riforma di tutti gli apparati istituzionali, del sistema giudiziario, della polizia, delle corti di giustizia, e via dicendo. In poche parole, dobbiamo garantire la giustizia. Come possiamo pretendere che i cittadini seguano la Costituzione se i leader politici la calpestano?”, Noorullah Mohsini, preside facoltà Legge e Scienze politiche, Balkh University, Mazar-e-Sharif “In tutti questi anni, qualcuno ha dimenticato gli omicidi e gli abusi subiti in passato, ma altri no, e vogliono che la verità venga conosciuta, che si sappia chi ha ucciso il figlio, il marito, il padre, il familiare. Non credo che sia possibile avere pace senza giustizia. Sono convinto che sia il governo afghano che la comunità internazionale debbano svolgere delle indagini, appurare la verità, arrestare i colpevoli degli abusi passati e portarli davanti a un tribunale. Mi chiedo però quali saranno i tempi della giustizia. La gente ha bisogno di risposte: perché hanno ucciso mio fratello o mio padre? Dieci anni fa era il momento giusto per portare avanti questo discorso, si doveva cominciare allora. Ma allora né il governo afghano né la comunità internazionale volevano fare una cosa del genere. Se lo avessero saputo, nessuno di quei criminali avrebbe oggi una posizione così importante. Se avessimo cominciato allora, avremmo goduto oggi dei benefici. Se cominciamo domani, i benefici li otterremo solo in un lontano futuro”, Azim Resalat, Radio Killid, Mazar-eSharif 106


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