Rapporto2014

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dendo alcuni punti nel 2013, mentre hanno continuato a scendere quelle del granito, il cui prezzo è pressoché dimezzato rispetto al 2001; nei lavorati il calo è stato più contenuto, con un valore che, sempre nell’ultimo esercizio, è rimasto intorno agli 80 dollari per metro quadrato, di poco superiore a quello dell’ardesia, la cui flessione ponderale è peraltro maggiore (tav. 55). Assai più accentuato è stato l’andamento riflessivo delle importazioni, sia nel lungo termine che nel breve periodo, con riguardo prioritario a quello del grezzo, specchio di una politica del valore aggiunto che ha penalizzato le attività trasformatrici, al pari di quanto è accaduto negli altri maggiori Paesi europei, mentre la crisi del lavorato d’importazione, sia pure meno ampia, si pone in rapporto con la congiuntura negativa dell’edilizia locale (tav. 56). La quota largamente maggioritaria dell’import, comunque, resta quella del granito grezzo, sia in volume che in valore (tav. 57), dove ha raggiunto, rispettivamente, il 43 ed il 70,2 per cento del totale, con prezzi medi in flessione nei confronti del 2012 ma pur sempre maggiori, ed in alcuni casi significativamente, nei riguardi del 2001, con un ragguaglio a 39 dollari per metro quadrato equivalente nei manufatti, pari alla metà di quello corrispondente dell’export (tav. 58). In buona sostanza, la ripresa è difficile, ma conta su una struttura produttiva avanzata e sulla discreta propensione all’investimento anche in campo promozionale, confermata, fra l’altro, dalla forte presenza dell’industria lapidea iberica in molte fiere di riferimento, e dalla competitività di taluni costi distributivi, come quelli dei

XXIV Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo 2014

noli: non a caso, il trasporto dalla Galizia alla Toscana risulta competitivo rispetto al cabotaggio italiano. Considerazioni analoghe valgono per i costi energetici e per quelli professionali, la cui capacità di fare la differenza, soprattutto nelle fasi di trasformazione, è suscettibile di contribuire attivamente a prove di ripresa che possono contare sulla cooperazione del momento imprenditoriale con quello politico, fattore certamente utile nei complessi confronti internazionali di settore.

Altri Paesi europei Il primato produttivo e distributivo di Italia e Spagna nell’ambito del Vecchio Continente non esclude la presenza di altre significative realtà settoriali, talvolta di consolidata tradizione, ed in possesso di prestigiose esclusive. Si può anzi affermare che nell’Europa comunitaria la stragrande maggioranza dei Paesi abbia un ruolo di buon rilievo settoriale nella produzione, nell’interscambio e nel consumo. Valorizzare le risorse locali di marmo e pietra è una strategia preferenziale di Portogallo e Grecia: nel primo caso, con avanzate strutture di verticalizzazione, con una buona collaborazione della volontà politica, e con la leadership europea nella produzione e nell’export di lavorati semplici, in specie per uso stradale; nel secondo, con l’avallo di alte referenze, mutuate dall’antichità classica. Nondimeno, i marmi portoghesi ed ellenici si sono giovati in misura sostanzialmente minima dei potenziali effetti positivi rivenienti dalla crisi economica, che

Carlo Montani

nei rispettivi Paesi si è avvertita in maniera accentuata: la contrazione di alcuni costi e la maggior pressione dell’offerta non hanno avuto effetti importanti sull’export, rimasto quasi stazionario, con qualche cedenza più rilevante nei lavorati del Portogallo. Sul fronte dell’importazione, invece, si distinguono come in passato gli approvvigionamenti dei Paesi mitteleuropei, segnatamente di manufatti, con particolare riguardo a quelli di Germania, Francia, ed in misura appena più circoscritta, di Olanda e Belgio: quest’ultimo Paese, anzi, rimane ai vertici mondiali del consumo pro-capite, non solo per il buon livello quantitativo delle sue riserve e per la capacità di valorizzarle, ma nello stesso tempo, per la trasformazione dei grezzi provenienti dall’estero. Un ruolo importante compete anche all’acquisto di prodotti finiti da parte del Regno Unito, dove ha trovato conferma la politica di potenziamento degli utilizzi lapidei d’importazione, in un Paese caratterizzato dalla carenza storica di produzioni proprie, e quindi, della grande trasformazione. La congiuntura statica europea continua anche nei Paesi nordici, con particolare riguardo alla Finlandia ed alla Norvegia, dove le tipiche produzioni di granito grezzo, generalmente di alto pregio, hanno perduto qualche punto percentuale, con destinazioni ormai prevalenti al mercato cinese, cui è diretta una parte maggioritaria dell’export calcareo grezzo anche da Portogallo e Grecia, ma quantitativamente integrativa, assieme alle quote di Italia e Spagna, dei grandi flussi di spedizione in Cina dai nuovi leader terzomondisti (Turchia, Egitto ed Iran per i calcarei; India e Brasile per i silicei).

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Vale la pena di sottolineare come la Germania, massimo acquirente europeo di settore, con una larga maggioranza di lavorati, si proponga anche quale discreta realtà esportatrice, grazie ad un’apprezzabile attività produttiva che le consente di occupare il quinto posto assoluto nella graduatoria europea delle vendite quantitative. Si vanno ulteriormente rastremando, invece, le posizioni di alcuni Paesi orientali, con riguardo prioritario a Polonia e Repubblica Ceca, anche per quanto riguarda il consumo interno: non a caso, il 2013 ha coinciso con una forte riduzione degli acquisti polacchi di materiale grezzo, e conseguentemente, delle attività di segheria. Tra i Paesi di più recente ingresso nell’Unione Europea, è da sottolineare il bilancio largamente positivo della Croazia, grazie alla fiorente esportazione di materiali istriani e dalmati, in massima parte grezzi (anche per uso strutturale), mentre sono rimaste in lista d’attesa le potenzialità di Paesi come la Bulgaria, e soprattutto la Romania, sebbene possano contare su riserve di notevole valore tecnologico e cromatico, in specie di marmi ed altri materiali calcarei.

Pianeta Cina Nel 2013 ha trovato ulteriore conferma la fase di ripensamento strategico delle opzioni di fondo da parte della politica economica cinese, anche alla luce di un relativo rallentamento dello sviluppo, con tassi ad una sola cifra in cui diventano significativi anche i decimali. Il comparto lapideo non ha fatto eccezione,


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