Fuori dall’emergenza, l’emergenza continua. A sostegno dei lavoratori GKN Firenze

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Fuori dall’emergenza, l’emergenza continua Come per la maggior parte dei settori lavorativi italiani, la principale forza lavoro della ricerca è formata da personale precario. Dottorandi e dottorande, assegniste e assegnisti, giovani ricercatori e ricercatrici che ogni anno si trovano costretti a fare i conti con la scelta di spostarsi all’estero, oppure dover decidere di cambiare carriera, a causa delle condizioni strutturali del sistema universitario, che sembra in continua emergenza. L’emergenza continua nel sottofinanziamento del comparto, sia rispetto ai principali Paesi europei, sia in termini assoluti. L’ emergenza è l’espulsione di giovani ricercatori e ricercatrici dal sistema universitario, per carenza di posizioni, per scarsa trasparenza nei concorsi, per la frammentarietà dei percorsi di carriera; l’emergenza trova corpo nella distribuzione diseguale delle risorse del fondo di finanziamento ordinario degli atenei, nella compressione selettiva, nella polarizzazione tra pochi Atenei (e dipartimenti) di eccellenza e tutto il resto; l’emergenza si declina nella perdita di autonomia della ricerca a fronte di pratiche di valutazione che spesso non permettono la piena libertà della ricercatrice e del ricercatore. L’emergenza, insomma, è la quotidianità del sistema universitario italiano, prima, durante e dopo la pandemia. A questa situazione critica, gli esecutivi che si sono succeduti nell’ultimo decennio non hanno saputo né voluto porre freno alcuno. Dall’approvazione della legge 240 del 2010 (cd. Legge Gelmini) in poi, gli interventi che si sono attuati sono stati interventi estemporanei, delle toppe messe a un catino che perde. Interventi che, mancando ogni strutturalità, non hanno inciso né incidono in profondità nella situazione dell’Università italiana, né permettono di affrontare la questione del precariato diffuso e pervasivo in Accademia. Il mancato governo del sistema universitario ha un impatto evidente sulle vite dei giovani ricercatori e delle giovani ricercatrici che vi si impegnano: lo stato in cui versa l’università non consente una pianificazione anche solo indicativa dei tempi di vita e delle tappe di una carriera già difficile, che si dipana attraverso una congerie di contratti brevi, concorso dopo concorso, tramite cui si cerca di raggiungere l’agognata stabilità dell’associatura. La nostra associazione ha prodotto negli anni delle Indagini volte a sondare le condizioni di vita e di lavoro di dottorande/i e ricercatori e ricercatrici non stabilizzate/i. Il 12 maggio scorso, i risultati della nostra decima indagine sono stati presentati al Senato. L’ indagine mostra chiaramente come, nonostante il recente aumento della borsa di dottorato a 1200 euro, l’importo non è sufficiente a far fronte al costo della vita in molte grandi città italiane, dove spesso si concentrano i grandi atenei e centri di ricerca che bandiscono il maggior numero di percorsi di dottorato. Il 39,1 % di chi ha risposto, ad esempio, non risparmia nulla o anzi chiede sostegno economico a famiglia o partner. Senza contare che, nonostante le nostre richieste, esistono


ancora posti di dottorato senza borsa, che non prevedono alcuna forma di finanziamento. È per questo che è necessario continuare a lottare sul fronte del dottorato, per costruire diritti nuovi e continuare a far avanzare le nostre rivendicazioni, purtroppo solo in parte recepite nel nuovo Decreto Ministeriale sul dottorato, entrato in vigore a dicembre 2021. In particolare, chiediamo che il dottorato venga riconosciuto come un lavoro, che, quindi, come tale andrebbe sempre retribuito. Per questo, ad esempio, sarebbe fondamentale adeguare le borse di dottorato all’inflazione, ma, ancora di più, superare la logica della borsa di dottorato, nella prospettiva di un’effettiva contrattualizzazione. Queste condizioni materiali, poi, unite spesso a un clima lavorativo che include dinamiche molto competitive, stanno portando a situazioni, crescenti in numero e gravità, di deterioramento del benessere mentale, in particolare con problematiche di ansia e depressione. E poi, cosa succede dopo questo faticoso percorso che è il dottorato? Più del 90% di chi ha avuto un primo assegno di ricerca è espulso, a un certo punto, dall’università italiana, e prende la via dell’estero, del privato, talvolta dell’impiego nella pubblica amministrazione, settore che purtroppo non riconosce in modo adeguato il titolo e le competenze di chi ha portato a termine un dottorato di ricerca, sia per quanto riguarda il reclutamento e i concorsi, sia per quanto riguarda le mansioni e la retribuzione. È per questo che è necessaria una riforma del preruolo, che disciplini il percorso che precede l’ottenimento del ruolo di Professoressa/Professore Associata/o. In questo senso, le nostre proposte, elaborate in seno alla piattaforma Ricercatori Determinati, sono di un reclutamento ordinario e ciclico, in linea con il numero dei pensionamenti previsti, di una stabilizzazione per gli attuali precari dell'Università e di una Riforma del pre-ruolo, che crei un’unica figura di ricercatore a tempo determinato con contratto di lavoro subordinato, che sostituisca l’attuale molteplicità di figure e che riduca drasticamente la durata complessiva dei contratti postdottorato. L’elemento più importante, però, è come sempre quello del finanziamento: per ogni riforma che si voglia fare, innanzitutto, al sistema universitario deve essere restituito quanto sottratto con i tagli dell’ultimo decennio e devono essere previsti livelli di finanziamento in linea con gli standard europei. La pandemia ha inasprito la conflittualità sociale nel nostro Paese, portando alla luce le fragilità del nostro modello di sviluppo. L’Italia ha scelto di seguire una strada incentrata su compressione salariale e precarietà, per contenere le voci di costo e poter restare competitiva internazionalmente, in presenza di un ecosistema imprenditoriale medio-piccolo, strutturalmente meno propenso all’innovazione e all’investimento. La classe imprenditoriale italiana ha visto nel controllo della dinamica salariale attraverso l’azione politica e la delocalizzazione di intere fasi della filiera produttiva all’estero lo strumento per mantenere inalterata la quota profitti, pur in un periodo di stagnazione come gli ultimi dieci anni. In questo contesto, l’Università pubblica, caratterizzata da un marcato definanziamento, è stata sempre più pensata come veicolo privilegiato per poter svolgere quella ricerca che il privato non è in grado di fare o di cui non vuole sostenere i costi. Per quanto un grado di contaminazione e di collegamento tra il sistema produttivo e il mondo universitario sia auspicabile, nel quadro di un’autonoma collaborazione nelle rispettive sfere e ambiti di competenza, non è ammissibile che l’università diventi il laboratorio di sviluppo dell’impresa privata, minando alla radice l’autonomia della ricerca, specie se a svolgerla sono precarie e precari. L’aziendalizzazione del sistema universitario pubblico, ossia la penetrazione significativa degli interessi privati nelle considerazioni degli Atenei, è sempre più pervasiva. È frutto di una prospettiva miope, che non è in grado di trovare un ruolo per l’Università nella società se non quello di immediata monetizzazione delle ricerche, senza attenzione alcuna per la ricerca di


base. Questa permeabilità dell’Università agli interessi privati accompagna la debolezza del sistema che è già stata anticipata, contribuendo in modo significativo ad esacerbare la distribuzione diseguale delle risorse e le condizioni di lavoro delle giovani ricercatrici e dei giovani ricercatori. In questo contesto, è necessario far convergere le istanze di categorie diverse che sono, tuttavia, accomunate dal precariato lavorativo e dalla voglia di lottare contro questo stato di cose. Per questo, come Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia aderiamo a questa assemblea insieme ai lavoratori della GKN e di tutti e tutte coloro che credono sia necessario un cambio di rotta di questo paese. Un cambio di rotta verso studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, in favore di un’Università e una ricerca che siano pubbliche e accessibili, con salari dignitosi e senza essere costretti a decenni di precariato.

Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia

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