Il Buon Pastore e il Suo gregge

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Il Buon Pastore e il Suo gregge Meditazioni sul Salmo 23 Non credo ci sia un passo della Scrittura che risulti più familiare del Salmo 23. Le parole che lo compongono sono fra le più amate, recitate e cantate in tutte le chiese evangeliche. Ogni affermazione presente in questo salmo è ricolma di sentimenti e di significati profondi. Per comprenderle appieno occorrerà meditarle singolarmente. La lettura di queste meditazioni, accenderà nel vostro cuore un nuovo amore per il Buon Pastore, considerando quanto tenera e particolareggiata sia la cura che Egli riserva al Suo gregge. Iain D. Campbell Il Pastore Iain D. Campbell è nato nell’isola di Lewis, a largo della costa occidentale della Scozia, dove attualmente cura la comunità evangelica locale Point Free Church. È sposato con Anne, insegnante per bambini diversamente abili. Hanno tre figli: Iain, Stephen ed Emily.

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È davvero una gioia leggere questo libro. Uno studio adatto tanto al cuore quanto alla mente. L’analisi fatta da Iain D. Campbell al Salmo 23 è sicuramente magistrale, sia dal punto di vista esegetico sia da quello pastorale, e contribuisce ad accrescere sensibilmente la nostra comprensione di questo meraviglioso scritto. La spiegazione di termini come “pascoli verdeggianti” e “acque calme”, unitamente ad altre parole così descrittive, ci fa scorgere un raro e coscienzioso talento espositivo, audace al contempo.

Il Buon Pastore e il Suo gregge Meditazioni sul Salmo 23

€ 7,50

9 788 889 69 8457

ADI Media

ISBN 978-88-89698-45-7

Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 2251432 adi@adi-media.it - www.adi-media.it

IL BUON PASTORE E IL SUO GREGGE

IAIN D. CAMPBELL

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Iain D. Campbell

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Indice Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1. Conoscere il Buon Pastore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 2. Seguire la guida del Buon Pastore

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3. Sperimentare la cura del Buon Pastore . . . . . . . . . . . . . . 43 4. Beneficiare della protezione del Buon Pastore . . . . . . . . 61 5. Confidare nella provvidenza del Buon Pastore 6. Dimorare nella casa del Buon Pastore

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Titolo originale: “In the care of the Good Shepherd” © Day One Publications 2009 Published by Day One Publications Ryelands Road, Leominster, HR6 8NZ Edizione italiana: “Il Buon Pastore e il Suo gregge” © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche "Assemblee di Dio in Italia" Agosto 2010 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: A cura dell’Editore - A.Z. Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Rotolito Lombarda - Pioltello (MI)

ISBN 978 88 89698 45 7


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Introduzione In questo studio devozionale del Salmo 23, Iain D. Campbell descrive la vita spirituale del credente, gli attacchi che essa può subire, la maturità che è possibile raggiungere seguendo da vicino Gesù Cristo, il Buon Pastore, e la meta finale verso cui è diretta: l’eternità alla Sua presenza. Il libro presenta una bella metafora del Buon Pastore così come descritto in tutte le Scritture, dall’Antico al Nuovo Testamento. L’autore si avvale di questa immagine per descrivere Cristo quale Amico, Guida, Benefattore e Difensore del Suo popolo. Quest’opera è stata scritta da un pastore che descrive in maniera vivida e profonda il Sommo Pastore, pertanto, è pienamente cosciente di quali siano le necessità spirituali e i desideri del Suo gregge. Quella che emerge, infatti, è proprio l’esperienza pastorale del Campbell che ben sa descrivere le attenzioni particolari che il Signore riserva verso il Suo gregge. Inoltre, le opere compiute da Gesù sono descritte con una linearità tale, da rendere una vera gioia la lettura di questo libro. Chi lo dà alle stampe consiglia vivamente di affiancare a tale lettura un’attenta meditazione del Salmo 23, perché tanto adatto al cuore quanto alla mente del lettore. L’Editore

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Salmo 23 Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca. Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli, mi guida lungo le acque calme. Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza. Per me tu imbandisci la tavola, sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo; la mia coppa trabocca. Certo, beni e bontà m’accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io abiterò nella casa del SIGNORE per lunghi giorni.


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Conoscere il Buon Pastore personalmente


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Il Buon Pastore e il Suo gregge

“Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca” (v. 1)

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on credo ci sia un passo della Scrittura più noto e familiare del Salmo 23. Le parole che lo compongono sono fra le più amate, recitate e cantate in tutte le chiese evangeliche. Ogni affermazione presente in questo salmo è ricolma di sentimenti e significati profondi. Per comprenderle appieno occorrerà meditarle singolarmente. L’intestazione del salmo ci suggerisce che si tratta di una composizione di Davide: è un salmo pastorale, scritto da un pastore. Egli era stato investito di una grande responsabilità: portare al pascolo, nel deserto, le pecore di suo padre. Sappiamo bene che questo compito ha certamente contribuito alla sua formazione personale. Quando Samuele giunse presso la casa di Isai, a Betlemme, per ungere re d’Israele uno dei suoi figli, Davide era assente, poiché, trovandosi fedelmente al suo posto, era al pascolo con le pecore (cfr. I Samuele 16:11-13). Ma il piano di Dio per la sua vita era quello di farlo diventare un altro tipo di pastore. A questo proposito, è interessante notare il modo in cui l’Antico Testamento faccia riferimento al ruolo di Davide come re, chiamandolo, per l’appunto, il “pastore” d’Israele. I Libri Storici raccontano che tutte le tribù ebraiche vennero a trovare Davide ad Ebron dicendogli: “Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Già in passato, quando Saul regnava su di noi, eri tu che facevi uscire e ritornare Israele; il SIGNORE ti ha detto: Tu sarai pastore del mio popolo, Israele, tu sarai il principe d’Israele” (II Samuele 5:1, 2). La ragione per cui 8


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unsero Davide come re, era proprio il fatto che Dio stesso aveva detto: “Tu sarai pastore”. Il Salmo 78 descrive quest’immagine in modo splendido: “Scelse Davide, suo servo, lo prese dagli ovili; lo portò via alle pecore che allattavano, per pascere Giacobbe, suo popolo, e Israele, sua eredità. Ed egli si curò di loro con un cuore integro e li guidò con mano sapiente” (Salmo 78:70-72).

Ci troviamo di fronte ad un uomo che è due volte pastore. Dio ha scelto Davide per custodire non più il gregge di suo padre, ma il popolo del Signore. Mentre era pastore di pecore, Egli lo ha preparato per essere pastore di uomini. Nel Salmo 23, Davide riconosce proprio il suo personale e impellente bisogno di avere un pastore. Sappiamo, infatti, che malgrado fosse pieno di talenti e pronto a svolgere il suo ruolo di re, la sua forza ed il coraggio che più volte manifestava risiedevano nella profonda consapevolezza di avere Dio stesso come Pastore. Naturalmente non è stato l’unico a fare questa meravigliosa confessione. L’immagine del Signore come Pastore attraversa tutta la Bibbia. Giacobbe, nel benedire Efraim e Manasse, figli di Giuseppe, alla fine della sua vita in Egitto, così si esprime: “… Il Dio alla cui presenza camminarono i miei padri Abraamo e Isacco, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino a questo giorno, l’angelo che mi ha li9


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Il Buon Pastore e il Suo gregge

berato da ogni male, benedica questi ragazzi! …” (Genesi 48:15, 16). Non è magnifico? Giacobbe prega per i suoi nipoti e, nelle parole che sceglie per invocare la benedizione di Dio, rammenta che Egli è stato il Suo Pastore. Il salmista Asaf si esprime allo stesso modo: “Porgi orecchio, o Pastore d’Israele, che guidi Giuseppe come un gregge; o tu che siedi sopra i cherubini, fa’ risplendere la tua gloria!” (Salmo 80:1). Questa preghiera è elevata al “Pastore d’Israele”. Anche nei profeti troviamo espresso più volte lo stesso appellativo. Isaia, ad esempio, descrive il Signore, il Dio eterno di cui ha avuto una solenne visione nel tempio, annunciando la Sua gloria eterna e la Sua immutabilità; non dimentica, tuttavia, l’amorevole cura che l’Eterno ha verso il Suo popolo: “Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano” (Isaia 40:11). Analogamente, Ezechiele, che aveva avuto diverse visioni, riporta le parole del Signore in questo modo: “Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare, dice DIO, il Signore. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa e la forte: io le pascerò con giustizia” (Ezechiele 34:15, 16).

Il Signore, in prima persona, s’impegna ad essere il Pastore del Suo popolo. Perciò, quando Davide afferma: “Il SIGNORE è il mio pastore”, sta rievocando una delle più grandi e ricche metafore di tutta la Scrittura. Tuttavia, soltanto attraverso la 10


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limpida e chiara lente del Nuovo Testamento si potrà realmente apprezzare quanto detto in questo passo. Nel Vangelo di Giovanni è scritto che c’è solamente una Persona capace di adempiere e soddisfare appieno le responsabilità che un Pastore deve avere verso il Suo popolo. Questi è Gesù Cristo, Colui che dichiara: “Io sono il buon pastore” (cfr. 10:11, 14). È Gesù Colui che, sia nei salmi sia nei Vangeli, è lodato come il Pastore del Suo popolo. Dichiarando: “Io sono il buon pastore”, Egli deliberatamente e consapevolmente identifica Sé stesso con il Pastore d’Israele: “Yahwèh” (cfr. Salmo 80:1). Definendosi “Pastore” rivela la Sua unità con il Padre e pertanto la Sua natura divina. Gesù, indubbiamente, è il Pastore di cui abbiamo bisogno oggi. Nel ricollegarsi all’Antico Testamento, dove l’accento è posto su Dio, il Signore, come Pastore del popolo dell’alleanza, Gesù dichiara pubblicamente di essere Egli stesso quel Dio. È in Lui che arriviamo a comprendere pienamente la vera essenza della figura del pastore; Egli è “la metafora fatta carne”. A questo proposito, le Scritture descrivono diversi aspetti del Signore Gesù.

Gesù è il Pastore mandato dal Padre Possiamo rivendicare Gesù come nostro unico e solo Pastore, perché Egli è stato designato prima della creazione del mondo. Per questo Davide afferma: “Il Signore [l’unico Dio di Israele] è il mio pastore”. Questo stesso Signore, nella Persona di Dio Padre, può dire: “Il Signore Gesù è il mio pastore”. Ma qual è il senso di tale affermazione? Egli è Colui che, nel consiglio eterno, ha appartato Gesù per adem11


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Il Buon Pastore e il Suo gregge

piere il Suo piano di salvezza e redenzione, e per farlo essere Re e Pastore del Suo popolo. Il concetto di pastore, così, oltrepassa gli schemi di una semplice metafora e diviene titolo messianico applicabile soltanto a Gesù, venuto nel mondo per redimere e salvare i peccatori. È questo il motivo per cui troviamo scritto: “«Insorgi, o spada, contro il mio pastore, contro l’uomo che mi è compagno!», dice il SIGNORE degli eserciti. «Colpisci il pastore e siano disperse le pecore! Io volgerò la mia mano sui piccoli …»” (Zaccaria 13:7). Queste parole trovano il loro adempimento nel Figlio di Dio che, rivolto ai discepoli, dice: “Questa notte voi tutti avrete in me un’occasione di caduta; perché è scritto: «Io percoterò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse»” (Matteo 26:31). Dio ha appartato Gesù per noi, per essere Colui che avrebbe salvato il Suo popolo. È possibile vedere la natura messianica del titolo di “pastore” anche in Ezechiele, laddove Dio promette di stabilirLo sul Suo popolo: “Porrò sopra di esse un solo pastore che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore” (34:23). Benché a quei tempi Davide fosse già morto da molti anni, Ezechiele parla di lui come di uno che doveva ancora venire; infatti, questa profezia è stata adempiuta nella Persona e nell’opera di Gesù Cristo, che definì Sé stesso come “la radice e la discendenza di Davide” (cfr. Apocalisse 22:16).

Gesù è il buon Pastore In Giovanni 10:11, Gesù descrive Sé stesso come “il buon pastore”. Ci sono molti pastori, ma nessuno è buono come 12


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Lui. L’indiscutibile manifestazione della Sua bontà sta proprio in questo: le pecore si sono allontanate dai retti sentieri e sono state disubbidienti, tuttavia, continuano ad essere l’oggetto del Suo amore e delle Sue cure, al punto che, in quanto buon Pastore, Egli ha sacrificato la Sua vita per loro. Ma noi conosciamo Gesù anche come “Agnello di Dio” (cfr. Giovanni 1:29). Egli è rimasto muto davanti ai Suoi tosatori per salvare proprio quelle pecore erranti (cfr. Isaia 53:6, 7). La ribellione delle pecore contrasta fortemente con l’ubbidienza e la bontà dell’Agnello/Pastore che il Signore ha loro provveduto; fedele sino alla fine del mandato affidatoGli, ha mostrato il Suo amore per il Padre e per il Suo popolo, offrendo la Sua vita in sacrificio per il peccato.

Gesù è il grande Pastore Nelle Scritture troviamo altresì scritto che Gesù è il “grande Pastore”. Infatti, lo scrittore agli Ebrei afferma: “Or il Dio della pace che in virtù del sangue del patto eterno ha tratto dai morti il grande pastore delle pecore, il nostro Signore Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, affinché facciate la sua volontà, e operi in voi ciò che è gradito davanti a lui, per mezzo di Gesù Cristo; a lui sia la gloria nei secoli dei secoli …” (13:20, 21). Il buon Pastore è morto per le Sue pecore: Dio, però, Lo “ha tratto dai morti”. La bontà del nostro Signore Gesù è manifesta nel sacrificio della croce per la nostra salvezza; e la Sua grandezza, invece, sta nella potenza della Sua risurrezione. Nel considerare l’opera perfetta del nostro Salvatore, il nostro pensiero corre, da una parte, alla croce, per consi13


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derare come è morto il buon Pastore; dall’altra, però, ad una tomba vuota, per ricordare che il grande Pastore delle pecore è risuscitato.

Gesù è il sommo Pastore Pietro descrive Gesù come “il sommo Pastore” (cfr. I Pietro 5:4; Vers. Riveduta). È molto interessante notare che, scrivendo agli anziani della comunità, Pietro si rivolge loro chiamandoli “pastori”. Egli stesso era un ministro dell’Evangelo. La parola “pastore” deriva dal latino pastor, che significa “nutrire, condurre, proteggere”; solitamente, utilizziamo questo termine per descrivere il ruolo che gli anziani rivestono nella cura della comunità locale ed il ministerio pastorale - che essi svolgono. Pietro esercitava questo incarico nel gregge di Cristo. Gesù gli aveva detto: “Pasci i miei agnelli” e “pastura le mie pecore” (cfr. Giovanni 21:15-17). Pertanto, stava fedelmente spronando gli “anziani” della comunità ad essere fedeli alla chiamata ricevuta, e diligenti nel ministerio pastorale. Egli motiva la sua esortazione con queste parole: “E quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della gloria che non appassisce” (I Pietro 5:4; Vers. Riveduta). Quanti hanno ricevuto da Dio l’incarico di pastore nella Chiesa di Cristo, non dimentichino mai di essere, a loro volta, sottoposti a un’autorità maggiore, quella del sommo Pastore. La responsabilità della Chiesa è Sua; è Lui che la governa in qualità di pastore supremo. L’autorità di ogni altro ministro ed anziano, non è che un’autorità delegata. I pastori devono pascere la chiesa del Signore nella consapevolezza di essere stati affidati essi stessi alle direttive e alla 14


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cura del supremo Pastore; quando Egli tornerà, donerà a Suoi la corona della gloria. Fratelli, vegliamo: Uno solo è il sommo Pastore.

Gesù è il Pastore regale Nel libro dell’Apocalisse, Giovanni ci ricorda che Gesù è un magnifico Pastore assiso sul trono di Dio. Nella grande visione che troviamo nel capitolo 7, egli racconta di una gran folla che nessun uomo poteva contare, raccolta intorno al trono di Dio, su cui era assiso un Agnello. È scritto: “… l’Agnello che è in mezzo al trono li pascerà e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” (Apocalisse 7:17). Quando Gesù tornerà, l’Agnello sul trono sarà l’unico Pastore della Sua Chiesa: Egli ci guiderà alle sorgenti delle acque della vita e asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. In questo versetto vi è una magnifica combinazione fra ruolo e designazione: l’Agnello è il Pastore celeste, rivestito di splendore, sul Quale ogni occhio è fisso e ogni orecchio è teso; Egli guiderà ancora il Suo popolo, ne avrà cura e Dio lo consolerà. Soltanto Gesù può soddisfare appieno i Suoi figli, cibandoli e riempiendoli del continuo con il Suo amore; l’eternità stessa non basterebbe per descrivere ciò che il maestoso Pastore intende fare per il Suo gregge giunto in gloria. Il Pastore ed il gregge appartengono l’uno all’altro Il Salmo 23 esordisce con il pronome possessivo “mio”. Troviamo scritto, infatti: “Il SIGNORE è il mio pastore”. Davide sta parlando del rapporto intimo e personale che ha con Dio. Pertanto, il pronome assume un valore così impor15


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tante da risaltare in tutto il salmo. Puoi provare anche tu a contare quante volte Davide faccia riferimento a sé stesso. Comunque, questa rimane soltanto una considerazione stilistica: il salmo, infatti, non parla tanto del re Davide, quanto dell’opera compiuta in suo favore dal Signore, che egli riconosce suo Re, Pastore e Salvatore. È un inno dedicato al suo Dio; il salmista è talmente coinvolto dalla gloria della comunione personale con il suo Salvatore che non può fare a meno di parlarne, concentrando su di essa tutta la sua attenzione. Davide afferma: “Il SIGNORE è il mio pastore”. E qui sorge una domanda di vitale importanza, che ciascuno di noi dovrebbe porsi: “Posso dire che Gesù è mio?”. È opportuno riflettere un attimo, prima di apprestarci a rispondere: un conto è sapere che Egli è un grande e buon Pastore, e un altro è poter affermare: “Egli è mio”. Un conto è aver udito come Egli spanda i Suoi benefici, intervenendo in favore del Suo popolo, e un’altro è averlo sperimentato personalmente, e dunque poter dichiarare: “Egli è tutto per me, ho tutto in Lui”. Questo è il punto di partenza del salmo. Ci troviamo di fronte ad un gregge e ad un Pastore: essi sono l’uno dell’altro. Il gregge non appartiene a nessuno, fuorché al Pastore, e viceversa. Entrambi considerano esclusiva questa relazione. Più avanti esamineremo le caratteristiche del gregge, ma, per il momento, vogliamo soffermarci sulla gloria che rifulge da questo legame. Proviamo a farlo con un esempio: un marito guarda la fotografia di sua moglie come mai potrebbe fare con la foto di qualsiasi altra donna al mondo. La donna di cui la fotografia riflette l’immagine (e soltanto lei), è sua. 16


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Analogamente, chi crede in Cristo e ripone in Lui la sua fiducia per essere salvato, può fissare lo sguardo su Gesù, “colui che crea la fede e la rende perfetta” (cfr. Ebrei 12:2) e affermare: “Egli è mio”.

L’importanza di avere un Pastore Fare di Gesù il nostro Pastore, produce nella nostra vita un effetto glorioso. Infatti, possiamo sinceramente affermare: “Nulla mi manca”. Il Salmo 34 esprime a questo modo la stessa verità: “… nulla viene a mancare a quelli che lo temono. I leoncelli soffrono penuria e fame, ma nessun bene manca a quelli che cercano il SIGNORE” (vv. 9, 10). In altre parole, se il Signore è davvero il mio Pastore non patirò alcuna miseria o mancanza. Questo è vero soprattutto dal punto di vista spirituale: nondimeno, abbiamo un Dio fedele che può supplire ad ogni nostro bisogno in Cristo Gesù. Ora, sia ben chiaro, potrebbero esserci molte cose di cui non disporrò nella vita, e che potrei avere il desiderio di possedere. E potranno anche verificarsi molte situazioni difficili da affrontare; ma, nel senso più profondo del concetto, quello che concerne l’anima, se Gesù ed io apparteniamo l’uno all’altro, a me non mancherà mai il necessario. Innanzitutto, nulla mi manca perché mi è stata donata la salvezza dell’anima. Pertanto, tutto ciò che è indispensabile per il mio benessere spirituale, Dio me l’ha provveduto nel Signore Gesù Cristo. Il mondo nega questa verità fondamentale del Nuovo Testamento, ed il Vangelo è messo in dubbio proprio su questo punto; molti falsi dottori insegnano alla gente che occorre qualcosa in più di Cristo, per essere certi della propria salvezza. L’apostolo Paolo, in diverse 17


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parti del Nuovo Testamento ha contrastato e confutato queste teorie, mostrando la compiutezza dell’opera di Cristo. Un importante esempio, in tal senso, si trova nella lettera ai Colossesi. Parlando di Gesù, l’apostolo Paolo afferma: “… in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui …” (2:9, 10). È di vitale importanza comprendere che quanti appartengono al Signore ereditano un totale senso di appagamento che soltanto Lui può donare. Il cuore dell’uomo unito a Cristo non richiede supplementi di sorta. Inoltre, se Gesù è il mio Pastore, nulla mi manca per quel che riguarda le circostanze della mia vita. Sarà Egli stesso a prendersene cura! Infatti, se ho messo la mia vita nelle Sue mani, posso avere la certezza che tutto ciò che mi accade ha uno scopo ben preciso. Nel Sermone sul Monte, Gesù dice che sono i pagani - e cioè gli increduli, quanti sono al di fuori della cittadinanza e dei patti che appartengono ai redenti - quelli che si preoccupano continuamente per la loro vita, di quel che dovranno mangiare, bere ed indossare (cfr. Matteo 6:25-33). Poi, rivolgendosi ai Suoi discepoli, aggiunge questa raccomandazione: “Non siate dunque in ansia per queste cose”. Non dobbiamo aver timore di nulla perché Egli è perfettamente in grado di provvedere al Suo gregge tutto ciò di cui ha bisogno. Inoltre, Egli ha il controllo di ogni situazione e si prende cura anche delle cose spiacevoli e difficili che dobbiamo affrontare. Un vero figlio di Dio nutre certamente questa fiducia in sé. Il Signore sa come far cooperare al bene anche gli eventi più difficili e dolorosi: Egli mi dona, in questo modo, un bagaglio di esperienze che sarà certamente utile 18


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alla mia vita e al servizio che Gli offrirò. Tutto questo per il mio bene e la Sua gloria. Egli dà maggior grazia quando il peso aumenta, e, come esprimerà sapientemente più avanti il salmista, il buon Pastore mi sostiene e mi conforta in qualunque tappa del mio pellegrinaggio terreno. Ma c’è di più. Se Gesù è il mio Pastore, nulla mi manca per poter raggiungere la meta finale. Questo è il punto attorno al quale ruota tutto il salmo; se il Signore è il mio Pastore “oggi”, allora esulto in una speranza che durerà “per sempre”. Egli ha tratto fuori e liberato il Suo gregge per condurlo verso casa. Altrove, sempre in quest’accezione, il salmista descrive il cammino d’Israele dall’Egitto verso Canaan: “Fece partire il suo popolo come un gregge e lo guidò attraverso il deserto come una mandria. Li condusse sicuri e senza timore, mentre il mare inghiottiva i loro nemici. Li fece arrivare alla sua terra santa, al monte che la sua destra aveva conquistato. Scacciò le nazioni davanti a loro, assegnò loro a sorte il territorio come eredità e fece abitare le tribù d’Israele nelle tende di quelli” (Salmo 78:52-55).

Lungo tutto il cammino verso la meta, Dio ha guidato il Suo popolo. Se facciamo parte del Suo gregge, questa diventerà anche la storia della nostra vita. Egli potrà condurci attraverso strade che non ci saremmo mai aspettati di percorrere, e che non avremmo mai intrapreso autonomamente. 19


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Egli potrebbe guidarci in sentieri, come li chiama il poeta Robert Frost, “meno trafficati” (1), ma le Sue vie non sono le nostre vie e i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri; e il modo in cui Egli ci guiderà farà davvero la differenza nella nostra vita. Potremmo ritrovarci in verdi pascoli o in valli oscure, in mezzo ai nemici o nella solitudine, ma ciò che conta è tenere gli occhi sempre fissi sulla meta. Il nostro cuore sia placato a questo dolce pensiero: non mancheremo mai di nulla finché permetteremo a Gesù di essere il nostro Signore e la nostra guida. Egli conosce perfettamente la rotta e ci condurrà a casa. Questo pensiero è espresso in modo splendido nell’adattamento che il pastore inglese Henry Baker fa di questo salmo: Il Re dell’amore è il mio Pastore, la Sua bontà non verrà mai meno, se appartengo a Lui ed Egli a me, non mancherò di nulla per sempre… E così, lungo tutto il mio cammino, la Tua bontà non tramonta mai; mio Buon Pastore, che io possa cantare le Tue lodi, nella Tua dimora, per l’eternità.

1. La strada non presa, sta in Frost, Robert. Mountain Interval. New York: Henry Holt and Company, 1920.

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Conoscere il Buon Pastore Personalmente

Spunti di riflessione 1. Possono esserci altri pastori, ma nessuno è buono come Lui. Le pecore sono andate fuori strada e sono state disubbidienti, tuttavia continuano ad essere l’oggetto del Suo amore e delle Sue attenzioni al punto che, in quanto buon Pastore, Egli sceglie di sacrificare la propria vita per loro. 2. L’Agnello è il Pastore celeste, rivestito di splendore. Egli guiderà ancora il Suo popolo, ne avrà cura e Dio lo consolerà. Soltanto Gesù può soddisfare appieno, cibando e riempiendo ininterrottamente la vita del Suo amore; e sappiamo bene che l’eternità stessa non basterebbe per descrivere tutto ciò che questo maestoso Pastore intende fare per il Suo gregge giunto in gloria. 3. E qui sorge una domanda di vitale importanza che ciascuno di noi dovrebbe porsi: “Posso dire che Gesù è mio?”. Occorre fare chiarezza su questo concetto prima di apprestarci a rispondere: un conto è sapere che Egli è un grande e buon Pastore, e un altro è poter affermare: “Egli è mio”, dichiarare: “Egli è tutto per me, ho tutto in Lui”. 4. Se posso veramente dire che il Signore è il mio Pastore non patirò miseria o mancanza alcuna. Nel senso più profondo del concetto, quello che concerne l’anima, se Gesù ed io apparteniamo l’uno all’altro, nulla mi mancherà.

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Il Buon Pastore e il Suo gregge Meditazioni sul Salmo 23 Non credo ci sia un passo della Scrittura che risulti più familiare del Salmo 23. Le parole che lo compongono sono fra le più amate, recitate e cantate in tutte le chiese evangeliche. Ogni affermazione presente in questo salmo è ricolma di sentimenti e di significati profondi. Per comprenderle appieno occorrerà meditarle singolarmente. La lettura di queste meditazioni, accenderà nel vostro cuore un nuovo amore per il Buon Pastore, considerando quanto tenera e particolareggiata sia la cura che Egli riserva al Suo gregge. Iain D. Campbell Il Pastore Iain D. Campbell è nato nell’isola di Lewis, a largo della costa occidentale della Scozia, dove attualmente cura la comunità evangelica locale Point Free Church. È sposato con Anne, insegnante per bambini diversamente abili. Hanno tre figli: Iain, Stephen ed Emily.

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È davvero una gioia leggere questo libro. Uno studio adatto tanto al cuore quanto alla mente. L’analisi fatta da Iain D. Campbell al Salmo 23 è sicuramente magistrale, sia dal punto di vista esegetico sia da quello pastorale, e contribuisce ad accrescere sensibilmente la nostra comprensione di questo meraviglioso scritto. La spiegazione di termini come “pascoli verdeggianti” e “acque calme”, unitamente ad altre parole così descrittive, ci fa scorgere un raro e coscienzioso talento espositivo, audace al contempo.

Il Buon Pastore e il Suo gregge Meditazioni sul Salmo 23

€ 7,50

9 788 889 69 8457

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ISBN 978-88-89698-45-7

Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

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IL BUON PASTORE E IL SUO GREGGE

IAIN D. CAMPBELL

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Iain D. Campbell

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