Un Secolo che scorre. I Cento Anni dell'Acquedotto Poiana - Vol II

Page 1

a cura di CLAUDIO MATTALONI

Acquedotto POIANA SpA

UN SECOLO CHE SCORRE. I CENTO ANNI DELL’ACQUEDOTTO POIANA Il presente e uno sguardo al futuro



a cura di CLAUDIO MATTALONI

UN SECOLO CHE SCORRE. I CENTO ANNI DELL’ACQUEDOTTO POIANA Il presente e uno sguardo al futuro

Acquedotto POIANA SpA



I CAPITOLO PRIMO

Alessandro Patriarca, Claudia Casarsa

LA CRESCITA AZIENDALE

LA FORMAZIONE DELLA SQUADRA La volontà, sempre confermata all’unanimità da parte dei Comuni Soci, di sviluppare l’azienda secondo canoni di economia, efficienza ed efficacia e secondo il comportamento del buon padre di famiglia, ha permesso ad una realtà tecnicamente in ritardo rispetto ad altre presenti sul territorio provinciale, di conseguire nell’arco di un decennio un livello di notevole avanzamento tecnologico e operativo. Ciò a partire dall’anno 1996, con l’insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione, cui ha fatto seguito la nomina della nuova direzione. Nella riorganizzazione delle risorse umane, si è optato per un modello che privilegiasse la collaborazione, la condivisione degli obiettivi e dei programmi per raggiungerli. Questa scelta, la più difficile da gestire, comportava il rischio di tempi più lunghi ma consentiva risultati migliori e più costanti nel tempo, oltre a una crescita collettiva delle professionalità. La “formazione della squadra” non è stata sempre facile e, come succede in tutti gli ambienti di lavoro, non sono certo mancate incomprensioni e fraintendimenti, ma questo processo è stato fondamentale per la crescita e il consolidamento aziendale. Si è dovuto operare in un ambiente difficile, appesantito dalla burocrazia e da una normativa contraddittoria e in continuo cambiamento, spesso incompleta e difficilmente interpretabile. Ciò ha ovviamente comportato problematiche gestionali difficili da superare, con conseguenti notevoli dispendi di energie, riduzione della produttività e allungamento dei tempi di realizzazione degli investimenti programmati. Sino al 1996 la priorità aziendale era stata quella di garantire il servizio acquedottistico, senza una crescita economica e professionale. Scelta probabilmente frutto delle contingenze del tempo, delle scarse dotazioni finanziarie e di una visione di sistema non lungimirante. La situazione era così divenuta difficilmente sostenibile e le prospettive di mantenimento del servizio erano obiettivamente scarse. Ci furono anche

delle scelte tecniche di investimento non particolarmente fortunate, che ancora oggi condizionano la gestione. La ‘scommessa’ del nuovo Consiglio di amministrazione consisteva nella riorganizzazione della struttura dal punto di vista tecnico e amministrativo, con il personale in forza e quello da integrare. Si cominciò così a ricercare nuovi criteri operativi e modalità gestionali più consone alla evoluzione della struttura, avuto riguardo alle scarse limitate disponibilità finanziarie e al ridotto margine del conto economico del tempo. Al nuovo direttore venne dato come primo indirizzo quello di risolvere improcrastinabilmente le criticità esistenti e sulla rete acquedottistica e, nel contempo, organizzare una struttura tecnica agile e preparata. La mancanza di personale tecnico (l’area tecnica era allora ridotta a una sola unità d’ufficio, cui erano delegate tutte le attività fino a quella di sportello, e da dodici operai) rese necessario il reclutamento di nuovo personale. La scelta di campo della società andò nella direzione di assumere personale qualificato anche se al primo impiego, valutando con molta attenzione pure le qualità umane. Nel corso di questi anni la società ha organizzato un ufficio tecnico con ben sette ingegneri, di cui sei provenienti dall’Università di Udine, che si occupano di progettazione e manutenzione dell’intero ciclo idrico integrato. Il progetto si rivelò ben presto strategicamente centrato e diede la possibilità all’azienda di assumere i nuovi compiti gestionali, quali il servizio di depurazione e quello delle fognature, con una certa serenità. Passata la prima fase di emergenza nel settore acquedottistico, gli uffici iniziarono l’attività di innovazione tecnologica nel settore tecnico: dalla strumentazione tecnica (strumenti topografici, informatici, modelli matematici per la rappresentazione del funzionamento delle reti acquedottistiche e fognarie), a quella in dotazione alle squadre esterne per l’esercizio e la manutenzione delle reti e degli impianti (strumenti per la segnalazione delle condotte, per le lavorazioni sulle stesse,


6

LA CRESCITA AZIENDALE

apparecchiature per la sicurezza sui cantieri, segnaletica per i lavori sulle strade, mezzi d’opera, ecc.). Furono anni di duro impegno, supportati da tutto il personale con entusiasmo e disponibilità. Gli addetti ai lavori vedevano crescere l’azienda e non esitavano a dare il proprio contributo. Ricordiamo con simpatia il breve periodo passato nella sala assembleare in occasione della sistemazione della sede quando, seduti gomito a gomito tra fascicoli accatastati, macchine da scrivere e qualche computer si lavorava con forte spirito di squadra.

Le emergenze affrontate Ancora oggi la gestione dei sistemi idrici viene svolta dal personale di molti enti gestori in regime “di emergenza”, occupato alla soluzione dei tanti problemi gestionali quotidiani. Questo modus operandi non è dà imputarsi alla negligenza degli operatori sul campo ma piuttosto a coloro che decidono le strategie per l’evoluzione del sistema. Alla costante richiesta di una maggiore economia, efficienza ed efficacia del settore, il legislatore e le autorità non hanno mai concesso il sostegno tecnico, economico e societario necessario allo sviluppo dello stesso. I gestori non sono così in grado di occuparsi primariamente del servizio per garantire il massimo della qualità al costo minore per l’utente, ma sono costretti a rincorrere e a rispettare leggi e regolamenti spesso confliggenti proprio con questo fine primario. L’Acquedotto Poiana ha individuato diversi percorsi di sviluppo con metodologie volte alla conoscenza del comportamento delle reti, alla ottimizzazione della gestione, al contenimento degli investimenti e anche alla ricerca.

LE CRITICITÀ DELLA RETE ACQUEDOTTISTICA Viene naturale pensare che la maggiore criticità del sistema a essere incontrata sia stata la vetustà delle reti. Non è stato così. La criticità maggiore è stata quella della conoscenza delle strutture (impianti e rete). Gli archivi aziendali non possedevano mappe – se non frammentarie e approssimative – della rete acquedottistica e dalla documentazione progettuale molto difficilmente si poteva risalire allo stato di fatto delle reti. Fu così che, soprattutto grazie al contributo testimoniale da parte degli operai più anziani, si ricostruì un primo modello approssimativo della rete. A questo seguì poi un capillare lavoro monografico, ancora attivo per una sempre più precisa definizione della geometria della rete. Possia-

mo dire, con soddisfazione, che attualmente la conoscenza della rete acquedottistica è un fatto acquisito. Un altro problema che ci si trovò ad affrontare fu quello del controllo degli impianti di produzione e di sollevamento dell’acqua potabile. A ogni temporale non mancavano le proteste degli abitanti, soprattutto di qualche zona collinare e delle Valli del Natisone. Fioccavano le richieste di risarcimento per danni alle centrali termiche, alle lavatrici, per le interruzioni di attività e così via. Tra il 1999 e il 2001 tutti gli impianti acquedottistici furono dotati di un sistema di telecontrollo che permise di neutralizzare queste interruzioni. C’erano, inoltre, croniche criticità qualitative e quantitative sulle sorgenti minori utilizzate per l’approvvigionamento idrico di piccoli centri abitati, soprattutto nel Comune di San Pietro al Natisone. Le problematiche erano di due tipi: la torbidità e l’inquinamento batteriologico dell’acqua durante le precipitazioni meteoriche e la consistente riduzione delle portate delle sorgenti durante i periodi siccitosi. Attualmente tutte le sorgenti utilizzate sono dotate di filtri per l’eliminazione della torbidità, di impianti di clorazione di ultima generazione con erogazioni direttamente proporzionali alla portata istantanea in transito1. I lavori eseguiti hanno fatto acquisire agli impianti un grado di affidabilità molto elevato. Inoltre, tutte le sorgenti risultano interconnesse per il rifornimento di emergenza sul serbatoio di accumulo e distribuzione con altra rete acquedottistica. Siffatto sistema ha permesso di ridurre e quasi eliminare l’utilizzo di autobotti per il rifornimento idrico della popolazione. Vista la sempre più pressante necessità di ridurre i costi di produzione – con particolare riferimento all’energia elettrica – anche attraverso il contenimento delle perdite, l’azienda ha messo in campo una metodologia esclusiva, ad alta tecnologia e riconosciuta a livello internazionale, per il controllo delle reti. L’argomento sarà trattato in un capitolo successivo, dedicato alla ricerca applicata. La ‘lotta’ contro le perdite sulla rete, al di là di tutte le considerazioni etico ambientali su sprechi e tutela dell’ecosistema, porta con sé un grande vantaggio economico, tecnico e gestionale. Infatti le caratteristiche dimensionali e geometriche della rete sono fisse, non così le portate transitanti su di essa: con perdite elevate aumentano le portate e si riducono le pressioni sulle linee. Ad esempio, durante le serate estive si riscontravano forniture insufficienti ai piani alti dei condomini di Corno di Rosazzo e sui colli di Buttrio, per mancanza di pressione. Grazie al contenimento delle perdite abbiamo risolto tale problema; pertanto con perdite ridotte si consegue una maggiore efficienza del sistema. Un altro fronte su cui bisognerà trovare una sintesi sono i nuovi fabbisogni delle aree a destinazione vitivinicola con esigenze di consumo specifiche e notevol-


LA CRESCITA AZIENDALE

mente incrementate rispetto al passato. Si dovranno capire quali sono le reali esigenze degli operatori e di conseguenza agire per migliorare il servizio. Le maggiori difficoltà sono state riscontrate sui colli di Corno di Rosazzo, pur disponendo di un doppio sistema di rifornimento del serbatoio di Santa Caterina.

GLI OBIETTIVI SULL’ACQUEDOTTO Quali sono le caratteristiche ottimali che dovrebbe avere un acquedotto? Gli aspetti fondamentali individuati sono rivolti essenzialmente alla affidabilità degli acquiferi, al contenimento dei costi di produzione, alle esigenze della popolazione servita, alla gestione e controllo della rete, alla vita utile della stessa ed alla gestione delle emergenze. Tutto questo si traduce nei seguenti punti: – qualità degli acquiferi – vulnerabilità degli acquiferi – costi di produzione dell’acqua potabile – conoscenza puntuale dell’acquedotto – qualità dei materiali utilizzati – pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti – modalità di dimensionamento e calcolo automatico dell’acquedotto – controllo dell’acquedotto – regolamentazione delle interferenze con altri sistemi a rete ipogei – verifica delle performance dell’acquedotto mediante il calcolo automatico tarato e calibrato sul comportamento rilevato a campo – regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche – interconnessioni tra acquedotti – controllo della qualità dell’acqua – piano di emergenza quantitativa e qualitativa dell’acquedotto

Qualità degli acquiferi Per qualità degli acquiferi si intende sia la tipologia (falda freatica, falda artesiana, sorgente superficiale, sorgente profonda, sorgente in quota, invasi artificiali, fiumi, laghi, ecc.) la copiosità e il regime stagionale degli stessi, sia la qualità batteriologica e chimico fisica dell’acqua. La determinazione della qualità è una delle fasi più delicate nel processo decisionale e nella progettazione di un sistema acquedottistico. Le caratteristiche migliori di un acquifero si riscontrano nelle sorgenti in quota, profonde ma non carsiche. Esse hanno il vantaggio di essere captabili e veicolabili per gravità, sono soggette al filtro naturale

7

dato dagli strati rocciosi e ai meccanismi del sottosuolo di trattenimento degli inquinanti. Il loro monitoraggio quali-quantitativo operato per diversi anni e le metodiche di indagine del sottosuolo sia dirette (sondaggi geognostici, pozzi e piezometri, saggi) che indirette (prospezioni elettriche, elettromagnetiche, sismiche e geofisiche in foro) sono la base irrinunciabile di conoscenze propedeutiche ad ogni decisione. Seguono, nelle priorità di scelta, gli approvvigionamenti che hanno via via minori vantaggi energetici e qualitativi.

La vulnerabilità degli acquiferi Un altro elemento fondamentale per l’individuazione dei siti di produzione è la vulnerabilità naturale e antropica degli acquiferi. Anche questo aspetto risulta vincolante per il buon esito dell’opera, ma condiziona necessariamente le possibilità di destinazione d’uso dei territori limitrofi come previsto dalle norme in vigore,2 che dispongono l’individuazione di zone di protezione all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda. Questa situazione è un ulteriore elemento a favore delle sorgenti in quota, dove la ridotta attività antropica più difficilmente può inquinare le acque sotterranee e le sorgenti.

Costi di produzione dell’acqua potabile Si è detto che il prelievo di acqua da sorgente in quota è la soluzione ottimale: la produzione di acqua ‘grezza’ in questo caso è un fatto naturale. La trasformazione della stessa in acqua potabile può essere più o meno costosa a seconda della qualità dell’acqua della sorgente: la sorgente Poiana, ad esempio, non abbisogna di alcun trattamento. Si tratta di un caso senz’altro ottimale ma anche in altre situazioni, ove la torbidità durante gli eventi piovosi produce diverse problematiche, il costo di potabilizzazione (mediante filtrazione) risulta comunque accettabile. Non si può dire lo stesso quando parliamo di captazione da falda, dove i costi di prelievo aumentano considerevolmente in funzione del costo dell’energia elettrica necessaria per il sollevamento dell’acqua e la sua immissione in rete alla pressione necessaria. Anche in questo caso, la tecnologia utilizzata dagli ingegneri dell’ufficio progettazione sui nuovi impianti risulta innovativa, in quanto scarta la realizzazione di serbatoi pensili per la distribuzione dell’acqua in rete sfruttando una tecnologia elettronica (inverter) che permette – variando la frequenza della corrente elettrica – di aumentare o diminuire i giri delle pompe sommerse


8

LA CRESCITA AZIENDALE

installate nei pozzi. Il vantaggio è sia economico che tecnico. Infatti, a fronte di un investimento di circa un milione di euro per un serbatoio pensile, la tecnologia utilizzata costa qualche decina di migliaia di euro. Dal punto di vista tecnico si vuole sottolineare che quest’ultima tecnologia permette di adeguare la pressione in rete alle esigenze diverse nell’arco delle 24 ore, riducendo così ulteriormente le perdite dovute agli eccessi di pressione riscontrabili nelle ore notturne. Anche di queste tecnologie parleremo più in dettaglio successivamente.

COMUNE

Pavia di Udine

POZZETTO N. :

LOCALITA'

Z.I. San Mauro

Dimensioni BxLxH=

VIA

Spezzotti inc via Zanussi

NOTE

Pozz. P5 del Progetto 23 - S.Mauro e SP Triestina

a 'piramide'

APPARECCHIATURE IDRAULICHE Livello h

Materiale

Ghisa sf LEGENDA

Schema grafico degli apparati A

B

C

D

E

F

G

H

I

J Saracinesca

Tubatura

1 via Spezzotti

2 A 235

DN80

DN80

DN80

A 236

3

4

DN80 via Zanussi

6

Croce

Curva

Sfiato

idrante

Giunto universale (Lodolo)

Misuratore mobile

Elemento generico

A 234

Riduttore di pressione

CHIUSINO

Riepilogo descrittivo degli elementi del grafico CR | (nome pezzo): descrizione/caratteristiche E1 | (#): via Spezzotti A2 | (Condotta): A 235 C2 | (Saracinesca): DN80 G2 | (Saracinesca): DN80 I2 | (Condotta): DN80 J2 | (Condotta): A 236 E4 | (Saracinesca): DN80 F6 | (#): via Zanussi E7 | (Condotta): DN80 E9 | (Condotta): A 234

Forma:

circolare

Materiale:

ghisa sferoidale

Superficie: Note:

Scheda monografica del pozzetto 86235 a Pavia di Udine, nella zona industriale di San Mauro.

Qualità dei materiali utilizzati Pozzetto 86235 a Pavia di Udine, nella zona industriale di San Mauro.

Misuratore di portata

Giunto dielettrico

Riduzione

8

9

Valvola di ritegno Valvola idraulica

Manicotto universale (Gibault)

5

7

Tee

tubo a 45°

DN80

Non ci stancheremo di sottolineare che la conoscenza delle strutture è elemento fondamentale per il loro buon governo. Per questo motivo, moltissime energie vengono ancora spese dai tecnici aziendali per la conoscenza puntuale di una rete che conta cento anni di storia. La conoscenza delle caratteristiche geometriche e idrauliche della rete consente di effettuare qualsiasi tipo di studio su di essa (urbanistico, idraulico, per la gestione delle emergenze e così via). Solo così l’azienda ha potuto sviluppare una serie di strumenti di controllo, verifica e progettazione all’avanguardia. Attualmente i tecnici dell’Acquedotto Poiana possono utilizzare strumenti di telecontrollo della rete e strumenti informatici evoluti per dare risposte in tempo reale a qualsiasi richiesta, sia relativa alla disponibilità idrica che alla continuità del servizio. L’investimento in personale qualificato e l’utilizzo di software gratuito, direttamente scaricabile da Internet, ha permesso di abbattere i costi di queste innovazioni.

150x150x150

Con fondo

0

Conoscenza puntuale dell’acquedotto

86235

Si parla e si scrive molto delle reti acquedottistiche ‘colabrodo’, della necessità di maggiori investimenti per sostituire le condotte degradate e della vita media di una condotta – pari a venti-trent’anni – che poi va sostituita. Quante volte, invece, abbiamo sentito parlare della qualità dei materiali da utilizzare sugli acquedotti per ridurre i costi di investimento? Assai meno. La questione, invece, è di grande importanza e merita alcune considerazioni. Dall’analisi dei costi di realizzazione degli acquedotti, emerge che la spesa media per la fornitura delle condotte si aggira sul 25% dell’intero valore dell’opera. Con l’impiego di materiali più durevoli, anche se più costosi, si può però aumentare considerevolmente la vita utile delle condotte, con una significativa riduzione del costo medio annuale di ammortamento. Paradossalmente,


LA CRESCITA AZIENDALE

9

Particolare del giunto a bicchiere (a sinistra il maschio e a destra la femmina), dei tubi in acciaio del diametro 250 mm, rivestiti internamente con malta cementizia ed esternamente con triplo strato di polietilene (protezione passiva).

l’utilizzo di tubazioni con una vita utile raddoppiata, anche se con una spesa di fornitura 3-4 volte superiore a quella di una tubazione normale, consente ancora un risparmio sul costo medio annuale dell’investimento. L’ufficio progettazione e lavori dedica particolare attenzione ad analizzare le condizioni di degrado delle diverse condotte posate nella storia dell’acquedotto attraverso l’esame di quelle sostituite, di quelle riparate, ecc. Una prima indicazione corretta sulle tubazioni da impiegare deve essere fornita già nella fase della pianificazione degli investimenti e della progettazione, sulla base di un’analisi di compatibilità dei materiali con l’esposizione ambientale e l’utilizzo cui tale materiale è destinato. La scelta dei materiali quindi non deve essere determinata dal solo costo iniziale di fornitura, ma dalle condizioni di posa, dall’aggressività dei terreni, dell’acqua e dei disinfettanti in essa immessi, dalla presenza di correnti vaganti, dalle protezioni necessarie sulle tubazioni. I materiali costituenti la nostra rete acquedottistica sono la ghisa grigia, la ghisa sferoidale, l’acciaio, il polietilene ad alta densità (PEAD), l’amianto cemento, la vetroresina e il PVC-A. Per questi materiali è stato effettuato anche un esame sui rivestimenti protettivi applicati. I metodi più utilizzati per la protezione dell’acciaio e della ghisa sferoidale dalla corrosione si basano su due principi fondamentali: la protezione passiva che consiste nella separazione della superficie metallica dall’ambiente aggressivo attraverso l’impiego di un rivestimento protettivo ad azione barriera e la protezione attiva, che è il risultato di proprietà chimiche ed elettrochimiche intrinseche del materiale anticorrosivo utilizzato. Le conclusioni cui si è giunti sono che la ghisa grigia, il cemento amianto, la vetroresina (PRFV) e i materiali plastici non necessitano di alcuna protezione esterna od interna. Le condotte in acciaio e in ghisa sferoidale invece necessitano di protezione sia interna che esterna.

L’esame delle tubazioni in acciaio riparate o sostituite, sempre rivestite con protezione passiva esternamente, ha evidenziato internamente corrosioni assai estese con rilevante aumento della scabrezza delle tubazioni. Esternamente la mancanza del rivestimento dovuta a cause diverse (allacciamenti, urti, ecc.) è il motivo principale del degrado della tubazione. Nel caso delle tubazioni in ghisa sferoidale la protezione attiva esterna, costituita da un rivestimento zinco alluminoso,3 dopo circa venticinque anni è risultata già in via di esaurimento. Forse per questo materiale sarebbe il caso di aumentare lo strato protettivo esterno. L’azienda non ha ancora trovato la soluzione ottimale, anche se si sta indirizzando verso le forme di protezione passiva più garanti, nel tempo, di lunga vita delle tubazioni. È questa una tematica da approfondire nelle sedi opportune (ATO, Gestori, Università, Imprese).

Particolare del giunto a bicchiere di una tubazione in ghisa sferoidale. Si noti come la protezione attiva zinco-alluminosa sia stata consumata sulla testa del bicchiere.


10

LA CRESCITA AZIENDALE

Pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti Nell’ambito della realizzazione di un acquedotto viene sempre considerato il tema dello sviluppo urbano. Nella redazione dei piani di sviluppo urbanistico, invece, il tema degli acquedotti e dei servizi a rete in genere è poco considerato. Questa discrasia è una delle cause principali dei problemi di gestione di cui abbiamo parlato nelle premesse. L’azienda è in grado di rispondere agevolmente a qualsiasi interpello tecnico connesso a varianti urbanistiche o insediamenti privati ed è stato predisposto uno specifico protocollo istruttorio, al fine di evitare la gestione di emergenze indotte da nuove previsioni urbanistiche non corrette. Quale esempio si riporta l’istruttoria prevista per i Piani Attuativi Comunali (P.A.C.): 1. Operazioni preliminari per il rilascio del parere preventivo sulla compatibilità e sufficienza delle reti infrastrutturali al contorno del P.A.C. – Accertamento della completezza della documentazione presentata; – Ove la richiesta non fosse completa, si richiedono al competente ufficio tecnico comunale le integrazioni alla domanda; 2. Istruttoria per il rilascio del parere preventivo sulla compatibilità e sufficienza delle reti infrastrutturali al contorno del P.A.C. – Ove il caso lo richieda, preventivamente, viene effettuato un sopralluogo per la verifica della situazione locale e l’accertamento delle condizioni di allacciamento idrico e/o fognario; – Compilazione e rilascio del parere preventivo sulla compatibilità e sufficienza delle reti infrastrutturali al contorno del P.A.C. con allegate le condizioni generali esecutive per le opere di urbanizzazione primaria ed eventuali prescrizioni preliminari; – Trasmissione al Comune e per conoscenza ai proponenti del parere preventivo sulla compatibilità e sufficienza delle reti infrastrutturali al contorno del P.A.C.; 3. Rilascio del parere preventivo – Rilascio del parere preventivo sulla compatibilità e sufficienza delle reti infrastrutturali al contorno del P.A.C.; Alla ricezione da parte dell’ufficio Progettazione e lavori dell’Acquedotto Poiana spa della richiesta di parere tecnico sul progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria, seguono le seguenti operazioni: 4. Operazioni preliminari per il rilascio del parere tecnico – Accertamento della completezza della documentazione presentata; – Ove la richiesta non fosse completa, si richiedono al competente ufficio tecnico comunale le integrazioni alla domanda;

5. Istruttoria per il rilascio del parere tecnico – Ove il caso lo richieda, preventivamente, viene effettuato un sopralluogo per la verifica della situazione locale e l’accertamento delle condizioni di allacciamento idrico e/o fognario; – Compilazione e rilascio del parere tecnico sul progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria con eventuali prescrizioni; – Trasmissione al Comune e per conoscenza ai proponenti del parere tecnico sul progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria; 6. Visite in cantiere – Durante la esecuzione dei lavori saranno effettuati alcuni sopralluoghi volti all’accertamento in corso d’opera della realizzazione a regola d’arte delle opere; 7. Collaudo idraulico – Collaudo idraulico delle opere; – Stesura del verbale di collaudo idraulico; – Rilascio del verbale di collaudo idraulico; 8. Disinfezione e spurgo condotte acquedottistiche – Disinfezione e spurgo delle condotte acquedottistiche di nuova realizzazione prima della messa in esercizio; – Stesura del verbale di esecuzione della disinfezione e spurgo delle condotte acquedottistiche di nuova realizzazione prima della messa in esercizio; – Rilascio del verbale di esecuzione della disinfezione e spurgo delle condotte acquedottistiche di nuova realizzazione prima della messa in esercizio. Il nuovo approccio istruttorio tecnico amministrativo ha trovato attuazione anche in attività aziendali, ovviamente in forme diverse, come per esempio nella gestione degli impianti antincendio pubblici e privati. La progettazione interdisciplinare deve essere coordinata con gli altri enti gestori di sistemi a rete (gestori di strade, di reti elettriche, gas, telecomunicazioni, reti idrografiche, irrigue, ecc.). L’azienda è molto attenta a questa esigenza e collabora costantemente con gli altri gestori per ottenere il miglior risultato tecnico ed economico. Numerosissimi sono gli esempi di collaborazione con i Consorzi di Bonifica, la Protezione Civile Regionale, la Provincia, l’ANAS, Friuli Venezia Giulia Strade, SNAM, ecc. Questa attività è la regola nel caso di investimenti dei Comuni Soci.

Modalità di dimensionamento e calcolo automatico degli acquedotti Questa non è la sede per sviluppare un discorso tecnico sulla metodologia utilizzata per la definizione delle ipotesi progettuali e di calcolo delle reti e degli impianti, ma riteniamo interessante comunque riportare alcuni punti di forza del sistema messo in opera. L’azienda è pronta a ridefinire l’assetto delle reti in fun-


LA CRESCITA AZIENDALE

zione delle scelte strategiche del Piano d’Ambito, avendo a disposizione gli adeguati strumenti conoscitivi e informatici per la raccolta dei dati rilevati sul campo e loro elaborazione, con modelli matematici che rendono possibile la rappresentazione virtuale del comportamento reale delle reti. Così la modellazione matematica, i telecontrolli e i sistemi di gestione e archiviazione dei dati informatizzati, dei GIS (Sistemi Informativi Geografici) sono diventati strumenti irrinunciabili per la pianificazione, la progettazione e la verifica delle reti e degli impianti, oltreché per la valutazione delle richieste dell’utenza tecnica, pubblica o privata obbligata a rapportarsi con la nostra società. A scopo esemplificativo e in continuità con quanto sopracitato riprendiamo il caso dell’aggiornamento di un piano operativo/attuativo comunale. La definizione dei fabbisogni idrici a livello urbanistico nel caso di ampliamenti delle aree urbane o di destinazioni d’uso di zone a maggiori densità abitativa non è praticamente mai supportata da valutazioni in ordine alla compatibilità di tali infrastrutture con le potenzialità delle reti idriche. Questo costringe, in regime di emergenza, la Pubblica Amministrazione e/o il soggetto gestore a sostenere la spesa per la realizzazione delle specifiche opere di urbanizzazione primaria al di fuori dei contorni dei piani e talvolta anche al loro interno, pena un non adeguato servizio di erogazione. Una siffatta progettualità crea diversi problemi speculativi non più ammissibili in considerazione del fatto che i Comuni con l’avvio degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) sono stati privati del ruolo della pianificazione e programmazione degli investimenti di settore e il gestore non può più accollarsi oneri diversi da quelli definiti con l’ATO. Diventa quindi basilare per le Amministrazioni comunali e per i Gestori del servizio conoscere le conseguenze delle scelte urbanistiche, per poter individuare in tempo gli interventi necessari allo sviluppo delle previsioni dei piani operativi e attuativi comunali, da inserire nelle convenzioni con i privati. I nuovi strumenti operativi messi in campo, in particolare il GIS e la modellazione matematica, semplificano enormemente le cose consentendo ai nostri tecnici di determinare correttamente fabbisogni e investimenti necessari. Inoltre, la dotazione di questi strumenti informatici permette di offrire un nuovo servizio di consulenza ai progettisti dei piani, utilissimo per la impostazione e risoluzione dei problemi tecnico-progettuali relativi.

Il telecontrollo dell’acquedotto Su questo terreno l’azienda si è mossa con estrema determinazione, poiché il controllo della rete e delle perdite idriche resta un punto fondamentale nella gestione dell’acquedotto.

11

Sulla distrettualizzazione della rete di cui al decreto ministeriale 8 gennaio 1997 n. 99 e sulle nuove metodologie ricercate e attivate per il controllo dell’acquedotto torneremo nei capitoli successivi. In questa sede parleremo invece del sistema di telecontrollo degli impianti acquedottistici. Si tratta di una tecnologia, ormai ben nota a tutti gli addetti, basata sul controllo tramite unità remote di parametri elettrici o idraulici misurati presso gli impianti e sulla possibilità di inviare automaticamente all’unità centrale questi dati, insieme agli allarmi predeterminati di malfunzionamento. Con questo sistema il servizio è migliorato di molto, tanto che le interruzioni dell’erogazione (a meno di quelle programmate per manutenzioni su impianti e rete e di quelle fortuite, causate da fenomeni naturali o antropici casuali, comunque di solito circoscritte a piccole zone), si possono contare in un anno sulle dita di una mano, con soddisfazione dell’utenza. Un punto debole del sistema, in fase di eliminazione, è rappresentato dalla gestione delle interruzioni di energia elettrica da parte del distributore pubblico. Si è data soluzione al problema acquistando una serie di gruppi elettrogeni, di diversa taglia, che coprono l’intera gamma di potenze degli impianti. Il progetto è in corso di realizzazione, con la dotazione sui quadri elettrici di ogni impianto di un nuovo box per collegarvi direttamente il gruppo elettrogeno, semplicemente commutando l’alimentazione dalla linea Enel al gruppo elettrogeno e viceversa. In tutte le nuove progettazioni di impianti questo quadro viene previsto come standard.

Regolazione delle interferenze con altri sistemi a rete ipogei Siamo giunti alla convinzione che anche le reti dell’acquedotto e della fognatura devono avere un regolamento per la loro tutela. La nostra esperienza ci porta a scoprire, troppe volte, che le condotte fognarie sono attraversate al loro interno da condotte del gas oppure che sopra le condotte acquedottistiche, di solito posate a una profondità superiore al metro, corrono fibre ottiche, cavi telefonici, cavi della pubblica illuminazione o insistono recinzioni, case, tettoie, vigne e così via. Le reti elettriche, le reti delle telecomunicazioni, le reti gas, le reti stradali sono dotate di regolamenti per la loro tutela. I gestori di questi servizi appaiono molto zelanti nel far rispettare le loro regole, ma non lo sono altrettanto quando realizzano interventi interferenti o paralleli alle nostre reti. Siamo giunti al paradosso che reti acquedottistiche costruite un secolo fa, quindi prima della realizzazione delle altre reti, oggi risulterebbero non conformi ai regolamenti vigenti a


LA CRESCITA AZIENDALE

Analisi chimica e chimico-fisica

PROVA Concentrazione Ioni Idrogeno Conducibilità elettrica a 20° Residuo fisso a 180° Durezza Calcio Magnesio Nitriti Nitrati Sodio Cloruri Potassio Ferro Solfati Fluoruri Ammoniaca

Valori medi 2011-2012

UNITÀ DI MISURA pH µS/cm mg/l °F mg/l Ca mg/l Mg mg/l NO2 mg/l NO3 mg/l Na mg/l Cl mg/l K µg/l Fe mg/l SO4 mg/l F mg/l NH4

Regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche Il sistema acquedottistico è dinamico: la sua gestione pertanto richiede un continuo aggiornamento in base a diversi fattori tra cui la richiesta idrica, il degrado della rete, le condizioni standard minime del servizio, l’innovazione tecnologica, l’evoluzione normativa. N. analisi: 18

LIMITI 6,5 – 9,5 2500

0,05 50 200 250 200 250 0,05 0,05

PONTEACCO di S. PIETRO AL NATISONE

La modellazione matematica delle reti è una scienza largamente conosciuta in campo tecnico. Quello che però pochi sanno fare è collegare il comportamento teorico della rete modellata con quello della rete esistente, in maniera da rendere il modello matematico verosimile alla realtà. Il comportamento della rete non è una caratteristica statica ma si evolve nel tempo in funzione delle modifiche fisiche della stessa (nuove tratte acquedottistiche, invecchiamento della rete, nuovi consumi). A queste variazioni deve poter rispondere una moderna gestione. Gli ingegneri dell’Acquedotto Poiana, usufruendo delle strumentazioni in dotazione, hanno sviluppato tecnologie innovative per l’ottimizzazione della gestione del sistema acquedottistico. Partendo da un modello matematico di base suddiviso per distretti, è stata effettuata una prima valutazione di verosimiglianza tra

SORZENTO di S. PIETRO AL NATISONE

Verifica delle performance dell’acquedotto mediante il calcolo automatico

i dati rilevati a campo e quelli calcolati. Questa operazione ha permesso di scoprire alcuni funzionamenti delle reti diversi da quelli supposti. Ciò per anomalie di saracinesche, collegamenti e by pass sconosciuti, funzionamenti anomali di valvole. Dopo questa prima fase preliminare, il modello matematico è stato allineato ai consumi idrici acquisiti dal sistema gestionale della fatturazione dei consumi e da quello di monitoraggio dei distretti, permettendo la taratura dello stesso. Tali parametri si basano sulle perdite idriche e sulle caratteristiche idrauliche delle condotte (diametri, scabrezza, curve, nodi idraulici, ecc.). L’ulteriore passo è stata la calibrazione realizzata mediante l’utilizzo di algoritmi genetici che individuano tra le infinite possibili soluzioni quella migliore, variando i parametri sopra richiamati sino a rendere verosimile la soluzione modellata con quella reale. Nei nostri 41 punti di controllo a campo il modello deve garantire i medesimi valori di pressione e portata.

PULFERO

tutela di queste ultime. Un passo irrinunciabile sarà quello di approvare un regolamento per la tutela e la conservazione delle strutture a rete del ciclo idrico integrato. L’occasione della redazione del piano d’ambito potrebbe essere la sede opportuna.

CIVIDALE DEL FRIULI

12

7,88 243,2 254,5 15,6 48,8 8,58 <0,05 2,52 1,8 1,28 <1,00 5,4 5,22 0,13 <0,05

7,82 241,5 250 15,8 49,9 8,22 <0,05 2,54 1,68 1,22 <1,00 4,82 5 0,13 <0,05

7,85 348,1 289,5 22 73,5 9,8 <0,05 8,08 6,96 2,78 <1,00 15,1 32,9 0,14 <0,05

7,93 318,1 240,5 19,8 71,8 5,48 <0,05 3,44 2,74 1,5 <1,00 31,8 5,7 0,12 <0,05


LA CRESCITA AZIENDALE

In base a queste condizioni, e non solo, gli acquedotti devono rispondere alle mutate esigenze per cui è importante avere a disposizione strumenti agili e versatili capaci di modificare le condizioni di esercizio. Ecco allora che sulla rete è stata installata una serie di apparecchi di manovra e di regolazione (saracinesche, riduttori di pressione, valvole deviatrici) e di misura (misuratori di portata, pressione). Prevediamo un’ulteriore evoluzione del sistema che porterà alla regolazione dei parametri idraulici mediante manovre remote sulle condotte senza l’ausilio in campo del personale operativo aziendale.

L’interconnessione delle reti L’interconnessione delle reti acquedottistiche gestite con le reti esterne di altri soggetti è un passaggio ormai raggiunto. Questo è di fondamentale importanza per garantire all’utenza un servizio continuo, anche in caso di emergenza. La nostra rete risulta collegata ad altri sistemi acquedottistici, quali quelli di CAFC SpA e di AMGA SpA. Le interconnessioni attuali non permettono un reciproco servizio in caso di emergenza, ma ci si sta muovendo anche in tal senso. Ci auguriamo che il piano d’ambito in corso di redazione contenga queste previsioni. La Direzione dell’azienda su questi problemi ha più volte avuto modo di confrontarsi con gli altri gestori e con i redattori del piano.

Controllo della qualità dell’acqua La politica aziendale degli ultimi quindici anni ha tenuto in estrema considerazione gli aspetti qualitativi dell’acqua distribuita, anche al fine di superare precedenti richiami dell’azienda sanitaria di riferimento. Da allora sono stati fatti notevoli passi in avanti. I problemi da risolvere erano diversi: impianti di disinfezione tecnologicamente obsoleti, mancanza di impianti di filtrazione sulle sorgenti minori, mancanza di personale debitamente formato, acqua non idonea nelle tratte terminali per presenza di ruggine e sabbia. La formazione di una squadra operativa dedicata, la sostituzione di tutte le apparecchiature di distribuzione del disinfettante, la realizzazione di filtri a sabbia o a calza su tutte le sorgenti minori, l’installazione sulle testate di alcune tratte più critiche di scaricatori automatici programmabili, la riattivazione di alcuni pozzi ci hanno portato ad una situazione di pieno rispetto normativo e di elevata qualità dell’acqua fornita all’utenza. Gli aspetti qualitativi vengono costantemente monitorati dall’azienda.4 Considerato l’interesse esistente sull’argomento, nella tabella sottostante si riportano i dati analitici su 15 punti campione della rete.

Valori medi dei principali parametri chimico-fisici dell’acqua fornita in 15 punti del territorio servito dall’Acquedotto Poiana, alimentato con diverse fonti di approvvigionamento.

CLAUIANO di TRIVIGNANO UDINESE

PRADAMANO

BUTTRIO

CASE di MANZANO

CERNEGLONS DI REMANZACCO RISULTATI 7,47 356,4 316,5 22,2 71,4 10,9 <0,05 8,68 2,5 2,56 1,08 4,92 9,46 0,13 <0,05

LAUZACCO di PAVIA DI UDINE

ZIRACCO di REMANZACCO 7,33 436,7 407 27,5 90,5 12,1 <0,05 15,7 3 3,8 <1,00 5,75 10,6 0,12 <0,05

VILLANOVA DEL JUDRIO di S. GIOVANNI AL NATISONE

MOIMACCO 7,9 244,9 255 14,5 44,6 8,18 <0,05 2,73 1,98 1,53 <1,00 5,76 5,68 0,14 <0,05

PREMARIACCO

CORNO DI ROSAZZO

LUOGO DI PRELIEVO

7,58 374,2 370 21 64,7 11,9 <0,05 9,5 4,4 3,7 1,03 5,75 7,38 0,12 <0,05

13

7,89 246,9 251 16 50,1 8,8 <0,05 2,4 1,68 1,26 <1,00 5,16 5,04 0,14 <0,05

7,59 375,4 347,5 23,4 74,3 12 0,06 9,08 3,52 3,5 1,2 4,94 7,16 0,12 <0,05

7,56 372,8 348 23,8 74,9 12,3 <0,05 9,12 3,54 3,54 1,2 5,1 7,14 0,12 <0,05

7,6 366,8 343 21,8 66,8 12,4 <0,05 9,15 3,53 3,6 1,43 5,9 7,35 0,12 <0,05

7,49 399,6 382 24,3 75,4 13 <0,05 12,3 3,25 3,8 1,38 6,13 8,55 0,12 <0,05

7,77 263,7 281 17,5 53,4 9,88 0,06 4,83 2,15 1,98 1,25 5,75 6,43 0,13 <0,05

7,35 414,4 365 26,3 79,2 15,8 <0,05 17,55 4,18 4,6 2,08 6,13 10,3 0,12 <0,05


14

LA CRESCITA AZIENDALE

Prevediamo che l’evoluzione del sistema di gestione della qualità dell’acqua porterà in un prossimo futuro, con il telecontrollo, al monitoraggio della qualità in continuo sulla rete (su concentrazione del disinfettante ed altri importanti parametri dell’acqua quali conducibilità, pH, ecc.) mediante sonde multi parametriche. Anche la regolazione della disinfezione potrà così essere tarata dinamicamente in base alle concentrazioni di disinfettante rinvenute nei punti di controllo. Un obiettivo ulteriore è la riduzione delle concentrazioni di disinfettante, con il frazionamento dei punti di immissione dello stesso.5

Piano di emergenza quantitativa e qualitativa dell’acquedotto Questo argomento è già stato sviluppato, in parte, nei precedenti paragrafi. Ci riferiamo alla interconnessione delle reti, alla produzione di energia con gruppi elettrogeni ausiliari, alla regolazione a distanza della rete, alla possibilità di elaborare velocemente nuove condizioni di esercizio con gli strumenti informatici a disposizione. In tema di modellazione dobbiamo aggiungere che le sue potenzialità attualmente ci permettono anche di gestire le situazioni di emergenza dovute alla qualità dell’acqua. Infatti è possibile calcolare con buona approssimazione come si distribuisce un eventuale inquinante immesso da una fonte puntuale sulla rete.

L’ACQUISIZIONE DEL SERVIZIO DI FOGNATURA E DEPURAZIONE Dopo l’entrata in vigore della legge Galli si crearono i presupposti per l’affidamento dei servizi di fognatura e depurazione all’Acquedotto Poiana. Non fu un passaggio semplice e questo conferimento avvenne in più di un decennio. Il primo sistema fognario e di depurazione affidato all’azienda fu quello dell’ex zona industriale del Friuli Orientale nei Comuni di Cividale del Friuli e Moimacco (giugno 1996). L’allora Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Friuli Orientale (S.I.F.O.) cedette la gestione della rete fognaria e del depuratore e con essa, indirettamente, anche la gestione della depurazione del Comune di Moimacco, ad essa riconducibile. Nel 1999 in base ai nuovi indirizzi di sviluppo aziendali venne istituito un ufficio per la gestione del servizio di fognatura e depurazione. Furono assunte due nuove unità, un diplomato in ingegneria per l’ufficio e un operaio specializzato per la gestione dei depuratori. Iniziò così la progressiva acquisizione della rete fognaria e dei depuratori comunali.

Uno ad uno i Comuni di San Pietro al Natisone (20 maggio 1999), Pradamano (31 dicembre1999), Cividale del Friuli (26 gennaio 2000), Premariacco (28 febbraio 2000), Moimacco (24 febbraio 2000), Manzano (13 marzo 2002), Remanzacco (27 luglio 2000), Corno di Rosazzo (14 settembre 2000), cedettero la gestione mediante una convenzione tra Comune e Consorzio, mentre i Comuni di Buttrio, Pavia di Udine, San Giovanni al Natisone e di Trivignano Udinese proseguirono con la gestione in economia. La cessione della gestione del servizio di fognatura e depurazione fu una decisione volontaria delle Amministrazioni Comunali, che valutarono con molta attenzione sia gli aspetti economici che quelli tecnici. Fu una trattativa lunga e complessa e nelle convenzioni vennero inserite specifiche clausole a favore delle singole Amministrazioni. I Comuni di Pavia di Udine e di Buttrio attesero l’evoluzione della normativa che imponeva la trasformazione del Consorzio Acquedotto Poiana in società per azioni. Il Comune di Trivignano Udinese il 29 maggio 1998 aveva ceduto il servizio ad AMGA di Udine con un contratto decennale limitatamente alla gestione dei depuratori e della fognatura. Il Comune di San Giovanni al Natisone aveva in essere un contratto stipulato anni prima con una ditta privata per la gestione dell’impianto di Cascina Rinaldi (Dolegnano). Nel corso del 2003, dopo la trasformazione del Consorzio in società per azioni avvenuta nel mese di dicembre 2002, le convenzioni già in essere vennero tramutate in contratti di servizio ai sensi dell’art. 115 del D.Lgs. 267/2000. La stipulazione dei contratti fu una naturale conseguenza per i Comuni già convenzionati, in questo caso la sottoscrizione avvenne in tempi relativamente brevi e con un unico schema di contratto di servizio: Remanzacco (23 luglio 2003), Corno di Rosazzo (23 luglio 2003), Premariacco (24 luglio 2003), Cividale del Friuli (25 luglio 2003), Moimacco (27 luglio 2003), San Giovanni al Natisone (1 agosto 2003), San Pietro al Natisone (11 agosto 2003), Pradamano (12 agosto 2003), Manzano (10 settembre 2003), Buttrio (30 dicembre 2003), Pavia di Udine (30.01.2004), Trivignano Udinese (19 dicembre 2005). Il Comune di San Giovanni al Natisone sottoscrisse il contratto di servizio estrapolando dalla gestione il depuratore di Cascina Rinaldi; dal giugno 2011 la gestione del suo intero sistema depurativo comunale è passata all’Acquedotto Poiana. Il contratto di servizio con il Comune di Trivignano Udinese fu sottoscritto nel 2005, subentrando al Comune nel contratto tra Comune e AMGA fino a naturale scadenza; nell’aprile 2008 la gestione del servizio passò in tal modo direttamente all’Acquedotto Poiana.


LA CRESCITA AZIENDALE

L’oggetto del contratto è la disciplina del servizio idrico integrato affidato in esclusiva dal Comune all’Acquedotto Poiana SpA. Il servizio idrico integrato si suddivide in tre principali settori: – servizio di acquedotto che comprende la captazione, il sollevamento, il trattamento, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione dell’acqua per uso domestico e per attività artigianali, industriali, commerciali, agricole e per ogni altro uso in tutto il territorio comunale; – servizio di fognatura che comprende la raccolta, il vettoriamento, il sollevamento, l’accumulo e il trattamento primario delle acque reflue urbane su tutto il territorio comunale; – servizio di depurazione che comprende il ricevimento, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane depurate nel corpo idrico ricettore. Nel servizio sono altresì comprese le attività di progettazione, affidamento, costruzione, coordinamento, direzione lavori, collaudo e quant’altro necessiti per la realizzazione di nuove reti ed impianti da utilizzarsi nella gestione del servizio, per le manutenzioni ordinarie, straordinarie e per l’adeguamento delle strutture esistenti.

15

GLI OBIETTIVI SULLE FOGNATURE Quali sono le caratteristiche ottimali che dovrebbe avere una fognatura? La sintesi si può trovare valutando i seguenti punti: – qualità delle acque reflue immesse in rete – costi di vettoriamento delle acque reflue – conoscenza puntuale delle fognature – qualità dei materiali utilizzati – pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti – modalità di dimensionamento e calcolo automatico delle fognature – controllo delle fognature – regolamentazione delle interferenze con altri sistemi a rete ipogei – verifica delle performance delle fognature mediante il calcolo automatico tarato e calibrato sul comportamento rilevato a campo – regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche – interconnessioni con altri sistemi fognari – controllo della qualità dell’acqua

LA GESTIONE DEI DEPURATORI

Qualità delle acque reflue immesse in rete

La legge fondamentale sulla depurazione delle acque reflue, la n. 319 del 10 maggio 1976 (legge Merli), è stata abrogata e sostituita dal D.Lgs. 152/2006. A seguito dell’entrata in vigore di tali norme le amministrazioni comunali maturarono la convinzione che la gestione dei depuratori fosse problematica e rischiosa per le sanzioni previste e, in accordo con i propri uffici tecnici, preferirono delegare a privati questa attività. Sarebbe servita una adeguata azione informatrice e formatrice del personale tecnico comunale per raggiungere la conoscenza, la consapevolezza e la sicurezza sulle modalità più idonee per la realizzazione dei depuratori e per la loro gestione. Il successivo affidamento della gestione dei depuratori all’Acquedotto Poiana comportò la necessità di rilevare le strutture degli impianti e valutare le prime operazioni da effettuare per garantire una adeguata funzionalità dei depuratori dati in gestione. La situazione degli stessi presentava diverse criticità. Non fu una operazione semplice, anche se mitigata dal fatto che l’acquisizione degli stessi avvenne in un decennio. L’Acquedotto Poiana è subentrato nelle autorizzazioni allo scarico dei depuratori rilasciate dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 152/1999 dalla Provincia di Udine6 al Comune solo nel 2009, dopo la sottoscrizione della convenzione con l’Autorità d’Ambito.

La qualità dell’acqua immessa in pubblica fognatura deve avere caratteristiche compatibili con i processi di trattamento del depuratore finale. Questo criterio deve rapportarsi con la tipologia di fognatura presa in considerazione. Esistono sostanzialmente due tipi di fognatura: quella separata e quella mista. Le fognature di tipo separato sono quelle composte da due condutture, ove in una viene immessa la frazione delle acque provenienti dagli scarichi degli insediamenti urbani e nell’altra si raccolgono le acque meteoriche ricadenti sull’area dei medesimi insediamenti. Le fognature miste invece raccolgono entrambe le frazioni in una medesima condotta. Nel nostro contesto le scelte strategiche sono state compiute qualche decennio fa, quando in forma diffusa ed omogenea veniva prediletta la fognatura di tipo misto. Sul nostro territorio circa l’85% dell’intero sistema fognario ha queste caratteristiche. Tuttavia, nell’area di competenza dell’Acquedotto Poiana esistono casi di fognature separate, come ad esempio nella zona industriale di Cividale, a causa della presenza di notevoli quantità di acqua di raffreddamento. Decenni fa venne necessariamente decisa la realizzazione di condotte separate adatte a convogliare reflui di natura completamente diversa, come diverse sono anche le necessità di trattamento


16

LA CRESCITA AZIENDALE

degli stessi: impianto biologico nel caso delle acque nere e impianto di trattamento fisico/meccanico per le acque bianche. Esistono purtroppo ancora diverse realtà in cui la commistione tra acque reflue, acque irrigue a scorrimento e acque meteoriche derivanti dal ruscellamento superficiale delle zone agricole rappresenta una criticità del sistema, sia per quanto riguarda la qualità delle acque reflue che per quanto riguarda il dimensionamento delle condotte. Tali commistioni non dovrebbero sussistere e saranno via via eliminate.

Costi di vettoriamento delle acque reflue La forza motrice fondamentale per il trasporto delle acque reflue è, e deve rimanere, l’energia potenziale posseduta dalle medesime, data dalla pendenza delle condotte. Questo permette di contenere i costi di vettoriamento, evitando di ricorrere sistematicamente agli impianti di pompaggio. Con questo criterio sono stati sino ad oggi realizzati i depuratori nelle aree più depresse della zona servita e dimensionate le reti fognarie. Nella maggioranza dei casi queste zone coincidono con le aree adiacenti ai corsi d’acqua naturali. Nel tempo, tuttavia, è stato realizzato un numero eccessivo di depuratori. A ciò la normativa nazionale ha messo un freno indirizzando le scelte tecniche verso la riduzione di quelli esistenti, il potenziamento di quelli principali nonché la realizzazione di nuovi e più grandi impianti ubicati in posizione strategica rispetto alla rete da servire. Nelle nostre realtà questa scelta equivale a sostituire il depuratore posto a valle del proprio sistema fognario, con un sollevamento in grado di recapitare le acque reflue verso un altro impianto di depurazione. La conformazione del territorio crea diverse difficoltà, come la necessità di avere impianti di sollevamento funzionanti con continuità in ogni tempo e in grado di smaltire le portate intere di agglomerati pari almeno alle potenzialità del vecchio depuratore; di dimensionare i pozzetti di accumulo e pompaggio con un ampio grado di sicurezza e su due o più moduli gemelli per consentire la manutenzione del sollevamento ad impianto attivo, non potendo essere previsti scarichi alternativi di emergenza. L’azienda si è adeguata a questo indirizzo, pur con qualche perplessità sulla efficacia della soluzione.

Scheda monografica rilevante le caratteristiche di un pozzetto appartenente alla rete fognaria della frazione di Ziracco (Remanzacco). Per il completo rilievo della rete di questo Comune sono state compilate ben 948 schede monografiche.

Conoscenza puntuale delle fognature Valgono le stesse considerazioni espresse per le reti acquedottistiche in tema di conoscenza delle strutture. Il censimento delle reti fognarie è un’attività ancora in corso poiché la conoscenza ricavata dalla documentazione reperita presso i Comuni risulta spesso frammentaria e imprecisa. Si tratta di un lavoro certosino e impegnativo, che si sviluppa in una serie di operazioni successive. Innanzitutto si prende in esame la documentazione progettuale degli archivi comunali, da tali documenti si ricava una prima mappa della rete fognaria che viene riportata sulla carta tecnica regionale. Poi viene accertata la presenza della rete mediante sopralluoghi da parte di nostri tecnici. A questo punto un numero significativo di chiusini dei pozzetti di ispezione deve essere riportato in quota, perché occultato con le lavorazioni di asfaltatura delle strade. La scheda-tipo delle monografie su ogni singolo pozzetto di ispezione è stata standardizzata, come riportato nell’immagine sottostante. Una volta rappresentato lo stato di fatto così ottenuto, la conoscenza della rete non è ancora completa.


LA CRESCITA AZIENDALE

Furgone attrezzato per il servizio di video ispezione delle condotte fognarie (gentile concessione “Nuova Contec s.r.l.” di Montereale Valcellina).

Infatti non tutti i nodi idraulici della stessa sono in corrispondenza dei pozzetti di ispezione. Esistono confluenze di condotte fognarie dirette e sotterranee e anche queste situazioni, tra le più critiche in quanto non ispezionabili direttamente, devono essere conosciute. La verifica viene realizzata con la tecnica della video ispezione. Si tratta dell’inserimento in condotta di un robot semovente provvisto di telecamera in grado di fare delle riprese dell’interno della stessa. Si è così in grado di conoscere sia la conformazione della rete che lo stato di conservazione della condotta; la stessa tecnologia può essere utilizzata anche per controllare la corretta realizzazione delle utenze fognarie. Una volta conosciuta completamente la rete tramite sopralluogo, monografie e video ispezioni, essa viene rilevata topograficamente dal personale aziendale con strumentazione idonea, chiudendo una serie di poligonali che permettono di ricavare con precisione i profili longitudinali di tutta la rete esistente e la georeferenziazione di ogni pozzetto. A questo punto, la rete esistente viene analizzata con i programmi aziendali di modellazione matematica ed è pronta per tutte le analisi successive relative all’aggiornamento del progetto generale delle fognature piuttosto che a puntuali esigenze dell’utenza. Attualmente conosciamo con queste metodiche la rete fognaria di otto Comuni su dodici e contiamo di concludere l’iter della conoscenza delle reti nei prossimi 4-5 anni.

Qualità dei materiali utilizzati L’esperienza acquisita durante l’attività di ricognizione delle reti e la redazione ed esecuzione di progetti di fognature ha consentito di raggiungere un buon grado di conoscenza del mercato degli elementi costruttivi delle reti fognarie. Nella stragrande maggio-

17

ranza dei casi le condotte posate sono in conglomerato cementizio armato vibro compresso. Si può fare una suddivisione delle condotte posate in base al materiale: – fino a diametri di 300 mm di solito le tubazioni sono in PVC, PEAD o PRFV7 oppure in acciaio inox8; – dai 300 mm fino alle canne armate (condotti a sezione quadrilatera) sono in calcestruzzo armato. Un altro aspetto fondamentale di cui tener conto è rappresentato dalle condizioni di posa. Materiali fragili quali il gres non devono essere utilizzati su terreni grossolani, i materiali plastici – molto sensibili alla luce e alle escursioni termiche – soffrono di fenomeni di ovalizzazione e non devono essere utilizzati per esecuzioni esterne (fuori terra). La scelta dei materiali deve inoltre fare riferimento alle condizioni di lavoro della condotta9. A fronte dell’esperienza acquisita il personale dell’ufficio progettazione e lavori è giunto alle seguenti conclusioni sulla scelta dei materiali per le fognature: – nel caso di condotte da realizzare fuori terra devono essere utilizzati materiali come conglomerato cementizio armato, acciaio inox e PRFV rivestito con uno strato di resina e sabbia. – nel caso di condotte interrate la scelta può ricadere su tutti i materiali menzionati e la scelta dipende dalle dimensioni, dal tipo di terreno e dalle modalità di posa, dai carichi statici e dinamici sulle condotte, dalle condizioni fisiche e chimiche di lavoro delle stesse. Ci auguriamo che anche questi aspetti vengano tenuti in considerazione nella stesura del piano d’ambito.

Pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti Come per gli acquedotti, anche per le reti fognarie il tema dello sviluppo urbano è direttamente correlato ad una adeguata pianificazione e progettazione. Il settore delle reti fognarie è soggetto ad una normativa tecnica più puntuale. Il riferimento principale per la definizione di una progettazione standardizzata è la norma UNI-EN 752-1 “Connessioni di scarico e collettori di fognatura all’esterno degli edifici”. In essa ci sono tutti i criteri ispiratori per la standardizzazione della progettazione e della gestione delle reti. Come già evidenziato, la tipologia fognaria di riferimento è quella mista e riteniamo inimmaginabile modificare questo indirizzo, visti i costi e le problematiche cui si andrebbe incontro semmai dovranno essere introdotti ulteriori affinamenti per il trattamento delle acque di piena fognaria sugli sfioratori. Per le fognature valgono i criteri pianificatori già descritti per l’acquedotto. Esiste un protocollo



LA CRESCITA AZIENDALE

istruttorio al fine di evitare la gestione in emergenza delle previsioni urbanistiche. La progettazione deve tenere conto di tutte le condizioni: urbanistiche, idrologiche, idrauliche, morfologiche e statiche. La progettazione generale tiene conto pertanto dell’intera struttura fognaria, interfacciandola anche con le condizioni esterne all’area di progetto. La progettazione generale dei sistemi fognari viene effettuata utilizzando lo stesso formato grafico, di calcolo e le stesse ipotesi progettuali. Alla fine di questo lungo ma premiante lavoro, con l’assemblaggio dei singoli progetti si avrà a disposizione il progetto generale comprensoriale delle fognature, analogamente al settore acquedottistico. Anche nella progettazione esecutiva si mantiene lo standard di quella generale per un aggiornamento dinamico degli elaborati di quest’ultima, una volta realizzate le opere. Per la progettazione fognaria infine valgono, e a maggior ragione, i concetti della progettazione interdisciplinare. I soggetti delegati alla gestione delle acque sul territorio sono diversi: Gestori del Servizio Idrico, Consorzi di Bonifica, Comunità Montane, Enti Gestori delle Strade, Protezione Civile, ecc. Il territorio tuttavia è uno solo ed è indispensabile che i diversi attori pervengano a soluzioni condivise, principio già assimilato e, quando possibile, applicato dal nostro personale. Gli esempi di collaborazione in tal senso sono molteplici ma ci piace ricordare la collaborazione progettuale con il Consorzio di Bonifica Ledra Tagliamento nei territori dei comuni di Moimacco e Trivignano Udinese. Questo approccio dovrà nel tempo interessare tutto il territorio aziendale.

Modalità di dimensionamento e calcolo automatico delle fognature Come per le reti acquedottistiche, anche per quelle fognarie la metodologia progettuale utilizzata per il dimensionamento ed il calcolo di verifica è la migliore tecnologia esistente sul mercato. La modellazione matematica, i telecontrolli ed i sistemi di gestione e archiviazione dei dati informatizzati sono strumenti irrinunciabili per la pianificazione, la progettazione e la verifica delle reti e degli impianti. Le performance delle reti fognarie evidenziate con i modelli matematici tuttavia non sono ancora supportate da una verifica a campo per la validazione dei risultati

Nella pagina a fianco: planimetria dei bacini idrografici di riferimento per le verifiche idrauliche sui recettori finali dei sistemi di drenaggio urbano.

19

ottenuti. Manca sostanzialmente il monitoraggio della rete fognaria intesa come misure in continuo delle portate. Sarà questa la prossima ulteriore evoluzione nella gestione delle reti fognarie; a tale scopo l’azienda si sta preparando con l’assunzione di personale altamente qualificato e in collaborazione con l’Università di Udine.

Controllo delle fognature Le migliori tecnologie per il controllo delle reti fognarie sono in corso di studio da parte dell’ufficio Fognature aziendale. Dal 2011 i tecnici si stanno muovendo in diverse direzioni per conoscere le migliori esperienze esistenti e trarne indicazioni utili da trasporre nella nostra realtà. Si sono effettuate diverse visitestudio in alcune realtà di eccellenza, come la città di Fiume in Croazia e a Brunico in provincia di Bolzano. Il controllo delle reti fognarie è ancora in fase iniziale, poiché gli investimenti già effettuati e quelli in corso di realizzazione non sono sufficienti per raggiungere gli standard desiderati. Inoltre, come già ricordato, la conoscenza dei sistemi di drenaggio urbano non è ancora completa. In aggiunta, talvolta lo sviluppo urbano ha determinato situazioni di criticità gravando su reti già esistenti non dimensionate per tali estensioni. Possiamo citare i casi della rete fognaria del centro di Moimacco, quella di via Gorizia a Cividale del Friuli e quella della frazione di Clauiano a Trivignano Udinese. Alcuni anni or sono, a ogni precipitazione superiore alla media, si manifestavano problemi di deflusso delle acque nell’area prospiciente la piazza di Ipplis, in comune di Premariacco, con conseguente allagamento del piazzale e, talvolta, delle abitazioni. Questa situazione era addebitata dai residenti alla mancata pulizia delle caditoie stradali. I tecnici dell’Acquedotto Poiana non condividevano questa motivazione, in quanto le caditoie venivano pulite regolarmente e il problema era chiaramente imputabile a cause di altra natura. Nel corso dei rilievi conoscitivi della rete fognaria, propedeutici all’aggiornamento del progetto generale delle fognature, venne accertata la reale motivazione: dello sbocco dello sfioratore di piena fognaria di via Solzaredo, ricercato anche mediante ripetute video ispezioni, non si trovava traccia. La condotta non aveva dunque lo scarico necessario nel rio di Ipplis, ma si arrestava poco prima e a una quota più bassa di 1,20 metri dal fondo dello stesso. Nella pagina seguente: planimetria dei punti di emissione degli sfioratori di piena fognaria nei corpi idrici superficiali della rete fognaria di Remanzacco. Nell’inserto in basso è riportata la sezione del torrente Malina in corrispondenza dello sfioro numero 6, con l’indicazione del livello d’acqua raggiungibile in fase di piena.



Planimetria di rilievo della rete fognaria secondo lo standard aziendale. Ogni manufatto in rosso è stato rilevato e registrato prima sulle schede monografiche di rilievo in campo e quindi nella banca dati informatica. Successivamente ogni singolo tratto fognario è stato rilevato plano-altimetricamente e, in casi specifici, video ispezionato.

Planimetria della zonizzazione idraulica effettuata in base alla destinazione d’uso prevista dal piano regolatore generale comunale.


22

LA CRESCITA AZIENDALE

Planimetria di progetto della rete fognaria secondo lo standard aziendale. Tutta la rete è stata verificata con il modello matematico, tenendo conto anche delle condizioni di scarico sui corpi ricettori finali.

Per la nostra azienda il controllo delle fognature inizia dalla gestione dei suoi primi elementi: le cunette e le caditoie stradali. La pulizia delle strade è un servizio che le Amministrazioni comunali spesso appaltano a privati, ma le moderne macchine spazzatrici utilizzate allo scopo, che peraltro fanno un egregio lavoro, intasano le griglie piane o le bocche di lupo delle caditoie stradali causando veri e propri allagamenti. La stessa pulizia delle caditoie, se non viene eseguita con una certa regolarità, è un altro fattore di criticità del sistema, perché comporta l’accumulo di sedimenti nei condotti fognari, laddove è ben più costosa la pulizia. Per gli allacciamenti fognari il discorso si ripete. Un errato collegamento è origine di malfunzionamento della fognatura. Più volte abbiamo osservato che allacciamenti realizzati con parziale ostruzione del condotto, causata da una troppo profonda inserzione della tubazione di allacciamento, da colate cementizie sul fondo del condotto fognario, da mancata sigillatura del foro di immissione con franamento di materiale terroso nel condotto e formazione di fornelli nel terreno (voragini), sono fonti di dannosità e imperfetto decorso dei fluidi.

L’azienda vuole razionalizzare questi temi e pertanto è in corso di sviluppo una serie di iniziative con il gestore CAFC SpA per l’istituzione di una squadra speciale di controllo delle reti mediante video ispezione e di un’altra per la pulizia dei condotti fognari e la manutenzione delle vasche dei depuratori. L’obiettivo finale anche nella gestione delle fognature, una volta raggiunta la conoscenza delle stesse, è il telecontrollo della rete e la programmazione delle manutenzioni. Sulle reti fognarie insistono anche gli impianti di sollevamento. Su questi la tecnologia è già stata pianificata con l’implementazione del telecontrollo. Tra i criteri progettuali standardizzati è il caso di sottolineare che ogni impianto dovrà essere costituito da una doppia dotazione di pompe e di apparecchiature ausiliarie, in grado di ridurre drasticamente le interruzioni di funzionamento sia in caso di manutenzione ordinaria che di avaria. Nella gestione delle emergenze energetiche, sono in corso di adeguamento i quadri elettrici per consentire il collegamento diretto dell’impianto ai gruppi elettrogeni di emergenza.


LA CRESCITA AZIENDALE

Ͳ

Ͳ

ŶĚĂŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ƌĞƚĞ ĨŽŐŶĂƌŝĂ ĞƐŝƐƚĞŶƚĞ ŶĞůůĂ ƐŝŵƵůĂnjŝŽŶĞ ĐŽŶ ŝů ŵŽĚĞůůŽ ŵĂƚĞŵĂƚŝĐŽ

ŶĚĂŵĞŶƚŽ ĚĞůůĂ ƌĞƚĞ ĨŽŐŶĂƌŝĂ Ěŝ ƉƌŽŐĞƚƚŽ ŶĞůůĂ ƐŝŵƵůĂnjŝŽŶĞ ĐŽŶ ŝů ŵŽĚĞůůŽ ŵĂƚĞŵĂƚŝĐŽ

Esempi di verifica idraulica mediante simulatore sulla tratta della rete fognaria rappresentata nelle figure precedenti. Si nota il benefico apporto della soluzione di progetto: nella figura in alto si evidenzia che la fognatura va in pressione facendo fuoriuscire l’acqua dai pozzetti (rappresentata dagli zampilli), in basso la condotta non risulta più in pressione, l’acqua non risale nei pozzetti e la tratta fognaria è così definitivamente sistemata.

Regolamentazione delle interconnessioni con altri sistemi a rete Come già accennato, l’utilizzo delle reti fognarie per smaltire le acque meteoriche delle zone agricole limitrofe agli abitati risulta purtroppo ancora abituale nei nostri territori. Appare difficile far comprendere che questa prassi compromette il funzionamento delle fognature, così come immettendovi le acque irrigue eccedenti la capacità di assorbimento dei suoli. L’azienda sta approfondendo le conoscenze su queste problematiche di difficile soluzione, con la collaborazione del Consorzio Ledra Tagliamento, cui è attribuito il servizio di bonifica e irrigazione. Sulla regolamentazione per la tutela delle reti fognarie valgono gli stessi concetti già espressi per le reti acquedottistiche.

23

Verifica delle performance delle fognature mediante il calcolo automatico I sistemi fognari a servizio delle aree urbane sono stati progettati – e per la maggior parte lo sono ancora – per difendere gli abitati da eventi pluviometrici di calcolo (e quindi sintetici, cioè non reali), facendo riferimento a un certo tempo di ritorno che, ricordiamo, rappresenta quell’intervallo di tempo in cui, mediamente, un dato evento viene eguagliato o superato; storicamente, si è partiti con un tempo di ritorno di due anni fino ad arrivare ai giorni nostri con un valore pari a dieci. In parole povere, questo significa che, mediamente, ci sarebbe da attendersi una insufficienza della rete (leggi: allagamenti diffusi sulle strade, rigurgiti della rete, scantinati allagati, ecc.) in genere una volta ogni due anni oppure ogni dieci, a seconda del tempo di ritorno assunto in fase di progetto. Come mai, allora, a ogni acquazzone si sente e si vede spesso che i sistemi di drenaggio urbano vanno in crisi? I motivi sono molti, come di seguito elencato. Alla base di ogni calcolo idraulico delle portate di progetto per una fognatura c’è una serie di ipotesi (troppo spesso dimenticate anche dai progettisti) che conducono a una sottostima sistematica dei deflussi di piena: assumere precipitazioni a intensità costante nel tempo e uniformi nello spazio e altre ipotesi porta spesso a progettare sistemi che, anche se calcolati facendo riferimento a un tempo di ritorno pari a dieci anni, in realtà manifestano crisi ripetute anche parecchie volte in tale arco temporale. Il progetto di un sistema di drenaggio avviene tradizionalmente pensando la rete in modo ‘statico’, secondo cui i collettori devono convogliare i deflussi in modo passivo, quindi senza alcun tipo di intervento meccanico sugli stessi. In tal modo, i sistemi fognari non sono per nulla flessibili nel fronteggiare il generico evento di piena, essendo stati calcolati con riferimento a uno specifico evento meteorico di progetto. Il modello di calcolo della propagazione delle portate nei collettori è estremamente semplificato e molto spesso non veritiero: il moto uniforme, infatti, che ipotizza l’andamento del riempimento parallelo al fondo della condotta, può essere ritenuto sufficientemente attendibile ogni qualvolta i collettori non siano influenzati da livelli idrici di valle, ma non è assolutamente rappresentativo in tutti quei casi in cui la rete subisce il rigurgito a causa della presenza di scarichi in corpi idrici di un certo rilievo (lagune, fiumi importanti, mare, ecc.). In tutti questi ultimi casi, la semplice assunzione del moto uniforme è sbagliata e può condurre a sottostime anche gravi sull’effettiva capacità di smaltimento della rete.


24

LA CRESCITA AZIENDALE

Esiste una cattiva gestione generalizzata delle fognature, soprattutto per motivi economici, che ha fatto sì che negli anni i sistemi di drenaggio – in particolar modo i collettori – riducessero le loro originali capacità di smaltimento (accumulo di sedimenti, presenza di ostacoli, infiltrazioni di acque parassite dai giunti, ecc.), con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti sempre più frequentemente. Le motivazioni appena elencate hanno spinto l’Acquedotto Poiana verso una nuova tipologia di progettazione delle fognature che, anche attraverso l’utilizzo di modelli di simulazione, sia in grado di superare per lo meno le classiche ipotesi progettuali troppo restrittive: i modelli di simulazione delle reti permettono infatti di verificarne il comportamento anche a fronte di un qualsiasi evento meteorico storico o di progetto, potendo in tal modo identificare le principali criticità e procedere preventivamente, se necessario, alla modifica dei tracciati planoaltimetrici o all’ampliamento delle sezioni dei collettori, qualora manifestassero insufficienze idrauliche. Questo anche per definire uno standard di progettazione che superi l’approccio classico, ormai desueto, a favore di una metodologia in grado di sfruttare le potenzialità del calcolo modellistico; ricordiamo inoltre che ciò può avvenire a costi molto contenuti, essendo ormai disponibili software open-source in grado di simulare in maniera molto dettagliata tutto il sistema di drenaggio a moto vario. Il grado crescente di complessità che investe la progettazione e, soprattutto, la gestione dei sistemi di drenaggio urbano richiede necessariamente un ‘salto’ di qualità per un radicale cambiamento: dalla visione statica di cui si è appena detto, secondo la quale il sistema viene semplicemente considerato in modo passivo, è imperativo ormai passare a un approccio che prevede il sistema dinamico, in grado cioè di sfruttare gli invasi e le potenzialità di convogliamento per diminuire i rischi di allagamento e di impatto qualitativo sui corpi idrici ricettori, in relazione all’evento meteorico che lo interessa. Come già accennato, infatti, il riferimento progettuale a un evento pluviometrico costante nel tempo e uniforme nello spazio richiede la presenza di tutta una serie di manufatti lungo il sistema – detti ‘sfioratori di piena’ – aventi il compito di scaricare l’acqua in eccesso (ricordiamo che per le fognature miste il valore di soglia è pari a sei volte la portata media nera di tempo asciutto), alleggerendo così i collettori dai deflussi, ma al contempo aggravando sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo il corpo idrico ricettore. Molto spesso invece si presentano eventi, specie d’estate, caratterizzati da una forte intensità, ma localizzati nello spazio: in tal caso, i collettori sono interessati dai deflussi solo in una (relativamente) piccola area, mentre buona parte del sistema non risulta sovraccaricata e potrebbe quindi disporre di invasi sufficienti ad

attenuare la piena e quindi ridurre i rischi di allagamento e le frequenze di scarico. In altri casi, per piogge più persistenti e diffuse, è necessario prevedere adeguati volumi di stoccaggio – anche temporaneo –, al fine di invasare le acque per poi recapitarle con gradualità verso l’impianto di depurazione e/o i corpi idrici recipienti. Da quanto sopra accennato risulta evidente come la complessità dei problemi idraulici e ambientali che investono i sistemi di drenaggio necessita di soluzioni che siano in grado di superarne il funzionamento puramente passivo, troppo spesso inadeguato o addirittura insufficiente. Una possibile strada alternativa alla classica gestione è quella di dotare il sistema di dispositivi che consentono di monitorarne e regolarne il funzionamento, in modo da poter controllare in tempo reale e in funzione dell’evento meteorico che lo sta interessando, la dinamica della propagazione dei deflussi all’interno dei collettori, sfruttando gli invasi residui in altre porzioni di rete o di aree a questi destinate, al fine di ottimizzarne l’interazione quali-quantitativa con l’impianto di depurazione e i corpi idrici ricettori. L’enorme progresso scientifico e tecnico di questi ultimi anni, assieme alla maggiore accessibilità economica di avanzate tecnologie informatiche, elettroniche e meccaniche per il controllo in tempo reale di un sistema, costituiscono quindi un’ottima opportunità per un decisivo passaggio verso una nuova gestione dei sistemi fognari. L’Acquedotto Poiana sta operando in tal senso, con l’obiettivo di un completo sistema di drenaggio – già sviluppato su due terzi della rete fognaria – che sia, da un lato, progettato rispettando le migliori prescrizioni e normative in materia (v. UNI-EN 752) e, dall’altro, gestito sviluppando metodologie innovative in grado di integrare sinergicamente le potenzialità di modelli di simulazione/ottimizzazione e di strumenti hardware e software per il controllo in tempo reale e l’ottimizzazione del sistema, ripercorrendo la strada che ha portato con successo alla realizzazione del progetto di ricerca e trasferimento tecnologico applicato alla rete idrica. Il controllo quali-quantitativo dei deflussi in aree antropizzate rappresenta oggi un problema di assoluto rilievo, come anche recepito dalle recenti normative in merito (ad esempio D.Lgs. 152/2006, Direttiva 2000/60/CEE). Le acque pluviali di dilavamento da aree urbanizzate o industriali rappresentano, da un lato, un possibile elemento di sovraccarico dei collettori di smaltimento, spesso insufficienti per il loro convogliamento – anche a seguito della presenza di acque parassite – e, dall’altro, una fonte diffusa di inquinamento dei corpi idrici ricettori. La dinamica con cui le acque di dilavamento di origine meteorica vengono convogliate nei collettori e si caricano di sostanze inquinanti è estremamente complessa, coinvolgendo diversi fenomeni che comprendono, da un lato, la trasformazione piogge-portate, il ruscellamento


LA CRESCITA AZIENDALE

superficiale, l’immissione nei collettori e la propagazione dell’onda di piena negli stessi e, dall’altro, l’accumulo degli inquinanti in tempo secco, la loro rimozione esercitata dalla precipitazione e, infine, il loro trasporto all’interno della rete di drenaggio. Oltre a una corretta progettazione della rete dei collettori, un efficace controllo sia quantitativo che qualitativo dei deflussi può essere attuato attraverso l’uso combinato di numerosi manufatti, tra cui gli scaricatori di piena, le vasche di prima pioggia e le vasche volano, sia in linea che fuori linea. Si presentano però il problema progettuale (prima) e quello gestionale (poi) del dimensionamento, del posizionamento e della regolazione ottimale di tali dispositivi, spesso di non agevole risoluzione. La disponibilità di numerosi modelli matematici fisicamente basati che permettono di seguire con estremo dettaglio i vari processi che avvengono in un sistema di drenaggio, permette di affrontare i problemi di progetto e di gestione di tali manufatti in modo tale da svincolarsi dalle tradizionali ipotesi semplificative cui i classici metodi di dimensionamento – primi tra tutti il metodo cinematico e quello dell’invaso – sono soggetti. D’altronde, l’utilizzo di tali modelli richiede estese campagne di misura per la loro taratura e successiva validazione, per permettere un buon grado di attendibilità dei risultati ottenibili dalle simulazioni. Un esempio di modello di simulazione oramai diffuso a livello internazionale è rappresentato dal software EPA-SWMM (Storm Water Management Model dell’Environmental Protection Agency statunitense) che, opportunamente tarato, rappresenta un valido sistema di supporto alle decisioni per la fase progettuale (riabilitazione e ampliamento) e per la successiva gestione del sistema di smaltimento, in particolar modo potendo fornire delle indicazioni sul posizionamento, dimensionamento e sulla eventuale regolazione di dispositivi di scarico (sfioratori, scolmatori di piena) e di invaso (vasche di prima pioggia, vasche di laminazione, dispositivi di infiltrazione) per il controllo quali-quantitativo dei deflussi: l’Acquedotto Poiana ha già adottato da più di un decennio tale tipo di modellistica per la verifica dei progetti generali di fognatura e, successivamente, per affiancare il modello di simulazione alle tecniche RTC (Real Time Control) per l’ottimizzazione della gestione del proprio sistema di drenaggio.

Regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche La rete fognaria acquisita si è rivelata carente di organi di manovra quali paratoie, valvole deviatrici od altro, ad esclusione delle soglie opportunamente dimensionate per lo sfioro delle portate eccedenti a quelle da recapitare al depuratore.

25

L’analisi globale dei sistemi di drenaggio ci ha indotto a razionalizzare il loro funzionamento introducendo sugli stessi paratoie di regolazione dei flussi. Tale soluzione consente di mantenere in esercizio condotte altrimenti sottodimensionate, veicolando le acque eccedenti su nuovi collettori a servizio di aree non ancora servite o su nuovi sfioratori di piena fognaria. Prevediamo che la regolazione del sistema fognario in futuro possa essere effettuata tramite il telecontrollo e l’automazione delle paratoie. Questo renderà più flessibile un sistema oggi assai rigido.

Interconnessioni con altri sistemi fognari I nuovi indirizzi normativi in materia di reti fognarie impongono l’interconnessione delle reti, principio condivisibile ma di non facile attuazione. Abbiamo già detto che le condotte funzionano a gravità e che l’ubicazione del recapito finale in depuratore giace nel punto più depresso dell’area servita. Risulta facilmente comprensibile come qualsiasi interconnessione di sistemi esistenti comporti costi gestionali aggiuntivi, in quanto i reflui devono essere sollevati per la loro immissione in un’altra rete fognaria. Nei nostri progetti generali abbiamo individuato alcune soluzioni comportanti l’interconnessione, limitandole però a modeste modifiche delle strutture fognarie originarie. Per esempio, siamo stati in grado di collettare tutte le acque nere del capoluogo di Pradamano in un unico depuratore, di prevedere l’eliminazione dei depuratori esistenti di Premariacco per farli confluire in un’unica struttura di nuova realizzazione, di collegare zone di Comuni limitrofi. Resta comunque difficile generare reti fognarie che, in caso di emergenza, siano in grado di dirottare su un altro sistema di drenaggio le acque, alla stregua di quanto avviene comunemente per le reti acquedottistiche.

Controllo della qualità dell’acqua Come per il servizio acquedottistico, anche per le acque reflue è stata dedicata particolare attenzione agli aspetti qualitativi. Dal 2000 è divenuto necessario dotarsi di un laboratorio di analisi sia per le acque potabili che per quelle reflue. L’azienda, assieme alle altre realtà di settore provinciali, ha così partecipato alla costituzione della società “Friulab srl”, avente come scopo primario tale servizio di analisi. Il controllo sulle acque scaricate in pubblica fognatura rientra tra le attività aziendali, tese da un lato a verificarne la qualità e, dall’altro, a identificare eventuali anomalie qualitative sulle acque vettoriate.


26

LA CRESCITA AZIENDALE

Anche in questo settore lo sviluppo prevedibile è il monitoraggio in continuo della qualità dei reflui in condotta, volto a una più efficiente e pronta gestione delle emergenze.

GLI OBIETTIVI SUI DEPURATORI – – – – – – – –

Qualità sui corpi recettori finali Vulnerabilità dei depuratori Costi di gestione della depurazione Conoscenza puntuale dei depuratori Qualità dei materiali utilizzati Modalità di dimensionamento dei depuratori Controllo dei depuratori Verifica delle performance e regolazione automatica dei depuratori – Controllo della qualità dell’acqua depurata – Piano di emergenza qualitativa dei depuratori

Qualità sui corpi recettori finali Il rispetto delle caratteristiche di qualità per le acque scaricate sui corpi ricettori finali, oltre ad essere un obbligo di legge, per gli Amministratori e per il personale aziendale rappresenta un dovere primario, più importante ancora degli adempimenti normativi. Notevoli passi sono stati fatti in questa direzione, ma tanta è ancora la strada da percorrere per raggiungere l’obiettivo finale. Specialmente quando ci riferiamo a corsi d’acqua di notevole pregio ambientale, come il fiume Natisone, l’attenzione al miglioramento qualitativo degli scarichi è massima. Possiamo dire che negli ultimi anni, grazie a diversi interventi sui principali depuratori di Cividale, la qualità dell’acqua trattata e scaricata rientra ampiamente nei parametri di legge. Relativamente alle acque del fiume Natisone, l’obiettivo finale che si vorrebbe raggiungere è quello di renderlo balneabile nella sua interezza. Si ritorna pertanto e ancora al concetto di unitarietà del bacino idrografico. La nostra volontà di raggiungere questi obiettivi deve però confrontarsi con una gestione frammentata. Infatti il fiume Natisone dopo la confluenza del rio Bianco e rio Nero in comune di Taipana scorre in area e gestione slovena, per poi rientrare in Italia nei pressi di Stupizza, in gestione al CAFC SpA. Pur essendoci una univoca visione degli obiettivi, non sempre sono conciliabili i tempi tecnici tra le diverse realtà. A tal proposito, l’azienda si vede impegnata da circa sette anni in una serie di iniziative transfrontaliere per il miglioramento ambientale del bacino dell’Isonzo, nel quale ricade il fiume Natisone.

L’anno 2005 nell’ambito del bando finanziato con fondi comunitari Interreg III A Italia-Slovenia 20002006 abbiamo presentato un pacchetto di nove proposte progettuali denominato “Collaborazione transfrontaliera e best practices per la depurazione delle acque reflue urbane del bacino dell’Isonzo”. Sono risultate ammesse a contributo cinque proposte progettuali per l’intero importo del bando e per un ammontare complessivo di 3.600.000 euro. Nel 2009 abbiamo presentato altre sei proposte progettuali, tutte ammesse a contributo. Sono coinvolti otto Comuni del Poiana: Cividale del Friuli, Buttrio, Moimacco, Remanzacco, Premariacco, Pradamano, Pavia di Udine e San Giovanni al Natisone, cinque Comuni sloveni: Brda, Kanal, Miren Costanjevica, Nova Gorica e Tolmin, l’Università di Lubiana, l’Acquedotto di Sezana, Hera spa di Bologna e la Fimm srl di Rovigo. La stesura dei progetti è stata completata e la realizzazione di nuove tratte fognarie permetterà la dismissione di due depuratori pubblici e di uno privato. L’importo complessivo delle proposte finanziate è di 7.800.000 euro.

Vulnerabilità dei depuratori La vulnerabilità dei depuratori dipende sia da fattori esogeni che endogeni. I fattori esogeni sono molteplici e difficilmente controllabili. La qualità delle acque reflue in ingresso, infatti, non dipende dalla volontà del gestore ma è legata al comportamento corretto degli utenti. Lo sversamento di sostanze nocive sulle strade, negli stabilimenti industriali ed anche nelle abitazioni domestiche non è controllabile dal gestore. Per esempio, lo stesso sale antigelo sparso sulle strade d’inverno, una volta riscontrato nelle acque di scarico del depuratore, potrebbe essere motivo di sanzione amministrativa. Invece, quando parliamo di cause di vulnerabilità endogene ci riferiamo ad una cattiva progettazione, realizzazione o gestione degli impianti.

Costi di gestione della depurazione I costi della depurazione sono quelli più difficilmente comprimibili. Nel corso della nostra gestione sono state fatte migliorie per aumentare il rendimento dei depuratori. Esistono sul mercato diverse tecnologie in grado di aumentare il rendimento qualitativo degli stessi, ma questo comporta spesso anche un aumento dei costi gestionali. L’indirizzo per il futuro è quello del monitoraggio in continuo di alcuni parametri fondamentali del processo depurativo, in modo da ottimizzare al massimo i consumi energetici e la durata delle apparecchiature.


LA CRESCITA AZIENDALE

Conoscenza puntuale dei depuratori Il passaggio di consegne degli impianti è stato sempre accompagnato da un verbale di consistenza delle opere e dalla consegna della documentazione tecnica disponibile presso le amministrazioni comunali. Tuttavia il più delle volte è risultato necessario attuare rilievi di maggiore dettaglio, al fine di giungere ad una conoscenza puntuale dei singoli impianti. Questo è stato il primo problema cui si è dovuto dare soluzione.

Qualità dei materiali utilizzati Sulla base delle apparecchiature ereditate, al fine di ridurre i tipi di macchine in dotazione, avere poche ditte manutentrici e disporre di mezzi reimpiegabili su più impianti, si è operato privilegiando scelte di omogeneità strumentale per le nuove dotazioni. Per quanto riguarda i collettori per il passaggio di acqua o aria sono stati definiti degli standard di utilizzo: per le tubazioni sotterranee solo materiale plastico o acciaio inox, per le tubazioni in bagnasciuga solo acciaio inox, per quelle fuori terra – comprese quelle per il passaggio di aria – acciaio inox o acciaio zincato (vasche di ossidazione e digestori), per i letti di aerazione dei liquami polietilene ad alta densità, apparecchiature elettroidrauliche sommerse certificate per acque reflue, griglie manuali o automatiche in acciaio inox, condotte poste sotto le vasche depurative in acciaio inox di spessore maggiorato. Ciò consente di prolungare la vita utile dell’impianto, di ridurre i costi manutentivi e di gestione e di essere più celeri negli interventi.

Modalità di dimensionamento dei depuratori La progettazione degli impianti di depurazione è improntata a una logica generale che persegua: – rispetto del D.Lgs.152/2006; – facilità di conduzione dell’impianto; – ridotti costi di esercizio della conduzione e della manutenzione; – semplicità e facilità delle eventuali riparazioni e della manutenzione; – sicurezza di funzionamento, anche in condizioni critiche o in caso di incremento delle utenze servite secondo le previsioni di espansione; – garanzia di resa depurativa anche in caso di guasti e ridotti tempi di intervento per la loro riparazione; – affidabilità delle parti meccaniche ed elettriche;

27

– realizzazione dell’opera nell’ottica di un futuro ampliamento dell’impianto; – utilizzazione delle strutture già esistenti; – elevato rendimento di rimozione degli inquinanti (BOD5, solidi sospesi, etc.) in grado di soddisfare i limiti più restrittivi vigenti; – stabilizzazione spinta (mineralizzazione) dei fanghi di supero e quindi assenza di cattivi odori e minimizzazione dei costi di smaltimento dei fanghi di supero prodotti. I punti sopra elencati si traducono in scelte operative che privilegiano sistemi di depurazione collaudati come il sistema a fanghi attivi, processo noto già all’inizio del secolo scorso. La scelta del processo depurativo determina i criteri di progettazione delle strutture e delle apparecchiature elettromeccaniche. Un punto fermo è comunque quello della sicurezza gestionale: tutti i nuovi impianti sono realizzati suddividendo la potenzialità massima di trattamento in più linee parallele, in modo che sia sempre possibile effettuare riparazioni o manutenzioni programmate senza la necessità di fermare completamente l’impianto, come succederebbe avendo una sola linea depurativa per depuratore.

Controllo dei depuratori L’attività di controllo sui depuratori avviene con due diverse modalità. La prima e più classica è quella delle visite all’impianto da parte dei tecnici dell’azienda con cadenze temporali variabili a seconda del grado di vulnerabilità: per gli impianti maggiori le visite sono giornaliere. Ogni visita viene annotata su un apposito registro di impianto, ove si riportano le operazioni effettuate. L’altra modalità di controllo è quella effettuata mediante l’utilizzo di sistemi di comunicazione remoti (telecontrollo), che permettono agli operatori di verificare in tempo reale lo stato delle apparecchiature elettromeccaniche presenti sull’impianto. Eventuali malfunzionamenti di pompe, soffianti o altre apparecchiature vengono prontamente segnalate con messaggi di allarme inviati al pc di controllo presente in sede o direttamente al cellulare dell’operatore reperibile. Il sistema di telecontrollo permette anche la supervisione e la registrazione dei principali dati di processo, rilevati da particolari sonde nelle acque in trattamento. Tali dati permettono agli operatori di stabilire immediatamente se gli impianti di depurazione stanno lavorando efficacemente o se necessitano di interventi correttivi.


28

LA CRESCITA AZIENDALE

Quadro sinottico dell’impianto di depurazione a fanghi attivi di Camino, in Comune di Buttrio.

Esempio del funzionamento del telecontrollo dell’impianto di depurazione di Camino (Buttrio). Nel grafico è riportato l’andamento dei parametri monitorati nell’impianto, distinti con linee di diverso colore.

Verifica delle performance e regolazione automatica dei depuratori I principali dati di processo sono misurati da particolari apparecchiature elettroniche (sonde parametriche e relativi trasduttori). I parametri attualmente rilevati nelle acque in trattamento sono: ossigeno disciolto, pH, temperatura, potenziale di ossidoriduzione (redox), portata. A ciò si uniscono alcuni dati di funzionamento quali tensione, corrente e potenza elettrica istantanea. Utilizzando questi dati è possibile ottimizzare il processo depurativo, ottenendo diversi vantaggi: – la conoscenza dell’esatta quantità di ossigeno disciolto nelle vasche di ossidazione dei reflui è il parametro fondamentale per l’ottimizzazione della resa depurativa: quantità troppo elevate o troppo scarse di ossigeno disciolto comportano una diminuzione sensibile dell’efficienza depurativa; – conoscendo la concentrazione dell’ossigeno disciolto è possibile comandare la velocità di rotazione dei motori che azionano i compressori dell’aria: in questo modo è fornita all’impianto sempre la giusta quantità di ossigeno con notevoli risparmi in termini energetici (anche del 70%);


LA CRESCITA AZIENDALE

– la misurazione del parametro redox nelle vasche di ossidazione/nitrificazione e denitrificazione consente il controllo continuo del processo di rimozione dei composti dell’azoto, inquinante che – come noto – è fra i principali responsabili, insieme al fosforo, del fenomeno dell’eutrofizzazione, cioè della crescita smisurata di vegetazione acquatica nei corpi idrici ricettori.

Controllo della qualità dell’acqua depurata Mensilmente vengono campionate le acque in ingresso e uscita dall’impianto e, con la periodicità prescritta dall’autorizzazione allo scarico rilasciata dalla Provincia di Udine, si effettuano campionature anche sul corpo idrico recettore. Tutti i referti delle analisi sono archiviati in un apposito software messo a disposizione dalla società partecipata Friulab srl.

Piano di emergenza qualitativa dei depuratori La produzione di energia con gruppi elettrogeni ausiliari, la regolazione delle apparecchiature in base alle esigenze del processo depurativo e il telecontrollo degli impianti sono i principali contenuti del piano di emergenza messo a punto dall’azienda e vengono inseriti di default in tutte le progettazioni di adeguamento degli impianti e per quelle di nuova realizzazione. Attualmente vantiamo 17 impianti telecontrollati (10 depuratori e 7 impianti di sollevamento fognario) e contiamo di estendere questa dotazione a due ulteriori impianti all’anno, privilegiando quelli potenziati e già adeguati alle norme.

Verso una progettazione standardizzata Il primo comune a commissionare all’Acquedotto Poiana un progetto di fognature, nell’anno 2000, è stato quello di Corno di Rosazzo. Durante tale progettazione si avvertì la inderogabile necessità di conoscere nel suo insieme il sistema fognario comunale per capirne il comportamento complessivo. Il progetto generale delle fognature di Corno di Rosazzo ha rappresentato la pietra miliare per la redazione di tutti i progetti generali successivi. Fu così che partì la fase di acquisizione della conoscenza sulle reti fognarie con il programma di redazione degli aggiornamenti dei progetti generali delle fognature di tutti i Comuni. Il risultato finale sarà il

29

piano comprensoriale delle fognature, superando il limite dei confini comunali e riprendendo il principio fondamentale dell’unità del bacino idrografico. Anche per questa attività si è ricercata una procedura standardizzata di redazione dei singoli progetti, per un agevole assemblaggio finale degli stessi. Un tanto era necessario per la rilevazione dello stato di fatto, per la restituzione dei rilievi, per le ipotesi di progetto, per il modello di calcolo matematico della rete e per l’archiviazione dei dati rilevati. Dopo un’analisi di quanto era disponibile sul mercato, accompagnata dal requisito irrinunciabile della sua compatibilità con la cartografia regionale, tra l’anno 2000 e il 2001 furono compiute delle scelte, rivelatisi appropriate. Le monografie dei pozzetti furono archiviate con Access della Microsoft, strumento di dominio internazionale; la modellazione matematica fu effettuata con SWMM, un prodotto canadese, oggi EPA SWMM, scaricabile gratuitamente da Internet e riconosciuto a livello mondiale da tutte le organizzazioni scientifiche; la scelta dei tempi di ritorno10 fu riferita alle previsioni delle direttive comunitarie in materia di gestione delle reti fognarie. Anche le fasi della realizzazione di un progetto generale vennero scandite come segue: a) raccolta dei dati e dei progetti generali ed esecutivi dei lotti funzionali presso l’Amministrazione Comunale; b) individuazione preliminare su CTR (carta tecnica regionale) 1:5000 della rete esistente e prima numerazione dei pozzetti di ispezione; c) individuazione mediante metal detector e/o videoispezione con telecamera dei chiusini fognari occulti; d) rimessa in quota dei chiusini fognari occulti; e) aggiornamento delle planimetrie di cui al punto b); f) rilievo monografico dei pozzetti di ispezione secondo i criteri della scheda allegata; g) rilievo plano altimetrico della rete esistente; h) restituzione dei rilievi plano altimetrici e formazione della banca dati sui pozzetti di ispezione; i) restituzione dei profili longitudinali di ogni tratto fognario; j) rappresentazione grafica su CTR 1:5000 della rete esistente con identificazione dei pozzetti di ispezione, dei sollevamenti, delle caratteristiche idrauliche e costruttive di ogni singola tratta, degli sfioratori di piena fognaria e di quant’altro rilevato in campagna; k) aggiornamento del Progetto generale delle fognature del Comune completo di tutti gli elaborati descrittivi e grafici necessari per l’approvazione da parte degli organi competenti. Tutte le attività previste nei punti precedenti sono state e continuano a essere svolte da personale dell’Acquedotto Poiana, a eccezione del ripristino in quota dei chiusini dei pozzetti di ispezione occultati da asfalto o terra.


30

LA CRESCITA AZIENDALE

LO SVILUPPO DEL SETTORE AMMINISTRATIVO Nel 1998 il personale amministrativo, pur volonteroso, era costretto a rispondere con strumenti ormai superati alle sempre più pressanti incombenze burocratiche. Gli spazi troppo ristretti riservati alle attività d’ufficio rendevano difficile sia lo svolgimento del lavoro che la necessaria separazione delle funzioni. Il personale, salvo le due unità impegnate nella contabilità e nel cosiddetto ufficio tecnico, era tutto ‘barricato’ dietro all’unico bancone. Anziché utilizzare l’intero stabile della sede, veniva sfruttato solo il piano terreno e l’attuale sala assembleare era impiegata anche come archivio, dove le varie documentazioni erano riposte in box e scaffali numerati. Le concessioni di derivazione d’acqua, ad esempio, si trovavano nel “buco 17”, secondo un ironico modo di designare la loro collocazione. Perdurava inoltre una poco consona commistione tra archivio cartaceo e informatizzato nella gestione delle utenze, causa di costanti conflitti e contenziosi. Questo settore non abbisognava immediatamente di nuovo personale, bensì della valorizzazione di quello operante, attribuendogli distinti ruoli e distribuendo il carico di lavoro in maniera più equilibrata. Negli uffici del Consorzio Acquedotto Poiana, oltre al sistema IBM AS per l’elaborazione delle bollette, nel 1998 esisteva un solo computer in dotazione all’ufficio contabilità. Lentamente si avviò una lunga, indispensabile sequenza di miglioramenti. L’intera sede fu riorganizzata e ristrutturata in modo funzionale, con l’estensione degli uffici in tutti i tre piani dello storico stabile. Vennero definite le dotazioni in arredi e strumenti di lavoro secondo le specifiche esigenze. Al personale furono attribuiti ruoli e competenze specifiche. Si istituirono così l’ufficio contratti e relazioni con il pubblico, l’ufficio protocollo e segreteria, l’ufficio personale e l’ufficio contabilità. Il contributo dei dipendenti fu notevole, anche avanzando concrete proposte operative, il più delle volte attuate. La nuova organizzazione diede subito i suoi frutti. La possibilità di potersi dedicare a tempo pieno a specifiche mansioni comportò la riduzione dei contenziosi con l’utenza, la regolare lettura dei consumi, l’efficace gestione delle operazioni di sportello, l’applicazione di precise procedure istruttorie tra uffici, l’aggiornamento degli archivi informatici e la dismissione di quelli cartacei. Dopo questa prima fase di sostanziale riorganizzazione e sua attenta verifica, ci furono ulteriori affinamenti con accorpamento o separazione di funzioni, l’istituzione di nuovi uffici e l’assunzione di personale.

A servizio degli utenti Il bancone. Già, quell’insormontabile bancone che divideva noi, solerti impiegate, da loro, i nostri utenti. Ancora adesso, quando ci pensiamo, ci torna in mente il martellante tormentone «Ce l’ha la marca da bollo?» pronunciato in uno spot televisivo, sul quale tante volte abbiamo scherzato, convinte che noi non potevamo proprio finire così. E poi… quei contratti compilati con la vecchia macchina da scrivere Olivetti 40, i cui martelletti risuonavano nello stanzone con il loro incessante e caratteristico “clak clak”. Era il 1998. Quel bancone all’improvviso è sparito, sostituito da confortevoli spazi aperti e scrivanie ergonomiche, per accogliere al meglio quegli stessi utenti, diventati nel frattempo clienti.

La mitica Olivetti M40, che ha svolto un lunghissimo servizio negli uffici consorziali.

L’attuale front office riservato agli utenti nella sede aziendale.


LA CRESCITA AZIENDALE

Con questo incipit, scritto in tono leggero, abbiamo tratteggiato la situazione operativa esistente in quel tempo. In breve, la crescita tecnologica e la definizione di procedure operative hanno consentito di acquisire, nell’anno 2002, la certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001. Il fine ultimo dell’attività aziendale rimane l’ottenimento della soddisfazione del cliente, con un’efficace gestione dell’organizzazione nel rispetto della normativa vigente. Il motore della nostra azione è la consapevolezza di gestire un servizio pubblico essenziale per fornire a tutti il “bene acqua”. Ci piace qui ricordare alcune tappe significative, che hanno segnato l’evoluzione del nostro rapporto con i clienti. Partivamo da una situazione antiquata, dove la “Domanda per concessione di uso dell’acqua” era ancora compilata con l’ausilio della macchina da scrivere; per i nuovi allacciamenti il richiedente era obbligato a fornire copia autentica in bollo della concessione per l’esecuzione delle opere. La bollettazione era supportata dal sistema IBM AS400, che offriva garanzie nella conservazione dei dati acquisiti, ma era rigido nelle soluzioni e lento nella gestione, con ridotte possibilità di intervento dell’operatore; il tutto era reso ancor più complicato dalla necessità di utilizzare sistematicamente un operatore esterno a ogni emissione di bollette o aggiornamento di sistema. Il processo era completato da Postel, divisione di Poste Italiane, che curava la stampa e la spedizione delle bollette. La responsabile dell’ufficio contratti e relazioni con il pubblico ‘impazziva’ per svolgere queste incombenze, ulteriormente appesantite dalla contemporanea attività di sportello. La gestione delle pratiche ordinarie non lasciava il tempo di aggiornare e innovare il servizio al pubblico, né tanto meno di aggiornare gli archivi informatici. Nel 1997 una serie di provvedimenti legislativi investiva le aziende di pubblici servizi, imponendo loro la revisione degli strumenti regolatori e contrattuali, avendo constatato che il tono e i contenuti dei regolamenti di erogazione del servizio e le forme dei contratti non sempre erano improntati su un piano di parità. Si cominciava a parlare di equiparazione di diritti e doveri tra azienda e utente, di trasparenza, di chiarezza e comprensibilità dei messaggi, di cortesia; nel Codice Civile era aggiunto il capitolo XIV bis “Dei contratti del consumatore”, contenente gli articoli 1469 bis, ter, quater, quinquies, sexies; la novità consisteva nel passaggio da una tutela formale a una tutela sostanziale del consumatore, assicurata dalla previsione di inefficacia delle cosiddette clausole contrattuali vessatorie. L’Acquedotto inizia così un processo di revisione della contrattualistica e dei regolamenti. Nel 1998 la legge 675 del 31 dicembre 1996 che, dopo alcuni provvedimenti di revisione e correzione,

31

approderà nel decreto legislativo 196 del 30 giugno 2003 “Codice in materia di protezione dei dati personali”, introduce per la prima volta il principio della tutela dei dati personali. La materia ha comportato gravosi adempimenti a carico delle aziende, obbligandole ad affrontare problematiche legate anche al loro sistema informativo. Ci si adeguava allegando alle bollette un’informativa – riportata pure sulle domande di concessione – sulle modalità e finalità del trattamento dei dati raccolti e sui diritti esercitabili dagli interessati ai sensi dell’art. 13 della legge 675/96. Successivamente, il sistema per la gestione della qualità ha previsto anche una procedura operativa dedicata alla tutela della riservatezza e della privacy. Nel 1999 prende avvio il servizio idrico integrato, come definito dalla legge 36 del 5 gennaio 1994, con l’affidamento da parte dei Comuni dei servizi di fognatura e di depurazione. L’Acquedotto Poiana, che fino ad allora si era limitato a fatturare le entrate relative ai due servizi – con tariffa basata sui consumi d’acqua potabile – per poi riversarle ai Comuni, tratteneva tali somme a copertura dei costi di gestione sostenuti.

Il certificato di Qualità UNI EN ISO 9001:2008 rilasciato all’Acquedotto Poiana per la “Progettazione e gestione di impianti di depurazione, reti fognarie ed impianti acquedottistici”.


32

LA CRESCITA AZIENDALE

L’Assemblea consorziale nella seduta del 15 gennaio 2000 approvava il “Regolamento per l’erogazione dell’acqua potabile agli utenti” che entrava in vigore il successivo 24 luglio, sostituendo il “Regolamento per la concessione e distribuzione dell’acqua potabile agli utenti” risalente al 1 maggio 1958. Il regolamento, sviluppato dagli uffici, per la prima volta viene discusso e condiviso con le Associazioni dei Consumatori. Gli interventi più significativi riguardano la responsabilità dell’utente per danni, i termini di pagamento e le conseguenze di comportamenti inadempienti. Viene meno la possibilità per l’Acquedotto di applicare contravvenzioni. Si introduce con l’art. 23 l’assicurazione a favore degli utenti per consumi d’acqua dovuti a rotture interne: l’Acquedotto Poiana aveva, nel frattempo, stipulato una polizza assicurativa volontaria a favore degli utenti aderenti, operante in caso di perdite occulte nel tratto di derivazione post contatore, con conseguenti eccedenze nei consumi. Questo passo ha permesso di superare la pratica discrezionale della concessione di abbuoni, fino ad allora adottata. Nella stesso anno, nella seduta del 27 novembre, l’Assemblea consorziale approvava la prima “Carta dei servizi aziendali”, che fissava principi e criteri per l’erogazione del servizio e costituiva elemento integrativo dei contratti di fornitura, secondo la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 contenente “Principi sull’erogazione dei servizi pubblici”. L’Acquedotto assume impegni chiari, finalizzati al miglioramento della qualità dei servizi forniti e del rapporto tra utenti e fornitori dei servizi, richiamando princìpi fondamentali quali uguaglianza, imparzialità, continuità, partecipazione, cortesia, efficienza ed efficacia, chiarezza e comprensibilità dei messaggi. Si fissano standard di qualità da rispettare e da controllare. Nel corso dello stesso anno sono completamente riviste tutte le procedure per l’acquisizione delle letture dei consumi e della fatturazione. Nei giorni 12, 13 e 14 dicembre 2001 gli sportelli dell’Acquedotto restano chiusi al pubblico per operare la conversione degli archivi in vista dell’adozione dell’euro. Nel 2002 l’azienda ottiene la certificazione UNI EN ISO 9001:2000 per progettazione e gestione di impianti di depurazione, reti fognarie ed impianti acquedottistici; siamo così autorizzati ad apporre sulla nostra documentazione il noto marchio ottagonale del TÜV. Anche su sollecitazione dei nostri clienti, è resa disponibile la domiciliazione dei pagamenti delle bollette emesse presso tutte le banche presenti sul territorio italiano. Il 21 dicembre 2002, con decorrenza primo gennaio 2003, il Consorzio Acquedotto Poiana si trasforma in Società per Azioni ai sensi e per gli effetti dell’art. 115 del decreto legislativo 267/2000. Nasce così Acquedotto Poiana SpA.

Nel 2003 viene applicata la deliberazione Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (C.I.P.E.) 131/2002 “Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe dei servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione per l’anno 2002” che prevede, come novità, il superamento del minimo impegnato negli usi domestici. In sostanza, sparisce “l’abbonamento” di tre ettolitri giornalieri per gli utenti con uso domestico, che pagano da allora solo l’acqua effettivamente consumata. La disposizione comporta una revisione del sistema di calcolo dei consumi. Questa è stata l’ultima direttiva impartita dal C.I.P.E. in materia tariffaria per i servizi acquedottistici, di fognatura e di depurazione, in attesa dell’applicazione del metodo normalizzato di cui al decreto del Ministero Lavori Pubblici 1 agosto 1996, già indicato dalla legge 36/1994. Tale metodologia si fondava sul principio che l’adeguamento tariffario annuo doveva essere effettuato sulla base di un piano di investimenti finalizzato all’incremento degli standard qualitativi e quantitativi e al recupero di efficienza (price-cap), scostandosi dal sistema tariffario C.I.P.E., influenzato da indirizzi di politica economica e tassi di inflazione programmati. Mancava, però, il decreto ministeriale che doveva stabilire le componenti di costo per la determinazione della tariffa; inoltre, non era ancora stata costituita l’autorità d’ambito territoriale alla quale la legge aveva assegnato potestà tariffaria. Di fatto, si apriva un lungo periodo di blocco delle tariffe, che per il Poiana ha comportato bilanci economici strutturalmente in perdita. Tra luglio e agosto 2003 viene condotto il primo sondaggio per la valutazione della soddisfazione del cliente (customer satisfaction), relativamente a diversi aspetti suddivisi tra area produzione-qualità e area servizi-comunicazione, che verrà poi riproposto con cadenza biennale. La percezione del servizio da parte degli intervistati già allora è risultata buona e si è rafforzata ulteriormente nei successivi sondaggi. In questo periodo diventa realtà anche il sito Internet aziendale, tramite il quale rendere prontamente disponibili modulistica, regolamenti e informazioni aggiornate.

Logo del TÜV, ente certificatore in base alle norme UNI EN ISO 9001.


LA CRESCITA AZIENDALE

Diagrammi a torta relativi al sondaggio del 2011 sulla qualità del servizio fornito, condotto su un campione di 206 utenze, di cui 170 domestiche e 36 non domestiche.

Dalla bollettazione relativa al 2° quadrimestre 2004 l’azienda rende disponibile un sistema gratuito di telelettura del contatore, con il duplice intento di evitare l’addebito della spesa per il rilevamento dei consumi da parte di propri incaricati e di consentire all’utente un controllo diretto dei consumi. Nonostante la gratuità del servizio, l’utenza non ha risposto in maniera qualificata all’iniziativa, tant’è che ad oggi l’uso dello stesso si aggira intorno a un modesto 4% delle utenze. Procede anche l’impegno per una gestione più sicura e rapida dei pagamenti delle bollette: analogamente a quanto già attuato con le banche, si attiva anche la domiciliazione postale dei pagamenti; l’apertura di un conto bancoposta on line consente l’incasso, la rendicontazione magnetica e la certificazione elettronica dei versamenti postali. Nel 2005 viene stipulato con Enel Distribuzione SpA (ora Enel Servizio Elettrico SpA) una convenzione per l’esecuzione delle operazioni commerciali più frequenti, con il marchio “QuiEnel”. L’accordo consente ai nostri utenti di svolgere contestualmente le pratiche di fornitura idrica ed elettrica allo stesso sportello. La legge 311/2004 (finanziaria 2005) “al fine dell’emersione delle attività economiche, con particolare

33

riferimento all’applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare”, introduce l’obbligo di richiedere, all’atto della sottoscrizione del contratto, i dati catastali identificativi dell’immobile oggetto della fornitura idrica. Per i contratti in essere le medesime informazioni devono essere acquisite in occasione del rinnovo ovvero della modificazione del contratto stesso; tale obbligo comporta un ulteriore notevole lavoro di aggiornamento degli archivi. Il 18 ottobre 2006 si costituisce formalmente l’Ambito Territoriale Ottimale “Centrale Friuli” individuato con la legge regionale 13/2005. Si tratta dell’aggregazione in consorzio di funzioni dei 136 comuni della provincia di Udine e dell’Amministrazione provinciale stessa con compiti di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato, avente personalità giuridica. Di fatto, l’Autorità subentra ai Comuni nel rapporto fino ad allora intrattenuto singolarmente con i gestori relativamente all’organizzazione del servizio idrico integrato, alla scelta della forma di gestione e al relativo controllo, alla determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, nonché alla garanzia di qualità delle prestazioni e di tutela del consumatore, stante il regime di monopolio in cui si continua a operare. L’Assemblea dei soci nella seduta del 22 novembre 2006 approva alcune modifiche al “Regolamento per l’erogazione dell’acqua potabile agli utenti”. Si introducono gli articoli 24-bis, ter e quater che, nell’ordine, interessano dilazioni e rateizzazioni dei pagamenti, deposito cauzionale, addebiti in caso di ritardato pagamento. Varia anche il conteggio del consumo, con l’assegnazione di diversi quantitativi giornalieri per fascia e tipologia di utenza. Alla luce di tutte queste novità sono aggiornati i programmi gestionali e di contabilità. La flessibilità del nuovo software a struttura modulare e la completezza delle procedure lo rendono adatto alle esigenze via via più complesse, che riusciamo così a soddisfare. L’applicazione, tuttora in uso, protetta da un sistema di autenticazione, consente una maggiore tranquillità sotto l’aspetto della sicurezza e della protezione dei dati raccolti. In occasione di tali aggiornamenti è stata effettuata anche una revisione di tutta la modulistica e reportistica di sportello. L’Assemblea dell’Acquedotto nella seduta del 20 marzo 2008 approva il “Regolamento di fognatura”, che disciplina gli scarichi di acque reflue in pubblica fognatura provenienti da insediamenti di qualsiasi tipologia presenti nei Comuni gestiti, uniformandone regole e procedure. È un passaggio importante, che mette ordine alle previgenti normative comunali, inevitabilmente frammentarie e per certi aspetti superate. Nell’ambito del progetto di ricerca “Sviluppo di una metodologia per la gestione quantitativa e qualitativa


34

LA CRESCITA AZIENDALE

delle reti acquedottistiche” si avvia la georeferenziazione delle utenze, che ne consente una rapida e precisa individuazione. A decorrere dal primo gennaio 2009 l’Acquedotto applica le nuove tariffe del servizio idrico integrato, definite e approvate dall’Assemblea d’Ambito il 19 dicembre 2008, allegate alla convenzione stipulata con l’ATO Centrale Friuli il 23 dicembre 2008. Essa prevede che il ricavo atteso dal gestore per la fornitura del servizio idrico integrato sia uguale ad un valore predeterminato pari ai costi riconoscibili al gestore stesso: costi operativi, ammortamenti e remunerazione del capitale. Quest’ultima componente è stata oggetto del secondo quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011 in materia di acqua, con il risultato di un’abrogazione parziale della norma, proprio nella parte in cui si prevedeva che “la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto … dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito …” (comma 1, art. 154 D.Lgs. 152/2006). Il passaggio repentino da un metodo tariffario all’altro, dopo anni di blocco delle tariffe, ha inevitabilmente prodotto aumenti significativi a carico degli utenti. Peraltro l’Azienda da allora ha potuto contare su maggiori risorse da destinare all’adeguamento delle infrastrutture idriche. È significativo sottolineare come gli utili di bilancio registrati a partire dall’esercizio 2009 siano stati totalmente reinvestiti, segno evidente dell’intenzione dei Comuni soci di privilegiare la qualità del servizio e mantenere lo spirito consortile, pur in una mutata strutturazione societaria.

Tabella della tariffa reale media 2009-2012, allegata alla convenzione ATO-Acquedotto Poiana.

Da una serie di incontri tra l’Autorità d’Ambito ATO Centrale Friuli, i gestori (Poiana SpA, AMGA SpA, CAFC SpA, Carniacque SpA, Consorzio Depurazione Laguna SpA) e le associazioni di categoria dei consumatori, nasce lo schema di riferimento delle carte del servizio pubblico relative al settore idrico, con l’indicazione dei diritti e degli obblighi degli utenti. È un primo passo verso un’uniformità delle condizioni di erogazione del servizio all’interno del nostro Ambito. La nostra “Carta del servizio idrico integrato”, che sostituisce la previgente “Carta dei servizi aziendale”, viene approvata dal Consiglio di amministrazione nella seduta del 7 settembre 2009 e successivamente dal Consiglio di amministrazione dell’Autorità d’Ambito ATO Centrale Friuli il 12 novembre 2009. Il documento si snoda attraverso una serie di punti che richiamano princìpi fondamentali, indicatori e standard di qualità, impegni di informazione e garanzia di tutela per l’utenza. L’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, in ottemperanza alla legge regionale 13/2005, sta attualmente elaborando un nuovo schema di Carta del Servizio, con l’obiettivo dichiarato “di avviare, per quanto possibile, un processo di unificazione su tutto il territorio regionale del rapporto utente-gestore, come ulteriore tappa nella costruzione di un Sistema Idrico Integrato con caratteristiche omogenee”. Nell’anno 2011 i Comuni di Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Moimacco, Pavia di Udine, Premariacco, Remanzacco e San Giovanni al Natisone ci delegano al rilascio dell’autorizzazione alla rottura del manto stradale per nuovi allacciamenti idrici e fognari. Ciò significa che ai richiedenti nuove utenze, appartenenti a tali Comuni, viene risparmiato il relativo passaggio burocratico.

d Z/&& Z > D / ;ϯΣ ĂŐŐŝŽƌŶĂŵĞŶƚŽ ŝĐĞŵďƌĞ ϮϬϭϭͿ

Yh KddK WK/ E ^Ɖ

ϮϬϬϵ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ &RVWL RSHUDWLYL SURLHWWLYL Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ

Φ ϭ͘ϲϭϲ͘Ϭϵϱ͕ϰϮ &RPSRQHQWL SOXHULHQQDOL LQHU]LDOL Φ ϭ͘ϲϭϲ͘Ϭϵϱ͕ϰϮ Φ ϭϯϬ͘ϳϴϳ͕ϵϳ &RPSRQHQWL SOXHULHQQDOL 3LDQR 6WUDOFLR Φ ϭϯϬ͘ϳϴϳ͕ϵϳ Φ Ͳ &RVWL LQGRWWL GDJOL LQYHVWLPHQWL Φ Ͳ Φ Ϯ͘ϬϬϬ͕ϬϬ &RVWL RSHUDWLYL VWUDRUGLQDUL Φ Ϯ͘ϬϬϬ͕ϬϬ Φ ϭ͘Ϭϴϲ͘ϴϵϭ͕ϵϳ 0XWXL Φ ϭ͘Ϭϴϲ͘ϴϵϭ͕ϵϳ Φ Ͳ &DQRQL GL FRQFHVVLRQH Φ Ͳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ ([WUD ULFDYL LQ DEEDWWLPHQWR GHOO LVRULFDYR ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ dKd > /^KZ/ sK ƚƚŝǀŝƚă Ěŝ ĐƵŝ ĂůůΖĂƌƚ͘ ϭϮ Đ͘ ϵ Ğ Đ͘ ϭϬ ĚĞůůĂ >͘Z͘ ϭϯͬϮϬϬϱ YƵŽƚĂ ƌŝŵďŽƌƐŽ ƚĂƌŝĨĨĂ ĚĞƉƵƌĂnjŝŽŶĞ ƵƚĞŶƚŝ ŶŽŶ ĚĞƉƵƌĂƚŝ dKd > & ddhZ dK K / dd/sK DŽĚƵůĂnjŝŽŶĞ ƚĂƌŝĨĨĂƌŝĂ ϮϬϬϵ ΗƉƌŝĐĞ ĐĂƉΗ sŽůƵŵĞ ĞƌŽŐĂƚŽ ;ŵ³Ϳ dZD Ěŝ ĐĂůĐŽůŽ

Φ ϲ͘Ϭϯϱ͘ϳϴϵ͕ϳϴ Φ ϲ͘Ϭϯϱ͘ϳϴϵ͕ϳϴ Φ ϯϬ͘ϭϳϴ͕ϵϱ Φ ϯϬ͘ϭϳϴ͕ϵϱ Φ ϲ͘Ϭϲϱ͘ϵϲϴ͕ϳϯ Φ ϲ͘Ϭϲϱ͘ϵϲϴ͕ϳϯ Φ ϱ͘Ϯϳϳ͘ϳϱϭ͕ϬϬ Φ ϱ͘Ϯϳϳ͘ϳϱϭ͕ϬϬ ϱ͘ϮϵϬ͘ϵϳϵ Φ Ϭ͕ϵϵϳϱ Φ Ϭ͕ϵϵϳϱ

ϮϬϭϬ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϭ͘ϱϲϵ͘Ϭϵϱ͕ϯϵ Φ ϭ͘ϱϲϵ͘Ϭϵϱ͕ϯϵ Φ ϵϭϲ͘ϵϱϭ͕Ϭϵ Φ ϵϭϲ͘ϵϱϭ͕Ϭϵ Φ Ͳ Φ Ͳ Φ ϯϬ͘ϳϴϬ͕ϴϰ Φ ϯϬ͘ϳϴϬ͕ϴϰ Φ ϭ͘Ϯϳϲ͘ϴϵϬ͕ϭϴ Φ ϭ͘Ϯϳϲ͘ϴϵϬ͕ϭϴ Φ Ͳ Φ Ͳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ Φ ϲ͘ϵϵϯ͘ϳϯϭ͕ϵϮ Φ ϲ͘ϵϵϯ͘ϳϯϭ͕ϵϮ Φ ϯϰ͘ϵϲϴ͕ϲϲ Φ ϯϰ͘ϵϲϴ͕ϲϲ Φ ϳ͘ϬϮϴ͘ϳϬϬ͕ϱϴ Φ ϳ͘ϬϮϴ͘ϳϬϬ͕ϱϴ ϱ͘ϮϵϬ͘ϵϳϵ Φ ϭ͕ϯϮϴϰ Φ ϭ͕ϯϮϴϰ

ϮϬϭϭ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϭ͘ϱϮϮ͘Ϭϵϱ͕ϯϲ Φ ϭ͘ϱϮϮ͘Ϭϵϱ͕ϯϲ Φ ϵϴϱ͘ϴϰϵ͕ϳϱ Φ ϵϴϱ͘ϴϰϵ͕ϳϱ Φ ϲϰ͘ϵϭϳ͕ϱϳ Φ ϲϰ͘ϵϭϳ͕ϱϳ Φ ϭϮ͘ϯϬϯ͕ϰϵ Φ ϭϮ͘ϯϬϯ͕ϰϵ Φ ϭ͘Ϯϲϳ͘ϯϵϰ͕ϭϮ Φ ϭ͘Ϯϲϳ͘ϯϵϰ͕ϭϮ Φ Ͳ Φ Ͳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ Φ ϳ͘ϬϱϮ͘ϱϳϰ͕ϳϭ Φ ϳ͘ϬϱϮ͘ϱϳϰ͕ϳϭ Φ ϯϱ͘ϮϲϮ͕ϴϳ Φ ϯϱ͘ϮϲϮ͕ϴϳ Φ ϳ͘Ϭϴϳ͘ϴϯϳ͕ϱϴ Φ ϳ͘Ϭϴϳ͘ϴϯϳ͕ϱϴ ϱ͘ϮϵϬ͘ϵϳϵ Φ ϭ͕ϯϯϵϲ Φ ϭ͕ϯϯϵϲ

ϮϬϭϮ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϯ͘ϯϲϬ͘ϱϳϬ͕ϲϵ Φ ϭ͘ϱϮϮ͘Ϭϵϱ͕ϯϲ Φ ϭ͘ϱϮϮ͘Ϭϵϱ͕ϯϲ Φ ϵϴϱ͘ϴϰϵ͕ϳϱ Φ ϵϴϱ͘ϴϰϵ͕ϳϱ Φ ϲϰ͘ϵϭϳ͕ϱϳ Φ ϲϰ͘ϵϭϳ͕ϱϳ Φ ϭϮ͘ϯϬϯ͕ϰϵ Φ ϭϮ͘ϯϬϯ͕ϰϵ Φ ϭ͘ϭϲϬ͘ϲϮϬ͕ϬϬ Φ ϭ͘ϭϲϬ͘ϲϮϬ͕ϬϬ Φ Ͳ Φ Ͳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ ͲΦ ϭϲϬ͘ϱϱϲ͕Ϯϳ Φ ϲ͘ϵϰϱ͘ϴϬϬ͕ϱϵ Φ ϲ͘ϵϰϱ͘ϴϬϬ͕ϱϵ Φ Ͳ Φ Ͳ Φ ϮϬ͘Ϯϵϳ͕ϵϵ Φ ϮϬ͘Ϯϵϳ͕ϵϵ Φ ϲ͘ϵϲϲ͘Ϭϵϴ͕ϱϴ Φ ϲ͘ϵϲϲ͘Ϭϵϴ͕ϱϴ ϱ͘ϮϵϬ͘ϵϳϵ Φ ϭ͕ϯϭϲϲ Φ ϭ͕ϯϭϲϲ


LA CRESCITA AZIENDALE

Restando in tema di burocrazia, nello stesso periodo un nostro consistente impegno è stato dedicato all’aggiornamento dei dati anagrafici degli utenti, non sempre con successo per la carente collaborazione di una parte di essi. Esistono ancora, infatti, contratti intestati a nonni e bisnonni. Nell’ottica di un processo di continuo miglioramento del servizio, avviamo un aggiornamento dell’impostazione delle pratiche contrattuali in uso, finalizzato al monitoraggio degli indici specifici di qualità previsti. Sostanzialmente, abbiamo implementato il software per la gestione delle utenze in modo tale da verificare il rispetto degli impegni assunti con la carta del servizio idrico integrato aziendale; ciò, in particolare, per il rispetto delle modalità e dei tempi di intervento sulle utenze o di rilascio delle pratiche. Con provvedimento del 30 maggio 2011 l’Assemblea dell’Autorità d’Ambito ATO Centrale Friuli ha costituito il Comitato consultivo degli utenti di riferimento, ai sensi dell’art. 21 della L.R. 13/2005, “ai fini del controllo della qualità dei servizi idrici e della predisposizione di progetti e attività di educazione, informazione e responsabilizzazione degli utenti per il raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1”. Del Comitato consultivo degli utenti fanno parte rappresentanti delle associazioni dei consumatori, delle associazioni di tutela ambientale e dei lavoratori dei gestori dei servizi idrici. Abbiamo già avuto modo di confrontarci con il Comitato su qualità dell’acqua, tariffe, morosità, perdite occulte. L’articolo 21, commi 13 e 19, del decreto legge 201/11 trasferisce all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) “le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici”. Tali funzioni, ai sensi dell’art. 10, comma 11, del decreto legge 70/11, devono perseguire la finalità di “garantire l’osservanza dei principi contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell’efficienza, dell’economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici”. Il successivo decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012, attuativo dell’art. 21, comma 19, del decreto legge 201/11, specifica, all’articolo 2, comma 1, che le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici trasferite all’Autorità per l’energia elettrica e il gas perseguono altresì le seguenti finalità: a) garanzia della diffusione, fruibilità e qualità del servizio all’utenza in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale; b) definizione di un sistema tariffario equo, certo, trasparente, non discriminatorio; c) tutela dei diritti e degli interessi degli utenti;

35

d) gestione dei servizi idrici in condizioni di efficienza e di equilibrio economico e finanziario; e) attuazione dei principi comunitari «recupero integrale dei costi», compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, e «chi inquina paga», ai sensi degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e dell’art. 9 della Direttiva 2000/60/CE. È con tale spirito che l’AEEG il 28 dicembre 2012, al termine di un processo di consultazione con le autorità d’ambito e i gestori nazionali, approva un insieme di provvedimenti di regolazione del servizio idrico integrato, in particolare il metodo tariffario transitorio per il servizio idrico integrato e la prima direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione. Il metodo tariffario definito individua i criteri da applicare a livello nazionale per la determinazione delle tariffe per gli anni 2012 e 2013, anticipando, in forma mediata, le linee generali che si prevede di applicare definitivamente a partire dal 2014. In sintesi, la nuova metodologia non determina le tariffe ma si basa sul calcolo di un moltiplicatore da applicare all’attuale assetto tariffario tale da garantire la copertura integrale dei costi aziendali ammissibili e su un meccanismo di compensazione a consuntivo atto a soddisfare che i ricavi dell’anno coprano i costi ammissibili effettivamente sostenuti. Un altro aspetto importante riguarda il riconoscimento dei costi degli investimenti (oneri finanziari, oneri fiscali e ammortamenti) che avverrà, di norma, non più preventivamente, ma solo a opere realizzate e in funzione. La prima direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione del servizio idrico integrato è stata diramata con lo scopo di rendere più semplici e comprensibili le bollette dell’acqua e di favorire una migliore conoscenza del servizio. Si riconosce al documento di fatturazione il ruolo di principale canale di comunicazione all’utente finale e di veicolo per la diffusione di una miglior conoscenza delle condizioni di svolgimento del servizio idrico integrato. Si auspica, infatti, una maggiore partecipazione degli utenti, un utilizzo più consapevole della preziosa risorsa acqua e una riduzione dei reclami dovuti a carenze informative. I contenuti minimi che dovranno essere presenti in fattura sono: informazioni relative all’utente finale e alla fornitura, periodo di riferimento, fatturazione letture e consumi, unità di misura, pagamenti morosità e deposito cauzionale, servizio guasti informazioni e reclami, comunicazioni dell’AEEG, indicazioni comparative dei consumi, tariffa applicata, informazioni sulla qualità. Partendo dal vetusto bancone, abbiamo sinteticamente ripercorso l’itinerario compiuto negli ultimi tre lustri, alla ricerca continua della qualità e del miglioramento del servizio, avendo come meta comune – condivisa da personale e clienti – l’impiego ottimale del proprio tempo. Per questo motivo, stiamo ricercando nuove


36

LA CRESCITA AZIENDALE

soluzioni che possano accorciare le distanze con gli utenti, a partire dalla revisione del sito Internet aziendale che si vuol rendere di ancor più facile uso e copioso di utili informazioni e, oltre a quelle già disponibili, dall’individuazione di altre operazioni che possano essere svolte per via telefonica e telematica.

La gestione integrata dei sistemi di qualità, sicurezza e ambiente Dopo il primo ottenimento nel 2002 della certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001, si prevede di integrarla quanto prima con la disciplina relativa alla sicurezza sul lavoro e la salute dei lavoratori. Successivamente, sarà avviato il processo organizzativo per raggiungere la terza e ultima certificazione, quella ambientale. Su questo importante aspetto il Consiglio di Amministrazione e la Direzione aziendale si sono più volte espressi. Attualmente si fa riferimento a quanto espresso nella delibera consigliare del 6 dicembre 2012, questo il suo contenuto: “L’Azienda Acquedotto Poiana spa considera suoi obiettivi prioritari: – la qualità e la sicurezza del servizio idrico integrato; – la soddisfazione dei clienti e degli altri portatori di interesse dell’azienda; – la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori; – il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente. Per assicurare un impegno costante nel perseguimento di dette finalità e nella ricerca di un miglioramento continuo, la Società si propone di dotarsi di un Sistema di gestione integrato qualità e sicurezza e salute sul lavoro, che integri il Sistema di Gestione della qualità aziendale, già certificato in base alla norma ISO 9001:2008, con il Sistema di Gestione per la Sicurezza e Salute sul lavoro secondo le prescrizioni della norma BS OHSAS 18001 e successivamente, a completamento del sistema di gestione integrato, in materia ambientale.

Allo scopo il Consiglio di Amministrazione e la Direzione, compatibilmente con la struttura, si impegnano a rendere disponibili adeguate risorse umane, strumentali ed economiche affinché: – l’organizzazione aziendale risulti ben definita, con una puntuale assegnazione dei ruoli e sistemi di comunicazione chiari; – si mantenga l’impegno assunto nei confronti dei clienti con la Carta del servizio idrico integrato, garantendo i livelli di qualità del servizio promessi e, possibilmente, accrescendone l’offerta; – vengano rispettate le norme di legge applicabili e le altre prescrizioni volontariamente adottate; – si prevenga l’accadimento di incidenti e malattie derivanti dalle attività lavorative; – si contengano i rischi correlati alle azioni sviluppate; – si ricerchino le migliori tecniche e tecnologie a disposizione, a costi economicamente sostenibili, per tutelare l’ambiente; – si garantisca l’osservanza delle disposizioni dichiarate nel Codice di comportamento adottato in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo giugno 2001, n. 231. In linea con gli obiettivi definiti la Società promuove, essenzialmente, le seguenti azioni: – il coinvolgimento e la partecipazione del personale alle politiche aziendali; – il monitoraggio degli indicatori specifici di qualità definiti nella Carta del servizio idrico integrato secondo livelli di servizio dinamici; – la formazione, l’addestramento, l’informazione e la sensibilizzazione dei lavoratori, affinché ciascuno possa svolgere i compiti assegnati responsabilmente e in sicurezza; – l’adozione e l’aggiornamento di procedure di gestione e di sorveglianza per il costante controllo della salute e dell’incolumità del personale, sia nello svolgimento dell’attività ordinaria che nelle emergenze; – il controllo dei processi di produzione; – la promozione dei valori riconosciuti dall’Azienda presso tutte quelle categorie di individui, gruppi e istituzioni coinvolte nella realizzazione della missione aziendale e/o i cui interessi ne risultino influenzati.


LA CRESCITA AZIENDALE

Note

1

2

37

CAPITOLO I

La percentuale di disinfettante immessa in rete è direttamente proporzionale alla portata istantanea erogata, ciò consente di mantenere costante la concentrazione di disinfettante nell’acqua distribuita. Il D.Lgs. 152/2006 all’art. 94 prevede una zona di tutela assoluta nell’intorno del punto captazione di 10 m ed una zona di rispetto avente un intorno rispetto al punto di captazione di 1000 m. «Art. 94 (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano) 1. Su proposta delle Autorità d’ambito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione. (omissis) 3. La zona di tutela assoluta e’ costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e deve essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio. 4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. (omissis) 6. In assenza dell’individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha

3

4

5

6

7

8

9

10

un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione (omissis)». La protezione con rivestimento in zinco alluminio e verniciato superficialmente con una strato di resina epossidica è una protezione attiva che nel tempo si esaurisce mettendo a nudo il materiale costituente la tubazione. L’azienda preleva nelle tratte terminali della rete acquedottistica 15 campioni al mese controllando tutti i parametri previsti dalla norma, inoltre esegue due volte all’anno un campionamento completo dell’acqua prodotta dall’acquifero. Le concentrazioni di disinfettante si riducono man mano che ci si allontana dal punto immissione. Per garantire la presenza del disinfettante su tutta la rete si deve perciò aumentare, entro i limiti del consentito, la concentrazione del disinfettante sul punto di immissione. L’ipotesi in corso di valutazione è quella di ridurre le concentrazioni sui punti di immissione aumentandone il numero. Le valutazioni in corso sono simulate con gli strumenti della modellazione matematica che consente anche di valutare tempi e velocità di diffusione di una sostanza disciolta nell’acqua sulla rete. In precedenza, era lo stesso sindaco del Comune competente al rilascio della autorizzazione allo scarico. Per PVC si intendono le condotte costruite con polivinilclururo, per PEAD in polietilene ad alta densità e per PRFV quelle in vetroresina, protette o meno esternamente con uno strato di resina addizionata con sabbia. L’acciaio inox viene utilizzato comunemente nella realizzazione di collegamenti idraulici sui sollevamenti fognari. Le variabili di cui si deve tener conto sono, principalmente: l’aggressività dell’acqua, la presenza di materiale solido trasportato (sabbie e ghiaie), la velocità dell’acqua reflua nelle condotte, la presenza di carichi statici e dinamici sopra la condotta. È il tempo che intercorre tra due eventi piovosi della stessa intensità e durata.



LA CRESCITA AZIENDALE

UN BEL PERCORSO di Paolo Marseu In occasione del centenario del nostro Acquedotto ho ricevuto il gradito incarico di ricordare il ‘clima’ politico e socio-economico degli anni dal 1996 ad oggi. Nel descriverlo mescolerò ricordi, impressioni, considerazioni personali e pubbliche, tutte necessarie per ben inquadrare la situazione di partenza, la sua evoluzione, per arrivare a capire il presente e fare qualche considerazione sul possibile futuro. Inaspettatamente, nel 1996 fui contattato per verificare la mia disponibilità a ricoprire l’incarico di Presidente dell’allora Consorzio Acquedotto Poiana, da poco trasformato in Consorzio ai sensi della legge n.142 del 1990. Premetto che sino allora non mi ero impegnato in politica, essendomi occupato esclusivamente del mio lavoro e quindi al tempo l’indicazione fu di tipo ‘tecnico’. L’elezione non fu propriamente agevole e il nuovo Consiglio di Amministrazione fu nominato con poco più della maggioranza del 50%. Le due anime “politiche” dell’assemblea si divisero e la scelta definitiva fu per un rinnovamento totale del Consiglio, nei nomi e nello spirito. Tutti i componenti erano estranei alla politica attiva, tutto sommato giovani e con competenze tecniche. Nel nuovo organo furono nominati due giovani avvocati, Michele Coceani e Fabrizio Picotti, due ingegneri, Mario Causero e Renzo Lupi di Gorizia, oltre a me, con competenze contabili e amministrative.

39

Nessuno di noi conosceva l’altro, nessuno di noi conosceva le problematiche dell’Acquedotto Poiana. Forse proprio e anche per questo, per me è stata un’esperienza umana e professionale, se non entusiasmante, sicuramente molto importante. L’aver coordinato un gruppo così competente, interfacciandolo con la Direzione e i collaboratori aziendali, è stato un privilegio e una fortuna, momento di grande crescita professionale. Altro aspetto importante di questa mia esperienza di lavoro è stata la possibilità di interloquire ad alto livello, sia politico che aziendale, avendo avuto la possibilità di conoscere e frequentare alte cariche istituzionali comunali e regionali, amministratori e funzionari di altre realtà concorrenti, sia di livello regionale che nazionale. Infine ho conosciuto ed ‘esplorato’ un mondo industriale che mai avevo affrontato prima, se non da utente, mondo che adesso posso dire di conoscere piuttosto bene. Trovammo una struttura in difficoltà ma che comunque in qualche modo garantiva il servizio acquedottistico sul territorio. Per farmi capire di botto lo spirito dell’azienda il direttore del tempo mi disse: «Noi non vendiamo certificati di residenza, ma acqua». Cosa mi volle insegnare? Soprattutto una cosa, che l’acqua Nella pagina a fianco: uno dei due accessi al serbatoio sul Monte dei Bovi. In basso: frontone della sede dell’Acquedotto Poiana (foto di Claudio Mattaloni).


40

LA CRESCITA AZIENDALE

deve arrivare ogni giorno e a tutte le utenze. Di questo brusco ma illuminante avviso devo ringraziare l’ex direttore PierLuigi Paluzzano, innamorato del suo lavoro e del nostro acquedotto. Per lui era dunque necessario privilegiare la concretezza e i dipendenti dovevano essere consapevoli della necessità di un impegno costante e appassionato. Iniziò così un duro lavoro di ristrutturazione aziendale, che doveva nel contempo garantire la continuità del servizio. Ecco un altro episodio illuminante per capire il tempo e la situazione difficile del Consorzio. Facemmo un giro per conoscere e presentarci ai Sindaci dei Comuni soci del Poiana. A Manzano il Sindaco del tempo ci accolse, ci lasciò parlare per qualche minuto, poi ci disse a bruciapelo che l’acquedotto non funzionava, andava chiuso e la gestione affidata ad altri o al Comune. Non fu un bell’inizio. In effetti, ci trovammo in una situazione paradossale in cui la società doveva difendersi dai soci e soci e società non dialogavano. Il nostro primo compito fu di ricreare uno spirito di collaborazione tra soci e società, al fine di migliorare il più possibile il servizio che, ripeto, era comunque già allora accettabile. Il Poiana al tempo veniva dato per spacciato. Alla luce della “Legge Galli” del 1994, degli intenti di razionalizzazione del settore

Mascherone sulla facciata della sede, simboleggiante la divinità acquatica del Natisone, il fiume che attraversa Cividale (foto di Claudio Mattaloni).

idrico integrato e, soprattutto, della volontà politica di ridurre ad uno solo i gestori provinciali, obiettivamente il nostro acquedotto appariva il più debole e il più difficile da difendere. Aveva però grandi possibilità. Mi permisi di dire ai soci che il Poiana rappresentava per loro anche un importante momento di aggregazione e, in qualche modo, ricreava “il mandamento” del Cividalese, così importante nella gestione amministrativa del passato. I Sindaci compresero e a loro chiedemmo mandato di difendere nel limite del possibile e del razionale l’indipendenza del consorzio. Da quel momento in poi, in tutte le assemblee sociali si votarono le delibere all’unanimità, per tutti i tredici anni del mio mandato e così i Sindaci continuano a fare tuttora. Con felice intuizione e grande spirito compresero l’importanza e il valore della loro società, dimenticarono la loro appartenenza politica e guardarono alla società privilegiando nelle decisioni gli aspetti tecnici ed economici, con l’unico fine di accrescere il valore societario e conseguentemente quello di salvaguardare gli interessi dei loro concittadini. Appena insediati ricevemmo la visita degli amministratori degli altri due più importanti gestori della provincia di Udine. Vennero solo per concordare le modalità “dell’annessione”, non per stabilire collaborazioni e integrazioni, al fine di risparmiare sui costi di gestione. Lo dico senza alcuno spirito polemico, anzi. I rapporti con gli altri gestori sono stati da noi improntati sempre alla massima chiarezza, con la più ampia


LA CRESCITA AZIENDALE

disponibilità alla collaborazione ma con la ferma decisione del mantenimento dell’indipendenza del Poiana, non per puro campanilismo ma nella consapevolezza che non esiste un solo modello industriale che garantisca l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione. Qualche volta può essere l’azienda grande e strutturata, altre volte quella di più ridotte dimensioni, anche nella considerazione che più grande è l’Ente, soprattutto se pubblico, più è difficile il suo controllo. La convinzione molto diffusa del tempo era “grande è bello”, sembrava che l’efficienza e l’economicità albergassero solo nelle grandi aziende. Il Consiglio di Amministrazione decise di procedere lentamente, con molta prudenza e senza correre dietro alle “mode del tempo”. In quel periodo andava per la maggiore l’acquisizione da parte delle società pubbliche di altri servizi pubblici. Così chi gestiva il ciclo integrato dell’acqua, acquisiva anche il servizio di distribuzione gas, acquistava rami d’azienda in altri settori, con importanti esborsi di denaro e impiego non indifferente di risorse umane. Il Poiana scelse di limitarsi alla gestione del solo settore idrico integrato, con la volontà di consolidare e migliorare l’unico servizio fino allora attivo e conosciuto dalle maestranze. La scelta, che al tempo poteva sembrare di retrovia, di pura difesa, si rivelò azzeccata perché oltre a permetterci il consolidamento della struttura aziendale, ci fece risparmiare risorse finanziarie e umane. Tutte le multi utilities infatti dovettero in seguito dismettere gli altri rami acquisiti e tornare al loro business iniziale, in quanto il

41

Mascherone collocato sulla facciata della sede rappresentante Poiana, la sorgente da cui sgorga il liquido dissetante un vasto territorio (foto di Claudio Mattaloni).

legislatore nazionale limitò gli affidamenti “in house” alle società mono attività. Furono scelte difficili ma risultarono vincenti nel tempo. Molte furono le decisioni complesse e delicate che dovemmo prendere. Una prima scelta di carattere tecnico molto difficile fu quella di abbandonare l’utilizzo della “presa dell’Arpit”, la sorgente sulle sponde del Natisone in località Stupizza. Difficile perché ormai le opere di captazione e quelle di collegamento all’adduttrice principale del Poiana erano state da poco quasi completamente realizzate. La decisione fu presa principalmente per la non buona qualità dell’acqua, che in occasione di grandi piogge si intorbidiva. Dopo qualche anno dall’insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione, a seguito di volontarie dimissioni del direttore geom. PierLuigi Paluzzano, fu assunto l’ing. Alessandro Patriarca, con esperienza professionale presso il Consorzio di Bonifica Bassa Friulana di Udine. Fu senza dubbio una scommessa e si rivelò un’ottima scelta del Consiglio, che si avvalse così di un giovane ingegnere portatore di innovazioni e freschezza nella gestione delle risorse umane e nuovo approccio scientifico alle problematiche tecniche. Iniziò un lungo e fruttuoso processo di crescita aziendale, non ancora interrotto.


42

LA CRESCITA AZIENDALE

Atto importante per la società fu senza dubbio la ristrutturazione della sede sociale. La trovammo sottoutilizzata, con arredi e impianti “d’epoca”, insufficiente negli spazi per i dipendenti e gli utenti. Sede senza dubbio prestigiosa, essendo stata progettata dall’architetto D’Aronco ma superata dai tempi. Con fondi propri e con un contributo della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia fu recuperato anche il primo piano, destinandolo a uffici, sia per la sezione tecnica sia per quella amministrativa. Il piano terra fu destinato ai rapporti con il pubblico e a sala riunioni. Con la sede rinnovata i dipendenti furono messi nelle migliori condizioni di lavoro possibili. Altra scelta fondamentale per lo sviluppo aziendale fu quella di privilegiare gli uffici tecnici piuttosto che quelli operativi. Al tempo il Poiana aveva dodici operai, il direttore e qualche amministrativo. Si decise di organizzare un ufficio tecnico che sovraintendesse alla progettazione e alla manutenzione. Iniziò così una fase di assunzione di personale qualificato professionalmente e motivato umanamente, anche se con scarsa esperienza “sul campo”. Scelta sicuramente indovinata che ha permesso di progettare internamente le opere, mantenendo così standard qualitativi elevati e coerenza nella programmazione e nella realizzazione degli interventi. Nel frattempo la normativa di settore subiva costanti modifiche con difficoltà interpretative e applicative. Fu molto difficile seguire l’evoluzione legislativa, anticipando i tempi in alcuni casi o attendendo e rallentando in altre situazioni più critiche. In questo difficile contesto ci fu la trasformazione del Consorzio in società per azioni, come richiesto dalla normativa nazionale in tema di gestione dei servizi pubblici locali e in particolare del servizio idrico integrato. In questa occasione rivalutammo i valori di bilancio dei cespiti aziendali più datati a titolo completamente gratuito, con notevoli vantaggi fiscali non per l’immediato ma per il futuro e contestuale aumento della capacità di auto finanziamento della società. Anche questa fu una scelta piuttosto difficile, in quanto la rivalutazione comportava un aumento dei costi per ammortamenti e quindi bilanci in perdita. In realtà i maggiori ammortamenti erano calcolati su cespiti già pagati e creavano così cash flow e capacità di investimenti, oltre a un notevole risparmio di tasse. Il Consiglio di Amministrazione, confortato dalla compagine sociale, adottò la politica aziendale di non distribuire utili ma di destinarli sempre a riserva per investimenti futuri. Ad oggi i soci non hanno mai preteso la distribuzione di dividendi, dimostrando così grande sensibilità e visione del futuro. Penso che questa impostazione dovrà essere mantenuta, anche se la decisione ultima spetta sempre alla compagine sociale. Anche il Poiana ha subito in questi anni la lentezza derivante dai tempi che la Pubblica Amministrazione

impone a tutti, paradossalmente anche ai suoi bracci operativi. Cosicché molti lavori, già per sé complessi, hanno subito rallentamenti e ritardi. Ciononostante, importanti opere infrastrutturali sono state eseguite. Opere che sono state programmate sulla base del nuovo progetto generale dell’acquedotto, una sorta di “piano regolatore”, che fu adottato alla fine degli anni Novanta e che negli ultimi anni è stato aggiornato e integrato con i nuovi progetti comunali delle reti e degli impianti fognari. Come già accennato, tutto è progettato e realizzato sulla base di una strategia unitaria. Il progetto generale è stato importante soprattutto per conoscere il sistema acquedotto, in quanto le informazioni a disposizione erano piuttosto scarne, poichè spesso le opere acquedottistiche negli anni ’70 e ’80 erano state realizzate direttamente dai Comuni. La filosofia del progetto generale puntava principalmente su due cardini: utilizzo delle fonti naturali in quota, riducendo per quanto possibile l’approvvigionamento da pozzi e interconnessione con gli altri sistemi acquedottistici. Ciò per ridurre i costi dell’energia elettrica e per garantire comunque l’approvvigionamento e la distribuzione idrica anche in caso di rotture o di temporanea mancanza di acqua. In quest’ottica si realizzò il raddoppio del serbatoio del Monte dei Bovi a Cividale del Friuli, il quale garantì l’accumulo notturno di acqua proveniente dalla sorgente di Stupizza, che prima nelle ore notturne si perdeva fuoriuscendo dal “troppo pieno”. Fu un’opera imponente e delicata in quanto costruita a fianco del vecchio e storico serbatoio, con ovvi problemi di possibili danneggiamenti della struttura esistente e notevoli difficoltà tecniche per il collegamento con l’adduttrice principale. Questa opera ci permise di ridurre la quantità delle forniture di acqua dal CAFC SpA, riducendo i costi con la sola ottimizzazione dell’impianto esistente. Sempre nell’ottica di intervenire sulle strutture al fine di ridurre i costi e migliorare il servizio, si riattivò il pozzo di Ziracco, riuscendo così ad eliminare quasi del tutto le forniture di acqua da terzi. L’opera è stata recentemente completata con la realizzazione dell’adduttrice Ziracco-Remanzacco-Pradamano, risolvendo così le periodiche carenze del servizio idrico nel Comune di Pradamano. Sembra tutto piuttosto facile, in realtà non fu proprio così. Normativa nazionale, normativa regionale, indirizzo politico nazionale e regionale trasversale che voleva portare ad un gestore unico su base provinciale, ci resero la vita piuttosto difficile. Le tariffe rimasero bloccate per parecchi anni dal 2003 in poi. Questo ci costrinse a presentare bilanci con consistenti perdite, anche se sostenibili finanziariamente e patrimonialmente. Dopo l’adeguamento delle tariffe, gli ultimi bilanci sono ottimi ed evidenziano utili rilevanti che hanno già abbondantemente coperto le perdite degli anni precedenti. La società è solida e può garantire i


LA CRESCITA AZIENDALE

necessari investimenti per il futuro, che devono sempre tendere al contenimento dei costi e al miglioramento del servizio. Molto è stato fatto per la ricerca perdite, soprattutto per ridurre i costi dell’energia elettrica per sollevamenti e distribuzione. Si tenga presente che l’energia elettrica ha subito costanti aumenti annuali, a volte anche del 10 per cento, a prescindere dal fornitore scelto, a dimostrazione che le liberalizzazioni non hanno sempre portato benefici all’utente finale. Per questo motivo l’Acquedotto Poiana si è dotato di un moderno impianto fotovoltaico a San Giorgio di Cividale, a servizio del pozzo. È in fase di avvio la realizzazione di un grande impianto fotovoltaico a San Nicolò di Manzano, progetto pesantemente rallentato da difficoltà burocratiche. Al fine di razionalizzare le attività di manutenzione e potenziamento delle reti è stato costruito un magazzino nella zona industriale di Cividale del Friuli, centralizzando così tutta la logistica aziendale con notevole risparmio di tempo per le movimentazioni di materiali e conseguendo risparmi nei costi di gestione. Non è qui il caso di ricordare tutte le opere di manutenzione e potenziamento eseguite in questi ultimi 15 anni: ad oggi molto è stato fatto e il sistema di approvvigionamento, distribuzione e depurazione è già in sicurezza. Molto dovrà essere ancora fatto per mantenerlo e, dove possibile, migliorarlo. L’immissione dell’acqua nel serbatoio di Monte dei Bovi a Cividale (foto di Claudio Mattaloni).

43

Sempre con il fine di far crescere, consolidare e migliorare le performances aziendali, il Consiglio sostenne la necessità di certificare la società. Con l’aiuto di consulenti esterni il Poiana ottenne la certificazione di qualità, credo il primo acquedotto in Provincia. Sono in corso di svolgimento le procedure per ottenere la certificazione di qualità anche nel settore della sicurezza e la salute dei lavoratori, certificazione piuttosto difficile da ottenere. Questa attività, complessa e faticosa per la struttura, si è rivelata però molto importante, se non altro per il necessario coinvolgimento di tutta la struttura in un processo di miglioramento costante e collettivo di tutte le maestranze, dagli operativi agli amministrativi, ai tecnici, sino agli apicali, coinvolgendo anche il Consiglio di Amministrazione. È dello scorso anno l’adozione del modello 231, un ulteriore passo in avanti per una gestione trasparente e sotto controllo anche dal punto di vista etico. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il Poiana negli anni si è dotato di regolamenti aggiornati ai tempi e concordati con le associazioni dei consumatori e ha adottato la nuova carta dei servizi, che da più sondaggi effettuati risulta essere nei fatti rispettata per quanto riguarda tempi e qualità dei servizi erogati. Negli ultimi anni, dopo aver sottoscritto con tutti i Comuni i nuovi contratti di servizio e aver ricevuto l’autorizzazione dall’ATO provinciale al proseguimento della nostra gestione, grande attenzione è stata data al miglioramento della fase di depurazione dell’acqua. Significativo successo hanno avuto le iniziative della struttura tecnica che ha predisposto progetti importantissimi sul


44

LA CRESCITA AZIENDALE

sistema depurativo e ha partecipato con successo a due diversi bandi europei transfrontalieri in collaborazione con alcuni Comuni della vicina Slovenia. Sono stati eseguiti e conclusi lavori per svariati milioni di euro e sono attualmente in fase di avvio altri importanti opere, finanziate con fondi europei e con la compartecipazione dei Comuni interessati. L’attenzione alla depurazione porterà notevoli miglioramenti alla qualità dell’acqua dei nostri fiumi, particolarmente del nostro Natisone. Il consiglio di amministrazione nel tempo è stato modificato, con l’entrata del dottor Graziano Tilatti e dell’ing. Cristina Cecotti, sono usciti l’ing. Renzo Lupi e l’avvocato Fabrizio Picotti. L’attuale Consiglio è retto dal prof. Attilio Vuga e composto da me e dal dottor Tilatti. I Sindaci hanno sempre deciso queste nomine privilegiando qualità, cambiamento e continuità. Negli anni si è così costruito un gruppo ben assemblato, coeso e adesso anche esperto, sempre ben coordinato con la compagine sociale. Questo aspetto è favorito ovviamente dal limitato numero dei soci, ma anche dalla capacità dei Sindaci. È stato così più facile per il Poiana garantire il così detto “controllo analogo”, elemento necessario per il mantenimento della concessione diretta del servizio idrico integrato in capo alla nostra società. Un aspetto che mi piace ed è doveroso sottolineare è la qualità dei dipendenti e dei collaboratori del Poiana a

tutti i livelli: qualità professionale, umana, senso e orgoglio di appartenenza ad un gruppo che ha un compito speciale, quello di garantire l’approvvigionamento dell’acqua a tutti e in sicurezza. Un servizio ai cittadini “più essenziale” di altri. La passione per questo lavoro li contraddistingue ed è una passione che mi hanno trasmesso in questi anni, passione per un lavoro diverso, in un ambiente diverso, con persone speciali. Questa esperienza è stata sicuramente importante per me ma sono sicuro anche per tutti i consiglieri di questi anni. Sono convinto che anche loro siano orgogliosi del lavoro fatto, lavoro di gruppo e frutto della collaborazione e, ripeto, della passione di tutti. Qualche parola bisogna spenderla anche per il futuro dell’Acquedotto Poiana. A mio modesto e personale parere, anche a seguito del recente referendum sulla pubblicità dell’acqua, è in corso una sorta di controriforma dell’intero sistema dei servizi pubblici locali, riforma che di nuovo significherà incertezza. Le tariffe dovranno solo garantire la copertura dei costi, escludendo l’utile d’impresa e la remunerazione del capitale investito. Ciò necessariamente evidenzierà l’inutilità delle società di capitali e, forse, si dovrà tornare alle municipalizzate o a gestioni associate tra Comuni. Il futuro dunque è incerto ma il Poiana, come sempre, sarà pronto a gestire le novità.


II CAPITOLO SECONDO

Si illustra la consistenza degli impianti e delle reti gestite dall’Acquedotto Poiana nei tre settori principali: acquedotto, fognature e depuratori. Negli ultimi dodici anni l’infrastruttura è stata raddoppiata, soprattutto per l’ampliamento dei servizi alla fognatura e alla depurazione.

Schema del ciclo integrato delle acque. Le tubazioni azzurre indicano le condotte dell’acquedotto, quelle rosse le fognature.

Alessandro Patriarca

RETI E IMPIANTI ACQUEDOTTO Nell’illustrazione sottostante, appositamente realizzata, viene schematizzato il complesso degli elementi costituenti un sistema acquedottistico e le modalità con cui essi sono collegati. L’insieme degli impianti e delle reti di un acquedotto consiste in opere di produzione, accumulo, sollevamento e distribuzione, che vengono di seguito descritte.



RETI E IMPIANTI

47

DATI RIASSUNTIVI DEL SISTEMA ACQUEDOTTISTICO DEL POIANA • Comuni serviti 12 • superficie del comprensorio 310,97 km2 • abitanti serviti (al 31 dicembre 2012) 57.222 • sorgenti 8 • pozzi 3 • serbatoi di accumulo e compenso 22 • sviluppo della rete (adduzione e distribuzione) 850 km

Passerella pedonale sul Natisone per raggiungere la presa del Poiana.

Nella pagina a fianco: planimetria dell’intera rete idrica dell’Acquedotto Poiana, estesa per circa 800 km. Edificio di presa della sorgente Poiana, realizzato nel 1912.

Opera di presa della sorgente Tologu.

Opere di produzione Le opere di produzione si suddividono in manufatti di captazione dell’acqua, di potabilizzazione e di adduzione.

Opere di captazione

– – – – – – – –

Le opere di captazione comprendono sorgenti e pozzi. Le opere di presa sono: sorgente Poiana (derivazione concessa 140 l/s) in Comune di Pulfero sorgente Tologu (derivazione concessa 37 l/s) in Comune di Pulfero sorgente di Oculis (derivazione concessa 0.5 l/s) in Comune di San Pietro al Natisone sorgente di Sorzento (derivazione concessa 1 l/s) in Comune di San Pietro al Natisone sorgente di Mezzana (derivazione concessa 1 l/s) in Comune di San Pietro al Natisone sorgente di Sottovernassino (derivazione concessa 1 l/s) in Comune di San Pietro al Natisone sorgente di Brocchiana (derivazione concessa 4 l/s) in Comune di Pulfero sorgente di Grudina (derivazione concessa 1 l/s) in Comune di Cividale del Friuli.

In alto: opera di presa di Oculis.

In basso: opera di presa del Brocchiana.


– – – – – – – – – – – – – – –

Planimetria delle aree servite dalle diverse fonti di produzione di acqua potabile nel comprensorio dell’acquedotto Poiana.

Questi sono gli impianti in esercizio: cabina di disinfezione presso l’edificio di presa del Poiana cabina di potabilizzazione e disinfezione presso il serbatoio interruttore del Tiglio cabina di clorazione presso il serbatoio di Ponteacco cabina di potabilizzazione e disinfezione di Mezzana cabina di potabilizzazione di Sorzento cabina di potabilizzazione di Oculis cabina di disinfezione di Sottovernassino cabina di potabilizzazione di Sottovernassino cabina di disinfezione di Mezzomonte cabina di clorazione e filtri a carboni attivi di San Giorgio cabina di clorazione e filtri a carboni attivi di Ziracco cabina di clorazione di San Nicolò a Manzano cabina di clorazione di via dei Martiri a Buttrio cabina di clorazione di Noax Maschere cabina di clorazione di Gramogliano.

Cabina di potabilizzazione di Oculis.

A Buttrio, la clorazione avviene all’interno di una delle edicole esagonali del 1916.

Opere di adduzione I pozzi utilizzati sono: – pozzi di San Nicolò (derivazione concessa 160 l/s) in Comune di Manzano – pozzi di Ziracco (derivazione concessa 32,5 l/s) in Comune di Remanzacco – pozzo di San Giorgio (derivazione concessa 70 l/s) in Comune di Cividale del Friuli. Si precisa che le portate concesse rappresentano la portata media annua captata dall’acquifero, quindi nell’arco dell’anno le portate istantanee utilizzate possono differire in aumento o diminuzione; generalmente l’acqua prodotta è inferiore a quella concessa.

Opere di potabilizzazione Le opere di potabilizzazione sono costituite sostanzialmente da filtri a sabbia e filtri a calza, impiegati per l’eliminazione della torbidità, da filtri a carboni attivi per l’eliminazione di sostanze chimiche inquinanti e da impianti di disinfezione, comandati da misuratori di portata installati sulle condotte di erogazione.

Si tratta delle condotte di collegamento tra le opere di captazione-potabilizzazione e i serbatoi di accumulo. In questa categoria, possiamo inserire anche le condotte di mandata dei sollevamenti ai serbatoi di accumulo. Le principali opere di adduzione sono: – condotta adduttrice primigenia sorgente Poianaserbatoio Monte dei Bovi – condotta adduttrice sorgente Tologu-serbatoio Monte dei Bovi – condotta di mandata pozzi di San Nicolò-serbatoio di Tre Pini – condotta adduttrice strada provinciale n. 48 di Prepotto-serbatoio di S. Anna-Spessa – condotta adduttrice di via del Castello al serbatoio di via del Castello a Cividale del Friuli – condotta adduttrice sorgente Brocchiana-serbatoio interruttore Tiglio/serbatoio di Ponteacco – condotta adduttrice sorgente di Sottovernassinoserbatoio di Sottovernassino – condotta adduttrice sorgente Grudina-serbatoio di Mezzomonte.


RETI E IMPIANTI

49

Opere di accumulo Si tratta di tutti i serbatoi di accumulo e compensazione utilizzati dal sistema, con i quali far fronte ai consumi di punta. Sono manufatti in calcestruzzo armato opportunamente rivestiti con prodotti ad uso alimentare, con una capacità variabile da un minimo di 5 a un massimo di 3.100 metri cubi. Questo l’elenco dei serbatoi: – serbatoio di accumulo e distribuzione di Oculis (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Ponteacco (San Pietro al Natisone) – serbatoio vecchio di accumulo e distribuzione del Tiglio (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Vernassino (San Pietro al Natisone) – serbatoio interruttore del Tiglio (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Costa (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Sottovernassino (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo presso la sorgente di Mezzana (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Mezzana (San Pietro al Natisone) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Sorzento (San Pietro al Natisone) – serbatoi di accumulo e distribuzione di Mezzomonte (Cividale del Friuli) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Colli S. Anna, Spessa (Cividale del Friuli) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Monte dei Bovi (Cividale del Friuli) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Via del Castello (Cividale del Friuli)

In alto: vista panoramica del serbatoio incastonato sul Monte dei Bovi.

In alto: serbatoio di Tre Pini a Buttrio.

A sinistra in alto: serbatoio del Tiglio. A sinistra in basso: serbatoio di Ponteacco.

A destra: serbatoio di Sant’Anna a Spessa.

In basso: serbatoio di Clama a Buttrio.


50

RETI E IMPIANTI

– serbatoio di accumulo di Ronchi di Manzano (Manzano) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Tre Pini (Manzano) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Clama (Buttrio) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Rocca Bernarda (Premariacco) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Santa Caterina (Corno di Rosazzo) – serbatoio di accumulo e distribuzione di Gramogliano (Corno di Rosazzo) – serbatoio vecchio di accumulo e distribuzione di Noax (Corno di Rosazzo) – serbatoio nuovo di accumulo e distribuzione di Noax (Corno di Rosazzo)

Opere di distribuzione Si tratta del sistema di tubazioni e apparecchiature che portano l’acqua dai serbatoi di accumulo ai punti di erogazione finale per tutti gli utenti serviti. Le tubazioni, di diametro compreso tra 12,5 e 350 mm, sono di diversi materiali e si sviluppano per circa 800 km. La maggior parte è in ghisa grigia, ghisa sferoidale o acciaio. Alle condutture è stato dedicato un apposito spazio sul nostro sito Internet. Ulteriori dati su questo argomento si trovano in altri capitoli di questo volume.

Delle reti sono parte sostanziale i sollevamenti acquedottistici, qui di seguito elencati: – sollevamento di emergenza di Ponteacco al serbatoio di Mezzana – sollevamento di Mezzana al serbatoio di distribuzione di Mezzana – sollevamento di Gramogliano al serbatoio di Gramogliano – sollevamento di Noax Maschere al serbatoio di Rocca Bernarda – sollevamento di Noax al serbatoio di Santa Caterina – sollevamento di Abbazia di Rosazzo al serbatoio di Santa Caterina – sollevamento di Cedron al serbatoio di Vernassino e al serbatoio di Altovizza – sollevamento di Vernassino al serbatoio di Costa – sollevamento di emergenza di Sorzento al serbatoio di Sorzento.

FOGNATURE Le reti fognarie sono entrate nel know-how del Poiana solo da 12 anni. Nonostante tale limitato periodo di gestione e di progettazione degli investimenti, il livello di conoscenze della rete si può definire completo su due terzi dell’intero sistema. I sistemi fognari esistenti sul nostro territorio sono di due tipi: fognature di tipo misto e fognature separate. Non vengono in questa sede considerate quelle per acque bianche, in quanto non appartengono alla rete fognaria, così come definita dalla normativa vigente. In entrambi i sistemi ricordati possiamo distinguere due grandi gruppi di reti: le reti a gravità e le reti in pressione; queste ultime, molto meno diffuse, sono utilizzate solo in condizioni di quota non favorevole dell’acqua reflua, che altrimenti non potrebbe proseguire oltre. Nelle reti fognarie, infatti, l’andamento altimetrico è fattore primario in sede di progettazione e realizzazione delle condotte.

Le fognature di tipo misto In alto: tubazione in acciaio, del diametro di 250 mm, attraversante il fiume Natisone affiancata al ponte Romano di Premariacco.

A sinistra: ex serbatoio di Vernassino, ora utilizzato come rilancio per Costa.

Le fognature di tipo misto si distinguono da quelle separate per il convogliamento in uno stesso collettore sia delle acque nere (derivanti dalle attività antropiche), che di quelle bianche (acque meteoriche). In questi sistemi – che rappresentano circa l’85% dell’intera rete fognaria del Poiana – tutte le acque reflue vengono convogliate al depuratore finale, sino a quando le portate trasportate non raggiungono un valore pari a sei volte la portata media delle sole acque nere. Quando le portate trasportate superano questo limite, la


Planimetria delle reti fognarie dell’Acquedotto Poiana.


52

RETI E IMPIANTI

parte eccedente viene sfiorata direttamente sui corpi ricettori finali quali i corpi idrici superficiali (fiumi, laghi, mare, ecc.). Per portata media di acque nere intendiamo la portata complessiva prodotta da un certo agglomerato urbano, ipotizzando una dotazione idrica giornaliera per abitante servito. Tecnicamente si parla di “abitante equivalente” per riportare a un dato numerico di abitanti anche le produzioni di reflui non direttamente attribuibili agli stessi. La dotazione idrica giornaliera fissata dall’ufficio progettazione e lavori aziendale per le proprie elaborazioni progettuali è di 250 litri per abitante equivalente al giorno.

Le fognature separate Nelle fognature separate, diversamente dalle reti fognarie miste, le acque nere non vengono mai mescolate con quelle bianche, impiegando due distinte tubazioni, una per ogni tipo. Questo sistema di drenaggio urbano ha il vantaggio di non diluire i reflui ma spesso non permette l’allaccio diretto delle utenze su un lato della fognatura. Il risultato è che un sistema separato mantiene sempre un’aliquota non trascurabile di allacciamenti impropri, sia di acque nere nella rete meteorica sia di acque meteoriche nella rete nera. In tali situazioni i potenziali vantaggi ambientali del sistema separato sono, in buona parte, vanificati. Situazioni di questo genere, una volta instaurate, sono inoltre assai difficili e onerose da sanare. Da un punto di vista economico, inoltre, le fognature separate sono più costose di quelle miste. I sistemi fognari gestiti dal Poiana sono costituiti essenzialmente da tubazioni e da sollevamenti fognari. Tutte le reti fognarie funzionano a gravità e sono costituite da una rete con schema ad albero, in cui il fluido ha la possibilità di percorrere il tracciato in un solo verso. A causa della morfologia del territorio e della distribuzione spaziale delle reti, talvolta si rende necessario superare dislivelli naturali in contropendenza; in questi casi vengono utilizzati gli impianti di sollevamento delle acque reflue chiamati “impianti di sollevamento fognario”. Ogni singolo territorio comunale, a motivo del sistema di gestione in vigore sino al 2009, ha una propria rete fognaria indipendente dalle altre. Le stazioni di sollevamento in dotazione al sistema fognario del Poiana sono ubicate a: – Cividale del Friuli in piazza S. Biagio – Cividale del Friuli in borgo Brossana – Cividale del Friuli in via Rubignacco – Corno di Rosazzo in località Madonna d’Aiuto – Corno di Rosazzo in località Casali Godia

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Premariacco in via Parco Premariacco in via Olimpia Pradamano in via Nazionale S.S. 56 Pradamano in via Paludetta Pradamano in via Torricelle Pradamano in via Divisione Julia Pradamano in via Marconi ‘Bennet’ Pradamano in via Dante (sottopasso) Remanzacco, Selvis in via della Chiesa Remanzacco, a Orzano in Casali Battiferro Remanzacco, a Ziracco-Grivò Remanzacco, a Selvis in Bivio Oselin S. Giovanni al Natisone in via Cascina Rinaldi (sottopasso) S. Giovanni al Natisone in via delle Rosie (sottopasso) S. Giovanni al Natisone in via Braide Matte S. Giovanni al Natisone in via Roma (sottopasso) S. Giovanni al Natisone in via dell’Asilo S. Giovanni al Natisone in via Conchione, Villanova S. Giovanni al Natisone in via IV Novembre, Villanova S. Giovanni al Natisone in via Chiopris, Medeuzza San Pietro al Natisone in località Tiglio Manzano in via della Stazione (sottopasso) Manzano in via delle Tifie (sottopasso) Manzano in via delle Mimose Manzano a Manzinello Buttrio in via Gorizia Buttrio in via I Maggio Pavia di Udine in Percoto Trivignano Udinese a Merlana in via Joppi.

DATI RIASSUNTIVI DEL SISTEMA FOGNARIO DEL POIANA • Comuni serviti 12 • superficie del comprensorio 310,97 km2 • abitanti serviti (al 31 dicembre 2012) 46.927 • impianti di depurazione 35 • stazioni di sollevamento 34 • sviluppo della rete fognaria (acque miste, bianche e nere) 425 km


RETI E IMPIANTI

Depuratore di via degli Abeti a Cividale del Friuli.

DEPURAZIONE Le acque reflue sono sottoposte a un trattamento depurativo finale, prima della loro reimmissione nell’ambiente. Vengono utilizzate diverse metodologie (fisiche, biologiche e chimiche) e varie tipologie di impianti: fanghi attivi, letti percolatori, biorulli, vasche Imhoff. Le potenzialità di questi impianti sono variabili da un minimo di 100 a un massimo di 9.000 abitanti equivalenti. Questi sono gli impianti gestiti (a.e. = abitanti equivalenti): – Buttrio, a Camino in via del Pasco, per 5.000 a.e., a fanghi attivi – Cividale del Friuli, in via degli Abeti, per 9000 a.e., a fanghi attivi – Cividale del Friuli, a Grupignano in via Nazioni Unite, per 9.000 a.e., a fanghi attivi – Cividale del Friuli, a Gagliano in Strada di Pidian, per 1.200 a.e., a fanghi attivi – Cividale del Friuli, a Sanguarzo, per 500 a.e., tipo Primario (Imhoff) – Cividale del Friuli, a Purgessimo, per 750 a.e., tipo

Depuratore di Ziracco a Remanzacco.

53

Depuratore di Grupignano a Cividale del Friuli.

Primario (Imhoff) – Corno di R., a Visinale del Judrio in via della Dogana, per 2.000 a.e., a fanghi attivi – Manzano in Via Trieste, per 6.000 a.e., a fanghi attivi – Manzano, a Case di Manzano in via Lollis R., per 3.000 a.e., a fanghi attivi – Manzano, a Oleis in via dei Gelsi, per 400 a.e., tipo biorulli – Manzano, a Soleschiano in via Principale, per 3.100 a.e., a fanghi attivi – Moimacco, S.I.F.O. in via Nazionale, per 3000 a.e., a fanghi attivi – Pavia di Udine, a Percoto in via Crimea, per 5.200 a.e., a fanghi attivi – Pavia di Udine, in via Selvuzzis, per 1.200 a.e., a fanghi attivi – Pavia di Udine, a Risano in via Chiasottis, per 1.200 a.e., a fanghi attivi – Pavia di Udine, a Lauzacco in via Palmanova, per 1.000 a.e., a fanghi attivi – Pavia di Udine, a Persereano in via Garibaldi, per 200 a.e., a fanghi attivi

Depuratore di Manzano capoluogo.


54

RETI E IMPIANTI

Depuratore di Camino di Buttrio.

– Pavia di Udine, a Chiasottis, per 100 a.e., tipo Primario (Imhoff) – Pradamano, a Lovaria, per 6.000 a.e., a fanghi attivi – Pradamano, in via Buttrio, per 3.500 a.e., a fanghi attivi – Premariacco, in via del Molino, per 2.000 a.e., a fanghi attivi – Premariacco, a Orsaria in via Selva, per 1.500 a.e., a fanghi attivi – Premariacco, a Leproso in via Bombelli, per 2.000 a.e., a fanghi attivi – Remanzacco, a Casali Battiferro, per 6000 a.e., a fanghi attivi – Remanzacco, a Ziracco in via Taviele, per 800 a.e., a fanghi attivi – Remanzacco, a Cerneglons in via Pradamano, per 800 a.e., a fanghi attivi

Depuratore di Clauiano a Trivignano Udinese.

– S. Pietro al Nat., a Ponte S. Quirino, per 1.770 a.e., filtro percolatore – S. Pietro al Nat., a Biarzo, per 500 a.e., a fanghi attivi – S. Pietro al Nat., a Clenia, per 250 a.e., tipo Primario (Imhoff) – S. Pietro al Nat., a Vernasso, per 250 a.e., tipo Primario (Imhoff) – S. Giovanni al Nat., a Medeuzza in via dei Campi, per 3.150 a.e., a fanghi attivi – S. Giovanni al Nat., a Bolzano in via Modoletto, per 400 a.e., a fanghi attivi – S. Giovanni al Nat., a Cascina Rinaldi in via Braiduzza, per 4.300 a.e., a fanghi attivi – Trivignano Udinese, a Clauiano in via dei Prati, per 1200 a.e., a fanghi attivi – Trivignano Udinese, a Merlana in via Joppi, per 250 a.e., a fanghi attivi.


III CAPITOLO TERZO

Alessandro Patriarca, Gabriele Sandri

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

La profonda modificazione aziendale avvenuta nel 1996 in ambito amministrativo e tecnico, citata in precedenza, ha comportato un cambiamento strategico anche nella gestione degli investimenti dell’Acquedotto Poiana. Anzitutto la tradizionale esternalizzazione della progettualità si trasformava in progettazione interna. L’attenta opera di sviluppo di questo settore non aveva più la necessità di dover trovare le professionalità necessarie al di fuori dell’Azienda. La crescita dell’ufficio progettazione e lavori, affiancato dalle strutture di gestione dei tre servizi erogati – acquedotto, fognatura e depurazione – è certamente il passaggio chiave dello stato evolutivo attualmente raggiunto. Nel 1998 con l’arrivo del nuovo Direttore anche la direzione lavori, la sicurezza sui cantieri e i collaudi trovavano una soluzione interna. La situazione da affrontare presentava numerose emergenze tecniche, tra le più rilevanti: le criticità emerse sulla qualità dell’acqua dell’Arpit a Pulfero, la mancanza di rifornimento idrico dei colli della Rocca Bernarda a Premariacco, il completamento della realizzazione della condotta ausiliaria da casa Suoc al serbatoio di Mezzomonte sulla strada di Castelmonte, il prelievo di acqua potabile a San Nicolò di Manzano – ove L’erosione spondale in sponda sinistra del fiume Natisone. Si nota la condotta idrica pericolosamente sospesa e un vicino palo delle telecomunicazioni, letteralmente appeso al filo (ottobre 1998).

era rimasta in funzione una sola pompa sommersa su tre e che necessitava pure di rinnovo del suo impianto elettrico –, la necessità di ampliare gli spazi della sede, già soggetta a ristrutturazioni ma da ultimare e rifinire. Nello stesso anno, per singolare coincidenza, si aggiunsero inoltre l’emergenza sulle concessioni di derivazioni d’acqua, il sequestro del pozzo di San Giorgio a Cividale del Friuli per il rilevamento di atrazina nell’acqua prelevata, l’alluvione autunnale con l’erosione spondale del Natisone e la conseguente messa in luce della condotta adduttrice principale della sorgente Poiana.

SETTORE ACQUEDOTTISTICO L’emergenza dopo l’alluvione del 1998 A causa delle intense, protratte precipitazioni piovose autunnali dell’ottobre 1998, il fiume Natisone si ingrossava notevolmente e la sua forte corrente in località sorgente Arpit riusciva ad asportare un tratto della sponda ove era posata la conduttura principale dell’acquedotto, mettendo pericolosamente in luce alcuni tronchi di tubo. Le operazioni di deviazione dell’alveo del fiume per consentire l’intervento sulla tubazione idrica (ottobre 1998).


56

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Occorreva operare con la massima sollecitudine per mettere in sicurezza il fondamentale servizio idrico, mentre il fiume Natisone era ancora in piena. Subito allertata, la Protezione Civile regionale dava prontamente mandato all’Impresa SAFIP di Premariacco, affinché procedesse secondo le direttive impartite dalla Direzione dell’acquedotto, per risolvere il grave problema. Il pericolo era che la tubazione esposta, costituita da elementi in ghisa grigia e pertanto fragili, potesse collassare da un momento all’altro. La prima difficoltà cui far fronte era raggiungere la conduttura, sotto la quale scorreva tumultuosamente il Natisone in piena. Sotto la nostra direzione si decise di deviare il corso del fiume, per ridurre l’azione erosiva e in seguito aggottare – ovvero porre all’asciutto – l’alveo sulla sponda in erosione. La necessaria deviazione del corso del fiume richiese tre giorni di intenso lavoro, svolto sempre sotto un’incessante pioggia battente, nel frattempo si andò alla ricerca di monoblocchi parallelepipedi in calcestruzzo, per stabilizzare la condotta ponendoveli al di sotto, sino a raggiungere l’intradosso della tubazione sospesa. Il materiale si ebbe grazie alla collaborazione dell’ANAS, che disponeva di quanto utile allo scopo in una piazzola sulla strada statale. Il tutto avveniva con la condotta in funzione, quindi oltre al peso della stessa vi gravava anche quello dell’acqua trasportata, il che rendeva particolarmente rischiosa ogni operazione. Aver messo in sicurezza la tubazione consentiva un sospiro di sollievo, ma solo momentaneo, in quanto occorreva al più presto riallineare i tronchi della condotta,

In alto: completamento del canale di deviazione del corso d’acqua (ottobre 1998). A sinistra: selle realizzate appositamente per ripristinare l’allineamento della condotta, rimasta all’aperto per l’asportazione di un tratto di sponda del vicino Natisone.

ancora pericolosamente in tensione. Allo scopo fu escogitato un sistema a martinetti, posti in corrispondenza del bicchiere di ogni tronco di condotta, con i quali reggere in maniera distribuita il giunto. Si idearono delle selle bilanciate, capaci di seguire il movimento delle tubazioni nel corso del loro delicato riposizionamento. I martinetti e le selle furono prodotti da una ditta di Basiliano, che mise a disposizione anche il personale specializzato, esperto nel loro uso. In due giorni fu rimessa in asse la condotta e nei mesi successivi vennero realizzate dall’ANAS le difese spondali, necessarie a proteggere la tubazione e la sede stradale.

I filtri a carbone attivo nel pozzo di San Giorgio a Cividale del Friuli Dopo il sequestro cautelativo operato il 27 novembre 1998 dall’Azienda Servizi Sanitari n. 4 “Medio Friuli”-Nucleo operativo acque potabili e di piscina del pozzo di captazione di San Giorgio in Comune di Cividale del Friuli, a motivo del ritrovamento di valori di atrazina superiori alle concentrazioni massime ammissibili, lo stesso manufatto fu rimesso in funzione in tre mesi, anche grazie alla collaborazione dell’ing. Angelo Lodolo del Consorzio Acquedotto Friuli Centrale (CAFC), che mise a disposizione alcuni elaborati tecnici relativi a un loro sito di produzione di acqua potabile. Mancavano i fondi, che vennero prontamente messi a disposizione dalla Protezione Civile regionale. I lavori in progetto prevedevano la costruzione di due filtri a carboni attivi, in grado di filtrare tutta l’acqua emunta. L’impianto venne posto a fianco del pozzo di attingimento, scelta utile per limitare al massimo i costi sia di realizzazione che di gestione e manutenzione. In sintesi, le opere realizzate sono state: – la costruzione dei collettori dell’acqua grezza e filtrata per il collegamento tra la tubazione di mandata esistente e l’impianto di filtraggio, nonché le carpenterie metalliche accessorie quali, grigliati, scalette, ecc.; – l’installazione di una pompa idonea alla portata da filtrare di 65 l/s e della strumentazione di controllo e comando sui filtri; – la costruzione del basamento in calcestruzzo e l’ installazione e messa in esercizio di un sistema di filtri con una quantità di carbone attivo di tipo granulare vegetale vergine nei filtri per un totale minimo di 40 mc; – la realizzazione di un fosso drenante per disperdere le acque di contro lavaggio, di un impianto di illuminazione e delle opere accessorie di sistemazione esterna con essenze arboree a schermatura dell’impianto di filtraggio.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

57

Predisposizione della nicchia sotto un tratto della conduttura dell’acquedotto Poiana da sistemare, per la posa del martinetto idraulico. Si nota il cedimento sul giunto e, poggiate a terra, le selle appositamente realizzate per questa delicata operazione, con cui riparare i guasti dell’alluvione del Natisone nel 1998.

Sella e martinetto a posizionamento ultimato, sotto il giunto da sollevare.

Particolare durante la fase di rialzamento, si noti l’elevata estensione del martinetto e la perdita di acqua sul giunto piombato.

In primo piano, il banco idraulico dotato di manometro, per l’azionamento dei martinetti con i quali sollevare la conduttura.


58

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Vista d’insieme di una coppia di martinetti in opera. La conduttura acquedottistica è stata rialzata mediamente di 50 centimetri.

Per lo spostamento orizzontale sono stati posizionati dei blocchi di contrasto, sui quali sono stati poi applicati i martinetti per la spinta laterale.

Fase di riallineamento orizzontale della condotta. Una volta concluso anch’esso, si è proceduto con la ribattitura di tutti i giunti a piombo.


In alto: l’impianto progettato dei filtri a carboni attivi, in funzione al pozzo di San Giorgio dal dicembre 1999. A destra: i filtri a carboni attivi di San Giorgio a Cividale del Friuli.

La sorgente Arpit. Un’occasione mancata Nell’ambito della ricerca di altre abbondanti e idonee fonti di approvvigionamento per captazione, negli anni Ottanta si individuava come potenziale soluzione la sorgente Arpit, situata nei pressi di Stupizza, poco lungi dalla Poiana. Le aspettative andarono deluse, in quanto la presa dell’Arpit non entrò mai in funzione. Infatti le sue acque risultarono inquinate da batteri di natura antropica. In un primo tempo si ipotizzò che i problemi derivassero da inquinamenti locali dovuti alla presenza di una piazzola di parcheggio sulla strada statale e di una baracca dell’ANAS; furono tolte queste ipotetiche cause, ma senza alcun esito positivo. Si decise allora di approfondire la ricerca e insieme all’ARPA regionale fu eseguito uno studio con immissione di traccianti all’interno della Grotta di Montemaggiore (fluoresceina), a quota 950 m s.l.m. e a Mersino (tinopal), a 780 e 760 m s.l.m.1 I dati monitorati alla sorgente dell’Arpit diedero i primi risultati il 15 luglio 2001, quando si cominciò ad osservare un aumento della fluoresceina sodica nell’acqua della sorgente; il picco massimo si raggiunse il 18 luglio 2001 e la coda della presenza di fluoresceina si ebbe il 26 luglio. Per quanto riguarda il tinopal, anch’esso fu riscontrato nelle acque della sorgente Arpit ma con un ritardo di

4 giorni. A partire dal 19 luglio 2001 i valori del tinopal cominciarono a salire per raggiungere il massimo della concentrazione il 25 luglio; dopo un periodo di valori costanti si ebbe un ulteriore picco tra l’11 e il 15 agosto. Nel mese di settembre 2001 fu eseguito un secondo tracciamento, immettendo questa volta la fluoresceina sodica all’interno dell’abisso a sud-ovest del Matajur (censito con il numero 393/FR389 nel catasto grotte del Friuli) a quota 1120 m s.l.m. Alle ore 15.30 del 15 settembre 2001 furono immessi 3,5 kg di fluoresceina in un ruscello ipogeo, della portata media di 10 l/s. Alla sorgente, anche questa volta dopo tre giorni, si riscontrò la presenza della fluoresceina. Il picco si ebbe il 18 settembre 2001, con un andamento a calare che si mantenne sino al 3 ottobre 2001. L’indagine idrogeologica pose in rilievo come l’intera area del Monte Matajur fosse caratterizzata da masse rocciose complessivamente molto permeabili, interessate da un carsismo piuttosto diffuso e presente in molte delle facies carbonatiche affioranti. Gli studi portarono alla conclusione che la sorgente Arpit è direttamente in relazione con la zona investigata e che la situazione ambientale delle aree competenti la sua ricarica sono assai poco idonee a una gestione mirata per l’approvvigionamento idropotabile. Il problema


60

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

non era risolvibile e si giunse alla conclusione di non poter utilizzare tale sorgente, pur determinando ciò un grave danno economico per l’Acquedotto, trattandosi di acqua a gravità e che quindi non avrebbe richiesto costi di energia per il suo prelevamento.

La spinosa questione della Rocca Bernarda a Premariacco La situazione sui colli di Rocca Bernarda era arrivata al limite della tolleranza da parte dei residenti, che paventavano di ricorrere alla vie legali se la situazione idrica non fosse stata adeguatamente migliorata. Era tutt’altro che facile porvi rimedio, poiché le quote del serbatoio e quelle dell’acquedotto, allora di recente realizzazione, non erano compatibili con quelle delle utenze. C’era anche un problema sulle condotte acquedottistiche, poste a quota superiore a quella della linea dei carici totali (piezometrica). Le maestranze tecniche dell’azienda risolsero il problema sfruttando l’impianto di sollevamento di Noax Maschere alimentante il serbatoio: si separò il bacino d’utenza che poteva essere servito dal nuovo serbatoio di Rocca Bernarda da quello che doveva essere alimentato con un impianto in autoclave. Nell’agosto 1998 quanto programmato aveva già trovato piena attuazione.

I miglioramenti a San Nicolò di Manzano La stazione di produzione di San Nicolò a Manzano destava consistenti preoccupazioni, legate all’impiantistica elettrica e alla parte elettromeccanica. Delle diverse criticità riscontrate, le principali erano:

Vista interna alla stazione di rilancio di san Nicolò. In primo piano, i due gruppi da 500 CV di rilancio della stazione di sollevamento al serbatoio di Tre Pini.

Vista esterna del terreno su cui sorgerà l’impianto fotovoltaico con, sullo sfondo, l’impianto di produzione d’acqua di San Nicolò.

– la cabina di trasformazione era dotata di due trasformatori di potenza diversa, dei quali uno solo in grado di soddisfare il fabbisogno dell’intera centrale; – le pompe sommerse nei tre pozzi erano al limite della loro vita utile e per un periodo ne funzionò solo una; – le pompe di rilancio erano scoordinate rispetto all’effettivo carico di lavoro, infatti l’impianto era dotato di tre pompe da 400 CV e della portata media di 160 litri/secondo, e una da 500 CV e della portata di 205 litri/secondo per la stagione estiva; – un gruppo elettrogeno di emergenza sottodimensionato; – l’avviamento delle pompe era a reostato o diretto, causa di nocive sollecitazioni alle pompe durante la fase di avvio. Progressivamente, furono eliminati tutti questi problemi tramite: – la sostituzione delle pompe sommerse e di una pompa di rilancio da 400 CV con una da 500 CV, comprese le modifiche ai collettori di mandata;

Quadri elettrici delle pompe all’interno della stazione di rilancio di San Nicolò.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Gruppo elettrogeno da 930 kVA di imminente realizzazione, in grado di mantenere in esercizio l’intero sistema a San Nicolò di Manzano.

61

Prospetti del gruppo elettrogeno presso la stazione di produzione (ovvero estrazione, disinfezione e rilancio) di acqua potabile a San Nicolò di Manzano.

– la sostituzione e l’intero rifacimento della cabina di trasformazione e del quadro generale dell’impianto; – l’installazione di un inverter per ogni pompa al fine di rendere ‘dolce’ il loro avviamento; – il realizzando impianto di emergenza con un gruppo elettrogeno da 930 kVA, in grado di mantenere in esercizio l’intero sistema.

LE MAGGIORI OPERE ACQUEDOTTISTICHE (anni 1998-2012) Gli interventi di un certo rilievo che hanno caratterizzato l’attività aziendale dal 1998 al presente sono 42. Alcuni di essi sono sinteticamente riportati qui di seguito.

Il rilievo della rete acquedottistica Questa attività riveste primaria importanza nella gestione della rete. Nei cento anni di storia acquedottistica, fitta di vicissitudini affrontate con il determinante apporto del personale che si è succeduto nel tempo, pochissimo si era riusciti a fare riguardo alla conoscenza della precisa posizione della rete acquedottistica, sostanzialmente nota solo grazie alla memoria degli addetti ai lavori più esperti. Pertanto, quest’opera può essere considerata a pieno titolo tra le più utili ed importanti realizzate negli ultimi lustri. Nelle planimetrie redatte, utilizzate attualmente per le esigenze di tutti gli uffici aziendali, sono riportati: le tubazioni (diametro e materiale), i pozzetti di manovra, gli idranti pubblici e i contatori dei singoli utenti. Tutte queste informazioni sono state acquisite mediante rilievo monografico, originante un GIS (Geographic Information System) del sistema acquedottistico. I risultati cui si è pervenuti sono qui evidenziati attraverso una selezione di immagini commentate.


62

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

In alto: una tavola dell’abaco delle reti e delle apparecchiature idrauliche dell’acquedotto Poiana, quella riportata come esempio rappresenta il centro di Cividale del Friuli. Le linee di diverso colore distinguono i materiali delle tubazioni mentre i diametri sono riportati a fianco ad esse. L’abaco dell’intero Consorzio è formato da 145 tavole.

In basso: planimetria degli idranti pubblici collocati a Cividale del Friuli. In verde sono rappresentati gli idranti posti nel sottosuolo e in rosso quelli soprassuolo.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

In alto: planimetria di singole utenze acquedottistiche, la cui ubicazione è definita con la massima precisione (georeferenziate con coordinate Gauss Boaga). In basso: immagine della rete acquedottistica, osservata dal confine sloveno, con in primo piano il monte Mia (a destra) e il Matajur (a sinistra), visibile sul sito Internet dell’Acquedotto Poiana.

63

Un volo ‘virtuale’ sulle reti acquedottistiche aziendali Sul nostro sito Internet (www.poiana.it) è possibile percorrere il fitto reticolo delle condotte, che dalla sorgente si diramano sugli oltre 300 chilometri quadrati di territorio servito.


Il progetto generale dell’acquedotto L’ultima revisione del progetto generale dell’acquedotto risale al 2002, ad opera dello Studio INARCO s.r.l. di Udine. In esso furono anche censite e valutate tutte le fonti di approvvigionamento utilizzate e quelle che potenzialmente potevano diventarlo. A tale riguardo, un cenno particolare va alla proposta, presa attentamente in considerazione dall’Acquedotto Poiana, relativa a una possibile captazione di acqua potabile dal Monte Stol, in Slovenia. Questa prospettiva, più che mai attuale, in seguito ha subìto una evoluzione progettuale: l’acqua anziché essere captata alle pendici del monte Stol sarebbe acquisita in fregio all’alveo del fiume Isonzo, nei pressi della località Zaga tra Caporetto e Bovec, appena a valle della confluenza del rio Uccea con l’Isonzo. Questo progetto, proposto dall’ATO “Centrale Friuli” nell’ambito del bando di “Cooperazione Transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013 progetti standard”, non è stato ammesso a contributo per le limitate risorse a disposizione. In un prossimo futuro la nostra azienda si impegnerà nuovamente, affinché tale progetto venga maggiormente sostenuto e finanziato. Il progetto generale, inoltre, esamina una serie di opzioni possibili sull’evoluzione del sistema, in base alle disponibilità idriche, valutando pure diverse soluzioni attuabili in caso di emergenza. Tutte le elaborazioni proposte sono state supportate da un modello matematico di massima, basato sui dati allora a disposizione. Tale modello aveva però il limite di non essere disponibile dagli uffici tecnici aziendali ai fini della progettazione e gestione delle reti. Oltre alla captazione dal Monte Stol, il progetto prevedeva il ripristino del pozzo di Ziracco e l’adegua-

Visione di sorvolo virtuale della rete acquedottistica, vista dalla laguna, con in primo piano la confluenza Torre-Natisone.

mento della sorgente Tologu, in considerazione anche del mancato inserimento in rete delle acque dell’Arpit. Ricordiamo, ancora, che il modello matematico verificava alcune delle infinite condizioni di lavoro e che in base a esse erano previste le nuove opere di sostituzione e potenziamento necessarie. Va rimarcato che tale progetto dovrà essere oggetto di attento aggiornamento, alla luce delle maggiori conoscenze del sistema acquisite nell’ultimo decennio. Attualmente si dispone di un modello matematico della rete tarato e calibrato, con il quale risulta possibile rimodellare qualsiasi condizione di lavoro venga richiesta; tale modello viene continuamente aggiornato, in base ai dati rilevati su una quarantina di punti, monitorati in continuo sulla rete di distribuzione. L’ulteriore aggiornamento del progetto generale dell’acquedotto costituirà uno dei prossimi impegni dell’Ufficio progettazione e lavori aziendale. La sua ultimazione costituirà un traguardo, a cento anni dalla costituzione di questo Consorzio, che sancirà finalmente la piena autonomia ingegneristica dell’azienda nel settore acquedottistico.

Il raddoppio del serbatoio di Monte dei Bovi La necessità di aumentare in misura consistente l’acqua immagazzinata in località Monte dei Bovi, ove era stato posizionato il serbatoio previsto nel progetto originario del 1911, ha portato a realizzare l’ampliamento di questo storico manufatto. Tale operazione si sviluppò in due lotti: il primo permise di giungere con i mezzi d’opera al serbatoio


Pianta dell’intero sistema del serbatoio sul Monte dei Bovi. Si noti la forma irregolare del nuovo serbatoio, qui tracciato in grigio scuro. Le strutture preesistenti sono in grigio chiaro contornate di rosso.

esistente, sino ad allora raggiungibile solamente a piedi, con il secondo si realizzò un nuovo serbatoio, del volume utile di 2200 metri cubi. La strada fu realizzata in un primo tratto, quello più ripido, con pavimentazione in conglomerato cementizio armato, con opere di sostegno sui tornanti mentre in quello successivo, raggiunta la quota del serbatoio, il percorso fu completato in sterrato; lungo tutto il tracciato – nel primo tratto comune a più fondi e nel secondo a solo servizio dell’azienda – fu sistemata la canalizzazione delle acque meteoriche. Nel secondo lotto si costruì il nuovo serbatoio, con l’adeguamento delle camere di manovra in ingresso e in uscita. L’ampliamento aveva come doppio principio ispiratore la scelta di far lavorare l’intero “sistema serbatoio” all’unisono e di rendere possibile le relative manutenzioni ordinarie e straordinarie, senza necessità di mettere fuori servizio il sistema di accumulo. A destra: ingresso al serbatoio storico di Monte dei Bovi, sul lato emissione dell’acqua alla rete di distribuzione.

Più a destra: ingresso al serbatoio storico di Monte dei Bovi, sul lato immissione dell’acqua nel serbatoio (foto di Claudio Mattaloni).

Alla prima necessità si diede soluzione ponendo alla stessa quota il fondo del serbatoio esistente e di quello in progetto. La funzionalità gestionale del nuovo sistema serbatoio fu raggiunta prevedendo una serie di opere idrauliche per utilizzare l’impianto in maniera flessibile, azionando una serie di saracinesche. La maggiore difficoltà riscontrata durante la costruzione del serbatoio ha riguardato gli scavi. Per lavorare in sicurezza fu necessario realizzare un’opera di sostegno con micropali, la cosiddetta ‘berlinese’; quando si raggiunse il piano di posa delle fondazioni sul versante a monte si realizzò una parete sub verticale di ben 19 metri di altezza, in parte contenuta con la berlinese. Rispetto alle previsioni progettuali, per ridurre il più possibile gli scavi si sfruttò la conformazione del versante, modificando la pianta, inizialmente prevista di forma rettangolare, in una forma meglio adatta alla situazione morfologica locale, desumibile dalla figura sopra riportata. Questo adattamento non comportò alcuna variazione dell’aspetto volumetrico e della spesa, mantenuta invariata grazie ai minori costi di scavo e ai più ridotti costi delle opere di sostegno necessarie.


66

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Visita dell’allora presidente dell’Acquedotto Poiana, dott. Paolo Marseu, al cantiere durante le operazioni di scavo del nuovo serbatoio (febbraio 2003).

La formazione della platea di fondazione del nuovo serbatoio.

Nel rispetto dell’architettura del vecchio serbatoio, anche le finiture esterne delle camere di manovra del nuovo serbatoio ricalcarono fedelmente quelle esistenti. Da allora il serbatoio di Monte dei Bovi, agevolmente raggiungibile con gli automezzi, è anche dotato di corrente elettrica e ciò ha reso possibile monitorare le portate in uscita dal serbatoio. Nell’insieme, un’opera di notevole importanza, che permette di garantire l’erogazione idrica anche nei momenti di maggior prelievo, generalmente coincidente con il periodo serale estivo.

Le operazioni di scavo del nuovo serbatoio. Sullo sfondo è ben visibile la ‘berlinese’, ovvero la particolare struttura formata da pali affiancati, per sostegno allo scavo.

Panoramica del cantiere nell’ottobre del 2003. Si sta realizzando la soletta di copertura del nuovo serbatoio.

Il magazzino aziendale Il lotto di terreno su cui è stato costruito il deposito aziendale ha una superficie complessiva di 8.298 metri quadrati e ricade in zona definita dal vigente strumento urbanistico del Comune di Cividale del Friuli “Zona Industriale-Artigianale” con possibilità d’insediamento di più attività. Il fondo – distinto con i mappali 905, 911, 915 del foglio 14 – è accessibile direttamente dalla strada interna della zona, già urbanizzata e tramite la quale sono stati portati al fabbricato tutti gli allacciamenti ai servizi pubblici. Il terreno ha una forma di triangolo rettangolo. Il corpo di fabbrica si è realizzato a nord del lotto e le sue dimensioni sono di 20,95x67,45 metri. Il fabbricato è articolato su un unico livello di piano, con la zona deposito-magazzino, il servizio igienico e Interno del serbatoio con l’acqua, progettato in forma bipartita dall’ing. Ugo Granzotto nel 1911 e costruito agli inizi del 1913, come si presenta dopo le operazioni di risanamento e protezione delle pareti, condotte nel 2004 (foto di Claudio Mattaloni).


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

La formazione dei plinti di fondazione per il nuovo magazzino nella zona industriale di Cividale del Friuli (anno 2006).

67

Il deposito aziendale, vista d’insieme dall’esterno.

un ufficio; tutti i locali sono posizionati ad una quota di + 0,10 m dalla pavimentazione bituminata esterna. L’accesso all’edificio produttivo avviene attraverso due aperture carrabili che, dall’entrata nord del lotto, immettono direttamente nel locale adibito a depositomagazzino. Il fabbricato è illuminato sia naturalmente attraverso lucernai in metacrilicato trasparente disposti sulla copertura, sia attraverso una serie di finestrature apribili a parete, in grado di areare il locale oltre che di illuminarlo. Il deposito è dotato di un carroponte della portata massima di 5.000 chilogrammi.

La riattivazione del pozzo di Ziracco A Ziracco di Remanzacco, lungo via Cividale, si trova la stazione di produzione (ovvero estrazione, filtrazione e disinfezione) di acqua potabile, costruita nel 1968 e poi dismessa a causa della presenza di sostanze inquinanti nel 1988. Il sito esistente era costituito da Planimetrie di progetto della stazione di produzione di Ziracco (Remanzacco), a quote diverse.

Interno del deposito aziendale.

un’area recintata, entro cui vi si trovavano una cabina avente dimensioni in pianta di 4.08x5.16 m e un pozzo con camicia del diametro di 300 mm in acciaio, dotato di pozzetto di manovra. Dopo un’analisi dei fabbisogni e delle risorse idriche disponibili, l’azienda già nel 2001 decise di intraprendere le azioni necessarie per riattivare il pozzo. Venne ripristinata l’utenza elettrica, ricalata nel pozzo


68

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Prospetto dell’impianto di Ziracco, visto da via Cividale.

la pompa già in dotazione alla vecchia stazione di sollevamento, costruita una condotta di mandata provvisoria in tubazione d’acciaio con giunzioni a vite e manicotto, con scarico diretto nel torrente Grivò. Nel corso dei due anni successivi fu effettuata una campagna di indagine sulla qualità delle acque emunte, sia da parte dell’Acquedotto che da parte dell’Azienda Sanitaria n. 4 “Medio Friuli”-Nucleo operativo acque potabili e di piscina, come previsto dall’allora vigente D.M. 26 marzo 1991, punto 2 lettera a, “Indagini preliminari su acque di nuova utilizzazione” il cui esito, dopo una prima battuta d’arresto legata a fattori di invecchiamento della camicia in acciaio del pozzo e al lungo tempo di inattività dello stesso, si rivelò favorevole. A tale proposito si riassumono le procedure attuate per sanificare e riattivare il pozzo. Dalle analisi era emerso che l’acqua conteneva batteri ferrici, legati I lavori di posa della camicia del pozzo di Ziracco, del diametro di 500 mm. Si può osservare la calata della camicia in acciaio, dove è ben visibile la tratta finestrata ove penetra l’acqua di falda.

alla presenza di ruggine sulla camicia del pozzo esistente, inoltre la permeabilità del pozzo si era ridotta a causa della protratta inattività. Dopo una serie di valutazioni tecniche sulle metodiche da seguire per la sanitizzazione del pozzo si giunse a una conclusione innovativa, applicando una nuova tecnologia, che in seguito fu anche brevettata da una ditta milanese. Dalla bibliografia di settore, i tecnici aziendali avevano appreso che l’arresto del fenomeno dell’arrugginimento delle tubazioni poteva avvenire addizionando l’acqua con anidride carbonica: in questa situazione anossica, ovvero priva di ossigeno, i batteri ferrici infatti non possono vivere e moltiplicarsi. Semplificando, questo metodo crea una specie di rivestimento della camicia del pozzo, trasformando lo strato rugginoso in un rivestimento protettivo. Fu così che, anziché pulire il pozzo con la classica insufflazione d’aria mediante un potente compressore, si optò per l’insufflazione di anidride carbonica. I risultati furono eccellenti: la flora batterica sparì e non fu mai più riscontrata nelle analisi, il pozzo ristabilì le potenzialità iniziali e l’acqua sollevata non ripresentò le caratteristiche negative delle tubazioni arrugginite. Durante il periodo di monitoraggio si tenne controllata anche la quota della falda in condizioni statiche e dinamiche, in quest’ultimo caso misurandone le portate sollevate. In ottemperanza alle preventive indicazioni e ai criteri di tutela dell’area forniti dalla Azienda sanitaria, si procedette anche ad accertare l’assenza di pozzi perdenti entro un raggio di 200 m dal pozzo e a verificare

L’acqua prodotta dal pozzo di Ziracco durante le sue operazioni di collaudo. Era il 14 aprile 2006.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

69

Tipico schema a blocchi di un inverter per un motore trifase, come quello in uso nella stazione di Ziracco.

La cassa d’aria per l’assorbimento delle sovrapressioni sulle condotte (colpo d’ariete), nell’impianto di Ziracco.

il buon funzionamento della rete fognaria esistente. Con una indagine geologica si desunse che gli strati argillosi impermeabili sovrastanti gli strati di emungimento della falda dei pozzi facevano escludere che acque superficiali di qualunque provenienza fossero (acque meteoriche, acque torrentizie, acque disperse dalla rete fognaria, ecc.) potessero interessare quelle profonde captate. Inoltre fu provato che la realizzazione di un nuovo pozzo con camicia in acciaio del diametro nominale (da ora DN) 500 non comportava interferenze con altre falde. In sostanza, si concluse che la falda emunta era sempre la stessa. Si determinò pure che la trivellazione del nuovo pozzo non modificava la struttura del pozzo esistente né provocava alcun effetto sulla qualità della sua acqua, tranne insorgenza di eventuali torbidità momentanee in concomitanza alle lavorazioni di perforazione. Nel corso della formazione della platea per la posa dei filtri a carbone, essa fu modificata, per prescrizione del Comune di Remanzacco, in una vasca interrata in I filtri a carbone parzialmente interrati, nell’impianto di Ziracco.

modo di ridurre l’impatto visivo dei serbatoi dei filtri. Questa stazione di produzione di acqua potabile è entrata in servizio nell’agosto 2007. L’impianto, dotato di tutte le migliori tecnologie presenti sul mercato, è stato anche il primo in questa azienda ad utilizzare la tecnologia degli inverter a frequenza variabile, per la modulazione della portata in funzione delle richiesta dell’utenza. Questa tecnologia permette di mantenere la pressione costante in rete senza l’ausilio di torri piezometriche (serbatoi pensili), erogando le portate istantanee richieste dall’utenza. Ciò è possibile regolando la velocità di rotazione dei motori trifasi, che è strettamente connessa alla frequenza della corrente che lo alimenta. La velocità del campo magnetico rotante è calcolabile con la seguente formula: ns =

120 f 2p

nella quale: ns = numero di giri al minuto (statore) f = frequenza della corrente di alimentazione 2p = numero di poli che costituiscono il motore I quadri degli inverter per il funzionamento delle pompe. Si sottolinea che i quadri ad anta cieca qui fotografati equivalgono tecnicamente alla realizzazione di un serbatoio pensile d’acqua, di qualsiasi volume.


70

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Dalla formula si desume che il numero di giri del motore è direttamente proporzionale alla frequenza della corrente alternata. Nell’inverter la corrente alternata della rete (trifase o monofase) viene raddrizzata in corrente continua e viene poi riconvertita in corrente alternata trifase a frequenza variabile per alimentare il motore. Il valore della frequenza in uscita può quindi essere scelto a piacere dall’utilizzatore a seconda della velocità di funzionamento che si vuole far raggiungere al motore. Nel nostro caso, la scelta della frequenza è comandata dalla pressione di rete misurata in continuo e quindi predeterminata: se la pressione cala, la frequenza aumenta e viceversa.

Il collegamento acquedottistico Remanzacco-Pradamano L’intervento è stato realizzato per il collegamento idrico del capoluogo di Pradamano alla rete idrica di Remanzacco, alimentandone la fornitura idrica con l’impianto di produzione di Ziracco. I lavori si sono svolti tra il 2005 e il 2007 (I lotto) e tra il 2010 e il 2012 (II lotto).

Le opere del primo lotto L’esecuzione delle opere risultava particolarmente importante, in quanto trasformava in una rete ad anello il precedente schema ad albero, assai vulnerabile in caso di bruschi cali di pressione, soprattutto per il capoluogo di Pradamano. Si ricorda che allora non era ancora stato riattivato il pozzo di Ziracco. Questa distributrice avrebbe permesso di congiungere la parte nord del comprensorio, servito allora dalla sorgente Poiana e dalla derivazione del Consorzio Acquedotto Friuli Centrale (CAFC) di Ziracco con la zona sud, servita dai pozzi di San Nicolò di Manzano.

Sezionamento e scarico della condotta in prossimità dell’attraversamento della roggia Cividina.

Macchina per la trivellazione in sub alveo del torrente Torre a Cerneglons.

Il vantaggio era notevole, assicurando un’adeguata stabilità di pressione in rete e una continuità del servizio in tutti i periodi dell’anno all’abitato di Pradamano. A tal proposito va precisato che il Comune di Pradamano, essendo geograficamente posto a nord dell’area servita dalla stazione di sollevamento di San Nicolò, risentiva per primo della riduzione di pressione provocata dagli alti consumi estivi; inoltre, garantiva il servizio idrico al capoluogo del Comune di Pradamano anche in concomitanza di black-out della stazione di sollevamento di San Nicolò di Manzano. L’approvvigionamento idrico del centro di Pradamano poteva dunque avvenire sia dalla rete della zona nord dell’acquedotto che da quella sud; alla sola fornitura idrica con i pozzi di San Nicolò di Manzano si aggiungevano così la sorgente Poiana – che forniva acqua a Cerneglons –, la derivazione CAFC di Ziracco e successivamente il pozzo di Ziracco. Aggancio della tubazione alla fresa per l’attraversamento in subalveo del torrente Torre. Una volta agganciata, la condotta viene trascinata all’interno del foro realizzato per fresatura sino a raggiungere la macchina fresatrice, dall’altra parte dell’alveo.


Particolare costruttivo nel progetto del pozzetto di manovra previsto in via del Sole a Remanzacco.

Tale intervento ha consentito una maggior continuità del servizio acquedottistico nel Comune di Pradamano, con oscillazioni più contenute e accettabili delle pressioni sulle linee distributrici. La scelta progettuale prevedeva la posa di una condotta DN 200 in acciaio rivestito esternamente in polietilene a triplo strato ed internamente in malta cementizia, con giunto a bicchiere e guarnizione elastomerica con uno sviluppo di ben 3969,68 metri, soluzione rivelatasi, sia come qualità del materiale che per i tracciati scelti, la più valida tecnicamente ed economicamente. Il tracciato previsto partiva a nord da via del Sole e collegava il capoluogo di Remanzacco al centro abitato della frazione di Cerneglons, quindi proseguiva lungo la strada bianca secondaria parallela all’ex area militare, in margine alla strada provinciale SP 96 di Cerneglons fino al piede della scarpata del raccordo in terrapieno del ponte sul Torre, sia in sponda destra che sinistra. Attraversava l’alveo del torrente Torre tra il ponte e la soglia posta a valle dello stesso e infine giungeva in località Cerneglons Vecchio. Nel territorio di Pradamano proseguiva lungo la strada provinciale sino a congiungersi con le tubazioni del diametro di 100 mm, esistenti a servizio del centro abitato all’incrocio tra via Divisione Julia, via Mazzini e via Garibaldi. Oltre alla posa della linea furono eseguiti il potenziamento e l’ampliamento della rete acquedottistica

nella zona artigianale/commerciale di Pradamano, ove la rete risultava sottodimensionata o addirittura assente, per cui l’approvvigionamento idrico degli insediamenti doveva avvenire mediante pozzi privati. Il potenziamento della condotta lungo la statale n. 56 si prolungava per un’estesa di 702,78 ml e l’ampliamento della rete idrica lungo via Marconi per la lunghezza di 453,34 ml; tale intervento seguiva quello realizzato negli anni 2000-2001, con il quale era stata potenziata la linea dal bivio di Lovaria lungo la strada statale sino alla nuova area artigianale/commerciale di Pradamano. Si desidera focalizzare l’attenzione sulle tecnologie adottate in quest’opera, realizzata mediante tubi in acciaio con giunti a bicchiere o a saldare aventi il rivestimento interno in malta cementizia e quello esterno in polietilene a triplo strato, per i nostri tecnici la migliore combinazione in termini di vita utile della tubazione. Una particolarità degna di sottolineatura fu l’attraversamento del torrente Torre a Pradamano con la tecnica della trivellazione in subalveo e il trascinamento della tubazione al ritorno della fresa.

Il pozzetto di manovra progettato per la collocazione in via del Sole a Remanzacco, a realizzazione ultimata.


72

IL LUNGO CAMMINO VERSO IL CONSORZIO

Le opere del secondo lotto

Andamento delle pressioni nell’ora di punta in condizioni estive, sulla rete esistente prima dell’intervento a beneficio di Remanzacco e Pradamano. Andamento delle pressioni nell’ora di punta in condizioni estive per la rete progettata nel secondo lotto. Si può notare come la pressione minima sia garantita su tutta la rete, mentre in alcune zone si superano anche i 5.00 bar, imposti come pressione massima.

Dopo i lavori eseguiti nel biennio 2004-2005 per il collegamento idrico Remanzacco-Pradamano con la posa di circa 3900 m di condotta in acciaio del DN di 200 mm e la riattivazione del pozzo di Ziracco, a completamento del progetto necessitavano ancora alcune opere acquedottistiche che dovevano definitivamente stabilizzare il servizio in alcune zone di Remanzacco e aumentare l’efficienza a Pradamano. L’alimentazione con il pozzo di Ziracco dell’intero bacino di utenza del Comune di Remanzacco (a eccezione della frazioni di Orzano e Casali Battiferro) e di Pradamano capoluogo, sgravava i pozzi di San Nicolò di Manzano, stabilizzava la pressione in rete a valori variabili tra i 3,00 e i 5,00 bar garantendo l’erogazione idrica ai valori standard previsti dalla carta dei servizi anche in estate e, indirettamente, riduceva le perdite in rete in quanto si abbassavano le pressioni. La valutazione dei consumi nei periodi estivi, desunta con i misuratori di portata sulla rete dell’Acquedotto Poiana, permise di stimare il consumo di punta della rete idrica nel Comune di Remanzacco in 45 l/s e in 25 l/s nel capoluogo di Pradamano, per un totale di 70 l/s da emungere dal pozzo di Ziracco. Con questi dati di portata nelle condizioni critiche estive, si resero necessari ulteriori interventi di ampliamento e potenziamento quali: la realizzazione del collegamento idrico Ziracco-Remanzacco del DN 250 mm per una estesa di circa 3.575 ml e di quello Remanzacco-Zona artigianale di via Salt del DN 200 mm per una estesa di circa 2.377 ml; il potenziamento della rete idrica esistente lungo via Salt e via Oselin del DN 150 mm per una estesa di circa 1.750 ml e di quella esistente lungo via Garibaldi a Pradamano del DN 250 mm per una lunghezza di circa 855 ml. Nel contempo, l’ufficio progettazione e lavori aziendale sviluppava la modellazione matematica sulla rete acquedottistica, rendendo possibile la simulazione idraulica della rete di progetto, con l’ausilio del programma di calcolo idraulico EPANET. Si verificarono tutte le condizioni di esercizio progettuali – pressioni in rete comprese tra un minimo di fornitura di 3,00 e un massimo di 5,00 bar – garantendo su tutto il comprensorio servito le pressioni di esercizio imposte. Per dare un’idea del lavoro svolto, si riportano con apposite elaborazioni grafiche alcuni dei risultati ottenuti e verificati. Nelle simulazioni, per permettere il controllo delle pressioni massime fu inserita sulla rete una serie di valvole e apparecchiature idrauliche, in particolare: una valvola riduttrice di pressione (PRV) a valle del collegamento alla condotta esistente DN 200 su via Ziracco, della condotta DN 250 in progetto regolata a


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

73

38 metri; una valvola riduttrice di pressione (PRV) a valle del collegamento alla condotta esistente DN 125, della condotta DN 150 in progetto all’incrocio denominato Bivio Oselin settata a 27 metri; una valvola riduttrice di pressione (PRV) a nord dell’abitato di Pradamano sulla condotta esistente DN 200 settata a 31 metri. Nelle illustrazioni qui inserite viene evidenziata l’ubicazione delle valvole, l’andamento delle pressioni dopo l’inserimento delle valvole riduttrici di pressione, nell’ora di minimo consumo per le condizioni normali di funzionamento della rete e nell’ora di punta per le condizioni estive. Nella situazione estiva si può notare che in alcuni nodi a Pradamano e nei pressi della Zona Artigianale di via Oselin vi sono pressioni inferiori ai 3,00 bar; mentre nel primo caso ciò non costituisce un problema rilevante visto che le pressioni sono di poco inferiori ai 3,00 bar, nel secondo caso la pressione minima è di circa 2,50 bar. Anche se questo valore di pressione è ritenuto comunque accettabile, per poter raggiungere e mantenere i 3,00 bar si renderà necessario un potenziamento delle condotte. Ubicazione delle valvole riduttrici di pressione (PRV), indicata con il cerchio rosso.

Andamento delle pressioni nell’ora di minimo consumo in condizioni normali per la rete in progetto dopo l’inserimento delle valvole PRV.

Andamento delle pressioni nell’ora di punta in condizioni estive per la rete in progetto dopo l’inserimento delle valvole PRV. 30.00 40.00 50.00Pr Pressure P essure m

20.00 30.00

ZIRACCO

40.00 50.00 m

REMANZACCO Z.A. VIA SALT

Z.A. VIA OSELIN

NODO DI VIA DEL SOLE SELVIS

CERNEGLONS CASALI MANIASSI

PRADAMANO NORD PRADAMANO


74

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Il nodo idraulico su via Ziracco.

Il varo della condotta per l’attraversamento subalveo del torrente Malina.

Si coglie inoltre come sia in condizioni normali che in quelle estive le pressioni nella frazione di Ziracco siano superiori ai 5,00 bar; per ridurle è necessario intervenire a inizio rete, abbassando la pressione di pompaggio direttamente nella stazione di sollevamento di Ziracco mediante l’impiego dell’inverter, già installato. Tramite la modellazione matematica si è potuto verificare che in condizioni normali di funzionamento la pressione ad inizio rete può essere abbassata fino a 3,5 bar e in condizioni estive a 4,5 bar, senza che questo comporti alcun problema a livello di pressioni in rete. Il modello dell’acquedotto ha consentito, infine, di verificare la rete in situazioni di emergenza, ossia nel caso dell’attivazione di un idrante antincendio.

La posa del contro tubo per l’attraversamento della ferrovia e della strada statale in corrispondenza dell’incrocio di via Salt.

Una fase delle normali operazioni di posa della condotta idrica.

L’impianto fotovoltaico di San Giorgio La tecnologia fotovoltaica si inserisce tra le fonti di produzione di energia a più basso impatto ambientale, in quanto un pannello fotovoltaico in pochi anni di esercizio restituisce tutta l’energia che è stata consumata per produrlo e per la restante parte della sua vita utile, superiore a 25 anni, sarà in grado di produrre energia elettrica a impatto zero; inoltre il suo “costo ambientale” va decurtato del valore del risparmio di CO2 non rilasciato in atmosfera. In questo modo la tecnologia fotovoltaica si propone come integrativa alle altre fonti convenzionali. L’energia solare infatti viene prodotta durante le ore diurne, proprio quando l’energia elettrica è più utilizzata e più costosa, contribuendo a coprire i picchi di


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

consumo. La diversificazione della produzione di energia elettrica è la strategia migliore per vincere la sfida di uno sviluppo sostenibile e accessibile a tutti. Il trend del passato dimostra che il costo della tecnologia Foto Voltaica (FV) si riduce di un 20% a ogni raddoppio del volume di mercato e con i trend attuali la grid parity, ovvero il costo dell’energia da fonte solare uguale a quello da fonte tradizionale, è prevista prima del 2020 anche in Italia. A quel punto il settore non avrà più bisogno di incentivi e il fotovoltaico diventerà una fonte energetica concorrente alle fonti non rinnovabili. Secondo l’International Energy Agency (IEA), oggi il fotovoltaico copre lo 0,1% dei consumi di elettricità a livello mondiale, ma con i trend attuali di riduzione dei costi e di crescita del mercato, la stessa IEA stima che questa percentuale raggiungerà il 5% nel 2030 e l’11% nel 2050. Non da ultimo, il fotovoltaico genera sviluppo economico locale e occupazionale sul territorio; in Italia l’occupazione nel settore è salita in meno di cinque anni da circa 1.000 a circa 20.000 unità. Oltre ai micro impianti per autoconsumo, vi è l’opportunità di creare impianti che, pur di piccole dimensioni ma relativamente diffusi, contribuiscano significativamente al fabbisogno generale. Questi impianti sono costituiti normalmente da pannelli orientati verso sud, in modo da captare in modo ottimale l’energia solare. Le opere non presentano ricadute urbanistiche significative, non essendovi un vero carico urbanistico o di traffico indotto da abitanti, addetti o visitatori; possono invece presentare incidenza sul paesaggio e sulla naturalità dei luoghi. Questi aspetti sono attentamente analizzati negli elaborati di progetto e vengono proposte soluzioni adeguate all’inserimento dell’opera nel relativo contesto territoriale. La Direzione Centrale Regionale Relazioni Internazionali Comunitarie e Autonomie Locali concesse un contributo di 804.000 euro al Comune di Cividale L’impianto fotovoltaico di San Giorgio (Cividale del Friuli). È costituito da 600 pannelli in silicio policristallino, orientati a sud, con una inclinazione sull’orizzontale di 30 gradi.

75

La cabina bianca, sulla sinistra, ospita le apparecchiature elettroniche a servizio dell’impianto fotovoltaico in località San Giorgio (Cividale del Friuli).

del Friuli quale Comune capofila dell’ASTER (Associazione Territoriale) mediante un Accordo Quadro siglato tra le parti il 28 maggio 2007, per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia con pannelli fotovoltaici, da installare presso gli impianti del ciclo integrato delle acque. L’impianto individuato per la realizzazione del campo fotovoltaico fu quello di San Giorgio di Cividale del Friuli, situato in sponda sinistra al fiume Natisone, in un’area complessiva di 9.103 mq parzialmente impegnata dai manufatti per la produzione di acqua potabile quali avampozzo, filtri a carboni attivi, cabina di trasformazione elettrica, cabina di comando, controllo e protezione, cabina clorazione, inoltre vi è ospitata la centralina meteo di Cividale dell’OSMER (Osservatorio Meteorologico Regionale). Rimaneva a disposizione il terreno necessario all’installazione dei pannelli fotovoltaici previsti in progetto e all’ampliamento della cabina elettrica di alloggiamento degli inverter, dei quadri elettrici del nuovo impianto e al collegamento alla rete di distribuzione Enel dell’impianto fotovoltaico.

L’interno della cabina con gli inverter ed il quadro elettrico dell’impianto fotovoltaico di San Giorgio (Cividale del Friuli).


76

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

I dati tecnici relativi all’alimentazione elettrica dell’impianto acquedottistico di San Giorgio sono: – potenza impegnata 135 kW – potenza assorbita 95 kW – acqua prodotta 140 mc/h – tensione di alimentazione pompe 400 V trifase – tensione di fornitura Enel 20.000 V – fabbisogno medio giornaliero di energia 2.280 kWh – fabbisogno annuale di energia 835.000 kWh – trasformatore 20000/380 V da 315 kVA

L’acquedotto di soccorso di Mezzana e la sistemazione della strada di accesso alla frazione Le carenze idriche estive verificatesi nel corso degli ultimi anni, avevano messo in chiara evidenza la necessità di potenziare il sistema di alimentazione dell’acquedotto di Mezzana – frazione in Comune di San Pietro al Natisone – mediante il vettoriamento di acqua potabile di soccorso proveniente dal serbatoio di Ponteacco, a sua volta fornito dal sistema acquedottistico sorgente Poiana-sorgente Brocchiana. Infatti, ogni anno nei mesi di luglio e agosto la sorgente di Mezzana – in quanto posta superficialmente – riduceva notevolmente le sue portate, scendendo al di sotto del fabbisogno della frazione e costringendo l’azienda ad approvvigionarla mediante trasporto con autocisterna di acqua potabile. Inoltre, Mezzana era servita da un’unica strada, il cui fondo asfaltato era ormai fortemente usurato e degradato dal tempo, anche per il naturale assestamento del terreno di riporto. Il progetto dunque era di duplice natura, riguardando sia la realizzazione di un acquedotto di soccorso che la sistemazione del percorso stradale. Il primo tracciato esaminato per realizzare il nuovo percorso di Mezzana consisteva nella vecchia strada camionabile.

Valutazioni dei cedimenti sulla vecchia strada di accesso a Mezzana.

A tale scopo, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3405 del 25 febbraio 2005 e seguenti “Piano degli interventi straordinari di protezione civile a seguito degli eventi alluvionali del 31 ottobre-1 novembre 2004 Tabella R12”, l’Assessore Regionale alla Protezione Civile con decreto n. 67/ cd2/2010 mise a disposizione 200.000 euro; inoltre l’Amministrazione provinciale di Udine assegnò un ulteriore contributo di 25.000 euro a favore dei medesimi lavori. Con disciplinare del 14 maggio 2010 l’Acquedotto Poiana SpA fu incaricato dal Comune di San Pietro al Natisone di redigere il progetto definitivo delle opere in progetto, nonché della direzione lavori, sicurezza sul cantiere, contabilità e collaudo delle opere. La scelta del percorso della condotta di mandata del sollevamento acquedottistico fu oggetto di attenta valutazione. Infatti una prima ipotesi progettuale considerò la possibilità di sfruttare la vecchia strada camionabile dismessa, ridotta a un sentiero che passava in fregio alla vecchia cava posta a nord dell’abitato di Ponteacco. La posa della condotta di mandata sulla strada di Mezzana.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

La posa della condotta di mandata nel primo tratto, a Mezzana.

Il percorso aveva il vantaggio di snodarsi lungo un sedime demaniale ma evidenziava notevoli difficoltà di realizzazione, per la necessità quasi continua di praticare un oneroso scavo in roccia e per l’esposizione di una parte del tracciato al fronte di estrazione della vecchia cava. Si vagliarono altre ipotesi, ricercando prioritariamente la riduzione della lunghezza del tracciato, sia per motivi economici che idraulici, nell’intento di ridurre le perdite di carico; l’attraversamento di terreni facilmente scavabili e raggiungibili con mezzi meccanici, ed evitando aree instabili per erosione dovuta alle precipitazioni piovose o per la struttura del terreno. Furono esaminati tre tracciati diversi ma la soluzione ritenuta ottimale, valutata insieme al geologo, risultò quella di partire dal serbatoio di Ponteacco, seguendo una linea praticamente rettilinea lungo la massima pendenza, sino a superare i primi tornanti della strada per Mezzana, quindi proseguire lungo la strada intersecando la vecchia strada camionabile appena sotto l’abitato di Mezzana e su quest’ultima proseguire sino al serbatoio, posto sulla piazza della medesima frazione. Anche la sistemazione della sede stradale fu oggetto di attenta valutazione sia dal punto di vista geologico, valutando i cedimenti presenti sulla stessa, sia per le modalità di rifacimento della pavimentazione stradale, avvalendosi anche di esperti imprenditori di tale settore. Per il sollevamento acquedottistico furono posati 1371 m di condotta in acciaio DN 65 a saldare PN 40 (ovvero pressione massima di esercizio pari a 40 bar) rivestita esternamente in polietilene a triplo strato dal serbatoio di Ponteacco al serbatoio di Mezzana e altrettanti di cavidotto per la posa del cavo segnale, con il posizionamento di pozzetti di ispezione circa ogni 50 metri. Si installarono due elettropompe sommerse, completamente accessoriate. La sistemazione stradale si attuò con una leggera fresatura del manto esistente, per eliminare eventuali asperità della pavimentazione, pulizia, riempimento degli avvallamenti più accentuati con conglomerato bituminoso formando uno strato resistente ai carichi stradali e quindi sovrapponendovi uno strato di binder per il livellamento del piano di stradale e il tappeto d’usura.

77

Il serbatoio di Sottovernassino.

La nuova cabina di potabilizzazione di Sottovernassino.

L’acquedotto di Sottovernassino L’abitato della frazione di Sottovernassino si suddivide sostanzialmente in due agglomerati: uno alto vicino al serbatoio di accumulo e distribuzione e uno basso, posto 70 metri al di sotto di esso. Gli abitanti della parte alta da tempo lamentavano carenze idriche estive, in coincidenza con il rientro in paese per le ferie di famiglie di emigranti o di villeggianti. Inoltre, in concomitanza di intense piogge l’acqua della sorgente si intorbidiva, a testimonianza della posizione superficiale della fonte di approvvigionamento, alterata dal ruscellamento dell’acqua sul terreno. L’Acquedotto Poiana dal 2004, su sollecitazione degli Amministratori comunali – in particolare del rappresentante frazionale – aveva avviato una trattativa per l’acquisto di un terreno idoneo alla realizzazione di una nuova cabina per il trattamento di potabilizzazione dell’acqua della sorgente. Soltanto nel mese di marzo 2008 fu possibile concludere l’acquisto da parte dell’azienda di un terreno, censito al foglio 5 mappale 110 del Comune censuario di San Pietro al Natisone. Si procedette alla riconfinazione del terreno acquisito, al rilievo planoaltimetrico del sito, delle condotte idriche della cabina serbatoio di accumulo esistente e alla prova a pressione delle vecchie tubazioni. Ne risultò che tutto l’acquedotto della parte bassa e anche il collegamento con la parte alta doveva essere sostituito e potenziato, a causa delle fatiscenti condizioni delle condotte, inoltre doveva essere eseguito un ulteriore trattamento di potabilizzazione e pressurizzazione dell’acqua distribuita, per erogare il servizio secondo gli standard di qualità della carta dei servizi. Compiuta la sostituzione delle condotte necessarie, più problematico era effettuarne la potabilizzazione. L’opera di captazione era costituita da una serie di piccoli bacini di calma, realizzati artigianalmente, posti


78

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

L’interno della nuova cabina di Sottovernassino.

in una grotta naturale. La sorgente dava una portata esigua, pari a 1 l/secondo, comunque sufficiente al fabbisogno dei residenti. L’acqua era immessa nella condotta adduttrice DN 50 e raggiungeva il serbatoio di accumulo della capacità di 20 mc, sito sulla strada Sottovernassino-Costa. Da quest’ultimo partiva la linea di distribuzione, a gravità, direttamente a servizio della frazione. La disinfezione dell’acqua avveniva con ipoclorito di sodio immesso nel serbatoio. Dal monitoraggio chimico-fisico dell’acqua risultavano presenti – in quantità variabili ma comunque tutt’altro che trascurabili durante le precipitazioni piovose – dei solidi sospesi che dovevano essere eliminati. Inoltre, le abitazioni più vicine al serbatoio nelle ore di maggior prelievo risentivano di carenze idriche, soprattutto ai piani superiori delle abitazioni, dovute alla mancanza di pressione in rete. Il progetto ha previsto l’installazione di nuove apparecchiature, sia per eliminare la torbidità dell’acqua sia per aumentare la pressione sulla rete di distribuzione. Si è scelto di filtrare l’acqua sulla linea di adduL’interno della nuova cabina di Sottovernassino.

zione, prima dell’immissione del serbatoio e di incrementare la pressione a valle del serbatoio stesso, sulla condotta di distribuzione. Con l’acqua del serbatoio, pressurizzata, è stato anche possibile eseguire i controlavaggi del filtro a sabbia per la torbidità. Il sistema scelto prevede, prima della filtrazione, un accumulo sussidiario di 1,5 mc a valle del quale è installata una coppia di pompe di rilancio da 1.38 l/s alla prevalenza manometrica di 15 m.c.a. (metri di colonna d’acqua) in parallelo; in questa maniera si sono create le condizioni ottimali di lavoro dell’apposito filtro, installato a valle del gruppo di rilancio. La pompa di rilancio del filtro lavora mediamente per circa 22 minuti, sostando poi per circa 4 ore e 10 minuti in attesa del riempimento del serbatoio ausiliario. Una volta filtrata, l’acqua viene immessa nel serbatoio di accumulo. Sulla linea di distribuzione in uscita dal serbatoio è installato un gruppo di pressurizzazione consistente in una pompa, un’autoclave con cuscino d’aria e un inverter, in grado di mantenere la pressione costante al variare della portata immessa in rete; la pressione di rete viene mantenuta a 25 m.c.a. in modo di garantire un buon servizio a tutta l’utenza. Infine, sulla linea di distribuzione, a valle dell’abitato alto della frazione si è installata una valvola regolatrice di pressione, per ridurla nella parte più bassa e stabilizzare ulteriormente la pressione a monte. I controlavaggi del filtro vengono di norma effettuati con una portata di 1,11 l/s, pari all’80% della portata di esercizio, utilizzando l’acqua stessa del serbatoio. Il tempo di controlavaggio è di circa mezz’ora, pertanto la capacità del serbatoio di accumulo è più che sufficiente per garantire sia il servizio di distribuzione dell’acqua che il controlavaggio del filtro.

L’impianto fotovoltaico di San Nicolò di Manzano L’impianto fotovoltaico di San Nicolò di Manzano, concepito a servizio di tutte le apparecchiature del pozzo di estrazione e di rilancio di acqua potabile, è una struttura industriale per la produzione di energia elettrica mediante tecnologia fotovoltaica. L’Acquedotto Poiana ha tra le proprie strategie industriali il contenimento dei costi energetici, a tal fine sta realizzando una serie di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile con tecnologia a pannelli fotovoltaici, utilizzata direttamente con le modalità dell’autoconsumo. Ciò permetterà di ridurre la quantità di energia elettrica acquistata da produttori esterni, con immediato beneficio sul contenimento dei costi di produzione dell’acqua potabile e indirettamente sulla tariffa dell’acqua applicata agli utenti. L’impianto, avente una potenza di picco pari a 702 kWp, coprirà


Vista aerea della zona (in rosso), ove è previsto l’impianto fotovoltaico in San Nicolò di Manzano.

Planimetria dell’impianto fotovoltaico in progetto a San Nicolò di Manzano; a nord si trova l’impianto esistente di estrazione e rilancio di acqua potabile.

circa il 20% del fabbisogno di energia elettrica dell’impianto e non produrrà alcun tipo di emissione per tutta la durata del suo esercizio. In base ai dati di irraggiamento caratteristici delle latitudini di riferimento potrà produrre circa 0,8 GWh l’anno, contribuirà ad evitare emissioni di CO2 per 500 tonnellate l’anno, pari a 10.000 t in un periodo di 20 anni, ossia una quantità che dovrebbe essere assorbita da una foresta di 2.050 ettari, equivalenti alla superficie di circa 1.390 campi da calcio regolamentari ed evitando il consumo annuale di circa 1.200 barili di petrolio. In un ventennio si eviteranno consumi per 3.300 TEP (tonnellata di energia equivalente in petrolio) con un totale di circa 25.000 barili di petrolio, risparmiando 2,1 milioni di dollari pari a 1,5 milioni di euro, riferendosi a quotazioni del petrolio e del dollaro dell’ottobre 2011. Il progetto prevede in un’area di 1,3 ettari il collocamento delle strutture fotovoltaiche fisse a moduli in silicio cristallino, per l’estensione di circa un ettaro. Non saranno edificati fabbricati a servizio delle rete elettrica, cabine di trasformazione o di consegna, in

quanto i trasformatori e le altre apparecchiature elettriche necessarie alla connessione dell’impianto fotovoltaico alla rete elettrica esistente saranno collocate nei vani esistenti. I moduli fotovoltaici in silicio cristallino, collegati in serie, verranno installati sui supporti metallici e riuniti in stringhe di lunghezza variabile, con altezza massima di ingombro di 2,40 m dal piano campagna. Su circa 1.000 mq verrà realizzata una barriera di verde arbustivo che, circondando il campo fotovoltaico, inserirà al meglio il progetto nel contesto naturale.

Vista d’insieme dell’area di intervento, che accoglierà i pannelli fotovoltaici previsti a San Nicolò di Manzano.

Struttura fissa di impianto fotovoltaico con moduli in silicio cristallino, prospetto e sezione.


80

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

OPERE FOGNARIE Dal 2000 si contano più di 80 interventi rilevanti, tra quelli fognari e di depurazione. Qui se ne riportano alcuni, ritenuti più significativi.

Il rilievo delle reti fognarie Come per l’acquedotto, anche per le fognature valgono le medesime considerazioni sull’importanza della precisa e puntuale conoscenza delle reti. Queste condotte, pur essendo caratterizzate da un maggior numero di punti di ispezione rispetto a quelle acquedottistiche, teoricamente facilitanti la loro individuazione, invece risultavano assai meno conosciute di quelle idropotabili. Inoltre la gestione frammentaria e il numero inadeguato di addetti un tempo a esse dedicato non ha consentito di avere il supporto delle testimonianze orali, di notevole importanza durante la fase di acquisizione delle loro varie caratteristiche. Il programma di rilevazione è in corso. Sono in fase di completamento la mappa degli allacciamenti, la mappa delle caditoie stradali e la distrettualizzazione delle reti fognarie.

All’agosto 2012, risultano già completati i rilievi della zona industriale-artigianale a Cividale del Friuli e quelle del capoluogo e frazioni nei seguenti Comuni: Corno di Rosazzo, Manzano, Moimacco (anche caditoie), Pradamano (anche caditoie) Premariacco (anche caditoie), Remanzacco (anche caditoie), San Giovanni al Natisone (anche caditoie), I risultati ottenuti, alla stregua di quelli per gli acquedotti, sono geo-riferiti e archiviati in una banca dati. Dei metodi e degli standard acquisiti dagli uffici tecnici aziendali si è trattato nel capitolo dedicato alla crescita aziendale. Qui si riporta, a titolo esemplificativo, i risultati previsti come obiettivo nei prossimi 4-5 anni, su tutto il territorio consorziale gestito.

Nella pagina a fianco: planimetria dei distretti e dei settori fognari dell’intero territorio consorziale. Il sistema fognario è complessivamente di tipo misto (le acque nere e le acque meteoriche vengono raccolte nella stessa tubazione). Ogni distretto fa riferimento al depuratore finale, ogni settore fa riferimento allo sfioratore di piena finale. In basso: estratto di planimetria della rete fognaria e caditoie. Ogni singolo pozzetto di ispezione è stato rilevato mediante la compilazione di una scheda monografica. Nella tavola con tratto verde sono riportate le condotte esistenti e l’indicazione dei relativi diametri.



82

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

I progetti generali delle fognature Correlati al rilevamento delle reti fognarie sono i progetti generali delle fognature, che in questo ultimo decennio sono già stati redatti direttamente dall’ufficio progettazione e lavori aziendale. Il primo progetto generale redatto fu quello di Corno di Rosazzo (giugno 2002), seguirono quelli di Pradamano (febbraio 2005), Manzano (aprile 2004/2008), San Giovanni al Natisone (novembre 2006), Moimacco (dicembre 2007), Zona industriale-artigianale di Cividale del Friuli (gennaio 2009), Premariacco (giugno 2009), Remanzacco (maggio 2011). Attualmente si sta redigendo il progetto generale di Trivignano Udinese, che si prevede di completare entro il primo semestre del 2013. Tutte le progettazioni generali sono supportate da un modello matematico della rete aziendale, utilizzato quotidianamente dai nostri uffici tecnici. Il risultato finale verso cui ci si avvicina progressivamente è il “progetto generale comprensoriale delle fognature”, con il quale sulla base delle ipotesi omogenee progettuali si disporrà di un unico quadro complessivo e di un unico modello matematico dell’intera rete.

Sollevamento fognario del Tiglio e collegamento al depuratore di Biarzo in Comune di San Pietro al Natisone L’intervento si prefiggeva di convogliare all’impianto di depurazione di Biarzo tutte le acque nere della frazione di Tiglio e dell’albergo “Natisone”. In particolare si prevedeva la separazione delle acque reflue da quelle meteoriche, mantenendo così in funzione tutte le condotte e i colatoi esistenti per le sole

Casseratura della vasca del sollevamento fognario.

In alto: lavori di escavazione con catenaria sulla strada statale 54.

A destra: posa della mandata del sollevamento sul ponte in prossimità del vecchio serbatoio di accumulo di San Pietro.

acque meteoriche, realizzando nel contempo le condotte per le acque reflue convogliate, mediante un impianto di sollevamento, all’impianto biologico di Biarzo. I tracciati delle condotte sono state oggetto di un attento studio per individuare la migliore soluzione tecnica ed economica, tenendo conto delle infrastrutture a rete esistenti, dei percorsi più brevi e delle modalità esecutive più agevoli viste le condizioni di contorno assai gravose per la morfologia dei terreni, la struttura urbana e la frammentazione delle proprietà. Tutte le acque nere vengono convogliate al punto più basso della frazione, ove funziona un impianto per il sollevamento delle stesse; una volta superato il dosso in corrispondenza dell’albergo “Natisone”, esse vengono condotte verso Ponteacco tramite una nuova rete a gravità e, infine, immesse nella rete fognaria di tipo misto già esistente a servizio di Ponteacco per essere destinate al depuratore di Biarzo. Essendo l’area caratterizzata dalla presenza di terreni prevalentemente rocciosi, fu necessario ridurre al minimo le profondità di scavo, privilegiando un andamento altimetrico del tracciato il più possibile corrispondente alle pendenze delle strade e dei terreni.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

83

Vista dal basso del sollevamento fognario durante le opere di finitura.

Vi dovevano essere scaricate le sole acque di piena, in quanto le acque nere, fino a una diluizione pari a sei volte la portata media giornaliera delle acque nere, era previsto che fossero avviate, tramite un apposito manufatto di derivazione, a un impianto di depurazione da erigersi a sud-ovest della zona industriale, del quale si era anche predisposto l’elaborato progettuale preliminare. Dopo attente riflessioni, si valutava con maggiore attenzione la possibilità di convogliare le acque nere all’esistente depuratore di Casali Battiferro. Considerato anche i tempi per l’attuazione del nuovo manufatto si decise, concordemente con l’Amministrazione comunale di Remanzacco, in via prioritaria di eseguire la rete fognaria. Il progetto prevedeva, in una prima fase, il vettoriamento in fognatura delle acque bianche che non abbisognavano di preliminari trattamenti depurativi e potevano essere immesse direttamente nel corpo ricettore finale. Attualmente, grazie anche alle previsioni del nuovo progetto generale redatto dall’azienda, una parte dei collettori realizzati possono essere utilizzati per il vettoriamento delle acque nere. Vista dalla strada statale del sollevamento fognario del Tiglio completato.

Lo scolmatore di piena Il sollevamento fognario è stato realizzato rivestendo i paramenti con muro in sasso, consentendone un buon inserimento nel contesto di pregio ambientale del fiume Natisone. Il tutto completato con opere di protezione e di una via di accesso pedonale e transitabile con piccoli mezzi agricoli per raggiungere i terreni posti inferiormente al sollevamento.

Lo scolmatore di piena di Bivio Oselin a Remanzacco L’intervento, individuato d’intesa tra gli uffici tecnici del Comune di Remanzacco e dell’Acquedotto Poiana, aderiva ai criteri e perseguiva le finalità del progetto generale della rete fognaria della zona industrialeartigianale, a firma dell’ing. Roberto Foramitti. Tale area, della superficie di circa 132 ha, secondo le previsioni del progetto generale viene servita da una serie di condutture che convogliano le acque di piena, per una portata di 3,80 mc/s, in un collettore terminale, di sezione rettangolare delle dimensioni interne di 2.00x1.50 m, che trova recapito nel torrente Torre, qualche centinaio di metri a valle del ponte della Statale n. 54 “del Friuli”.

La soluzione adottata per lo sbocco della condotta di sfioro delle piene fognarie tenne conto delle prescrizioni e delle osservazioni espresse dagli enti competenti, cui erano state richieste le autorizzazioni per l’esecuzione del 1º lotto dei lavori, realizzati nel 1992. Si ricorda che parte delle opere di tale lotto non fu allora realizzata, essendo in corso altre opere di bonifica dell’area sul torrente Torre.

Il manufatto di sbocco della condotta durante le lavorazioni di costruzione, in località Bivio Oselin a Remanzacco nel 2006.


84

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Il manufatto di sbocco dello sfioratore di piena. Sull’apertura rettangolare del paramento è stata poi innestata la canna armata.

Posa della canna armata costituente lo sfioratore di piena fognaria (2006).

Sullo sbocco nel torrente Torre si adottarono alcune soluzioni tecniche, atte a garantire una maggiore resistenza all’azione erosiva delle piene del corso d’acqua. In particolare, fu previsto il completamento del collettore di scarico della piena fognaria mediante la posa in opera di circa 29 m di canna armata scatolare in cemento armato delle dimensioni interne di 2,00x1,50 m verso il Torre, sin oltre la strada costeggiante il suo argine. Il manufatto di scarico presentava una conformazione ad L, con il lato maggiore di 23,50 m e altezza 6,15 m, il lato minore di 13.20 m con altezza di 5,65 m e una inclinazione di circa 45° rispetto alla direzione del flusso delle acque del Torre. Le fondazioni dello spessore di 0.80 m si posarono a una profondità di 1.80 m rispetto alla quota di fondo alveo, posta a 96.75 m s.l.m. A protezione di un eventuale rischio di scalzamento del manufatto si consolidarono le fondazioni con la realizzazione di “jet grouting”

Vista frontale dello sbocco sul torrente Torre a Remanzacco (2006).

Lavori di preparazione dello scavo prima della posa dei conci prefabbricati.

armati con tubi in acciaio della profondità di tre metri; le colonne di terreno consolidato, del diametro di 75 cm ognuna, furono realizzate in modo da formare una striscia della larghezza minima di 1,25 m. Il manufatto fu poi rivestito sulla parte frontale con delle lastre prefabbricate in pietrame a faccia vista; per impedire il pericolo di caduta dall’alto, sul manufatto fu collocato un parapetto di protezione in acciaio zincato. Il canale di scarico fu scavato di forma trapezoidale, con fondo di 3 m e scarpate con rapporto altezza/larghezza 2:3, confluente nel torrente con una inclinazione di circa 45° rispetto alle linee di corrente. La platea di fondo fu realizzata in pietrame da scogliera cementato e posato su geotessuto; per accogliere le prescrizioni indicate nel parere idraulico rilasciato dalla Direzione regionale dell’Ambiente, il rivestimento interessò anche la parte inferiore delle scarpate del canale di collegamento.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Realizzazione del pozzetto di sollevamento sulla rotonda di Bivio Oselin.

Lavori interessanti la tratta su via Oselin.

La sistemazione fognaria del distretto n. 5 del capoluogo di Cividale del Friuli Il primo lotto L’intervento prevedeva la realizzazione di una prima tratta della nuova rete fognaria a servizio di un’ampia zona della parte nord-ovest di Cividale comprendente località Gallo, la zona della piscina, del palazzetto dello sport, dell’Istituto Tecnico Agrario e, più a nord, parte dell’abitato della frazione di Rubignacco, tecnicamente individuata come distretto n. 5. Questo primo intervento, finanziato dalla Protezione Civile, intendeva dare una efficace risposta alla precaria situazione venutasi a creare con il ripetersi degli allagamenti in quella zona. L’Amministrazione comunale incaricò l’Acquedotto Poiana, in base al contratto di servizio vigente, a redigere la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva delle opere del primo lotto nonché la documentazione per la sicurezza sui cantieri in fase di progetto e le successive fasi di direzione lavori, coordinaRealizzazione della condotta lungo via Leonardo da Vinci. Lo scavo raggiunse i sei metri di profondità.

85

Interno della condotta dopo la posa. Sullo sfondo si vede il fronte di scavo.

mento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo amministrativo delle opere. Le scelte progettuali e il tratto oggetto del primo intervento ebbero come criteri ispiratori: – apportare i maggiori benefici, diretti o indiretti, alla rete fognaria esistente; – garantire il coordinamento tra le previsioni della bozza del progetto generale organico delle fognature di Cividale del Friuli, allora ancora in corso di redazione, e le opere oggetto dell’intervento; – mantenere la funzionalità idraulica della rete esistente; – eseguire i lavori con le migliori tecniche, considerando che si operava all’interno del centro abitato e il piano di posa della tratta fognaria in certi punti raggiungeva i sei metri di profondità. Nei lavori, condotti tra il 2007 e il 2009, fu realizzata la condotta in cemento armato prefabbricato, a sezione rettangolare delle dimensioni di 200x150 cm, con cunetta di fondo lungo via Leonardo da Vinci sino alla rotonda sulla strada statale in località Gallo, proseguendo poi con la sezione di 200x100 cm lungo via del Crognolet, con tutti gli allacciamenti e le relative opere accessorie, per complessivi 335 m circa. Presenza di conglomerato tipico delle forre del Natisone nella parte più profonda dello scavo in via L. da Vinci.


Ritrovamenti di tombe longobarde durante le lavorazioni per la posa della condotta, in località “Al Gallo”.

Spostamento dei monoliti in cemento armato realizzati fuori opera, da posare sull’attraversamento ferroviario.

Nel corso dell’intervento furono rinvenute cinque tombe longobarde, situate in corrispondenza della rotonda “Al Gallo”. Pur risultando esse prive di corredi funerari con reperti pregiati, attraverso lo studio degli scheletri questo ritrovamento ha consentito di incrementare ulteriormente i dati sulla popolazione longobarda della città ducale.

Il secondo lotto Il sistema di smaltimento delle acque reflue dell’area a nord di via del Crognolet trovava il suo punto di raccordo in corrispondenza dell’incrocio con via della Croce e via del Laterano ove confluivano tre condotte, rispettivamente del diametro di 140 cm, 60 cm e 30 cm. Da qui dipartiva una condotta ovoidale di 55x75 cm a una quota di fondo di circa 3.14 m dal piano campagna, della quale era palese l’assoluta insufficienza. Quest’ultima condotta percorreva via del Crognolet, ove riceveva le acque meteoriche di alcuni fossi stradali e di una condotta del diametro di 60 cm in corrispondenza del nuovo palazzetto dello sport, e terminava immettendosi nello scatolare di dimensioni interne 200x100 cm realizzato nel corso dei precedenti lavori. Le scelte progettuali seguirono i medesimi criteri del primo lotto.

Taglio dei binari per la posa dei monoliti sull’attraversamento ferroviario.

Spostamento dei binari sull’attraversamento ferroviario.

Operazioni di scavo per la posa dei monoliti sull’attraversamento ferroviario, dopo lo spostamento dei binari. Formazione dei micropali durante le ore notturne di fermo dei treni della ferrovia Udine-Cividale, in corrispondenza dell’attraversamento ferroviario.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

87

Posa dei monoliti sull’attraversamento ferroviario. Si noti la loro doppia luce: la parte bassa è utilizzata come collettore fognario, quella superiore è disponibile per il passaggio di futuri sottoservizi. Si sono coniugate le necessità di una rapida costipazione del terreno e quella di rendere facilmente superabile la ferrovia, per soddisfare altre esigenze dei tempi a venire.

Formazione del piano di posa dei monoliti con calcestruzzo magro (magrone). È ben evidente come le pareti dello scavo siano sostenute con i micropali appositamente realizzati.

L’elevata profondità di posa, la presenza di sottoservizi ai margini dell’area di scavo nonché la necessità di ridurre i volumi e quindi i costi degli scavi, suggerirono l’utilizzo di uno scatolare di larghezza inferiore rispetto a quanto in progetto. Si scelsero le dimensioni interne di 150x150 cm in sostituzione dello scatolare di dimensioni 200x100 cm. Fu quindi eseguita la verifica idraulica e della quota dell’estradosso superiore della condotta fognaria, al fine di valutarne la compatibilità con gli altri sottoservizi, in particolare con la linea ferroviaria Udine-Cividale. Sostanzialmente il progetto proponeva la continuazione del primo lotto, mantenendone il tracciato e la pendenza. Particolarmente impegnativo fu l’attraversamento del tracciato della ferrovia Udine-Cividale al km 14+544, per il quale le opere di sostegno dei binari, il ripristino e compattamento del ballast e ogni altra opera necessaria, compresa la sorveglianza, furono realizzati dalla società di gestione della tratta ferroviaria UdineCividale “FUC S.r.l.” e da un’impresa specializzata. Le operazioni di varo furono realizzate in orario festivo, nel periodo di interruzione del traffico ferroviario, con sostituzione del servizio ferroviario con autobus. La saldatura dei binari ferroviari, per il loro ripristino dopo la posa degli elementi fognari, è condotta con la seguente procedura: attorno agli spezzoni da Saldatura del binario ferroviario, mediante colatura di acciaio fuso in una apposita sagoma.

riunire viene creato uno scatolo con sagome che riproducono il profilo del binario, realizzate con materiale refrattario, eventuali fessure sono chiuse con uno speciale stucco. In fase preparatoria, i due spezzoni vengono scaldati con un cannolo fino ad arroventarli a una temperatura di circa 700-800°C, facendo così anche seccare lo stucco di chiusura; prima di procedere ulteriormente, è molto importante verificare il perfetto allineamento dei binari e l’assenza di altre fessure da sigillare. Un crogiuolo, a forma di enorme imbuto contenente polveri di ossido di ferro e alluminio, viene posto sopra il foro di colata e si infiamma il suo contenuto con il cannello: l’alluminio si combina con l’ossigeno liberato dall’ossido di ferro e genera una reazione chimica,

Il binario ferroviario saldato.


88

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Lavori notturni di costipamento del ballast (pietrisco per linee ferroviarie) sull’attraversamento ferroviario in località Crognolet.

rapidissima e violentissima, che sviluppa una temperatura di circa 2850°C. Nel giro di poche decine di secondi l’acciaio è fuso, assumendo un colore bianco-giallo splendente, ed è colato tra i due spezzoni di binario. Dopo alcuni minuti viene rotto il materiale refrattario e, con un apposita molatrice, si pulisce il punto di saldatura da eventuali difetti di sbavatura.

capoluogo, cosicché in occasione di eventi meteorici con precipitazioni particolarmente intense, il collettore andava in crisi. A soluzione di tale problema il Progetto generale prevedeva la costruzione di un nuovo collettore fognario che dall’incrocio via Resistenza-via dei Pini convogliava le acque di piena lungo via dei Pini e via Plebiscito sino allo scarico nel Torrente Corno in località casali Cumini. Esso permetteva inoltre di raccogliere e convogliare al torrente Corno le acque meteoriche delle strade, dei parcheggi e delle abitazioni che, non trovando recapito, si accumulavano nelle zone più depresse. Il progetto prevedeva anche la realizzazione di un collettore, posto lungo via dei Pini e via Chiurlo, a servizio di un’area sprovvista di rete fognaria e pertanto soggetta a frequenti allagamenti, come testimonia l’immagine pubblicata. Lavori di posa della rete fognaria lungo via dei Pini a Corno di Rosazzo.

Il nuovo collettore fognario dall’incrocio via Resistenza-via dei Pini a Corno di Rosazzo La rete fognaria del territorio comunale di Corno di Rosazzo fu pianificata l’ultima volta con l’aggiornamento del Progetto generale delle fognature datato 10 giugno 2002, il primo ad essere redatto dall’Acquedotto Poiana. Esso fu approvato con delibera comunale n. 46 del 25 novembre 2002 e parere favorevole della Direzione Regionale dell’Ambiente n. 10/2003 del 2 luglio 2003, nonché dalla variante di data 7 novembre 2008 approvata con deliberazione del consiglio comunale n. 3 del 16 febbraio 2009. Dall’analisi della rete fognaria si evidenziò come lungo la tratta esistente in via Resistenza venivano convogliate le acque reflue di una vasta area a nord del Allagamenti su via Chiurlo a Corno di Rosazzo in seguito a precipitazioni piovose.

La rete fognaria a servizio della zona industriale “ex S.I.F.O.” e della nuova zona artigianale in Comune di Cividale del Friuli Il sistema idraulico fognario di quest’area è piuttosto complesso, frutto di una evoluzione nel tempo non sempre confortata da corrette valutazioni complessive. L’azienda, sollecitata da più parti a realizzare tale elaborato progettuale ma conscia delle difficoltà di valutazione in questo ambito, si attivò prima per la progettazione generale delle fognature del Comune di Moimacco, poi per la zona industriale di Moimacco e Cividale del Friuli, ivi compresa la nuova zona artigianale di Cividale ed alla luce dei risultati e delle soluzioni ottimali previste procedette alla redazione del progetto per il collettamento delle acque reflue della nuova zona artigianale di Cividale.


In alto: schema della complessa rete fognaria della zona industriale di Moimacco e Cividale del Friuli.

In basso: posa della condotta fognaria lungo la strada statale n. 54, in direzione della localitĂ â€œTre Pietreâ€?.


90

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

A sinistra e in alto: posa della condotta fognaria lungo la strada statale n. 54.

La rete fognaria del territorio comunale di Moimacco fu pianificata con l’aggiornamento del Progetto generale delle fognature in data 14 dicembre 2007, quella a servizio della zona industriale “ex S.I.F.O.” e della nuova zona artigianale in Comune di Cividale del Friuli il 30 gennaio 2009. Fu realizzata la condotta a gravità di convogliamento delle acque reflue lungo la S.S. 54 “del Friuli” e internamente alla nuova zona artigianale di Cividale del Friuli.

La sistemazione del rio di Ipplis Questo intervento, legato alla progettazione generale delle fognature di Premariacco, è consistito nell’estendere a monte la sistemazione idraulica del rio di Ipplis, già avviata dalla Protezione Civile con i lavori realizzati in prossimità dell’abitato di Azzano “Intervento urgente di protezione civile per la pulizia, ricalibratura, ripristino dei manufatti di attraversamento lungo il canale di sgrondo delle acque meteoriche che costeggia la strada provinciale n. 19, dalla frazione di Ipplis al confine comunale”, progettati nell’ottobre 2006 dall’ing. Paolo Lena di Udine. Si intendeva garantire il concomitante deflusso delle acque del rio e della rete fognaria in ogni situazione, aumentando l’efficienza idraulica del canale,

riducendone gli interventi di manutenzione, stabilizzandone le sponde e riducendo l’erosione spondale dell’acqua; il tutto, mantenendo quanto più possibile inalterati gli ingombri delle sezioni d’alveo in modo da intaccare solo marginalmente nuove aree agricole di pregio, soprattutto vigneti. La soluzione ottimale, attentamente meditata, fu quella di rivestire parzialmente le sponde del rio con paramenti verticali, in modo da aumentarne la sezione idraulica. Riguardo all’aspetto ambientale sarebbe stato opportuno utilizzare materiale lapideo e ligneo, ma ciò non avrebbe garantito una durata del manufatto compatibile con la vita prevista per l’opera. Fu scelto di utilizzare materiali maggiormente resistenti e longevi, la soluzione più soddisfacente risultò quella di intervenire radicalmente solo sul rio di Ipplis, approfondendo e allargando il fondo del canale mediante l’utilizzo di telai in acciaio, cui abbinare pannelli prefabbricati in calcestruzzo stampati con matrici in gomma poliuretanica bicomponente. L’intervento, realizzato nel 2011, giunse sino alla intersezione con via Solzaredo, dove si crearono le condizioni per l’innesto dello sfioratore di piena fognaria esistente.

La posa degli elementi metallici per la ricalibratura del rio di Ipplis mediante la posa di lastre prefabbricate (2011). Le traverse metalliche, oltre alla loro funzione strutturale, consentono di proteggere il fondo dalle erosioni dell’acqua di piena.


In alto: planimetria delle opere di sistemazione idraulica del rio di Ipplis. A destra: vista di un tratto di canale prima della sistemazione del fondo. L’innovativa soluzione adottata, di semplice e rapida realizzazione, è risultata di notevole efficacia. In basso a sinistra: la realizzazione di una via di fuga per gli animali, eventualmente rimasti intrappolati nel canale. In basso a destra: salto di fondo sul rio, per recuperare la quota necessaria a immettere la condotta dello sfioratore di piena fognaria di via Solzaredo.


In alto: planimetria dell’intervento di risanamento dei collettori fognari dal depuratore all’abitato di Moimacco.

In basso: planimetria dell’intervento di relining dall’abitato di Moimacco alla zona industriale di Cividale del Friuli.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

93

Rivestimento interno della tubazione in gres della zona industriale di Moimacco e Cividale del Friuli La condotta delle acque nere del diametro di 400 mm in gres si sviluppa a partire dal depuratore per circa 2850 ml parallelamente alla strada statale 54 “del Friuli”, lungo terreni agricoli e giardini privati a una profondità media di 4 m; prosegue lungo le strade della zona industriale per una estesa di circa 498 m sino all’incrocio tra via della Ferrovia e via dell’Industria, si prolunga ulteriormente lungo di esse e poi lungo via del Commercio. La verifica videoispettiva metteva in luce un preoccupante stato di degrado statico delle condotte, con ovalizzazioni e diffuse fessurazioni. Si è deciso di risanare i collettori con la tecnica non distruttiva denominata relining, che a parità di costi ha i seguenti vantaggi: evita scavi di notevole entità e profondità, riduce al minimo il disagio sulla viabilità, consente la realizzazione delle opere anche in presenza di

Calza in poliestere a triplo strato utilizzata per il rivestimento interno delle tubazioni da risanare con la tecnica di relining. Prima di esservi inserita, la calza viene impregnata con resina epossidica.

strutture costruite sopra la tubazione in epoche successive, garantisce la continuità del servizio di vettoriamento fognario. I lavori sono in corso di realizzazione.

A

Prima fase del relining: intercettazione delle condotte a monte ed a valle, aggottamento e pulizia della condotta e preparazione delle macchine per l’inserimento della calza (g.c. “Risanamento fognature SpA di Treviso”).

Terza fase: riscaldamento dell’acqua per catalizzare la maturazione della resina epossidica (g.c. “Risanamento fognature SpA di Treviso”).

Seconda fase: stendimento della calza imbevuta di resina epossidica nella tubazione mediante immissione di acqua (g.c. “Risanamento fognature SpA di Treviso”).

Quarta fase: taglio del rivestimento nei pozzetti di ispezione e smontaggio delle apparecchiature (g.c. “Risanamento fognature SpA di Treviso”).


Planimetria d’insieme del depuratore di Lovaria.


DEPURATORI Il depuratore di Lovaria Il progetto generale delle fognature prevedeva la dismissione del depuratore del capoluogo di Pradamano e la realizzazione di un nuovo manufatto in prossimità del depuratore di Lovaria. Con i finanziamenti Interreg 2000-2007 e il contributo del Comune di Pradamano, le previsioni del piano presero avvio tra il 2005 e il 2007. Furono eseguiti tutti i lavori edili relativi al nuovo depuratore di Lovaria, che non fu realizzato in toto mancando i fondi per alcune strumentazioni e apparecchiature. Relativamente al suo funzionamento, in estrema sintesi: le acque sono sottoposte prima a un trattamento di grigliatura grossolana e poi di grigliatura fine; segue il sollevamento delle acque reflue tramite due elettropompe, cui ne verrà aggiunta una terza. Per abbattere il carico di azoto nitrico sono state realizzate tre linee parallele di denitrificazione, all’interno delle quali la miscelazione si ottiene con un mixer sommergibile e altrettante linee parallele di ossidazione dotate di impianto di aerazione. Per la sedimentazione finale sono previste due linee parallele, con decantatori circolari del diametro interno di 11 metri.

Realizzazione delle pareti delle vasche di equalizzazione, denitrificazione e di ossidazione.

Schema funzionale del depuratore di Lovaria. Il processo prevede che le acque siano sottoposte prima a un trattamento di grigliatura grossolana e poi di grigliatura fine. Segue il sollevamento delle acque reflue con due elettropompe. Per abbattere il carico di azoto nitrico sono state realizzate tre linee parallele di denitrificazione e altrettante linee parallele di ossidazione. Per la sedimentazione finale sono previste due linee parallele, con decantatori circolari del diametro interno di 11 m. La fase di ricircolo dei fanghi in denitrificazione è assicurata da tre pompe sommergibili. La disinfezione finale con acido peracetico avviene in una vasca di contatto in calcestruzzo armato. La fase di disidratazione dei fanghi di depurazione è ottenuta con quattro letti di essiccamento, integrata con un digestore fanghi aerobico e un ispessitore fanghi.


96

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Formazione del piano di posa delle fondazioni di uno dei due sedimentatori.

Realizzazione dei muri di un sedimentatore del depuratore di Lovaria.

La fase di ricircolo dei fanghi in denitrificazione è assicurata da tre pompe sommergibili di tipo centrifugo. La disinfezione finale con acido peracetico avviene in una vasca di contatto in calcestruzzo armato. La fase di disidratazione dei fanghi di depurazione su letti di essiccamento è ottenuta con quattro letti, in calcestruzzo armato riempiti con substrati di inerti. La linea fanghi dell’impianto è inoltre integrata con un digestore fanghi aerobico e un ispessitore fanghi. Grazie ad un secondo finanziamento sulla cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, risulterà ora possibile completare l’impianto e realizzare la condotta delle acque nere, con la conseguente dismissione del depuratore del capoluogo.

Planimetria d’insieme del depuratore di Manzano. In rosso le opere previste in progetto.

Armatura della parte centrale di uno dei due sedimentatori.

I due sedimentatori a Lovaria, dopo il completamento dei getti.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

97

Schema funzionale del depuratore di Manzano capoluogo.

Una fase della preparazione della nuova vasca di ossidazione a Manzano.

Il depuratore di Manzano capoluogo Le opere rispondono ai requisiti previsti dall’aggiornamento del progetto generale delle fognature, frutto dello studio dell’ufficio progettazione e lavori aziendale. I lavori furono finanziati con fondi comunitari Interreg 2000-2007 e con contributi comunali. L’impianto originale di vecchia concezione fu massicciamente ristrutturato, utilizzando il più possibile le strutture esistenti. Lo schema di funzionamento è del tutto simile a quello del depuratore di Lovaria, prima descritto. Si precisa che l’impianto di insufflazione nel processo di nitrificazione-ossidazione sfrutta un sistema di regolazione della velocità delle soffianti in base all’effettivo fabbisogno di ossigeno, al fine di ottimizzare i consumi di energia elettrica; esso si realizza con un

La realizzazione dei sei letti di essicamento, profondi 1,40 metri, ove avviene la fase di disidratazione dei fanghi di depurazione a Manzano.

La nuova vasca per la disinfezione finale con acido peracetico.

misuratore di ossigeno che rileva in continuo la concentrazione di ossigeno disciolto in vasca e un convertitore di frequenza (inverter). I nitrati in uscita dalla ossidazione dovevano essere riciclati a monte della vasca di denitrificazione, in modo che fosse sfruttato il carbonio organico contenuto nel liquame di alimentazione per l’abbattimento dello stesso azoto nitrico; per tale ricircolo furono installate due elettropompe di adeguate caratteristiche.


STATO DI PROGETTO

L’adeguamento del depuratore della zona industriale e artigianale di Moimacco e Cividale del Friuli L’impianto di trattamento esistente delle acque nere è di tipo biologico, dotato di due linee separate e realizzate in tempi successivi (1º lotto del 1978 e 2º lotto del 1985). Riceve i liquami fognari dell’abitato di Moimacco (fognature miste, circa 1565 abitanti), le acque nere derivanti dalla zona industriale comprensiva delle acque dei servizi igienici (presenza di 1520 dipendenti) e le acque di processo (circa 65.000 mc/anno). Queste ultime, in particolare, sono compatibili con il processo di tipo biologico e giungono all’impianto pretrattate o comunque con parametri qualitativi rientranti nei limiti della tabella 3 dell’allegato 5 del decreto legislativo 152/2006, che rappresenta la norma attuale di riferimento.

Schema di flusso previsto dal progetto generale delle fognature di Moimacco.

Le due linee hanno in comune la stazione dei pretrattamenti, successivamente i liquami giungono al pozzo di sollevamento e da qui ai due impianti di trattamento, costituiti entrambi da comparto di ossidazione biologica e decantazione finale. Le acque chiarificate sono scaricate in una vasca di contatto comune per la disinfezione, mentre ciascuna linea è dotata di letti di essiccamento fanghi dedicati. L’impianto, realizzato a metà degli anni Settanta dimensionandolo per 2000 ‘abitanti equivalenti’, con il tempo inevitabilmente è divenuto sottodimensionato e insufficiente in vari comparti. Schema funzionale dell’impianto di depurazione della zona industriale artigianale di Cividale del Friuli e Moimacco e del Comune di Moimacco.


Planimetria d’insieme del nuovo depuratore di Moimacco e viste prospettiche.

Il nuovo impianto progettato, dimensionato per 5115 abitanti equivalenti, oltre agli obiettivi generali richiesti a tali trattamenti, persegue un elevato rendimento di rimozione degli inquinanti in grado di soddisfare i più restrittivi limiti vigenti e il raggiungimento della stabilizzazione spinta (mineralizzazione) dei fanghi di supero, con la relativa assenza di cattivi odori e minimizzazione dei costi di smaltimento dei fanghi di supero prodotti.

Gli interventi finanziati con i fondi della Cooperazione transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013 Nell’ambito del programma per la Cooperazione transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013, visto il bando pubblico n.02/2009 per la presentazione di progetti standard, i comuni di Buttrio, Cividale del Friuli, Moimacco, Pavia di Udine, Pradamano, Premariacco, San Giovanni al Natisone e Remanzacco per il tramite dell’Acquedotto Poiana con i comuni di Miren Kostanjevica, Nova Gorica, Kanal, Tolmin, Brda (Slovenia), la “F.IMM Technology Srl” di Rovigo (Veneto) e il “Gruppo HERA SpA” con sede legale a Bologna (Emilia Romagna), avevano predisposto sei proposte progettuali all’interno dell’Asse 1

“Ambiente, trasporti e integrazione territoriale sostenibile” del programma. Gli obiettivi di miglioramento ambientale condivisi sono stati il potenziamento delle reti acquedottistiche, fognarie e di depurazione.

Il progetto per il Comune di Pavia di Udine Pavia di Udine è uno dei Comuni nei quali l’azienda non ha ancora intrapreso l’attività di ricognizione e di adeguamento del progetto generale delle fognature. Sono però note diverse criticità del sistema, più volte segnalate dall’Amministrazione comunale e anche dai cittadini. Non disponendo di un piano generale dell’assetto fognario, l’individuazione della soluzione da adottare non è stata semplice. L’intervento proposto risolve tre diverse problematiche relative a Pavia, a Selvuzzis e alla zona industriale di San Mauro, con un intervento economicamente equivalente. Queste le ragioni delle scelte progettuali: – lo sfruttamento delle potenzialità del depuratore di Percoto già previsto e realizzato per depurare anche le acque nere della frazione di Pavia; – la possibilità planoaltimetrica di collegare a gravità Pavia di Udine con Percoto e anche la frazione di Selvuzzis; – la dismissione del depuratore di Pavia di Udine, dalle caratteristiche obsolete e bisognoso di drastici interventi strutturali;


In alto: schema idraulico del sistema fognario per il Comune di Pavia di Udine.

In basso: planimetria della nuova rete fognaria del Comune di Pavia di Udine.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

L’abitato di Selvuzzis servito dalla nuova rete fognaria.

– la possibilità del collegamento della zona industriale di San Mauro, già servita da una rete fognaria di tipo separato, alla nuova rete fognaria in progetto escludendo il depuratore biologico a biorulli in dotazione; – la potenzialità della rete fognaria a valle del tratto dei lavori è idonea a trasportare le nuove quantità di acque nere derivanti dalla frazione di Pavia di Udine, dalla zona industriale di San Mauro e dalla frazione di Selvuzzis; – il funzionamento della rete in progetto è a gravità.

Il progetto per il Comune di Pradamano Il sistema fognario comunale, previsto dal progetto generale delle fognature, sfrutta i collettori principali della rete fognaria esistente, di tipo misto, del capoluogo e della frazione di Lovaria. Nella progettazione si prevede il collegamento dei due sistemi fognari per le sole acque nere; ciò consentirà di dismettere l’impianto di depurazione del capo-

101

Punto della roggia di Palma, tra la frazione di Selvuzzis e Percoto, che sarà attraversato in subalveo dalla nuova rete fognaria.

luogo sfruttando, dello stesso, soltanto il sollevamento posto all’ingresso del processo depurativo. Tale sollevamento modificato e potenziato immetterà le acque nere del capoluogo nella condotta in progetto lungo la strada provinciale n. 37 “di Pradamano”. Il sistema di scarico delle acque di piena fognaria del capoluogo rimarrà inalterato. Questa soluzione progettuale è in sintonia con gli indirizzi normativi che indicano come soluzione razionale e ottimale il vettoriamento delle acque da depurare a pochi e potenti impianti di depurazione. L’intervento viene realizzato in completa conformità con le previsioni del nuovo progetto generale delle fognature comunali. In sintesi, queste le ragioni delle scelte progettuali: – il completamento del processo di ammodernamento del sistema depurativo comunale; – la dismissione del depuratore del capoluogo dalle caratteristiche obsolete e necessitante di drastici interventi strutturali; Schema fognario del Comune di Pradamano.


In alto: planimetria del collegamento fognario tra il depuratore del capoluogo di Pradamano e la frazione di Lovaria.

In basso: planimetria del depuratore di Lovaria.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Particolari costruttivi dell’idrovora di Lovaria.

– la possibilità plano altimetrica di collegare a gravità il capoluogo e la frazione di Lovaria; – le opere trovano previsione nel progetto generale delle fognature comunale e risultano essere la sintesi di una serie di valutazioni sulle migliori soluzioni tecniche economiche da adottare; – la potenzialità della rete fognaria a valle del tratto dei lavori capace di trasportare le nuove quantità di acque nere derivanti dal capoluogo; – la necessità di potenziare l’impianto idrovoro per le piene fognarie di Lovaria.

Mixer per la vasca di denitrificazione.

103


104

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Nella pagina a fianco in alto: planimetria delle opere di collegamento fognario, area via Orzano-Selvis.

105

Particolare dello sgrigliatore grossolano del depuratore di casali Battiferro, in Comune di Remanzacco.

Nella pagina a fianco in basso: particolare del sollevamento di Bivio Oselin (Remanzacco).

Realizzazione del by pass presso l’impianto di depurazione di Casali Battiferro.

Il progetto per il Comune di Remanzacco Le ragioni delle scelte progettuali, basate sulle previsioni del progetto generale delle fognature redatto dall’Acquedotto Poiana tengono in considerazione che la zona industriale-commerciale di Remanzacco non risulta ancora servita dalla rete fognaria comunale. Pur essendo stati realizzati in questi ultimi anni tre interventi fognari, manca il collegamento al depuratore del capoluogo (Casali Battiferro) per la corretta gestione dei reflui. Il depuratore del capoluogo è stato oggetto di un intervento di potenziamento cofinanziato con i fondi dell’INTERREG IIIA 2000-2006, con il quale le sue potenzialità sono state adeguate al fabbisogno dell’area industriale-commerciale, senza doverne costruire uno specifico; l’intervento consentirà l’allacciamento delle imprese presenti su via San Martino e via del Torre alla pubblica fognatura.


106

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

In alto: planimetria dell’area di intervento per la depurazione e il collettamento delle acque reflue in Comune di San Giovanni al Natisone.

In basso: stato di fatto e di progetto del sollevamento fognario sul torrente Corno.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Il progetto per il Comune di San Giovanni al Natisone Il sistema fognario comunale, previsto dal progetto generale delle fognature, sfrutta i collettori principali della rete fognaria esistente di tipo misto del capoluogo. Tra le priorità inserite nel progetto generale delle fognature comunali, al fine di continuare l’intrapreso processo di razionalizzazione, si evidenzia la necessità di potenziare il collettore terminale che da via Antica va a scaricare le piene fognarie nel torrente Corno, in modo da rendere efficiente la rete esistente a monte quando saranno realizzate le tratte previste dal progetto generale delle fognature nel centro del capoluogo. Tutte le specifiche idrauliche fanno riferimento alle verifiche del progetto generale secondo gli standard aziendali. La realizzazione delle opere fognarie di completamento della rete fognaria del capoluogo di San Giovanni al Natisone non può prescindere da una razionale successione temporale delle stesse, onde evitare malfunzionamenti dei tratti a valle alle opere realizzate. Il funzionamento della rete in progetto è a gravità.

107

Il progetto per il Comune di Cividale del Friuli Esistono diversi progetti relativi a Cividale del Friuli, uno per il capoluogo e altri per le frazioni, manca ancora un elaborato generale complessivo del suo intero territorio. In base all’esperienza gestionale, si sono individuate alcune opere che comunque possono essere realizzate, in attesa della redazione del nuovo progetto generale delle fognature. È stata effettuata una serie di analisi preliminari, verificando che il depuratore di Grupignano, pari a 9000 abitanti equivalenti – potenziato con un intervento cofinanziato con i fondi dell’INTERREG IIIA 2000-2006 – è in grado di trattare anche le acque nere di Sanguarzo, come pure il sollevamento di piazzetta San Biagio può sollevare anche le nuove portate in arrivo da quella località. Le opere previste in progetto riguardano la realizzazione del collegamento fognario della frazione di Sanguarzo su via Leicht a Cividale del Friuli, della condotta fognaria delle acque nere dal pozzetto esistente su via Leicht sino al pozzetto su via Viera a Sanguarzo. Planimetria della tratta fognaria in progetto nel Comune di Cividale del Friuli, sviluppata da Sanguarzo.


108

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Il progetto per il Comune di Buttrio Dall’esame preventivo delle condizioni e dei fabbisogni necessari della zona, dal punto di vista idraulico è emersa la conclusione che le portate nere convogliate verso il sollevamento in progetto erano quelle relative alle case sparse presenti su via Prestau e consistenti in 50 abitanti equivalenti e ai 500 abitanti equivalenti richiesti dalla ditta Danieli SpA. Vista l’esiguità della popolazione servita non si sono poste problematiche particolari per la depurazione delle acque nere di progetto.

Planimetria dell’intervento per la depurazione nel Comune di Buttrio.

A sinistra: pompa di sollevamento fognario. In basso: piedi di accoppiamento delle pompe.


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

Planimetria del nuovo sfioratore di piena di Orsaria, Comune di Premariacco.

Il progetto per il Comune di Premariacco L’Amministrazione comunale di Premariacco ha inserito nel proprio programma triennale degli investimenti i lavori di realizzazione dello sfioratore fognario lungo la strada provinciale n. 14 “di Orsaria”, per adeguarlo alle previsioni del progetto generale delle fognature comunali, secondo gli standard dell’Acquedotto Poiana. Nelle previsioni del piano, il sistema fognario comunale sfrutta i collettori principali della rete fognaria di tipo misto della zona industriale di Orsaria. Tra le condizioni di progetto, fondamentale importanza riveste l’eliminazione del funzionamento in pressione delle condotte fognarie. A questa condizione, regolarmente verificata su tutte le condotte di nuova realizzazione, si è parzialmente derogato per alcune condotte esistenti al fine di ridurre i costi di adeguamento dell’intero sistema fognario comunale. Un altro elemento qualificante,

109

al fine di permettere il mantenimento di grossa parte della rete fognaria esistente, è l’introduzione nel sistema di una serie di paratoie, al momento manuali, che ha reso la rete fognaria più flessibile, permettendo di sezionare alcune tratte e di convogliare maggiori o minori portate in funzione delle necessità e della destinazione finale. Tutta la rete comunale è stata studiata per convogliare le acque nere al nuovo costruendo depuratore comunale che sostituirà i tre esistenti, tenendo sempre conto dei vincoli ambientali presenti, relativi al fiume Natisone e all’andamento altimetrico. Tra le opere prioritarie per lo smaltimento delle acque di piena fognaria è stato previsto il mantenimento degli attuali sfioratori di piena, aggiungendone uno nuovo in corrispondenza del cimitero di Orsaria.

Note 1

CAPITOLO III

All’interno della Grotta di Montemaggiore a quota 950 m s.l.m. furono immessi 6,5 kg di fluoresceina sodica alle ore 15.00 dell’11 giugno 2001 mentre nello stesso giorno, alle ore 9.00 e alle ore 11.00, a Mersino vennero immessi rispettivamente 3 kg di tinopal in una fossa Ihmoff dell’abitato di Medves a 780 m s.l.m. e 2,5 kg di tinopal in una seconda fossa Ihmoff dell’abitato di Nabardo a 760 m s.l.m.


110

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

QUANDO GLI SCAVI DIVENTANO SCOPERTE. IL CONTRIBUTO DELL’ARCHEOLOGIA di Angela Borzacconi L’archeologia urbana di Cividale, ma anche quella del suo comprensorio, costituiscono una realtà molto giovane, pur contando su una lunga tradizione di ricerche esplorative, susseguitesi per quasi due secoli. La necessità di fronteggiare situazioni operative sempre più incalzanti, dovute alla speculazione edilizia, ma anche al ripristino e/o alla nuova messa in opera di servizi, ha sollecitato una più concreta attenzione alle problematiche di tutela. È accaduto spesso in passato che durante lavori di scavo siano state intercettate importanti evidenze archeologiche non immediatamente riconosciute, oppure tralasciate e distrutte, o ancora prelevate in modo inadeguato, cioè private del loro originario contesto che è fondamentale per una lettura corretta delle stesse. La perdita di queste testimonianze rappresenta una lacuna spesso incolmabile nel quadro delle conoscenze di una città e di un intero territorio perché cancella la possibilità di documentare la storia, di riconoscervi elementi significativi di identità culturale, ma soprattutto di alimentare una voglia di sapere che oggi risulta imprescindibile per il progresso mentale di una società. Cividale, rotonda del Gallo, scavi 2008. In concomitanza alla posa di una nuova rete fognaria è stato portato alla luce un ulteriore settore dell’area funeraria di età longobarda nota come “necropoli Gallo”, parzialmente indagata nel 1950-51 (da BORZACCONI, CAVALLI 2008).

l rotonda d del d l Gallo, G ll scavii 2010. 201 010 0 Una U bottiglia b i li in i vetro soffi ffiato blu bl con Cividale, filamenti in pasta vitrea costituisce un pregiato manufatto di lusso deposto ai piedi di una sepoltura, già violata in antico, che in origine doveva essere dotata di un ricco corredo, VII secolo d.C. (da Cividale longobarda 2012).

Negli ultimi anni, dunque, ha preso forma una più acuta e lungimirante sensibilità che si è tradotta in strumenti legislativi adeguati e procedure amministrative più snelle, recepite da enti e realtà locali in forma di prescrizioni dettate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia relativamente a lavori effettuati in zone sensibili dal punto di vista archeologico. In quest’ottica si inquadrano gli interventi di sorveglianza archeologica sostenuti con convinzione dall’Acquedotto Poiana all’interno della città di Cividale e nelle sue aree contermini. Si tratta di controlli diagnostici finalizzati a valutare la presenza di deposito archeologico, talora limitati a semplici documentazioni, altre volte convertiti in scavi di emergenza nel momento in cui tale deposito ha rivelato la sua significativa consistenza. Tra questi ultimi casi rientrano gli scavi effettuati dall’Acquedotto in concomitanza ai lavori di posa di una nuova rete fognaria presso la rotonda al Gallo e in viale Libertà. Scavi questi, condotti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza, che hanno permesso di indagare due tra le più importanti


L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

111

Fibula ad arco in argento dorato, con maschera umana sul piede e decorazioni serpeggianti sulla staffa, rinvenuta nella “necropoli Gallo”, parzialmente indagata nel 1950-51, fine VI secolo d.C. (da I Longobardi 1992).

necropoli sorte al di fuori delle mura di Cividale e utilizzate da esponenti di rango della società longobarda tra la seconda metà del VI e tutto il VII secolo: la “necropoli Gallo” e la “necropoli della ferrovia”, così chiamate per la vicinanza alle suddette zone. Le indagini presso la rotonda del Gallo, avviate nel 2008 (poi riprese nel 2010 in collaborazione con il Comune di Cividale), hanno restituito parte di un sepolcreto scavato solo parzialmente nel 1949-1951, allorché si rinvennero diciassette tombe. Gli scavi recenti hanno indagato l’estensione occidentale della stessa area funeraria ove sono emerse dieci sepolture, appartenenti a individui sepolti con ricchi corredi, purtroppo gravemente compromessi e in parte depredati (scavi 2010), ma anche a individui di ceto più modesto, associati a deposizioni rituali costituite da frammenti di recipienti ceramici collocati presso il capo o in nicchie scavate presso le tombe (scavi 2008). Di recente l’azienda è intervenuta anche nello scavo realizzato in viale Libertà, insieme alla società Steda SpA e la Banca Popolare di Cividale. L’esistenza di una necropoli nella zona della vecchia stazione ferroviaria era nota dal rinvenimento occasionale di ricchi corredi recuperati tra fine Ottocento e inizi Novecento, ma anche negli anni Sessanta del secolo scorso. Le indagini, effettuate tra gennaio e marzo 2012, hanno portato in luce più di ottanta tombe ed una eccezionale varietà di reperti che costituivano gli accessori personali dei defunti, tra cui sei croci in lamina d’oro, originariamente cucite su un velo che copriva il volto. Ma soprattutto è stata questa la prima grande occasione per esplorare una necropoli longobarda su un areale abbastanza ampio e per comprendere l’organizzazione spaziale dell’area funeraria ed eventuali connessioni gerarchiche, ma

anche cronologiche (inumati di prima generazione e tombe di fasi successive) tra gli inumati. Lo scavo ha restituito un significativo spaccato della società di epoca longobarda nella sua interezza, con uomini in armi, connotazione reale del guerriero sepolto con lance, spade e coltelli, borse in materiale deperibile contenenti pettini, acciarini e qualche moneta; donne sepolte con i propri accessori personali, vasi in ceramica e preziosi monili, ma anche individui senza corredo che, molto probabilmente, costituivano i gruppi subalterni al seguito delle famiglie nobiliari, facendo parte integrante del quadro sociale che abbiamo potuto osservare all’interno di questa importante finestra archeologica. Bibliografia AHUMADA SILVA I., La necropoli longobarda Gallo di Cividale del Friuli, dalla scoperta sino agli scavi del 1949-1951, in “Forum Iulii”, XXXII, 2008, Udine 2009, pp. 21-35. BORZACCONI A., CAVALLI F., Nuovi dati sulla necropoli altomedievale in località Gallo a Cividale del Friuli, in “Forum Iulii”, XXXII, 2008, Udine 2009, pp. 37-64. Cividale longobarda e il suo Ducato: ricerche in corso, a cura di S. Vitri, Udine 2012. I Longobardi, a cura di G.C. Menis, Milano 1992.

Fibula a “S” in argento dorato con decorazione in almandine rinvenuta nella “necropoli Gallo”, parzialmente indagata nel 1950-51, fine del VI secolo d.C. (da I Longobardi 1992).



IV CAPITOLO QUARTO

Alessandro Patriarca, Tosca Todone

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

LE NORME TECNICO-GESTIONALI La prima norma di settore risale al 1933. Il Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 1775 “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici” è il primo intervento normativo diretto alla raccolta e armonizzazione della disciplina in materia di acque. Il Testo Unico delle Acque contiene norme sulle grandi e piccole derivazioni e sulle utilizzazioni di acque pubbliche, specificando le competenze relative alle concessioni di derivazione. Il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 ha conferito alle Regioni e agli Enti locali le funzioni relative alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione ed utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo. La legge 4 febbraio 1963 n. 129 è il primo dispositivo legislativo a livello nazionale diretto alla pianificazione delle reti idropotabili con il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti (da ora PRGA) da predisporsi a cura del Ministero dei Lavori Pubblici. In attuazione della legge 22 luglio 1975 n. 382, il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616 ha successivamente delegato alle Regioni le funzioni di aggiornamento e modifica del PRGA riguardanti le risorse idriche destinate a soddisfare le esigenze dei propri territori regionali, nonché l’utilizzazione delle risorse stesse, riservando allo Stato, accanto alle funzioni relative alla programmazione nazionale, le funzioni di imposizione di vincoli e di aggiornamento o modifica del PRGA che comportino una diversa distribuzione delle riserve idriche tra le regioni. Con la legge quadro 183/1989 viene rivoluzionato il sistema di governo delle acque, dando ordine alle funzioni pubbliche di regolazione e pianificazione, al fine di assicurare una gestione integrata delle risorse idriche. Si introduce una logica di bacino idrografico per superare la frammentazione delle competenze tra Stato e Regioni, tra i diversi settori dell’Amministrazione a livello territoriale e tra Regioni contigue, prevedendo

una serie di strumenti di pianificazione e cooperazione inter-istituzionale tra i vari enti coinvolti. Nel 1994 viene emanata la legge n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche” nota come legge Galli, fondamentale e innovativa in tema di gestione del ciclo idrico integrato. Questa riforma, partendo dalla constatazione della debolezza industriale del settore idrico e dalla presenza di diffuse aree di inefficienza e scarsa qualità dei servizi, oltre che di vulnerabilità della rete, ha puntato da un lato al superamento della gestione comunale e dall’altro all’affidamento dei servizi, in modo verticalmente integrato, a strutture aziendali di adeguate capacità tecniche, gestionali e imprenditoriali. La legge Galli ha come obiettivo principale l’industrializzazione del comparto, ottenibile tramite un aumento della dimensione delle imprese e la separazione tra attività di indirizzo e coordinamento e processo di gestione. Questa legge contiene la disciplina puntuale degli usi delle acque superficiali e sotterranee, introducendo rilevanti principi per la materia, quali, in particolare: – la pubblicità di tutte le acque; – la riconduzione di tutte le fasi del ciclo delle risorse idriche ad un’unica gestione integrata che viene a comprendere l'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili nonché di fognatura e di depurazione delle acque reflue; – l’autosufficienza economica della gestione. I servizi idrici sono riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati secondo i seguenti criteri: – rispetto dell’unità del bacino idrografico o del subbacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto delle previsioni e dei vincoli contenuti nei piani regionali di risanamento delle acque di cui alla legge 1º maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, e nel piano regolatore generale degli acquedotti, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro


114

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

Planimetria dei gestori del servizio idrico nell’anno 1999.

– –

– – – –

vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati; superamento della frammentazione delle gestioni; conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politicoamministrative; ed inoltre: la gestione razionale delle risorse idriche, con modalità tali da ridurre gli sprechi; l’organizzazione del servizio sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) delimitati secondo i criteri del rispetto del bacino idrografico; la ridefinizione degli aspetti economico-tariffari; l’utilizzazione delle risorse idriche in modo da garantire la salvaguardia delle aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale, il risparmio e il rinnovo delle risorse idriche, lo sfruttamento prioritario della risorsa per il consumo umano; la designazione di un Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, con il compito di vigilare sull’attuazione della riforma e sulla successiva gestione del servizio al fine di garantire l’osservanza

dei principi di efficienza, efficacia ed economicità e la regolare determinazione e adeguamento delle tariffe nonché la tutela degli interessi degli utenti. Il quadro del sistema di affidamento della gestione del servizio ricalca quello previsto dalla legge 142 del 1990. La normativa a carattere regionale che avrebbe dovuto consentire la pratica attuazione della legge Galli sui territori di competenza si è tuttavia sviluppata in modo lento e disomogeneo. La prima norma operativa è stata quella della Toscana, del 1996, l’ultima quella della Regione Friuli Venezia Giulia (legge regionale n. 13 del 23 giugno 2005). In questo arco di tempo è stata altresì modificata, in fasi successive, la normativa riguardante gli affidamenti dei servizi, portati alla durata massima di trent’anni alla luce anche degli orientamenti comunitari in materia. Nel 1996 viene approvato un nuovo metodo di calcolo per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, il cosiddetto “metodo normalizzato”.1 Il nuovo sistema di tariffazione deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, compresi gli ammortamenti e gli oneri di


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

115

Planimetria dei bacini idrografici principali, elaborata nel 2000.

natura finanziaria.2 Gli investimenti non sono più sostenuti da finanziamenti di enti pubblici, ma devono essere in larga parte realizzati con gli introiti derivanti dalla tariffa. Nel 1999 il decreto legislativo n. 152 di recepimento delle direttive europee disciplina la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee e rivoluziona la normativa in tema di scarichi delle acque, perseguendo il fine della qualità del recettore. Il decreto detta anche una serie di priorità di azione nel comparto della qualità delle acque, scandendo l’agenda degli obiettivi per i successivi quindici anni. Oltre a una serie di sanzioni amministrative e in alcuni casi penali, è previsto un sistema di risarcimento del danno ambientale provocato da comportamenti in violazione della legge. Chi provoca un danno alle acque è tenuto al ripristino ambientale. Nel 2006 viene emanato il decreto legislativo n. 152 “Norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche”. Il testo ingloba le precedenti normative in tema di acqua e di servizio idrico integrato e introduce novità in materia di controllo sui rifiuti e sulle acque. Nella definizione di “scarico” viene ad essere compresa qualsiasi immis-

sione di acque reflue in acque superficiali, suolo, sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche se sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Viene istituita l’Autorità con il compito di assicurare l’osservanza delle regole della concorrenza e trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi, la tutela dei diritti degli utenti e l’integrità delle reti e degli impianti. L’Autorità svolge altresì studi e ricerche sull’evoluzione dei settori e servizi di competenza e definisce i livelli di qualità dei servizi. Il nuovo organismo ha il potere di ricorrere in via amministrativa e civile contro gli atti, i provvedimenti e i comportamenti che vìolano le norme del Codice ambientale, richiedendo anche il risarcimento del danno. L’Autorità può richiedere informazioni e documenti ai gestori del settore idrico e dei rifiuti e può irrogare sanzioni amministrative ai soggetti che rifiutino o omettano, senza giustificato motivo, di fornire gli atti richiesti, o se le informazioni fornite sono false. Inoltre, comunica alle autorità competenti le violazioni delle norme del Codice, commesse dai gestori, dalle Autorità d’ambito e dai Consorzi di bonifica e irrigazione, e adotta i relativi provvedimenti assicurando tuttavia la continuità dei servizi.


116

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

LA NORMATIVA NAZIONALE SULLA RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI A fianco a queste norme di natura tecnica organizzativa già all’inizio del secolo scorso si tentò di concorrere a risolvere i problemi finanziari dello Stato attraverso la concessione degli impianti e la gestione dei servizi pubblici a soggetti privati, che peraltro non si dimostrò in grado di garantirne la fruizione a tutti i cittadini. Per far fronte a questa situazione, con la riforma Giolitti, nel 1903, si affidò direttamente ai Comuni la gestione dei servizi pubblici locali istituendo l’“azienda municipalizzata”. La riforma, poi organicamente disciplinata dal Testo Unico n. 2578/1925 e molto più tardi integrata dal decreto n. 902/1986, ha rappresentato il fulcro della regolamentazione dei servizi pubblici locali per un novantennio. Nel 1990 viene emanata la legge n.142 di riforma delle autonomie locali, che avvierà una lunga serie di trasformazioni nella gestione dei servizi pubblici. Viene introdotta una più netta distinzione di ruoli fra ente locale e azienda erogatrice di servizi pubblici e vengono modificate le forme di gestione del servizio. Un tempo l’ente locale poteva gestire integralmente il servizio in regime di sostanziale monopolio, sostenendo i relativi costi in tutto o in parte coperti dalla tariffa. In tale contesto, le forme di gestione erano le seguenti: – erogazione diretta dei servizi da parte dei Comuni; – costituzione di aziende municipalizzate, specializzate nella fornitura di un unico servizio svolto esclusivamente nel territorio dell’ente locale; – affidamento in concessione a terzi. Con la legge 142/1990 viene prevista la trasformazione delle aziende municipalizzate in “aziende speciali”, enti pubblici economici dotati di personalità giuridica e vengono modificati i compiti dei soggetti coinvolti nella gestione. L’intera disciplina delle autonomie locali è stata successivamente trasfusa e riordinata nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (di qui in poi TUEL), con il quale si è operato un intervento complessivo di riordino del settore incentrato sulle modalità organizzative e sulle finalità dei servizi pubblici locali. L’art. 113 prevede le seguenti forme di gestione dei servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale:3 – in economia; – in concessione a terzi; – a mezzo di azienda speciale; – a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio;

– a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria. L’art. 115 prevede la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni e con il comma 7-bis del medesimo articolo viene estesa l’applicazione delle stesse disposizioni anche alla trasformazione dei consorzi.4 Siamo nella prima fase del processo di trasformazione verso la privatizzazione: la fase chiamata della “privatizzazione formale” degli enti pubblici economici con il mutamento della loro forma giuridica in Società per azioni, con il mantenimento della proprietà in mano pubblica. Viene così a scomparire una diffusa e consolidata forma di gestione realizzata attraverso le aziende speciali e i consorzi fra Comuni. Il TUEL, inoltre, adotta i contratti di servizio per regolare i rapporti fra enti locali, società di erogazione del servizio e società di gestione delle reti e degli impianti. Fino al 2008 il TUEL è rimasto il testo normativo di riferimento per i servizi pubblici. Le successive normative5 – che saranno esaminate in seguito – sono intervenute modificando il testo in oggetto. La disciplina dei servizi pubblici subisce ancora un’importante trasformazione con l’art. 35 della Legge 448 del 2001 (finanziaria 2002) che stravolgeva i modelli di gestione diretta che avevano caratterizzato l’esperienza del municipalismo. L’art. 35 prevede l’abolizione di tutte le forme gestionali di diritto pubblico, in particolare delle aziende speciali e dei consorzi e il divieto della gestione diretta, e introduce l’affidamento tramite gara con procedura ad evidenza pubblica. Una nuova distinzione introdotta dall’art. 35 è quella tra servizi di “rilevanza industriale” e “privi di rilevanza industriale”. La norma rinviava ad un successivo regolamento, peraltro mai emanato, la distinzione fra i due tipi di attività. Ciò ha comportato una serie di problemi interpretativi, legati anche alla difficoltà nell’individuare quali fossero i servizi di “rilevanza industriale”. Questi ultimi vedono restringersi notevolmente la gamma di forme di gestione previste nel testo unico n. 142/1990 sulla base di una distinzione tra la proprietà delle reti, gestione delle reti, erogazione del servizio: – per la proprietà delle reti e degli impianti si consente la possibilità di conferimento a società a partecipazione maggioritaria degli enti locali; – per la gestione delle reti stesse si mantiene la possibilità di scelta tra gara e affidamento diretto a società a partecipazione maggioritaria degli enti locali;


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

– per l’erogazione del servizio si ammette soltanto l’affidamento a società di capitali, scelte tramite procedure di evidenza pubblica, con l’esclusione di quelle titolari di affidamenti diretti. Per gli affidamenti in corso, effettuati senza procedure di questo tipo, si prevede la cessazione entro un certo termine. Mentre quest’ampia e non ordinata liberalizzazione prevista alla fine del 2001 attendeva la propria realizzazione, nel corso del 2003, nel quadro della manovra finanziaria 2004, una nuova disposizione legislativa, l’art. 14 del decreto legge 269 del 21 novembre 2003 (lodo Buttiglione) sostituiva la distinzione tra servizi di “rilevanza industriale” e “privi di rilevanza industriale” con quella tra “servizi di rilevanza economica” e “privi di rilevanza economica”. Per i servizi di rilevanza economica prevedeva il conferimento del servizio a: – società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare ad evidenza pubblica; – società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il socio privato sia scelto con gare ad evidenza pubblica; – società a capitale interamente pubblico, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con gli enti che la controllano. Condizioni queste stabilite dalla giurisprudenza europea in riferimento agli appalti pubblici.6 Risulta evidente, nella disciplina del 2003, l’intento di dare risposte alle questioni sollevate sia in sede comunitaria, sia dinnanzi alla Corte costituzionale, in riferimento al regime della concorrenza. La distinzione tra servizi ‘con’ o ‘senza’ rilevanza economica nell’ordinamento comunitario è determinante per l’applicazione delle norme sulla concorrenza in quanto le stesse si applicano solo alle attività economiche: nella sentenza n. 272/2004 la Corte Costituzionale7 ha ripreso l’impostazione seguita dall’ordinamento comunitario contenuta nel libro verde sui servizi di interesse generale del 21 maggio 2003, precisando che la distinzione tra servizi ‘con’ o ‘senza’ rilevanza economica: – è determinante per l’applicazione delle norme sulla concorrenza, che si applicano solo per le attività con rilevanza economica; – ha carattere dinamico ed evolutivo, sì che sarebbe impossibile fissarne a priori un elenco definitivo dei servizi dell’uno e dell’altro tipo. Secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei

117

rischi connessi a tale attività ed anche dell’eventuale finanziamento pubblico dell’attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Punto importantissimo del decreto legge 269/2003 (lodo Buttiglione) è l’art. 14 che riammette gli affidamenti “in house”, cioè a società a capitale interamente pubblico che l’art. 35 della Legge 448/2001 consentiva solo per un periodo transitorio (le ex aziende speciali e consorzi attraverso i quali i Comuni gestivano gli acquedotti e trasformatisi in società per azioni), a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con gli enti che la controllano. Nel 2008 il legislatore riprende il processo di riforma delle modalità di gestione del servizio idrico integrato con un’ulteriore norma: l’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni dalla legge 6.8.2008 n. 133.8 L’art. 23 bis opera una scelta di campo in favore di una liberalizzazione dei sistema dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e fissa quale principio generale per l’affidamento quello della gara, salvo taluni casi eccezionali in cui è possibile anche procedere all’affidamento “in house” della gestione del servizio. Infatti in regime ordinario prevede (comma 2) che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria: a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità; b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. La disposizione detta in tal modo una disciplina innovativa in materia, modificando ed integrando le previsioni di cui all’art. 113 del decreto legislativo 267 del 2000, che viene abrogato nelle parti incompatibili con le nuove disposizioni e rinviando ad un successivo Regolamento la disciplina di dettaglio. La predetta riforma costituiva nel proposito del legislatore


118

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

la fase conclusiva del processo di privatizzazione dei servizi pubblici. L’art. 23 bis è stato a sua volta modificato dall’art.15 del decreto legge n. 135 del 25 settembre 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 166 del 20 novembre 2009 (Legge Ronchi), che aggiunge alla previsione del conferimento in favore di imprenditori e società in qualunque forma costituiti, l’ulteriore possibilità di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a società a capitale misto pubblico-privato, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette “a doppio oggetto” (sulla persona e sull’attività), con l’ulteriore condizione che il socio partecipi con non meno del 40% del capitale sociale. Viene introdotto il silenzio assenso sul parere che l’Antitrust è chiamata a dare sulle ipotesi ‘straordinarie’ di affidamento “in house” (vale a dire senza gara). Viene normato direttamente il regime transitorio degli affidamenti non conformi precedentemente rinviato ad un emanando regolamento governativo. Viene stabilito inoltre che l’affidamento diretto è consentito, secondo la gestione “cosiddetta in house”, alle condizioni che già la legittimavano (capitale interamente pubblico; controllo analogo; prevalenza dell’attività in favore dell’ente o degli enti pubblici controllanti), ma solo ove sussista l’ulteriore condizione della ricorrenza di «situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato» (commi 3 e 4). La disciplina transitoria di cui al comma 8 dell’art. 23 bis prevede tre diverse scadenze per gli affidamenti ‘difformi’: – gli affidamenti “in house” cessano il 31 dicembre 2011 ovvero alla scadenza del contratto se, a quella data, gli enti affidanti cedono ai privati il 40% della proprietà; – gli affidamenti a società quotate cessano alla scadenza del contratto se la quota pubblica scende, anche progressivamente, sotto il 40% entro il 30 giugno 2013 e sotto il 30% entro il 31 dicembre 2015, altrimenti cessano il 30 giugno 2013 o il 31 dicembre 2015. In tutti gli altri casi la scadenza è al 31 dicembre 2010, mentre conserva le scadenze naturali per gli affidamenti già conformi. Inoltre, la disciplina transitoria stabilisce i principi dell’autonomia gestionale del soggetto gestore e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche. Con otto mesi di ritardo, il 7 settembre 2010 con il decreto del Presidente della Repubblica n. 168, viene emanato l’atteso Regolamento. Con gli ulteriori elementi di dettaglio contenuti nello stesso la riforma entra nella sua fase più strettamente operativa. Ri-

guardo agli affidamenti “in house”, che costituiscono una deroga alla regola generale della gara, la disciplina di dettaglio ha previsto una serie di prescrizioni particolarmente stringenti, con particolare riferimento al settore idrico. Per quanto concerne la gestione del servizio idrico integrato, si stabilisce che restano ferme l’autonomia gestionale del soggetto gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, nonché la spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle risorse stesse e che: – al socio privato delle miste vanno attribuiti specifici compiti operativi; – il regime transitorio per gli affidamenti diretti, in essere alla data del 22 agosto 2008 affidati “in house”, cessa il 31 dicembre 2011, con la possibilità però di portare i contratti di servizio a scadenza naturale se le amministrazioni locali cedono, entro tale data, almeno il 40% del capitale, trasformando quelle “in house” in miste ‘ordinarie’; – per le società a partecipazione pubblica operanti nei mercati regolamentati e per quelle da esse controllate, affidatarie dirette alla data del 1º ottobre 2003, è previsto che il contratto di servizio possa essere portato a scadenza, a condizione che il capitale in mano pubblica si riduca ad una quota non superiore al 40 % entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30% entro il 31 dicembre 2015. In caso contrario gli affidamenti cessano improrogabilmente, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, secondo i termini rispettivamente indicati; – permangono i divieti relativi all’acquisizione di servizi ulteriori o in ambiti diversi nei confronti di soggetti con affidamenti diretti in essere, anche verso le società miste, ma ne sono escluse le società quotate in borsa e anche il socio operativo delle società miste ‘ordinarie’; – viene esplicitata la possibilità per le società oggetto di divieto di poter concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara, successiva alla cessazione del servizio, relativa ai servizi da essi già forniti. L’articolo 4 del Regolamento, vera novità, definisce i casi in cui è richiesto il parere dell’AGCOM9 prima di procedere ad un affidamento “in house”, limitando la necessità del relativo parere ai soli affidamenti di valore superiore ai duecentomila euro. In particolare, per ottenere il parere favorevole dall’AGCOM, l’ente affidante sarà tenuto a rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione “in house” non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto ad una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali. Le condizioni di efficienza si riferiscono: – alla chiusura dei bilanci in utile, escludendo a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

per investimenti da parte dell’ente affidante o altro ente pubblico; – al reinvestimento nel servizio almeno dell’80% degli utili per l’intera durata dell’affidamento; – all’applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore; – al raggiungimento di costi operativi medi annui con un’incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore. Si osserva che le prime ipotesi di affidamento “in house” a cessare sono state quelle gestioni di servizi pubblici affidati dagli enti locali direttamente alle proprie società senza rispettare i parametri comunitari costituiti dal “controllo analogo”, dal criterio della “prevalenza” e dall’esercizio di penetranti e condizionanti poteri di indirizzo da parte dell’ente partecipante. Tali affidamenti sono venuti a cessare il 31 dicembre 2010. Il discorso cambia nel caso in cui l’affidamento diretto sia avvenuto nel rispetto delle condizioni innanzi richiamate. La scadenza del 31 dicembre 2010 non è perentoria a patto che entro quella data la società a capitale interamente pubblico cambi veste. In altri termini, dovrà essere messa sul mercato una quota non inferiore al 40% del proprio capitale e la scelta del partner privato dovrà avvenire con una gara che consenta anche l’individuazione dei compiti operativi di quest’ultimo. Qualora ciò accada, l’affidamento potrà cessare alla sua scadenza naturale. La scadenza naturale del contratto, infine, è prevista soltanto per quei moduli societari misti in cui il partner privato sia stato selezionato con procedura di evidenza pubblica con contestuale definizione dei propri compiti e funzioni. Per quanto concerne gli affidamenti diretti a società controllate quotate in borsa, la scadenza naturale del contratto è possibile solo nel caso in cui la quota pubblica scenda sotto il 40% entro il 30 giugno 2013 e sotto il 30% entro il 31 dicembre 2015. In una situazione così complessa però avviene un fatto che spariglia di nuovo le carte a favore della gestione pubblica del servizio idrico integrato. Viene infatti proposto il referendum costituzionale per l’abrogazione dell’articolo 23 bis, nel giugno 2011 il referendum supera abbondantemente il quorum e con una percentuale plebiscitaria il popolo italiano si esprime per l’abrogazione della norma. Da allora l’evoluzione normativa ha subito un brusco rallentamento conseguente alla applicazione immediata nell’ordinamento italiano delle norme comunitarie relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica. Tale normativa è meno restrittiva e consente la gestione del servizio idrico integrato “in house”.

119

LE SCELTE REGIONALI La Regione Friuli Venezia Giulia nel 2005, ultima in ambito nazionale, approva le norme attuative previste dalla legge 36/94 (legge Galli) per la organizzazione del servizio idrico integrato, avendo così a disposizione le scelte operate e le esperienze operative di tutte le altre regioni italiane. Le pressioni che attorno al tema vennero a formarsi furono determinanti nelle scelte operate. Non prevalse il principio del rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui con una scelta ‘semplificatrice’ a favore delle Province. Infatti gli ambiti ottimali coincidono quasi puntualmente con il territorio politico delle Province. Questa scelta fu dettata anche dalla esperienza anticipatrice della provincia di Gorizia che all’epoca e senza un indirizzo normativo regionale si era già costituita in ambito. Si riportano alcune tavole che la nostra azienda aveva preparato nel 1999-2000 per contribuire alla definizione della legge regionale. La legge regionale prevede la costituzione di quattro Ambiti territoriali ottimali regionali più un quinto interregionale con il Veneto (unico caso in Italia): a) Ambito territoriale ottimale, denominato “Occidentale”, comprendente il territorio della Provincia di Pordenone; b) Ambito territoriale ottimale, denominato “Centrale”, comprendente il territorio della Provincia di Udine; c) Ambito territoriale ottimale, denominato “Orientale goriziano”, comprendente il territorio della Provincia di Gorizia; d) Ambito territoriale ottimale, denominato “Orientale triestino” comprendente il territorio della Provincia di Trieste. e) Ambito territoriale ottimale interregionale comprendente i Comuni compresi nel bacino idrografico interregionale del Lemene. Viene previsto che le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali possano essere modificate anche mediante la fusione di due o più ambiti territoriali ottimali, al fine di ottimizzare la gestione del servizio o armonizzare le dimensioni degli ambiti a sopravvenute scelte della programmazione regionale. Tale scelta ha avuto come conseguenza una visione del sistema frutto di ben cinque gruppi di lavoro autonomi. Inoltre la tempistica con cui si sono mosse le singole Autorità d’ambito hanno reso impossibile coordinare e giungere a una sintesi univoca nelle scelte strategiche del settore in regione. In altre regioni italiane che ben prima si sono organizzate, come in Emilia Romagna, da una molteplicità di ATO si è passati ad un ATO unico regionale.


120

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

121

Nella pagina a fianco in alto: proposta dell’Acquedotto Poiana di suddivisione del territorio regionale in base ai bacini idrografici regionali di primo ordine, elaborata nell’anno 2000.

Ambiti territoriali ottimali, nella situazione attuale.

Nella pagina a fianco in basso: proposta elaborata dall’Acquedotto Poiana di suddivisione del territorio regionale tra i gestori del servizio idrico, tenendo conto dei bacini idrografici, anno 2000.

zione dei principi di cui all’articolo 1, commi 1 e 2. La Regione esercita, altresì, funzioni di indirizzo, verifica e controllo del raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, comma 3, lettera d), e promuove attività di educazione e sensibilizzazione dei cittadini sulla base delle proposte e degli indirizzi elaborati dai forum di Agenda 21 locale promossi nella Regione. Le funzioni di programmazione vengono esercitate sulla base degli strumenti di programmazione regionale, dei contenuti del Piano di tutela delle acque, di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), e successive modifiche, e di quelli del Piano degli acquedotti, nonché sulla base degli altri strumenti di programmazione regionale di settore e dell’Accordo di Programma Quadro “Tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche” del giugno 2003. Purtroppo questi piani programmatori non sono ancora stati approvati pur essendo propedeutici alla

Venendo ai fatti successivi alla promulgazione della legge regionale avvenuta il 23 giugno 2005 ed avente per titolo “Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche)” seguirono le costituzioni dei consorzi di funzioni di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 267/2000 obbligatori e dei loro organi di governo, le Autorità d’ambito. L’Autorità d’Ambito svolge funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato, rimanendo esclusa ogni attività di gestione. È dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia organizzativa, finanziaria e patrimoniale.10 La Regione esercita funzioni di tutela e di risanamento delle risorse idriche, nonché di programmazione e indirizzo sulla gestione e sull’utilizzo delle medesime; esercita, inoltre, funzioni di coordinamento e controllo sull’attività dell’Autorità d’ambito in attua-


122

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

Situazione dei gestori del ciclo integrato delle acque in Friuli Venezia Giulia, nell’agosto 2012.

stesura dei piani d’ambito da parte delle Autorità d’ambito. Dal canto loro però le autorità d’ambito hanno provveduto in qualche modo a definire i piani d’ambito o sono in procinto di promulgarli come nel caso dell’ATO “Centrale Friuli”. Nel nostro caso dopo la costituzione dell’Autorità d’ambito avvenuta il 18 ottobre 2006 sono state affrontate le prime attività previste dall’art. 16 della legge regionale. I rapporti fra l’Autorità d’ambito e soggetti gestori di ciascun ambito sono regolati da un contratto di servizio e relativo disciplinare. L’indirizzo dell’Autorità d’ambito “Centrale Friuli” è stato quello di giungere nel medio termine ad un unico soggetto gestore come più volte espresso sia sulla stampa che su atti deliberativi dell’assemblea. Infatti nella delibera assembleare n. 22/10 del 29 settembre 2010 “Integrazione della deliberazione n. 41 del 17 dicembre 2009 ad oggetto “Programmazione dell’attività dell’Autorità per atti e tempi ai sensi dell’art. 15 del decreto legge n. 135/09” tra le altre si delibera di indicare ai Soci pubblici dei soggetti gestori attualmente salvaguardati di attivare una aggregazione tra CAFC, CDL e Acquedotto Poiana e con il concorso di AMGA, al fine di creare un soggetto unico gestore provin-

ciale, da realizzarsi entro il 30.04.2011, mediante le più opportune operazioni societarie (a partire dalla già avviata fusione tra CAFC e CDL), giacché tra l’altro tale operazione si presenta come opportuna per poter creare una struttura organizzativa/gestionale idonea a raggiungere i livelli di efficienza e di dimensione propedeutici all’affidamento definitivo del servizio nel territorio di riferimento. In sede di approvazione della citata delibera i rappresentanti dei soci dell’Acquedotto Poiana con una dichiarazione di voto allegata quale parte integrante al testo, rimarcavano le disposizioni normative che disciplinano la fase transitoria prevista dall’articolo 23 bis e relativo regolamento di attuazione. Dopo la fusione tra CAFC e CDL avvenuta nel dicembre 2010, la cessione a CAFC del ramo societario ‘Acqua’ di AMGA più volte annunciata, ad oggi non è ancora stata attuata. La posizione dei Comuni soci di Acquedotto Poiana SpA in tutte queste vicende iniziate nel lontano 1990 è sempre stata funzionale al mantenimento dell’autonomia, nella convinzione che l’efficienza, l’economicità e l’efficacia della gestione non possano derivare solo dal modello gestionale o dalla dimensione del gestore. Sicuramente l’incertezza normativa e la conseguente turbolenza non hanno favorito la gestione, creando incertezze e rallentamenti nel compito primario della società che è la gestione del ciclo integrato dell’acqua.


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

L’ADATTAMENTO AZIENDALE ALL’EVOLUZIONE NORMATIVA di Claudia Casarsa Il 31 dicembre 1994, con decorrenza dal primo gennaio 1995, il Consorzio Acquedotto Poiana, costituito con decreto prefettizio 28 febbraio 1912 n. 4549/div. 3ª, modificato con decreto della Giunta Provinciale Amministrativa 20 novembre 1935 n. 48720/div. 2ª e con decreto dell’Assessore Regionale agli Enti Locali del 30 aprile 1990 n. 19, si trasforma in Consorzio Acquedotto Poiana ai sensi degli articoli 25 e 60 della legge 8 giugno 1990 n. 142 di riordino delle autonomie locali. Tale data segna l’abbandono dell’ala protettrice, fino ad allora costituita dal Regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578 “Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province” e l’inizio di una serie di trasformazioni giuridiche che ci condurrà alla forma attuale. La trasformazione in azienda speciale consorziale è accompagnata da un provvedimento di moratoria fiscale – l’articolo 66, comma 14, della legge n. 427/1993 (Armonizzazione in materia d’imposta) –, che consente all’Acquedotto di beneficiare per un periodo massimo di quattro anni, compreso quello della trasformazione, dello stesso regime fiscale dell’ente locale di riferimento (nel nostro caso i Comuni consorziati non soggetti a

123

imposizione fiscale). È l’occasione per una rivalutazione del patrimonio consorziale, i cui valori storici risultavano ampiamente inadeguati, e per una sua ricognizione finalizzata alla definizione puntuale delle reti idriche di proprietà del Consorzio e dei Comuni. Contestualmente prende avvio un processo di riclassificazione delle voci di bilancio, atta a dare un quadro fedele della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda. Infatti, partendo da alcune previsioni normative contenute nella legge n. 142/90, in particolare nell’articolo 23, le aziende di servizi dipendenti da enti territoriali sono obbligate a informare la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e a conseguire il pareggio di bilancio attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi, in conformità alle nuove disposizioni di bilancio per le società diramate dalla Comunità economica europea. Occorre precisare, a questo riguardo, che il decreto legislativo 9 aprile 1991 n. 127 modificativo degli articoli 2424 e 2425 del Codice Civile, recependo nel nostro ordinamento le direttive comunitarie in materia societaria n. 78/660 (più nota come IV Direttiva) e n. 83/349, disponeva espressamente che le norme in esso contenute non erano applicabili a quei soggetti esercitanti particolari attività, per i quali La sede consorziale dell’Acquedotto Poiana, storico edificio costruito su indicazioni progettuali dell’arch. Raimondo D’Aronco nel 1925-1926 (foto di Claudio Mattaloni).


124

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

fossero previsti schemi specifici da parte di leggi speciali. Di conseguenza si è reso necessario un apposito decreto per approvare uno schema composto dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa, che andasse a sostituire quello precedente risalente all’approvazione del decreto ministeriale 4 febbraio 1980, per completare quel processo di innovazione anche della contabilità e dei bilanci nel nostro settore. Con decreto 26 aprile 1995 il Ministero del Tesoro approva lo schema tipo di bilancio di esercizio delle aziende speciali per i servizi pubblici locali. Abbiamo così abbandonato la contabilità finanziaria tipica delle pubbliche amministrazioni per adottare criteri di contabilità economica caratteristici dell’impresa. Da allora i nostri bilanci hanno acquisito maggiore trasparenza e si sono armonizzati con quelli degli altri soggetti imprenditoriali, pubblici e privati, pur mantenendo alcune nostre tipicità. L’entrata in vigore del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, ci obbliga alla trasformazione in società per azioni. Il 21 dicembre 2002, con efficacia dal primo gennaio 2003, il Consorzio Acquedotto Poiana si trasforma in società per azioni ai sensi e per gli effetti dell’art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000. La procedura, seppure semplificata, prevedeva espressamente una perizia di stima per fissare il limite

definitivo del capitale sociale, tenuto anche conto che nelle previsioni iniziali l’ente attore della trasformazione poteva restare azionista unico per un periodo massimo di due anni. Il Consiglio di Amministrazione con provvedimento del 22 ottobre 2003 ha ritenuto opportuno adeguare il patrimonio sociale ai valori di perizia di stima (redatta alla data del 21 dicembre 2002 da un professionista esterno ai sensi dell’art. 115, c. 3 del D.Lgs. 267/2000 e dell’art. 2343, c. 1 del Codice Civile), limitatamente alle voci più significative delle immobilizzazioni tecniche. L’iscrizione in bilancio dei beni conferiti nella società ai maggiori valori di perizia è potuta avvenire, sulla scorta della norma prevista all’art. 115, c. 6 del D.Lgs. 267/2000, in esenzione d’imposta, ma con pieno riconoscimento fiscale e con la conseguente deducibilità dei maggiori ammortamenti calcolati. A trarne beneficio è stata la capacità di autofinanziamento dell’azienda, considerato che i beni strumentali oggetto di rivalutazione stavano completando il processo di ammortamento. Gli anni successivi sono contraddistinti dall’emanazione per il nostro settore di provvedimenti normativi, già richiamati ampiamente, il cui unico filo conduttore è la volontà di concludere quanto prima il processo di Interno del serbatoio, collocato nel Monte dei Monti, dopo le operazioni di risanamento dell’anno 2004 (foto di Claudio Mattaloni).


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

privatizzazione iniziato. Nel quadro legislativo che si va delineando, l’Assemblea dell’Autorità d’Ambito ATO Centrale Friuli, costituitasi nel frattempo, con deliberazioni n. 20/07 del 28 novembre 2007 e n. 12/08 del 18 febbraio 2008 riconosce anche al gestore Acquedotto Poiana SpA sia il diritto di essere escluso dalla cessazione degli affidamenti in essere al 31 dicembre 2007, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 113, c. 15 bis, 2º e 3º periodo del D.Lgs. 267/2000, sia la sussistenza delle condizioni indicate dall’art. 17 della legge regionale n. 13/2005 per la salvaguardia, approvando conseguentemente la stipula da parte dell’Autorità d’Ambito di appositi contratti di servizio con i gestori o il subentro ai contratti di servizio in essere, qualora esistenti, attraverso la sottoscrizione di apposite convenzioni. Nel 2008 il legislatore promulga l’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, oggetto di successivi interventi di modifica già a partire dalla sua conversione in legge n. 133/2008 e nel 2010 con il decreto Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168, recante il suo regolamento di attuazione. Dal combinato disposto dei due provvedimenti si evince che l’Acquedotto Poiana SpA per continuare la sua attività nel servizio idrico integrato ha due possibilità: farsi riconoscere annualmente dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato lo stato di gestore “in house”, rappresentando le “specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione “in house” non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto a una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali”, oppure cedere almeno il 40% del proprio capitale ai privati con le modalità previste dalla norma. Quest’ultima previsione ci avrebbe consentito di proseguire fino al 31 dicembre 2023, scadenza naturale del contratto di affidamento. La Società, su indirizzo dei soci, si muove su entrambi i fronti, da un lato cercando di rispettare le condizioni della gestione “in house”, dall’altro cominciando a tracciare l’iter per un’eventuale cessione di parte del capitale. A seguito del referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, l’art. 23 bis del decreto legge 112/2008 viene abrogato. A colmare il vuoto legislativo nazionale creatosi, interviene la normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica, in base alla quale risultiamo a tutti gli effetti affidatari “in house” del servizio idrico integrato in quanto i Comuni soci esercitano sulla nostra società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e svolgiamo la nostra attività per loro. Il “Regolamento di attuazione del controllo analogo di cui all’art. 113 del D.Lgs. 267/2000” riconosce espli-

125

La denominazione dell’acquedotto, fusa nella colonna delle fontane pubbliche (foto di Claudio Mattaloni).

citamente che il “Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA composto dai legali Rappresentanti di ciascun Comune socio o da un membro opportunamente delegato dallo stesso (…) è sede di informazione, consultazione e discussione tra i Soci e tra la Società ed i Soci, finalizzato alla supervisione e al controllo dell’attività sociale (…) verifica lo stato di attuazione degli obiettivi aziendali così come approvati o autorizzati dai competenti organi della società (…) attuando in tal modo il controllo sull’attività della società”. A completamento del quadro esposto citiamo ancora tre provvedimenti importanti, sui quali i nostri organi sociali sono stati chiamati a esprimersi nel biennio 2011-2012. Il 10 maggio 2011 il Consiglio di Amministrazione aggiorna il “Regolamento generale per lavori servizi e forniture nei settori speciali-servizio idrico integrato”. La nostra Azienda recepisce le modifiche e le integrazioni apportate al D.Lgs. 163/2006, che, a partire dalla sua entrata in vigore il primo luglio 2007, aveva unificato a livello nazionale la normativa in materia di contratti pubblici di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie. Nella stessa seduta viene approvato il “Regolamento per il reclutamento del personale”, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 7 del DPR 7 settembre 2010, n.168 “Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica a norma dell'art. 23 bis, comma 10, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133”. Il regolamento, applicabile sia per le assunzioni che per il conferimento di incarichi, ci obbliga ad adottare criteri


126

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

e modalità di selezione rispettosi di quei princìpi di trasparenza, oggettività, imparzialità ed economicità individuati dal comma 3 dell’art. 35 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Testo unico del pubblico impiego).11 Infine si segnala l’approvazione in data 15 maggio 2012 del “Modello di Organizzazione gestione e Controllo redatto ai sensi del D.Lgs. 231 dell’8 giugno 200112 e ss.mm.ii.”. Lo stesso rappresenta il traguardo di un lavoro che ci ha visto impegnati assieme a professionisti esterni nell’individuazione delle attività aziendali nel cui ambito possono essere commessi reati e nella definizione delle misure preventive di contrasto. I suoi contenuti riguardano specifiche fattispecie di reato (abuso di mercato, reati contro la pubblica am-

Note 11

12

13

14

ministrazione, reati informatici, sicurezza e salute dei lavoratori, reati ambientali e societari) che possono essere commesse nell’interesse o a vantaggio della Società da soggetti che nella struttura organizzativa rivestono una posizione apicale o da soggetti sottoposti alla vigilanza o alla direzione di questi ultimi. Completano il Modello il Codice di comportamento (o Codice etico) e il Documento di policy aziendale, che rappresentano la dichiarazione di adozione di comportamenti eticamente corretti, in particolare nell’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche e nella gestione delle informazioni e l’impegno di Acquedotto Poiana SpA di contribuire con la propria attività allo sviluppo socio-economico del territorio di riferimento.

CAPITOLO IV

Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 1 agosto 1996 “Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 ottobre 1996 n. 243. Art. 13 comma 2 “La tariffa è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio” Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (in Supplemento ordinario n. 162/L, alla Gazzetta Ufficiale n. 227, del 28 settembre). Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Articolo 113 Forme di gestione. 1. I servizi pubblici locali sono gestiti nelle seguenti forme: a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda; b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale; d) a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale; e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati; f) a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a norma dell’art. 116. Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 - Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. 115. Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni. 1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui possono

15

16

17

restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall’ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all’importo minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L’eventuale residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie (Comma così modificato dal comma 12 dell’art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448). [...] 7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio comunale l’assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valor e nominale iscritto a bilancio della relativa quota di capitale (Comma aggiunto dal comma 12 dell’art. 35, legge 28 dicembre 2001, n. 448). Tali normative sono, essenzialmente, la legge 28 dicembre 2001, n. 448, il cui articolo 35 ha riformulato l’articolo 113 del TUEL ed ha inserito l’articolo 113 bis e il decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla legge del 24 dicembre 2003, n. 350, che ha adeguato la disciplina nazionale alle norme comunitarie. Corte di giustizia, sentenza Teckal del 18 novembre 1999 n. 107, ripresa da Consiglio di Stato sezione V, 18 settembre 2002 n. 5361. La Corte di giustizia, nella sentenza citata, in riferimento agli appalti pubblici, ha stabilito che l’applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa limitatamente alle ipotesi eccezionali in cui “nel contempo l’ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti locali che la controllano. Tratto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 13 luglio 2004. “4. La tutela della concorrenza e l’inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai


INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

18 19 10

soli servizi pubblici locali attualmente classificati come “di rilevanza economica”, di cui all’art. 113, e non già in riferimento ai servizi “privi di rilevanza economica” previsti dall’art. 113-bis. La nuova denominazione di questi servizi, adottata in conformità a tendenze emerse in sede di Commissione europea a decorrere dal settembre 2000, già di per sé può indicare che il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale. A questo proposito la Commissione europea, nel “Libro Verde sui servizi di interesse generale” (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura “non economica”. Secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta infatti al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche dell’eventuale finanziamento pubblico dell’attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Per i servizi locali, quindi, che, in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri ed alle modalità della prestazione, ai destinatari, appaiono privi di “rilevanza economica”, ci sarà dunque spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale.” Per comodità, di seguito, anche solo 23 bis. L’AGCOM è l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Le funzioni di programmazione e organizzazione di competenza dell’Autorità d’ambito attengono in particolare: a) alla scelta del modello organizzativo e gestionale del servizio idrico integrato d’Ambito; b) alla salvaguardia degli organismi di gestione esistenti; c) alla definizione dei contenuti e all’approvazione dei contratti di servizio per la gestione del servizio idrico e del relativo disciplinare;

11

12

127

d) all’espletamento delle procedure di affidamento del servizio e all’instaurazione dei relativi rapporti; e) all’organizzazione dell’attività di ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti; f) all’adozione del programma degli interventi, del piano finanziario e del connesso modello gestionale e organizzativo per la gestione integrata del servizio, sulla base dei criteri della convenzione tipo predisposta dalla Regione ai sensi dell’articolo 24, comma 2. Il piano indica le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi da tariffa; g) all’aggiornamento annuale del programma degli interventi e del piano finanziario di cui alla lettera f), a seguito di una specifica attività di controllo di gestione e di qualità; h) alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, tenuto conto di quanto stabilito dagli articoli 13 e 14 della legge 36/1994 e di quanto stabilito dall’articolo 25 della presente legge. D.Lgs. 165/2001, art. 35, c. 3 “Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.” Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.





V LA RICERCA APPLICATA

CAPITOLO QUINTO

CHIARITA L’ANNOSA QUESTIONE DELL’ORIGINE DELLE ACQUE DELLA SORGENTE POIANA di Franco Cucchi, Luca Zini Nel corso dei cento anni di storia dell’Acquedotto più volte è stato affrontato il tema dell’origine delle acque della sorgente Poiana, senza giungere a un definitivo accertamento sulla sua provenienza. Nel biennio 2005-2006 l’Acquedotto ha ritenuto importante far compiere uno studio chiarificatore sulle potenzialità idriche dell’alta valle del Natisone, anche al fine di conoscere l’alimentazione delle acque delle sorgenti Poiana e Tologu. Il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università degli Studi di Trieste ha analizzato il sito del massiccio del monte Mia con l’ausilio di diverse discipline – quali la geologia e la geomorfologia – ed effettuato vari monitoraggi: le curve di esaurimento delle sorgenti Poiana e Tologu, la geochimica delle acque delle sorgenti monitorate, il monitoraggio degli acquiferi dell’idrostruttura del Monte Mia, le prove con traccianti. Con questi dati ed osservazioni si è pervenuti alla quantificazione della ricarica degli acquiferi e alla ricostruzione del bilancio idrogeologico.

INQUADRAMENTO LITOSTRATIGRAFICO L’area del Monte Mia è caratterizzata da una successione di depositi carbonatici di piattaforma e di scarpata di età compresa tra il Triassico superiore e il Cretacico inferiore e da una sovrastante successione clastica di brecce carbonatiche e Flysch, costituito da un’alternanza di marne, arenarie, calcareniti e brecce calcaree, di età Cretacico superiore-Paleocene. L’assetto a monoclinale immergente verso nord-ovest fa affiorare le unità più antiche prevalentemente lungo il fondovalle del versante italiano, mentre i termini più

recenti affiorano in territorio sloveno. Ai termini carbonatici più antichi compete la carsificabilità più elevata, ai termini intermedi (in generale brecce e calcareniti) compete una carsificabilità medio-elevata, mentre alle alternanze arenaceo-marnose del Flysch compete una bassa se non bassissima carsificabilità. In quest’ultima formazione infatti, pur essendo prevalente la componente carbonatica, l’assetto strutturale e le caratteristiche litostratigrafiche impediscono lo sviluppo di fenomeni carsici importanti. L’idrostruttura del Monte Mia può essere definita di tipo fratturato-carsico.

ASSETTO STRUTTURALE Dal punto di vista strutturale il Monte Mia presenta un assetto a monoclinale immergente verso NO e appartiene ad una struttura geologica più ampia chiamata “Anticlinale del Monte Mia-Matajur”. L’assetto ad anticlinale dell’area Mia-Matajur è ben evidenziato proprio lungo la valle del Natisone in territorio italiano, impostata, a seguito dell’erosione fluviale e dell’esarazione glaciale, nel suo nucleo costituito dalle formazioni triassiche e giurassiche. L’anticlinale a NE è delimitata dalla linea BarcisStaro Selo che mette a contatto terreni triassici con terreni maastrichtiano-paleocenici, mentre a SO è presente una serie di importanti faglie correlate a strutture a fiore. In linea generale la tettonica della zona risulta riconducibile ad un sistema di faglie transpressive, con orientazione dinarica, ereditate dal Giurassico-Cretacico e dal Maastrichtiano-Paleocene-Eocene e riattivate durante le fasi alpine.


132

LA RICERCA APPLICATA

Questo quadro strutturale ha influenzato direttamente l’impostazione dei principali ruscellamenti e probabilmente le direttrici di percolazione e deflusso ipogee. L’assetto strutturale così definito presenta alcune importanti implicazioni dal punto di vista idrogeologico. Innanzitutto i versanti che bordano il fiume Natisone sul lato sloveno presentano un assetto a franappoggio e sono in parte rappresentati da Flysch con alternanza di marne e calcare ed in parte da brecce calcaree grossolane. A questa formazione compete un basso grado di permeabilità e carsismo, e l’assetto strutturale rende poco probabile la possibilità di travasi lungo interstrati od orizzonti carsificati di acque del fiume Natisone verso l’acquifero del Monte Mia. Più a valle il fiume Natisone presenta approfondimenti a forra o comunque lambisce litologie maggiormente permeabili e carsificabili, nei quali l’assetto e la tipologia della fratturazione rendono possibile l’esistenza di perdite direzionate verso le sorgenti del versante italiano.

INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO Dal punto di vista geomorfologico la peculiarità del Monte Mia che più condiziona l’idrogeologia è quella di costituire un’area carsica. Seppur conosciute solamente 23 grotte, va segnalato che in aree vicine nelle formazioni triassiche e giurassiche si sono sviluppate le cavità più profonde della Regione. Il basamento dolomitico in genere va, inoltre, a costituire una porzione di acquifero meno permeabile per carsismo ma comunque abbastanza permeabile per fratturazione e costituisce di conseguenza una soglia di permeabilità sottoposta. La presenza di formazioni carsificabili, associate ad un assetto a monoclinale e ad una bassa pendenza del versante (in particolare quello sloveno), hanno portato al manifestarsi di forme carsiche. Le forme epigee che si possono osservare sono doline e campi solcati con un limitato sviluppo areale, presenti in particolare nella zona sommitale del Monte Mia e nella valle del Pradolino. Nell’altopiano del versante italiano vi sono otto grotte le cui entrate si trovano tutte attorno a quota 1.100 metri. Il loro sviluppo è prevalentemente ad andamento subverticale e il massimo dislivello raggiunto dall’ingresso al punto più profondo è di 21.2 metri. Lungo la valle del Pradolino sono presenti sei grotte (una in Slovenia e cinque in Italia). Due di queste si trovano alla base del versante del Monte Vogu mentre le altre si trovano sul versante del Monte Mia. Gli ingressi originari sono oggi parzialmente nascosti dai detriti di falda che caratterizzano i versanti

della valle. Le grotte qui hanno andamento prevalentemente suborizzontale e il massimo sviluppo in lunghezza è di 20 metri. Nonostante la scarsa significatività di queste cavità per numero e sviluppo, l’indizio più importante è che morfologicamente alcune di esse rappresentano antiche cavità di risorgiva, testimoniando l’effettiva presenza di un acquifero carsico, oggi ribassato in conseguenza all’erosione glaciale ed attuale dei fondovalle. Lungo la valle del Natisone si trovano inoltre cinque grotte distribuite a ridosso del suo corso: tre di queste si trovano in Slovenia e solo due si trovano nella destra Natisone.

MONITORAGGIO DEGLI ACQUIFERI Al fine di definire le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero e le potenzialità idriche dell’alta valle del Natisone sono state monitorate nel biennio 2005-2006 le principali emergenze afferenti all’idrostruttura del Monte Mia e del fiume Natisone. Il monitoraggio è avvenuto tramite l’acquisizione di dati in continuo di livello, temperatura e conducibilità, e/o tramite misure manuali degli stessi parametri. Furono complessivamente eseguite 79 analisi chimiche e 116 analisi geochimiche degli isotopi dell’ossigeno e realizzate due prove di marcatura con traccianti per conoscere il possibile contributo delle acque del Natisone all’alimentazione delle due sorgenti.

Sorgente Poiana Coordinate metriche: Est 2404050, Nord 5119589 Quota media del livello dell’acqua: 219.96 m s.l.m. L’opera di presa della sorgente, che costituisce la principale fonte di approvvigionamento dell’Acquedotto Poiana, è impostata in un terrazzo alluvionale collocato sulla destra del fiume Natisone alla base del versante orientale del Monte Mia ed a qualche decina di metri dal confine di Stato con la Slovenia. Il sito è stato oggetto di monitoraggio in continuo del livello dell’acqua, della temperatura e della conducibilità. Presso la sorgente sono state eseguite numerose misure manuali degli stessi parametri quali campioni di confronto con le misure strumentali in continuo. Contemporaneamente a questa attività si sono effettuati prelievi di campioni di acqua finalizzati ad analisi chimiche (12 campioni) e geochimiche degli isotopi dell’ossigeno (16 campioni). Saltuariamente, al fine di calcolare le portate addotte dall’opera di presa, ci si è avvalsi del contatore volumetrico situato presso la sorgente Arpit.


Monte Mia

Massiccio del Matajur Stupizza

Planimetria dei punti monitorati nel 2005-2006 per definire le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero e le potenzialità idriche dell’alta valle del Natisone.

A B C D E F G H I L M N

presa alla sorgente Poiana; presa alla sorgente Tologu; a valle dell’attraversamento dell’adduttrice del Poiana; canale di rilascio della sorgente Poiana; canale di rilascio della sorgente Poiana; affioramento della sorgente in Slovenia; sbarramento del canale fugatore; scarico dell’opera di presa della sorgente Arpit; sorgente minore a valle della sorgenteTologu; presa della sorgente Uodica nei pressi di Stupizza; polle sorgentifere nei pressi dell’abitato di Stupizza; sotto il ponte pedonale sul fiume Natisone presso Stupizza.


134

LA RICERCA APPLICATA

Fiume Natisone Coordinate metriche: Est 2403883, Nord 5119325 Quota media del livello dell’acqua: 216.98 m s.l.m. Il punto di monitoraggio prescelto si trovava sulla sponda destra idrografica del fiume Natisone, circa 300 m a valle della sorgente Poiana. L’acqua è stata monitorata al fine di individuare eventuali influenze del fiume Natisone nell’alimentazione delle sorgenti in studio.

Polle presso la Sorgente Poiana Opera di presa alla sorgente Poiana (punto A nella planimetria generale).

Sorgente Tologu Coordinate metriche: Est 2403392, Nord 5118682 Quota media del livello dell’acqua: 210.87 m s.l.m. La sorgente, anch’essa captata a scopo idropotabile dall’Acquedotto Poiana, è situata in prossimità di un terrazzo alluvionale alla destra del fiume Natisone alla base di un deposito detritico che scende dal versante orientale del Monte Mia. All’interno dell’opera di presa sono state collocate in data 11 febbraio 2005 sonde multiparametriche per il monitoraggio in continuo di livello, temperatura e conducibilità. Anche qui gli stessi parametri sono stati rilevati manualmente in 20 differenti occasioni, nell’ambito delle quali ci si è avvalsi del contatore volumetrico posto all’interno dell’opera di captazione per raccogliere dati utili a stimare i deflussi totali. Periodicamente si è eseguito il prelievo di campioni d’acqua per analisi chimiche (11 campioni) e geochimiche (15 campioni).

Opera di presa alla sorgente Tologu (punto B).

Coordinate metriche: Est 2404048, Nord 5119570 Quota: 220 m s.l.m. Si tratta di una serie di polle situate presso la sorgente Poiana, le cui acque sono convogliate in un canale che confluisce nel fiume Natisone. Durante i periodi di magra queste polle sono probabilmente in parte alimentate dal fiume, mentre in morbida e nelle fasi di piena prevale l’apporto delle acque provenienti dal troppo pieno della sorgente Poiana nonché di quelle drenate dal Monte Mia. Dal 25 agosto 2005 su questo canale è stato anche installato uno strumento per le misure in continuo di livello, a monte dello stramazzo utilizzato dall’Acquedotto Poiana per le misure di portata di rilascio della sorgente.

Ponticello Poiana Coordinate metriche: Est 2404031, Nord 5119537 Quota: 220 m s.l.m. Si tratta di un secondo punto di monitoraggio delle acque del canale di scarico della sorgente Poiana, posto pochi metri prima della confluenza con il fiume Natisone. Il sito è stato monitorato in continuo a partire dal 3 novembre 2005 allo scopo di stimare la portata di eventuali ulteriori apporti dall’acquifero carsico del Monte Mia. Misure ricorrenti di temperatura e conducibilità hanno indicato che presso questo sito le acque presentavano una temperatura media di 10.5°C (massimo 13.5°C, minimo 8.3°C) e una conducibilità media di 300 μS/cm (massimo 314 μS/cm, minimo 280 μS/cm).

Sorgente in Slovenia a monte della sorgente Poiana Coordinate metriche: Est 2404284, Nord 5120804 Quota: 230 m s.l.m. Questa sorgente si trova in Slovenia circa 1 km dopo il confine di stato sulla destra idrografica del fiume


LA RICERCA APPLICATA

Natisone ai piedi del fianco orientale del Monte Mia e le sue acque fuoriescono dal detrito di versante qualche metro sopra la quota delle acque di magra del fiume. In seguito a rilievi periodici mensili risulta che la conducibilità media è di 243 μS/cm, con minimo di 212 e massimo di 263 μS/cm; la temperatura media corrisponde a 9.6°C, con oscillazioni comprese tra 9.0 e 10.0°C. Sono stati prelevati 7 campioni per le analisi chimiche delle acque e 11 per quelle isotopiche. Durante i tracciamenti il sito è stato monitorato con captori ed il prelievo di campioni d’acqua.

Sorgente laterale Poiana (sbarramento del canale fugatore dell’opera di presa del Poiana) Coordinate metriche: Est 2404029, Nord 5119565 Quota: 220 m s.l.m. Le acque di questa sorgente si riversano nella vasca in calcestruzzo, coperta da una lamiera, che si trova una cinquantina di metri a valle della sorgente Poiana, sulla sinistra del sentiero che conduce all’opera di presa. Il sito è stato monitorato periodicamente attraverso misure manuali di temperatura e conducibilità, riscontrando valori medi di 10.3°C e 293 μS/cm, con oscillazioni comprese rispettivamente tra 9.3 e 11.5°C e 282 e 302 μS/cm. Sono stati inoltre prelevati 4 campioni d’acqua per le analisi chimiche e 8 per le analisi isotopiche. Nell’ambito del tracciamento del Natisone, la sorgente è stata monitorata con captori e con il prelievo di campioni d’acqua. La sorgente è stata presa in considerazione in quanto ritenuta rappresentativa dell’acquifero del Monte Mia e quindi utile alla discriminazione dei diversi apporti che alimentano la vicina sorgente Poiana.

Sorgente Arpit Coordinate metriche: Est 2403336, Nord 5118309 Quota: 213 m s.l.m. La sorgente è collocata sulla sponda sinistra del fiume Natisone pochi metri a valle del km 33 della strada statale 54 del Friuli ed è interessata da un’opera di captazione mai utilizzata. La temperatura media rilevata è stata di 9°C con oscillazioni comprese tra 8.8 e 9.5°C, la conducibilità media è di 235 μS/cm con massimi di 254 μS/cm e minimi di 206 μS/cm. Sono stati prelevati 5 campioni d’acqua per le analisi chimiche e 9 per quelle geochimiche.

Punto di monitoraggio a valle dell’attraversamento dell’adduttrice del Poiana sul fiume Natisone (punto C).

135

Sorgente presso la sorgente Tologu Coordinate metriche: Est 2403247, Nord 5118512 Quota: 210 m s.l.m. Si tratta di una sorgente temporanea situata sulla sponda destra del fiume Natisone poco più a sud del Tologu. L’acqua sgorga dai detriti di versante del Monte Mia con un fronte lungo una trentina di metri il quale si attiva solo in regime di piena. La temperatura media rilevata è di 9.5°C con oscillazioni comprese tra 8.6 e 10.7°C; la conducibilità media è di 255 μS/cm con minimo di 209 e massimo di 299 μS/cm. Durante il periodo di monitoraggio sono state effettuate 6 analisi chimiche e 10 geochimiche. Nell’ambito dei tracciamenti si è scelto di osservare la sorgente tramite l’utilizzo di captori e il prelievo di campioni d’acqua.


136

LA RICERCA APPLICATA

Punto di monitoraggio sul canale di rilascio della sorgente Poiana. La traversa viene utilizzata anche per la stima delle portate scaricate. Sullo sfondo si intravvede la vecchia stazione ferroviaria di Poiana sulla ex linea ferroviaria a scartamento ridotto Cividale del Friuli-Caporetto (punto D).

Sorgente Uodica Coordinate metriche: Est 2401773, Nord 5118070 Quota: 283 m s.l.m. Questa sorgente è parzialmente captata dall’acquedotto che rifornisce il paese di Stupizza e si trova nel tratto iniziale della Valle di Pradolino a pochi metri dal sentiero che sale dal paese. L’acqua sgorga direttamente dall’ammasso roccioso, drenata da una frattura aperta con giacitura subverticale e direzione 110°N. Le portate variano da 2 a 15 l/s; i valori medi rilevati di conducibilità e temperatura sono rispettivamente 258 μS/cm e 9.0°C e oscillano tra 237 e 311 μS/cm e 8.5 e 9.5°C. L’acquifero è stato oggetto di prelievi periodici di campioni d’acqua finalizzati sia ad analisi chimiche (11 campioni) che geochimiche (14 campioni).

Polle presso Stupizza Coordinate metriche: Est 2401860, Nord 5117511 Quota: 202 m s.l.m. Si tratta di un’insieme di sorgenti che scaturiscono in destra idrografica del fiume Natisone, circa 100 m a nord del ponte pedonale situato presso l’abitato di Stupizza, pochi metri sotto il sentiero che conduce verso la Valle di Pradolino. L’acqua fuoriesce sottoforma di piccole polle dai depositi quaternari costituiti da alluvioni e detrito di versante e genera un breve corso d’acqua che si riversa nel fiume Natisone. Le portate rilevate erano molto variabili: in periodi molto siccitosi le sorgenti apparivano quasi completamente asciutte, mentre in regime di piena venivano raggiunte portate di parecchie decine di litri al secondo. La temperatura media rilevata è stata di 9.6°C con minimo di 8.4°C e massimo di 10.4°C, mentre la conducibilità ha un valore medio di 265 μS/cm ed è compresa tra 225 e 287 μS/cm. Durante il periodo di monitoraggio sono stati prelevati 9 campioni per le analisi chimiche e 13 per le geochimiche. In base al contesto geologico ed ai dati


LA RICERCA APPLICATA

rilevati nel corso del monitoraggio risulta che la sorgente drena acque afferenti all’idrostruttura del Monte Vogu.

Natisone presso Stupizza Coordinate metriche: Est 2401921, Nord 5117403 Quota: 201 m s.l.m. Il sito si trova sotto il ponte pedonale sul fiume Natisone presso l’abitato di Stupizza ed è stato oggetto di osservazione al fine di valutare, soprattutto nell’ambito dei tracciamenti, il passaggio di acque marcate alla chiusura del bacino dell’idrostruttura. La temperatura media rilevata è di 8.4°C con oscillazioni tra 4.5 e 13.5°C; la conducibilità media corrisponde a 268 μS/cm con valori minimi e massimi rispettivamente di 243 e 298 μS/cm. Durante le prove di tracciamento il sito è stato monitorato attraverso la posa di captori e il prelievo di campioni d’acqua. Punto di monitoraggio sul canale di rilascio della sorgente Poiana. Il tombotto in foto sottopassa il vecchio sedime della linea ferroviaria Cividale del Friuli-Caporetto. L’idrometro inserito sul canale serve a stimare la portata transitante (punto E).

137

CURVE DI ESAURIMENTO Grazie all’acquisizione in continuo dei livelli idrici è stato possibile analizzare le curve di decremento delle portate presso le sorgenti Poiana e Tologu. Lo scopo era quello di fornire dei dati quantitativi relativi alle caratteristiche della rete di drenaggio che alimenta le sorgenti stesse, individuando in particolare le riserve idriche presenti nel sistema in diversi momenti del decremento; ciò è fondamentale specialmente per prevedere l’evoluzione delle portate nel tempo qualora si verificassero lunghi periodi segnati da un’infiltrazione efficace trascurabile.

Sorgente Tologu Sulla base dell’analisi degli idrogrammi ottenuti tramite le misure in continuo dei livelli idrici ed il successivo calcolo delle portate, si è facilmente constatato che la sorgente, nel periodo susseguente il colmo di una piena, manifesta due principali tipi di svuotamento consecutivi: il primo è particolarmente rapido e persiste al massimo 6-7 giorni, mentre il secondo è caratterizzato da un coefficiente di esaurimento molto minore.


138

LA RICERCA APPLICATA

Punto di monitoraggio sull’affioramento della sorgente in Slovenia (punto F).

Questa differenza così marcata, e soprattutto l’assenza di un passaggio graduale tra le due tipologie di decremento, indica che il primo è dovuto a un contributo di alimentazione che si attiva esclusivamente in fase di piena e che può essere considerato completamente estraneo al sistema idrico che alimenta l’emergenza nei periodi di magra.

Sorgente Poiana L’analisi della curva di decremento di questa sorgente è stata effettuata in base ai dati ricavati, sommando la portata costante di 140 l/s addotta dall’opera di presa, a quella calcolata tramite le misure in continuo dei livelli idrici nel canale a valle della sorgente stessa, il quale drena l’acqua restituita dal troppo pieno dell’opera di presa e quella risultante da alcune piccole emergenze non captate facenti comunque parte dello stesso complesso sorgentifero. Approssimativamente la portata totale della sorgente, intesa come la somma di ciò che viene prelevato tramite l’opera di presa e quello che viene drenato dal canale che si sviluppa all’esterno dell’opera di presa stessa, scende sotto ai 140 l/s dopo un periodo di circa 50 giorni caratterizzato dalla totale assenza di precipitazione, dall’ultimo evento meteorico significativo.

GEOCHIMICA DELLE ACQUE In sinergia con gli altri elementi considerati, sono stati eseguiti numerosi prelievi di campioni d’acqua finalizzati ad analisi chimiche e geochimiche degli isotopi dell’ossigeno. I campionamenti sono stati effettuati nel tempo tenendo conto delle caratteristiche dell’idrostruttura

indagata che, come già accennato in precedenza, è costituita da litologie carsificabili. Ciò comporta la presenza di un reticolo di drenaggio delle acque molto complesso, costituito dall’insieme di differenti vie di deflusso caratterizzate da diverse velocità di scorrimento ed aventi un’importanza molto variabile nell’alimentazione delle sorgenti stesse, dipendente in particolare dalle condizioni idrologiche e quindi dalla piovosità. Questa situazione è ulteriormente complicata se si tiene conto che molte delle sorgenti monitorate, tra le quali anche quelle captate dall’Acquedotto Poiana, essendo impostate in depositi sciolti, vengono alimentate sia dall’idrostruttura carsificata del monte Mia, sia dall’acquifero poroso che le ospita, la cui ricarica è determinata, oltre che dagli apporti provenienti dal Monte Mia stesso, anche da contributi meteorici locali o provenienti dal vicinissimo fiume Natisone. L’idrostruttura del Monte Mia è caratterizzata da una discreta uniformità litologica (rocce carbonatiche di tipo calcareo dolomitico) e da una elevata permeabilità. Queste peculiarità si riflettono ovviamente sulle caratteristiche idrochimiche delle acque sotterranee, le quali appaiono tutte molto simili tra loro e contraddistinte da bassi livelli di mineralizzazione tipici di acque oligominerali. Ciò è confermato anche dai modesti valori di conducibilità, sempre compresi tra 210 e 310 μS/cm. Analizzando più in particolare l’andamento di questo parametro, si nota che le sorgenti mediamente meno mineralizzate sono l’Arpit, la sorgente in Slovenia a monte del Poiana, la sorgente a valle del Tologu e nelle polle presso Stupizza; i valori più elevati si riscontrano invece nelle acque delle

Punto di monitoraggio in corrispondenza del manufatto di sbarramento del canale fugatore costruito in occasione della realizzazione della galleria filtrante della presa della sorgente Poiana (punto G).


LA RICERCA APPLICATA

Punto di monitoraggio in corrispondenza dello scarico dell’opera di presa della sorgente Arpit (punto H).

sorgenti Poiana, Tologu, laterale Poiana e sono tipici anche del fiume Natisone. In particolare i tenori di calcio sono mediamente compresi tra 40 e 50 mg/l; i valori più elevati si riscontrano presso le sorgenti Poiana, Tologu ed il fiume Natisone, mentre tenori inferiori contraddistinguono la sorgente Uodica, le polle presso Stupizza, la sorgente presso Tologu e la sorgente in Slovenia a monte del Poiana. I livelli di magnesio sono invece compresi in media tra 3.3 e 9.3 mg/l con minimi di 1.5 mg/l e massimi di 12.0 mg/l. Le concentrazioni più alte sono state accertate nelle acque della sorgente Uodica e subordinatamente nelle sorgenti Poiana, Tologu e nel fiume Natisone; quelle minime invece nelle sorgente presso il Tologu, nella sorgente Arpit, nella sorgente in Slovenia e nelle polle presso Stupizza. Considerando invece lo ione bicarbonato, che è la specie chimica più abbondante, si può affermare che la sua quantità varia mediamente tra i 139 e i 173 mg/l, con concentrazioni che possono essere considerate proporzionali alla mineralizzazione stessa delle acque.

139

GEOCHIMICA DEGLI ISOTOPI DELL’OSSIGENO Nell’ambito di questa ricerca si è scelto di utilizzare, in sinergia con gli altri elementi d’indagine, anche l’idrologia isotopica. In particolare le potenzialità di questo metodo di studio sono state sfruttate per determinare la quota media di alimentazione delle principali sorgenti con l’intento di distinguere acque aventi una diversa provenienza anche all’interno della stessa struttura idrogeologica. Osservando le variazioni di questo parametro si è cercato anche di far luce e di chiarire i rapporti intercorrenti tra le sorgenti Poiana e Tologu e la falda alimentata dal fiume Natisone.

PROVE CON TRACCIANTI La campagna di monitoraggio in continuo e le analisi chimiche e geochimiche hanno evidenziato l’esistenza di alimentazioni da parte del fiume Natisone sia nelle acque della sorgente Poiana che nelle acque della sorgente Tologu. Questa ipotesi si è rafforzata dopo l’analisi dei dati del periodo estivo, che hanno


140

LA RICERCA APPLICATA

Punto di monitoraggio in corrispondenza dell’affioramento di una sorgente minore a valle della sorgente Tologu (punto I).

confermato l’ingressione durante i regimi di piena di acque del Natisone. In questo contesto si ha la possibilità di individuare e stimare l’effettivo contributo delle acque del fiume Natisone alle sorgenti marcando le acque con un tracciante artificiale. È stato quindi ritenuto prioritario effettuare un’iniezione nel fiume Natisone e non nelle aree di ricarica primaria della idrostruttura del monte Mia. Sulla base dei dati geologici ed idrogeologici infatti l’area di ricarica primaria delle sorgenti è costituita dall’intero massiccio del Monte Mia, in particolare dalle aree più elevate che presentano morfologie ad altopiano e carsismo, con direzione generale di deflusso da NO verso SE. Il fiume Natisone lambisce l’idrostruttura del Monte Mia dall’imbocco del vallone di Pradolino in Slovenia fino all’abitato di Stupizza, fungendo da livello di base per l’acquifero carsico. A sud-ovest l’idrostruttura è delimitata dalla profonda incisione del vallone di Pradolino che, per assetto morfo-strutturale e quote topografiche, porta ad escludere interazioni (in particolare travasi) con l’idrostruttura del Monte Vogu. Il Natisone scorre sia in alluvioni terrazzate che in tratti a forra. Sul versante sloveno sono talvolta presenti brevi tratti in erosione su depositi morenici o fluvioglaciali.

L’assetto strutturale dell’idrostruttura è caratterizzato da importanti faglie trascorrenti ad andamento NO-SE e dai relativi sistemi di fratture coniugate. In questo contesto geologico è ipotizzabile l’esistenza di perdite in subalveo del fiume Natisone, specialmente nel versante sloveno, in particolare per il tratto compreso tra Podbela e Kred, che presenta morfologie a forra e litologie maggiormente carsificabili (passaggio da Flysch a brecce carbonatiche dopo Podbela). Data la situazione è stato quindi deciso di iniettare il tracciante a monte di questi tratti a probabili perdite. Immediatamente a monte delle sorgenti Poiana e Tologu sono presenti ampi terrazzi alluvionali; in particolare alle spalle della sorgente Tologu, le alluvioni presentano una granulometria prevalentemente sabbioso-limosa. Per discriminare l’esistenza di perdite del fiume in prossimità delle sorgenti o di infiltrazioni che attraversano l’intera idrostruttura, sono stati utilizzati due traccianti, con iniezione quasi contemporanea ma a diversa distanza dalle sorgenti. La fluoresceina è stata iniettata in prossimità del “Ponte di Napoleone”, posto all’inizio del Vallone di Pradolino; il tinopal in località Kred, poco dopo la netta inversione del Natisone verso sud. Si sono monitorati 7 punti: 5 sorgenti e Natisone in due sezioni diverse. Erano a disposizione due sonde fluorimetriche per il monitoraggo in continuo. Una sonda è stata installata alla sorgente Poiana il giorno 12 gennaio 2006 e attivata alle 17.08. La seconda è stata inizialmente utilizzata per monitorare il passaggio del tracciante nel Natisone all’altezza del confine di Stato ed è poi stata spostata per il monitoraggio della sorgente Tologu. Le due sorgenti, in collaborazione con il personale dell’acquedotto, sono state oggetto di campionamenti manuali con cadenza praticamente giornaliera nei 10 giorni successivi alla seconda iniezione, con cadenza almeno tri-giornaliera fino al ventesimo giorno dall’iniezione e successivamente con cadenza settimanale o di quindici giorni. I campioni prelevati manualmente hanno avuto lo scopo di coprire l’intervallo di tempo in cui la strumentazione in continuo non era presente al Tologu, di assicurare la presenza di dati nel caso di malfunzionamento della strumentazione e di consentire la valutazione dell’attendibilità dei dati in continuo con analisi da laboratorio di maggior precisione.

L’iniezione sul fiume Natisone Sono state effettuate due iniezioni sul fiume Natisone, rispettivamente il 12 e il 19 gennaio 2006. Il problema maggiore di un’iniezione di questo tipo era costituito dal dover utilizzare quantitativi minimi di tracciante, in modo da non rischiare di creare allarmismo


LA RICERCA APPLICATA

nella popolazione del luogo e inquinamento delle acque di captazione. La limitazione maggiore era costituita dalle basse portate in magra al momento dell’iniezione (circa 600 l/s, misura effettuata su apposita sezione e con correntometro) e di conseguenza dal fatto che il Natisone sarebbe risultato di color verde fluorescente per alcuni chilometri anche usando quantitativi modici di fluoresceina. Dopo aver avvisato tutte le autorità competenti, compreso il sindaco della cittadina di Kobarid, il 12 gennaio 2006 alle ore 17.30 sono stati immessi 150 g di fluoresceina nel Natisone in prossimità del “Ponte di Napoleone” e alle 19.00 è stato immesso 1 kg di tinopal in prossimità dell’abitato di Kred. Dopo aver verificato che i traccianti sono giunti in prossimità del confine di stato con tenori non rilevabili a occhio nudo e che le sorgenti non hanno mostrato evidenze nette del passaggio del tracciante, il giorno 19 gennaio 2006 alle ore 17.00 sono stati immessi 1.5 kg di fluoresceina nel Natisone poco a valle del “Ponte di Napoleone” e alle 18.45 sono stati immessi 5 kg di tinopal in prossimità dell’abitato di Kred. L’immissione è avvenuta mediante prediluizione in acqua dei traccianti e versamento nel Natisone mediante serbatoi dotati di rubinetto, in modo da far perdurare l’iniezione per circa 30 minuti e creare un ampio fronte di acqua marcata. Un’iniezione di questo tipo (non istantanea), abbinata all’alternarsi di tratti con turbolenze e bacini di calma lungo il corso del Natisone, ha provocato un accentuato effetto coda nel rilevamento del passaggio del tracciante alla stazione di monitoraggio vicino al confine, a 10 km di distanza dal punto di iniezione della fluoresceina e a quasi 3 km da quello del tinopal. Nella prima iniezione il tinopal è arrivato in prossimità del confine di stato alle ore 23.45 del 12 gennaio 2006, quasi 5 ore dopo l’iniezione. Il picco massimo raggiunto è stato di 26 ppb (parti per bilione) il 13 gennaio 2006 alle ore 1.15 e nella mattinata del 14 gennaio 2006 i valori sono tornati quasi nella norma, anche se il segnale naturale del Natisone risulta abbastanza disturbato sia nei confronti del tinopal che della fluoresceina. Nel caso della fluoresceina la curva di deflusso ha un andamento più diluito, con arrivo del tracciante il 13 gennaio 2006 alle 8.15, quasi 13 ore dopo l’iniezione. Il picco massimo è stato di 0.56 ppb il 13 gennaio 2006 alle 11.30, mentre il pomeriggio del 14 febbraio 2006 i valori si presentavano ancora intorno a 0.2 ppb. In seguito alla seconda iniezione il tinopal è arrivato in prossimità del confine di stato alle ore 3.20 del 20 gennaio 2006, 8 ore e mezza dopo l’iniezione del tracciante. Il picco massimo raggiunto è stato di 39.45 ppb alle ore 7.45 del 20 gennaio 2006. Il primo arrivo della fluoresceina si è verificato alle ore 6.00 del 20 gennaio 2006, 13 ore dopo l’iniezione del tracciante. Lo strumento è stato prelevato per l’installazione al Tologu il

141

Punto di monitoraggio sulla opera di presa della sorgente Uodica nei pressi di Stupizza, in comune di Pulfero (punto L).

20 gennaio 2006 alle 14.00, momento in cui la concentrazione di fluoresceina era a 1.76 ppb e la concentrazione di tinopal era di 10.72 ppb. Campionamenti effettuati il 23 gennaio 2006 sono risultati positivi sia per tinopal che fluoresceina, il 26 gennaio 2006 solo per la fluoresceina. Dato il trend di decremento indicato dai dati in continuo, la positività di questi campioni viene ritenuta in parte dovuta a rilasci di tracciante da parte di sorgenti non monitorate o dalla sorgente Poiana, specialmente per la positività alla fluoresceina del campione del 26 gennaio 2006, prelevato dal fiume poco a monte di Stupizza. In occasione della seconda iniezione le portate del Natisone in prossimità del confine erano lievemente inferiori a quelle del 12 gennaio 2006, con 560 l/s il giorno 12 gennaio 2006 e 520 l/s il giorno 19 gennaio 2006. Durante l’intervallo di tempo tra le due iniezioni le condizioni meteo sono rimaste stabili, con giornate fredde che hanno mantenuto interamente la coltre nevosa presente nei fondovalle ed assenza di precipitazioni. Nel calcolo del rateo di restituzione della quantità di tracciante (con concentrazioni depurate dal rumore di fondo) transitata nelle vicinanze delle sorgenti risulta che per la prima iniezione è transitato quasi il 30% del tinopal iniettato e il 20% di fluoresceina. Per la


142

LA RICERCA APPLICATA

Punto di monitoraggio su alcune polle sorgentifere nei pressi dell’abitato di Stupizza (punto M).

seconda iniezione il calcolo non è approssimabile a causa dello spostamento dello strumento in continuo dal Natisone al Tologu, anche se alle ore 14.00 del 20 gennaio 2006 era passato il 10% del tinopal iniettato e l’1% della fluoresceina: pur considerati gli effetti di diluizione, assorbimento e dispersione, notevoli quantità di tracciante sono andate a marcare anche le acque di subalveo, come del resto ci si era proposti di fare.

IL MONITORAGGIO DELLE SORGENTI Sorgente Poiana La sonda in continuo è stata posizionata il giorno 12 gennaio 2006. I campioni analizzati in laboratorio (in tutto 16) segnalano valori positivi solamente per la fluoresceina nei campioni tra il 23 ed il 26 gennaio, con concentrazioni scemanti da 0.05 a 0.03 ppb. Si tratta indubbiamente di concentrazioni limite, evidentemente difficilmente rilevabili dalla strumentazione in continuo nelle condizioni operative del sito. Nell’interpretazione quindi ci si rifà ai soli dati di laboratorio, anche se i valori registrati in continuo dalla sonda permettono di escludere il passaggio di tracciante ad elevate concentrazioni, ed in particolare del tinopal. Risulta questo un fatto importante, in quanto si deve ammettere che il tracciante

fuoriuscito al Poiana proviene dalle acque del Natisone infiltratesi attraverso l’acquifero del Monte Mia. La fuoriuscita di fluoresceina si inserisce in un periodo tra il 20 ed il 30 gennaio (campioni negativi il 20 gennaio 2006 ore 9.15 ed il 30 gennaio 2006 ore 14.42). Considerando che l’onda del tracciante del Natisone si è esaurita già il 22-23 gennaio (non si hanno dati completi a riguardo ma nel caso del primo tracciamento l’onda marcata è transitata in poco più di 48 ore) si può affermare che la positività del campione del Natisone prelevato il 26 gennaio (0.3 ppb) indica la fuoriuscita di tracciante dall’idrostruttura del monte Mia anche da altre sorgenti, non identificabili sulla base dei dati posseduti.

Sorgente Tologu Il 14 gennaio 2006 alle 18.53 è stata posizionata e riavviata la sonda alla sorgente Tologu. L’andamento del monitoraggio mostra che il tinopal aveva già raggiunto la sorgente. Il picco del tracciante, peraltro poco accentuato, si verifica il 15 gennaio 2006 alle 16.02 ed i valori rientrano nella norma intorno al pomeriggio del 16 gennaio 2006, con un segnale di base piuttosto elevato, intorno a 0.35 ppb. Si specifica che l’esito sulle acque in questo breve periodo è da considerarsi positivo (effettiva presenza di tracciante) in


LA RICERCA APPLICATA

base alla curva di concentrazione del tracciante più che ai singoli valori misurati. Anche il segnale di base della fluoresceina risulta disturbato ed il passaggio del tracciante non è rilevabile con i dati della strumentazione in continuo, anche se mediamente i valori nell’intervallo di tempo che corrisponde al passaggio del tinopal sono leggermente più elevati anche per la fluoresceina. Alla luce di questi dati nella seconda iniezione lo strumento è stato spostato dal Natisone al Tologu con un giorno di anticipo rispetto alla prima esperienza, ossia dopo 47 ore dall’iniezione. In questo caso si evidenzia molto bene l’onda del passaggio del tinopal, con picco il 21 gennaio 2006 alle ore 5.50 a 1.3 ppb e ritorno ai valori di fondo nella mattinata del 22 gennaio 2006. Nonostante i quantitativi più elevati anche in questo caso la fluoresceina non evidenzia passaggi evidenti, pur presentando valori mediamente di poco superiori a quelli del periodo successivo. In generale quindi la sorgente presenta un ritardo dell’ordine di un giorno rispetto al passaggio del tracciante nel Natisone, con un effetto di diluizione nel tempo dell’onda di tracciante poco marcato. I valori di concentrazione di un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelli del Natisone sono imputabili alla presenza di miscelamenti con acque non marcate (effettiva presenza in loco di sorgenti) e con tutta probabilità all’effetto di attenuazione per circolazione più lenta e pervasiva nei depositi alluvionali a monte della sorgente Tologu, che fungono da acquifero relativamente meno permeabile rispetto a quello dell’alveo. Tra la sera del 27 gennaio 2006 e la mattina presto del 2 febbraio 2006 si è verificata una graduale fuoriuscita di tracciante fino ad un massimo di 0.73 ppb il 30 gennaio 2006 ore 11.34, connessa a una leggera piena ed alla conseguente espulsione di acque marcate residenti con tutta probabilità nelle alluvioni del Natisone. Per quanto riguarda la fluoresceina, applicando proporzionalmente l’effetto di diluizione subito dal tinopal, si riscontra come i valori teorici del tracciante che dovrebbe essere transitato al Tologu siano dello stesso ordine di grandezza del disturbo di base delle acque e quindi difficilmente rilevabili dallo strumento in continuo. In questo caso tutti i campioni analizzati in laboratorio hanno dato comunque esito negativo, anche se non si dispone di campioni tra la sera del 27 gennaio e la mattina del 2 febbraio. In sintesi il tracciamento del fiume Natisone, con iniezione di fluoresceina nel versante opposto alle sorgenti Poiana e Tologu (località “Ponte di Napoleone”) e di tinopal all’altezza dell’abitato di Kred ha dato esito positivo dopo 1 giorno al Tologu (solo tinopal) ed esito positivo al Poiana con inizio non esattamente collocabile ed esaurimento del tracciante a 7 giorni dall’iniezione (solo fluoresceina). Si tratta di evidenti perdite del Natisone verso le sorgenti, collegate rispettivamente a circuiti veloci e moderatamente veloci.

143

Nel caso della sorgente Tologu la maggior parte delle infiltrazioni avviene con tutta probabilità poco a monte della sorgente stessa, dove le acque del Natisone vanno a permeare le alluvioni di alcuni ampi terrazzi alluvionali. Si tratta quindi in questo caso di un vero e proprio travaso. Nel caso della sorgente Poiana le infiltrazioni del Natisone vanno a miscelarsi con le acque contenute nell’acquifero del Monte Mia all’interno dell’idrostruttura stessa, che viene attraversata con circuiti piuttosto veloci. Da un punto di vista geologico la zona più favorevole all’infiltrazione del Natisone con direzioni di deflusso verso SSE, va a collocarsi tra Podbela e Kred (passaggio da Flysch a brecce carbonatiche dopo Podbela). Il monitoraggio in continuo delle concentrazioni di tracciante nel Natisone e nel Tologu ha permesso di stimare l’effetto di diluizione per miscelazione con acque non marcate (effettiva presenza in loco di sorgenti), che indica un travaso, in fase di magra, di qualche litro al secondo su un totale di 30 captati dalla sorgente. I risultati alla sorgente Poiana hanno valenza qualitativa, in quanto le concentrazioni di tracciante sono state messe in evidenza solo mediante analisi di laboratorio su campioni raccolti in loco. A titolo puramente indicativo si specifica che alle concentrazioni rilevate alla sorgente ed ipotizzando una concentrazione iniziale delle acque di infiltrazione del Natisone di qualche ppb, il travaso di acque del fiume verso la sorgente risulterebbe al massimo dell’ordine della decina di litri al secondo su un totale di 140 captati. Alcuni problemi sono sorti proprio in relazione alle basse concentrazioni con cui si è stati costretti a lavorare: il limite maggiore infatti è imposto dall’iniezione di tracciante in un fiume che passa per centri abitati ed è diviso tra Italia e Slovenia. Pur avendo avvisato le autorità competenti, l’utilizzo di un quantitativo superiore, soprattutto di fluoresceina, avrebbe rischiato di provocare allarmismo nella popolazione. In quest’ottica la prova eseguita costituisce un’ottima base per tarare con più precisione le quantità da utilizzare ed i siti di iniezione in esperienze future. Sempre a causa delle basse concentrazioni i dati monitorati presentano alcune discrepanze. L’elevato disturbo alla sorgente Tologu non ha permesso la discriminazione del probabile passaggio anche di fluoresceina nei periodi in cui le sonde hanno segnalato fuoriuscita di tinopal, mentre alla sorgente Poiana le basse concentrazioni di fluoresceina non sono state rilevate dalle sonde in continuo, pur in assenza di disturbo. I monitoraggi eseguiti indicano che le sorgenti Poiana e Tologu, pur ricche d’acqua di ottima qualità, hanno un comportamento idraulico complesso, condizionato dalla presenza e dalla sovrapposizione di tipologie diverse di alimentazione.


144

LA RICERCA APPLICATA

In linea generale si ammette in entrambe le sorgenti l’esistenza di tre tipi di alimentazione: – alimentazione proveniente dall’idrostruttura del Monte Mia, le cui acque di ricarica derivano dalle acque di infiltrazione primaria (infiltrazione efficace nel settore del Monte Mia) e dalle perdite di subalveo del fiume Natisone nella parte settentrionale dell’idrostruttura. Questi due apporti vanno a miscelarsi e danno luogo alla falda di base in seno all’idrostruttura del Monte Mia. Le acque di falda fuoriescono dall’idrostruttura da numerosi punti ubicati lungo il versante sudorientale in destra Natisone, talora direttamente da fratture in roccia, talora transitando nel detrito di falda al piede dei versanti o dai depositi alluvionali intercalati al detrito di falda. Si tratta dell’alimentazione prevalente, risorsa e riserva idrica importantissima; – alimentazioni molto locali, significative durante i periodi piovosi e/o di scioglimento delle nevi, provenienti dai ruscellamenti superficiali attivi lungo le pendici del Monte Mia. Le acque si infiltrano nel detrito di falda che borda i fronti sorgentiferi e vanno anche a permeare i depositi alluvionali (materiali ghiaioso sabbiosi con limo) dei terrazzi in cui sono situate le opere di presa, mescolandosi con le altre acque di falda. Si tratta di contributi secondari, importanti solamente durante le precipitazioni; – perdite di subalveo del fiume Natisone lungo il piede del versante orientale del Monte Mia e in prossimità delle sorgenti. Le acque di subalveo permeano i depositi alluvionali dei terrazzi in cui sono situate le opere di presa, mescolandosi con le altre acque di falda. Si tratta di contributi che possono anche essere importanti, varianti in funzione del regime fluviale e che quasi ‘sostengono’ lateralmente le acque provenienti dall’idrostuttura del Monte Mia. Nonostante la mole dei dati, data la sostanziale uniformità delle caratteristiche delle acque provenienti dai tre tipi di alimentazione, non è al momento possibile quantificare esattamente i diversi apporti. Si possono tuttavia ben distinguere le diverse tipologie di provenienza delle acque nelle aree sorgentifere, riconoscendo all’idrostruttura del Monte Mia il contributo prevalente e più importante, anche se non unico e distinguendo situazioni, e quindi rapporti di alimentazione, diverse in funzione del regime idrologico e climatico.

dell’opera di presa, si riconosce la presenza di due (idrostruttura e alimentazioni locali) dei tre tipi di contributi citati, con netta prevalenza degli apporti provenienti dall’idrostruttura del Monte Mia e si sospetta la occasionale presenza di apporti dal subalveo del Natisone. Per quanto riguarda gli apporti legati direttamente alla falda dell’idrostruttura del Monte Mia, le prove con i traccianti hanno evidenziato, in fase di magra invernale ed in assenza di precipitazioni meteoriche, il contributo delle perdite di subalveo del Natisone lungo il versante settentrionale del Monte Mia. Una stima indicativa porta a quantificare in pochi litri/secondo, sui 140 captati, questo contributo, con un tempo di attraversamento dell’idrostruttura non superiore a 4 giorni. La situazione non è definibile più nel dettaglio a causa dei limitati quantitativi di tracciante fuoriuscito, al di sotto della soglia di rilevabilità certa delle sonde fluorimetriche in continuo installate e rilevati unicamente dalle analisi di laboratorio. Nonostante sia ipotizzabile che questo tipo di contributo aumenti in fase di piena, i monitoraggi in continuo (livello, temperatura, conducibilità) non sono in grado di discriminarlo da quello di infiltrazione per percolazione e deflusso veloce all’interno dell’idrostruttura. A questi contributi caratterizzati da un deflusso veloce, si sovrappongono i contributi infiltrativi a deflusso più lento, che costituiscono le riserve principali nel mantenimento delle portate alla sorgente. L’esistenza di queste riserve viene messa in evidenza dalle indagini isotopiche, che presentano valori omogeneizzati e con oscillazioni attenuate rispetto a quelle dei diversi input infiltrativi (eventi piovosi e ruscellamenti) e delle altre sorgenti monitorate. Per quanto riguarda la valutazione delle alimentazioni locali e delle perdite del fiume Natisone in prossimità delle sorgenti, i dati più rappresentativi sono costituiti dall’andamento delle temperature sia negli episodi di piena sia nella loro variazione stagionale. La temperatura delle acque di falda contenute nell’idrostruttura del Monte Mia può variare tra 8.6°C e 10.7°C, con valori medi e frequenti intorno ai 9.5°C. In questo contesto quindi, i valori massimi, minimi e le oscillazioni nelle fasi di piena e di variazione stagionale della sorgente Poiana, sono spiegabili solamente riconoscendo l’influenza sull’emergenza da parte di acque che risentono delle variazioni collegate al singolo evento infiltrativo.

LE ORIGINI DELLA SORGENTE POIANA Considerando l’intero fronte sorgentifero, costituito dalle acque captate dall’opera di presa, da quelle della sorgente immediatamente a valle, dal ruscello che raccoglie le altre venute d’acqua e dal troppo pieno

Recenti e approfondite ricerche hanno confermato che le limpide acque del Natisone contribuiscono ad alimentare la sorgente Poiana (foto di Claudio Mattaloni).




LA RICERCA APPLICATA

I monitoraggi in continuo della conducibilità mettono in risalto un contributo generico del fiume Natisone alla sorgente. Ancora, come nel caso della temperatura, i valori medi di conducibilità delle sorgenti afferenti solamente ad apporti provenienti dall’idrostruttura del Monte Mia rivelano conducibilità più basse sia nei valori medi (intorno ai 250 μS/cm) sia di oscillazione, mentre la sorgente Poiana presenta valori assimilabili a quelli del fiume Natisone. L’idrodinamica della sorgente è stata definita attraverso il monitoraggio dei livelli ed il calcolo delle portate e delle curve di esaurimento. La sorgente risulta caratterizzata da risposte agli impulsi di piena più ritardate e da un periodo di esaurimento più lungo tra quelle dell’intera idrostruttura, pur evidenziando genericamente un tipo di circuito a risposta veloce. Le curve di esaurimento ed i gradienti di decrescita del livello assicurano su periodi di mantenimento di portate significative, in caso di assenza di precipitazioni, dell’ordine di 2-3 mesi. La risposta dei livelli nei confronti delle onde di piena del Natisone è spesso quasi immediata o sincrona, ma la variabilità di alcuni episodi testimonia la presenza di una falda non direttamente collegata ma sostenuta da quella del fiume Natisone. Tra i contributi non captati va messa in evidenza l’esistenza di un deflusso minimo di 10 l/s nel ruscello esterno al Poiana, con una portata media di 30 l/s in prossimità del ponticello. Il ruscello nel suo percorso dall’opera di presa al fiume aumenta la sua portata, in fase di magra, da 10 l/s a 20-30 l/s. In sintesi, i dati acquisiti mettono in luce la presenza di contributi idrici diversi che, variabilmente miscelati in funzione della situazione idrodinamica, concorrono all’alimentazione della sorgente. La sorgente ed il ruscello esterni all’opera di presa vanno considerati come la continuazione del fronte sorgentizio dell’opera di presa, con caratteristiche simili a quest’ultima e con portate minime totali dell’ordine dei 30-40 l/s. Il contributo principale all’alimentazione della sorgente Poiana è dunque costituito dalle acque di infiltrazione dell’idrostruttura del Monte Mia, che a sua volta usufruisce di perdite del fiume Natisone lungo il versante settentrionale del Mia. Contributi minori sono dati da apporti locali (ruscellamenti superficiali non distinguibili e perdite del fiume Natisone in prossimità della sorgente) che permeano il detrito di falda e le alluvioni del terrazzo dove ha sede l’opera di presa.

Riflessi sullo specchio acqueo del Natisone (foto di Claudio Mattaloni).

147

LE ORIGINI DELLA SORGENTE TOLOGU Anche nella sorgente Tologu si individua la presenza di tutti e tre i tipi di contributi, ma, a differenza di quanto succede a monte, si distingue nettamente il contributo di subalveo del Natisone in prossimità della sorgente. In questo senso l’esperienza più significativa e proficua è risultata quella del tracciamento con tinopal del fiume lungo il versante orientale del Monte Mia. Un giorno dopo il passaggio dell’onda marcata del Natisone la sorgente è risultata contaminata, con un effetto di diluizione che indica in alcuni litri al secondo su circa 30 il contributo diretto del fiume alla sorgente. La gran parte delle infiltrazioni avviene con tutta probabilità poco a monte della sorgente stessa, dove le acque del Natisone vanno a permeare le alluvioni di alcuni ampi terrazzi alluvionali. Essendo il tracciamento avvenuto in regime di prolungata magra invernale il contributo è sicuramente maggiore durante le fasi di piena. L’analogia del comportamento isotopico delle sorgenti Tologu e Poiana indica comunque che l’alimentazione prevalente è quella dalla falda dell’idrostruttura del Monte Mia. Il calo della conducibilità durante le fasi di piena (al massimo 60 μS/cm), è poco più accentuato rispetto ai valori del Poiana, ma mai influenzato esclusivamente dai tempi e dai valori del fiume Natisone. Per le variazioni di temperatura vale un discorso molto simile a quello del Poiana, con chiare evidenze del contributo al deflusso dato da alimentazioni locali che risentono sia della stagionalità che dei singoli apporti infiltrativi. La sorgente Tologu ha una maggiore sensibilità rispetto al Poiana agli input infiltrativi locali: mostra infatti variazioni di livello per eventi piovosi anche limitati e un numero di episodi di piena maggiore. In questo caso sembra contribuiscano maggiormente i ruscellamenti dal versante del Monte Mia che vanno a permeare la coltre di detrito di versante e le alluvioni terrazzate. Anche l’idrodinamica della sorgente denota un circuito più veloce, con crescita e decremento dei livelli in fase di piena abbastanza costanti e con periodi di esaurimento molto brevi. Nelle fasi di piena il comportamento sembra quello di un troppo pieno a circuito veloce (tipicamente carsico) che si sovrappone a un flusso di base molto costante.



LA RICERCA APPLICATA

PERDITE REALI, PERDITE APPARENTI E OTTIMIZZAZIONE ENERGETICA DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE: UN CONTRIBUTO PER UNA MIGLIORE GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA di Matteo Nicolini

PREMESSE In questi ultimi vent’anni, i negoziati internazionali in materia di gestione e conservazione delle risorse naturali del pianeta hanno riservato un’attenzione crescente all’acqua, riconosciuta di fondamentale importanza dal punto di vista ambientale, culturale ed economico. Se a livello globale la domanda di acqua potabile è in continuo aumento (dal 1959 ad oggi è triplicata sia per la crescita demografica nei paesi in via di sviluppo che per l’incremento dell’uso pro-capite in quelli industrializzati), la disponibilità della risorsa idrica sta invece diminuendo, anche in ragione dei cambiamenti climatici le cui conseguenze non sono del tutto prevedibili (anche nel nostro Paese si stanno verificando sempre più spesso, particolarmente nei periodi estivi, situazioni di emergenza idrica e di razionamento). Questa situazione richiederebbe un’adeguata attenzione anche all’efficacia ed efficienza delle reti di adduzione e distribuzione idrica, caratterizzate da perdite

149

che assumono spesso valori molto elevati: sulla base di recenti dati statistici, in Italia le perdite idriche rappresentano circa il 40% del volume di risorsa immessa nelle reti, con punte che in alcuni casi superano il 70% (ISTAT, 2010). Una rete di distribuzione senza perdite è un obbiettivo irrealizzabile sia tecnicamente che economicamente, ma ogni gestore dovrebbe conoscere il livello di efficienza del proprio sistema idrico, calcolare il livello di perdite economicamente ammissibile ed attuare un programma di gestione dell’intera rete che consenta di raggiungere e mantenere i livelli di efficienza ottimali. In particolare, la conoscenza fisica delle reti idriche, il monitoraggio e la modellazione matematica, rappresentano oggi la nuova frontiera per migliorare la gestione dei servizi idrici. Nonostante siano trascorsi quasi 20 anni dalla emanazione della legge n. 36/94 (legge Galli), i passi fino ad oggi effettuati in questa direzione sono stati molto modesti, soprattutto per le notevoli difficoltà politico-amministrative che si sono via via accumulate dopo l’entrata in vigore della legge: emanazione delle leggi attuative regionali, definizione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), affidamento delle gestioni del servizio idrico integrato (ancora oggi Nella pagina a fianco: l’acqua del Poiana scorre sotto il suggestivo abbraccio nevoso (foto di Claudio Mattaloni). In basso: termini che concorrono a formare il bilancio idrico secondo il decreto ministeriale 8 gennaio 1997 n. 99.


150

LA RICERCA APPLICATA

Consumi Autorizzati Volume immesso in rete

Consumi autorizzati fatturati Consumi autorizzati non fatturati Perdite apparenti

Consumo fatturato misurato Consumo fatturato non misurato

Acqua fatturata

Consumo non fatturato misurato Consumo non fatturato non misurato Consumo non autorizzato Imprecisione dei contatori clienti

Acqua non fatturata

Perdite nella rete di trasporto e di distribuzione

Perdite Idriche Perdite Reali

Perdite e sfiori di serbatoi Perdite dalle prese d’utenza fino al contatore

Tabella A: Componenti del bilancio idrico proposto dall’IWA (International Water Association).

oggetto di continui e contraddittori ripensamenti sulla forma più opportuna di gestione pubblica o privata). Ciò nonostante, esistono realtà in cui si sono fatti e si stanno facendo notevoli sforzi per ottimizzare i sistemi idrici gestiti: a livello italiano, il progetto di ricerca avviato dall’Acquedotto Poiana nel 2007 è da considerarsi di approccio innovativo per la distrettualizzazione, il monitoraggio e l’ottimizzazione di un completo sistema acquedottistico, attraverso modelli matematici e algoritmi sviluppati ad hoc per risolvere sofisticati problemi di progetto e gestione. In particolare, tale progetto può essere visto come un eccellente esempio di trasferimento tecnologico derivante da collaborazione Università-Impresa, in cui competenze e conoscenze proprie di diversi Enti sono state integrate e finalizzate alla messa a punto di un prodotto esportabile a numerose realtà simili. A tal fine, notevole importanza ha giocato la fase di diffusione della metodologia e dei risultati ottenuti, anche attraverso la partecipazione attiva a numerosi convegni nazionali e internazionali del settore. Nelle sezioni seguenti, dopo una necessaria disamina dei problemi relativi alla definizione di perdite di bilancio idrico, verranno descritte le motivazioni che hanno spinto alla realizzazione del progetto di ricerca, gli aspetti principali su cui esso si basa, i risultati ottenuti e le future linee di ricerca applicata e sviluppo.

PERDITE IDRICHE E BILANCI: ALCUNE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI La definizione spesso data di perdita idrica per le reti di acquedotto non è univoca e condivisa: ciò è dovuto a diverse interpretazioni che sono nate riguardo alle diverse componenti che costituiscono il cosiddetto bilancio idrico. A partire dalla fine degli anni ’90, grazie ad un gruppo di studio istituito dall’International

Water Association (IWA), denominato Water Losses Task Force e basato su studi ed esperienze pratiche maturate a livello internazionale, è stata possibile una standardizzazione della terminologia per il calcolo del bilancio, superando così la grande varietà di definizioni e format presenti nei diversi paesi. Una definizione generalmente condivisa è quella riguardo alle perdite idriche fisiche o reali, cioè quelle perdite che sono dovute alla mancanza di tenute degli elementi che costituiscono la rete idrica, ovvero condotte, giunti e vari organi idraulici. Fanno parte del bilancio idrico anche tutti quei volumi d’acqua che vengono immessi in rete ma che poi non vengono fatturati. Questi vanno a costituire la perdita idrica apparente. Questa è costituita da: – volumi d’acqua utilizzati da utenti autorizzati al prelievo ma non misurati (idranti e bocche antincendio, acqua per irrigazione pubblica, fontane, ecc.); – volumi d’acqua utilizzati per la manutenzione e per l’utilizzo del servizio, detti anche auto-consumi (ad esempio lavaggio di tubazioni e di serbatoi); – volumi d’acqua prelevati illegalmente, detti anche allacci abusivi; – volumi d’acqua perduti a causa di errori di misura. Si definisce perdita idrica totale la differenza tra volumi totali immessi in rete e consumi autorizzati. Utilizzando la classificazione sopra esposta, la somma di perdite idriche fisiche o reali e perdite idriche apparenti fornisce la perdita idrica totale. Su queste definizioni esposte si basa il bilancio idrico, elemento essenziale per potersi esprimere sull’efficienza del sistema acquedottistico.

Il bilancio idrico secondo l’IWA L’esigenza di una terminologia comune, che superasse la grande varietà di definizioni e format presenti nei diversi paesi, ha portato l’IWA a produrre un approccio standard al calcolo del bilancio idrico e alla definizione di tutti i termini utilizzati che sono ripor-


LA RICERCA APPLICATA

Volume consegnato ad altri sistemi (A08)

151

consegnati ad altri sistemi (A10) fatturati (A20) consumi autorizzati

Acqua fatturata

non misurati misurati (A10) misurati

non fatturati (A11) non misurati (A12) Volume in ingresso nel sistema di distribuzione considerato (A09)

per imprecisione delle misure (A16) apparenti per allacci abusivi (A14) perdite idriche (A17)

Acqua non fatturata

nelle reti di adduzione e distribuzione (A13) reali

nei serbatoi (A13) negli allacciamenti (A15)

tati nel documento: IWA the Blue Pages “Losses from Water supply System”, ottobre 2000. I principali componenti del Bilancio Idrico proposto dall’IWA sono i seguenti (v. anche la tabella A): – volume immesso in rete (System Input Volume) è il volume annuo immesso in rete; – consumi autorizzati (Authorised Consumption) è il volume annuo misurato e/o non misurato prelevato dai clienti autorizzati. Comprende l’acqua esportata verso altri sistemi idrici, l’acqua utilizzata dal Gestore per motivi di servizio e le perdite a valle dei contatori dei clienti; – acqua non fatturata (Non-Revenue Water o NRW) è la differenza tra volume immesso in rete (System Input Volume) e consumi autorizzati fatturati (Billed Authorised Consumption). NRW è costituito dai consumi autorizzati non fatturati (Unbilled Authorised Consumption), che di solito è una componente minore del Bilancio Idrico, e da perdite idriche (Water Losses); – perdite idriche (Water Losses) è la differenza tra volume immesso in rete (System Input Volume) e consumi autorizzati (Authorised Consumption), ed è costituito da perdite apparenti (Apparent Losses) e perdite reali (Real Losses); – perdite apparenti (Apparent Losses) è costituito da consumi non autorizzati (Unauthorised Consumption) e da tutti i tipi di errori di misura (Metering Innacuracies); – perdite reali (Real Losses) è il volume complessivo di tutte le perdite fisiche dalla rete, comprese quelle dai serbatoi e dagli allacci, fino al contatore del cliente. L’approccio pratico IWA per il bilancio idrico sta rapidamente ottenendo consensi a livello internazionale

Tabella B. Confronto tra le componenti dei bilanci idrici proposti dall’IWA e dal decreto 99/97.

ed è già stato adottato o promosso con minime variazioni da Germania, Australia, Malta, Sud Africa, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti e molti altri ancora. In Italia, la situazione non è omogenea: oltre alla possibilità di fare riferimento al bilancio IWA, il decreto ministeriale 99/97 espressamente introduce un articolato bilancio idrico, come descritto nel paragrafo seguente.

Il bilancio idrico secondo il decreto ministeriale 99/97 Il decreto ministeriale dell’8 gennaio 1997 n. 99 (“Regolamento sui criteri e sul metodo in base ai quali valutare le perdite negli acquedotti e nelle fognature”), emanato in attuazione della legge Galli del 1994, ai fini di migliorare la gestione degli acquedotti e rendere più efficace il controllo delle perdite, ha segnato la svolta nella gestione e nel controllo del processo di distribuzione idrica. Esso infatti ha introdotto una serie di importanti innovazioni, quali la necessità di disporre di misure di portata e pressione, di modelli di simulazione, della distrettualizzazione del comprensorio gestito, ecc. Tale decreto contiene inoltre le linee guida per l’effettuazione delle rilevazioni e l’organizzazione del sistema di monitoraggio. La procedura di valutazione delle perdite è finalizzata alla formulazione di un bilancio idrico mediante la conoscenza dei volumi immessi nel sistema (in un prefissato arco temporale) e di quelli in uscita.


152

LA RICERCA APPLICATA

Questo bilancio si fonda su misurazioni di portata o su stime per quelle non misurabili, effettuate con livelli di attendibilità progressivamente crescenti. Nell’Allegato 2 di questo decreto, “Valutazione delle perdite idriche negli acquedotti”, si definisce come stilare il bilancio idrico, ossia come valutare le perdite in un impianto di distribuzione di un sistema acquedottistico. Mantenendo la simbologia proposta nel decreto, i termini che compongono il bilancio sono: A02s = volume prelevato dall’ambiente pronto all’uso; A02p = volume grezzo prelevato dall’ambiente; A03s = volume perdite negli impianti di trasporto secondario; A03p = volume perdite nel trasporto primario; A04 = volume in ingresso agli impianti di trattamento; A05 = volume perdite negli impianti di trattamento; A06 = volume prodotto dagli impianti di trattamento, calcolato come A06 = A02p - A03p - A05; A07 = volume prelevato da altri sistemi di acquedotto; A08 = volume consegnato ad altri sistemi di distribuzione; A09 = volume in ingresso alla distribuzione; A10 = volume misurato dell’acqua consegnata alle utenze; A11 = volume consumato dalle utenze e non misurato (per usi autorizzati senza contatore); A12 = volume perso per manutenzione e servizi agli impianti (sono gli autoconsumi: acque di lavaggio, scarico dei serbatoi, ecc.); A13 = volume perso per disservizi (ad es: per rotture ecc.); A14 = volume sottratto (costituito da acqua derivata senza autorizzazione); A15 = volume perduto nella distribuzione (per perdite nei serbatoi, nella condotte, ecc.); A16 = differenza tra il volume fornito e quello misurato in distribuzione per errori di misura a causa dell’imprecisione o del malfunzionamento degli apparecchi di misura (è positivo se il probabile valore vero erogato supera quello approssimativamente misurato); A17 = volume perso in distribuzione calcolato come somma delle perdite reali e di quelle apparenti, cioè A17 = A13 + A14 + A15 + A16. Dall’attenta analisi dei termini introdotti per stilare i bilanci idrici secondo i due metodi proposti dall’IWA e dal decreto 99/97 (per quanto riguarda quest’ultimo analizzando i termini del bilancio limitatamente alla rete di distribuzione), si deduce una strettissima relazione tra le due classificazioni. Nella tabella B “Confronto tra le componenti dei bilanci idrici proposti dall’IWA e dal decreto 99/97” sono confrontate le componenti dei due bilanci.

IL PROGETTO INNOVATIVO DI MONITORAGGIO E GESTIONE La gestione di un sistema acquedottistico richiede un continuo processo decisionale, spesso in condizioni di notevole incertezza per l’andamento temporale dei consumi e, soprattutto, per la carenza di informazioni dettagliate sulla rete. In tal senso, un modello di simulazione del sistema che sia continuamente aggiornato e accuratamente calibrato risulta uno strumento di fondamentale importanza nel supporto alle attività decisionali sia di lungo termine (per la valutazione della fattibilità di scenari di riabilitazione) sia nel breve periodo, per supportare azioni di intervento anche in eventuali situazioni di emergenza. La reale possibilità di disporre di tali strumenti è però alquanto limitata: per mettere a punto un sistema di modellazione che rappresenti fedelmente la rete sono infatti necessari notevoli sforzi sia tecnici che economici, tali da rendere spesso inattuabile tale progetto. Gli obiettivi quotidiani dei gestori non possono essere infatti quelli di sviluppare nuovi metodi per la gestione del servizio, bensì quelli di lottare contro i rincari dei costi di gestione, tra i quali spiccano senz’altro quelli energetici e quelli del personale. Inoltre, le metodologie oggi utilizzate nella gestione degli acquedotti fanno riferimento agli strumenti classici, quali: i progetti generali degli acquedotti, il telecontrollo degli impianti di produzione e accumulo di acqua potabile, la ricerca delle perdite con correlatori e geofoni, i bilanci idrici basati sui contatori volumetrici e qualche dato di pressione e portata su nodi strategici della rete. Con tali dati a disposizione e con le metodologie classiche di calcolo è però impossibile individuare con precisione il comportamento della rete in determinate condizioni di esercizio. Infatti, il dimensionamento della rete e le relative verifiche idrauliche, fanno tradizionalmente riferimento alle più gravose condizioni di lavoro, nelle ipotesi cioè che l’intera rete sia stata realizzata e che la stessa sia tutta perfettamente funzionante: non sono quasi mai presi in considerazione gli aspetti legati alle perdite idriche, al funzionamento parziale del sistema, alla possibilità di ottimizzazione energetica in tempo reale, ecc. Fin quando tali aspetti vengono trascurati, tale approccio non consente né di gestire le emergenze, né di dare risposte precise alle richieste di una certa entità (tipico è il caso di richieste di nuovi allacci o utenze antincendio, nell’affrontare le quali il tecnico aziendale non ha a disposizione gli strumenti previsionali di facile consultazione e gli risulta sempre imbarazzante l’ignoranza sulla risposta del sistema alla nuova sollecitazione/richiesta: questo spesso comporta un atteggiamento prudenziale del tecnico in base al principio “prima di tutto non facciamo danni”, che spesso si traduce nell’esagerare le prescrizioni fino a negare l’avvio di talune iniziative).


LA RICERCA APPLICATA

Inoltre, con tale approccio tradizionale non è possibile prevedere delle ottimizzazioni sul sistema per renderlo più efficace ed economico. Infine, anche conoscendo la distribuzione della rete e avendo a disposizione metodi di calcolo automatico, non è possibile simulare correttamente le condizioni di lavoro per mancanza di dati idraulici di campo (portate e pressioni), indispensabili per la taratura del modello di simulazione. Si tratta, in conclusione, di una conoscenza ‘statica’ della rete, da cui risulta effettivamente difficile comprendere in maniera attendibile il suo funzionamento in particolari condizioni di esercizio, venendo a mancare all’operatore tecnico uno strumento decisionale all’altezza della situazione sia nei confronti dell’Amministrazione pubblica che dell’utenza.

IL PROGETTO DI RICERCA E LA METODOLOGIA MESSI A PUNTO DALL’ACQUEDOTTO POIANA Il contesto descritto nella sezione precedente ha stimolato l’Acquedotto Poiana (come tutti i gestori soggetto a questa situazione) a individuare una strada alternativa per sviluppare nuove metodologie volte alla conoscenza del comportamento delle reti e alla ottimizzazione della gestione, anche grazie all’ottenimento di un contributo regionale per lo sviluppo e la ricerca ai sensi della legge regionale n. 30/1984 Capo VII. La ricerca è stata affrontata utilizzando il know-how dei suoi tecnici, il coinvolgimento delle Università degli Studi di Udine e di Trieste e le consulenze di professionisti e di ditte esterne. Il progetto di ricerca, avviato nel 2007, si poneva come obiettivo base quello individuato dal D.M. n. 99/97 (contenimento perdite, bilanci idrici) e come obiettivi di eccellenza quelli di evidenziare le criticità del sistema, di ottimizzare la gestione delle reti, di rispondere in tempo reale alle nuove richieste dell’utenza (nuove zone residenziali o loro ampliamenti, richieste di bocche antincendio, nuove zone artigianali o industriali o loro ampliamenti, ecc.), e di gestire le emergenze idriche. In altre parole, si voleva passare da una previsione/progettazione statica quali i progetti generali degli acquedotti, inadeguati a rispondere alla “casuale” evoluzione urbana del territorio, ad uno strumento previsionale dinamico in grado di plasmarsi alle richieste secondo l’ordine temporale con cui si presentano. Il progetto di ricerca si basa sui seguenti quattro aspetti fondamentali: – la distrettualizzazione del sistema; – il monitoraggio in continuo della rete; – il calcolo dei bilanci idrici di distretto; – la realizzazione del modello di simulazione e degli algoritmi di ottimizzazione.

153

La distrettualizzazione del sistema L’Allegato al D.M. 99/97, al punto 2.2 comma 4 recita: “Per il controllo delle perdite di un sistema di acquedotto è utile suddividere l’impianto in distretti, che possono comprendere interi elementi relativi alla produzione e porzioni di distribuzione di dimensioni da valutare con riferimento alla configurazione e dimensione della rete. Ogni distretto è definito dalla caratteristica di possedere organi di misura continua della portata immessa”. I principali benefici di una suddivisione della rete in distretti sono: – aumento delle conoscenze sul sistema di distribuzione dell’acqua potabile; – monitoraggio continuo delle variabili idrauliche in gioco su più punti strategici della rete (portate e pressioni); – accertamento giornaliero del buon funzionamento della rete; – evidenza di eventuali anomalie di funzionamento; – evidenza della tendenza all’aumento delle perdite di rete; – migliore gestione delle attività di ricerca perdite; – definizione di bilanci idrici più precisi; – maggiore flessibilità nella gestione delle emergenze; – definizione di procedure di gestione delle emergenze più precise e concrete. Com’è ben noto, una aliquota importante di perdite reali si verifica nelle reti di distribuzione; la riduzione di esse a valori fisiologici consentirebbe, quindi, un notevole risparmio idrico, di rilevante entità in termini economici ed ambientali. Accanto ai metodi ‘sistematici’ per il contenimento delle perdite (ispezioni periodiche, campagne di ricerca, interventi di riabilitazione delle reti), a partire dagli anni ’90 è stata introdotta la ‘distrettualizzazione’ dei sistemi di distribuzione idrica. La distrettualizzazione idrica è una metodologia conosciuta da tempo ma ad oggi ancora poco applicata in Italia a causa delle motivazioni economiche e gestionali precedentemente esposte e delle lacune normative che non forniscono indicazioni di natura operativa chiare e definite. La distrettualizzazione idrica consiste nella creazione di aree di distribuzione fra loro indipendenti (distretti). Mediante la distrettualizzazione idrica si è in grado di perseguire la riduzione delle perdite, potendo operare sul controllo delle portate ed eventualmente sulla gestione delle pressioni (come spiegato più oltre). La disconnessione dei distretti può essere realizzata in termini ‘fisici’ (vedi chiusura di valvole poste in rete o apertura di sistemi magliati) o in senso ‘virtuale’, mediante l’inserimento in rete di punti di misura della portata capaci di rilevare oltre ai valori transitanti anche il verso del flusso.


154

LA RICERCA APPLICATA

Distrettualizzazione della rete di distribuzione gestita dall’Acquedotto Poiana SpA.


LA RICERCA APPLICATA

I principali vantaggi della distrettualizzazione fisica sono rappresentati dalla possibilità di gestione idrica dei distretti e della rete attraverso la regolazione delle valvole di sezionamento; di contro tale attività può essere effettuata solo sulla base di risultati attendibili provenienti da modelli numerici opportunamente tarati, in funzione di misure di portata e pressione rilevate per differenti situazioni di funzionamento del sistema, onde evitare una riduzione della qualità del servizio. Altro aspetto critico della distrettualizzazione fisica è la diminuzione del grado di affidabilità della rete in quanto si vanno a ridurre le interconnessioni del sistema. Con riferimento alla distrettualizzazione virtuale, i principali vantaggi sono rappresentati dall’assenza di perturbazioni sulla rete idrica, che conserva il comportamento a maglie pluriconnesse, dall’assenza di modifiche di qualità dell’acqua e dalla minore complessità nella definizione dei distretti. Sulla base delle caratteristiche geometriche del sistema in gestione all’Acquedotto Poiana e delle considerazioni sopra riportate, la distrettualizzazione idrica nel caso in esame è stata realizzata in senso virtuale; i distretti sono stati creati tramite la posa in opera di misuratori di portata e pressione. Il monitoraggio in continuo delle portate e delle pressioni, possibile tramite l’approccio virtuale, permette sia la quantificazione delle perdite idriche a scala di macrobacino sia la valutazione della loro evoluzione temporale. Il sistema diventa quindi un potente strumento gestionale in quanto consente, sulla base dei riscontri delle criticità, di programmare nel tempo gli interventi e, fatto non meno importante, di verificarne successivamente l’efficacia. Per la definizione dei distretti è di fondamentale importanza avere una conoscenza approfondita e di dettaglio delle caratteristiche fisiche e geometriche della rete. Queste conoscenze, in possesso ai tecnici dell’Acquedotto Poiana, sono state utilizzate per la progettazione del sistema e con il fine di renderle disponibili anche in futuro a soggetti diversi, si è attivata un’operazione di digitalizzazione di tutte le informazioni e loro trasferimento su sistema informativo territoriale opportunamente studiato e realizzato sulle basi delle necessità dell’Ente Gestore. L’Acquedotto Poiana ha suddiviso il proprio comprensorio in 14 distretti principali. In alcuni distretti poi sono stati confinati dei sub distretti necessari per la interpretazione corretta dei dati inserendo, in corrispondenza di impianti di sollevamento, piccoli acquedotti di versante nella zona prealpina e subforniture di terzi, ulteriori centraline per la misurazione in continuo di portate e pressioni. I 14 distretti principali e relativi sub distretti sono stati ottenuti grazie all’installazione di ben 38 punti di monitoraggio. L’apparente semplicità di installazione

155

di questi misuratori di portata e di pressione in pozzetti già esistenti o su pozzetti allo scopo realizzati si è rivelata ben più difficoltosa del previsto per le procedure autorizzative iniziate nel mese di febbraio 2008 e giunte a termine solo alla metà del mese di novembre 2008. Infine, per ovviare ai notevoli costi di allacciamento a cui si sarebbe andati incontro per la fornitura dell’energia elettrica necessaria al funzionamento della strumentazione (il consumo annuale è di circa 50 KW per punto di misura con un costo energetico annuo di circa € 20 per punto di misura) si è scelta la strada di una collaborazione tra Comuni e Azienda sfruttando le linee della pubblica illuminazione comunale per la fornitura dell’energia necessaria. Tale soluzione ha necessitato della installazione nei quadri elettrici di comando, controllo e protezione di una batteria tampone considerato il fatto che la pubblica illuminazione funzione solo nelle ore notturne. Viste le notevoli difficoltà di installazione inizialmente riscontrate e quelle gestionali che via via si sono presentate nel corso di questi ultimi anni, nel 2012 si è decisa la totale sostituzione dell’alimentazione elettrica degli strumenti a favore di quella a batterie.

Il monitoraggio in continuo della rete I punti di misura delle portate e delle pressioni realizzati al fine di delimitare i distretti permettono il rilievo in continuo di tali grandezze. Per quanto concerne la misura della portata, questa è realizzata tramite strumenti tipo “tempo di transito ad ultrasuoni”. La scelta di utilizzare tale tipologia di strumentazione ha differenti motivazioni, quali: – la capacità di misurare velocità fino al centimetro al secondo, ordine di grandezza inferiori a quelli ottenibile tramite strumenti ad induzione elettromagnetica;

Apparecchiature di misura di portata applicate a una tubazione.


156

LA RICERCA APPLICATA

dati è realizzata dal software principale, mentre la visualizzazione degli stessi è possibile da un qualsiasi computer collegato in rete tramite software client (che non necessita installazione). Il software principale permette di: – acquisire e controllare i dati in modo automatico; – integrare eventuali sensori già presenti; – fornire una gestione dei dati sicura e non violabile dall’esterno; – disporre di un sistema di autocorrezione dei dati integrato; – notificare eventuali anomalie.

Il calcolo dei bilanci idrici di distretto

L’interno del quadro di controllo, protezione, immagazzinamento dati e trasmissione dati di ogni singola centralina di monitoraggio.

– l’installazione non a contatto con l’acqua di sensori clamp-on (ad esclusione delle situazioni in cui le condotte siano in fibrocemento). I dati registrati sono inviati via GPRS ad un server aziendale dove vengono validati; successivamente, il software procede al calcolo dei consumi dei distretti ed alla quantificazione delle perdite presunte. Lo schema di funzionamento del progetto di monitoraggio è qui rappresentato in una apposita illustrazione. I dati inviati al server sono organizzati ed archiviati all’interno di un database realizzato su base Oracle. Il software di gestione, interrogando il database, procede quindi alla validazione dei dati tramite procedure proprietarie ed eventualmente implementate sulla base delle caratteristiche idrauliche dei distretti esaminati. La procedura di analisi, trattamento e validazione dei Schema di funzionamento del sistema di monitoraggio.

La suddivisione della rete acquedottistica ha dato la possibilità di definire, distretto per distretto, le quantità di acqua in ingresso, quelle in uscita e quelle erogate all’utenza. In particolare, si nota come il bilancio idrico (definito come la somma algebrica, istante per istante, di tutte le portate entranti e uscenti misurate) permetta di ottenere l’andamento del consumo globale del distretto, che può essere pensato come somma del consumo effettivo dell’insieme delle utenze e delle perdite (reali e apparenti) presenti nel distretto. I punti di ingresso al distretto e quelli in uscita sono così diventati punti strategici del monitoraggio in continuo della rete, mentre al suo interno si è reso necessario assegnare l’appartenenza di ogni utenza al distretto di riferimento. Attraverso un codice inserito nel programma di gestione dei consumi delle utenze si ha la possibilità di calcolare i volumi erogati all’utenza in determinati periodi di tempo. In questo modo, è stato possibile quantificare i volumi erogati all’utenza con periodicità quadrimestrale (vengono eseguite tre letture all’anno) e rendere possibile un primo bilancio idrico volumetrico quadrimestrale. Il dato ricavato risulta mediato sull’arco temporale di quattro mesi e consente solo un confronto volumetrico tra i quantitativi in ingresso e quelli misurati all’utenza. Viceversa, ragionando sul breve periodo (giorno o settimana), è possibile analizzare il trend di consumo del generico distretto e quindi dedurne l’eventuale presenza di perdite (o magari l’innesco di nuove). Da questo primo esame è già possibile individuare i distretti su cui intervenire prioritariamente per la ricerca delle perdite. A tal fine, è fondamentale ricorrere all’analisi delle portate durante il minimo notturno (definito come l’intervallo di tempo, usualmente compreso tra le 2:00 e le 4:00, durante il quale il consumo è minimo). Ad esempio, con riferimento alle figure, si può notare come il bilancio idrico del distretto B presenti un minimo notturno abbastanza elevato (se paragonato


LA RICERCA APPLICATA

157

Schema concettuale di un distretto e del relativo bilancio idrico.

alla portata media), mentre il distretto A è caratterizzato da una portata minima notturna pressoché nulla. La tecnica della distrettualizzazione permette quindi di associare una elevata priorità di intervento al distretto B rispetto a A. I bilanci idrici di distretto e quello di macrobacino permettono inoltre una valutazione oggettiva del funzionamento del servizio e delle perdite con riferimento all’anno solare secondo i modelli per le comunicazioni annuali a cura dei gestori di cui ai paragrafi 2.3, 5 e 6 dell’allegato al D.M. n. 99/97.

In basso: due bilanci idrici dei distretti A e B (DMA = District Metered Area).

In alto: esempio di rete suddivisa in distretti.


158

LA RICERCA APPLICATA

La realizzazione del modello di simulazione e degli algoritmi di ottimizzazione Un aspetto fondamentale per la gestione del sistema idrico e per la sua ottimizzazione è la necessità di un robusto modello matematico in grado di riprodurre accuratamente il comportamento idraulico della rete nelle più svariate condizioni di lavoro. A tal fine, si è deciso di adottare il software opensource EPANET della U.S. Enviromental Protection Agency (liberamente scaricabile dal web all’indirizzo www.epa.gov) per la realizzazione del modello matematico del sistema di distribuzione. Il suo valore è oramai riconosciuto dalle maggiori strutture tecniche ed universitarie nazionali ed internazionali. Nell’analisi della rete tramite un software di simulazione, gioca un ruolo rilevante il processo di taratura (o calibrazione) del modello: la determinazione, cioè, dei parametri caratteristici della rete (scabrezze, domande dell’utenza, coefficienti che quantificano le perdite, dispositivi localizzati dissipativi, ecc.), che possono essere stimati a partire dai dati rilevati sui nodi idraulici monitorati nei distretti. La procedura di calibrazione può quindi essere vista come un problema di ottimizzazione, che consiste nel ricercare la soluzione migliore (l’ottimo), in modo tale da rispettare tutti i vincoli del problema ed estremizzare (determinare cioè il massimo o il minimo) una fun-

zione obiettivo. Nel campo della progettazione e gestione delle reti idriche, numerosi sono i problemi che possono essere formalizzati matematicamente come problemi di ottimizzazione: a tal fine, in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine, si sono sviluppati numerosi algoritmi innovativi (gli “algoritmi genetici”, appartenenti alla branca dell’Intelligenza Artificiale denominata “Soft Computing”) con l’obiettivo di risolvere tali problemi di ottimizzazione, come descritto nella sezione riguardante gli sviluppi futuri delle attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico. Nel caso in esame, la metodologia di calibrazione è stata effettuata tramite un algoritmo genetico ad obiettivo singolo: le variabili decisionali (rappresentate dalle scabrezze delle condotte e da un coefficiente che quantifica la relazione perdita-pressione a livello del singolo nodo) sono determinate tramite la risoluzione di un problema di ottimizzazione impostato in modo da minimizzare la somma dei valori assoluti dei massimi scarti tra i valori calcolati dal modello e quelli rilevati, in termini di carico totale nei nodi di misura (rispettivamente Hcalc e Hmis) e di portata nelle condotte (Qcalc e Qmis). La funzione obiettivo è quindi data dall’eq. (1), nella quale i pedici n e p si riferiscono, rispettivamente, ai nodi in cui si sono ubicati i misuratori di pressione e ai tubi con installati i misuratori di portata, mentre t è il tempo. I vincoli cui è soggetto il problema di ottimizzazione sono rappresentati dalle equazioni di continuità ai

Interfaccia grafica del software GeNet sviluppato per risolvere problemi di ottimizzazione nel progetto e gestione delle reti idriche.


LA RICERCA APPLICATA

159

Esempio di confronto tra bilanci idrici calcolati dalle misure in continuo per i 14 distretti (in verde) e dei relativi bilanci determinati dal software di simulazione a calibrazione avvenuta (in rosso).

nodi, eq. (2), e da quelle di conservazione dell’energia sui rami, eq. (3). Nelle precedenti equazioni, Qij(t) rappresenta la portata tra il nodo i e il nodo j, Qb,i la portata fatturata al nodo i (ottenibile come somma dei fatturati delle utenze gravanti sul nodo i), α(t) il coefficiente moltiplicatore della domanda al tempo t, ℓi(t) la portata di perdita al nodo i, pi(t) la pressione al nodo i, ci e γ i due coefficienti che quantificano la relazione tra la portata di perdita e la pressione al nodo i. Hi(t) e Hj(t) rappresentano i carichi totali ai nodi i e j, mentre hij (t) la perdita di carico, Lij, Dij e Cij la lunghezza, il diametro ed il coefficiente di Hazen-Williams della tubazione tra i nodi i e j.

La metodologia di calibrazione ha la capacità di tenere in considerazione la presenza di perdite diffuse nella rete idrica tramite la definizione dei termini ℓi(t). In particolare, assumendo un’unica tipologia di perdita idrica e quindi lo stesso valore γ per ogni nodo, il problema rimane quello di definire i coefficienti ci, calcolabili ad esempio come riportato nell’eq. (4), dove Qb è il fatturato del distretto, e il coefficiente c è quello che effettivamente viene calibrato. Nel calcolo, le portate totali in ingresso/uscita su ogni distretto sono elementi noti in ogni istante, in quanto la registrazione delle portate e delle pressioni sui nodi idraulici monitorati consente di conoscere

Prontuario delle formule su cui si basa l’algoritmo genetico a obiettivo singolo.


160

LA RICERCA APPLICATA

Suddivisione in settori dei distretti idrici dell’Acquedotto Poiana.


LA RICERCA APPLICATA

l’andamento nel tempo di tali grandezze. L’erogazione dell’acqua alle utenze invece non è conosciuta in quanto sono noti solo i volumi erogati ad ogni singola utenza in definiti archi temporali lunghi circa 4 mesi. Conoscendo però la portata totale istantanea immessa nel distretto, Qtot(t), è possibile ricavare l’andamento del consumo dell’utenza in ogni istante, cioè il termine α(t)•Qb, in quanto desumibile come differenza istantanea tra l’acqua immessa nel distretto e le perdite totali, come rappresentato dall’eq. (5). Una volta tarato il modello matematico, si dispone di un potente strumento operativo in grado di rispondere a numerose domande, tra cui: – i valori registrati di portata e pressione ai nodi monitorati sono corretti od anomali? – è possibile migliorare le prestazioni del sistema (riduzione delle pressioni di rete, stabilizzazione delle pressioni di erogazione del servizio, ecc.) modificando i flussi idrici nelle condotte di distribuzione, inserendo valvole per il controllo delle pressioni, adottando dispositivi per l’ottimizzazione energetica sulle stazioni di sollevamento? – possiamo conoscere il comportamento del sistema di fronte a nuove e importanti richieste di erogazione idrica (ampliamenti residenziali, nuove aree artigianali e industriali, ecc.)? – possiamo garantire con adeguata attendibilità le portate e le pressioni richieste su tutto l’arco dell’anno

161

Esempio dei risultati ottenuti da una campagna di misure per i settori di Premariacco ovest.

per gli impianti antincendio, a meno delle 60 ore annue consentite dalla normativa vigente? – possiamo prendere le migliori decisioni operative nel caso di una emergenza idrica (lavori di manutenzioni sulle linee, rotture impreviste, fermo degli impianti di produzione di acqua potabile), in modo da minimizzare i disagi nell’erogazione del servizio? – possiamo valutare correttamente le priorità di investimento per le future espansioni e/o riabilitazioni del sistema acquedottistico? – possiamo garantire il rispetto degli standard minimi di erogazione del servizio (e degli eventuali accorgimenti tecnici minimi per ovviare ai disservizi), tramite il calcolo di indici prestazionali ormai consolidati a livello internazionale (International Water Association/ IWA)? Le risposte a tali domande possono essere ottenute con l’ausilio del modello di simulazione, ma anche (specie per i problemi più complessi) ricorrendo agli algoritmi di ottimizzazione, come descritto nella sezione relativa ai futuri indirizzi di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico.


162

LA RICERCA APPLICATA

Andamento annuale dei bilanci idrici di distretto per Premariacco ovest (in alto) e S. Giovanni al Natisone (in basso).


LA RICERCA APPLICATA

Ulteriore affinamento della procedura: la suddivisione dei distretti in settori ai fini della ricerca perdite La calibrazione del modello ha permesso di individuare i distretti maggiormente critici dal punto di vista delle perdite idriche. In particolare, per la zona nord del comprensorio, i distretti D06 (Premariacco ovest) e D07 (Premariacco est) sono risultati quelli peggiori, mentre per la zona sud particolarmente critici sono i distretti D12 (Manzano), D10 (Corno di Rosazzo) e D13 (San Giovanni al Natisone). È da tenere presente che i distretti della zona sud sono anche quelli che richiedono maggiore quantità di energia per l’erogazione all’utenza, essendo le portate interamente sollevate. Ai fini di una strategia volta alla riduzione delle perdite, si è quindi proceduto preliminarmente alla definizione di un’ulteriore suddivisione in settori di alcuni distretti critici. I settori, a differenza dei distretti, vengono monitorati saltuariamente intercettandoli virtualmente con dei misuratori di portata (mobili), in modo da pervenire ad una più dettagliata taratura dei coefficienti di perdita, che risulteranno diversificati per i diversi settori. Gli ottimi risultati ottenuti a seguito di questa attività preliminare di settorizzazione hanno indotto ad estendere tale metodologia a tutti i distretti. Al fine di rendere più rapida l’operazione di installazione degli strumenti mobili e quindi la misura (che in genere viene effettuata su un periodo di 48 ore), tutte le caratteristiche dei punti di monitoraggio sono state opportunamente codificate. Dai grafici qui riportati, relativi del dettaglio di una campagna di misura per il distretto D06 (Premariacco ovest), è possibile ottenere due importanti tipi di informazione, cioè: quali settori determinano la maggiore componente di perdita (nel caso dell’esempio, il settore verde); quali settori possono essere esclusi dalla campagna di ricerca perdite (ad esempio quello grigio).

RISULTATI OTTENUTI E UTILITÀ DEL PROGETTO DI RICERCA Il primo anno di applicazione della metodologia ha comportato un risparmio, in termini idrici, di una portata pari a circa 60 l/s, che rappresenta il 18.8% del valore medio immesso in rete; in termini energetici, si è ottenuto un risparmio di 928 MWh, pari al 20.6% del totale su base annua. Un esempio tangibile dei risparmi idrici ottenuti può essere appreso dall’analisi della figura in cui sono riportati i bilanci idrici del distretto D06 (Premariacco

163

ovest, periodo compreso tra gennaio 2010 e ottobre 2011) e D13 (San Giovanni al Natisone, periodo compreso tra gennaio 2010 e giugno 2011). Dalla figura si può notare come la diminuzione dei minimi notturni (che avviene secondo un andamento ‘a gradini’) denota le conseguenze derivanti dalla riparazione di perdite in rete. Per evidenziare l’entità di tali risparmi, in un’altra figura si riportano i grafici degli andamenti dei consumi medi giornalieri nei diversi mesi degli anni 2009 e 2010, relativi alle stazioni di sollevamento di San Nicolò e San Giorgio, che costituiscono le due principali fonti di captazione da falda. Infatti, analizzando tali consumi, è possibile osservare come, a seguito delle campagne di ricerca e riparazione perdite condotte dall’ente gestore a partire dal mese di gennaio 2010 nei settori critici, si sia riscontrato un notevole risparmio energetico: come si evince dalla figura, per entrambi gli impianti i consumi medi giornalieri relativi ai diversi mesi dell’anno 2010 sono nettamente inferiori a quelli dell’anno precedente. I dati attuali confermano tale trend. Nella tabella sottostante sono riportati i consumi energetici totali annui per gli impianti di San Giorgio e San Nicolò ed i rispettivi risparmi energetici ottenuti a fronte delle campagne di ricerca e riparazione perdite, che risultano rispettivamente pari al 42.9% e al 15.5%.

Impianto Impianto di S. Giorgio di S. Nicolò

Totale

Consumo 2009 (MWh)

841.6

3656.4

4498.0

Consumo 2010 (MWh)

479.8

3090.3

3570.1

Risparmio (MWh)

361.8

566.2

927.9

42.9

15.5

20.6

Risparmio (%)

Consumi energetici totali annui e risparmi energetici per gli impianti di sollevamento di San Giorgio e San Nicolò.

Si noti che la notevole differenza tra i consumi energetici nel corso del 2009 e del 2010 relativi all’impianto di San Giorgio è dovuta anche al fatto che, nel mese di giugno del 2010, è stata effettuata una manovra che ha modificato l’assetto generale del sistema, portando i distretti D10 e D13 (che prima erano parzialmente alimentati dalle pompe di San Giorgio, nella zona nord) integralmente sotto la competenza dell’impianto di sollevamento di San Nicolò, nella zona sud.


164

LA RICERCA APPLICATA

Confronto tra i consumi medi giornalieri nei diversi mesi del 2009 e del 2010 relativi all’impianto di San Giorgio in Comune di Cividale del Friuli (grafico in alto) e all’impianto di San Nicolò in Comune di Manzano (grafico in basso).

Utilità del progetto di ricerca Il progetto di ricerca si serve quindi di strumenti che diventano fondamentali anche nei confronti dell’utenza tecnica obbligata a rapportarsi con i tecnici della gestione del servizio. A solo scopo esemplificativo prendiamo il caso della predisposizione di un aggiornamento di piano operativo comunale o di un piano attuativo comunale. Sino ad oggi la definizione dei fabbisogni idrici a livello urbanistico nel caso di ampliamenti delle aree urbane o di destinazioni d’uso di zone a maggiori densità abitative non sono mai state supportate da valutazioni in ordine alla compatibilità di tali infrastrutture con le potenzialità delle reti idriche. Questo ha sempre costretto la

Pubblica Amministrazione a sostenere le spese per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria al di fuori dei contorni dei piani. Resta del tutto evidente che una siffatta progettazione urbana crea non pochi problemi speculativi che non possono essere più ammessi anche in considerazione del fatto che i Comuni con l’avvio degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) sono stati privati del ruolo della pianificazione di settore e quindi non possono disporre secondo il proprio volere delle risorse finanziarie ricavate con l’erogazione del servizio idrico integrato ora di competenza dell’Autorità degli ATO.


LA RICERCA APPLICATA

Diventa quindi basilare per le Amministrazioni comunali e anche per i Gestori del servizio conoscere le conseguenze di siffatte scelte urbanistiche e poter individuare a tempo gli eventuali interventi necessari allo sviluppo delle previsioni dei piani operativi e attuativi comunali. I nuovi strumenti operativi messi in campo, in particolare il GIS e la modellazione matematica, semplificheranno enormemente le cose consentendo ai tecnici di determinare correttamente gli investimenti necessari per i nuovi fabbisogni. Ancora l’introduzione dello strumento informatico permette di offrire all’utenza un nuovo servizio di consulenza, utilissimo per la impostazione di problemi tecnico-progettuali relativi a investimenti sia di tipo privato sia pubblico.

INDIRIZZI DI SVILUPPO E TRASFERIMENTO TECNOLOGICO Il progetto di ricerca fin qui descritto, ha permesso di ottenere notevoli vantaggi in termini di risparmio idrico ed energetico (essendo l’acqua persa in gran parte sollevata da impianti di pompaggio). Tuttavia, i futuri indirizzi di ricerca e sviluppo della metodologia saranno principalmente rivolti alla individuazione di soluzioni ottimali per la gestione sempre più efficace ed efficiente del sistema nelle diverse condizioni di esercizio. In particolare, lo sviluppo sarà focalizzato in alcuni filoni principali (anche prendendo spunto dalla normativa vigente) e cioè: – valutare il grado di precisione e sensibilità degli apparecchi di misura installati secondo le vigenti norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 854 del 23 agosto 1982, in attuazione della direttiva CEE n. 75/33 relativa ai contatori di acqua fredda e secondo le norme CNR-UNI n. 10023 sui contatori di correnti fluide (questo ai fini di una più corretta definizione delle effettive componenti di perdita); – ottimizzare l’intero sistema ai fini del risparmio energetico, comunque garantendo, per ogni condizione di esercizio della rete, uno standard minimo di servizio all’utenza secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 aprile 1999 “Schema generale di riferimento per la predisposizione della carta del servizio idrico integrato” ed in particolare il paragrafo “Livelli minimi dei servizi”. Nelle sezioni seguenti verranno affrontati tali aspetti, in particolare focalizzandosi sulla possibilità del trasferimento tecnologico di alcune metodologie sempre nello spirito di collaborazione UniversitàEnte Gestore.

165

La ricerca sulla sensibilità dei contatori A proposito della sensibilità dei contatori, vale la pena soffermarsi in quanto questa è una delle concause dell’alto valore delle perdite apparenti negli acquedotti. Nel corso del 2010 l’Acquedotto Poiana in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine ha condotto una serie di prove sperimentali per la determinazione della portata di sensibilità di un campione di 200 contatori dell’acqua di 7 marche diverse, tutti di diametro pari a ½ pollice. Del totale dei contatori analizzati, 150 erano vecchi e caratterizzati da diversi anni di installazione (ma tutti dismessi nel 2009), mentre i rimanenti 50 erano nuovi, tutti fabbricati nel 2009 e non ancora installati. Per le prove sperimentali era stato realizzato un circuito idraulico fissato su un banco di prova costituito da: – un tubo di gomma, collegato a monte a un rubinetto per l’erogazione dell’acqua; – il contatore da testare; – due rubinetti di regolazione della portata (uno a monte e uno a valle del contatore); – un tubo metallico a collo d’oca per garantire un flusso continuo ed evitare la formazione di bolle d’aria nel contatore. Per quanto riguarda i 150 contatori vecchi, era stata eseguita in un primo momento un’analisi del campione nel suo complesso, salvo poi effettuare valutazioni differenziate per le diverse marche. In particolare, i contatori vecchi erano caratterizzati da anni di installazione che variavano tra il 1950 e il 2008: nello specifico, il 17,2% dei contatori aveva meno di 10 anni di anzianità, il 21,4% un’anzianità compresa tra i 10 e i 20 anni, il 29,7% tra i 20 e i 30 anni e infine il 31,7% era stato installato da più di 30 anni. Dall’analisi delle misure ottenute attraverso la campagna sperimentale, si sono ottenuti i dati riportati in un grafico a istogrammi, dove si distinguono, oltre a sei classi di portata di ampiezza pari a 0,1 l/min, anche i contatori rotti, ovvero quelli che presentavano Dettaglio del banco prova per le misure sui contatori.


166

LA RICERCA APPLICATA

Distribuzione percentuale delle portate di sensibilità dei 150 contatori vecchi analizzati per classi di ampiezza pari a 0.1 l/min.

rotture evidenti, e quelli bloccati, ovvero quelli che, sebbene all’apparenza integri, non misuravano nessuna portata transitante a causa di malfunzionamenti del meccanismo interno. L’istogramma è asimmetrico, spostato verso valori relativamente bassi della portata di sensibilità; la distribuzione è infatti caratterizzata da un coefficiente di asimmetria pari a 6.287; il fatto che tale valore sia maggiore di zero è indice che la coda della distribuzione è spostata verso destra. Media Varianza Scarto Quadratico Medio Coefficiente di asimmetria

0.350 0.262 0.512 6.287

Dai parametri statistici riportati in tabella emerge che il campione di 150 contatori vecchi è caratterizzato da un valore medio della portata di sensibilità pari a 0.350 l/min e da una varianza pari a 0.262. In altre parole, portate uguali o inferiori a quelle citate non vengono registrate dai contatori installati presso l’utenza. Nell’ipotesi che ogni utenza presenti piccole perdite di impianto interno (tubazioni, rubinetti, sciacquoni, aperture volontarie di rubinetti esterni durante la stagione invernale per evitare il congelamento e la rottura delle tubazioni esterne, ecc.) pari o inferiore a questo valore, si calcola che il 30% delle perdite apparenti altro non sarebbero che acqua fornita all’utenza ma non misurata.

Numero di contatori per le diverse classi di portata di sensibilità (ampiezza 0.1 l/ min). I contributi delle diverse marche sono evidenziati con i diversi colori.


LA RICERCA APPLICATA

Questa osservazione porta alla conclusione, almeno parzialmente positiva, che una buona parte delle perdite apparenti è legata alla mancata sensibilità dei contatori ed alla inefficienza degli impianti privati e non a quella delle reti acquedottistiche pubbliche. L’Acquedotto Poiana ha ricercato e trovato sul mercato una apparecchiatura da inserire nel pozzetto contatore di ogni utente, che agendo sulla differenza di pressione tra monte e valle dello strumento è in grado di aumentare notevolmente la sensibilità dei contatori alle basse portate. In realtà, analisi più specifiche condotte separatamente per le varie marche dei contatori, hanno permesso di quantificare i diversi gradi di sensibilità di ognuna di esse. Per tre delle sette marche analizzate, a causa del numero esiguo di contatori a disposizione, non era stata fatta un’analisi specifica. La figura in basso nella pagina a fianco rappresenta il numero di contatori per le diverse classi di portata di sensibilità aventi ampiezza pari a 0.1 l/min; con i diversi colori sono evidenziati i contributi delle diverse marche a ciascuna classe. I risultati ottenuti per i contatori delle quattro marche per le quali è presente un numero sufficiente di elementi sono riportati nella sottostante tabella.

Marca 1 Marca 2 Marca 3 Marca 4

n° contatori

Media

Varianza

48 46 30 15

0.178 0.459 0.507 0.336

0.032 0.462 0.390 0.019

Scarto quadratico medio 0.179 0.679 0.625 0.139

Parametri statistici relativi alle portate di sensibilità per le marche caratterizzate da un numero sufficiente di elementi.

167

Dall’analisi di questi dati emerge come i contatori della marca 1 possano ritenersi i più affidabili, con un valore medio della portata di sensibilità pari a 0.178 l/ min, e una varianza pari a 0.032, indice di una bassa dispersione. Questo emerge chiaramente anche dalla figura prima citata, dove nelle prime due classi, caratterizzate da basse portate di sensibilità, il contributo dei contatori della marca 1 risulta preponderante. Per quanto riguarda le altre marche, la marca 4 risulta abbastanza affidabile, con un valore medio della portata di sensibilità pari a 0.336 l/min e una varianza pari a 0.019; l’aspetto più critico per tale marca risulta l’elevata percentuale di contatori bloccati: infatti circa il 50% appartiene proprio alla marca 4. I contatori delle marche 2 e 3 risultano abbastanza simili tra loro per quanto riguarda sia i valori assunti dalla varianza campionaria che i valori medi della portata di sensibilità, pari rispettivamente a 0.459 e 0.507 l/min; queste due marche non risultano comunque particolarmente affidabili, dal momento che tali valori risultano superiori al valore medio dell’intero campione. Per quanto riguarda i 50 contatori nuovi presi in esame, questi erano tutti di diametro pari a ½ pollice, fabbricati nel 2009 e non ancora installati presso le utenze; essi appartenevano tutti alla marca che aveva ottenuto prestazioni migliori (marca 1). Nelle prove si erano scelte classi di portata di ampiezza pari a 0.05 l/ min, per rappresentare in maniera più dettagliata la distribuzione delle portate di sensibilità. Elaborando i dati sperimentali, si sono ricavati i parametri statistici qui riportati in tabella a fondo pagina, dai quali emerge che i contatori nuovi sono caratterizzati da un valore medio della portata di sensibilità pari a 0.169 l/min e da una varianza pari a 0.008, indice di una dispersione dei dati molto bassa.

Numero dei contatori per le diverse classi di portata di sensibilità (ampiezza di 0.05l/min) per i 50 contatori nuovi.


168

LA RICERCA APPLICATA

Anche tale distribuzione è asimmetrica, caratterizzata da coefficiente di asimmetria pari a 1.016, indice che la coda della distribuzione è spostata verso destra. Media Varianza Scarto Quadratico Medio Coefficiente di asimmetria

0.169 0.008 0.089 1.016

Parametri statistici relativi alle portate di sensibilità per il campione di 50 contatori nuovi.

Dopo aver analizzato separatamente i due campioni di contatori vecchi e nuovi è interessante confrontare i risultati ottenuti nei due casi, per comprendere se e quali siano le differenze tra un contatore vecchio e uno nuovo. Dal momento che i contatori nuovi erano tutti della marca 1, si è scelto di confrontarli con quelli vecchi della medesima marca. Analizzando i due campioni, si può osservare come i valori medi siano molto simili, pari a 0.178 l/min e 0.169 l/min per quelli vecchi e nuovi, rispettivamente. Si può affermare che, a differenza di quanto si sarebbe portati a pensare, l’età del contatore non influenza in modo rilevante il valore della portata di sensibilità dello stesso, per lo meno per la marca considerata. Ciò viene confermato dal fatto che la retta di regressione dei punti sperimentali, ottenuta plottando nel piano cartesiano la portata di sensibilità del contatore in funzione dell’età dello stesso, è caratterizzata da un coefficiente di correlazione R2 = 0,012. Dal momento che R2 può variare tra 0 (in assenza di correlazione tra due variabili) e 1 (se vi è invece una forte correlazione), il fatto che esso assuma un valore molto basso è indice che tra le due variabili vi è una correlazione molto debole.

L’ottimizzazione energetica della rete Nel report Watergy (Alliance to Save Energy, 2011) si stima che il consumo energetico necessario ai sistemi di distribuzione idrica è pari a circa il 3% del consumo globale di energia. Si afferma inoltre che, a livello mondiale, si potrebbe ridurre il consumo energetico dei sistemi idrici del 25% migliorando l’efficienza dei sistemi stessi. É di fondamentale importanza comprendere che tra consumo energetico, perdite idriche e modalità di gestione vi è una strettissima relazione: il risparmio idrico ed energetico ottenuto dall’Acquedotto Poiana a seguito della distrettualizzazione e successive campagne di ricerca e riparazione perdite ne rappresentano un chiaro esempio. Tale esempio però rappresenta solo il primo passo verso una reale gestione energetica efficiente del sistema. A livello italiano, nel 2006 Confindustria ha istituito una speciale task force con l’obiettivo di analizzare i potenziali risparmi ottenibili nelle varie aree di consumo ed evidenziare le migliori tecnologie disponibili per implementare piani di efficienza energetica, senza impattare sulla produttività industriale e senza introdurre oneri aggiuntivi per le imprese. La situazione energetica italiana è infatti da anni tra le più critiche a livello europeo. La forte dipendenza dell’Italia dalle risorse straniere, in termini sia di energie primarie sia di energia elettrica, è tra le principali cause degli elevati prezzi dell’energia. Nell’ambito del ciclo idrico integrato la situazione corrente vede da una parte un ingente utilizzo di energia elettrica per l’alimentazione del processo (cioè per il pilotaggio di pompe); dall’altra uno scarso utilizzo di dispositivi di regolazione non dissipativi, e quindi un significativo dispendio di energia. La ragione di questa situazione è senza dubbio da ricondurre

Correlazione tra età e portata di sensibilità del campione di contatori della marca 1.


LA RICERCA APPLICATA

al fatto che solo di recente la tecnologia ha reso disponibili apparecchiature di regolazione dei motori elettrici non dissipative, a costi accettabili se confrontati con i benefici, e soprattutto con caratteristiche di affidabilità e semplicità d’uso adeguate alla pratica industriale. Nel caso dell’Acquedotto Poiana, l’ottimizzazione energetica della rete prende spunto proprio da tali aspetti critici, e sta indirizzandosi in particolare verso due filoni di ricerca applicata: – gestione automatica di valvole riduttrici di pressione ai fini della modulazione della pressione nelle reti; – ottimizzazione di dispositivi di regolazione dei motori elettrici.

169

Bassa pressione

Pressure management La gestione della pressione di rete (denominata pressure management) rappresenta ormai una delle metodologie consolidate ai fini del risparmio idrico (e quindi energetico) dei sistemi di distribuzione idrica. In particolare, la riduzione della pressione, sia essa effettuata in modo permanente per ottimizzazioni dovute a manovre su organi di regolazione dei flussi o per potenziamenti della rete di distribuzione, oppure diurna-notturna legata ai diversi consumi dell’utenza, comporta una riduzione delle perdite e quindi dei costi di produzione di acqua potabile (minori volumi prodotti). Infatti, è noto che le portate perse nelle condotte aumentano all’aumentare delle pressioni secondo una relazione del tipo: Qperdite = cPγ

Schema della installazione di una valvola PRV a valle di un serbatoio, con indicate le pressioni prima della regolazione (in rosso) e dopo (in giallo). Il nodo critico rappresenta l’utenza più sfavorita che quindi vincola il settaggio della valvola.

Alta pressione Esempio di perdita e del diverso comportamento a seconda della pressione di rete.


170

LA RICERCA APPLICATA

1 PRV setting 38 m 1 PRV setting 40 m

1 PRV setting 38 m 1 PRV setting 40 m

1 PRV setting 40 m

1 PRV setting 35 m

1 PRV dP= –15,8 m Risp. idrico 196 690 mc/anno

2 PRV dP= –28,0 m Risp. idrico 343 963 mc/anno

3 PRV dP= –35,4 m Risp. idrico 433 115 mc/anno

Esempio di soluzioni ottimali di compromesso per il pressure management del distretto D13 (San Giovanni al Natisone): all’aumentare del numero di valvole riduttrici, diminuisce la pressione media di rete e aumenta il risparmio idrico.

In tale relazione: – c coefficiente variabile in funzione del tipo di perdita (viene definito nella taratura del modello matematico); – P pressione espressa in metri di colonna d’acqua; – γ coefficiente variabile in dipendenza delle caratteristiche del materiale della tubazione (ad esempio per tubazioni in acciaio o in ghisa vale 0.5 per tubazioni in plastica può raggiungere il valore 2.5). Se però la tecnologia impiegata ai fini della regolazione della pressione è ormai matura (viene effettuata con valvole regolatrici di pressione, o PRV-Pressure Reducing Valves), il problema principale consiste nella scelta del numero, della posizione e della regolazione (il cosiddetto “setting”) da assegnare a ciascuna valvola. L’Ente Gestore infatti è interessato a minimizzare i costi di installazione e gestione e, contemporaneamente, a massimizzare il benefico effetto di riduzione della pressione di rete. Si può quindi comprendere come anche questo aspetto rappresenti un problema di ottimizzazione (in questo caso a due obiettivi) e che, opportunamente formalizzato, possa essere risolto con le tecniche descritte per la calibrazione dei modelli di simulazione (in questo caso si parla di algoritmi genetici multiobiettivo). La soluzione ottenuta con un algoritmo innovativo sviluppato presso l’Università di Udine, recentemente pubblicato su riviste internazionali per l’individuazione automatica dell’insieme della possibili soluzioni ot-

timali di posizionamento e regolazione valvole PRV, è illustrata nella figura qui riportata come esempio, relativa al distretto di San Giovanni al Natisone. Si può notare come, a fronte di un numero progressivamente crescente di valvole riduttrici (e quindi di costi di installazione), si ottengano riduzioni della pressione media di rete sempre maggiori, e conseguentemente incrementi del risparmio idrico per la riduzione dell’acqua persa.

L’elettronica sostituisce i serbatoi pensili I serbatoi pensili, se da un lato conferiscono al servizio acquedottistico quelle caratteristiche di sicurezza tanto conclamate dalla letteratura tecnica, dall’altro presentano alcuni inconvenienti, quali eccessivi dispendi energetici e perdite occulte, nonché problemi di ordine estetico e inserimento paesaggistico. La presenza di tali strutture in testa alle reti di distribuzione risulta in molti casi anacronistica, in quanto vincolare la piezometrica di rete entro ristretti limiti non consente il continuo adeguamento della pressione alle richieste dell’utenza. Numerosi sono infatti i casi di messa fuori servizio (talvolta attraverso la demolizione) di tali strutture, al fine di contenere le spese energetiche di sollevamento e di offrire un migliore servizio all’utenza. In questi ultimi anni si parla sempre più di abbassamento della pressione nelle reti acquedottistiche, al


LA RICERCA APPLICATA

171

Andamento delle piezometriche di minimo e massimo consumo nel caso di rete servita da un serbatoio pensile.

Andamento delle piezometriche di minimo e massimo consumo nel caso di rete servita da un pompaggio diretto con inverter.

fine di limitare i pompaggi e conseguentemente ottenere economie significative nella spesa energetica, anche dell’ordine del 40-50%. Si propone quindi un differente approccio al classico sistema formato da impianto di sollevamento, serbatoio pensile e rete distributrice, andandolo a sostituire con un pompaggio diretto in rete

tramite inverter, in grado di adattarsi a pressione e portata richieste dall’utenza. L’inverter è uno strumento che ha cambiato radicalmente l’automazione nell’industria, introducendo la possibilità di regolare la velocità dei motori a induzione con costi molto contenuti sia di installazione che di


172

LA RICERCA APPLICATA

esercizio. In particolare, l’inverter è un dispositivo elettronico atto a generare una corrente alternata a partire da una corrente continua; talvolta viene anche detto “convertitore statico di frequenza”. In linea di massima si individuano due tipi di inverter: a frequenza costante ed a frequenza variabile. L’inverter a frequenza costante più diffuso è quello presente nei Gruppi di Continuità (UPS), i dispositivi usati per esempio per alimentare i computer in caso di black-out. Nel Gruppo di Continuità la tensione di rete viene raddrizzata in corrente continua a livello compatibile con una batteria interna, e quindi viene riconvertita dall’inverter in corrente alternata a valori standard 230V/50Hz. L’inverter a frequenza variabile serve per regolare la velocità dei motori trifasi. La velocità di rotazione del motore è infatti strettamente connessa con la frequenza della corrente con cui lo si alimenta. Nell’inverter la corrente alternata della rete (trifase o monofase) viene raddrizzata in corrente continua e quindi viene riconvertita in corrente alternata trifase a frequenza variabile per alimentare il motore. Il valore della frequenza in uscita può quindi essere scelto a piacere dall’utilizzatore a seconda della velocità di funzionamento che si vuole far raggiungere al motore. Un breve esempio può far capire il vantaggio che comporta l’uso di un inverter. Negli impianti idraulici, il modo più semplice per diminuire o regolare una portata è quello di agire su di una valvola, introducendo in pratica una strozzatura sul percorso del fluido. Per contro, il motore elettrico che aziona la pompa, continua ad assorbire la stessa potenza di

Esempio di risparmio energetico ottenibile con l’installazione di un inverter.

prima, anzi c’è anche la possibilità che assorba qualcosa di più. Si rischiano inoltre fenomeni come la cavitazione della girante. Azionando invece il motore della pompa con una velocità proporzionata a quanto necessita l’impianto, si avrà un consumo elettrico proporzionato al lavoro richiesto. È vero che l’inverter introduce delle perdite per circa un 4%, ma questo svantaggio viene ammortizzato dal minor consumo in tempi molto brevi, soprattutto negli impianti con molte ore di funzionamento annuo. L’evidente vantaggio derivante dall’utilizzo di un inverter per regolare la velocità delle pompe, è rappresentato dalla possibilità di risparmiare energia elettrica. In confronto a tecnologie e sistemi di regolazione alternativi, l’inverter è il sistema di controllo energetico ottimale per la regolazione della velocità delle pompe. La portata viene regolata variando il numero di giri al minuto. Riducendo la velocità solo del 20% rispetto alla velocità nominale, anche la portata viene ridotta del 20%. Ciò è dovuto al fatto che il flusso è direttamente proporzionale al numero di giri al minuto. Il consumo di energia elettrica viene in tal modo ridotto del 50%. Se il sistema in questione deve essere in grado di fornire una portata che corrisponde al 100% solo per pochi giorni l’anno, mentre per il resto dell’anno la media della portata fornita è inferiore all’80% della portata nominale, la quantità di energia risparmiata supera addirittura il 50%. Ipotizzando che il serbatoio venga rifornito da una pompa che solleva l’acqua dalla falda, si può immaginare un modo del tutto innovativo di gestione di tali impianti di sollevamento: pensando infatti di eliminare il serbatoio pensile (i cui costi si aggirano intorno al migliaio di euro per metro cubo di volume utile), si può realizzare un impianto di sollevamento che, prelevando da falda, immette direttamente in rete: la portata erogata viene quindi ad essere, istante dopo istante, pari a quella richiesta dall’utenza (includendo ovviamente anche le perdite), ma con l’ulteriore possibilità di garantire la pressione sufficiente anche al punto critico. Tale impianto può essere realizzato andando ad installare un misuratore di pressione nel nodo critico, assieme ad un dispositivo per l’invio di tali misurazioni direttamente ad un circuito elettronico che controlla l’inverter. Quanto descritto sopra rappresenta probabilmente la tecnologia migliore per gestire in tempo reale i sistemi acquedottistici ai fini del risparmio energetico e l’Acquedotto Poiana si sta attrezzando in tal senso, per indirizzare le future linee di gestione verso tali metodologie innovative. È però importante sottolineare che tali impianti possono essere installati con successo solo successivamente a studi modellistici notevolmente accurati.


LA RICERCA APPLICATA

UNA POSSIBILE VALORIZZAZIONE DEI FANGHI DI SUPERO DEI DEPURATORI CON PRODUZIONE DI AMMENDANTE AD USO AGRICOLO di Claudia Bruna Rizzardini, Daniele Goi Il rapporto sui rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, elaborato sulla base di dati riferiti al 2007 per i rifiuti urbani e al 2006 per quelli speciali, evidenzia come nella regione Friuli Venezia Giulia la modalità di recupero dei fanghi di depurazione mediante utilizzo su suolo agricolo o compostaggio non sia regolamentata. Da indagini svolte risulta che il principale recapito per tali matrici sia proprio l’agricoltura e che opzioni quali il conferimento in discarica e l’incenerimento rivestano un ruolo di secondaria importanza. Come è noto, infatti, si sta assistendo a limitazioni sempre più stringenti inerenti il conferimento in discarica di rifiuti biodegradabili e nonostante l’inceneritore di Trieste sia stato autorizzato nel 2004, in via sperimentale e provvisoria, a trattare rifiuti classificati con codice CER 190805 (fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane), allo stato attuale è ancora in corso uno studio tecnico-economico al fine di gestire in maniera idonea tale tipologia di rifiuti. La Commissione Europea sta valutando se predisporre una revisione della vigente direttiva europea 86/278 (concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) e, in caso affermativo, la portata di tale azione. Tale direttiva stabilisce dei valori limite di concentrazione per sette metalli pesanti: dal momento del suo recepimento alcuni Stati membri hanno emanato e implementato valori limite più stringenti e definito ulteriori requisiti per altri contaminanti. Per poter effettuare una valutazione, la Commissione Europea ha varato uno studio finalizzato alla raccolta delle informazioni preesistenti inerenti gli impatti ambientali, economici, sociali e sanitari legati alle pratiche di gestione dei fanghi di depurazione al suolo. Tale studio si pone come obiettivo anche la valutazione dei rischi e delle opportunità previste nei prossimi anni, identificando le possibili opzioni che la politica europea potrà adottare ed effettuando una valutazione costi-benefici. Per quanto riguarda la regione Friuli Venezia Giulia, non sono stati raccolti molti dati relativi al controllo sull’idoneità dei fanghi di depurazione applicati al terreno per vedere su grande scala se le concentrazioni dei metalli pesanti si avvicinino ai limiti di legge (allegato I B del D. Lgs. 99/1992). Per poter discutere degli aspetti riguardanti la tossicità dei fanghi di depu-

173

razione è necessaria, pertanto, un’indagine conoscitiva sulle tipologie di impianti di depurazione con riferimento a tutti i parametri che al momento sono stati considerati da studi precedenti tenendo conto della realtà territoriale. L’Università degli Studi di Udine e l’Acquedotto Poiana hanno realizzato un progetto triennale congiunto per testare un nuovo sistema di recupero dei fanghi di depurazione: lo studio ha avuto come obiettivo l’organizzazione e la valutazione della possibilità di compostaggio dei fanghi di depurazione prodotti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane e domestiche. Nell’ambito di tale progetto sono state sviluppate in modo omogeneo e completo le molteplici tematiche connesse con l’utilizzo dei fanghi di depurazione, dalla produzione al recapito finale. Partendo da un caso reale, è stata effettuata un’indagine approfondita sulla qualità dei fanghi di depurazione seguendo i dettami dell’ultimo documento ufficiale dell’Unione europea in materia di fanghi di depurazione, il “Working document on sludge” (3rd draft, 2000). Nel proseguo, questo documento lo indicheremo come “W.d.s.”. Tale bozza si contraddistingue per il carattere innovativo rispetto alla normativa italiana vigente risalente al 1992 e per la spiccata sensibilità nei confronti di tematiche quali l’inquinamento ambientale e l’adozione di pratiche agronomiche sostenibili. Nella fase iniziale del progetto si è proceduto all’analisi delle tipologie impiantistiche e alla scelta di una decina di impianti rappresentativi di trattamento delle acque reflue dell’Acquedotto Poiana individuati sulla base della potenzialità, della tipologia di acqua di scarico trattata, dei trattamenti effettuati e in base alla possibile presenza di intrusioni da attività agroindustriali. Dopo un’accurata analisi della normativa vigente sia a livello italiano che europeo in materia di gestione e qualità di fanghi di depurazione si è proceduto con la caratterizzazione chimico-fisica della matrice, al fine di accertare la rispondenza ai parametri dell’attuale normativa e a valori più stringenti quali quelli suggeriti dalla bozza europea.

LA CARATTERIZZAZIONE DEI FANGHI DI DEPURAZIONE I fanghi di depurazione sono stati selezionati e analizzati seguendo i dettami dell’ultimo documento ufficiale dell’Unione Europea in materia di fanghi di depurazione, il “W.d.s.”. Nella tabelle che seguono sono stati presentati e confrontati i valori ottenuti per singolo impianto sia in base alle indicazioni della normativa italiana vigente sia in base ai nuovi orientamenti dell’Unione europea. Trattandosi di un numero esiguo di campioni si è scelto di discutere i dati con-


174

LA RICERCA APPLICATA

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA

s.s.

pH

C % s.s.

N % s.s

P % s.s.

Campione 1 Campione 2 Campione 3 Campione 4 Campione 5 Campione 6 Campione 7 Campione 8 Campione 9 Campione 10 Dettami del D.Lgs. 99/92 Indicazioni del W.d.s. (2000)

92,3 89,6 89,8 88,6 88,8 92,2 90,2 90,5 91,2 90,1

6,80 6,74 6,64 6,72 6,14 7,08 7,65 6,67 6,78 6,48 6.0<pH<7.5 –

23,84 35,76 38,04 39,72 31,59 29,26 37,27 35,09 30,45 34,11 >20 –

3,80 5,88 6,38 6,89 3,94 2,92 6,32 5,56 4,14 5,06 >1,5 –

1,58 2,50 2,35 3,02 3,47 1,13 1,86 1,60 1,26 1,58 >0,4 –

Tabella I. Principali caratteristiche agronomiche dei fanghi di depurazione analizzati.

siderando per ogni parametro il valore medio, la mediana e la deviazione standard in modo da poter confrontare i risultati con dati di letteratura esistenti. In tal modo si è ottenuta e argomentata una caratterizzazione media, tipica dei fanghi di depurazione degli impianti aziendali. Nell’ambito di questi dieci campioni rappresentativi del territorio di pertinenza della Società si è poi tentata una valutazione confrontando la tipologia di acqua di scarico trattata e i trattamenti che contraddistinguono la linea fanghi. Di seguito sono state citate le principali evidenze emerse da tale indagine.

Composizione e valore agronomico Lo screening (tabelle I e II) ha evidenziato la rispondenza di quasi tutti i campioni di fango di depurazione analizzato ai parametri agronomici previsti dalla normativa italiana, fatta eccezione per il pH del campione 7, anche se il superamento della soglia prevista risulta contenuto. I contenuti di C e N organico (tabella III) garantiscono un utilizzo appropriato dei fanghi di depurazione da impianti di trattamento delle acque reflue urbane di potenzialità contenuta (< 100.000 a.e.) applicati in agricoltura, esercitando un effetto positivo sia sull’incremento del tenore di sostanza organica del suolo sia sulle proprietà fisiche del suolo. La media e la mediana della concentrazione sia di C organico (34.6% e 33.5%) che di N organico (5.31% e 5.09%) risultano molto vicine tra loro. Il contenuto significativo di azoto comporta un rapporto medio C/N di circa 6, valore che sta ad indicare che l’applicazione di questi fanghi di depurazione potrebbe non comportare uno squilibrio nutrizionale

per le colture quanto alla concimazione azotata. Il rischio di competizione tra microorganismi per la frazione disponibile di N si ha soprattutto dopo l’applicazione di ammendanti organici contraddistinti da un rapporto C/N di circa 30. Analizzando in particolare la differenza tra il fango prodotto dal trattamento di acque reflue domestiche e urbane si è notato che il fango proveniente dal trattamento delle acque reflue domestiche (30.45%) presenta un contenuto di C organico significativamente più basso (P = 0.047) di quello prodotto dal trattamento di acque reflue urbane (37.27%). Per quanto riguarda il contenuto di N non sono emerse differenze statisticamente significative, anche se i tenori misurati risultano interessanti per l’applicazione al suolo di tali fanghi (4.14% per il fango da acque reflue domestiche e 6.32% per fango da acque reflue urbane). La legislazione italiana permette di applicare al suolo un massimo di 15 t/ha di fango in termini di sostanza secca nel triennio, che corrisponde ad un input approssimativo globale di 5 t di C organico e allo stesso tempo ad un equilibrato apporto dei principali elementi nutritivi (per esempio 750 kg N, 300 kg P e 50 kg K). Ipotizzando di applicare i quantitativi massimi permessi di fanghi di depurazione verrebbero forniti circa 250 kg di N per ettaro, che corrispondono alla dose media di fertilizzante azotato fornito alle coltivazioni della pianura friulana. L’applicazione di fanghi di depurazione potrebbe anche incrementare gli input di C organico per una quota pari a 3 t di sostanza organica per ettaro. Pertanto un apporto continuo nel rispetto del limite di 15 t/ha s.s. potrebbe determinare un lento ma progressivo incremento del contenuto di sostanza organica del suolo con dei risvolti positivi sulle proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo. Per quanto riguarda il contenuto di fosforo e potassio dei fanghi di depurazione i valori rientrano nel range di concentrazione che


LA RICERCA APPLICATA

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA

Elementi nutritivi secondari [mg/kg s.s.]

Campione 1 Campione 2 Campione 3 Campione 4 Campione 5 Campione 6 Campione 7 Campione 8 Campione 9 Campione 10 Dettami del D.Lgs. 99/92 Indicazioni del W.d.s. (2000)

Ca 34462 29972 48062 27405 53035 64264 36937 39388 41102 42445 – –

Mg 8862 11052 11554 8222 10732 18222 8893 11209 14581 12492 – –

S 3667 5218 8292 8302 7905 11053 12058 9409 7687 10632 – –

175

Micronutrienti [mg/kg s.s.] B 67,49 0,00 11,69 0,00 1,49 0,00 0,48 0,00 16,79 7,23 – –

Co 1,253 < l.r. < l.r. < l.r. 0,115 1,874 < l.r. 0,614 1,583 0,878 – –

Fe 20279 8440 8678 5331 12856 18054 9973 12789 18192 12539 – –

Mo 1,75 4,40 6,32 5,21 9,37 6,22 2,78 1,54 2,51 3,30 – –

Tabella II. Contenuto in elementi nutritivi secondari e microelementi.

contraddistingue la composizione media dei fanghi di depurazione degli Stati membri dell’Unione Europea. Sebbene il quantitativo medio di P sia notevolmente elevato rispetto ai valori riportati in bibliografia per i fanghi di depurazione (valore medio di 17.3 g kg–1), il contenuto medio di K è risultato invece relativamente scarso (3.45 g kg–1), ma c’è da considerare il fatto che quasi tutto è disponibile per le piante. L’analisi a due vie della varianza ha prodotto una differenza significativa per K causata dal tipo di trattamento di depurazione dell’acqua reflua (P = 0.036) con un valore medio di 4.2 e 1.9 g K kg–1 rispettivamente per la stabilizzazione aerobica e il trattamento di disidratazione, non significativa invece per il tipo di acqua di scarico. Questi risultati sono stati confermati anche dal test non parametrico di Kruskal-Wallis. Il contenuto di Ca è risultato relativamente basso se confrontato

con i valori medi riportati in letteratura per fanghi con caratteristiche simili. Ciò non rappresenta un possibile danno o rischio di carenza o squilibrio tra nutrienti per colture fertilizzate con tali fanghi di depurazione, dato che i suoli che contraddistinguono l’area di studio della pianura friulana sono per lo più di tipo calcareo e per tale ragione traggono beneficio dall’applicazione di ammendanti caratterizzati da un elevato contenuto di Mg e da un basso rapporto Ca/Mg (in media 3.6). Lo S totale risulta ben rappresentato con un valore medio di 8.4 g kg–1 e può pertanto contribuire nell’applicazione di nutrienti globalmente bilanciata. I fanghi di depurazione presentano anche altri micronutrienti di considerevole importanza quali, ad esempio, Fe, B, Mo che possono rappresentare un buon contributo per la fertilità minerale del suolo, in particolare quando applicati assieme alla sostanza organica.

Tabella III. Visione sintetica dei principali elementi nutritivi dei fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana SpA.

Elemento

Unità di misura

Mediana

Media

Deviazione standard

C N C/N P K Ca Mg S B Co Fe Mo

% s.s. % s.s. – % s.s. mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1 mg • kg–1

34.6 5.31 6.30 1.73 3282 40245 11130 8297 0.989 1.066 12664 3.85

33.51 5.09 6.84 2.03 3448 41707 11581 8422 10.52 1.05 12713 4.34

4.78 1.33 1.32 0.77 1616 11061 2999 2575 20.88 0.648 4858 2.47


176

LA RICERCA APPLICATA

Caratterizzazione ambientale: contenuto in metalli pesanti Per quanto riguarda il contenuto di metalli pesanti i campioni analizzati rispondono sia ai dettami del D. Lgs. 99/92 che alle indicazioni del W.d.s. (tabella IV): occorre ricordare come la normativa italiana abbia recepito la Direttiva 86/278 CEE nella sua accezione più restrittiva e, infatti, fatta eccezione per Cd e Cr, i valori limite previsti coincidono. Risulta interessante osservare come i fanghi di depurazione rispondano anche alle soglie di concentrazione suggerite per il medio (2015) e lungo termine (2025). L’indagine ha evidenziato due casi particolari: il campione n. 5 presenta un contenuto notevole di Ni, mentre il campione n. 3, pur rispettando la soglia prevista per legge, si distingue con un valore di concentrazione molto superiore ai valori riscontrati. Le motivazioni di tali outlier non sono note, sarebbe opportuno verificare ulteriormente tali concentrazioni tramite ulteriori campionamenti e determinazioni. Considerando per ogni singolo parametro media e mediana dei valori di concentrazione si evince come i dati siano molto vicini tra loro (tabella V). Le concentrazioni dei metalli pesanti risultano all’interno del range riportato per la composizione media dei fanghi di depurazione dei Paesi membri dell’Unione Europea in quasi tutti i campioni. Dal momento che l’applicazione al suolo di fanghi di depurazione pre-

senta come intento la fertilizzazione del terreno, si può tentare di valutare l’impatto potenziale di tale pratica, inteso come input di metalli pesanti al suolo, in relazione al contenuto di P dei fanghi. Tale valutazione ha senso se i fanghi di depurazione vengono applicati al suolo come fonte primaria di P. La tabella VI mostra i valori di concentrazione dei campioni analizzati espressi come mg kg–1 P; confrontando tali valori con le soglie suggerite dal W.d.s. emerge una buona rispondenza, ma considerando limiti più stringenti, quali quelli della legislazione danese, si nota come le concentrazioni di Ni e Pb in relazione al contenuto di P eccedano le soglie previste. A tale proposito possiamo comunque considerare basso il tipico contenuto di fosforo di tali fanghi di depurazione così da non poter essere annoverati tra i fornitori principali di fosforo, quali possono essere, ad esempio, gli effluenti di allevamento. Inoltre, se si esprimono le concentrazioni di metalli pesanti in funzione del contenuto di N, i valori ottenuti diminuiscono di circa 3 volte. Tale approccio nell’interpretazione dei dati potrebbe risultare più realistico visto che esistono programmi d’azione specifici atti a definire dosi massime di applicazione di fertilizzanti, concimi e ammendanti nel rispetto del bilancio dell’azoto. In secondo luogo l’apporto di fanghi di depurazione al suolo viene generalmente calcolato sulla base dei fabbisogni azotati delle colture.

Tabella IV. Stato di contaminazione dei metalli pesanti nei fanghi di depurazione analizzati.

Metalli pesanti [mg/kg s.s.]

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA Campione 1 Campione 2 Campione 3 Campione 4 Campione 5 Campione 6 Campione 7 Campione 8 Campione 9 Campione 10 Dettami del D.Lgs.99/92 Indicazioni del W.d.o.s. (2000) Valori limite previsti a medio termine (2015) Valori limite previsti a lungo termine (2025)

Cd 1,30 1,36 1,10 0,33 1,31 2,08 0,94 1,75 1,46 1,50 20 10 5 2

Cr 68,54 39,58 57,16 45,10 100,00 160,50 53,58 64,32 104,98 73,75 – 1000 800 600

Cu 310,2 456,6 727,2 455,2 649,1 539,7 590,8 538,3 528,2 405,9 1000 1000 800 600

Ni 58,28 31,21 34,09 21,55 155,00 61,75 38,26 44,30 54,04 41,10 300 300 200 100

Pb 55,14 70,69 57,84 18,70 69,97 114,53 64,02 76,41 64,95 71,48 750 750 500 200

Zn 785,2 1260,8 510,5 286,3 1378,1 1736,6 660,8 1460,8 866,0 1326,3 2500 2500 2000 1500

Hg 1,11 0,58 1,73 1,32 0,88 5,59 0,66 2,43 1,11 0,65 10 10 5 2


LA RICERCA APPLICATA

Metallo pesante Cd Cr Cu Ni Pb Zn Hg

Valori limite di concentrazione (mg/kg s.s.) 10 1.000 1.000 300 750 2.500 10

Numero di campioni che eccedono la norma 0 0 0 0 0 0 0

Mediana

Media

D.S.

1.34 66.43 533.2 53,96 67.46 1063 1.11

1.31 76.75 520.1 42,7 66.37 1027 1.61

0.47 36.34 120.5 37,65 23.47 470.6 1.51

177

Tabella V. Stato di contaminazione dei metalli pesanti nei fanghi di depurazione analizzati.

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA Valori suggeriti dal W.d.o.s. (2000) Valori suggeriti dalla legislazione Danese (Jensen e Jepsen, 2005) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Mediana Media

Cd 250 100 82 54 47 11 38 184 50 109 115 95 79 68

Hg 250 200 70 23 74 44 25 496 35 152 88 41 105 57

Ni 7.500 2500 3680 1249 1449 713 20681 5480 2056 2769 4282 2603 4496 2686

Pb 18.750 120 3482 2829 2459 619 2019 10164 3441 4777 5146 4527 3946 3461

Tabella VI. Concentrazione di Cd, Hg, Ni e Pb riferite al contenuto di P.

Caratterizzazione ambientale: presenza di contaminanti organici e diossine La caratterizzazione ambientale è innovativa per la Regione Friuli Venezia Giulia e, in particolare, per la Provincia di Udine. Fatta eccezione per un unico caso in cui il valore rilevato di LAS eccede la soglia suggerita, si nota una generale buona rispondenza dei campioni alle indicazioni suggerite dal W.d.s. (tabella VII).

AOX (EOX) Analizzando in dettaglio i singoli contaminanti organici l’Unione europea propone l’analisi dei composti organoalogenati adsorbibili (AOX), un parametro che ingloba una serie di composti (PCB, diossine,…) e che permette una valutazione della contaminazione da composti organo alogenati derivati da solventi, lubrificanti, elasticizzanti, disinfettanti, prodotti protettivi per il legno e pesticidi. Tuttavia, in tale studio, si è deciso di

quantificare lo stato di contaminazione da composti organoalogenati quantificando i composti organo alogenato estraibili (EOX) dal momento che tali composti sono meno soggetti a interferenze se determinati su matrici solide quali, ad esempio, suoli e fanghi di depurazione. L’AOX viene, invece, preferito per determinare la presenza di composti organoalogenati in campioni liquidi come le acque di scarico. L’analisi degli EOX è stata effettuata utilizzando due diversi solventi, esano ed acetato di etile. La tabella VIII evidenzia la maggiore resa estrattiva ottenibile con l’acetato di etile. Esistono diverse procedure applicabili nell’estrazione degli EOX: nell’analisi sono state utilizzate le metodiche NEN 5735 e NEN 6402, opportunamente rielaborate e adattate al caso. A livello internazionale non vi sono standard riguardanti le procedure estrattive e, nel caso del fango di depurazione, non è possibile classificare i composti organoalogenati come AOX (metodo valido per le acque) come suggerirebbero invece gli standard europei. Il procedimento effettivamente applicato nell’analisi dei dieci campioni deriva da due diverse metodiche: NEN 6402 utilizzata per le acque potabili e superficiali e la NEN 5735 utilizzata per suoli e materiali terrosi.


178

LA RICERCA APPLICATA

Dal confronto tra i due estraenti (tabella VIII) nella determinazione degli EOX risulta che l’acetato di etile presenta un potenziale estrattivo dalle due alle sei volte maggiore di quello dell’esano. Ciò è ascrivibile al fatto che l’acetato di etile presenta sia un carattere idrofilico che idrofobico e ciò lo rende particolarmente adatto all’estrazione di sostanze sia polari che apolari. È proprio questa caratteristica del solvente che ne rende possibile l’utilizzo; in mancanza di idrofobicità, infatti, non sarebbe possibile la separazione dall’acqua. L’acetato di etile lega a sé la componente idrofobica e allo stesso tempo svolge un’ulteriore estrazione di sostanze polari. L’esano, al contrario, presenta scarsa capacità estrattiva, dovuta alla mancanza di componenti polari o protiche, che consentirebbero di attrarre gli organoalogenati polari. L’esano risulta tuttavia un buon estraente per i composti di tipo apolare. Le concentrazioni di cloro in campioni estratti in acetato di etile risultano essere sensibilmente maggiori rispetto a quelle dei campioni estratti in esano. Le analisi effet-

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA Campione 1 Campione 2 Campione 3 Campione 4 Campione 5 Campione 6 Campione 7 Campione 8 Campione 9 Campione 10 Dettami del D.Lgs.99/92 Indicazioni del W.d.s. (2000)

EOX 8,57 9,03 10,10 9,79 12,90 8,44 4,55 5,49 6,04 8,60 – 500

∑LAS 152,4 48,8 239,1 64,5 17,8 4860 131,3 134,2 99,2 24,7 – 2600

tuate dimostrano che i dieci fanghi oggetto di studio presentano caratteristiche compatibili, per quanto riguarda il parametro EOX, con un’eventuale riutilizzo agricolo. Il limite di legge previsto in riferimento alla concentrazione di organo alogenati nei fanghi di supero risulta pari a di 500 mg/kg e nessuno dei campioni analizzati si avvicina a tale limite. La tossicità dovuta alla presenza di organoalogenati, infatti, non è ancora stata studiata e regolamentata. I risultati ottenuti attestano che le concentrazioni di EOX nei fanghi provenienti da impianti urbani sono basse. In seguito ad un campionamento effettuato nel 2001 di fanghi di depurazione della Svezia, Samsøe and Petersen (2003) hanno studiato i contaminanti organici presenti e hanno rilevato che il valore di concentrazione medio ammontava a 6.1 mg kg–1 s.s. La concentrazione di contaminanti organici nei fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana è compresa nel range che va da 4.55 a 12.90 mg Cl– kg–1 s.s. e non sono stati rilevati degli outlier.

Composti organici [mg/kg s.s.] DEHP ∑NPE 10,60 0,50 6,20 1,57 6,31 0,80 13,04 1,01 6,50 2,97 34,34 0,58 2,44 1,56 6,08 1,20 12,43 1,31 2,91 0,52 – – 100 50

∑PAH 0,61 1,15 1,03 0,55 1,42 2,1 0,82 0,71 0,61 0,57 – 6

∑PCB <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 <0,0035 – 0,8

Diossine e furani [ng TE/kg s.s.] PCDD /PCDF 26 49 40 41 42 41 45 54 28 26 – 100

Tabella VII. Contenuto di contaminanti organici e di diossine nei fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana SpA.

Impianti dell’Acquedotto Poiana SpA Campione 1 Campione 2 Campione 3 Campione 4 Campione 5 Campione 6 Campione 7 Campione 8 Campione 9 Campione 10 Indicazioni del W.d.s.

Estrazione Estrazione con esano con acetato di etile [mg kg–1 s.s.] [mg kg–1 s.s.] 4,33 8.57 7,68 9.03 2,97 10.1 3,02 9.79 6,95 12.9 2,37 8.44 1,09 4.55 3,56 5.49 2,78 6.04 3,91 8.6 500 500

Tabella VIII. EOX determinato mediante estrazione con due diversi solventi dai fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana SpA.


LA RICERCA APPLICATA

PCB, PCDD/F, LAS e IPA Per quanto riguarda i PCB il range di concentrazione in fanghi rappresentativi dell’Austria va da 0.027 a 0.055 mg kg–1, mentre in Inghilterra si hanno valori compresi tra 0.044 to 0.18 mg kg–1, con un valore medio di 0.071 mg kg–1. I campioni oggetto di tale studio presentano tutti una concentrazione più bassa del limite di rilevabilità (<0.0035 mg kg–1). Ciò è dovuto probabilmente al divieto della loro produzione e consumo, evento che ha portato ad una drastica e progressiva riduzione della contaminazione ambientale di PCB. Il range di concentrazione di PCDD/F varia da 26 ng TEq kg–1 s.s. a 54 ng TEq kg–1(nanogrammi di tossicità equivalente su un normal metro cubo): si tratta di valori leggermente più bassi e comunque in linea con quanto determinato da Eljarrat et al. (1999), che ha confrontato il contenuto di diossine di campioni di fango di depurazione provenienti dalla Catalonia (Spagna) con fanghi raccolti in precedenza tra il 1979 e il 1987. I campioni più recenti presentavano un valore medio di 55 ng kg–1 e una mediana di 42 ng kg–1, mentre i livelli di diossine dei campioni raccolti e conservati si aggiravano intorno a 620 pg g–1 con una mediana di 110 ng kg–1. I risultati ottenuti in tale studio rientrano nel range delle analisi di monitoraggio della Germania (0.2-128 ng TE kg–1 s.s.), anche se nell’ultimo, i valori medi sono compresi tra 7 e 19 e risultano pertanto più bassi dal 50 al 80% di quelli determinati per i fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana SpA. Per quanto riguarda il contenuto di LAS tutti i campioni, fatta eccezione per uno, risultano ampiamente sotto il valore limite proposto dal W.d.s. Il campione n. 3 risulta superare infatti abbondantemente la soglia dei 2.600 mg kg–1 s.s.; anche l’analisi gerarchica di tipo cluster separa tale campione da tutti gli altri e ciò conferma in un certo senso il consistente contributo del tipo di acqua di scarico (proveniente da un autolavaggio) al consistente livello di contaminazione del campione n. 3. In ogni caso sia il

179

valore medio che la mediana dei valori di concentrazione dei LAS nei fanghi risultano in ogni caso al di sotto del limite previsto dal W.d.s. e confrontabili con dati rilevati in Inghilterra per fanghi di depurazione sottoposti a trattamento aerobico. Così come rilevato per gli altri contaminanti organici anche i livelli di IPA sono risultati relativamente bassi in confronto ai range riportati per altri Stati europei e tutti i valori, compreso l’outlier che corrisponde ancora una volta al fango di depurazione dell’impianto n. 3, risultano ampiamente sotto i valori previsti dalla direttiva.

I RISULTATI DELL’ANALISI STATISTICA L’analisi delle componenti principali (PCA) è stata utilizzata come metodo per ridurre il carattere dimensionale dell’insieme di dati costituito da molteplici variabili. Questa procedura risulta molto interessante anche per identificare le relazioni esistenti tra le variabili. Con tale analisi si è voluto dimostrare che la buona qualità dei fanghi di depurazione non è collegata con il tipo di trattamento della linea fanghi o con il tipo di acqua di scarico; in tal senso il programma di recupero potrebbe venire implementato per tutti i tipi di fango prodotti nell’area. La PCA relativa all’intero set di dati non presenta un raggruppamento significativo dei fanghi di depurazione in base alla tipologia di impianto, né all’origine dell’acqua di scarico né in base al tipo di trattamento della linea fanghi. Le variabili risultano, infatti, distribuite in modo omogeneo. Pertanto è stata effettuata l’analisi delle componenti principali relativa a due sottoinsiemi di variabili, contaminanti inorganici e organici. La PCA del sottoinsieme dei contaminanti inorganici separa l’impianto n. 3 e il n. 6 dalla nuvola dei rimanenti. La prima delle due componenti principali (PC) rende conto di circa il 75% della variabilità dell’insieme di dati: 56% per il primo (Dim 1 asse) e 19.6% per il secondo (Dim 2 asse).

Tabella IX. Valori di concentrazione dei contaminanti organici nei fanghi di depurazione dell’Acquedotto Poiana SpA.

Composti organici

Unità

Limite di concentrazione (s.s.) – W.d.s. (2000)

Mediana

Media

D.S.

AOX (EOX) LAS DEHP NPE PAH PCB PCDD/F

mg kg–1 mg kg–1 mg kg–1 mg kg–1 mg kg–1 mg kg–1 ng TEq kg–1

500 2.600 100 50 6 0.8 100

8.59 115.24 6.41 1.10 0.77 <0.0035 41.00

8.35 577.2 10.09 1.20 0.96 <0.0035 39.20

2.458 1506 9.26 0.74 0.49 <0.0035 9.65


180

LA RICERCA APPLICATA

Diagrammi a scatola e baffi rappresentanti i contaminanti organici determinati nei fanghi di depurazione.

a PCA di contaminanti inorganici di fanghi di depurazione. a) mappa a fattori individuali; b) mappa a fattori variabili.

Correlazioni tra Pb e Cd (a) e tra Zn e Cd (b).

a

b A B b


LA RICERCA APPLICATA

Le proprietà chimiche e i campioni di fango sono stati proiettati separatamente nel piano fattoriale Dim 1 x Dim 2 al fine di comprendere la loro distribuzione secondo gli assi fattoriali. Pertanto nel piano fattoriale che spiega il 75% della variabilità, la PCA permette di differenziare due associazioni che rappresentano entrambe un assemblaggio di elementi chimici che caratterizza le sorgenti di emissione. L’associazione A sta nel piano positivo di entrambe le dimensioni 1 e 2, ma risulta fortemente legata alla dimensione 2 ed è formata da Cu e Ni, elementi indicatori principali del traffico veicolare e che provengono pertanto dal dilavamento urbano. L’associazione B, che sta nel piano positivo Dim 1 e sopra o sotto la Dim 2 e al contrario, è fortemente associata alla Dim 1 e costituita da Cr, Zn, Pb, Cd e Hg; si evince come Pb e Cd e Zn e Cd siano correlati linearmente. La PCA del sottoinsieme dei contaminanti organici separa l’impianto n. 3 dal n. 6 e dagli altri. La prima delle due componenti principali rende conto del 44.6% della variabilità, mentre la seconda componente spiega il 28.1%, con una variabilità cumulativa del 75%, simile a quella spiegata dalla prima componente nell’analisi dei contaminanti inorganici. Per gli inquinanti organici il piano fattoriale permette di differenziare tre associazioni: l’associazione A, che sta nel piano positivo della Dim 2 e risulta strettamente collegata ad essa, risulta formata da NPE, PCDD/Fs e EOX. Tutti questi contaminanti derivano dalle acque di scarico domestiche e da acque di dilavamento urbane provenienti da svariate attività umane, generalmente piccole aziende con pochi dipendenti quali, ad esempio, attività di finissaggio di metalli e di pulizia. L’associazione B comprende solo gli IPA, che sono indicatori di contaminazione urbana causata dagli scarichi degli autoveicoli e dal riscaldamento domestico; tale associazione si colloca sul piano positivo sia della Dim 1 che 2. La terza associazione (C) si situa sul piano positivo della Dim 1 e su quello negativo della Dim 2 e risulta formata da LAS e DEHP. In sintesi, i risultati ottenuti dall’analisi delle componenti principali confermano la sostanziale omogeneità dei fanghi di depurazione sia rispetto ai metalli pesanti che ai contaminanti organici. I fanghi dagli impianti n. 3 e n. 6 sono gli unici a differenziarsi dagli altri; è probabile che ciò sia dovuto al fatto che l’impianto n. 3 si caratterizza per l’origine dell’acqua di scarico trattata, che raccoglie anche le acque reflue provenienti da una stazione di servizio con autolavaggio. La natura stessa di contaminanti quali LAS e IPA indica che tali sorgenti di emissione sono responsabili dell’elevato livello di contaminazione. Occorre notare come i due campioni che ricevono acque di scarico pretrattate provenienti da siti industriali (n. 5 e n. 7) non si differenzino da quelli

181

derivanti dal trattamento di acque esclusivamente domestiche o urbane. Al contrario le ragioni del consistente livello di contaminazione ad opera di contaminanti organici e inorganici non è del tutto chiaro nel caso del campione 6, che si differenzia solo per il fatto di avere un diverso trattamento secondario, ovvero si avvale di un filtro percolatore anziché della tecnologia a fanghi attivi.

PCA di contaminanti organici di fanghi di depurazione. a) mappa a fattori individuali; b) mappa a fattori variabili.

a

b B

A

C


182

LA RICERCA APPLICATA

CONCLUSIONI SULLA CARATTERIZZAZIONE DI FANGHI DI DEPURAZIONE Lo screening di analisi dei fanghi di depurazione dei campioni dell’Acquedotto Poiana ha evidenziato una rispondenza di tali campioni ai valori limite previsti dal “W.d.s.” sia per i parametri di tipo agronomico sia per gli indicatori di inquinamento (metalli pesanti e microinquinanti organici) e ha quindi confermato una buona idoneità di tale matrice per l’applicazione al suolo e per il compostaggio, sia in un’ottica di medio (2015) che di lungo periodo (2025). In termini più generali lo studio ha confermato che fanghi di depurazione prodotti da impianti di piccola scala, che trattano per lo più acque di scarico domestiche o urbane provenienti da un’area contraddistinta da un’economia per lo più rurale, risultano idonei all’utilizzo in agricoltura e possono rappresentare una risorsa preziosa quanto a N e micronutrienti, sempre nel rispetto dei quantitativi previsti per legge. Il livello di contaminazione di fanghi di depurazione prodotti da piccoli impianti di trattamento acque reflue o da acque di scarico pretrattate di origine industriale risulta basso e non rappresenta pertanto una possibile limitazione per il loro utilizzo diretto al suolo o per la produzione di compost. Il rispetto dei valori limite definiti dal “W.d.s.” assicura una migliore percezione da parte dell’opinione pubblica della pratica di spandimento al suolo di fanghi di depurazione e potrebbe garantire lo sviluppo di strategie di gestione localmente accettate. Oltre ad incrementare la sicurezza per la salute e ad eliminare problemi e vincoli connessi con l’applicazione diretta di fanghi di depurazione, il compostaggio potrebbe rappresentare una conveniente strategia alternativa per stimolare l’abbattimento della concentrazione di contaminanti organici quali, ad esempio i LAS, inquinanti facilmente degradabili tramite processi aerobici.

LA CARATTERIZZAZIONE DEI SUOLI INTERESSATI DA APPORTI CONTINUI E RIPETUTI Visti gli apporti al suolo consistenti e continui di fanghi di depurazione si è ritenuto interessante studiare le caratteristiche dei terreni interessati dallo spandimento rispetto a dei controlli e tentare la valutazione dello stato raggiunto di contaminazione da metalli pesanti, nonostante siano previste periodiche caratterizzazioni delle matrici e il rispetto dei valori limite.

Caratterizzazione chimico-fisica dei campioni di terreno Per quanto riguarda la tessitura i terreni analizzati rientrano nella seguenti classi tessiturali (tabella X): franco (A, AC, S, C, CC, P, e PC); franco limoso (M e MC); franco limoso argilloso (SC). Tutti i campioni esaminati hanno un pH tendenzialmente neutro-subalcalino (tabella XI). Il contenuto in calcare totale è molto variabile, anche tra campione trattato con fango e relativo controllo. In base a questo parametro i terreni possono essere classificati come: terreni non calcarei (< 25 g kg–1: A, SC, C, P e PC) terreni lievemente calcarei (25 ÷ 90 g kg–1: S e CC); terreni mediamente calcarei (91 ÷ 180 g kg–1: AC, M e MC). La tabella XII riporta le concentrazioni di metalli totali rilevate nei suoli. Da confronto con i valori massimi di concentrazione di metalli pesanti nei suoli agricoli destinati all’utilizzazione dei fanghi di depurazione, riportati nel D.Lgs. 99/1992 (allegato I A), si osserva una generale inferiorità a tali limiti, segnalando però gli sforamenti del campione A rispetto al valore consentito per il Cd (1,5 mg kg–1) e dei campioni A e SC nei confronti del limite imposto per il Ni (75 mg kg–1). Tabella X. Tessitura dei terreni analizzati.

Campione A AC S SC C CC P PC M MC

Uso del suolo medica medica mais prato colza mais mais frumento frumento mais

Sabbia [%] 31 47 35 20 43 41 26 30 28 19

Limo [%] 43 35 40 45 37 35 49 47 59 54

Argilla [%] 26 18 25 35 20 24 25 23 13 27

Tabella XI. Contenuto in calcare totale e pH dei terreni analizzati. *ND: non determinato

Campione A AC S SC C CC P PC M MC

Uso del suolo medica medica mais prato colza mais mais frumento frumento mais

pH 7,77 7,69 7,76 7,82 7,58 7,63 7,28 7,41 7,47 7,58

CaCO3 CSC [g kg–1] [meq 100 g–1] 18 24,3 124 ND* 61 31,9 20 ND 20 34,9 85 ND 15 31,0 10 ND 94 ND 105 ND


LA RICERCA APPLICATA

183

Campione

As

Cd

Cr

Cu

Fe

Mn

Ni

Pb

Zn

A

39,0 ± 2,4 36,7 ± 2,2 32,5 ± 1,5 34,0 ± 3,0 36,0 ± 1,4 35,3 ± 1,9 34,6 ± 3,3 34,5 ± 4,5 37,5 ± 2,3 35,5 ± 0,1

2,29 ± 0,05 1,49 ± 0,09 1,33 ± 0,09 1,32 ± 0,03 1,21 ± 0,10 0,96 ± 0,07 0,92 ± 0,03 0,99 ± 0,03 1,29 ± 0,03 1,26 ± 0,10

97,6 ± 15,0 66,1 ± 7,4 62,1 ± 5,1 99,3 ± 2,4 71,3 ± 6,0 54,0 ± 7,2 46,2 ± 0,5 37,9 ± 3,5 49,8 ± 4,8 44,4 ± 4,3

47,1 ± 0,1 39,1 ± 1,2 30,0 ± 2,1 35,8 ± 0,4 51,2 ± 3,0 39,2 ± 1,8 32,6 ± 0,5 26,8 ± 0,5 44,1 ± 0,1 30,1 ± 1,2

32640 ± 569 20820 ± 384 23492 ± 634 30413 ± 576 24486 ± 925 23009 ± 1099 24408 ± 103 22983 ± 413 24270 ± 547 26351 ± 599

2328 ± 17 1597 ± 73 1690 ± 208 960 ± 129 946 ± 47 923 ± 61 924 ± 26 910 ± 45 1130 ± 15 1250 ±5

101,5 ± 1,8 67,5 ± 1,3 71,0 ± 3,1 97,6 ± 2,4 65,2 ± 1,9 62,3 ± 3,6 51,3 ± 0,3 45,3 ± 1,64 66,0 ± 2,3 63,0 ± 2,5

53,9 ± 0,7 48,4 ± 0,7 31,7 ± 1,7 28,0 ± 1,3 48,8 ± 2,4 29,1 ± 1,9 37,8 ± 0,6 35,7 ± 0,9 38,0 ±0,9 30,1 ± 0,4

109,5 ± 2,7 83,0 ± 1,5 65,9 ± 0,1 89,2 ± 2,3 166,6 ± 10,3k 72,6 ± 4,4 75,3 ± 1,3 68,1 ± 2,6 144,9 ± 2,1 80,6 ± 3,9

AC S SC C CC P PC M MC

Tabella XII. Concentrazione dei metalli totali nei terreni analizzati espressi in mg kg–1 s.s.

– suolo M: differenza sensibile di concentrazione tra trattato e controllo rilevata per lo Zn (144,9 mg kg–1 contro 80,6 mg kg–1). Per quanto riguarda i valori di Zn e Pb nel confronto tra il suolo M e MC la concentrazione di entrambi i metalli è maggiore nel terreno che ha ricevuto fanghi (M), con una differenza pari a circa il 21% (Pb) e il 44% (Zn) delle rispettive concentrazioni determinate per il campione trattato. La coppia S-SC presenta un trend opposto rispetto alle altre quattro coppie di campioni, manifestando per molti metalli un valore maggiore di concentrazione nel controllo rispetto al trattato. Dall’analisi dei risultati relativi alla determinazione del contenuto in C organico (tabella XIII) emerge

Soffermandosi sul confronto tra il campione che ha ricevuto fanghi e rispettivo controllo, si riscontra per molti metalli un valore di concentrazione più elevato nel suolo che ha ricevuto fanghi. Tale differenza nella maggior parte dei casi ammonta solo ad alcuni mg kg–1 e rientra nel normale intervallo di variabilità spaziale di questi parametri, ad eccezione dei seguenti campioni, per i quali la differenza di concentrazione è risultata maggiore al 40% rispetto al suolo di controllo: – suolo C: differenze sensibili di concentrazione tra trattato e controllo rilevate per il Pb (48,8 mg kg–1 contro 29,1 mg kg–1) e per lo Zn (166,6 mg kg–1 contro 72,6 mg kg–1); Tabella XIII : Carbonio organico, azoto totale e rapporto C/N nei terreni analizzati.

Campione

Uso del suolo

C organico[g kg–1]

N totale[g kg–1]

C/N

A AC S SC C CC P PC M MC

medica medica mais prato colza mais mais frumento frumento mais

18,1 ± 3,0 20,3 ± 2,1 10,9 ± 2,5 8,9 ± 0,4 14,6 ± 2,1 8,2 ± 1,1 15,5 ± 0,8 9,8 ± 2,8 13,5 ± 1,6 8,5 ± 1,1

1,9 ± 0,2 2,3 ± 0,7 1,2 ± 0,2 1,0 ± 0,1 1,3 ±0,1 0,9 ±0,2 1,6 ± 0,1 0,9 ± 0,2 1,3 ± 0,4 1,0 ± 0,2

9,5 8,8 9,1 8,9 11,2 9,1 9,7 10,9 10,4 8,5


184

LA RICERCA APPLICATA

che tale contenuto rientra nei valori normali per i terreni agrari e varia da un minimo di 8,2 g kg–1 del campione CC a un massimo di 20,3 g kg–1 riscontrato nel terreno AC. I valori di concentrazione nei campioni che hanno ricevuto fanghi di depurazione sono generalmente maggiori rispetto a quelli determinati nei campioni di controllo, ad eccezione della coppia A-AC, per la quale il controllo presenta un valore di C organico leggermente superiore. Il contenuto di N totale varia da un minimo di 0,9 g kg–1 dei campioni CC e PC a un massimo di 2,3 g kg–1 riscontrato nel terreno AC e come per il C organico rientra nei valori normali per i suoli agricoli. Il contenuto di C organico e N totale sono stati utilizzati nel calcolo del rapporto C/N, impiegato per quantificare il grado di umificazione della sostanza organica nel terreno. I terreni con un rapporto C/N compreso tra 8 e 12 si caratterizzano per un sostanziale equilibrio tra mineralizzazione e umificazione; per valori superiori a 12 prevalgono i processi di umificazione della sostanza organica, mentre in terreni con un rapporto inferiore a 8 la sostanza organica viene rapidamente mineralizzata. Per tutti i terreni analizzati il rapporto C/N rientra nell’intervallo 8-12 (tabella XIII); si tratta quindi di suoli dotati di sostanza organica ben umificata, in grado di garantire un rilascio di nutrienti costante nel tempo. Dal confronto statistico, attraverso il Paired t-test dei valori medi calcolati per i terreni che hanno ricevuto fanghi e dei valori medi dei controlli, emerge che rispetto ai tre parametri la differenza tra campioni trattati e rispettivi controlli non è statisticamente significativa per l’N totale e il rapporto C/N, mentre lo è per il contenuto in C organico (P < 0,05).

Caratterizzazione biologica Dall’analisi biologica dei dati ottenuti, si osserva che il contenuto in carbonio della biomassa microbica varia in un intervallo compreso tra 105 μg g–1, valore minimo registrato nel campione CC, e 561 μg g–1, determinato per il terreno AC. Dal confronto tra campione che ha ricevuto fanghi e rispettivo controllo emerge in genere un maggior contenuto di biomassa microbica nel campione trattato, ad eccezione della coppia A-AC, per la quale il controllo presenta un valore di Bc superiore. La differenza in contenuto di carbonio microbico osservata tra le diverse coppie di campioni è variabile tra il valore minimo della coppia S-SC pari a 57 μg g–1 e il valore massimo dei campioni M-MC, pari a 238 μg g–1. Il carbonio organico totale e quello della biomassa microbica costituiscono dei fattori chiave nella valutazione della qualità del suolo e vengono correlati assieme attraverso il calcolo del quoziente microbico (Bc/Corg),

Carbonio della biomassa microbica dopo 9 giorni di incubazione dei terreni analizzati.

espresso in termini di percentuale di biomassa microbica rispetto al contenuto in carbonio organico totale e considerato un buon indicatore della disponibilità di substrato per la microflora o, al contrario, della frazione di sostanza organica recalcitrante nel suolo. La quantità di biomassa microbica del suolo rispecchia normalmente il contenuto di sostanza organica nel suolo, con un rapporto Bc/Corg generalmente compreso tra l’1 e il 3%. Dal calcolo dei quozienti microbici (tabella XIV) si ottengono, per la maggior parte dei campioni, valori prossimi al 2%, indicativi di un’incidenza media della popolazione microbica sul totale del carbonio organico del suolo. Si sottolinea il valore basso (1,3%) del dato riferito al campione CC (parcella coltivata a mais), sintomatico di una situazione di alterazione dell’equilibrio della comunità microbica nei confronti della sostanza organica presente nel suolo. I campioni AC, M e MC, invece, presentano un quoziente microbico elevato, prossimo al 3%, che nel campione M (parcella sperimentale coltivata a frumento) raggiunge il 3,7%. Il Paired t-test stabilisce che la differenza tra campioni che hanno ricevuto fanghi e relativi controlli non è statisticamente rilevante sia per quanto riguarda il contenuto in carbonio della biomassa microbica sia per il rapporto Bc/Corg.

Tabella XIV. Quoziente microbico calcolato per i terreni analizzati.

Campione

Uso del suolo

Bc /Corg [%]

A AC S SC C CC P PC M MC

medica medica mais prato colza mais mais frumento frumento mais

1,9 2,8 2,2 2,1 1,5 1,3 1,7 1,7 3,7 3,1


LA RICERCA APPLICATA

L’attività microbica è stata determinata attraverso la misura della quantità di CO2 prodotta nell’ossidazione della sostanza organica, durante un periodo di incubazione di 9 giorni. Il Paired t-test non ha evidenziato differenze statisticamente significative nella produzione giornaliera di CO2 tra i campioni che hanno ricevuto fanghi e i campioni di controllo.

185

Dal confronto dei campioni a coppie rispetto ai quozienti di mineralizzazione (tabella XV) emerge che la velocità di mineralizzazione media nei campioni che hanno ricevuto fanghi è sempre inferiore del valore ottenuto per il rispettivo controllo. Il Paired t-test realizzato sui valori medi del quoziente di mineralizzazione calcolati per i terreni che hanno ricevuto fanghi e dei valori medi dei controlli conferma che tale differenza è statisticamente significativa (P < 0,05). L’attività di mineralizzazione maggiore si riscontra nei terreni S, SC, CC, M e MC, con valori di qM superiori all’1%.

L’effetto della distribuzione dei fanghi sulle caratteristiche chimico-fisiche dei suoli

CO2 prodotta giornalmente dalla biomassa microbica.

Partendo dal dato ottenuto per la respirazione del suolo è stato calcolato il quoziente di mineralizzazione: qM (%) = (μg C-CO2 cumulato/μg Corg) • 100 indicante la frazione del carbonio organico totale mineralizzato a CO2 nel periodo d’incubazione, fornendo quindi informazioni sulla capacità del suolo di accumulare o disperdere C organico. Valori più elevati di respirazione si traducono in valori più alti dell’indice qM e possono essere associati a una notevole produttività del sistema, a un’elevata disponibilità alla mineralizzazione del C organico oppure all’instaurarsi di condizioni sfavorevoli per la comunità microbica, che in condizioni di stress consuma più energia per il mantenimento, dissipando una maggiore frazione di carbonio organico.

Tabella XV. Quoziente di mineralizzazione.

Campione

Uso del suolo

qM [%]

A AC S SC C CC P PC M MC

medica medica mais prato colza mais mais frumento frumento mais

0,47 0,66 1,06 1,17 0,66 1,13 0,59 0,73 1,03 1,19

L’apporto di fanghi di depurazione potrebbe modificare sensibilmente il pH del terreno, soprattutto in suoli con un limitato potere tampone, in funzione della natura acida o alcalina del materiale distribuito al terreno. Tutti i campioni analizzati presentavano un comportamento neutro-subalcalino e non si sono osservate differenze significative tra campioni trattati con fango e i rispettivi controlli. Questa caratteristica potrebbe essere attribuita alla buona capacità tamponante dei suoli in esame, dovuta alla presenza di carbonati. Per quanto riguarda il contenuto in C organico si è osservata una differenza significativa tra terreni che hanno ricevuto fanghi e i rispettivi controlli, con valori di concentrazione generalmente superiori nei campioni di suolo trattati con fanghi, ad eccezione della coppia A-AC, per la quale può aver influito il fatto di non ricevere più fanghi dal 2003 oppure una diversa gestione agronomica dei due suoli. L’aumento di C organico in seguito all’apporto dei fanghi è stato osservato in molti studi ed è associato all’elevato contenuto in sostanza organica dei fanghi (in media 50% s.s.). I dati riferiti al contenuto di N totale e al rapporto C/N per i suoli soggetti a spandimenti non differiscono significativamente dai controlli e rientrano nei valori ritenuti normali per i suoli agricoli, facendo supporre che l’apporto di fanghi non abbia generato uno squilibrio tra i processi di mineralizzazione e umificazione a carico della sostanza organica del suolo. Le concentrazioni totali di metalli pesanti rilevate nei suoli sono risultate generalmente inferiori ai limiti di legge, sebbene per molti metalli i valori maggiori siano stati riscontrati nei suoli che hanno ricevuto fanghi. I fanghi, essendo il prodotto dei processi di depurazione delle acque, possono contenere concentrazioni anche elevate di metalli pesanti e l’utilizzo in agricoltura può rappresentare una fonte di immissione nell’ambiente. Tuttavia l’effettivo accumulo di metalli da parte dei suoli è da relazionare soprattutto alla concentrazione nei fanghi apportati e alle dosi di utilizzo. Le caratteristiche


186

LA RICERCA APPLICATA

chimico-fisiche intrinseche dei suoli sono in grado di influenzarne la mobilità e l’eventuale assimilabilità da parte delle componenti microbiche e vegetali. Alcune ricerche hanno dimostrato che in siti sperimentali del Regno Unito la persistenza di metalli (Cd, Ni, Zn, Cu e Pb) immessi attraverso l’apporto di fanghi di depurazione è osservabile anche a distanza di cinque anni dagli apporti e che gli effetti derivanti dall’esposizione a concentrazioni tossiche di metalli sulla popolazione microbica sono risultati evidenti anche trascorsi 20 anni dall’ultima distribuzione del fango. Inoltre, altri studi hanno dimostrato che i limiti massimi di concentrazione imposti dalla direttiva 86/278/CEE per diversi metalli sono inadeguati e necessitano un processo di revisione, in quanto per alcuni microrganismi, anche di notevole importanza agronomica come il genere Rhizobium, condizioni di tossicità si possono instaurare già a concentrazioni molto inferiori al limite di legge.

Effetto della distribuzione dei fanghi sulle caratteristiche biologiche dei suoli La determinazione della biomassa microbica rappresenta un buon indicatore di qualità del suolo, essendo i microrganismi direttamente coinvolti nel ciclo dei nutrienti. Confrontando i campioni di suolo che hanno ricevuto fanghi con i rispettivi controlli si osserva generalmente un maggiore contenuto di biomassa microbica nel campione trattato con fanghi, ad eccezione della coppia A-AC, per la quale, come per il C organico, il controllo presenta un valore significativamente superiore di Bc. La maggiore differenza nel contenuto di C microbico tra le diverse coppie di campioni è stata osservata nel confronto tra il campione di suolo prelevato nella parcella sperimentale in cui sono state applicate dosi molto elevate di fanghi (M) e il relativo controllo (MC), a conferma dell’effetto positivo svolto dai fanghi non contaminati nei confronti della biomassa microbica. Diversi studi hanno dimostrato l’effetto positivo sulla comunità microbica generato dallo spandimento dei fanghi di depurazione e l’esistenza di una relazione di proporzionalità tra il contenuto in biomassa del suolo e la dose di fango applicata. Infatti grazie alla peculiarità delle loro caratteristiche chimico-fisiche, i fanghi rappresentano un ottimo substrato prontamente disponibile per la crescita di molti microrganismi. In altri studi è stata invece osservata un’azione inibitoria sull’attività microbica legata all’apporto di fanghi con un alto tenore in metalli pesanti e altri contaminanti tossici per i microrganismi. Come già discusso nel punto precedente i terreni analizzati in questo lavoro si caratterizzano per un contenuto relativamente basso di metalli pesanti. Inoltre diversamente da Chander e Bro-

okes (1991) e Khan e Scullion (2000), che hanno condotto uno studio su terreni sperimentali arricchiti con fanghi contaminati artificialmente mediante l’addizione di sali di metalli pesanti, nel presente lavoro questa prima fase di caratterizzazione biologica è stata effettuata su terreni che hanno ricevuto direttamente fanghi di risulta dai processi di depurazione dei reflui, senza ulteriore modifica delle loro caratteristiche chimiche. Si può quindi affermare che i risultati ottenuti per il calcolo di Bc sono in linea con le evidenze emerse in studi condotti su terreni arricchiti con fanghi non contaminati. Chander e Brookes (1991) hanno proposto l’utilizzo del quoziente microbico (Bc/Corg) come indice nella valutazione dell’instaurarsi di condizioni sfavorevoli alla crescita microbica. Nel confronto del quoziente microbico dei suoli che hanno ricevuto fanghi e dei rispettivi controlli non sono emerse differenze significative, facendo supporre che lo spandimento di fanghi non abbia modificato l’incidenza della popolazione microbica sul totale del C organico del suolo. Nella misura della respirazione microbica del suolo non sono emerse differenze significative tra i campioni che hanno ricevuto fanghi e i controlli. Il calcolo del quoziente di mineralizzazione (qM), considerato un buon indicatore dell’efficienza microbica nel processo di mineralizzazione, ha messo in evidenza velocità di mineralizzazione sempre inferiori nei campioni che hanno ricevuto fanghi, suggerendo l’ipotesi che l’apporto di fanghi conferisca al suolo una maggior capacità di accumulo della frazione di C organico. Anche Wong et al. (1998) hanno osservato diminuzioni del quoziente di mineralizzazione proporzionali alla quantità di fanghi ricevuta dai terreni e attribuibili al fatto che la capacità di degradazione microbica non è spesso sufficiente a sostenere i notevoli incrementi di sostanza organica che l’apporto di fanghi potrebbe generare nel suolo.

Valutazione dello stato di contaminazione dei suoli interessati da apporti continui e ripetuti di fanghi di depurazione Tale rielaborazione rappresenta una novità rispetto a quanto è stato finora imposto dai dettami del D.Lgs. 99/92 in materia di fanghi di depurazione; viene, infatti, proposta una valutazione dello stato di contaminazione del suolo tramite la valutazione della quantità di metalli pesanti apportati annualmente per ettaro. Si tratta di ulteriore approfondimento rispetto all’analisi della concentrazione dei metalli pesanti nel suolo prevista per legge (tabella XVI): la parcella è stata interessata per 8 anni da applicazioni continue e ripetute di fanghi di depurazione e dall’osservazione dei dati ottenuti emerge una sostanziale rispondenza ai parametri di legge previsti sia dalla normativa italiana sia dal “W.d.s.”.


LA RICERCA APPLICATA

Parcella tipo 1

Analisi 2008

D.Lgs. 99/92

W.d.s.

Zn Cd Cr Hg Ni Pb Cu

121 0,6 0,01 <0,1 41 37 35

300 1,5 1* 1 75 100 100

200 1,5 100 1 70 100 100

Tabella XVI. Valori di concentrazione dei metalli pesanti (espressi come mg/kg s.s.) in una parcella tipo. *Il D.Lgs. 99/92 stabilisce che suoli sottoposti al test di Bartlett e James che producano quantità uguali o superiori a 1 µM di CrVI non possono ricevere fanghi contenenti cromo.

Risulta più interessante osservare la variazione nella concentrazione di alcuni metalli pesanti in una stessa parcella dal 2001 al 2008 (tabella XVII): come previsto si osserva un trend crescente che nel caso del Cd e del Ni supera il valore limite di concentrazione previsto. Occorre precisare che le analisi sono state effettuate da due diversi laboratori e che i margini di errore in fase di determinazione sono stati impostati sul 25%.

Parcella tipo 2 Zn Cd Ni Pb Cu

Analisi 2001 50 1,0 29 33 20

Analisi 2008 109,5 2,29 101,5 53,9 47,1

187

D.Lgs. 99/92 W.d.s. 300 1,5 75 100 100

200 1,5 70 100 100

Tabella XVII. Confronto tra analisi effettuate prima e dopo applicazioni ripetute di fanghi di depurazione.

Come si è anticipato, il “W.d.s.” fornisce un’ulteriore possibilità di indagine dello stato di contaminazione del suolo considerando la quantità di metalli pesanti apportabile annualmente per ettaro. È stata calcolata la quantità di metalli pesanti apportati alla singola parcella considerando la composizione media del fango e i singoli conferimenti. I quantitativi apportati rientrano abbondantemente nei limiti previsti dal “W.d.s.”, sia per l’anno 2000 che per le previsioni a breve (2015) e lungo periodo (2025). Tali previsioni possono essere effettuate considerando che gli impianti di depurazione risultano contraddistinti da un determinato e definito livello di inquinamento. Dai dati rielaborati e rappresentati emerge attualmente una buona rispondenza dei suoli ai valori suggeriti dal “W.d.s.”.

Valutazione dei quantitativi di Cd apportati annualmente alle singole parcelle e confronto con i valori limite previsti dal “W.d.s.”.


188

LA RICERCA APPLICATA

Valutazione dei quantitativi di Ni apportati annualmente alle singole parcelle e confronto con i valori limite previsti dal “W.d.s.”.

Conclusioni sulla caratterizzazione dei suoli interessati da apporti continui di fanghi di depurazione Il lavoro sperimentale realizzato ha fornito dei dati sulla base dei quali è stato possibile valutare come lo spandimento di fanghi di depurazione su terreni agricoli possa aver influito su alcune caratteristiche chimiche e biochimiche dei suoli. Dal confronto tra suoli che hanno ricevuto fanghi e rispettivi controlli è stato osservato: – un contenuto di C organico generalmente maggiore nei campioni di suolo trattati con fanghi di depurazione; – valori di concentrazione di metalli totali in genere conformi ai limiti massimi imposti dal D.Lgs. 99/1992 e tendenzialmente maggiori nei suoli che hanno ricevuto fanghi, con differenze più rilevanti per lo Zn e il Pb; – un contenuto di biomassa microbica generalmente maggiore nei campioni di suolo trattati con fanghi. Sulla base di queste evidenze si può supporre che nei terreni analizzati lo spandimento di fanghi di depurazione abbia contribuito, incrementando il contenuto di

sostanza organica, a un miglioramento della fertilità dei terreni e a favorire lo sviluppo della biomassa microbica. Per quanto riguarda la valutazione dell’effettivo stato di contaminazione dei terreni da metalli pesanti apportati in maniera continua mediante l’applicazione al suolo di fanghi di depurazione è evidente come siano necessarie ulteriori indagini sperimentali basate su rilievi analitici precisi e sistematici del sistema suolo: oltre all’utilizzo di norme standardizzate, sia nella fase di campionamento che in quella di determinazione, serve un’identificazione univoca e precisa della parcella interessata dall’applicazione. A partire da tali evidenze sarà possibile garantire maggior sicurezza alla pratica dello spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura e definire quantitativi e recapiti finali in modo da limitare fenomeni di inquinamento da metalli pesanti. Occorre però considerare che i valori limite suggeriti dal “W.d.s.” risalgono ormai ad una decina di anni fa e che nel frattempo le pratiche di applicazione dei fanghi di depurazione in agricoltura sono state effettuate senza sostanziali modifiche o controlli.


LA RICERCA APPLICATA

CONCLUSIONI L’analisi dei fanghi di depurazione dei campioni dell’Acquedotto Poiana ha evidenziato una discreta rispondenza ai valori limite previsti dal “W.d.s.” sia per i parametri di tipo agronomico sia per gli indicatori di inquinamento (metalli pesanti e microinquinanti organici) e ha quindi confermato una buona idoneità di tale matrice per l’applicazione al suolo e per il compostaggio, sia in un’ottica di medio (2015) che di lungo periodo (2025). L’indagine ha preso in considerazione anche il sistema suolo: sono state valutate sia la tipologia sia l’entità degli effetti di apporti continui e ripetuti di fanghi di depurazione. Sulla base di dati storici si è, invece, proposta una determinazione dell’attuale stato di contaminazione di alcune parcelle di suolo. Lo studio non ha evidenziato particolari criticità e si è rilevata una sostanziale rispondenza dei suoli considerati ai limiti di concentrazione previsti dal “W.d.s.” per i metalli pesanti. L’indagine effettuata si contraddistingue per il carattere innovativo a livello regionale e si propone di applicare un protocollo condiviso migliorativo dell’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura. Lo studio ha permesso di evidenziare le principali criticità connesse con il trattamento di fanghi di depurazione provenienti dalla depurazione di acque reflue domestiche e urbane. In considerazione dei risultati raggiunti la soluzione più auspicabile ed economica sembra concretizzarsi nell’applicazione al suolo di tale matrice. In tale ottica e ai fini della salvaguardia ambientale dovrebbero essere potenziate e migliorate le operazioni di verifica e controllo sull’idoneità del fango di depurazione e sul reale stato di contaminazione del suolo. L’indagine sulla qualità dei fanghi di depurazione svolta presso gli impianti dell’Acquedotto Poiana SpA si vuole porre come base conoscitiva di partenza per scelte di carattere gestionale e piani d’azione di valenza regionale. Si prevede di effettuare un’indagine cognitiva finalizzata al monitoraggio dello stato attuale dell’attività di depurazione nella Regione Friuli Venezia Giulia e in particolare nella Provincia di Udine. Risulta necessario valutare la bontà della qualità dei fanghi di depurazione perché non siano presenti sostanze tossico nocive (pericolose in generale ai sensi del D.Lgs. 152/2006 e succ. modifiche ai sensi del D. Lgs. 4/2008) o che comunque rispettino i valori limite di concentrazione previsti. Sulla base delle considerazioni che si potranno evincere dall’osservazione ed elaborazione dei dati raccolti si potranno stabilire i parametri di base da monitorare. Attualmente in Provincia di Udine si hanno delle indicazioni conoscitive solo sulla base delle indagini effettuate per l’Acquedotto Poiana SpA, effettuate sulla base dei dettami del W.d.s. per quanto riguarda i composti

189

organici e il cromo. Pertanto, fatti salvi i problemi legati alla tossicità dei composti derivanti dai processi produttivi, considerando le indicazioni del W.d.s. per quanto concerne i composti organici e ferme restando le disposizioni di legge per le quali le sostanze tossico nocive ricadono in quelle pericolose, e quindi nella disciplina dei rifiuti, l’utilizzazione dei fanghi di depurazione deve tener conto di uno screening analitico di base che tenga conto delle indicazioni del D.Lgs. 99/92 con delle aggiunte tratte dal “W.d.s.”. Nella tabella XVIII sono presentati i parametri da monitorare (tutti i riferimenti del D.Lgs. 99/92, integrati dalle specifiche introdotte dal “W.d.s.” e che appaiono evidenziate in tabella) e la specifica dei laboratori che si occuperanno delle analisi. Per quanto riguarda lo screening da effettuare occorre considerare i seguenti aspetti: – decidere se effettuarlo per impianti con potenzialità superiore a 5.000 “abitanti equivalenti” (un criterio di scelta potrebbe essere rappresentato dalla distribuzione di frequenza degli impianti); Tabella XVIII. Tabella di riferimento per il protocollo generale di indagine sui fanghi di depurazione.

Parametri da analizzare:

Laboratori coinvolti nell’analisi

Sostanza Secca pH Grado Umificazione P K N C Salmonelle METALLI PESANTI Cd Cr Cu Hg Ni Pb Zn COMPOSTI ORGANICI AOX = TOX = somma dei composti organici alogenati LAS = linear alchil benzen sulfonati DEHP = Di (2 – etilesil) ftalato NPE = nonilfenoli e nonilfenoli mono e di-etossilati IPA = idrocarburi policiclici aromatici PCB = bifenili policlorinati PCDD/F = dibenzodiossine e dibenzofurani policlorinati

DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA / Gaia-Friul Lab DCFA DCFA / Gaia DCFA / Gaia DCFA / Gaia DCFA / Gaia DCFA / Gaia ARPA Fvg


190

LA RICERCA APPLICATA

Elemento

Cd Cr Cu Hg Ni Pb Zn

Direttiva 86/278/CEE 150 – 12.000 100 3.000 15.000 30.000

D.Lgs. 99/1992

Valore limite di concentrazione (g/ha/y) W.d.o.s. Odierno Medio termine (2015) 30 15 3.000 2.400 3.000 2.400 30 15 900 600 2.250 1.500 7.500 6.000

Lungo termine (2025) 6 1.800 1.800 6 300 600 4.500

Tabella XIX. Confronto tra valori limite di concentrazione di metalli pesanti applicabili annualmente al suolo, basati su una media di dieci anni.

– stabilire se aggiungere dei parametri qualora il monitoraggio effettuato in un arco temporale di 2-3 anni evidenzi che i valori di concentrazione ottenuti superino per il 50-70% il valore limite di concentrazione previsto dal “W.d.s.”. Si suggerisce di analizzare le tipologie di fanghi di depurazione più significativi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue della Provincia di Udine. Per quanto riguarda l’applicazione dei fanghi di depurazione al suolo si suggerisce di valutare l’effettiva concentrazione al suolo di metalli pesanti apportata nell’ultimo decennio in termini di grammi di metalli pesanti apportati per ha e per anno e di confrontare i dati ottenuti con il limite massimo di fango di depurazione apportabile al suolo nel triennio (15 tonnellate nel triennio secondo le indicazioni del D.Lgs. 99/1992): in tal modo sarà possibile constatare lo stato dei suoli rispetto a quanto previsto dal “W.d.s.” nel medio e lungo periodo ed individuare idonee strategie di utilizzo dei fanghi di depurazione con previsioni a medio e lungo termine.

IL PROGETTO PILOTA PER LA REALIZZAZIONE DELL’AMMENDANTE COMPOSTATO MISTO Dopo la prima fase di verifica sui fanghi e sui terreni utilizzati per lo smaltimento dei fanghi e di analisi dei risultati cui si è giunti, ora stiamo predisponendo all’interno del depuratore di via degli Abeti a Cividale del Friuli, un impianto pilota per la produzione di ammendante compostato misto con utilizzo del verde della piazzetta ecologica comunale. In sostanza, l’obiettivo è valorizzare uno scarto di processo trasformandolo in una risorsa commerciabile. L’idea di realizzare l’impianto all’interno delle strutture del depuratore nasce dall’esigenza di utilizzare un sistema preesistente e di poter localizzare in un unico impianto diverse attività di trattamento e recupero. Il progetto prevede la realizzazione di un reattore biologico in un letto di essicamento esistente secondo

le previsioni progettuali e sfruttando le tecnologie già presenti nel depuratore: insufflazione di aria, scarico di eventuali reflui, comparti a tenuta idraulica, facile movimentazione delle materie prime e dei prodotti. Il prodotto finale (ammendante compostato misto) verrà analizzato e sarà verificata la rispondenza ai parametri di legge (D.Lgs. 75/10).

Bibliografia E.BELLINA, Metano-ossidazione in terreni soggetti a distribuzione di fanghi di depurazione, Tesi di laurea, Università degli Studi di Udine, 2009. C.B. RIZZARDINI, D. GOI, I fanghi di depurazione: un rifiuto recuperabile? Caratterizzazione, aggiornamenti, e nuove prospettive, tratto da Smaltimento dei rifiuti solidi urbani (stato attuale – tecnologie – gestione) di D. GOI, F. CONTI, 2008, CISM. C.B. RIZZARDINI, D. GOI, European Directives and Italian Regulation on Sludge from Municipal Wastewater Treatment Plants: Current Status and Future Prospective, in «The Open Waste Management Journal», 2009, 2, pp. 17-26. C.B. RIZZARDINI, M. CONTIN, M. DE NOBILI, A. PATRIARCA, D. GOI, Small scale co-composting plants to recycle sewage sludge and green waste, «Proceedings of Waste-to-Resources» 2009, III International Symposium MBT amd MRF, Mechanical biological waste treatment and material recovery facilities, Matthias Kuehle-Weidemeier Ed., 12-15 Mai 2009, Hanover, Germany, pp. 560-564, (2009), ISBN: 978-3-86727-956-7. C.B. RIZZARDINI, M. CONTIN, M. DE NOBILI, D. GOI, Il recupero dei fanghi di depurazione prodotti da impianti di trattamento delle acque reflue, in «Rassegna Tecnica del FVG», 5/2010, pp. 36-39. C.B. RIZZARDINI, D. GOI, Recuperabilità dei fanghi di depurazione, IAIngegneria Ambientale, (2010), XXXIX (7-8), pp. 380-383. C.B. RIZZARDINI, Valorizzazione di fanghi di depurazione come ammendante compostato misto, Tesi di Dottorato di Ricerca in Tecnologie Chimiche ed Energetiche, Università degli Studi di Udine (XXIV ciclo), 2011. C.B. RIZZARDINI, M. CONTIN, M. DE NOBILI, D. GOI, Sewage sludge quality from small wastewater treatment plants, «Proceedings of the ICE - Waste and Resource Management» (2012), 165, pp. 67-78, ISSN: 1747-6526, doi: 10.1680/warm.2012.165.2.67.


LA RICERCA APPLICATA

191

Schema di flusso del processo dell’impianto pilota per la realizzazione di ammendante compostato misto.



LA RICERCA APPLICATA

RICERCHE SULLA DISINFEZIONE DELLE ACQUE REFLUE CON ACIDO PERACETICO

193

su un impianto di depurazione con potenzialità vicina ai 2000 abitanti equivalenti (a.e.). Anche in questa fase, è stata studiata la tossicità residua presente nelle acque trattate e gli effetti nelle acque del corpo ricettore dello scarico depurato.

di Claudio Franci, Paolo Dreossi L’entrata in vigore nel 1999 del testo unico sulle acque (decreto legislativo 3 aprile 1999, n. 152 successivamente modificato nell’anno 2000 con il D.Lgs. n. 258), relativamente al controllo delle acque reflue in uscita dai depuratori ha modificato i limiti ed i controlli sui parametri microbiologici, rispetto alla precedenti legge Merli del 1976 ed ha, nel contempo, introdotto sia l’obbligo di eseguire un trattamento di disinfezione sui reflui allo scopo di contenere le cariche microbiologiche entro determinati limiti, sia di eseguire saggi ecotossicologici sugli stessi per verificare la presenza di eventuali composti tossici per l’ambiente acquatico. I disinfettanti più utilizzati sino ad oggi sono di tipo chimico o fisico. I disinfettanti chimici in genere sono costituiti da sostanze ossidanti (Cloro e Ozono), che hanno un’azione biocida, ma con potenziale formazione di sottoprodotti di disinfezione (DBE) che possono essere tossici e/o cancerogeni per l’uomo e per gli organismi acquatici (es. mono-di-tri clorammine). L’alternativa all’utilizzo dei disinfettanti chimici è costituita dalle radiazioni UV il cui rendimento è molto influenzato dalla presenza di solidi sospesi e la filtrazione su membrane. Queste ultime hanno dei costi di gestione elevati, per cui l’utilizzo è limitato a trattamenti di riuso dei reflui stessi. La ricerca di un sistema di disinfezione ottimale ha portato alla valutazione di possibili prodotti disinfettanti alternativi quali l’acido peracetico; tale composto, oltre alla sperimentata efficacia biocida in vari utilizzi, non ha evidenziato forme di tossicità residua dopo prove di disinfezione. In tale contesto, è stata condotta una prova sperimentale pilota, allo scopo di valutare i rendimenti e le modalità di utilizzo dell’acido peracetico (PAA), per il trattamento di disinfezione delle acque reflue in uscita da un impianto di depurazione. Lo studio è stato distinto in due fasi principali: 1. Indagini condotte in laboratorio. Lo scopo di queste prove è stato quello di definire i due parametri base di processo, cioè la concentrazione del disinfettante da utilizzare, in relazione alle caratteristiche chimico fisiche e biologiche del refluo in esame, e il tempo di contatto necessario all’ottenimento del maggior abbattimento della carica microbica. In questa fase è stata anche studiata la tossicità residua presente nelle acque trattate con il PAA. 2. Sperimentazione sul campo. Successivamente alle indagini di laboratorio, si è passati all’applicazione e verifica dei risultati ottenuti nelle prove di laboratorio

L’ACIDO PERACETICO (CH3COOOH) L’acido peracetico (PAA) non viene utilizzato tal quale ma in differenti soluzioni. I prodotti commerciali normalmente impiegati nella disinfezione sono soluzioni acquose che contengono, oltre a stabilizzanti (circa 1%), PAA in equilibrio con H2O2 e CH3COOH in rapporti percentuali che variano a seconda del prodotto commercializzato. I prodotti commerciali a base di acido peracetico presentano i seguenti principali vantaggi: – elevato potere batteriostatico; – il prodotto di reazione, l’acido acetico, è completamente biodegradabile; – ai dosaggi impiegati non presentano fitotossicità; – non comportano il rischio di formazione di sottoprodotti indesiderati; – non si sono mai osservati fenomeni di assuefazione della flora batterica; – semplice inserimento anche su impianti esistenti; – costi di investimento limitati.

Proprietà chimico-fisiche dell’acido peracetico Il PAA è un acido alifatico di formula CH3COOOH. Può essere sintetizzato per azione del perossido d’idrogeno sull’acido acetico in presenza di acido solforico all’1%, o per ossidazione dell’acetaldeide. L’acido peracetico puro è un acido debole, più ancora dell’acido acetico, con una costante di dissociazione di circa K = 10–8. Il PAA è un prodotto più o meno stabile; nelle diverse soluzioni commerciali disponibili sul mercato, è sempre in equilibrio con il perossido d’idrogeno secondo la seguente reazione: CH3COOOH + H2O  CH3COOH + H2O2 Le caratteristiche chimico-fisiche delle soluzioni commerciali variano in funzione delle proporzioni di PAA e di perossido d’idrogeno, comunque certe proprietà sono generali e sono così riassunte: – liquido incolore; – odore pungente caratteristico; – solubile in acqua a tutte le concentrazioni; – solubile nella maggior parte dei solventi organici.


194

LA RICERCA APPLICATA

Il punto di infiammabilità delle soluzioni molto concentrate di PAA (40%) è vicino ai 40°C, per le soluzioni più diluite è circa di 85°C. La stabilità delle soluzioni a base di PAA dipende dalla loro composizione, dalla temperatura di stoccaggio e dal contenitore. Per esempio la soluzione al 15% in PAA, normalmente utilizzata per la disinfezione, è stabile almeno 1 anno a temperatura ambiente nel suo imballaggio d’origine. L’utilizzazione del PAA è incompatibile con gli acciai ordinari, il rame e le leghe metalliche non ferrose. La dissoluzione del PAA nell’acqua forma i seguenti composti: CH3COOOH + H2O  CH3COOH + H2O2 CH3COOOH + H2O  CH3COOH + ½ O2 CH3COOOH  CH4 + CO2 H2O2  H2O + ½ O2

Proprietà disinfettanti dell’acido peracetico Il PAA è un disinfettante molto utilizzato nell’industria alimentare ed in particolare nei caseifici e nell’industria della birra per sterilizzare le tubazioni, le vasche di macerazione e altre apparecchiature di processo. Altre applicazioni riguardano la disinfezione della frutta, delle apparecchiature per la produzione di sciroppi e il controllo della crescita batterica nei circuiti dell’acqua e nelle colonne di scambio ionico. È anche utilizzato nel settore medicale (per la sterilizzazione di strumenti chirurgici e di emodialisi). Più recente invece è l’applicazione nel trattamento delle acque di scarico e dei fanghi degli impianti di depurazione, mentre si sta valutando la possibilità di applicazione dell’acido peracetico nel settore dei trattamenti di potabilizzazione.

Meccanismo di azione dell’acido peracetico Il PAA come tutti i perossidi libera un ossigeno attivo che è un ossidante molto forte responsabile dell’attività disinfettante. Alcuni autori sostengono che il PAA distrugge i legami solfidrici (-SH) e disolfuro (S-S) degli enzimi delle membrane plasmatiche provocando così un’alterazione nelle funzioni di trasporto della membrana, mentre altri autori hanno evinto reazioni del PAA con le basi puriniche e pirimidiniche del DNA batterico o l’inattivazione rapida di enzimi quali ossidasi e perossidasi con soluzioni diluite di PAA. Tutti questi studi mostrano che diverse strutture vitali quali le proteine, la membrana citoplasmatica, alcuni enzimi del metabolismo e il DNA vengono alterati od

addirittura distrutti dall’azione ossidante dell’acido peracetico, provocando così l’inattivazione definitiva dei microrganismi.

Attività disinfettante dell’acido peracetico Diversi studi hanno valutato il potere battericida e virulicida dell’acido peracetico su ceppi puri (es. poliovirus tipo 1) in acqua demineralizzata o in soluzione di Ringer. Altre prove sono state fatte per valutare l’attività disinfettante dell’acido peracetico su effluenti di impianti di depurazione. Sono stati utilizzati dei dosaggi tra 2 e 10 mg/l. Questo tipo di trattamento comporta una piccola diminuzione del pH ed un leggero aumento del COD e BOD dovuto alla formazione di acido peracetico in soluzione. Normalmente un dosaggio massimo di 10 mg/l di PAA comporta un aumento accettabile di BOD e COD. Il PAA è molto attivo sui fiocchi di batteri o i biofilms formati a partire da popolazioni miste di acque di scarico (97% d’inattivazione nell’attività della deidrogenasi in 30 min con 2,5 ppm). La disinfezione dei microorganismi è comunque in funzione della loro sensibilità al disinfettante che segue normalmente il seguente ordine: batteri vegetativi > virus > spore di batteri, cisti di protozoi e micobatteri. Si fa presente che l’efficacia della disinfezione si riduce quando i microrganismi sono aggregati, assorbiti sulla superficie ed inglobati totalmente o parzialmente nelle matrici più o meno complesse (come i fiocchi di batteri dei fanghi attivi), in quanto risultano protetti dall’azione del disinfettante e richiede quindi prodotti più efficaci come appunto l’acido peracetico. Per quanto riguarda i batteri le strutture suscettibili d’essere ossidate sono gli esopolisaccaridi, la parete batterica composta da glucosammine (l’N-acetil glucosammina e l’acido muramico N-acetilato), i cromosomi e i plasmidi (acido desossiribonucleico). Invece per i virus non incapsulati due strutture possono essere distrutte: il capside (proteine ad alto peso molecolare) ed il genoma protetto dal capside (acido ribonucleico o desossiribonucleico).

Principali parametri che influenzano l’efficacia della disinfezione con l’acido peracetico Per realizzare una disinfezione efficiente bisogna innanzitutto rispettare il più possibile due obiettivi: – assicurare in tutto il volume la miscelazione più intima ed uniforme possibile tra il reattivo e l’effluente; – assicurare un tempo di contatto sufficiente tra il reattivo e l’effluente.


LA RICERCA APPLICATA

195

La miscelazione iniziale deve essere il più rapida possibile, con un tempo di contatto ridotto al minimo prima della miscelazione intima ed uniforme nel reattore. Il reattore deve avvicinarsi ad un funzionamento del tipo a flusso a pistone; in pratica il reattivo e l’effluente progrediscono in blocco, come un pistone in un cilindro, in fasi parallele e successive. Nel reattore la disinfezione dipende da fenomeni non totalmente controllati che si combinano per dare delle distribuzioni spazio-temporali di efficienza di disinfezione. In effetti in entrata i flussi di microrganismi seguono una distribuzione spazio-temporale, che dipende dalle concentrazioni degli stessi e dalle portate. L’introduzione del disinfettante comporta una nuova distribuzione dei flussi di microrganismi, creando nuove variabili incontrollate a cui si aggiungono le reazioni ‘parassite’ di ossido-riduzione con i solidi sospesi, le materie organiche in sospensione e disciolte, i composti inorganici e gli ioni.

I campioni di acque reflue prelevati in uscita dall’impianto di depurazione sono stati posti in vasche di vetro della capacità di 10 litri e dotate di pompa sommersa di rimescolamento ed omogeneizzazione. I campioni, prelevati in periodi successivi e con temperature diverse, per uniformità di trattamento sono stati portati in tutte le serie di prove ad una temperatura unica di 20°C. Eseguita la termoregolazione a 20°C, si è proceduto con le varie operazioni: una prima aliquota veniva utilizzata come campione di controllo (bianco) senza alcuna addizione di disinfettante, le altre aliquote venivano invece addizionate con differenti concentrazioni di PAA in soluzione, accuratamente miscelate e quindi esaminate dopo 20 e 30 minuti dall’inoculo del prodotto disinfettante.

FASE SPERIMENTALE IN LABORATORIO

Nell’ambito di queste prove è stato testato il potere disinfettante del PAA alle seguenti concentrazioni: 1,5 mg/l, 2,0 mg/l, 3,0 mg/l e 4,5 mg/l. Per quanto concerne i parametri microbiologici, sono stati presi in esame quelli normalmente utilizzati come indicatori di contaminazione fecale nelle acque reflue ai sensi delle normative nazionali sulla tutela delle acque dall’inquinamento vigenti al tempo della sperimentazione cioè: – Coliformi totali, coliformi fecali e streptococchi fecali (parametri previsti dalla legge 319/76 abrogata e sostituita dal D.Lgs. 152/99); – Escherichia coli (parametro introdotto dal D.Lgs. 152/99). Nell’analisi dei suddetti parametri microbiologici sono stati utilizzati metodi analitici normati, e precisamente i metodi IRSA-CNR, Quaderno 100, 1994 n. 2. La tecnica adottata è stata quella del Most Probable Number (Numero Più Probabile) che consente di esprimere i risultati come MPN/100 ml. In realtà, il D.Lgs. 152/99, ora sostituito dal D.Lgs. 152/2006, prevede di esprimere il risultato per Escherichia coli in Unità Formanti Colonia (UFC) per 100 ml e questo risultato si ottiene impiegando una tecnica che consente il conteggio diretto delle unità formanti colonia e non una tecnica di tipo statistico come quella MPN. Vista però la necessità di utilizzare la tecnica MPN sugli altri parametri (ex tabelle 3 e 4 della legge 319/76), per ottenere dei risultati confrontabili, è stato ritenuto opportuno utilizzare la tecnica MPN anche per l’analisi di Escherichia coli. Nell’analisi delle acque di scarico e delle acque di balneazione la tecnica MPN è tuttora la più utilizzata. Essa tuttavia è poco precisa e dà come risultato un numero più probabile cioè una stima statistica della densità

In questa prima fase sono state condotte indagini su scala di laboratorio delle quali si riportano di seguito i risultati. Successivamente e sulla base dei risultati ottenuti dalle indagini di laboratorio, sono stati applicati i dosaggi e i tempi di contatto su un impianto di depurazione con potenzialità prossima ai 2000 abitanti equivalenti. La fase di laboratorio è stata condotta nell’arco di sei mesi, valutando diverse situazioni in relazione ai mutamenti delle caratteristiche dei reflui connesse con gli andamenti stagionali. Le prove sono state eseguite utilizzando i reflui dell’impianto di depurazione che successivamente doveva essere utilizzato per la fase su scala reale. Sui campioni di acque reflue prelevati, sono state eseguite una serie di prove di dosaggio ed analisi in laboratorio simulando potenziali condizioni operative. Il prodotto utilizzato viene commercializzato con denominazione commerciale Bactipal 15-23 e contiene il 15% di acido peracetico (PAA) principio attivo, mentre la parte rimanente è costituita da perossido di idrogeno, acido acetico e acqua. Normalmente viene consigliato un dosaggio compreso tra 0,5 e 3 mg/l, con punte massime di 5 mg/l. Considerando pertanto nel dosaggio del prodotto commerciale, la percentuale del PAA pari al 15%, è stato deciso di eseguire una serie di prove con concentrazioni intermedie tra 1,5 mg/l e 4,5 mg/l di PAA (principio attivo). Sono state eseguite quattro serie di analisi in tempi successivi utilizzando quattro dosaggi di disinfettante (PAA) e due tempi di contatto: – dosaggi: 1,5 mg/l, 2,0 mg/l, 3,0 mg/l e 4,5 mg/l; – tempo di contatto (minuti): 20 e 30 minuti.

Analisi dei parametri microbiologici


196

LA RICERCA APPLICATA

batterica del campione analizzato e non un numero preciso di colonie batteriche. D’altra parte la tecnica alternativa, quella delle Membrane Filtranti (MF), sebbene più precisa, è poco indicata per acque ricche di materiale in sospensione come quelle di depurazione e tende ad essere poco accurata in questo tipo di acque dando spesso dei risultati sottostimati. In base all’esperienza, essendo nota l’enorme variabilità della carica microbica dei reflui ed il notevole grado di contaminazione microbiologica che può essere riscontrato in uno scarico urbano, sono state effettuate numerose diluizioni del campione fino ad ottenere, nell’analisi del tal quale, anche 8-9 serie di tre tubi contenenti il terreno colturale liquido previsto dal metodo, nei quali venivano inoculati a partire dalla prima serie dei tre tubi fino all’ultima, rispettivamente 10 ml del tal quale (con terreno a doppia concentrazione), 1 ml del tal quale, 1 ml della diluizione 10-1, 1 ml della diluizione 10-2, 1 ml della 10-3, 1 ml della 10-4 e così via. Dopo gli inoculi, si passava all’incubazione dei campioni, quindi di lettura dei risultati presuntivi, successivamente alle prove di conferma ed infine alla lettura dei risultati definitivi come previsto dai rispettivi metodi analitici. Per il calcolo dei risultati e dei limiti di fiducia al 95% è stata utilizzata la tabella di Mc Crady (IRSA-CNR, Quaderno 100, 1994, n. 2, pag. 316) relativa alle serie di tre tubi. I calcoli dell’abbattimento percentuale della carica microbica dopo trattamento sono stati eseguiti applicando la seguente formula: Percentuale di Abbattimento (mortalità) =

Bi - Bs • 100 Bi

Bi = MPN di batteri iniziali nel tal quale Bs = MPN di batteri sopravvissuti al trattamento I limiti fiduciali al 95% indicano il limite inferiore e superiore entro i quali ci si può attendere, con una probabilità del 95%, che sia compresa la densità reale dei batteri. Nel corso della relazione quando si citerà un risultato espresso in MPN/100 ml questo riguarderà sempre il numero più probabile di batteri nel campione.

Per quanto concerne i limiti massimi di riferimento sono stati considerati quelli riportati dalle già citate normative sulla tutela delle acque dall’inquinamento: – Coliformi totali 20.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – Coliformi fecali 12.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – Streptococchi fecali 2.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – Escherichia coli 5.000 UFC/100 ml* – D.Lgs. 152/2006 tab. 3 all. 5 parte III (*Il D.Lgs. 152/2006 prevede che in sede di autorizzazione allo scarico dell’impianto di trattamento di acque reflue urbane, da parte dell’autorità competente venga fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Viene consigliato un limite non superiore ai 5000 UFC/100 ml).

Come criterio per l’accettazione dei risultati la concentrazione microbica residua dopo il trattamento dovrà essere inferiore ai limiti massimi di riferimento sopra elencati. Per quanto concerne la percentuale di abbattimento della carica microbica iniziale, questa sarà ritenuta soddisfacente se uguale o superiore al 99,9%.

Analisi dei parametri chimico-fisici Su ciascun campione di acque reflue oggetto della sperimentazione, sono stati analizzati alcuni parametri chimico fisici che potenzialmente potevano influire o subire variazioni per effetto dell’addizione del PAA. Alla fine di ciascuna prova dopo 30 minuti sono stati rideterminati il pH, il COD e i residui di PAA. Per quanto concerne la determinazione dei residui di PAA, è stata utilizzata una metodica di analisi colorimetrica che prevede la preliminare eliminazione della frazione di H2O2 con catalase (reattivo di MERK art. 5186), successivamente i residui di acido peracetico, in presenza di Ioduro di Potassio KI, sviluppano Iodio che viene determinato per via colorimetrica con reattivo DPD (Total Chlorine Reagent Powder Pillows della Hach n. cat. 14064-99). La lettura viene eseguita a 530 nm con spettrofotometro.

Tabella 1. Parametri analizzati e relative metodiche di analisi.

Parametro

Metodo

Unità di misura

pH Conducibilità Solidi in sospensione COD Azoto ammoniacale Torbidità Potenziale redox

UNICHIM, M.U. 929 UNICHIM, M.U. 929 UNICHIM, M.U. 951 IRSA-CNR Q. 100/5110 IRSA-CNR metodo 4010 B Torbidimetro Hach 2100P Strumentazione Crison B20 ad elettrodo

μS/cm mg/l mg/l mg NH4/l NTU MV


LA RICERCA APPLICATA

Analisi dei parametri ecotossicologici I campioni sperimentali sono stati oggetto di saggi di tossicità con Daphnia magna e Vibrio fischeri eseguendo prove sui campioni di reflui tal quali e dopo le addizioni di PAA alle varie diluizioni e tempistiche di contatto. Il saggio di tossicità acuta con Daphnia magna si riferisce al protocollo analitico e all’interpretazione dei risultati IRSA-CNR, Quaderno n. 93, 1991 (modificato) . Il saggio di accettabilità dell’effluente si basa sul confronto tra campioni di effluente tal quale e altrettante repliche di controllo. Nel corso di ogni test sono state eseguiti 3 repliche del campione tal quale; in ogni replica (50 ml) sono stati utilizzati 10 neonati di Daphnia magna di età inferiore alle 24 ore. Temperatura di esecuzione del test: 20 ± 1°C. Il risultato viene espresso come numero di organismi immobili nei test dopo 24 ore di esposizione mentre il giudizio di accettabilità viene dato quando al termine delle 24 ore la somma degli organismi immobili dei tre recipienti con il campione in esame, risulta inferiore o uguale al 50%; se è superiore il campione viene giudicato inaccettabile. Il saggio di tossicità acuta di inibizione dell’emissione luminosa con Vibrio fischeri (Microtox®) si riferisce al protocollo analitico ed all’interpretazione dei risultati IRSA-CNR, Saggio di tossicità acuta con batteri bioluminescenti, “Notiziario dei metodi analitici” e del Manuale MICROTOX “Microtox® acute toxicity Solid-Phase Test”-Azur Environmental. Nel secondo metodo è possibile valutare la tossicità acuta di campioni o estratti provenienti da corpi idrici d’acqua dolce, marina o salmastra utilizzando come risposta l’inibizione della bioluminescenza emessa dai batteri marini della specie Vibrio fischeri o da Photobacterium phosphoreum. Il saggio viene eseguito su un opportuno ambito di diluizioni ed un controllo. I dati così ottenuti permettono di correlare l’intensità della risposta alla dose di esposizione, calcolando il valore di EC50 (endpoint), ovvero la concentrazione a cui si ha un effetto di inibizione dell’emissione luminosa pari al 50% rispetto al controllo. Le analisi sono state eseguite secondo la procedura prevista dal “basic test” del suddetto manuale e tempi di contatto di 20 minuti.

Scala di tossicità I risultati dei test possono essere riportati ad un unico indice: il TI (indice di tossicità ) calcolato come reciproco dell’EC50, ovvero quella concentrazione alla quale ho il 50% di organismi che manifestano un effetto. Il TI è espresso in TU (unità tossiche). La tabella 2 ci propone questa scala.

EC50 >10 <20 20 – 50 50 – 80 >80

TI/TU >5 5–2 2 – 1,25 <1,25

197

DEFINIZIONE Rischio di tossicità cronica Estremamente tossico Discretamente tossico Debolmente tossico Tracce di tossicità

Tabella 2. Scala di tossicità.

I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE IN LABORATORIO In questa sezione vengono presentati i risultati delle analisi di laboratorio.

Analisi microbiologiche Data la grande variabilità dei risultati i cui limiti fiduciali al 95% sono riportati nella tabella riassuntiva e soprattutto considerata l’enorme variabilità di contaminazione microbica del refluo riscontrata nel corso dei test (per i coliformi totali si passa da un valore più probabile di 4.300.000 nella quarta serie di prove ad un valore più probabile di 2.300 MPN/100 ml nella terza serie di prove e per l’Escherichia coli da un valore più probabile di 1.500.000 ad un valore di 700 MPN/100 ml), i quattro gruppi di prove verranno presi inizialmente in considerazione indipendentemente l’uno dall’altro e si punterà l’attenzione soprattutto sull’abbattimento delle cariche microbiche ottenuto e sull’eventuale superamento o meno dei limiti massimi di accettabilità al variare delle concentrazioni del disinfettante. Di seguito vengono prese in esame ciascuna delle quattro serie di prove. I risultati ottenuti, i limiti fiduciali al 95% e le percentuali di abbattimento nei reflui trattati sono riportati nelle tabelle successive. Nella I serie (tabella 3) è stata verificata l’efficacia del disinfettante alle concentrazioni di 1,5 e 2,0 mg/l con tempi di contatto di 20’ e 30’. La carica microbica del refluo è risultata molto elevata, con valori compresi tra un massimo a carico dei coliformi totali pari a 1,1x106 MPN/100 ml ed un minimo riguardante gli streptococchi fecali pari a 4,6x104 MPN/100 ml. La percentuale di abbattimento dei batteri non è da ritenersi soddisfacente in quanto largamente inferiore al 99,9% e i limiti massimi di riferimento dopo trattamento sono stati sempre superati. Unica eccezione il calo della concentrazione degli streptococchi fecali (<2000 MPN/100 ml) con 1,5 mg/l di PAA. Questo dato è comunque da prendere con qualche riserva causa la bassa precisione del metodo. L’abbattimento è risultato significativo per tutti i parametri considerati soltanto dopo


198

LA RICERCA APPLICATA

30’ di contatto del refluo con il PAA alla concentrazione più elevata e a questa concentrazione la percentuale di abbattimento dopo 30’ di esposizione ha superato il 96%. Per quanto concerne i tempi di azione del battericida, l’incremento dell’attività disinfettante osservata nel tempo per ambedue le concentrazioni non è risultato significativo a causa della bassa precisione della tecnica MPN. Per gli stessi motivi, anche l’incremento dell’attività battericida relativo alla concentrazione più elevata del disinfettante (2,0 mg/l) non è statisticamente significativo rispetto all’effetto osservato alla concentrazione inferiore. Il dato comunque più importante scaturito da questa prima serie di test è che in un refluo microbiologicamente molto inquinato (es. coliformi >1x106 MPN/100 ml) come quello esaminato, le concentrazioni di disinfettante utilizzate (1,5-2,0 mg/l) non appaiono sufficienti a consentire un abbattimento delle cariche microbiche entro i criteri di accettabilità stabiliti. Nella II serie (tabella 5) il refluo è stato trattato con 3 differenti concentrazioni di soluzione di PAA e precisamente 2,0 mg/l, 3,0 mg/l e 4,5 mg/l. Visti gli scarsi risultati non è stato eseguito il trattamento con 1,5 mg/l di soluzione di PAA e sono state invece provate delle concentrazioni più alte di disinfettante. Anche in questo caso l’azione battericida è stata esaminata in due tempi (20’ e 30’). La carica microbica del refluo (valori attorno i 120.000 MPN/100 ml di coliformi e 21.000 MPN/100 ml di streptoccochi fecali) è risultata inferiore a quella riscontrata nella I^ serie di prove. Per tutte le concentrazioni, l’abbattimento rilevato è risultato significativo. Inoltre, sono apparse evidenti le differenze di abbattimento tra l’azione battericida più blanda della concentrazione più bassa (2,0 mg/l) e quella più marcata esplicata dalle concentrazioni più elevate (3,0 mg/l e 4,5 mg/l). Inoltre, l’azione battericida esplicata dal disinfettante alla concentrazione di 4,5 mg/l è risultata significativamente più elevata rispetto a quella osservata alla concentrazione di 2,0 mg/l. Come nella prima serie di test, anche in questo caso le differenze di abbattimento osservate confrontando i diversi tempi di esposizione non sono risultate significative (vedi limiti fiduciali in tabella 5). La percentuale di abbattimento rilevata alle concentrazioni di 3,0 e 4,5 mg/l è risultata quasi sempre superiore al 99,9%. A tutte e tre le concentrazioni impiegate i batteri esaminati sono stati ridotti ad un numero più probabile ampiamente inferiore ai limiti di riferimento. Nella III serie (tabella 7), a seguito di un test preliminare per valutare la carica di E. coli nel refluo, dal quale si evinceva una bassissimo inquinamento microbiologico del refluo stesso, è stato scelto di testare nuovamente l’azione disinfettante alle concentrazioni

di 2,0 e 3,0 mg/l e ai due soliti differenti tempi di contatto. Causa la bassa carica microbica non è stata invece utilizzata la concentrazione di 4,5 mg/L, riservandola per il trattamento di reflui microbiologicamente più inquinati. Le cariche microbiche del refluo tal quale sono risultate molto basse (da 2300 MPN/100 ml di Coliformi totali a 430 MPN/100 ml di Streptococchi fecali) e già di per sé inferiori ai limiti massimi di riferimento. L’abbattimento della carica microbica osservato è risultato statisticamente significativo ad entrambe le concentrazioni di disinfettante e spesso (in particolare alla concentrazione di 3,0 mg/l dopo 30’) superiore al 99%. Una esposizione più lunga (30’) del refluo alla soluzione di PAA è sembrata essere statisticamente ininfluente ai fini della grado di disinfezione. Infine, anche in questa terza serie di prove l’attività battericida è stata più efficace nei confronti degli streptococchi fecali. Nella IV serie (tabella 9), alla luce dei risultati di un test preliminarmente eseguito sul refluo che evidenziava la presenza di un’elevatissima contaminazione microbica e vista la non elevata capacità battericida del PAA alla concentrazione di 2,0 mg/l (vedi prima serie) è stato scelto di impiegare il PAA alle concentrazioni di 3,0 e 4,5 mg/l con esposizione di 20’ e 30’. Nonostante l’elevata carica microbica del refluo (da 4,3x106 MPN/100 ml di coliformi a 7,5x104 MPN/100 ml di streptococchi fecali), la più alta rilevata in questa ricerca, la mortalità dei batteri è stata molto elevata e statisticamente significativa a tutte e due le concentrazioni utilizzate. Anche in questo caso il tempo di contatto non è sembrato influenzare in maniera significativa il calo delle cariche microbiche, che è apparso abbastanza omogeneo ad entrambe le concentrazioni impiegate. La percentuale di abbattimento è risultata ottimale e quasi sempre uguale o superiore al 99,9% con punte massime superiori al 99,996% (abbattimento streptococchi fecali con concentrazione di PAA di 4,5 mg/l). Tutte le cariche microbiche rilevate dopo la disinfezione sono risultate largamente inferiori ai limiti di accettabilità prestabiliti. Infine, come nelle altre serie di prove, gli streptococchi fecali si sono dimostrati i più sensibili all’attività battericida del PAA.

Analisi chimiche Per gli intervalli ristretti di operatività, sono state eseguite le analisi chimico fisiche nei campioni tal quali e relativamente alle diverse concentrazioni a tempi di contatto di 20 minuti. Non sono state riscontrate


LA RICERCA APPLICATA

199

Analisi ecotossicologiche

variazioni particolari tra i campioni di acque reflue tal quali e dopo addizione di PAA nelle quattro serie di prove ad eccezione di un leggero aumento dei valori di potenziale red-ox e di COD e di un abbassamento dei valori di pH nei campioni trattati. I risultati sono riportati nelle tabelle successive rispettivamente per ciascuna serie di prove. Sono state eseguite inoltre delle prove di dosaggio in eccesso di PAA per valutarne la permanenza nelle acque (tabella 11): dopo 30’ i residui misurati nel primo intervallo di 20’, sono diminuiti a valori inferiori alla soglia di determinazione analitica della metodica. I valori misurati sono riportati nelle tabelle successive.

Anche per questo tipo di analisi è stato possibile eseguire i saggi solamente sui campioni tal quali e nei campioni trattati alle varie concentrazioni per tempi di contatto di 20 minuti. Il saggio con Daphnia magna non ha evidenziato la presenza di tossicità acuta sia nei reflui tal quali, sia nei campioni dopo l’addizione di PAA. Per contro il saggio con Vibrio fischeri è stato particolarmente sensibile ai dosaggi; questo risultato tuttavia è spiegabile data la specifica azione che dovrebbe avere il disinfettante sulle specie batteriche. Nelle tabelle successive vengono riportati i risultati ottenuti nei saggi, rispettivamente per ciascuna serie di prove.

Tabella 3. I serie Analisi microbiologiche (due repliche). Numeri più probabili, limiti fiduciali al 95% e abbattimento percentuale rispetto al tal quale.

Concentrazione

Tempi di contatto

Tal quale

Coliformi totali MPN/100 ml

Coliformi fecali MPN/100 ml

Escherichia coli MPN/100 ml

Streptococ. fecali MPN/100 ml

1.100.000 3x105–3,6x106

460.000 7,1x104–2,4x106

460.000 7,1x104–2,4x106

46.000 7,1x103–2,4x105

1,5 mg/l

20’

240.000 3,6x104–1,3x106 78,18%

93.000 1,5x104–3,8x105 79,78%

93.000 1,5x104–3,8x105 79,78%

2.400 360–1,3x104 94,78%

2,0 mg/l

20’

93.000 1,5x104–3,8x105 91,55%

23.000 4x103–1,2x105 95,00%

23.000 4x103–1,2x105 95,00%

1.200 300–3,8x103 97,39%

1,5 mg/l

30’

150.000 3x104–4,4x105 86,36%

93.000 1,5x104–3,8x105 79,78%

43.000 7x103–2,1x105 90,65%

2.000 700–8,9x103 95,65%

2,0 mg/l

30’

43.000 7x103–2,1x105 96,09%

15.000 3x103–4,4x104 96,74%

15.000 3x103–4,4x104 96,74%

930 150–3,8x103 97,98%

Tabella 4. I serie Analisi chimiche ed ecotossicologiche.

Parametro

Unità di misura

Campione tal quale

Concentrazione di PAA – 1,5 mg/L a 20’

Concentrazione di PAA – 2,0mg/L a 20’

Temperatura pH COD Solidi sospensione Conducibilità Pot. redox Torbidità Ammoniaca Ac. Peracetico PAA Daphnia magna

°C mg/L mg/l μS/cm mV NTU mg/l mg/l –

Vibrio fischeri

EC50

20 7,47 39 <1 967 198 8,6 28,5 – Assenza tossicità acuta 96,1% a 20’ Assenza di tossicità acuta

20 7,41 42 <1 969 213 8,7 24,5 <0,5 Assenza tossicità acuta 76,0% a 20’ Presenza di tossicità acuta

20 7,42 40 <1 975 221 8,6 23,4 <0,5 Assenza tossicità acuta 68,5% a 20’ Presenza di tossicità acuta


200

LA RICERCA APPLICATA

Concentrazione

Tempi di contatto

Tal quale

Coliformi totali MPN/100 ml

Coliformi fecali MPN/100 ml

Escherichia coli MPN/100 ml

Streptococ. fecali MPN/100 ml

120.000 3x104–3,8x105

64.000 1,5x104–3,8x105

64.000 1,5x104–3,8x105

21.000 4x103–4,7x104

2,0 mg/l

20’

2.400 360–1,3x104 98,00%

1.500 300–4,4x103 97,66%

1.500 300–4,4x103 97,66%

640 150–3,8x103 96,95%

3,0 mg/l

30’

210 35–470 99,83%

93 15–380 99,85%

93 15–380 99,85%

4 <0,5–20 99,98%

4,5 mg/l

20’

75 14–230 99,94%

43 7–210 99,93%

43 7–210 99,93%

4 <0,5–20 99,98%

2,0 mg/l

30’

2.100 350–4,7x103 98,25%

930 150–3,8x103 98,55%

930 150–3,8x103 98,55%

240 36–1,3x103 98,86%

3,0 mg/l

20’

93 15–380 99,92%

15 3–44 99,98%

15 3–44 99,98%

<3 – >99,99%

4,5 mg/l

30’

43 7–210 99,96%

9 1–36 99,99%

9 1–36 99,99%

<3 – >99,99%

Tabella 5. II serie Analisi microbiologiche (due repliche). Numeri più probabili, limiti fiduciali al 95% e abbattimento percentuale rispetto al tal quale.

Parametro

Unità di misura

Campione tal quale

Concentrazione di PAA – 2,0 mg/l a 20’

Concentrazione di PAA – 3,0 mg/l a 20’

Concentrazione di PAA – 4,5 mg/l a 20’

Temperatura

°C

20

20

20

20

7,64

7,54

7,56

7,56

pH COD

mg/l

59

64

65

65

Solidi sospensione

mg/l

<1

<1

<1

<1

Conducibilità

μS

1198

1212

1225

1225

Pot. redox

mV

225

245

258

258

Torbidità

NTU

9,8

9,3

9,3

9,3

Ammoniaca

mg/l

19,4

15,3

13,6

13,6

Ac. Peracetico PAA

mg/l

<0,5

<0,5

<0,5

Daphnia magna

Assenza tossicità acuta

Assenza tossicità acuta

Assenza tossicità acuta

Assenza tossicità acuta

Vibrio fischeri

EC50

88,5% a 20’ Assenza di tossicità

75,0% a 20’ Presenza di tossicità acuta

71,5% a 20’ Presenza di tossicità acuta

61,6% a 20’ Presenza di tossicità acuta

Tabella 6. II serie Analisi chimiche ed ecotossicologiche.


LA RICERCA APPLICATA

Concentrazione

Tempi di contatto

Tal quale

201

Coliformi totali MPN/100 ml

Coliformi fecali MPN/100 ml

Escherichia coli MPN/100 ml

Streptococ. fecali MPN/100 ml

2.300 400–1,2x104

930 150–3,8x103

700 100–2,3x103

430 70–2,1x103

2,0 mg/l

20’

75 14–230 96,74%

9 1–36 99,03%

15 3–44 97,86%

<3 – >99,30%

3,0 mg/l

20’

23 4–120 99,00%

9 1–36 99,03%

<3 – >99,57%

<3 – >99,30%

2,0 mg/l

30’

93 15–380 95,96%

15 3–44 98,39%

43 7–210 93,86%

4 <0,5–20 99,07%

3,0 mg/l

30’

75 14–230 96,74%

<3 – >99,68%

3 <0,5–9 99,57%

<3 – >99,30%

Tabella 7. III serie Analisi microbiologiche (due repliche). Numeri più probabili, limiti fiduciali al 95% e abbattimento percentuale rispetto al tal quale.

Parametro Temperatura pH COD Solidi sospensione Conducibilità Pot Red-ox Torbidità Ammoniaca Ac. Peracetico PAA Daphnia magna Vibrio fischeri

Unità di misura °C mg/l mg/l μS mV NTU mg/l mg/l – EC50

Campione tal quale 20 7,12 62 <1 1277 231 7,6 18,5 – Assenza tossicità acuta 96,1% a 20’ Assenza di tossicità acuta

Concentrazione di PAA – 2,0 mg/l a 20’ 20 7,05 65 <1 1302 246 7,7 16,1 <0,5 Assenza tossicità acuta 66,6% a 20’ Presenza di tossicità acuta

Concentrazione di PAA – 3,0 mg/l a 20’ 20 7,07 71 <1 1297 251 7,6 15,3 <0,5 Assenza tossicità acuta 54,5% a 20’ Presenza di tossicità acuta

Tabella 8. III serie Analisi chimiche ed ecotossicologiche.

Concentrazione

Tempi di contatto

Tal quale

Coliformi totali MPN/100 ml 4.300.000 7x105–2,1x107

Coliformi fecali MPN/100 ml 1.500.000 3x105–4,4x106

Escherichia coli MPN/100 ml 1.500.000 3x105–4,4x106

Streptococ. fecali MPN/100 ml 75.000 1,4x104–2,3x105

3,0 mg/l

20’

7.500 1,4x103–2,3x104 99,83%

2.100 400–4,7x103 99,86%

2.100 400–4,7x103 99,86%

23 4–120 99,97%

4,5 mg/l

20’

4.300 700–2,1x104 99,90%

1.500 300–4,4x103 99,90%

1.500 300–4,4x103 99,90%

<3 – >99,996%

3,0 mg/l

30’

4.300 700–2,1x104 99,90%

750 140–2,3x103 99,95%

750 140–2,3x103 99,95%

15 3–44 99,98%

4,5 mg/l

30’

2.300 400–1,2x104 99,95%

1.500 300–4,4x103 99,90%

1.500 300–4,4x103 99,90%

<3 – >99,996%

Tabella 9. IV serie Analisi microbiologiche (due repliche). Numeri più probabili, limiti fiduciali al 95% e abbattimento percentuale rispetto al tal quale.


202

LA RICERCA APPLICATA

Parametro

Unità di misura

Campione tal quale

Concentrazione di PAA – 3,0 mg/l a 20’

Concentrazione di PAA – 4,5 mg/l a 20’

Temperatura pH COD Solidi sospensione Conducibilità Pot. redox Torbidità Ammoniaca Ac. Peracetico PAA Daphnia magna

°C mg/l mg/l μS mV NTU mg/l mg/l –

Vibrio fischeri

EC50

20 7,43 25 <1 899 198 7,7 26,1 – Assenza tossicità acuta 79,3% a 20’ Presenza di lieve tossicità

20 7,37 30 <1 894 216 7,8 24,3 <0,5 Assenza tossicità acuta 68,2% a 20’ Presenza di tossicità acuta

20 7,41 30 <1 903 221 7,4 25,4 <0,5 Assenza tossicità acuta 55,5% a 20’ Presenza di tossicità acuta

Tabella 10. IV serie Analisi chimiche ed ecotossicologiche.

Concentrazione di PAA 5 mg/l Parametro Temperatura Ac. Peracetico

Unità di misura °C ppm

Concentrazione di PAA – a 20’ 20 <0,5

Concentrazione di PAA – a 30’ 20 <0,5

Concentrazione di PAA 10 mg/l Concentrazione di PAA – a 20’ 20 2,0

Concentrazione di PAA – a 30’ 20 <0,5

Tabella 11. Analisi chimiche sulla presenza di acido peracetico PAA a sovradosaggi di 5 e 10 mg/l.

CONCLUSIONI L’acido peracetico presenta ottime proprietà battericide sugli indicatori di contaminazione fecale e soprattutto sugli streptococchi fecali se impiegato a concentrazioni superiori a 1,5 mg/l. In particolare, se utilizzato alle concentrazioni di 3,0 e 4,5 mg/l riesce a ridurre del 99,9% una popolazione batterica di coliformi con carica superiore a 1x106 MPN/100 ml. Utilizzato alla concentrazione di 2,0 mg/l sembra adatto alla disinfezione di reflui caratterizzati da un basso o moderato inquinamento microbiologico (carica di coliformi fino a 1x105 MPN/100 ml), ma non adatto a disinfettare adeguatamente reflui con cariche microbiche più elevate. Per quanto riguarda i due tempi d’azione, la loro scelta sembra abbastanza ininfluente sull’effetto di disinfezione, in quanto il PAA sembra riuscire ad esplicare ottimamente la sua attività battericida in soli 20 minuti di contatto con il refluo. Tuttavia, specialmente in caso di sottodosaggio e su reflui molto inquinati, si consiglia di prolungare il tempo di esposizione ad almeno 30 minuti. Per quanto concerne gli aspetti chimici, ad eccezione di leggere modificazioni dei parametri pH (tendenzialmente diminuzione di valori), COD e potenziale

redox (tendenzialmente aumenti di valori), non si sono evinte particolari differenze a seguito dei dosaggi di PAA; le variazioni nei reflui trattati sono state di modesta entità e tali da non influenzare limiti tabellari. Solo nel caso di un sovradosaggio a 10 mg/l dopo 20 minuti è stata rilevata la presenza di residui di PAA, peraltro poi scesa sotto la rilevabilità dopo 30 minuti (tabella 11). Le analisi ecotossicologiche hanno evidenziato assenza di tossicità acuta sulla Daphnia magna in tutte le soluzioni di dosaggio sperimentate, mentre il saggio con Vibrio fischeri è stato più sensibile alla presenza del composto ed è stata rilevata tossicità acuta con indici relativamente proporzionali alle concentrazioni testate. A questo proposito, considerando l’azione specifica che il disinfettante esercita sulle specie batteriche, il saggio conferma l’azione su tali tipi di microrganismi dell’acido peracetico, senza peraltro influenzare specie animali superiori come appunto la Daphnia magna. Sulla base dei sopracitati risultati e considerazioni è stata utilizzata sull’impianto una concentrazione di prodotto di 3,0 mg/l con un tempo di contatto di 20 minuti, salvo aumentare il dosaggio per reflui microbiologicamente molto inquinati a 4,5 mg/l.


LA RICERCA APPLICATA

LA FASE SPERIMENTALE SULL’IMPIANTO DI DEPURAZIONE In questa fase è stato eseguito il trattamento di disinfezione con PAA, sulle acque reflue di un impianto di depurazione, applicando parametri di processo sperimentati nelle prove condotte precedentemente in laboratorio. Il trattamento di disinfezione sul campo è stato oggetto di uno studio e di un monitoraggio analitico, finalizzato alla valutazione dei rendimenti e degli eventuali effetti collaterali di tossicità sull’ambiente acquatico. Sull’impianto sono state preventivamente eseguite delle opere edili, progettate e supervisionate dall’Acquedotto Poiana di Cividale del Friuli, finalizzate alla realizzazione del comparto di disinfezione, in particolare è stata realizzata una vasca di contatto in calcestruzzo, interposta tra l’uscita della vasca di sedimentazione e lo scarico finale. L’impianto di depurazione scelto, Ponte San Quirino, è situato nel Comune di San Pietro al Natisone (provincia di Udine) ed è stato realizzato all’inizio degli anni ’80, su iniziativa della Comunità Montana delle Valli del Natisone. Attualmente è gestito dall’Acquedotto Poiana di Cividale del Friuli. Il progetto originario, realizzato dalla Daneco SpA di Buttrio (UD), prevedeva il trattamento delle acque miste, di origine esclusivamente civile, provenienti dalla rete fognaria del Capoluogo, della frazione di Azzida e della zona industriale di Azzida/Ponte San Quirino per un totale di 1770 abitanti equivalenti (a. e.). L’impianto a biomassa adesa (filtro percolatore) con distribuzione dei reflui a gravità era stato progettato con l’obiettivo di rispettare la tabella A della legge 319/1976 (legge Merli), prima dello scarico nel torrente Alberone.

Il depuratore biologico di Ponte San Quirino.

203

L’impianto di depurazione di Ponte San Quirino si compone delle seguenti fasi di trattamento: – pozzetto sfioratore e by-pass; – grigliatura; – dissabbiatura; – sedimentazione primaria e digestione anaerobica dei fanghi; – filtro percolatore; – sedimentazione secondaria; – ricircolo dei fanghi; – disidratazione dei fanghi di supero su letti di essiccamento; – misura delle portate in uscita; – disinfezione (vasca di contatto).

Vasca di disinfezione in corso di realizzazione.

Il comparto di disinfezione è stato realizzato per la prova in oggetto e consiste delle seguenti parti: – vasca di contatto: realizzata in calcestruzzo ha una capacità di 9 m3 ed è dotata di cinque setti a formare sei canali con dimensioni di 0,3 m di larghezza per 5 m di lunghezza ed un battente d’acqua di 1 m. La velocità dell’acqua nella vasca è di circa 0,015 cm/sec ed il flusso obbligato delle acque reflue tra i canali permette una ottimale omogeneizzazione dei reflui con il disinfettante. La capacità della vasca è stata calcolata per garantire un tempo di ritenzione delle acque reflue di 30 minuti sulla portata media di 24 ore (Q24); – vasca di alloggiamento del disinfettante: realizzata in calcestruzzo ed interrata, contiene la cisterna pallettizzata di 1000 l dell’acido peracetico e funge da accumulo di emergenza in caso di sversamenti accidentali di prodotto; – misuratore di portata: il sistema di misura delle portate in uscita serve per la conoscenza dei dati reali delle portate trattate e per la regolazione del giusto dosaggio di agente disinfettante in relazione alla portata di refluo da trattare. Viene utilizzato


204

LA RICERCA APPLICATA

Vasca di disinfezione e vasca di stoccaggio del PAA.

uno stramazzo triangolare in parete sottile ubicato nel pozzetto di raccolta delle acque depurate, posto subito a valle del sedimentatore, e una sonda a ultrasuoni per la misura del livello idrico a monte dello stramazzo; – centralina di controllo e pompa peristaltica dosatrice del prodotto.

FASE SPERIMENTALE IN SITO Per la prova del trattamento di disinfezione nell’impianto, sono stati eseguiti 10 campionamenti distribuiti nell’arco di 7 mesi (da marzo a settembre 2004), con prelievi dei reflui nell’arco minimo di 3 ore, a monte del punto di dosaggio del PAA e dal pozzetto di campionamento/ispezione realizzato dopo la vasca di contatto. I parametri del processo di disinfezione sono stati impostati su un dosaggio di 3 mg/l di principio attivo PAA (prodotto commerciale utilizzato Bactipal 15-23 contenente il 15% di acido peracetico e 23% di perossido di idrogeno) e un tempo di contatto di 30 minuti. Durante tali campionamenti sono stati misurati i più importanti parametri chimico fisici delle acque con sonda multiparametrica Idromar Apwin IP041D.mcs (temperatura, pH, ossigeno disciolto e percentuale di saturazione, potenziale redox, torbidità, conducibilità) e sui campioni prelevati sono state eseguite determinazioni analitiche di laboratorio di tipo microbiologico, chimico ed ecotossicologico.

Analisi dei parametri microbiologici I parametri microbiologici determinati durante la fase su impianto sono i medesimi analizzati durante la fase di laboratorio e cioè: – coliformi totali, coliformi fecali e streptococchi fecali (parametri previsti dalla ex L. 319/76);

– Escherichia coli (parametro introdotto dal D.Lgs. 152/99). Nell’analisi dei suddetti parametri microbiologici parimenti alla prima fase, sono stati utilizzati metodi analitici normati, e precisamente i metodi IRSA-CNR, Quaderno 100, 1994 n. 2. La tecnica adottata è stata quella del Most Probable Number (Numero Più Probabile) che consente di esprimere i risultati come MPN/100 ml. Per il calcolo dei risultati e dei limiti di fiducia al 95% è stata utilizzata la tabella di Mc Crady (IRSACNR, Quaderno 100, 1994, n. 2, a pag. 316) relativa alle serie di tre tubi. I calcoli dell’abbattimento percentuale della carica microbica dopo trattamento sono stati eseguiti applicando la seguente formula: Percentuale di Abbattimento (mortalità) =

Bi - Bs • 100 Bi

Bi = MPN di batteri iniziali nel tal quale Bs = MPN di batteri sopravvissuti al trattamento Per quanto concerne i limiti massimi di riferimento sono stati considerati quelli riportati dalle già citate normative sulla tutela delle acque dall’inquinamento: – coliformi totali 20.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – coliformi fecali 12.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – streptococchi fecali 2.000 MPN/100 ml – ex legge 319/76 tabelle A, C – Escherichia coli 5.000 UFC/100 ml – D.Lgs. 152/2006 tab. 3 all. 5 parte III Come criterio per l’accettazione dei risultati la concentrazione microbica residua dopo il trattamento dovrà essere inferiore ai limiti massimi di riferimento sopra elencati. Per quanto concerne la percentuale di abbattimento della carica microbica iniziale, questa sarà ritenuta soddisfacente se uguale o superiore al 99,9%.

Parametri chimico-fisici Su ciascun campione di acque reflue, sono stati analizzati i parametri chimico fisici principali e quelli che potenzialmente potevano influire o subire variazioni per effetto dell’acido peracetico. In particolare essendo il PAA un forte ossidante, è possibile osservare tra l’entrata e l’uscita dalla disinfezione, un aumento più o meno elevato del potenziale redox, in funzione delle caratteristiche del refluo. Parimenti si può verificare una diminuzione dei valori del pH, normalmente limitati a 0,3 punti ed un leggero aumento del COD. Nella tabella seguente (Tabella 12) sono riportati i parametri analizzati e le relative metodiche di analisi.


LA RICERCA APPLICATA

Parametro

Metodo di misura

Unità di misura

Solidi in sospensione

UNICHIM, M.U. 951

mg/l

COD

IRSA-CNR Q. 100/5110

mgl/l

Azoto ammoniacale

IRSA-CNR metodo 4010 B

mg NH4/l

Torbidità

Torbidimetro Hach 2100P

NTU

pH Potenziale redox Ossigeno disciolto Ossigeno % saturazione Temperatura Conducibilità

SONDA IDROMAR SONDA IDROMAR SONDA IDROMAR SONDA IDROMAR SONDA IDROMAR SONDA IDROMAR

– mV mg/l % °C μS/cm

Acido peracetico

Determinazione analitica specifica

mg/l

205

Tabella 12. Parametri analizzati e le relative metodiche di analisi.

Per quanto concerne la determinazione dei residui di PAA, è stata utilizzata una metodica di analisi colorimetrica che prevede la preliminare eliminazione della frazione di H2O2 con catalase (reattivo di MERK art. 5186), successivamente i residui di acido peracetico, in presenza di Ioduro di Potassio KI, sviluppano Iodio che viene determinato per via colorimetrica con reattivo DPD (Total Chlorine Reagent Powder Pillows della Hach n. cat. 14064-99). La lettura viene eseguita a 530 nm con spettrofotometro.

Parametri ecotossicologici Sui campioni sono stati eseguiti i saggi di tossicità con Daphnia magna e Vibrio fischeri; le metodiche di riferimento sono state riportate nella precedente fase di laboratorio. Inoltre è stata effettuata l’analisi dei macroinvertebrati con l’utilizzo dell’Indice Biotico Esteso (IBE), con lo scopo di valutare l’influenza dello scarico dei reflui del depuratore ed in particolare del trattamento di disinfezione, sulle biocenosi del torrente Alberone. Sono stati effettuate due serie di rilievi idrologici e di prelievi della fauna bentonica a macroinvertebrati in due siti del torrente Alberone, scelti rispettivamente a monte e a valle dello scarico dei reflui dell’impianto San Quirino; i prelievi sono stati eseguiti a distanza di circa otto mesi, rispettivamente prima dell’inizio del trattamento di disinfezione e alla fine della serie di campionamenti. I rilievi idrologici e, soprattutto, i prelievi dei macroinvertebrati bentonici sono necessari per l’applicazione dell’Indice Biotico Esteso (I.B.E.) che, esprimendo in termini numerici la risposta delle comunità macrozoobentoniche alle variazioni qualitative

delle acque, consente di pervenire ad un giudizio sulla qualità biologica delle stesse e sul grado d’inquinamento presente. L’esecuzione dei prelievi e dei rilevamenti sul torrente Alberone hanno avuto luogo il 30 aprile e il 18 novembre 2004 in due siti di studio: il primo collocato circa venti metri a monte della confluenza del canale di scarico dei reflui del depuratore ed il secondo posizionato circa quaranta metri a valle dello sbocco del canale di scarico stesso. Nei siti di prelievo, i rilievi morfologici del corso d’acqua sono stati eseguiti mediante cordicella metrica per le misure della larghezza dell’alveo e mediante asta centimetrata per la misura delle profondità dell’acqua; la temperatura delle acque è stata misurata mediante termometro digitale portatile; la stima della velocità superficiale dell’acqua è stata effettuata mediante il cronometraggio dello scorrimento di oggetti galleggianti lungo un percorso fisso; la tipologia e la stima della copertura vegetale dei fondali sono state constatate visivamente all’atto dei prelievi; i campionamenti dei macroinvertebrati bentonici sono stati eseguiti mediante un retino da benthos con 21 maglie/cm, procedendo secondo le modalità descritte da Ghetti. La pulizia dei campioni, il sorting e la determinazione dei macroinvertebrati bentonici sono stati effettuati in laboratorio con l’ausilio di un microscopio stereoscopico. Il materiale campionato, fissato inizialmente in formalina al 4% è stato conservato dopo il sorting in una soluzione di etanolo a 70°. Per il riconoscimento dei macroinvertebrati bentonici sono state utilizzate le guide CNR: Guide per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne italiane e Atlante per il riconoscimento dei macroinvertebrati dei corsi d’acqua italiani.


206

LA RICERCA APPLICATA

ESAME DEI RISULTATI A CAMPO PRESSO IL DEPURATORE DI PONTE SAN QUIRINO Vengono di seguito riportati i risultati delle determinazioni biologiche e chimico fisiche dei campionamenti eseguiti.

Analisi microbiologiche Anche nella fase su campo, gli andamenti della cariche batteriche in uscita dall’impianto di depurazione hanno evidenziato una notevole variabilità delle cariche batteriche, i cui valori medi sono riportati nella tabella 13, tuttavia l’abbattimento dopo il trattamento è risultato ottimale con una percentuale media di abbattimento di tutti gli indicatori batteriologici elevata (dalle 2 alle 3 unità logaritmiche), che si assesta attorno al 99%. È stata effettuata l’analisi statistica della varianza per valutare l’effetto del trattamento sui parametri microbiologici monitorati, considerando anche l’evoluzione nel tempo delle analisi (da marzo a settembre). I risultati dell’analisi statistica hanno evidenziato un significativo effetto del trattamento e l’abbattimento delle cariche per tutti i singoli parametri microbiologici analizzati. Tutte le cariche microbiche indagate, rilevate dopo la disinfezione, sono risultate largamente inferiori ai limiti di accettabilità prestabiliti sia della precedente legge 319/76 sia dell’attuale D.Lgs. 152/2006, come si può evincere dagli andamenti delle cariche batteriche riportate nelle figure A e B. L’unico episodio di scarso abbattimento della carica batterica (campionamento n. 8), si è verificato a causa di una disfunzione dell’impianto di dosaggio del disinfettante.

Figura A. Valori delle cariche di Escherichia coli prima e dopo il trattamento con acido peracetico.

Figura B. Valori delle cariche batteriche prima e dopo il trattamento con acido peracetico.

Analisi chimiche I parametri chimico fisici analizzati durante il funzionamento dell’impianto, hanno evinto alcune variazioni tra i valori in ingresso ed in uscita dall’impianto di disinfezione, in particolare sono stati rilevati una lieve diminuzione del pH, un aumento del potenziale

redox e del COD. Tuttavia, in generale, tutti i parametri rientrano ampiamente nei limiti di accettabilità stabiliti dalla normativa vigente sulla tutela delle acque. Nelle tabelle successive sono riportate le medie dei valori rilevati.

Tabella 13. Media dei valori delle cariche batteriche in ingresso ed uscita dall’impianto di disinfezione e percentuale media di abbattimento.

Coliformi totali Coliformi fecali Escherichia coli Streptococ. fecali

Media Ingresso (Bi) MPN/100 ml

Dev. Stand. Ingresso MPN/100 ml

Media Uscita (Bs) MPN/100 ml

Dev. Stand. Uscita MPN/100 ml

Abbattimento medio (%) (Bi-Bs)/Bi x100

Analisi della varianza

533273 188455 122091 28918

437094,98 183725,54 83731,06 25967,78

3682 1425 1045 329

7489,56 3058,69 3074,42 477,34

99,31 99,24 99,14 98,86

P = 0,0028 P = 0,0059 P = 0,0040 P = 0,0164


LA RICERCA APPLICATA

Unità misura mg/l mg/l mg/l mg/l

PAA (residuo) Solidi sospesi totali mg/l Azoto ammoniacale COD

Media Ingresso – 16,0 6,8 32,8

In alto: tabella 14. Valori medi e deviazione standard dei parametri chimici analizzati.

Temperatura Conducibilità Ossigeno disciolto Ossigeno disciolto pH Potenziale redox Torbidità

Dev. Stand. Ingresso – ± 1,41 ± 6,47 ± 15,74

Media Uscita 0,6 15,5 6,3 35,6

207

Dev. Stand. Uscita ± 0,33 ± 4,94 ± 6,44 ± 11,43

In basso: tabella 15. Valori medi e deviazione standard dei parametri chimico fisici rilevati con la sonda multiparametrica Idromar Apwin.

Unità misura (°C) (μS/cm) (% sat.) mg/l – (mV) (FTU)

Media Ingresso 17,9 855 57,6 5,4 7,6 263,7 8,8

Analisi ecotossicologiche Il saggio di tossicità con Daphnia magna non ha evidenziato, in nessuno dei campionamenti eseguiti, la presenza di tossicità acuta sia nei reflui in uscita dalla sedimentazione secondaria dell’impianto, sia nei campioni prelevati dopo il trattamento di disinfezione con l’acido peracetico. Il saggio con Vibrio fischeri-Microtox (batteri luminescenti) che nella fase di laboratorio è stato particolarmente sensibile ai dosaggi del disinfettante, in questa fase non ha evinto particolari segnali di tossicità ad eccezione di due campionamenti (4º e 8º), nei quali è stata riscontrata una leggera tossicità. I risultati dei test sono riportati come EC 50 ossia la percentuale di campione tal quale che determina un effetto del 50% (mortalità, riduzione di luminescenza), rispetto al bianco di riferimento. Figura C. Andamento dei valori di EC 50 nei saggi ecotossicologici eseguiti.

Dev. Stand. Ingresso ± 3,37 ± 56,23 ± 11,91 ± 1,13 ± 0,37 ± 35,59 ± 5,80

Media Uscita 17,9 838 86,8 8,2 7,5 286,1 5,9

Dev. Stand. Uscita ± 3,43 ± 67,24 ± 31,51 ± 3,18 ± 0,16 ± 52,23 ± 2,51

Analisi macroinvertebrati (IBE) – Metodo APAT 29/2003 Vol. 3 9010 I campionamenti e l’analisi della fauna a macroinvertebrati bentonici con successiva applicazione dell’Indice Biotico Esteso (IBE) sono stati eseguiti sulla base di due campionamenti eseguiti rispettivamente prima dell’attivazione del trattamento di disinfezione e dopo otto mesi di funzionamento dell’impianto. Campionamento del 30 aprile 2004 Sito sul torrente Alberone a monte dello scarico del depuratore di Ponte San Quirino Il popolamento bentonico a macroinvertebrati è risultato caratterizzato da una biodiversità abbastanza elevata (23 unità sistematiche rinvenute) e dalla presenza di diversi gruppi di macroinvertebrati indicatori di acque di buona qualità come ad esempio gli Efemerotteri. L’indice IBE è risultato pari a 10, cui corrispondono acque appartenenti alla prima classe di qualità, tipiche di un ambiente non inquinato o non alterato in modo sensibile. Attenzione però alla quasi assenza dei Plecotteri, fatto che potrebbe rappresentare un segnale di degrado ambientale. Sito a valle dello scarico del depuratore di Ponte S. Quirino Il popolamento dei macroinvertebrati bentonici è risultato meno ricco di unità sistematiche (17) e meno diversificato rispetto a quello a monte dello scarico. In particolare, rispetto al bentos del sito a monte è stata osservata una minor presenza ed abbondanza di Efemerotteri e di Tricotteri. L’indice IBE è risultato pari a 9, cui corrispondono acque appartenenti alla seconda classe di qualità, tipiche di un ambiente con moderati sintomi di inquinamento o di alterazione.


208

LA RICERCA APPLICATA

In base ai risultati ottenuti è stato rilevato un leggero ma significativo peggioramento della qualità ecologica del torrente Alberone a valle dello scarico dei reflui del depuratore di Ponte San Quirino. Tabella 16. Risultati dell’Indice Biotico Esteso: campionamento del 30 aprile 2004.

Valore dell’Indice Biotico Esteso (I.B.E.) Classe di Qualità (da I a V)

Monte 10 I

Valle 9 II

Campionamento del 18 novembre 2004 Sito sul Torrente Alberone a monte dello scarico del depuratore di Ponte San Quirino La comunità di macroinvertebrati risulta costituita da 15 unità sistematiche (taxa). Il giudizio sulla qualità ecologica del sito esaminato sarebbe stato ancora più alto (qualità elevata) se il numero di taxa rinvenuti fosse stato superiore a 16. L’indice IBE è risultato compreso tra 9 e 10, cui corrispondono acque intermedio tra la I e la II classe di qualità. La qualità ecologica delle acque è risultata leggermente inferiore rispetto a quanto riscontrato nei controlli precedenti ed una situazione intermedia, tra un ambiente con moderati sintomi di alterazione ed un ambiente non alterato in modo sensibile. Sito a valle dello scarico del depuratore di Ponte S. Quirino Nel popolamento bentonico sono stati rinvenuti alcuni taxa indicatori di buona qualità ambientale, anche se numericamente più scarsi rispetto al sito a monte dello scarico. L’indice IBE è risultato compreso tra 9 e 10, cui corrispondono acque comprese tra la I e la II classe di qualità, tipiche di un ambiente con moderati sintomi di inquinamento o di alterazione ed un ambiente non alterato in modo sensibile. La qualità ecologica delle acque è risultata comunque leggermente migliore rispetto ai controlli precedenti.

Tabella 17. Risultati dell’Indice Biotico Esteso: campionamento del 18 novembre 2004.

Valore dell’Indice Biotico Esteso (IBE) Classe di Qualità (da I a V)

Monte 9-10 I-II

Valle 9-10 I-II

CONCLUSIONI I risultati ottenuti dal presente progetto di studio, condotto sia con una fase preliminare pilota di laboratorio, sia successivamente su un impianto di depurazione, hanno evidenziato le buone proprietà battericide del PAA sugli indicatori di contaminazione fecale. Nelle prove sull’impianto è stato utilizzato il prodotto commerciale Bactipal 15-23, e concentrazioni di PAA pari 3 mg/l (principio attivo) per un tempo di contatto di 30 minuti. Gli abbattimenti delle cariche batteriche rilevati hanno raggiunto percentuali di oltre il 99%, garantendo pertanto negli effluenti, il rispetto dei limiti dei parametri microbiologici richiesti dalla vigente normativa (D.Lgs. 152/2006 tab. 3 all. 5 parte III) e da quella pregressa (ex legge Merli 319/76 tabelle A-C). Tali risultati sono in linea con altre esperienze su impianti convenzionali, in cui dosaggi di PAA compresi tra 1 e 10 mg/l variabili in funzione della portata in ingresso della vasca di disinfezione e tempi di contatto tra 5 e 60 minuti, hanno consentito l’ottemperanza agli specifici limiti di legge. Per quanto concerne gli aspetti chimici, il PAA che in acqua si decompone in acido acetico, acqua e ossigeno, causa negli effluenti trattati una leggera diminuzione di pH, un lieve aumento di COD e del potenziale redox, come osservato anche da Pergetti et al. e Crathorne et al. Nel caso delle prove in oggetto, le variazioni rilevate dei parametri chimico fisici sono risultate di trascurabile entità e tali da non influenzare il rispetto dei limiti tabellari. Le concentrazioni residue di PAA misurate nei reflui trattati durante le prove sull’impianto, sono state di 0,6 ± 0,33 mg/l; dalle analisi di reflui trattati con PAA di 5 depuratori, sono risultate concentrazioni residue del disinfettante comprese tra 0,2 ÷ 1,33 mg/l. I saggi ecotossicologici eseguiti con Daphnia magna e Vibrio fischeri (Microtox), sui reflui in entrata ed uscita dall’impianto, non hanno evinto forme evidenti di tossicità acuta, contrariamente alla fase di laboratorio in cui era stata riscontrata tossicità con Vibrio fischeri. Nella valutazione della tossicità del PAA con tale saggio (Microtox), utilizzando un dosaggio di 5 mg/l di prodotto commerciale su un refluo, Mandra et al. hanno riscontrato una forte tossicità immediatamente dopo l’addizione, ma poi tale tossicità si riduceva del 75% dopo 15 minuti e del 94% in 20 ore. Secondo gli stessi autori dello studio, l’impatto del PAA sull’ambiente sarebbe limitato. L’analisi dei macroinvertebrati (IBE), eseguita prima e dopo l’utilizzo del PAA, non ha evidenziato effetti negativi nell’utilizzo del disinfettante sul torrente Alberone. Nel corso del primo campionamento, la stazione a valle dello scarico dell’impianto di depurazione era


LA RICERCA APPLICATA

caratterizzata da una qualità delle acque leggermente peggiore rispetto alla stazione a monte. Nel campionamento successivo, la qualità delle acque nelle due stazioni è leggermente variata, con un leggero miglioramento nella stazione a valle ed un peggioramento in quella a monte. Tali variazioni probabilmente non sono correlate con l’introduzione del sistema di disinfezione, ma appaiono maggiormente correlate agli andamenti stagionali e relativi periodi di abbondanza di precipitazioni e volumi idrici nell’alveo del torrente. In conclusione, le prove eseguite sia in laboratorio sia sull’impianto in scala reale, hanno confermato l’idoneità del PAA nella disinfezione delle acque reflue; oltre a rilevarne l’efficacia nell’abbattimento delle cariche batteriche (statisticamente significative), con i dosaggi utilizzati nelle prove in oggetto si è potuto contestualmente verificare l’assenza di controindicazioni per l’ambiente circostante. Dal punto di vista tecnologico, l’utilizzo del PAA è relativamente semplice qualora si disponga di una va-

209

sca di contatto o dello spazio per realizzarla. Oltre ad essa, infatti, sono necessari una idonea vasca o serbatoio per il prodotto ed il sistema di dosaggio comprendente un misuratore di portata e le pompe dosatrici. Sono peraltro disponibili sul mercato colonne di contatto che, oltre ad occupare uno spazio relativamente ridotto, permettono una adeguata miscelazione tra PAA e acque reflue. Unica precauzione da adottare, considerata la forte azione ossidante del prodotto, è l’utilizzo di attrezzature adeguate (tubazioni, raccorderia e vasche in materiale plastico, vetroresina, calcestruzzo o acciaio inox). Nella prova eseguita, infatti, si sono verificati alcuni inconvenienti tecnici, peraltro risolti facilmente, dovuti alla corrosione di alcune parti di raccorderia. Si consigliano prove preliminari di laboratorio prima dell’applicazione sull’impianto, allo scopo di individuare le migliori condizioni di utilizzo del PAA (concentrazioni e tempistiche di contatto), per le specifiche caratteristiche microbiologiche e chimico-fisiche delle acque reflue da trattare.



VI CAPITOLO SESTO

Andrea Martini, Alessandro Patriarca

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

IL POZZO E LA FONTANA PUBBLICA COME CENTRO DI OPEROSITÀ Il tema principale su cui ruota l’idea del progetto è “l’approvvigionamento dell’acqua nella storia dei borghi rurali”. L’idea progettuale si ‘nutre’ di archivi fotografici e testimonianze che riportano la presenza di pozzi d’acqua e, successivamente, di fontane pubbliche caratterizzanti le piazze dei centri urbani. Storicamente, prima dell’arrivo dell’acqua potabile in ogni abitazione, i pozzi, così come i lavatoi per gli indumenti ai bordi delle rogge, erano elementi caratterizzanti delle realtà friulane. Oggi la funzione del pozzo è stata cancellata dalla modernità e dall’accessibilità del bene acqua per le masse. Il tema recupera, accanto alla filosofia del lavoro di approvvigionamento dell’acqua, quei valori di tempi… semplici immemori degli agi e degli onori…, dove l’elemento di arredo urbano era strettamente collegato alla forma e alla funzione. L’Assemblea dei sindaci dell’Acquedotto Poiana, nel dare mandato alla società di procedere alla realizzazione di dieci case dell’acqua, ha optato per un modello qualificato e omogeneo che ricalcasse l’idea progettuale di quella già realizzata dal comune di Remanzacco. L’occasione avrebbe così consentito di ricordare con un’opera destinata a durare nel tempo i cento anni di vita del consorzio.

una composizione di triangoli che, ruotando sul vertice, generano la forma compositiva dell’esagono. L’osservazione di come si rapportano funzionalmente le parti di connessione che legano gli apici del cristallo di neve ha creato lo spunto per la definizione degli ingressi e delle sedute. Il cristallo di neve è la pianta aerea della casa dell’acqua.

GEOMETRIA DI UNA FORMA PURA: IL CRISTALLO DI NEVE

FONDAMENTA CONCETTUALI DI UN CONTEMPORANEO LUOGO DI AGGREGAZIONE

La composizione della forma, che determina l’impianto architettonico della struttura, nasce dall’osservazione empirica del cristallo di neve. La purezza dell’esagono e del triangolo della pianta viene tratta dallo studio formale della struttura dell’acqua nella sua forma solida di cristallo di ghiaccio. I cristalli di ghiaccio si aggregano gli uni agli altri grazie alla complessità della loro forma: dal loro comportamento in natura è nata l’ispirazione per creare

a

b

c

d

e

f

Genesi della forma della casa dell’acqua, tratta dalla forma dei cristalli di neve.

L’aggregazione “L’aggregazione” è un’altro tema che caratterizza la casa dell’acqua. Storicamente l’approvvigionamento al pozzo e alla fontana includeva un momento unico di aggregazione e scambio di relazioni tra la gente. Un’eredità importante dei nostri nonni.


212

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Il pozzo di Remanzacco presso l’attuale piazza Don Cornelio Missio, alla fine dell’Ottocento (archivio fotografico storico del Comune di Remanzacco).

Schizzo assonometrico della casa dell’acqua.

Eccoli seduti sulla panca di pietra nel loro borgo con i vicini, eccoli intenti a chiacchierare mentre lavorano, eccoli stanchi la sera a scherzare insieme e a raccontarsi storie. La casa dell’acqua vuole testimoniare l’aggregazione come valore aggiunto e fondante di un ben-essere e un ben-stare da condividere con i vicini, vuole contrastare l’individualismo della modernità affermando la tradizione friulana del “dâsi une man” e “insieme si cumbine”. Questa è un’eredità culturale da trasmettere che deve uscire da fotografie sbiadite in bianco e nero e ritornare a vivere. La casa dell’acqua vuole “darle forma”: la sua pianta esagonale è simbolo di persone che parlano in cerchio, la sua composizione architettonica impedisce che qualcuno sia escluso. La configurazione architettonica-volumetrica-funzionale è quella di un pozzo tradizionale: si è scelto di richiamare l’elemento esagonale per l’esterno della struttura. Sono presenti tre ingressi, distribuiti ad uguale distanza sull’esagono, per accogliere dai diversi lati gli utenti. Questo farà sì che la struttura non sarà caratterizzata da un fronte ed un retro, ma da un elemento in grado di accogliere a 360 gradi le persone. Veduta ottocentesca della piazza Don Cornelio Missio a Remanzacco, sullo sfondo si vede il pozzo con la sua copertura (archivio fotografico storico del Comune di Remanzacco).

La geometria dell’esagono definirà su altrettanti lati dei luoghi di sosta attrezzati con panche molto semplici. Il luogo di approvvigionamento dell’acqua sarà poi definito da un vano esagonale con un piano di appoggio in pietra ed un vano tecnico protetto per gli impianti. Gli erogatori non si richiamano a “freddi” distributori bancomat ma a “rubinetti tradizionali”, con appoggi in pietra per le bottiglie o per piccole taniche di uso comune. Il lavabo/lavandino esterno di pietra, presente nelle case rurali di un tempo, viene ripreso e rivisitato. La protezione dell’impianto è realizzata con una copertura in legno massiccio di castagno.

Collocazione e armonizzazione con “l’intorno” Il progetto prevede la sistemazione dell’opera in corrispondenza di spazi pubblici quali piazze, aree verdi, parchi e parcheggi. La casa dell’acqua è collocata in un punto strategico e centrale del centro abitato, dove se ne può scorgere la presenza da più di una strada di accesso. L’idea fondante si riassume in due parole: aghe nestre (acqua nostra): è la comodità del rifornimento per tutti, automuniti e non, giovani e anziani, ciclisti in sosta e bimbi assetati. La conformazione architettonica in pianta della casa dell’acqua permette una perfetta integrazione nel contesto d’intorno: l’oggetto geometrico è privo di un “retro”. Come un Giano bifronte nella mitologia, la casa dell’acqua ha solo facce e nessun lato preferenziale di accesso e di veduta. Questo favorisce e facilita l’inserimento in contesti anche molto differenti e il “dialogo” con quartieri urbani non omogenei dal punto di vista architettonico. È il carattere stesso dell’oggetto che è in grado di rapportarsi con i differenti “intorno”, affermando se stesso e la sua identità progettuale, senza forzature e volontà di sopraffazione.


AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

213

La struttura è costituita da sei pilastri inclinati e radicati al suolo, è lievemente interrata a rafforzare la volontà di radicamento con il contesto urbano ospitante. Questi elementi portanti lievemente inclinati, assieme alla ridotta altezza del manufatto, favoriscono la contestualizzazione del progetto all’interno delle differenti aree paesane. L’inclinazione delle travi del tetto e l’apertura dello stesso (colmo in materiale trasparente) spingono lo sguardo del visitatore verso il cielo, fonte d’origine di quell’acqua che in questa casa trova il suo piccolo ‘tempio’. Il nostro intorno si può modificare anche in un’opera di dimensione minore che, per sua intrinseca funzione, diviene punto d’incontro e di sosta per molti. Il progetto garantisce l’accessibilità di tutti gli spazi da parte di persone diversamente abili. Uno dei tre accessi alla “Casa dell’acqua” è realizzato con una rampa appositamente progettata. L’acqua è per tutti ed è di tutti. Render della casa dell’acqua di Cividale del Friuli.

Assonometria delle opere a terra.


214

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Assonometria dell’edicola centrale di distribuzione dell’acqua.

Caratteristiche dei materiali prescelti I materiali dell’edilizia storica rurale utilizzati fanno parte della nostra identità più profonda: pietra come gli usci e i portali delle case rurali, legno come i pavimenti e le travi, argilla e sassi per muri. I motivi che hanno spinto alla scelta dei materiali tradizionali sono il risultato dei sopraluoghi effettuati nelle aree oggetto d’interesse. Generalmente i nostri centri abitati sono caratterizzati da alcuni edifici rurali semplici, dove l’impiego di

La casa dell’acqua di Remanzacco, a cui ci si è ispirati.

pietra, sassi, laterizi e legno nelle facciate diventa già tema progettuale. Nella casa dell’acqua, la sede dei percorsi pavimentati è in laterizi disposti su disegni geometrici variabili. La struttura della copertura è in legno di castagno con piastre e profili di acciaio collaborante. Vista assonometrica arredata del piano terra della casa dell’acqua. Si notano le pavimentazioni in laterizio, le seggiole delle panchine in legno di castagno massello, i rivestimenti dell’edicola centrale e dei muri in elevazione in pietra.


AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Vista assonometrica della struttura di copertura.

L’aspetto esteriore dell’intradosso della copertura è quello di una copertura tradizionale friulana in pianelle su di un orditura in legno. L’estradosso del solaio di copertura sarà realizzato in lamiera aggraffata verniciata, così come le gronde, i canali e le scossaline. Il progetto nasce dalla volontà di recuperare un’identità storica forte e il ruolo dell’artigiano, maestro dell’arte del saper fare, esperto nel creare l’armonia con l’equilibrio delle proporzioni e il dialogo degli elementi materiali utilizzati.

215

Vista assonometrica della struttura della casa dell’acqua vista da terra.

I processi artigianali tutelano l’unicità dell’opera e la caratterizzano infondendole la bellezza del loro sapere antico e pratico, dove l’imperfezione fa parte della natura stessa del materiale e di chi sapientemente lo utilizza e lo modifica. Questo costruire a mano e con cura dell’artigiano valorizza la percezione della casa dell’acqua e la riempie di energia, rende cara l’opera ai nostri occhi. Spaccato assonometrico verticale sezionato della casa dell’acqua.


216

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Spaccato assonometrico verticale della casa dell’acqua. Pianta della casa dell’acqua.

Odori, suoni ed energia di costruzioni fatte dalla comunità per durare, a servizio di tutti e nell’interesse della collettività per riscoprire il valore della socialità in una dimora progettata.

La tecnologia utilizzata per l’erogazione dell’acqua refrigerata e gassata Abbiamo parlato di architettura ora passiamo all’ingegneria dell’impianto. Esso è stato progettato nel rispetto del Decreto del Ministero della Salute n. 25 del 7 febbraio 2012 “Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell’acqua destinata al consumo umano”, del Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001 “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”, del D.M. 174/04 “Regolamento


AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano” e della Legge n. 46/90 “Norme per la sicurezza degli impianti”. Con l’Azienda per i Servizi Sanitari n. 4 “Medio Friuli”, Dipartimento di prevenzione-igiene degli alimenti e della nutrizione, è stato definito un Piano di Autocontrollo con periodicità non inferiore al trimestre, con il seguente elenco di parametri minimi da monitorare: – batteri coliformi a 37°C; – Escherichia coli; – enterococchi; – Pseudomonas; – aeruginosa; – conteggio delle colonie a 22°C; – conteggio delle colonie a 37°C. L’erogazione sarà effettuata su due punti della struttura con erogatori indipendenti. Le apparecchiature forniranno acqua naturale fredda e acqua fredda gassata da entrambi i due punti di erogazione in grado, con un sistema “multi prezzo”, di gestire importi differenti per l’acquisto delle due tipologie di acqua e attivabili a pagamento con monete e con chiavetta/card elettronica. In ogni caso, il comando di erogazione è dato da pulsanti anti vandalo piezoelettrici. L’impianto è dotato di un gruppo di sanitizzazione automatico con l’impiego di adeguati filtri batteriostatici, lampade UV ed erogatori con sistema di disinfezione con lampade UV-LED. Sostanzialmente le apparecchiature sono costituite da:

Sezione della casa dell’acqua.

corona in acciaio

copertura in lamiera aggraffata zincata / verniciata

pannello osb

pannello osb

arcarecci

arcarecci terzere 14*10

terzere 14*10

travi in legno massiccio di castagno 16*12

canale di gronda in lamiera aggraffata zincata / verniciata

rivestimento pilastri in acciaio

copertina in cemento

FORO di ventilazione base 40cm h 20 cm

magrone 10 cm

– un contatore volumetrico; – un filtro autopulente di sicurezza per eliminare dall’acqua sabbia e corpi estranei fino a una granulometria di 90 micron, al fine di prevenire corrosioni puntiformi e danni alle tubazioni, alle apparecchiature ed al valvolame; – due filtri a carboni attivi per il trattamento dell’acqua potabile per ridurre al minimo al punto di erogazione il contenuto di inquinanti chimici, cloro, odori e sapori sgradevoli; – un gruppo di raffreddamento e gassatura in grado di refrigerare come massima prestazione oraria 240 lt/ora, completo di pompa e carbonatatore; – due impianti di disinfezione e debatterizzazione dell’acqua a raggi ultravioletti, dotati di sistema di accensione e di spegnimento segnalato mediante led luminoso lampada sotto tensione, corpo in acciaio inossidabile AISI 304; – quattro contatori volumetrici di precisione in verton, per il controllo delle portate di bevande; – due sistemi di erogazione acqua con sistema di protezione batterica dell’interno dell’erogatore e pulsanti anti vandalo piezoelettrici IP68 dell’erogazione dell’acqua; – due sistemi automatici di gestione dell’impianto costituiti da una centralina elettronica a microprocessori in grado di gestire automaticamente tutte le fasi di erogazione, disinfezione e di risciacquo; – un gruppo di sanitizzazione automatica giornaliera, costituito da una pompa dosatrice a funzionamento elettronico per il dosaggio di una soluzione stabilizzata a base di perossido d’idrogeno ed argento;

Particolare dei lavabi ed erogatori della casa dell’acqua.

cupolino esagonale in plexiglass

platea cm 25

217

armadio tecnico

seduta


218

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Vista assonometrica della struttura portante della casa dell’acqua.

Casa dell’acqua di Cividale del Friuli, in località Rualis. Posa dell’edicola centrale prefabbricata in cemento armato.

Casa dell’acqua di Cividale del Friuli, località Rualis. Struttura al grezzo.


AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

Casa dell’acqua di Moimacco, Centro via Chiarandis. Strutture di fondazione.

219

Casa dell’acqua di Moimacco, Centro via Chiarandis. Struttura al grezzo. Casa dell’acqua di Premariacco, preparazione delle fondazioni.

– due sistemi “multi prezzo” di pagamento dell’acqua erogata, con gettoniera elettronica RM5; – due lettori di chiave elettronica e scheda elettronica (card) per eseguire vendite senza denaro. Questo costituisce un sistema di pagamento pre-pagato e ricaricabile; – un gruppo di interscambio banchi bombole, su segnale di bassa pressione della linea in esercizio; – due rastrelliere per bombole; – due rampe modulari con 2 posti di collegamento per alta pressione, completa di valvole cromate e dispositivo antitravaso; – quattro serpentine complete di raccordi per alta pressione in PTFE.

Casa dell’acqua di Manzano, Centro via Zorutti. Preparazione dei casseri per il getto dei muri in elevazione.

Posa dell’edicola centrale della nascente casa dell’acqua a Buttrio.



VII CAPITOLO SETTIMO

In questi due volumi abbiamo parlato di storia, crescita, investimenti, ricerca e progetti dell’Acquedotto Poiana. Dietro a tutto questo, dalla sua fondazione c’è la forza propulsiva più importante: le persone. Sono queste ultime che ‘fanno’ l’azienda, con il loro lavoro, capacità, comportamento. È questa l’importantissima chiave di lettura dell’Acquedotto Poiana, che non è fatto di soli tubi, muri, serbatoi, computer e scrivanie, mezzi e strumenti, ma soprattutto di persone. Quando, con un gesto semplice e automatico, apriamo un rubinetto non ci rendiamo conto di quanto lavoro si celi dietro quell’acqua che vi sgorga. In queste ultime pagine vogliamo far conoscere come l’azienda è organizzata, quali sono i compiti degli amministratori e del personale dipendente. Di coloro che hanno operato per l’acquedotto nell’arco di un secolo, purtroppo ci sono noti ben pochi volti. Pensiamo sia bello lasciare un volto di tutti gli ‘attori’ del Poiana nell’anno del centenario. L’evoluzione impressa dal Consiglio di Amministrazione, tesa a sviluppare soluzioni più agili e flessibili, ha dato un forte segnale al personale per migliorare l’efficacia operativa attraverso l’assegnazione alle posizioni lavorative apicali della responsabilità diretta sugli atti di competenza, anche aventi rilevanza verso l’esterno. Restano ancora ampi spazi di miglioramento, che dovrà essere perseguito e continuato dagli ‘attori’ del domani. Uno dei punti nevralgici su cui si giocherà il futuro, non solo della nostra azienda, sarà la capacità di coniugare, con il necessario pragmatismo, il binomio qualità/produttività.

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

L’ASSEMBLEA DEI SOCI E IL COORDINAMENTO DEI SOCI

giorni, qualora la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato o qualora lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società. L’assemblea si riunisce in sede straordinaria nei casi previsti dalla legge. L’assemblea sia ordinaria sia straordinaria verrà altresì convocata, ai sensi dell’art. 2367 c.c., qualora ne facciano richiesta tanti soci che rappresentino almeno un decimo del capitale sociale, i quali, peraltro, dovranno indicare nella domanda gli argomenti da trattare. La convocazione su richiesta dei soci non è ammessa per argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta. L’assemblea ordinaria ha competenza in tutte le deliberazioni a questa riservate dalla legge e sulla nomina del presidente del consiglio di amministrazione. L’assemblea autorizza inoltre il compimento dei seguenti atti, ferma in ogni caso la responsabilità degli amministratori per gli atti compiuti, ai sensi dell’art. 2364, comma primo, n. 5), c.c.: a) sulla cessione e sulla dismissione di rami d’azienda per l’esercizio dei servizi pubblici affidati dagli enti locali; b) sulle operazioni di cessione o dismissione di partecipazioni in società controllate o collegate; c) sull’acquisto di partecipazioni societarie. L’assemblea esprime inoltre, entro il mese di febbraio di ogni anno, il proprio parere sul bilancio preventivo annuale, sul piano industriale e su altri eventuali documenti di tipo programmatico, predisposti dal consiglio di amministrazione prima della deliberazione di approvazione da parte del consiglio stesso.

Competenze dell’assemblea dei soci (dallo Statuto aziendale): L’assemblea si riunisce in sede ordinaria almeno un volta all’anno, entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, oppure entro centottanta

Competenze del coordinamento dei soci: Controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall’ente pubblico locale secondo modalità determinate con apposito regolamento dall’assemblea dei soci.


222

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

Comune di Buttrio

Comune di Moimacco

sindaco Tiziano Venturini

sindaco Manolo Sicco

Comune di Cividale del Friuli

Comune di Pavia di Udine

sindaco Stefano Balloch

sindaco Mauro Di Bert

Comune di Corno di Rosazzo

Comune di Pradamano

sindaco Loris Basso

sindaco Gabriele Pitassi

Comune di Manzano

Comune di Premariacco

sindaco Lidia Driutti

sindaco Rocco Ieracitano

Comune di San Pietro al Natisone

Comune di Remanzacco

sindaco Tiziano Manzini

sindaco Dario Angeli

Comune di Trivignano Udinese

Comune di San Giovanni al Natisone

sindaco Roberto Fedele

sindaco Franco Costantini


GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

223

IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

IL COLLEGIO SINDACALE

Competenze del Consiglio di Amministrazione (dallo Statuto aziendale): Il Consiglio di Amministrazione può delegare proprie attribuzioni, escluse quelle espressamente riservate per legge o dal presente statuto alla sua competenza, ai sensi, nei limiti e con le modalità di cui all’art. 2381 C.C. Il consiglio di amministrazione può altresì nominare procuratori determinandone i poteri e i limiti di firma o mandatari per determinate operazioni e per una durata limitata nel tempo delegando anche persone non facenti parte del consiglio di amministrazione quali dirigenti o dipendenti. Non sono delegabili, oltre a quelli che la legge riserva inderogabilmente al consiglio stesso, la decisione sui seguenti atti: a) i piani programma annuali e pluriennali e i budget di esercizio; b) la politica generale degli investimenti e dei prezzi; c) la nomina, sospensione e licenziamento del direttore generale; d) le convenzioni e gli accordi con i soggetti di diritto pubblico per l’accettazione e la modifica di contratti di servizio; e) l’assunzione di mutui; f) l’acquisto e la vendita di beni immobili e le operazioni immobiliari di importo superiore a euro 100.000,00 (centomila virgola zerozero). La rappresentanza della società di fronte ai terzi ed in giudizio spetta al presidente del Consiglio di Amministrazione o, in caso di sua assenza o impedimento, al Vice Presidente. Agli altri amministratori compete la rappresentanza nei limiti loro delegati dal Consiglio di Amministrazione. Per il compimento di alcune attività può essere, dal Consiglio di Amministrazione, attribuita la rappresentanza della società anche al Direttore generale, se nominato.

Il Collegio sindacale esercita l’attività di vigilanza sull’amministrazione e ha funzione di revisione legale dei conti.

presidente Attilio Vuga

membro e vicepresidente Paolo Marseu

membro Graziano Tilatti

presidente Roberto Zanini

sindaco effettivo Renato Tedeschi

sindaco effettivo Antonio Gonano

LA DIREZIONE GENERALE Competenze – Sovrintende all’andamento e alla gestione della società; – Dirige il personale; – Adotta i provvedimenti necessari per l’aggiornamento e il miglioramento del sistema di gestione della qualità.

direttore generale Alessandro Patriarca


224

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

IL PERSONALE

SERVIZIO AMMINISTRATIVO

La sua organizzazione si fonda su una serie di criteri: – adempiere alle prescrizioni imposte dalle Autorità competenti ed alle norme di legge; – consentire al personale di organizzare il proprio lavoro con autonomia, continuità e per settori omogenei; – garantire a ogni ufficio l’operatività anche in assenza di parte del personale; – regolare le fasi operative secondo percorsi standard e facilmente ricostruibili; – coordinare i vari uffici nelle fasi operative di istruttoria delle pratiche secondo schemi semplici ed efficienti, riequilibrandone il carico di lavoro; – formare e aggiornare il personale sulle nuove metodologie operative, anche provenienti dall’attività di ricerca aziendale; – informare il personale sugli obiettivi e sui risultati ottenuti.

Ufficio personale

La struttura organizzativa del personale Direzione Servizio amministrativo – – – –

ufficio personale ufficio contabilità e controllo di gestione ufficio contratti utenza ufficio fatturazione consumi idrici

Servizio tecnico – – – –

ufficio depurazione ufficio fognature ufficio acquedotto ufficio progettazione e lavori

– – – – –

Ufficio contabilità e controllo di gestione – – – – – – – – – – –

Servizio qualità aziendale

contabilità generale contabilità analitica bilanci (annuali, analitici, infrannuali, ecc.) contabilità fornitori (pagamenti fornitori, registrazione fatture, disposizioni di pagamento, mutui, ecc.) contabilità clienti (pagamento bollette, fatture lavori, depositi cauzionali, ecc.) controllo gestione finanziaria (banche, posta, cassa, ecc.) adempimenti fiscali (IVA, IRES, IRAP, comunicazione dati, ecc.) compilazione libri sociali contabilità magazzino, inventario contabilità cespiti calcolo tariffa servizio idrico

Ufficio contratti utenza – – – – – –

Servizio segreteria – ufficio contratti, appalti, contratti immobiliari, disciplinari, concessioni, convenzioni, ecc. – ufficio protocollo – ufficio relazioni pubbliche, manifestazioni, eventi, pubblicazioni – ufficio deliberazioni Consiglio di Amministrazione, Assemblea dei soci, ATO e Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA

gestione appalto calcolo paghe presenze, previdenza sociale, infortuni, ecc. compilazione del libro unico del personale pratiche assunzione e cessazione rapporto di lavoro reperibilità

– – – – – –

informazioni pratiche contrattuali pratiche di allacciamento stato avanzamento pratiche contrattuali pratiche Qui Enel operazione riscossione e pagamenti di denaro in contante inserimento e variazioni dati pratiche contrattuali richiesta/variazione/revoca autorizzazione addebito permanente in conto aggiornamento software gestionale e adeguamenti normativi archiviazione contratti, moduli raccolti, ecc. fatturazione interventi “non bollettabili” commissioni esterne

– ufficio qualità

Ufficio fatturazione consumi idrici

Servizio sicurezza e salute lavoratori

– gestione appalto servizio di rilevamento consumi – predisposizione/acquisizione letture su terminali letturisti – predisposizione calcolo fatture consumi idrici con inserimento addebiti/accrediti agli utenti interessati

Servizio di gestione e controllo (D.Lgs. 231/2001) Servizio di protezione dei dati personali


GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

– predisposizione calcolo fatture consumi idrici con inserimento addebiti a nuovi utenti – gestione parco contatori – gestione altre segnalazioni dei letturisti – gestione letture anomale – registrazione sul protocollo dichiarazioni esportatori – calcolo ed emissione fatture consumi idrici – trasferimento incassi RID banche e posta – aggiornamento software gestionale e adeguamenti normativi – programmazione giri letture e cicli di fatturazione – controlli riservati al gestore dal capitolato speciale d’appalto servizio di rilevamento consumi idrici al contatore – gestione consumi/fatturazione subdistributori (CAFC, Poiana) – analisi dei consumi e dei bilanci idrici di distretto – generazione, stampa e vidimazione registro ruoli – invio all’Agenzia delle Entrate dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento – invio all’anagrafe tributaria dati contratti di somministrazione di servizi idrici – registrazione incasso fatture consumi idrici – gestione pratiche assicurazione perdite occulte – produzione elenco utenti a credito – produzione elenco utenti insolventi – procedure di recupero crediti

SERVIZIO TECNICO Ufficio depurazione – Gestione processi depurativi – Controllo e regolazione processi • regolazione parametri di processo • verifica qualità acque di processo • controllo funzionamento apparecchiature • verifiche idrauliche, elettriche • telecontrollo impianti – Manutenzione ordinaria impianti • ingrassaggio, sostituzione parti soggette a usura, protezioni elettriche, ecc. • pulizia strumenti, vasche, condotti, griglie e area del depuratore • gestione appalto sfalcio e taglio siepi nell’area dei depuratori • derattizzazione area depuratori – Manutenzione straordinaria impianti • sostituzione apparecchiature, revisione apparecchiature, riparazione impianti elettrici, revisione impianti elettrici, adeguamenti normativi impianti, ecc. • compilazione e controllo libretti di manutenzione • verifiche impianti elettrici, di terra, recipienti in pressione ai sensi della normativa sulla sicurezza sul lavoro

225

Capo servizio e responsabile ufficio contabilità e controllo di gestione. Responsabile ufficio qualità Claudia Casarsa

Si occupa delle procedure amministrative, contabili e fiscali dell’azienda, predispone i bilanci preventivi e consuntivi, segue il controllo di gestione interno. Svolge attività in ambito di tariffazione del sistema idrico integrato. Segue la gestione del sistema di gestione integrato qualità e sicurezza e salute sul lavoro aziendale.

Responsabile ufficio personale Marinella Gremese

Svolge compiti amministrativi relativi alle risorse umane, in particolare pratiche di assunzione e cessazione del rapporto di lavoro, predisposizione delle paghe, versamento di imposte e contributi, programmi di formazione.

Responsabile ufficio fatturazione e consumi idrici Fabio Orsettigh

Coordina il processo di bollettazione, dal rilevamento dei consumi idrici all’emissione delle fatture, garantendo il controllo e la correzione delle anomalie rilevate. Registra gli incassi, verifica le posizioni debitorie e attiva il recupero crediti. Gestisce le pratiche di assicurazione perdite occulte e provvede agli sgravi. Fornisce i dati per l’analisi dei consumi per i bilanci idrici di distretto. Cura l’aggiornamento software gestionale.

Addetto ufficio fatturazione e consumi idrici Manuela Grattoni

Si occupa della predisposizione e acquisizione delle letture su terminali, nonché della gestione delle segnalazioni dei letturisti. Esegue l’inserimento e le variazioni dei dati conseguenti alle pratiche contrattuali e registra i fogli lavori. Provvede al calcolo delle fatture consumi idrici. Effettua il trasferimento degli incassi RID banche e posta. Gestisce il parco contatori aziendale.


226

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

Ufficio fognature Responsabile ufficio contratti, informazioni e Qui Enel Susy Guion

Addetto ufficio contratti, informazioni e Qui Enel Denise Pelini

Provvedono, in coordinazione, alla gestione dei rapporti con tutte le tipologie di utenza del servizio idrico integrato, svolgendo le varie pratiche di attivazione, cessazione e variazione contrattuale. Offrono attività di carattere informativo. Forniscono, relativamente alle utenze, attività di supporto all’ufficio acquedotto. Gestiscono le richieste e le pratiche contrattuali come corner Qui Enel ed Enel Energia SpA.

– Analisi acque reflue in ingresso, uscita e di processo – Gestione documentazione di impianto • compilazione e custodia registri di impianto • compilazioni documenti di carico e scarico rifiuti di impianto (fanghi, rifiuti assimilabili agli urbani, apparecchiature da rottamare, ecc.) • validazione, analisi e archiviazione referti di prova dei campioni sulle acque reflue – Smaltimento fanghi di supero • preparazione dei fanghi da smaltire • carico dei fanghi da smaltire • gestione dei documenti di carico e scarico rifiuti • direzione lavori appalto smaltimento fanghi di depurazione – Smaltimento rifiuti assimilabili agli urbani • gestione e smaltimento rifiuti solidi urbani prodotti prodotti presso gli impianti di grigliatura • richiesta autorizzazioni comunali allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani – Autorizzazioni scarico acque reflue urbane • richiesta o rinnovo autorizzazioni provinciali • trasmissione dati alla Provincia e al Comune – Gestione controlli fiscali ARPA, NOE, ecc. – Fatturazione acque reflue industriali • calcolo fatture • emissione fatture – Realizzazione di opere in diretta amministrazione • progettazione • realizzazione • collaudo • rendicontazione

– Controllo e regolazione sollevamenti fognari • controllo funzionamento apparecchiature • verifiche idrauliche, elettriche • regolazione funzionamento pompe • telecontrollo impianti – Manutenzione ordinaria impianti di sollevamento fognario • gestione appalto sfalcio e taglio siepi nell’area del sollevamento • ingrassaggio, sostituzione parti soggette a usura • pulizia strumenti, vasche, condotti, galleggianti – Manutenzione straordinaria sollevamenti • sostituzione apparecchiature, revisione apparecchiature, riparazione impianti elettrici, revisione impianti elettrici, adeguamenti normativi degli impianti • compilazione e controllo libretti di manutenzione • verifiche periodiche impianti elettrici, di terra, recipienti in pressione ai sensi della normativa sulla sicurezza sul lavoro – Manutenzione condotte fognarie • verifiche video ispettive • gestione appalto spurgo di condotte • messa in quota chiusini • sostituzione chiusini fognari, ripristino funzionalità chiusini e condotte • controllo e pulizia griglie sugli sfioratori di piena – Pulizia caditoie stradali • gestione appalto pulizia caditoie • manutenzione straordinaria sulle caditoie • messa in quota di caditoie stradali – Fatturazione acque reflue industriali • calcolo fatture • emissione fatture – Realizzazione di opere in diretta amministrazione • progettazione • realizzazione • collaudo • rendicontazione – Autorizzazioni all’allacciamento e allo scarico in pubblica fognatura • accettazione richiesta di allacciamento e autorizzazione allo scarico • controlli in cantiere sulla esecuzione dei lavori di allacciamento • rinnovo autorizzazioni allo scarico – Gestione controlli fiscali ARPA, NOE, ecc. – Autorizzazioni alla rottura del manto stradale • accettazione richiesta alla rottura del manto stradale su strade comunali • richieste ulteriori di permessi autorizzazioni su strade provinciali e regionali • controlli in cantiere sulla esecuzione dei lavori di ripristino stradale


GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

• gestione appalto ripristini stradali – Verifica utenze allacciate/allacciabili alla pubblica fognatura • sgravi • utenze allacciabili • istruttoria pratica per utenze allacciabili

Ufficio acquedotto – Manutenzione ordinaria • gestione appalto sfalcio e taglio siepi nell’area dell’impianto • ingrassaggio, sostituzione parti soggette a usura • pulizia strumenti, vasche, condotte, galleggianti – Manutenzione straordinaria • sostituzione apparecchiature, revisione apparecchiature, riparazione impianti elettrici, revisione impianti elettrici, adeguamenti normativi impianti, ecc. • compilazione e controllo libretti di manutenzione • verifiche impianti elettrici, di terra, recipienti in pressione ai sensi della normativa – Impianti di produzione • regolazione parametri di processo • controllo qualità acqua • controllo funzionamento apparecchiature • verifiche idrauliche, elettriche • verifiche periodiche impianti elettrici, di terra, recipienti in pressione, ecc. • compilazione registri di impianto – Impianti di potabilizzazione • regolazione parametri di processo • controllo funzionamento apparecchiature • verifiche periodiche idrauliche, elettriche, recipienti in pressione, ecc. • compilazione registri di impianto – Impianti di accumulo • regolazione parametri di processo • controllo funzionamento apparecchiature • verifiche idrauliche • compilazione registri di impianto

227

– Adduttrici • ricerca perdite • controllo portate pressioni • manutenzione ordinaria apparecchiature di manovra e regolazione • manutenzione straordinaria condotte e apparecchiature • riparazioni perdite idriche – Distributrici • ricerca perdite • controllo portate pressioni • georeferenziazione utenze • catasto idranti antincendi • utenze antincendio • analisi qualità acqua • potabilizzazione acqua • manutenzione ordinaria apparecchiature di regolazione e manovra • manutenzione straordinaria condotte e apparecchiature • riparazione perdite idriche – Allacciamenti idrici • richiesta allacciamenti idrici • esecuzione lavori di allacciamento • manutenzione allacciamenti esistenti – Autorizzazioni alla rottura del manto stradale • accettazione richiesta autorizzazione alla rottura del manto stradale su strade comunali • ulteriori richieste di permessi per rottura del manto stradale su strade provinciali e regionali • controlli in cantiere per il corretto ripristino dei manti stradali – Gestione controlli fiscali ARPA, NOE, ecc. – Gestione magazzino fisico aziendale • carico e scarico materiale • inventariazione materiale – Realizzazione di opere in diretta amministrazione • progettazione • realizzazione • collaudo • rendicontazione


228

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

Ufficio progettazione e lavori Capo servizio e responsabile ufficio progettazione e lavori Gabriele Sandri

Coordina il personale dell’ufficio progettazione e lavori e sovrintende a tutti i lavori aziendali. Tra le attività principali ricordiamo: la progettazione delle opere, la direzione lavori e contabilità lavori, il collaudo opere, il coordinamento sicurezza sui cantieri, l’ottimizzazione delle reti e degli impianti esistenti. Istruisce le pratiche antincendio, redige i bilanci idrici, aggiorna banche dati, cura la modellazione matematica delle reti, la pianificazione generale delle reti e degli impianti.

Progettista ufficio progettazione e lavori Loredana Braidotti

• progettazione opere • direzione lavori e contabilità lavori • collaudo opere • rendicontazione • coordinamento sicurezza sui cantieri • ottimizzazione reti e impianti esistenti • pratiche antincendio • analisi bilanci idrici • analisi perdite idriche con il metodo del minimo notturno su ogni distretto • aggiornamento banche dati sulle reti acquedottistiche e fognarie • modellazione matematica delle reti idrauliche e loro calibrazione • aggiornamento dei progetti generali sulla base delle nuove richieste • collaborazione con ATO per ricognizione cespiti e definizione piano d’ambito • ufficio ricerca per l’ottimizzazione dei sistemi gestionali e delle reti

Alla normale attività di progettazione affianca quella di modellistica di sistemi a rete di drenaggio urbano, in cui è specializzata; aggiorna banche dati. Responsabile ufficio acquedotto Silvio Colaone Progettista ufficio progettazione e lavori Zeno Kratter

È il responsabile dei sistemi informatici aziendali. Collabora con lo staff dell’ufficio progettazione e lavori alla progettazione; è incaricato della supervisione sul telecontrollo degli impianti acquedottistici.

Progettista ufficio progettazione e lavori Stefano Cimenti

Si occupa di progettazione, direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza sui cantieri.

Coordina le squadre operative del servizio acquedotto. Segue direttamente l’istruttoria delle pratiche acquedottistiche, in particolare per il rilascio delle autorizzazioni alla rottura del manto stradale. Gestisce i controlli fiscali ARPA, NOE, ecc., sovrintende alla realizzazione di opere in diretta amministrazione, programma i lavori di allacciamento, provvede alle verifiche obbligatorie di attrezzature e impianti, segue il servizio di segnalazione condotte.

Capo squadre operative acquedotto Mario Iussa

Organizza e sovrintende tutti gli interventi di gestione e manutenzione degli impianti di produzione di acqua potabile, di quelli di accumulo e della rete. Gli compete il monitoraggio delle portate delle pressioni di rete.


GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

Squadra operativa manutenzione rete e impianti Luca Mulloni

229

Squadra operativa utenze idriche Massimo Groppo

Oltre alle normali attività operative, coadiuva il capo squadra nell’organizzazione dei lavori; è incaricato della gestione del magazzino aziendale e della georeferenziazione delle utenze.

Squadra operativa manutenzione rete e impianti Renato Petris

Squadra operativa utenze idriche Lino Puppin

Insieme agli altri colleghi esegue la manutenzione delle condotte adduttrici e distributrici, delle apparecchiature di regolazione e degli organi di manovra. Oltre alle normali attività manutentive delle condotte esegue la fase propedeutica di ricerca perdite, con l’ausilio del correlatore.

Squadra operativa manutenzione rete e impianti Angelo Braidotti

Squadra operativa manutenzione rete e impianti Ivan Iaconcig

Squadra operativa utenze idriche Lorenzo Luongo

Squadra operativa utenze idriche Stefano Petris

Squadra operativa manutenzione rete e impianti Fabiano Domenis

I componenti di questa squadra eseguono la manutenzione delle condotte adduttrici e distributrici, delle apparecchiature di regolazione e degli organi di manovra.

I quattro componenti di questa squadra sono gli operatori del Poiana più conosciuti dagli utenti, in quanto eseguono i lavori di allacciamento e curano la manutenzione delle utenze.


230

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

Squadra operativa qualità acque potabili Silvio Qualizza

Squadra operativa manutenzione fognature e depuratori Beniamino Iussa

Squadra operativa qualità acque potabili Marco Spangaro

Squadra operativa manutenzione fognature e depuratori Giuseppe Mereu

L’attività specialistica di squadra è dedicata alla qualità dell’acqua erogata. Gli operatori gestiscono gli impianti di potabilizzazione, effettuano il controllo dell’acqua presso gli impianti e sulla rete, campionano l’acqua potabile per le analisi interne

Responsabile ufficio fognature e ufficio depurazione Paolo Dreossi

Coordina tutto il personale operativo del servizio fognatura e del servizio depurazione, controlla e regola i processi depurativi, gestisce il telecontrollo degli impianti di depurazione, valida le analisi dei campioni sulle acque reflue, cura lo smaltimento dei fanghi di supero, istruisce le pratiche per le autorizzazioni allo scarico delle acque depurate dei depuratori e degli sfioratori di piena fognari, si occupa di controlli fiscali ARPA, NOE, ecc., sovrintende alla realizzazione di opere in diretta amministrazione. Collabora alla progettazione degli impianti di depurazione e delle reti fognarie.

Addetto ufficio fognature e progettista ufficio progettazione e lavori Elisa Prodorutti

Conduce verifiche idrauliche sulle fognature, istruisce le pratiche autorizzative all’allacciamento e allo scarico in pubblica fognatura, le pratiche autorizzative alla rottura del manto stradale, verifica le utenze allacciate/allacciabili alla pubblica fognatura. Predispone i documenti relativi alla fatturazione delle acque reflue industriali.

Questa squadra esegue le normali operazioni manutentive sugli impianti di sollevamento fognario e sulle reti fognarie, collabora alle operazioni video ispettive, alle operazioni di spurgo condotte fognarie, realizza la messa in quota, ripristino e sostituzione di chiusini fognari, controlla e pulisce le griglie sugli sfioratori di piena, collabora alla pulizia delle caditoie stradali.

Addetto gestione depuratori Daniele Bernardinis

Il suo lavoro si svolge presso gli impianti di depurazione. Provvede alla manutenzione ordinaria degli impianti di depurazione, alla pulizia di vasche, condotte, griglie e aree dei depuratori, regola i processi a campo, compila il registro di impianto e campiona le acque reflue in ingresso, uscita e di processo.


GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

231

SERVIZIO SEGRETERIA Ufficio contratti, appalti, contratti immobiliari, disciplinari, concessioni, convenzioni, ecc.

Capo servizio e responsabile uffici segreteria Tosca Todone

– predisposizione elenchi secondo il regolamento dei contratti sotto soglia comunitaria per lavori, servizi, forniture e servizi di ingegneria ed architettura; – aggiornamento del regolamento dei contratti sotto soglia comunitaria per lavori, servizi, forniture e servizi di ingegneria ed architettura – verifica dichiarazioni ditte richiedenti l’iscrizione agli elenchi – acquisizione codice identificativo gara per ciascun lavoro, fornitura e servizio – predisposizione gare d’appalto (bandi, lettere invito, interpelli plurimi, ecc.) – pubblicità gare d’appalto sul sito aziendale, sito regionale ed altro secondo la normativa vigente – gestione informazioni sito regionale osservatorio dei lavori pubblici – gestione pratica appalto fino all’affidamento – predisposizione contratti d’appalto – gestione decreti di esproprio e di asservimento – gestione concessioni (acqua, attraversamenti ferroviari, stradali e demaniali, ecc.) – convenzioni con Comuni soci, ATO, Regione, università, scuole, ecc. – contratti per compravendite immobili, ecc.

Si occupa dell’istruttoria di disciplinari, concessioni, convenzioni, ecc., aggiorna e valida gli elenchi imprese e fornitori, predispone e gestisce le gare d’appalto, predispone i contratti per compravendite immobili, ecc. Provvede alle relazioni pubbliche, eventi, pubblicazioni, libri e all’aggiornamento del sito informativo aziendale. Infine predispone le deliberazioni di Consiglio di Amministrazione, Assemblea dei soci e Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA.

Addetto ufficio protocollo Maria Fiorini

Si occupa della gestione della posta in arrivo e partenza, nonché dei reclami scritti degli utenti.

Ufficio protocollo – gestione posta in arrivo e partenza – gestione reclami – smistamento posta in arrivo agli uffici competenti

Ufficio deliberazioni Consiglio di Amministrazione, Assemblea dei soci e Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA – predisposizione bozze deliberazioni del Consiglio di Amministrazione – predisposizione bozze dell’Assemblea dei soci – registrazione deliberazioni approvate sul libro delle delibere del Consiglio di Amministrazione vidimato – registrazione deliberazioni approvate sul libro delle delibere dell’Assemblea dei Soci vidimato – archiviazione delibere Consiglio di Amministrazione

– – – – –

archiviazione delle delibere dell’Assemblea dei Soci archiviazione delibere ATO comunicazioni ATO/Gestore tenuta documenti di controllo ATO su gestore assistenza, istruzione, verbalizzazione e trasmissione degli atti adottati dal Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA per il regolamento di attuazione del controllo analogo di cui all’art. 113 del D.Lgs. 267/2000

Ufficio relazioni pubbliche, manifestazioni, eventi, pubblicazioni – divulgazione pubblicazioni, libri, opuscoli, comunicazioni, ecc. – comunicazioni su quotidiani, riviste, pubblicazioni di notizie relative all’attività aziendale – aggiornamento sito informativo aziendale


232

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

SERVIZIO QUALITÀ AZIENDALE Ufficio qualità

– aggiornamento sistema di qualità aziendale – assistenza all’ente certificatore durante le visite di controllo annuale – riesame annuale del sistema di qualità

SERVIZIO SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI Datore di lavoro Responsabile servizio prevenzione e protezione Medico competente Rappresentante lavoratori sicurezza Dirigenti e preposti – predisposizione del modello di gestione della sicurezza e salute dei lavoratori secondo la OHSAS 18001 – certificazione aziendale secondo OHSAS 18001 – aggiornamento del sistema di gestione della sicurezza e salute dei lavoratori – assistenza all’ente certificatore durante le visite di controllo annuale revisioni dell’ente certificatore – riesame annuale del sistema di gestione della sicurezza

SERVIZIO DI GESTIONE E CONTROLLO AZIENDALE (D.LGS. 231/2001) Consiglio di amministrazione Direzione Uffici aziendali Organo di vigilanza – predisposizione del modello di organizzazione, gestione e controllo aziendale – attivazione delle procedure organizzative aziendali – controllo del rispetto delle procedure organizzative applicate – assistenza all’organismo di vigilanza – riesame annuale del modello organizzativo – assistenza all’organismo di vigilanza

SERVIZIO DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Consiglio di amministrazione Responsabile del trattamento dei dati personali Incaricati interni Incaricati esterni Responsabili esterni Amministratori di sistema – aggiornamento annuale del documento programmatico sulla sicurezza dei dati personali – verifica dell’applicazione dei contenuti del documento programmatico sulla sicurezza dei dati personali


INDICE

I

I

Alessandro Patriarca, Claudia Casarsa

LA CRESCITA AZIENDALE

LA FORMAZIONE DELLA SQUADRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Le emergenze affrontate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 LE CRITICITÀ DELLA RETE ACQUEDOTTISTICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 GLI OBIETTIVI SULL’ACQUEDOTTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Qualità degli acquiferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 La vulnerabilità degli acquiferi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Costi di produzione dell’acqua potabile. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Conoscenza puntuale dell’acquedotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Qualità dei materiali utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti 10 Modalità di dimensionamento e calcolo automatico degli acquedotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Il telecontrollo dell’acquedotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Regolazione delle interferenze con altri sistemi a rete ipogei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Verifica delle performance dell’acquedotto mediante il calcolo automatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 Regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche. 12 L’interconnessione delle reti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Controllo della qualità dell’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Piano di emergenza quantitativa e qualitativa dell’acquedotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 L’ACQUISIZIONE DEL SERVIZIO DI FOGNATURA E DEPURAZIONE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14 LA GESTIONE DEI DEPURATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 GLI OBIETTIVI SULLE FOGNATURE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Qualità delle acque reflue immesse in rete . . . . . . . . . . . . . . 15 Costi di vettoriamento delle acque reflue . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Conoscenza puntuale delle fognature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Qualità dei materiali utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Pianificazione e progettazione multidisciplinare delle reti . 17 Modalità di dimensionamento e calcolo automatico delle fognature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Controllo delle fognature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Regolamentazione delle interconnessioni con altri sistemi a rete. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Verifica delle performance delle fognature mediante il calcolo automatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Regolazione automatica delle caratteristiche idrauliche 25 Interconnessioni con altri sistemi fognari . . . . . . . . . . . . . . . 25 Controllo della qualità dell’acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 GLI OBIETTIVI SUI DEPURATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Qualità sui corpi recettori finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Vulnerabilità dei depuratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Costi di gestione della depurazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Conoscenza puntuale dei depuratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Qualità dei materiali utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Modalità di dimensionamento dei depuratori. . . . . . . . . . . . 27 Controllo dei depuratori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Verifica delle performance e regolazione automatica dei depuratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 Controllo della qualità dell’acqua depurata . . . . . . . . . . . . . . 28 Piano di emergenza qualitativa dei depuratori . . . . . . . . . . 28 Verso una progettazione standardizzata . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 LO SVILUPPO DEL SETTORE AMMINISTRATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . 30 A servizio degli utenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 La gestione integrata dei sistemi di qualità, sicurezza e ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 UN BEL PERCORSO di Paolo Marseu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

IIII

Alessandro Patriarca

RETI E IMPIANTI

ACQUEDOTTO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Dati riassuntivi del sistema acquedottistico del Poiana . . . . . . . . . . . 47 Opere di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 Opere di captazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 Opere di potabilizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 Opere di adduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 Opere di accumulo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 Opere di distribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 FOGNATURE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 Le fognature di tipo misto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 Le fognature separate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 Dati riassuntivi del sistema fognario del Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 DEPURAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

III III

Alessandro Patriarca, Gabriele Sandri

L’ATTIVITÀ PROGETTUALE NEGLI ULTIMI DUE DECENNI

SETTORE ACQUEDOTTISTICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 L’emergenza dopo l’alluvione del 1998 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 I filtri a carbone attivo nel pozzo di San Giorgio a Cividale del Friuli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 La sorgente Arpit. Un’occasione mancata . . . . . . . . . . . . . . . . 59 La spinosa questione della Rocca Bernarda a Premariacco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 I miglioramenti a San Nicolò di Manzano . . . . . . . . . . . . . . . . . 60


LE MAGGIORI OPERE ACQUEDOTTISTICHE (ANNI 1998-2012) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 Il rilievo della rete acquedottistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 Un volo ‘virtuale’ sulle reti acquedottistiche aziendali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 Il progetto generale dell’acquedotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 Il raddoppio del serbatoio di Monte dei Bovi . . . . . . . . . . . . . . 64 Il magazzino aziendale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 La riattivazione del pozzo di Ziracco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Il collegamento acquedottistico Remanzacco-Pradamano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 Le opere del primo lotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 Le opere del secondo lotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 L’impianto fotovoltaico di San Giorgio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 L’acquedotto di soccorso di Mezzana e la sistemazione della strada di accesso alla frazione . . 76 L’acquedotto di Sottovernassino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 L’impianto fotovoltaico di San Nicolò di Manzano . . . . . . . 78 OPERE FOGNARIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 Il rilievo delle reti fognarie. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 I progetti generali delle fognature. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 Sollevamento fognario del Tiglio e collegamento al depuratore di Biarzo in Comune di San Pietro al Natisone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 Lo scolmatore di piena di Bivio Oselin a Remanzacco . . 83 Lo scolmatore di piena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 La sistemazione fognaria del distretto n. 5 del capoluogo di Cividale del Friuli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Il primo lotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Il secondo lotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 Il nuovo collettore fognario dall’incrocio via Resistenza-via dei Pini a Corno di Rosazzo . . . . . . . . . . 88 La rete fognaria a servizio della zona industriale “ex S.I.F.O.” e della nuova zona artigianale in Comune di Cividale del Friuli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 La sistemazione del rio di Ipplis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 Rivestimento interno della tubazione in gres della zona industriale di Moimacco e Cividale del Friuli 93 DEPURATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Il depuratore di Lovaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Il depuratore di Manzano capoluogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 L’adeguamento del depuratore della zona industriale e artigianale di Moimacco e Cividale del Friuli . . . . . . . . . . . 98 Gli interventi finanziati con i fondi della Cooperazione transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013 . . . . . . . . . . . . . . . 99 Il progetto per il Comune di Pavia di Udine . . . . . . . . . . . . . . . 99 Il progetto per il Comune di Pradamano . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 Il progetto per il Comune di Remanzacco . . . . . . . . . . . . . . .105 Il progetto per il Comune di San Giovanni al Natisone . 107 Il progetto per il Comune di Cividale del Friuli . . . . . . . . . . . 107 Il progetto per il Comune di Buttrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .108 Il progetto per il Comune di Premariacco . . . . . . . . . . . . . . . .109 QUANDO GLI SCAVI DIVENTANO SCOPERTE. IL CONTRIBUTO DELL’ARCHEOLOGIA di Angela Borzacconi 110

IV IV

Alessandro Patriarca, Tosca Todone

INQUADRAMENTO NORMATIVO IN CAMPO ACQUEDOTTISTICO

LE NORME TECNICO-GESTIONALI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 LA NORMATIVA NAZIONALE SULLA RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 LE SCELTE REGIONALI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 L’ADATTAMENTO AZIENDALE ALL’EVOLUZIONE NORMATIVA di Claudia Casarsa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

V

LA RICERCA APPLICATA

CHIARITA L’ANNOSA QUESTIONE DELL’ORIGINE DELLE ACQUE DELLA SORGENTE POIANA di Franco Cucchi, Luca Zini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 INQUADRAMENTO LITOSTRATIGRAFICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 ASSETTO STRUTTURALE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 MONITORAGGIO DEGLI ACQUIFERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 Sorgente Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 Sorgente Tologu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 Fiume Natisone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 Polle presso la sorgente Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 Ponticello Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 Sorgente in Slovenia a monte della sorgente Poiana . . . 134 Sorgente laterale Poiana (sbarramento del canale fugatore dell’opera di presa del Poiana) . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 Sorgente Arpit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 Sorgente presso la sorgente Tologu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 Sorgente Uodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 Polle presso Stupizza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136 Natisone presso Stupizza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 CURVE DI ESAURIMENTO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 Sorgente Tologu. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 Sorgente Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 GEOCHIMICA DELLE ACQUE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 GEOCHIMICA DEGLI ISOTOPI DELL’OSSIGENO . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 PROVE CON TRACCIANTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 L’iniezione sul fiume Natisone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140 IL MONITORAGGIO DELLE SORGENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .142 Sorgente Poiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .142 Sorgente Tologu. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .142 LE ORIGINI DELLA SORGENTE POIANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .144 LE ORIGINI DELLA SORGENTE TOLOGU. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 PERDITE REALI, PERDITE APPARENTI E OTTIMIZZAZIONE ENERGETICA DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE: UN CONTRIBUTO PER UNA MIGLIORE GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA di Matteo Nicolini . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 PREMESSE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149 PERDITE IDRICHE E BILANCI: ALCUNE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150


Il bilancio idrico secondo l’IWA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150 Il bilancio idrico secondo il decreto ministeriale 99/97 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151 LE MOTIVAZIONI PER IL PROGETTO INNOVATIVO DI MONITORAGGIO E GESTIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 IL PROGETTO DI RICERCA E LA METODOLOGIA MESSI A PUNTO DALL’ACQUEDOTTO POIANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153 La distrettualizzazione del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153 Il monitoraggio in continuo della rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 Il calcolo dei bilanci idrici di distretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .156 La realizzazione del modello di simulazione e degli algoritmi di ottimizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158 Ulteriore affinamento della procedura: la suddivisione dei distretti in settori ai fini della ricerca perdite . . . . . . . 163 RISULTATI OTTENUTI E UTILITÀ DEL PROGETTO DI RICERCA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 Utilità del progetto di ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164 INDIRIZZI DI SVILUPPO E TRASFERIMENTO TECNOLOGICO . . 165 La ricerca sulla sensibilità dei contatori . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 L’ottimizzazione energetica della rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168 Pressure management . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169 L’elettronica sostituisce i serbatoi pensili . . . . . . . . . . . . . . . 170 UNA POSSIBILE VALORIZZAZIONE DEI FANGHI DI SUPERO DEI DEPURATORI CON PRODUZIONE DI AMMENDANTE AD USO AGRICOLO di Claudia Bruna Rizzardini, Daniele Goi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 LA CARATTERIZZAZIONE DEI FANGHI DI DEPURAZIONE . . . . . 173 Composizione e valore agronomico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174 Caratterizzazione ambientale: contenuto in metalli pesanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176 Caratterizzazione ambientale: presenza di contaminanti organici e diossine . . . . . . . . . . 177 AOX (EOX) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 PCB, PCDD/F, LAS e IPA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179 I RISULTATI DELL’ANALISI STATISTICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179 CONCLUSIONI SULLA CARATTERIZZAZIONE DI FANGHI DI DEPURAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .182 LA CARATTERIZZAZIONE DEI SUOLI INTERESSATI DA APPORTI CONTINUI E RIPETUTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .182 Caratterizzazione chimico-fisica dei campioni di terreno 182 Caratterizzazione biologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .184 L’EFFETTO DELLA DISTRIBUZIONE DEI FANGHI SULLE CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE DEI SUOLI . . . . . 185 Effetto della distribuzione dei fanghi sulle caratteristiche biologiche dei suoli . . . . . . . . . . . . . . . .186 Valutazione dello stato di contaminazione dei suoli interessati da apporti continui e ripetuti di fanghi di depurazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .186 Conclusioni sulla caratterizzazione dei suoli interessati da apporti continui di fanghi di depurazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .188 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .189 IL PROGETTO PILOTA PER LA REALIZZAZIONE DELL’AMMENDANTE COMPOSTATO MISTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .190

RICERCHE SULLA DISINFEZIONE DELLE ACQUE REFLUE CON ACIDO PERACETICO di Claudio Franci, Paolo Dreossi . 193 L’ACIDO PERACETICO (CH3COOOH) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 Proprietà chimico-fisiche dell’acido peracetico . . . . . . . . 193 Proprietà disinfettanti dell’acido peracetico . . . . . . . . . . . .194 Meccanismo di azione dell’acido peracetico . . . . . . . . . . . .194 Attività disinfettante dell’acido peracetico. . . . . . . . . . . . . .194 Principali parametri che influenzano l’efficacia della disinfezione con l’acido peracetico . . . . . . . . . . . . . . . .194 FASE SPERIMENTALE IN LABORATORIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .195 Analisi dei parametri microbiologici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .195 Analisi dei parametri chimico-fisici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .196 Analisi dei parametri ecotossicologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 Scala di tossicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 I RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE IN LABORATORIO . . . . 197 Analisi microbiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 Analisi chimiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .198 Analisi ecotossicologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .199 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .202 LA FASE SPERIMENTALE SULL’IMPIANTO DI DEPURAZIONE . 203 FASE SPERIMENTALE IN SITO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204 Analisi dei parametri microbiologici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204 Parametri chimico-fisici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 204 Parametri ecotossicologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205 ESAME DEI RISULTATI A CAMPO PRESSO IL DEPURATORE DI PONTE SAN QUIRINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206 Analisi microbiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206 Analisi chimiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206 Analisi ecotossicologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .207 Analisi macroinvertebrati (IBE) – Metodo APAT 29/2003 Vol. 3 9010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .207 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208

VI VI

Andrea Martini, Alessandro Patriarca

AGHE NESTRE. L’ACQUA È DI TUTTI E PER TUTTI

IL POZZO E LA FONTANA PUBBLICA COME CENTRO DI OPEROSITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 GEOMETRIA DI UNA FORMA PURA: IL CRISTALLO DI NEVE . . 211 FONDAMENTA CONCETTUALI DI UN CONTEMPORANEO LUOGO DI AGGREGAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 L’aggregazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 Collocazione e armonizzazione con “l’intorno” . . . . . . . . . 212 CARATTERISTICHE DEI MATERIALI PRESCELTI . . . . . . . . . . . . . . . 214 LA TECNOLOGIA UTILIZZATA PER L’EROGAZIONE DELL’ACQUA REFRIGERATA E GASSATA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216

VII VII

GLI ATTORI DEL POIANA NEL 2012

L’ASSEMBLEA DEI SOCI E IL COORDINAMENTO DEI SOCI . . . . 221 IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .223 IL COLLEGIO SINDACALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .223


LA DIREZIONE GENERALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .223 IL PERSONALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .224 La struttura organizzativa del personale dipendente . . .224 SERVIZIO AMMINISTRATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .224 Ufficio personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .224 Ufficio contabilità e controllo di gestione . . . . . . . . . . . . . . .224 Ufficio contratti utenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .224 Ufficio fatturazione consumi idrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .224 SERVIZIO TECNICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 Ufficio depurazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 Ufficio fognature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226 Ufficio acquedotto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .227 Ufficio progettazione e lavori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228 SERVIZIO SEGRETERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231

Ufficio contratti, appalti, contratti immobiliari, disciplinari, concessioni, convenzioni, ecc.. . . . . . . . . . . . . 231 Ufficio protocollo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231 Ufficio deliberazioni Consiglio di Amministrazione, Assemblea dei soci e Coordinamento dei soci di Acquedotto Poiana SpA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231 Ufficio relazioni pubbliche, manifestazioni, eventi, pubblicazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231 SERVIZIO QUALITÀ AZIENDALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232 UFFICIO QUALITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232 SERVIZIO SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI . . . . . . . . . . . . 232 SERVIZIO DI GESTIONE E CONTROLLO AZIENDALE (D.LGS 231/2001) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232 SERVIZIO DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI . . . . . . . . . . . . . . 232


Finito di stampare nell’aprile 2013 da Arti Grafiche Friulane / Imoco spa (Ud)



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.