Rassegna Europea N° 41

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desi (giugno 2005) non ha provocato la pausa di riflessione sperata. L’indifferenza dell’infelice Commissione Barroso e dei governi Sarkozy e Berlusconi ha peggiorato la crisi, provocando la defezione scontata della Gran Bretagna, l’affermarsi in Ungheria e Polonia di governi che si prendono gioco degli ideali europei di libertà, democrazia, stato di diritto ed infine l’instaurarsi a Vienna di un governo dominato dall’estrema destra, mentre un partito con le stesse caratteristiche raggiunge il terzo posto in Germania dopo conservatori e socialisti. Malgrado tale esito fallimentare il

Progetto europeo sopravvive lungo la valle del Reno attraverso la felice composizione del secolare antagonismo franco-tedesco in una convergenza di pretta natura europeistica fra tradizioni storico-politiche germaniche e cultura francese. Purtroppo l’orizzonte del progetto è coperto da nubi molto oscure: il rilancio auspicato da Macron sembra incontrare l’indifferenza dei francesi; l’europeismo della cancelliera tedesca è ostacolato dalle critiche del partito liberale contro i “cattivi allievi” Francia, Italia e peggio ancora Portogallo e Grecia, dall’influenza crescente dell’estre-

ma destra in Austria e Germania, dai governi autoritari in Ungheria e Polonia. L’uscita del Regno Unito da una nave in grave pericolo di naufragio e la gravissima crisi catalana non sembrano elementi sufficienti per provocare un energico ricambio del Progetto, avversato nella sua veste più elevata di polo di una civiltà fondata sui principi intramontabili di libertà, democrazia e benessere sociale di una popolazione di cinquecento milioni di “cittadini europei” (quanti lo ricordano?), che dovrebbe rappresentare un modello di progresso nella libertà dell’intero pianeta.

Migrazioni ed Asia di Silvia Sartori Consulente senior in progetti di cooperazione e sviluppo, UE-Asia

Benchè l’attenzione mediatica italiana sia concentrata sulla componente africana del processo migratorio che arriva a toccare le coste della Penisola, l’Asia non è esente da dinamiche migratorie, con ripercussioni anche sui suoli europei. Il caso più significativo è rappresen-

tato dal Bangladesh, paese dell’Asia meridionale che riporta una delle più alte densità demografiche al mondo: in una superficie di 144.000 chilometri quadrati, ospita 163 milioni di abitanti, di cui circa un terzo vive al di sotto della soglia di povertà riconosciuta internazionalmente. (Al confronto, l’Italia conta poco più di 60 milioni di abitanti, distribuiti in 300.000 chilometri quadrati.) L’effetto congiunto di sovrappopolazione, alto tasso di povertà, carenze infrastrutturali e nei servizi,

aggravati da una significativa vulnerabilità ambientale, ha reso il Paese nel 2017 il primo Stato di provenienza singola dei migranti che sono approdati sulle coste europee, un numero in costante crescita. La situazione, già critica, si è aggravata ulteriormente a partire dalla fine di agosto 2017, quando è esplosa la crisi dei Rohingya, etnia di fede musulmana del confinante Myanmar che, a seguito di discriminazioni, persecuzioni e violenze subite in patria, ha iniziato un vero e proprio esodo oltre confine. Dal 25 agosto al 4 ottobre, 515.000 Rohingya sono corsi a cercare riparo nei 30 chilometri di territorio del Bangladesh al confine con il Myanmar, l’equivalente di 14.500 arrivi giornalieri. Se si considera che, nel 2015,


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