Economia Veronese Maggio 2011

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Una Verona in musica

L’ACCADEMIA FILARMONICA

e il suo Teatro

“Coelorum imitatur concentum”: è l’amore per la musica, l’arte umana che imita l’armonia dei cieli, che, come ricorda il motto inserito nell’impresa dell’Accademia Filarmonica di Verona, determinò la nascita di questa istituzione, costituitasi per volontà di un gruppo di amici, mossi dal desiderio di riunirsi periodicamente per fare musica, appunto. Tra Cinquecento e Seicento il fenomeno culturale delle Accademie fu particolarmente vitale in tutta Italia e anche a Verona: fra tutte le esperienze quella dell’Accademia Filarmonica fu certamente la più significativa, come testimoniato anche dalla sua longevità (è l’unica ancora oggi attiva) e dal fatto che, fin dalle origini, inglobò in sé altri cenacoli, più piccoli e meno influenti. I primi passi dell’Accademia Filarmonica di Verona si intrecciano con le vicende di un’altra Accademia veronese, quella degli Incatenati, fondata intorno agli anni Trenta-Quaranta del Cinquecento da Dionise de’ Dionisi, fabbricatore di strumenti e dilettante di musica. La fusione dei due enti, voluta dai 29 accademici fondatori, è datata 23 maggio 1543: la neonata Accademia dei Filarmonici-Incatenati mantenne tale denominazione fino al 1565, anno in cui, dopo la fusione con l’Accademia della Vittoria (sorta nel 1556), ritornò al primitivo nome di Accademia Filarmonica. L’istituzione peregrinò per diverso tempo, alla ricerca di una sede definitiva, da una zona all’altra della città, finché agli inizi del Seicento acquisì dal Comune l’area in cui si trova attualmente, l’isolato compreso tra via Roma, via Manin, piazza Arditi e via dei Mutilati. Il progetto degli edifici fu affidato all’architetto Domenico Curtoni, nipote del Sanmicheli: a quest’epoca risale la ‘Gran Sala’, ora Sala Maffeiana, in cui si trovava un organo con portelle dipinte dall’accademico Alessandro Turchi, l’Orbetto, ora conservate nella collezione reale inglese di Windsor.

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Agli esordi dell’attività dell’Accademia il solo esercizio musicale era quello, attivo e personale, dei soci stessi. Non erano previste esibizioni

pubbliche e, non essendo stato assoldato alcun maestro professionista di musica a stipendio, i vari accademici dirigevano di volta in volta le esecuzioni. Per i nobili e gli artisti affiliati alla Filarmonica era quindi imprescindibile un’ottima conoscenza della musica dal punto di vista sia teorico che pratico e l’acquisto, da parte dell’Accademia, di strumenti musicali di vario genere e in numero molto superiore a quello dei soci, appare valida prova a sostegno della tesi che parecchi di questi fossero musicisti di livello, abili nel suonare più di uno strumento. Accanto alla musica quale attività principale, tuttavia, si assistette, da subito, a un ampliamento della sfera di interessi che fece dell’Accademia il fulcro della cultura cittadina: nel 1549 gli accademici deliberarono di far tenere lezioni di volgare; dal 1560 furono allestite recite di commedie aperte al pubblico; al primo ventennio del Seicento risale l’abbozzo del progetto di ospitare, nel cortile antistante la sede della Filarmonica, una collezione lapidaria, da costituire partendo dal nucleo delle ottantotto epigrafi raccolte del canonico Cesare Nichesola (l’idea si concretizzò, poi, nel 1749, grazie all’impegno dell’accademico Scipione Maffei, e Verona poté vantare, con l’apertura del Museo Lapidario, il primo museo pubblico d’Italia e d’Europa). Verso la metà del Seicento la musica si vide, dunque, in parte, scalzata dalla sua posizione di assoluta preminenza. Fu all’inizio del Settecento, con l’erezione del teatro annesso all’Accademia, fino ad allora dotata soltanto di un piccolo teatrino ricavato in un salone dell’edificio, che si assistette a una rinascita degli interessi musicali. Già dalla fine del Cinquecento il desiderio di un vero, grande teatro animò l’impegno degli accademici, complice la recente fondazione del Teatro Olimpico a Vicenza: il primo disegno approvato per il Teatro della Filarmonica, opera di Curtoni, ricalcava la foggia dell’opera palladiana.


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