Afghanistan: Aspettando il 2014. La società civile afghana su pace, giustizia e riconciliazione

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TESTIMONIANZE 3. LA GIUSTIZIA Testimonianze 3.1: Pace e giustizia “Non c’è pace senza giustizia. Lo ha ripetuto anche Desmond Tutu, il quale ha sottolineato che in Sudafrica si è raggiunta la pace, che però rimane fragile perché non è ancorata alla giustizia. Qui in Afghanistan il 90% della popolazione si considera vittima della guerra, ha subito abusi, ha sofferto atrocità, direttamente o meno. Come possiamo arrivare alla pace senza tener conto di questo dramma? Se la giustizia viene sacrificata a un semplice cessate il fuoco, non si tratta di una vera pace, sarà piuttosto una pace fragile, molto fragile”, Aziz Rafiee, direttore ACSF, Kabul “Condivido lo slogan che dice ‘non c’è pace senza giustizia’. Sono due elementi intrinsecamente legati l’uno all’altro. Non sono in contraddizione, come molti pensano. La guerra è come una malattia, un’epidemia, che bisogna affrontare individuandone le cause: la più importante, è la mancanza di giustizia. Da qui, il legame tra pace e giustizia. La prima cosa che serve per ottenere pace sono dei meccanismi trasparenti e seri per rendere efficace e dare concretezza alla legge. In Afghanistan esiste un sistema giuridico, ci sono delle leggi, ma non vengono applicate, e se vengono applicate sono usate da chi ha potere. Se in passato un membro della mia famiglia ha subito un abuso, se è stato torturato o rischia di esserlo e nessuno fa niente, come potrà esserci pace? Ecco perché serve la giustizia, che garantisce che i crimini passati siano puniti e quelli futuri impediti”, Abdul Qader Rahimi, regional program manager AIHRC, Herat “La pace è giustizia e viceversa. Non più darsi pace senza giustizia né uguaglianza senza pace. Ma i crimini del passato vanno affrontati in modi diversi. Quelli più recenti, da uno a cinque anni a questa parte, vanno affrontati subito, e coloro che li hanno compiuti vanno processati. Quanto a quelli realizzati più di dieci anni fa, è difficile ora ricondurli in un ambito giudiziario. Credo che i criminali in questo caso debbano essere portati a riconoscere pubblicamente le loro colpe. Sarà la popolazione a giudicare. Anche le misure simboliche infatti hanno il loro valore. Se i signori della guerra che oggi siedono nel gabinetto o al parlamento insistono nel dire che hanno compiuto azioni giuste ed eroiche, il popolo afghano non lo accetterà, se invece ammettono i loro sbagli o dimostrano di essere cambiati, potremmo farlo. Ma le parole devono corrispondere ai comportamenti”, Habiba Sorabi, governatrice provincia di Bamiyan “La cosa principale è la giustizia. La comunità internazionale dovrebbe combattere chi ruba le terre, chi ha commesso crimini, organizzare delle corti speciali, impedire ai criminali di fare ciò che vogliono, dare giustizia alle vittime. Se la comunità internazionale non si concentra su questi aspetti, la situazione peggiorerà senz’altro, e ancora una volta ci saranno dei conflitti interni”, Nurrahmad Nurrani, direttore Youth Federation, Jalalabad “La pace senza giustizia non è vera pace e non è stabile. La giustizia è più importante della pace, perché la comprende”, Ismail Zaki, regional coordinator CSHRN, Bamiyan

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