VicenzaPiù Magazine n. 275

Periodico indipendente, non riceve finanziamenti pubblici Direttore responsabile: Giovanni Coviello

2 Aprile 2015 Anno X n. 3

Vicenza Più euro 0,70

275

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MAGAZINE

San Lazzaro chiama Borgo Berga degrado vecchio e nuovo, il reportage Viale San Lazzaro è identificato col degrado della prostituzione low cost figlia non del Campiello ma degli edifici e degli spazi in abbandono che riempiono di vuoto quell’ingresso di Vicenza e che ammoniscono sul futuro del cemento inospitale che sommerge il nuovo Borgo Berga. Di certo non low cost ma non per questo meno impattante.

Il prossimo numero sarà in edicola giovedì 7 Maggio

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[ Editoriale ]

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e-ditoriale [ Giovanni Coviello ]

[ Nella foto GdV la firma presso la veccchia sede della Camera di Commercio di Vicenza sul progetto De Stavola per la Tac ]

da noi trattati localmente e che insieme in gazine diventano così teoricamente infinite. n questo numero di VicenzaPiù, il 275 che Così come si allargano le possibilità di intenel decimo anno di ininterrotte pubblicaedicola vendono in città come VicenzaPiù razione tra gli inserzionisti pubblicitari e i zioni è il terzo col nuovo e più moderno Magazine se non meno. L’altro motivo che destinatari dei loro messaggi: chi sarà attratto format da magazine disponibile in abbonasta suscitando interesse crescente è l’interdal loro messaggio cartaceo, e quindi, statico, mento online e distribuito a soli 70 centesimi connessione facilitata col web grazie all’uso non si fermerà a quello, ma potrà, grazie a nelle edicole Fenagi della città e dintorni spinto dei QR Code. Scannerizzando con un link contenuto nel QR Code, essere caoltre che nelle aree di volta in volta più inteApp gratuite quelli tipicamente a corredo nalizzato su messaggi vivi e variabili nel ressate dagli argomenti trattati, possiamo già tempo sul loro sito, sul dire i primi grazie. Intanto loro profilo social, ovunai nostri lettori che ci hanque … Dal prossimo nuno manifestato la loro mero, per farvi conoscebuona accoglienza sia re sempre di più il nostro comprando il mensile in network di media indiedicola, non più in omagpendenti (oltre al Magagio, sia abbonandosi onzine nato il 25 febbraio line. Ma diciamo grazie 2006 ben otto portali anche non solo alle web, di cui 4 di area e 4 aziende che in numero tematici, leader per nucrescente ci stanno scemero di lettori/utenti, e gliendo come mezzo due canali streaming, Viqualificato, indipendente cenzaPiu.Tv e LaPiù.Tv) e senza finanziamenti per arricchire sempre di pubblici per parlare al più la vostra conoscenza nostro target ma anche di Vicenza e dei suoi ad alcune di loro che “fatti e misfatti” la nostra stanno acquistando copie redazione web curerà da distribuire a loro diuna pagina in cui pubpendenti e a loro indirizblicherà i titoli e i somzari di clienti e fornitori. [ Per Il Giornale di Vicenza hanno partecipato in 1500 alla manifestazione per mari delle notizie e degli Diciamo ovviamente graStacchio in Campo marzo ] approfondimenti ritenuti zie ad altri edicolanti che,

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direttamente o tramite le loro associazioni di categoria, ci hanno chiesto la possibilità di ricevere il magazine, l’unico mensile di informazione di Vicenza, visto che i loro clienti abituali glielo chiedevano. Siamo, ovviamente, riconoscenti a Fenagi di Confesercenti, che per prima ha creduto al nostro progetto, ma cercheremo di soddisfare anche altre richieste. Il successo di VicenzaPiù Magazine nasce da una serie di motivi, oltre che dalla qualità dell’informazione, che lasciamo giudicare a voi. Ve ne citiamo due, pronti a raccogliere vostri suggerimenti che potete inviare, insieme magari a vostri pezzi o contenuti video e fotografici, a cittadini@vicenzapiu.com, Intanto appare vincente il prezzo contenuto di una pubblicazione graficamente curata e su carta adeguata: solo 70 centesimi per 48 pagine tipiche, oltre la copertina, di approfondimenti locali quando ben più del doppio costano le 98 pagine di L’Espresso e quelle di Panorama, i due settimanali nazionali più prestigiosi a parità di tipologia degli argomenti

degli articoli destinati ai lettori amanti della carta, il vostro tablet o il vostro smart phone si collegherà direttamente ad altri articoli correlati sui nostri 8 portali o su altri siti, a servizi video, a gallerie fotografiche, a documenti ... Le 48 pagine di VicenzaPiù ma-

più interessanti e originali apparsi su quegli otto portali prima del giorno di uscita del Magazine. Vi diamo qui un assaggio segnalandovi quattro articoli.

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Variati a Ferrarin: De Stavola non ha avuto incarichi dal Comune per Tac, ma 112.000 euro in 5 anni per altri progetti VicenzaPiu.com

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Indegno se vero: Rosini non paga multe, tanto pagano i disabili

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[ Storia industriale ]

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Giovanni il calabrese, da lui nacque Schio industriale La “Schio-Manchester”, simbolo della cultura industriale e urbanistica dei Rossi, ricordi Jean Le Calabrais, ovvero Giovanni il calabrese, il precursore italiano del telaio Jacquard, attraverso una via, una piazza, un’area culturale o di studio. E, perché no, un premio di ricerca [ Davide Fiore ] di un’azienda o un’istituzione pubblica

È

noto come alcune invenzioni nascano nel contesto sbagliato. O che semplicemente siano fuori epoca, ovvero non trovino una rispondenza adeguata o gli interlocutori idonei. È la storia di tante invenzioni, ma anche della scoperta del continente americano, già raggiunto dai vichinghi, che in seguito solo l’accoppiata di folli Colombo (Cristoforo) - Di Castiglia (Isabella I) ha reso conquista di un continente nuovo, del quale poi sentiremo parlare ampiamente. La scarsità di mezzi non favorisce la scoperta, ma non è necessariamente un limite, se la storia ci dice come le scalcagnate caravelle arrivarono oltre la fine del mondo. L’industria moderna preferisce la ricerca, chiede nuove idee, appoggia i ricercatori e il loro operato. Almeno nei paesi evoluti. Strutturalmente si cercano i distretti produttivi, quelli che meglio sono resistiti alla crisi del 2008 e che lavorano con un’infrastruttura condivisa. Che il moderno ricercatore italiano sia favorito nel trasferire il proprio cervello - pertanto la propria vita- in paesi stranieri, non è necessariamente una tragedia personale. Il viaggiare per lavoro o per studio è connaturato all’uomo e alla donna, anche se sono inevitabili i confronti e la rabbia nel riscontrare come il proprio Paese sia culturalmente inidoneo a capirne i risvolti sul medio e lungo periodo. Lo scienziato giramondo si, cerca l’infrastruttura migliore per far germogliare la propria intuizione o il proprio studio, ma è lo Stato politico e la Nazione produttrice che perdono un’occasione utile alla propria evoluzione. Grattiamo con lo scalpello pezzi di cervello nazionale e i conseguenti brevetti che ne deriverebbero, pertanto le occasioni di crescita. Quando non le perdiamo le gestiamo male, come nel caso della compianta Olivetti, esempio ante-Steve Jobs di pensiero alto, prima che di risultato tecnologico.

Questo articolo si prefigge uno scopo: quello della riconoscenza, a distanza di molti anni

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rima che Cristoforo Colombo sbarcasse nel Nuovo Mondo grazie alla Spagna, fu in Francia che un catanzarese ideò il Nuovo Telaio [ Alessandro Rossi (fonte: Wikipedia) ]

- addirittura secoli - di rendere omaggio a uno di questi ricercatori, uomo del fare (come piace ai veneti) e uomo del viaggiare (come molti ricercatori o professionisti di oggi). Un tentativo che ha qualcosa di più di una semplice proposta. Qui si vuole elevare a simbolo, e a ideale di un valore specifico, una persona e la sua invenzione, un

uomo e la sua idea. La Schio-Manchester simbolo della cultura industriale e urbanistica dei Rossi, è divenuta nel corso del XIX secolo la più grande industria manifatturiera italiana, in un contesto praticamente agricolo e di emigrazione. Il senatore-tessitore Alessandro Rossi importò dalla Francia, dal

[ Serra e torretta del Giardino Jacquard, o giardino del Lanificio Rossi ]

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[ Storia industriale ]

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possiamo ammirare presso il Museo delle arti e dei mestieri di Parigi.

Il tessitore meridionale si rivolse alla massima autorità di una nazione tutto sommato stabile come la Francia, nonostante il soprannome di “Prudente”, dato a Luigi XI, non lasciasse intravvedere grandi speranze per un inventore. I fatti storici sono generalmente incontestabili. Oggi la domanda da porsi è Che conseguenze avrebbe portato [ Colombo sbarca nel Nuovo Mondo ]

il telaio di Jean Le Calabrais alla Francia pre-industriale, se solo vi fosse stata la giusta accoglienza di questa invenzione?

Belgio e dall’Inghilterra le nuove idee di fabbrica e di città. Egli acquistò per primo il telaio del lionese Joseph-Marie Jacquard, inventato nel 1801 in piena epoca napoleonica. E per questa invenzione fu considerato dallo stesso generale Napoleone uno dei grandi della sua epoca. Chi avesse avuto modo di vederne il funzionamento o i risultati di questo prodigio, comprenderà facilmente che siamo di fronte alla nascita del calcolatore moderno, con l’utilizzo di schede perforate che continueranno anche nel Novecento. Adriano Olivetti, titola uno dei suoi scritti “Dalla fabbrica alla comunità”, ideale di un capitalismo italiano illuminato, che trova eco anche nel più anziano Rossi, per quell’idea di luogo del lavoro-luogo di vita che ha reso riconoscibile Schio, e un certo capitalismo industriale nato e sviluppatosi sul modello socialista.

Come Italiani dovremmo essere grati ai pionieri della nostra industrializzazione, particolarmente a chi ha saputo trasformare la produzione seriale in una nuova idea di società, di progresso, oltre che di adattamento di un’epoca nella costruzione di quelle successive, ragionando in anticipo sulle questioni ecologiche, abitative, salariali, culturali e sindacali.

Riprendendo il discorso iniziale, dicevo come abili inventori hanno purtroppo sbagliato periodo storico, non tanto dal punto di vista temporale, quanto perché l’interlocutore cui è stata proposta l’invenzione, non ha saputo cogliere o semplicemente profittare della portata storica di quella novità. E che naturalmente ha fatto la fortuna e la notorietà di chi ha saputo riscoprire quell’invenzione. Jean Le Calabrais, nome dal sapore letterario, altro non è se non Giovanni il Calabrese, di Catanzaro per la precisione.

Di lui non sono note particolari notizie, se non che precorse i suoi tempi con un’operazione che ha molto della nostra epoca. Arrivato a Parigi al cospetto di Luigi XI re di Francia nella seconda metà del quattrocento, Le Calabrais presentò la sua straordinaria invenzione: un telaio capace di realizzare tessuti operati che ancora oggi

Se in quell’epoca la capacità di quel telaio di ridurre il numero di operai attorno ad un solo macchinario aveva creato non poche ostilità da parte degli operai, evidentemente la consapevolezza della sua modernità era stata accettata. In quel caso mancarono il Rossi, l’Olivetti o il Jobs capaci di sfruttare per la gloria della propria nazione una tecnologia d’avanguardia. In un’ipotesi di lucronìa, o di fantastoria, che sarebbe accaduto se Jean Le Calabrais avesse proposto il telaio alla Repubblica di Venezia, a quel tempo in piena espansione nell’entroterra fino a Bergamo e in aperto conflitto coi Turchi? Di tessitori e produttori di seta ce n’erano abbastanza, visti gli interessanti documenti disponibili che svelano gli aspetti economici legati alle ville palladiane, che contenevano le prime vere fabbrichette del territorio vestite di raffinata classicità. Sempre nell’ipotesi fantasiosa c’è da pensare che un telaio avrebbe potuto far nascere in Veneto, o in Toscana o là dove vi fosse una mente capace di comprendere la novità, la prima grande rivoluzione industriale, in anticipo di secoli rispetto l’Inghilterra.

Caro sindaco di Schio Valter Orsi, la chiamo amichevolmente in causa. Abbiamo l’occasione dalla valenza simbolica di offrire, con un pizzico di sano nazionalismo, il giusto spazio di riconoscenza a Giovanni il Calabrese attraverso una via, una piazza, un’area culturale o di studio e, perché no, un premio di ricerca di un’azienda o un’istituzione pubblica. Ci sono voluti 126 anni affinché il Congresso degli Stati Uniti riconoscesse ufficialmente la paternità del telefono al “cervello in fuga” Antonio Meucci, esattamente l’11 giugno 2002, ora è la nostra occasione.

Schio e i vicentini scelgano oggi questo “nuovo” storico inventore venuto dal nostro umanesimo, per rappresentare un intero gruppo di persone, quella degli intraprendenti e dei ricercatori, quelli della generazione delusa da troppe retoriche aspettative e che hanno trovato nel paese straniero la loro piattaforma di realizzazione. L’ignorante ignora i propri simboli menVideo

[ Una calabrese lavora alla seta ]

tre la storia, di cui egli stesso è parte, cammina su simboli disseminati sotto i nostri piedi, che abbiamo semplicemente il privilegio Storia di poter riconoscere. Schio è fiorita sul telaio Jacquard, basti il bel giardino dedicato all’inventore che lo stesso Rossi creò ad uso dei suoi operai e degli scledensi in una riconoscenza illimitata. Allunghiamo un passo che è utile alla nostra epoca: diamo il peso che merita a qualcuno che è simile non tanto ai bravissimi ingegneri, architetti, artisti, scienziati che trovano il loro riconoscimento in vita, ma anche a quelli che, pur capaci o geniali, sentono meno la vicinanza delle istituzioni o della propria epoca e che, nonostante tutto, contribuiscono a miWikipedia gliorare il mondo.

[ L'incastellatura con schede da applicare a un telaio Jacquard ]

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[ Storia industriale ]

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Il “bail-in”. Cos’è e perché può essere devastante Dal 27 giugno 2013 Bruxelles ha chiuso l’era degli Stati salva-banche e ha introdotto un nuovo termine che, dopo spread, i risparmiatori non potranno ignorare: “bail-in”.

Per salvare le banche in crisi potrebbero pagare non più lo Stato e, quindi, i contribuenti in senso lato, ma gli azionisti, gli obbligazionisti e i depositanti delle banche stesse [ Giancarlo Marcotti ]

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polemiche scoppiate un po’ a tutte le latitudini sui numerosi salvataggi di Banche private da parte degli Stati nazionali.

Quello è il classico esempio di bail-out, ossia viene evitato un fallimento di una azienda privata dall’intervento pubblico, ma il “pubblico” siamo tutti noi, ed allora il peso del salvataggio ricade sull’intera collettività, e la domanda che nasce spontanea non può che essere: è giusto tutto ciò? È ovvio che la risposta, d’acchito, dovrebbe essere: NO. Ma poi occorre invece fare delle rifles-

o sempre guardato con sospetto all’uso, o meglio, dall’abuso della terminologia anglosassone in campo economico la nostra lingua è ricchissima, perché quindi ricorrere all’inglese?

La mia diffidenza nasce dal fatto che, anche se a volte gli anglicismi non sono “pericolosi”, come ad esempio l’uso ormai comune del termine “trend” al posto dell’italiano “tendenza”, spesso invece servono a nascondere cose poco piacevoli. Abbiamo compreso solo in un secondo momento, ad esempio, che l’innalzamento dello “spread” doveva essere letto come un segnale allarmante, ma all’inizio nessuno sapeva cosa fosse.

Col passare del tempo ci renderemo conto come il “Quantitative easing”, descrittoci dai nostri media nazionali un po’ come un toccasana per la nostra economia, abbia invece effetti collaterali estremamente pericolosi, seppur ad effetto ritardato, e che quindi oggi non riusciamo a percepire.

Vi voglio allora anticipare un altro termine inglese che fra non molto diventerà molto popolare e del [ Correntisti minacciati ] quale è bene comprendere immediatamente l’estrema pericolosità. sioni più approfondite, perché le Banche sono Si tratta del termine “bail-in”. sì aziende private, ma “un po’ particolari” e non Dato che “bail” significa “garanzia”, il termine possono essere messe sullo stesso piano, ad “bail-in” potremmo tradurlo come “garanzia inesempio, di una azienda industriale. terna” e naturalmente si contrappone al “bailOccorre poi rimarcare che le legislazioni dei vari out” ossia alla “garanzia esterna”.

Paesi non sono univoche, se però ci riferiamo alPermettetemi a questo punto una semplifical’Italia allora dobbiamo partire dall’articolo 47 zione: si ha un “bail-out” quando una società, della Costituzione italiana che riportiamo intenormalmente privata, viene in un certo modo gralmente per evitare qualsiasi fraintendimento: protetta, o garantita, da un’altra società, o ente, generalmente pubblico.

Insomma senza complicarci troppo la vita con definizioni con le quali si rischia di essere poco comprensibili, riferiamoci subito all’ambito che ci interessa, ossia il comparto bancaIgnazio Visco rio: sappiamo tutti delle grandi

“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.

Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

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Nessuno può mettere in discussione la correttezza dimostrata dai padri costituenti, il nocciolo della questione, però, sta proprio in quel “di-

sciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” perché ci si deve porre il quesito: e quando ciò non accade? Quando cioè non si disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito in maniera corretta, chi deve pagare?

Dato che se una Banca va sull’orlo del fallimento è perché l’Organo pubblico di vigilanza, ossia la Banca d’Italia, non ha svolto bene il suo compito di controllo, parrebbe corretto che lo Stato, quindi l’intera collettività, si faccia “garante”. È meglio però essere più precisi. Coloro che detengono capitale di rischio (gli azionisti, tanto per capirci) hanno sempre “pagato”. Banalmente, se una Banca naviga in cattive acque vedrà crollare il valore delle proprie azioni. Vengono tutelati invece coloro che non detengono capitale di rischio, in pratica gli obbligazionisti ed i correntisti.

Sappiamo tutti che esiste un “fondo di garanzia” che copre fino a 100.000 euro entrambe queste categorie di investitori, ma anche qui, a mio parere andrebbe fatta una distinzione. Farei rientrare nella categoria degli investitori soltanto coloro che detengono obbligazioni della Banca, mentre i correntisti li denominerei più propriamente “depositanti”.

Ebbene la normativa europea, in materia, varata nel dicembre 2013, è entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno e sappiamo tutti che una direttiva europea è vincolante per gli Stati membri dell’Unione.

E proprio in questi giorni nella vicina Austria se ne stanno vedendo i primi allarmanti effetti. In breve, il tentativo di salvataggio della Hypo Alpe Adria Bank aveva richiesto, ancora nel 2009, la creazione di una Bad Bank chiamata Heta. Ora, il Ministero delle Finanze austriaco ha dichiarato che non supporterà ulteriormente Heta e quindi, applicando la normativa del bail-in, saranno chiamati a rispondere delle perdite anche i creditori.

Naturalmente la gran parte dei “creditori” sono altre Banche, soprattutto tedesche, che, per tale motivo, potrebbero a loro volta entrare in una grave crisi, insomma il rischio che le perdite si amplino a macchia d’olio, è più che concreto.

E che dire poi dei “piccoli” creditori. Gli sviluppi della situazione, sotto questo punto di vista, sono ancora più preoccupanti, e forse non è esagerato dire devastanti. Si rischia infatti che alcune Banche, magari considerate meno “solide”, possano subire un deflusso della propria clientela con conseguenze facilmente immaginabili e senza dubbio non auspicabili.

Le Banche sono colossi dai piedi di argilla … tutte!!! Non conviene a nessuno renderle ancora più instabili. Attenzione quindi al “bail-in” dietro un nome apparentemente innocuo potrebbe

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[ Politica ]

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La campagna elettorale dei diversamente uguali Rombano i motori per la corsa al Consiglio regionale del Veneto, ma dai loro rumori non si riconosce la scuderia [ Giorgio Langella ]

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cipe in cambio di qualche sua benevolenza.

Il programma e il progetto passano in secondo ordine. Diventano simili tra loro, quasi indistinguibili. Sono uguali o, almeno, vengono percepiti come tali. È anche questa mancanza di alternativa che fa allontanare gli elettori aumentando confusione, sfiducia e assenteismo. In effetti tutte le maggiori forze politiche che si confrontano hanno accettato da tempo il modello capitalista sposando il liberismo trionfante. Hanno, di fatto, condiviso, una ben precisa suddivisione di ruoli.

All’imprenditoria “confindustriale” (entità composta da quell’ibrido industriale-finanziere che non va confuso con chi, pur non essendo lavoratore dipendente, vive della propria fatica) spetta il compito di definire le strategie e decidere le scelte importanti del paese; ai partiti resta il compito di amministrare le decisioni imposte; ai sindacati viene lasciato il ruolo di fornire servizi e contrattare qualche licenziamento in meno. Una suddivisione di ruoli tra protagonisti e comprimari che blocca la società. Così si arriva a campagne elettorali che sono sempre più spesso gridate per evidenziare i difetti e le colpe dell’avversario e non su come si vuole attuare il cambiamento.

I toni sono spesso esagerati ma, tutto sommato, rassicuranti per “lorsignori” perché chiunque vincerà farà gli interessi degli “investitori”. Di quei finanziatori che spesso sono gli stessi per chiunque appartenga alle

ella campagna per le prossime elezioni regionali si evidenziano alcuni aspetti, oggi molto di moda, del “fare politica”: molta propaganda mediatica, tanti slogan, cartelloni con facce sorridenti e tranquillizzanti. Programmi confusi, pochi progetti, quasi nessuna informazione documentata. La “corsa” per diventare presidente della regione viene descritta come una lotta tra centrodestra e centrosinistra. Una competizione tra l’attuale “governatore” Zaia, il “dissidente leghista” Tosi, la “renziana” Moretti. Tre i candidati “più forti”. Gli altri sembrano non esistere. Forse qualche volta viene citato il M5S ma, per il resto, pare tutto al traino dei tre candidati vincenti (o presunti tali). Viviamo un periodo nel quale la proposta politica viene ridotta alla necessità di occupare qualche posto di potere (o presunto tale). La vittoria elettorale non significa la continuazione di un progetto o l’inizio di un cambiamento. Significa solamente ottenere la maggioranza per amministrare. È solo con questa premessa che, quasi sempre, si cercano alleanze. Alleanze che servono a fermare l’avversario e per le quali si possono annacquare programmi e progetti rendendoli ambigui e promettendo tutto e il suo contrario.

Così assistiamo alla corsa alla coalizione più numerosa. Alcuni partiti o componenti di sinistra (o presunti tali) che a livello nazionale sono avversari del governo, si alleano con il PD anche senza condividere (apparentemente) parti importanti del programma che la candidata Alessandra Moretti “illustra” nel suo giro elettorale. Alcune formazioni di centrodestra tentano l’alleanza con la Lega pensando comunque di ritagliarsi un posto al sole, restando all’ombra del “più forte”. L’importante è, comunque, far parte della probabile maggioranza. Si pensa che si possa contare solo apparendo al fianco del vincitore. Si ambisce a diventare vassalli del prin- [ Sala del Consiglio regionale del Veneto ]

coalizioni che si presumono vincenti. A questo proposito, sarebbe giusto conoscere, dai principali candidati e prima di esprimere un voto, quanto realmente costa la loro campagna elettorale, chi la paga e, quindi, chi dovranno ringraziare. La differenza del progetto proposto è quasi inesistente. Così Zaia, Tosi o Moretti hanno, su temi fondamentali come uso del suolo, trasporti (bretelle varie, pedemontana, tav/tac ecc.), project financing, lavoro, privatizzazioni e quant’altro, posizioni di fatto compatibili. E se si discostano è perché il gioco delle parti, in campagna elettorale, lo impone. Dichiarazioni e fatti accaduti nei mesi precedenti dimostrano, invece, una coincidenza imbarazzante. Corruzione, favori agli amici, appalti pilotati sembrano, dalle notizie delle indagini della magistratura, caratteristiche comuni per chi ha governato negli ultimi anni regione e capoluogo di regione. Una situazione che dimostra l’umiliazione della Politica relegata a un ruolo puramente affaristico-amministrativo. Chi vuole, invece, modificare questo sistema dovrebbe caratterizzarsi in maniera contraria. Non rincorrere il posto sicuro entrando in qualche coalizione “vincente”, ma proporsi come alternativa anche se questo non porterà a un successo elettorale immediatamente significativo. Gli elettori dovrebbero poter scegliere tra alternative certe e non tra facce più o meno sorridenti che, alla fine, propongono (e faranno) cose simili. Oggi frange di estrema destra come Casapound convergono sulla Lega di Salvini, capace di assorbire e svuotare il bacino tradizionale di FdI, e ne diventano fedeli alleati. A sinistra, invece, l’alternativa al pensiero unico è l’obiettivo di chi, perché non si vuole omologare al PD, viene considerato “estremista” anche se propone una normale attuazione della Costituzione. Quella Costituzione che, guarda caso, le forze politiche che fanno riferimento a Zaia, Tosi o Moretti hanno voluto o vogliono cambiare per garantirsi una continuità di potere che poco ha a che fare con la democrazia.

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[ Informazione ]

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A Palazzo Trissino la comunicazione è donna Viaggio nei “segreti” della comunicazione ufficiale a Vicenza: in un mare non sempre facile da navigare al comando di diversi ammiragli c’è sempre lei, Paola Sperotto, a tenere dritta la barra con le sue collaboratrici Jenny, Chiara e Francesca [ Edoardo Andrein ]

i solito sono loro a intervistare, riportando ciò che hanno da comunicare sindaco o assessori.

Ora invece per VicenzaPiù Magazine sono passate dall’altra parte del “microfono”: ci siamo addentrati nelle curiosità e nel lavoro quotidiano dell’ufficio stampa del Comune di Vicenza, guidati dal racconto di Paola Sperotto che dal 1997 è capo ufficio stampa dell’amministrazione comunale, per scoprire la comunicazione ufficiale di Vicenza.

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Ci racconti esperienze, provenienza, se siete iscritte all’Ordine dei Giornalisti, quante persone lavorano e con quali compiti?

L’ufficio stampa è composto da me, Paola Sperotto, da due addette stampa, Jenny Bassa e Chiara Bezze, e da un’addetta alla redazione web, Francesca Fisico. Io sono anche capo ufficio dell’urp (ufficio relazioni con il pubblico), dove lavorano tre addette alla comunicazione al cittadino. Sono giornalista professionista, titolo acquisito nel 1993 in seguito a un praticantato giornalistico svolto nel quotidiano

Nuova Vicenza.

Le tre collaboratrici dell’ufficio stampa sono tutte giornaliste pubbliciste, titolo conseguito collaborando con testate giornalistiche locali prima di essere assunte in ufficio stampa. È del resto la legge 150/2000 che richiede l’iscrizione all’ordine dei giornalisti - professionisti o pubblicisti - per chi opera negli uffici stampa degli enti pubblici.

Tutte e quattro siamo state assunte attraverso concorso pubblico e lavoriamo a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato.

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[ Informazione ]

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Quali fasce orarie della giornata sono coperte? nicazione interna, o per nostra stessa iniziativa risposte alle testate, occupandoci di raccogliere Sono previste emergenze? trasformiamo in notizie il più possibile semplici anche i relativi contenuti tecnici dai settori.

L’ufficio stampa opera di prassi tutte le mattine e chiare gli atti burocratici (deliberazioni, deInsieme agli assessori e ai loro staff lavoriamo da lunedì a venerdì e nei pomeriggi di martedì terminazioni, bandi di gara...) con i quali il inoltre alla predisposizione delle comunicazioni e giovedì, giornate di ordinario rientro negli Comune “parla”, promuovendo in questo modo di cui ci facciamo promotori attraverso comuuffici comunali di Vicenza. Per meglio rispondere le iniziative e i servizi dell’amministrazione. nicati stampa, conferenze stampa e comunialle esigenze dell’amministrazione e della stamNon si tratta di decidere cosa vada o non cazioni alla stampa post giunta. Tutti i testi pa, a organico pieno siamo presenti a turno vada diffuso, perché tutti gli atti amministrativi diffusi dall’ufficio stampa sono approvati dagli anche nei pomeriggi di non rientro. In caso di sono di per sé pubblici e spesso già pubblicati assessori di riferimento, con notevole impegno conferenze stampa o particolari eventi lavoriamo sul sito del Comune, in particolare per quanto in termini di precisione e tempestività da parte anche nel fine settimana. Offriamo inoltre serriguarda Vicenza nella sezione Pubblicazioni nostra e loro. vizio di assistenza alla stampa anche in orario online. Si tratta semmai di individuare gli E invece con i cittadini vicentini? serale, in occasione dei consigli comunali. argomenti, i servizi, le normative, gli eventi Il rapporto dell’ufficio stampa con i cittadini è Situazioni di emergenza come l’alluvione, il ripiù interessanti e significativi, per farli coemerso soltanto di recente, con l’attivazione e schio allagamenti, l’evacuazione per disinnesco noscere ai cittadini attraverso i mezzi di cola gestione delle pagine istituzionali “Città di bellico, ci hanno portato più di una volta ad municazione.

Vicenza” nei principali social network (Facebook, operare anche in orario festivo, serale e notturno, La rassegna stampa con quali criteri viene preTwitter, Youtube e Flickr). La pubblicazione di spesso in contesti differenti dall’ufficio fisico parata e chi ne fruisce maggiormente? contenuti in Facebook, soprattutto, presuppone tradizionale, ad esempio in seno al COC, il La rassegna stampa quotidiana seleziona e la disponibilità a rispondere con tempestività Centro operativo comunale allestito nella centrale propone tutte le notizie di interesse per il Coalle obiezioni e ai commenti dei cittadini che operativa di Aim durante le emergenze di promune di Vicenza pubblicate dalle principali interloquiscono con l’amministrazione attraverso tezione civile. testate giornalistiche. Fin dalle 8.30 è online questo nuovo canale di comunicazione. Anche Com’è organizzato il lavoro? nella rete intranet comunale e sul sito internet, in questo caso, tuttavia, il nostro ruolo è soIl lavoro ordinario prevede una programmazione accessibile attraverso password, a disposizione stanzialmente di tramite tra cittadini e ammisettimanale della comunicazione dell’ente atdegli amministratori e degli uffici. Particolarnistrazione: sottoponiamo obiezioni, commenti traverso comunicati stampa e conferenze stammente utile risulta il motore di ricerca dell’are richieste di chiarimenti ad amministratori e pa, a seconda dell’importanza o della notiziabilità chivio storico della rassegna stampa. uffici e cerchiamo di tradurre in linguaggio dell’iniziativa da far conoscere ai cittadini.

Qual è il vostro rapporto con gli assessori? semplice le risposte che pubblichiamo sui Ci sono poi le urgenze e le emergenze che, Il rapporto con gli assessori è pressoché quotisocial. come in una vera redazione, richiedono di ridiano. Sottoponiamo loro le domande dei giorCom’è cambiata la comunicazione “ufficiale” con mettere mano alla programmazione in relazione nalisti e spesso raccogliamo e trasmettiamo le l’avvento delle nuove tecnologie e dei social netalle nuove priorità. Svolwork? giamo inoltre un’attività La comunicazione di controllo e verifica istituzionale, cioè dei contenuti pubblicati quella di cui l’uffidalle varie testate giorcio stampa si deve nalistiche, comprese occupare, è camquelle online, su temi biata in modo sodi interesse per l’amstanziale, e anche ministrazione. per questo motivo In che modo e da chi vieè stato necessario ne decisa la diffusione potenziare ed eledi una notizia? vare la professionaObbligo di un ufficio lità dell’ufficio. Oggi stampa di un ente pubtutti i comunicati blico, e in particolare diffusi a una maidel capo ufficio stampa, ling list di decine è “curare, sulla base di giornalisti accredelle direttive impartite ditati vengono condall’organo di vertice testualmente pubdell’amministrazione, i blicati dall’ufficio collegamenti con gli orstampa sul sito istigani di informazione, tuzionale del Comuassicurando il massimo ne, nell’ambito di grado di trasparenza, una sezione regichiarezza e tempestività strata in tribunale delle comunicazioni da come agenzia di fornire nelle materie di stampa, e rilanciati interesse dell’amminisui profili social delstrazione”. Pertanto su l’amministrazione input degli amministracon adeguato cortori, degli uffici comuredo fotografico. nali presso i quali abCon le conseguenbiamo formato una rete [ In senso orario: Jenni Bassa collegelike; Chiara Bezze, PR everywhere; ze, in termini di nedi referenti della comu- Paola Sperotto al lavoro dietro le quinte; Francesca Fisico in libera uscita ] cessità di controllare

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[ Informazione ]

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lavoro? Quali le situazioni che eviteresti volentieri? E quali promuoveresti?

Particolarmente formativa, in questi ultimi anni, è stata per l’ufficio stampa la drammatica esperienza dell’alluvione. Da allora abbiamo approntato un piano di comunicazione di emergenza che ci consente di essere operativi in qualsiasi [ Sopra: una foto del bomba day scattata da Jenny Bassa ]

[ A sinistra: Una foto dell'alluvione scattata da Chiara Bezze ]

e rispondere tempestivamente ai fan, di cui dicevo prima. Non solo: sul sito e sui social network le iniziative dell’ente, e delle migliaia di associazioni che con il Comune collaborano, vengono promosse attraverso un ricco calendario eventi online e con gallerie fotografiche particolarmente apprezzate dagli utenti.

Quali cambiamenti ci sono stati nel passaggio di amministrazioni di “colore” diverso?

Per quanto mi riguarda, ho lavorato per un breve periodo in un embrionale ufficio stampa della primissima amministrazione Variati nella prima metà degli anni ‘90, poi, da capo ufficio stampa, per un breve periodo con Quaresimin, durante entrambi i mandati Hüllweck e in questi ultimi due mandati Variati.

Già dal primo di questi due ultimi mandati il sindaco Variati, registrando la progressiva importanza acquisita dalla comunicazione nel rapporto con i cittadini che per primi chiedono di essere informati sulle decisioni dell’amministrazione, ha potenziato l’ufficio stampa, dotandolo di personale con contratto a tempo pieno. Ciò si è tradotto in un notevole aumento della produzione dell’ufficio in termini quantitativi (numero comunicati e numero conferenze stampa) e qualitativi (rapidità nella diffusione delle notizie, capacità di risposte differenziate...), con riscontri sostanziali nella rassegna stampa. La decisione di dedicare in modo specifico una persona dell’ufficio stampa al web ha inoltre permesso non solo di attivare il filone dei social network, ma anche di metter mano, insieme all’urp e alla rete dei referenti della comunicazione interna, al sito internet istituzionale che sta sempre di più trasformandosi in vetrina e sportello virtuale dell’amministrazione.

Il lavoro di ufficio stampa è comunque “di parte”: ci sono situazioni in cui si è costretti a comunicare qualcosa che si sente come non vero o non giusto? C’è un limite nel “subire” le

indicazioni dell’amministrazione? C’è uno spazio per influire sulla comunicazione a favore dei cittadini?

Fin dal secondo mandato Hüllweck l’amministrazione comunale di Vicenza ha introdotto la figura del portavoce, non anteponendola in modo gerarchico, ma affiancandola al capo ufficio stampa. Si è trattato di una scelta assolutamente opportuna, oltre che prevista dalla legge 150/2000, che ha permesso all’ufficio stampa di continuare a svolgere il suo compito di diffusione delle iniziative e dei servizi dell’amministrazione a favore dei cittadini senza dover entrare in un terreno non suo, che è quello della comunicazione politica. È evidente che portavoce e ufficio stampa devono collaborare, ciascuno rispettando il ruolo e i compiti dell’altro, ma tra persone intelligenti questo non è un problema. Ad ogni modo nessuno per nessuna ragione ci ha mai chiesto di divulgare notizie non vere, e peraltro né come giornalisti né come dipendenti pubblici avremmo potuto accogliere una richiesta del genere.

Quali sono le maggiori soddisfazioni in questo

momento, senza bisogno di essere in ufficio per fornire informazioni di protezione civile alla popolazione. In generale, è molto stimolante essere in una posizione da cui ci è permesso osservare come nascono e si sviluppano le iniziative più varie e le risposte dell’amministrazione comunale ai bisogni della città. A noi è chiesto di prendere queste risposte per mano e cercare di renderle più chiare possibili, per farle conoscere alla gente attraverso i mezzi di comunicazione e gli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie. Il filo diretto con l’urp e il monitoraggio eseguito tramite la rassegna stampa quotidiana ci danno infine il polso di come i cittadini accolgano tali azioni, consentendoci di “chiudere il cerchio” e persino di proporre aggiustamenti di tiro. Sono convinta che il nostro contributo a questo processo potrebbe essere ancora più efficace se nella fase di progettazione di iniziative e servizi la struttura comunale dedicasse più tempo alla programmazione della comunicazione, ma devo dire che passi avanti in questi ultimi anni ne sono stati fatti, dal coinvolgimento dell’ufficio stampa nelle riunioni dirigenziali che anticipano le decisioni della giunta fino alle consulenze chieste dagli uffici all’urp per la semplificazione dei testi di alcuni bandi e avvisi pubblici.

[ Lo staff dell'ufficio stampa al completo in azione nella sala rossa del Bomba day ]

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[ Informazione ]

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Il sindaco Montagna: un giornalista in prestito alla politica Su alcune notizie ha la malizia di farle conoscere alla stampa.

Come quando espropriò la moglie … [ Federica Ceolato ]

A

nni di esperienza nel mondo della comunicazione e dell’informazione significano per il sindaco Martino Montagna competenze e conoscenze da investire nel ruolo che, per la seconda volta, lo vede impegnato come Primo cittadino del comune di Cornedo Vicentino. La gavetta Montagna l’ha fatta nelle redazioni giornalistiche, prima in un’emittente locale radiofonica, poi nel quotidiano Nuova Vicenza e di Antenna Tre Nordest, sia come conduttore che come responsabile di redazione. Iscritto all’albo dei professionisti dal ‘99, negli anni precedenti l’incarico amministrativo del 2009, è stato consulente per la comunicazione radio-televisiva dell’ufficio stampa del consiglio regionale veneto.

La professione di giornalista ti ha agevolato o ostacolato nell’essere sindaco?

Mi ha sicuramente agevolato, poiché il giornalista, a meno che non si occupi di ambiti specifici, è quasi un tuttologo, nel senso che deve conoscere un po’ tutto di tutto. Da giornalista professionista avevo già avuto esperienza di pubblica amministrazione, di contatto con la comunità, di cittadinanza e di vita amministrativa. Quindi, conoscevo già il contesto in cui avrei operato.

Com’è il tuo rapporto con la stampa?

L’essere giornalista mi ha agevolato come sindaco anche nel contatto con i media, poiché conosco, per esperienza di trincea da una parte e dall’altra, l’importanza di una comunicazione trasparente e collaborativa con la stampa. I corrispondenti locali hanno, infatti, piena libertà di accedere agli uffici e

[ Martino Montagna giornalista ]

informarsi direttamente come meglio credono.

Non ci sono veti, quanto invece assoluta apertura e disponibilità. Credo che quando un politico accusi la stampa probabilmente qualcosa di poco chiaro nell’operato di quel politico ci sia, perché la stampa riporta quelli che sono i fatti. Magari [ Martino Montagna alla tastiera da... sindaco ] dando più peso a certi elementi clisti, pedoni e diversamente abili. Lo slancio piuttosto che altri, ma la colpa non è mai del giornalista, inoltre, mi ha portato, sopratdella stampa, che in caso di errori interviene tutto all’inizio, a trasmettere le notizie ricorreggendo. guardanti l’ambito amministrativo immediaEssere giornalista e relazionarsi da politico nel tamente alla stampa, senza prima confrontarmi mondo politico non deve essere semplice. Il ricon i diretti interessati. Penso alla conferenza ferimento è alla possibilità di venire in contatto dei sindaci nel 2010 quando, individuate le con intrighi e meccanismi poco ‘puliti’. deleghe, ho trasferito subito l’informazione Non sono finora venuto a conoscenza di fatti ai giornali, con forte disappunto dell’allora che contrastino con la deontologia professiopresidente, sindaco di Montecchio. nale e, qualora succedesse, sarei il primo a Ti senti più sindaco o giornalista? intervenire.

Oggi certamente più sindaco, con un po’ di Quali aspetti del giornalista metti nella carica nostalgia. Qualora un domani riprendessi a di sindaco? scrivere, dovrei ripartire da zero, data la proSu alcune notizie ho la malizia di farle conolungata sospensione, ma con un importante scere alla stampa, come le notizie bagaglio di esperienza in ambito politico e di colore, e un esempio è proprio amministrativo, che è stata in questi anni, di questi giorni: la mia cartellina seppur difficili, più che positiva, considerati rossa ‘Trova Lavoro’, in cui raccolgo anche i risultati delle elezioni dello scorso le richieste di occupazione che anno che mi hanno riconfermato sindaco. pervengono in comune, da sottile L’essere una vera ‘civica’, che significa decicom’era, nell’ultimo periodo ha sioni prese nell’interesse del territorio, non raggiunto uno spessore preoccudel partito, ha premiato: non ho tessere polipante e significativo del periodo tiche, all’opposizione sono presenti i referenti di crisi che stiamo ancora vivendo. di tutti i colori politici, Movimento 5 stelle, Oppure quando nel 2011, per alPartito democratico, Lega nord e Forza Italia, largare l’incrocio lungo l’ex proad esclusione del Nuovo Centro Destra, che vinciale, ho espropriato parte del non è rappresentato. E sfata anche la credenza parcheggio riservato al negozio di che non sia possibile ottenere finanziamenti: mia moglie. A prevalere è stata sono i buoni progetti che fanno la differenza, l’attenzione e la sicurezza per cinon l’appartenenza a partiti politici.

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[ Fumetti ]

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[ Giudiziaria ]

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Marlane-Marzotto: tutti assolti.

Ecco le motivazioni dei giudici In 256 pagine depositate presso il tribunale di Paola le motivazioni dei giudici per la sentenza assolutoria in primo grado nel processo Marlane. I tumori di oltre un centinaio di operai non hanno un colpevole. I terreni sono inquinati, ma “tecnicamente” non è vero. Dai togati un duro colpo alla procura: chi ha indagato lo ha fatto male e in aula non sono state prodotte prove sufficienti.

Sentenza Marlane-Marzotto, le motivazioni dei giudici poggiate su un vizio di forma [ Andrea Polizzo ] PRAIA A MARE Vizi di forma, indagini imprecise, riferimenti normativi datati, mancanza di prove certe.

Tutti elementi di cui lo scorso 19 dicembre 2014 ha tenuto conto il Collegio giudicante costituitosi presso la sezione penale del tribunale di Paola nell'emettere la sentenza assolutoria in primo grado del processo “Marlane”.

Presidente Domenico Introcaso, a latere i giudici Annamaria Buffardo e Pierpaolo Bortone. Alla sbarra 12 imputati accusati delle morti bianche tra gli operai della fabbrica tessile di Praia a Mare di proprietà del Gruppo Marzotto e per l'inquinamento dei terreni circostanti lo stabile.

Tra essi, figurava anche Pietro Marzotto, in passato a capo del noto gruppo vicentino, in qualità di presidente della società Lanerossi Spa (già Marlane Spa) e della Manifattura Lane Gaetano Marzotto & figli Spa dal 1988 al 1998.

L'impianto accusatorio della procura di

[ Il giudice Domenico Introcaso ]

Paola, non ha retto. Secondo i PM, gli imputati a vario titolo non avevano adottato le necessarie cautele per evitare l'esposizione degli operai a sostanze cancerogene (artt.

110 e 437 c.p.) provocando nelle maestranze l'insorgere di tumori (art. 590 c.p.) e, in molti casi, la morte (art. 589 c.p).

Erano inoltre responsabili - sempre secondo l'accusa - di aver consentito l'interramento di rifiuti di natura industriale e di fanghi di depurazione nei terreni che circondano lo stabilimento tessile (artt. 110 e 434 c.p. e art.

256 dlgs 152/2006).

Dalla lettura delle 256 pagine contenenti le motivazioni della sentenza, depositate lo scorso 18 marzo 2015 dai giudici, salta all'occhio già nelle premesse la presenza di un “vizio di forma” che ha investito i due principali tronconi dell'accusa, l'omicidio colposo e il disastro ambientale.

Questo vizio - spiegano i giudici - è “l'a-storicità delle condotte contestate” in un arco di tempo molto vasto: 30 anni circa, dal 1973 al 2004.

Ovvero, l'accusa non è stata in grado di produrre prove sufficienti a fornire collegamenti

temporali precisi e inequivocabili in riguardo a elementi cardine quali l'innesco, la genesi e l'insorgenza delle patologie tumorali contestate in correlazione con i tempi, le durate e le quantità di esposizione degli operai alle sostanze ritenute nocive.

Non ci è riuscita neanche con il fiume di testimonianze rese in aula da operai, periti, ispettori del lavoro, tecnici, fornitori e dalle quali emerge, sì, un quadro, un nucleo storico comune ai reati contestati, ma non, appunto, prove certe.

I riferimenti sono approssimativi. “Nella stagione”, ovvero in estate, ad esempio, come hanno detto molti ex operai descrivendo il periodo dell'anno in cui le condizioni di lavoro in fabbrica erano maggiormente insostenibili a causa dei vapori che vi si respiravano durante i cicli di coloritura dei tessuti.

Secondo la Corte, in sostanza, non è stato sufficiente dire: “Gli imputati hanno prestato servizio in questo arco di tempo, dunque sono responsabili delle morti o delle malattie degli operai che hanno lavorato in Marlane nello stesso periodo”.

Un vizio di forma che la sentenza assolutoria considera alla base del processo tutto, spingendosi ad esternare riflessioni negative sia in ordine al patrimonio di acquisizione storica dei fatti che in ordine a quello tecnico.

Un vizio di forma che ha dunque marchiato in negativo anche gli studi peritali effettuati per conto delle parti e del tribunale stesso.

[ L’aula con pm, difensori e parti civili ]

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[ Giudiziaria ]

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“La copiosa attività consulenziale e peritale - scrivono i giudici - soffre del vizio di origine legato al tempo e pertanto ricondotta a ricostruzione dei fenomeni per esclusiva deduzione”.

Quel vizio, in definitiva, nella visione del giudice ha minato sul nascere quello che si profilava come uno dei più importanti processi nel suo genere: quello della responsabilità penale per le malattie cagionate dall'esposizione a sostanze tossiche.

Per analizzare il caso, oltre che per formulare i quesiti poi sottoposti nell'ottobre del 2013 ad un pool di esperti per una nuova perizia ambientale all’interno dell’ex fabbrica di Praia a Mare e nei terreni circostanti, il collegio giudicante ha mutuato criteri generali dalla giurisprudenza tra cui la sentenza “Cozzini”, sostanzialmente ribaditi nella più recente sentenza Thyssenkrupp.

La sentenza Marlane è destinata a far parlare ancora di sé. I PM e alcune parti civili hanno

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già preannunciato ricorso in appello. In attesa di svelare le loro mosse potrebbe essere utile scendere nel dettaglio delle motivazioni. Quanto meno in riferimento ai due principali capi d'accusa relativi alle morti bianche ancora senza colpe degli operai Marlane e all'inquinamento dei terreni posti al confine tra Praia a Mare e Tortora, a due passi dal Mar Tirreno. Un inquinamento che, come vedremo, “tecnicamente” non esiste.

Motivazioni Marlane, morti bianche: prove insufficienti per i giudici [ A. P. ] PRAIA A MARE Gli imputati del processo Marlane non sono stati riconosciuti colpevoli di aver provocato i tumori che hanno colpito oltre 100 operai della fabbrica tessile di Praia a Mare, dismessa nel 2004 dal Gruppo Marzotto, per insufficienza di prove.

Proprietari e dirigenti erano accusati di aver omesso o rimosso le necessarie cautele sui luoghi di lavoro per evitare prolungate esposizioni delle maestranze a sostanze nocive utilizzate nelle fasi di lavorazione dei tessuti.

“Il Collegio - si legge a pagina 58 delle motivazioni della sentenza assolutoria in primo grado - ritiene che le risultanze acquisite nel corso del giudizio non valgono a conferire pieno fondamento all'ipotesi accusatoria in relazione al reato di cui all'articolo 437 del codice penale, non essendo emerse prove certe in ordine alla penale responsabilità degli imputati”.

Per i giudici, cadendo l'accusa di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro risultano esaurite anche quelle relative alle lesioni colpose e all'omicidio colposo.

La sentenza dedica ben 42 delle 256 pagine complessive alle testimonianze rese in aula

[ Il conte Pietro Marzotto ]

che, in parte, avrebbero dovuto sostenere la tesi dell'accusa secondo la quale i dirigenti avevano accettato il rischio che dalle loro condotte potessero derivare rischi per la salute delle tute blu.

Invece, il collegio giudicante ha ritenuto che: “Non è stata raggiunta - si legge nella sentenza - al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità degli imputati in ordine al reato di cui all'articolo 437 del codice penale”. E ancora: “Non sono emersi elementi sufficienti a far ritenere che nella fabbrica non fossero presenti idonei impianti di aspirazione e che non fossero stati forniti ai dipendenti sufficienti dispositivi di protezione”.

E, sempre in riferimento alle testimonianze, i giudici si spingono fino a ritenere che: “Alla luce delle risultanze contrastanti delle deposizioni è dunque necessario vagliare l'attendibilità delle stesse tenuto conto che molti testimoni sono costituiti parti civili e, dunque, portatori di un interesse economico personale”.

A convincere la corte per l'assoluzione hanno giocato un ruolo importante alcuni aspetti emersi in aula. Tra questi, un sensibile miglioramento delle condizioni di lavoro quanto meno a partire dal 1975.

Il riferimento è agli impianti di aspirazione per i quali però, resta il dubbio, e lo si legge tra le righe del documento, circa la loro idoneità a garantire la salubrità degli ambienti di lavoro della Marlane.

I giudici stessi ricordano nella sentenza come alcuni accertamenti peritali su di essi non siano stati possibili poiché negli anni successivi alla dismissione dell'impianto gli aeratori sono stati smontati e portati via insieme a telai e altri macchinari.

Tuttavia “Non è emersa prova - scrivono i giudici - dell'idoneità degli impianti rispetto ai sistemi di lavorazione né in relazione ai profili

[ L’avvocato Enrico Giarda ]

quantitativi dell'esposizione, non essendo stata verificata la portata degli impianti, la geometria, la posizione dei singoli ambienti di lavoro e la capacità di aspirazione degli impianti di areazione”.

Ma l'insufficienza di prove riscontrata dai giudici ha condotto all'assoluzione degli imputati.

Viene citata la giurisprudenza in merito, fornita dall'orientamento della Cassazione, per la quale affinché vi sia rilevanza penale non è sufficiente omettere o rimuovere i presidi atti a prevenire infortuni sul lavoro, ma serve l'attitudine almeno astratta, anche se non bisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l'integrità fisica dei lavoratori. Serve la prova che i presidi non adottati o rimossi siano idonei a prevenire infortuni e disastri. Inoltre non c'è dolo se chi omette o commette il reato non è consapevole di creare pericolo.

Il resto lo hanno fatto i lunghi tempi delle indagini e del processo dal momento che la corte ha ammesso “la difficoltà - è scritto nelle motivazioni - di valutare, ora per allora, le condizioni dei luoghi, trattandosi di indagine su una realtà industriale dinamica e che non esi-

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[ Giudiziaria ]

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[ Un operaio nel reparto tintoria della Marlane Marzotto ] [ La fabbrica della Marlane Marzotto di fronte al mar Tirreno ]

ste più, svolta a distanza di molti anni dalla chiusura della fabbrica e che rende impossibile fondare su tali basi un giudizio di responsabilità degli imputati”.

E non è tutto. L'insufficienza di prove rilevata dal collegio giudicante riguarda anche la mancata dotazione agli operai dei cosiddetti Dispositivi di protezione individuale (Dpi) quali mascherine, occhiali, guanti e abiti da lavoro, nonché per quanto riguarda le sostanze utilizzate in fabbrica.

A tal proposito i giudici, preliminarmente chiariscono che l'accertamento su questo punto è stato basato sia sulle schede di sicurezza dei coloranti utilizzati in fabbrica, sia sulle sostanze effettivamente trovate nel corso delle indagini all'esterno e all'interno della fabbrica.

Il pool di periti incaricato dal tribunale, pur non essendo riuscito a fornirne un elenco completo, ha concluso che per certo alla Marlane si è utilizzato Cromo esavalente, coloranti azoici e Trielina. Per il resto, tanto i periti quanto i PM non sono stati in grado di produrre alcuna prova che nella fabbrica di Praia a Mare si utilizzassero coloranti capaci di rilasciare una delle 22 ammine aromatiche individuate dalla normativa europea come sostanze estremamente pericolose.

Era verosimile - concludono i giudici - che nella Marlane si utilizzassero Cromo esavalente e ammine aromatiche che costituiscono un fattore di rischio cancerogeno rispettivamente per il polmone e la vescica. Ciò esclude dunque patologie ad altri organi bersaglio imputate. Ma anche in merito a quanto risulta verosimile non è stata provata la causalità individuale. Dunque, caso per caso. Come affermato dalla Cassazione, nel caso di malattie multifattoriali è necessario verificare altre ipotesi di causa per individuare la più plausibile soggetto per soggetto.

Nel concludere in questo tono i giudici effettuano un richiamo alle risultanze dell'indagine epidemiologica richiesta ai consulenti tecnici.

“Non è stato accertato il nesso causale - scrivono nelle motivazioni - tra l'esposizione professionale delle vittime alla sostanza cancerogena e l'insorgenza delle neoplasie secondo il grado di elevata probabilità logica o credibilità razionale richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite penali della Corte di legittimità (Sentenza Franzese, 30328 del 2002) per pervenire a un giudizio di condanna, non essendo al riguardo sufficiente la mera probabilità statistica di produzione dell'evento emersa dal complesso delle

Motivazioni Marlane Marzotto, perché non c'è disastro ambientale Dalla lettura delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Marlane, ecco perché i giudici hanno assolto gli imputati dal reato di disastro ambientale. Chi indagò nei terreni e chi analizzò lo fece male [ a.p. ] PRAIA A MARE Gli imputati nel processo penale “Marlane” sono stati assolti dal tribunale di Paola, in provincia di Cosenza, dal reato di disastro ambientale perché le analisi effettuate sui terreni della ex fabbrica tessile di Praia a Mare del Gruppo Marzotto

sono insufficienti a provarlo e sono state anche svolte male. È quanto si legge esplicitamente e tra le righe delle motivazioni della sentenza assolutoria in primo grado depositate lo scorso 18 marzo dal collegio giudicante.

indagini peritali”.

E a questo punto vengono riportati alcuni dati sintetici. Il risultato dello studio epidemiologico dice che su una coorte di 984 soggetti esaminati (702 uomini e 282 donne, 823 vivi e 161 deceduti) sono emerse con certezza 5 patologie neoplastiche in eccesso rispetto a quelle attese: 3 tumori al polmone e 2 alla vescica. La conclusione dei periti è che sia provato il nesso di causalità per un caso di tumore alla vescica (Luigi Pacchiano) e per tre casi di tumore polmonare (Biagio Fiorenzano, Aldo Martoglio e Rosario Presta).

[ Lorenzo Bosetti, già sindaco di Valdagno e presidente Cda di Ava ]

Una decisione che ha respinto le accuse mosse dai PM di Paola, fatte proprie dalle parti civili, perché mal strutturate e correlate a riferimenti normativi superati o mal interpretati. Una sentenza che, in definitiva, ha accolto in pieno i rilievi sollevati in fase dibattimentale dalla difesa.

Chi ha scavato in quattro momenti diversi in quell'area tra il 2006 e il 2008 è stato incompleto e chi ha analizzato per contro della procura i campioni ottenuti ha commesso errori di valutazione. Un terreno contaminato - stando al decreto legislativo 152 del 2006, Norme in materia ambientale - può considerarsi tale solo dopo una serie di passaggi. Alle analisi su campioni di matrici ambientali dei terreni e delle acque che devono provare superamenti delle Concentrazioni di soglie di contaminazione (Csc) deve seguire un'analisi di rischio specifica del sito. È in questa fase che si ottengono com-

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[ Giudiziaria ]

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[ Rosanna De Rose, consulente della Procura che ha stilato una relazione sulle indagini svolte nei terreni Marlane nel 2006, 2007 e 2008 ] parazioni con le cosiddette Csr, ovvero Concentrazioni soglia di rischio che, se superate dai valori riscontrati, aprono la strada a una eventuale bonifica.

“Nel caso in esame - si legge nella sentenza Marlane - i risultati delle indagini condotte in occasione degli scavi del 2006 e del 2007 depongono nel senso che tutti i valori di concentrazione rilevati, sia per i terreni che per le acque sotterranee, risultano ampiamente inferiori alle corrispondenti Concentrazioni soglia di contaminazione.Dinnanzi a detto risultato - proseguono i giudici - è ovvio che i terreni e le acque sotterranee del sito Marlane devono essere considerati “non contaminati” e non deve essere effettuata, per queste matrici, alcuna analisi di rischio ambientale e sanitaria sito-specifica”.

Inoltre, i giudici hanno tenuto conto del fatto, emerso in fase dibattimentale, che il consulente dell'accusa Rosanna De Rosa, direttore del dipartimento di Scienze della Terra dell’Unical e incaricata nel 2007 dal PM Antonella Lauri di svolgere indagini ambientali nell’area della fabbrica Marzotto, (Per i Pm titolari del fascicolo, il documento chiave per sostenere l’accusa dei reati ambientali, ndr) aveva fornito dati allarmanti in merito ad alcuni campioni che, però, tali non erano. È il caso, ad esempio, del campione denominato 25/14 che presentava consi-

stenti superamenti delle soglie di contaminazione per alcuni elementi chimici come il Cromo, il Cromo esavalente e, in parte modesta, per lo Zinco. Ma quel campione non era una matrice ambientale, bensì un rifiuto: un bidone ammaccato contenente sostanze chimiche. Quando fu ritrovato, il perito non dispose il prelievo, e dunque l'analisi, di un campione di terreno circostante che da quel rifiuto poteva essere stato contaminato.

Altri campioni, prelevati nel 2007, presentano il medesimo problema. In altri casi è stata indicata una tabella di comparazione dei valori errata.

“Ma se anche - conclude la corte - si fossero riscontrate Concentrazioni soglia di contaminazione si sarebbe dovuto comunque parlare di terreno potenzialmente contaminato” e dunque non di certo “dell'esistenza di una situazione effettiva e concreta di pericolo per la salute della popolazione stanziata nel territorio dei comuni di Praia a Mare e Tortora in difetto di un'analisi di rischio”.

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Nel 2007 e nel 2008 venne indagata la falda acquifera, ma non è stata evidenziata la presenza di nessuna delle sostanze rilevate analiticamente nei rifiuti.

“Perciò - si legge ancora nella sentenza - le sostanze potenzialmente inquinanti presenti nei rifiuti interrati, non hanno mostrato alcuna capacità di diffusione e migrazione verso le matrici ambientali (suolo, sottosuolo, materiali di riporto e acque sotterranee, ndr)”.

Inoltre la corte ha ritenuto “irrealistici” i cosiddetti percorsi di migrazione individuati dal pool di periti incaricato dal tribunale: ovvero non sarebbe reale la possibilità che le sostanze contenute nei rifiuti possano propagarsi nell'ambiente attraverso il vento, le piogge o a causa di incendi poiché interrati. Inoltre, le analisi sulla falda acquifera hanno dato esito negativo circa la presenza di sostanze inquinanti. Secondo il parere di altri esperti sulle caratteristiche degli incendi boschivi, citato dalla corte, risulta “stroncata”, in definitiva, l'ipotesi dei periti secondo la quale

[ Prelievi nel terreno del'area della fabbrica ]

[ Un bidone che De Rose analizzò come matrice ambientale e indice di nocività. In realtà avrebbero dovuto campionare i terreni adiacenti. Ma non lo fecero ... ]

con il calore generato da fiamme si possano sprigionare sostanze irritanti per l'uomo dalle benzoaniline interrate. Insomma, il pensiero dei giudici è che seppur è provato che si siano verificati interramenti, non si può parlare di pericoli per la pubblica incolumità e tanto meno di disastro ambientale. Inoltre, quanto ai percoli per la salute umana, la corte cita le conclusioni con esiti negativi derivanti dall'indagine epidemiologica svolta dai propri periti che “non hanno individuato - si legge nella sentenza - alcun impatto sanitario nella popolazione dei comuni di Praia a Mare e Tortora correlabile allo stabilimento Marlane. In particolare, gli esperti si sono espressi nel senso che non sono stati individuati scostamenti significativi di patologie neoplastiche o comunque correlabili alle sostanze ritrovate nell'ambiente circostante”.

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San Lazzaro chiama Borgo Berga, degrado vecchio e nuovo: il reportage Nel video servizio di VicenzaPiu.Tv lo commenta Raffaele Colombara, consigliere comunale di maggioranza e presidente della Commissione Servizi alla Popolazione [ Giovanni Coviello ] [ Viale San Lazzaro 10 angolo via Puccini ]

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n questo numero di VicenzaPiù vi presentiamo un reportage fotografico su molti edifici e spazi che sono completamente abbandonati o vuoti a San Lazzaro, un’area di Vicenza nota per il problema storico della prostituzione, e lo arricchiamo grazie al nostro approccio multimediale all’informazione con un video servizio (leggi col tuo tablet o smartphone il QR Code e guarda il contributo montato da Alberto Carollo) pubblicato su VicenzaPiu.com e realizzato da VicenzaPiu.Tv passeggiando proprio lungo viale S. Lazzaro col consigliere comunale di maggioranza Raffaele

Colombara. Al presidente della Commissione Servizi alla Popolazione abbiamo fatto delle domande soprattutto ma non solo su questa zona, San Lazzaro, da lui ben conosciuta e per la quale ha organizzato anche campagne di sensibilizzazione per la concentrazione lungo il viale della prostituzione, che non è causa del degrado, ma tipicamente ne è uno degli effetti più appariscenti insieme ad altre forme di disagio sociale.

Anticipiamo qui alcuni stralci delle sue considerazioni per accompagnarvi nella visione delle foto ma la testimonianza del consigliere

comunale merita, a nostro parere, di essere vista e ascoltata interamente. Sono solo parzialmente politiche, infatti, ma anche abbastanza chiare certe sue prese di posizione non “datate” visto che Colombara ha presentato lo scorso anno un ordine del giorno in cui suggeriva un utilizzo pubblico di spazi non utilizzati ma di proprietà non privata.

«Chiedevo sostanzialmente all’amministrazione di attivarsi perché molti spazi della città hanno una destinazione urbanistica, cioè ci si potrebbe costruire, ma che rimangono vuoti perché oggi il momento difficile dell’edilizia non permette

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[ Viale San Lazzaro 9 ]

[ Ex Opel di Viale San Lazzaro ]

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di andare avanti con i piani edilizi. Allora, anche sollecitato da tante proposte che vengono dai cittadini, ho presentato un ordine del giorno di proposta in cui si chiede appunto, fatti salvi naturalmente i diritti dei proprietari con cui le varie operazioni vanno concordate, di valutare la possibilità di utilizzare questi spazi temporaneamente per l’utilità della cittadinanza … affinché appunto si dia un po’ di vita a luoghi che altrimenti sarebbero disabitati e quindi possibile punto di degrado per la città».

E mentre parliamo superiamo la vecchia sede di una concessionaria della Opel in abbandono, un palazzo con i vetri sfondati all’incrocio con via Puccini, un distributore Agip Eni….. Per Colombara questa quantità di edifici non utilizzati non solo a San Lazzaro ma anche in altre zone della città, al di là della crisi attuale che comunque ha influito, nasce da lontano, cioè «da quando venti, trenta anni fa si è cominciato a fare delle scelte che hanno portato le grandi concentrazioni commerciali fuori dalla città...» Per rivitalizzare questi spazi, mentre Vicenza da qualche anno con questa amministrazione oggettivamente sta facendo tanto in ambito turistico culturale, è «difficile trovare ricette facili perché appunto questo ha a che fare con scelte di lungo periodo e oggi - continua il consigliere - credo che scelte di questo tipo vanno coordinate insieme ad associazioni di categoria, ma anche insieme alla cittadinanza oltre naturalmente a chi ha il possesso dei beni. Quindi credo che un lavoro iniziale dovrebbe essere quello di capire bene quelle che possono essere le vocazioni dei singoli luoghi e cercare concretamente poi di trovare delle soluzioni».

Mentre superiamo all’angolo con Via Mascagni la palazzina rimodernata ma vuota e già sede

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[ Viale San Lazzaro 9 ]

locale delle Banca d’Etruria, sempre più in crisi ma mancata preda della BPVi, di fronte c’è un altro grande locale vuoto accanto al finanziariamente svuotato Monte dei Paschi di Siena, che precede, alè, un recupero, quello al civico 79 dell’Albergo Cittadino a cura della ricca Fondazione Cariverona. Ma ci riportano subito alla triste realtà del momento il negozio Centro Hobby che adesso è stato trasferito a Vicenza Ovest e la vecchia sede del Giornale di Vicenza, un edificio che sostanzialmente è abbandonato a parte qualche piano utilizzato per abitazione civile e che è di proprietà dell’Inps da quello che ci risulta. L’Inps, tra

[ Angolo Viale San Lazzaro Via Mascagni ]

l’altro, ha tanti altri grandi immobili vuoti a Vicenza (a Viale Mazzini, a Viale Crispi …) mentre ci sono degli enti pubblici che cercano immobili, ad esempio la Prefettura e così via.

Certo che fare uno screening, una mappatura dettagliata dell’area (questo vale per San Lazzaro ma potrebbe valere anche per altre zone) e mettere poi intorno ad un tavolo i proprietari per vedere se ci possono essere delle idee in base alle quali il Comune possa aiutare a sviluppare certe attività e i privati a presentare dei progetti, parrebbe un’utopia ma varrebbe la pena smuovere le acque come nel nostro piccolo stiamo facendo con questo reportage.

Per il presidente della Commissione Servizi alla Popolazione «il Comune può sicuramente dare la sua disponibilità appunto favorendo questo tipo di iniziative» Si arriva così quasi alla fine di questa passeggiata e chiacchierata con Raffaele Colombara proprio davanti al condominio Campiello da cui si intravedono, all’inizio di Via Padana Superiore verso Verona, le sagome, vuote ovviamente, anche della vecchia concessionaria della Sartori Motors completamente in abbandono da anni e dell’hotel Europa dove gli spazi abbandonati diventano o rischiano di diventare anche alloggi improvvisati di persone che o non hanno reddito o in altri casi sono malavitose. Sotto l’Hotel Europa, indichiamo al consigliere, c’è un garage completamente aperto, in condizioni pietose ma completamente aperto quindi completamente al buio senza nessun tipo di controllo.

Che non tutti gli abitanti del Campiello siano identificabili come “cattive persone” e che non bisogni generalizzare sulla parola/titolo di “Degrado” ce lo sottolinea, giustamente, il professore di Lettere, che, però, lo abbiamo

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[ Viale San Lazzaro 25 ]

scoperto dialogandoci e camminandoci insieme oggi (bella passeggiata, certo, ma la “spussa” dei motori…), ha avuto, prima di iniziare a insegnare esperienze professionali di tipo commerciale e anche di vita a Londra: «molte volte si cammina un po’ dentro ad un quartiere e si vedono delle zone molto ben vissute, belle. Questa è una cosa che vorrei precisare perché credo sia importante altrimenti poi rischiamo sempre di fare di tutt’erba un fascio e non è proprio così perché in realtà dentro, nel quartiere ci sono punti molto di interesse. Qui dietro al Campiello, ad esempio, c’è la parrocchia che ha una vita molto ricca, ci sono tantissimi gruppi, ci sono tantissime attività e quindi c’è una vita anche molto positiva».

Si è fatto quasi buio ma tanto ci sarebbe ancora da dire anche su iniziative quali quella romana del quartiere “difficile” di S. Basilio in cui le mura degli edifici fatiscenti sono state abbellite con disegni di writers, un’idea, ci ricorda Colombara, «prospettata da un’associazione del quartiere a Santa Bertilla per la quale sono stati fatti anche dei rendering per vedere come potrebbe rendere i muri del quartiere più colorati. È sicuramente una parte di contorno e di superficie ma sappiamo benissimo che se ci alziamo la mattina e vediamo che il sole è in cielo è sempre un buon inizio.

E credo che anche per i nostri quartieri certo ci sono tanti problemi, ci sono tante situazioni difficili. Però qui vedo anche che molte volte

[ A fianco e sotto: Cartello lavori e Albergo cittadino di Viale San Lazzaro 79 ]

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[ Ex Giornale di Vicenza in Viale San Lazzaro ]

[ A sinistra: Ex Fabian Viale San Lazzaro 70 ]

[ Ex concessionaria Sartori piazzale interno strada Padana verso Verona 19 ]

ci sono tanti cittadini che si danno da fare credo. È un segnale da tenere presente perché questo interesse che le persone manifestano può essere uno stimolo per cercare anche con piccole azioni di tenere su i nostri quartieri».

Dopo aver visto tanti spazi vuoti ha ancora così tanto senso a Vicenza andare a costruire?

Avevamo preventivato un approccio per ora solo conoscitivo ai vuoti di S. Lazzaro e non solo ma questa domanda alla fine, con davanti agli occhi anche quello che in molti chiamano l’ecomostro di Borgo Berga, non siamo riusciti a non farla. E Colombara ha risposto senza scomporsi anche se, comprensibilmente nella bianca Vicenza, con un “accento” politichese: «Oggi bisogna riflettere, ragionare su quello che è già stato costruito, bisogna cercare con intelligenza di utilizzare quello che abbiamo già a disposizione. Questo non vuol dire che in alcuni casi non ci sia anche l’occasione per rimettere in gioco e sistemare alcuni problemi che ci sono in città e che sono anche di carattere viabilistico. Quindi bisogna ragionare senza idee preconcette e quindi senza dire “non si costruisce più” o si “costruisce sempre, bisogna utilizzare le cose che si hanno a disposizione con intelligenza».

Cioè non bisogna essere integralisti anche in questo caso ma bisogna cercare le soluzioni per il bene della città, quel bene comune di cui tanti parlano ma per cui non molti si applicano?

«Ecco lo ha detto lei -conclude Raffaele Colombara-, il bene comune, di cui tutti parliamo e di cui spesso ci si riempie la bocca, sia qualcosa che si raggiunge ragionando e di-

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[ Hotel Europa: piazzale, ingresso e interno parcheggio ]

scutendo tra persone e cercando di trovare le soluzioni migliori. Sempre». Amen Perché Vicenza non può essere fatta tutta di Basiliche Palladiane, quelle che attirano i contributi degli sponsor, ma neanche deve rimanere piena di edifici e spazi in abbandono, per i quali sarebbe auspicabile attivarsi per qualche iniziativa di riqualificazione e rivitalizzazione. Gli sponsor, e l’amministrazione, sarebbero ricordati dai cittadini non solo per le grandi opere monumentali e turistiche ma anche se nel tempo fosse riempito il vuoto all'ingresso di Vicenza da Verona, che ammonisce fin d’ora sul futuro del cemento inospitale che sommerge il nuovo Borgo Berga, dettato dallo sponsor onnipresente: la speculazione.

Di certo non low cost ma non per questo meno impattante.

[ A sinistra: la Basilica Palladiana ] [ In basso a sinistra: Il Campiello ] [ Sotto: Il nuovo Borgo Berga ]

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Gabriele Esposto e Cristina Bompani del “Mercatino Srl” di Creazzo: «il nostro usato è “lungo” come il giro del mondo» I 180 punti vendita in Italia di questo franchising in tutta Italia hanno reimmesso sul mercato tante merci usate che riempirebbero una fila di camion lunga come la [ Sara Girombelli ] circonferenza della terra. Il tutto anche per aiutare “madre Terra” Che cos’è il “Mercatino”?

Il nostro marchio è un franchising che comprende 180 punti vendita in tutta Italia.

Ognuno lavora in proprio in realtà, ma abbiamo il nome in comune e collaboriamo tutti insieme. In vent’anni abbiamo movimentato il commercio dell’usato in maniera considerevole: abbiamo analizzato statisticamente che se si potesse mettere in fila tutti i camion di merci usate che abbiamo reimmesso nel mercato dalla nostra nascita copriremmo con facilità tutta la circonferenza della terra e potremmo fare il giro del mondo!

Abbiamo un sito internet in comune, www.mercatinousato.com, che riunisce tutti i vari punti vendita e poi all’interno del sito generico ogni negozio ha una sua pagina personale (con orari di apertura, indirizzi e numeri di telefono) che al suo interno mostra un piccolo negozio online dove sono catalogati i prodotti più appetibili. Il franchising ha anche una sua pagina Facebook, ma noi come negozio ne abbiamo anche una personale come “Mercatino Usato Vicenza”.

Chi sono i lavoratori del “Mercatino”?

Beh, probabilmente la prima cosa da spiegare è che siamo un gruppo di persone molto attente alla nostra “prima mamma”, la Terra.

Siamo tutti vegetariani e vegani, quindi siamo molto empatici e coscienti delle problematiche che affligono l’ambiente.

Per nostra scelta non ritiriamo pellicce, gabbie o acquari perché comunque non vogliamo favorire un rituilizzo di quei materiali che sono contrari al nostro pensiero e che favoriscono il persistere di una cultura dello sfruttamento animale, e di conseguenza della terra stessa. Anche nel riutilizzo ci proponiamo di avere un ruolo importante perché siamo l’unica alternativa (insieme alle riciclerie, che danno una seconda vita agli oggetti) [ Cristina Bompagni (a sinistra), titolare del Mercatino con i colalla discarica. Visto che, laboratori ] soprattutto nell’ultimo periodo, si notano un interesse e una presa di coscienza sempre della nostra attività diventa più importante. maggiori per quanto riguarda la salvaguardia Ci siamo ricollegati, quindi, a un discorso dell’ambiente e degli animali stessi, il ruolo etico e di empatia col mondo per impostare il nostro lavoro (oltre che la nostra vita, fatta anche di attivismo animalista). Anche perché se non cominciamo un po’ tutti a cambiare la nostra mentalità, il mondo come lo conosciamo sarà destinato a finire.

Chi è che cerca i vostri servizi di compravendita dell’usato? Chi sono, in sostanza, i vostri clienti?

Non c’è una categoria precisa, come del resto in qualsiasi altra attività. Da noi può [ S. G. ] venire ad acquistare o vendere chiunque: capita l’italiano milionario, l’italiano operaio, n tempi di crisi economica la gente tende a reinventarsi e a reinventare stili di vita l’extracomunitario di qualsiasi ceto sociale, e di… sopravvivenza. Potendo spendere meno si ricicla, cresce la consapevolezza o il commerciante che magari cerca qualche di ciò che prima era lo spreco, si cerca di racimolare denaro in ogni modo possipiccola chicca da rivendere poi sul mercato. bile, anche liberandosi degli oggetti che non servono più (o non sono mai serviti). È quindi davvero un’attività a 360 gradi, di Esistono tanti metodi per poter raggiungere i propri obiettivi, dalle compravendite cui un po’ tutti fanno richiesta. online ai più tradizionali mercatini dell’usato, che prima della rivoluzione tecnologica Da quanto tempo siete aperti? già alimentavano la cultura del riutilizzo, facendo da intermediari e da garanti nella Noi esistiamo come “Mercatino”, dal 1999. compravendita. Come cambia il lavoro di queste realtà commerciali in tempi di Abbiamo aperto un primo punto vendita a magra in tutti i settori? E come ci si adatta all’incalzante avanzamento della compraMarola in quell’anno, poi ci siamo trasferiti vendita online (che comprende anche l’usato)? La parola a due delle maggiori realtà a Vicenza, prima in Via della Meccanica e della provincia di Vicenza: il “Mercatino” di Creazzo e “Mercatopoli” di Costabissara. poi in Viale della Scienza. Adesso siamo qui (Strada Statale Padana verso Verona 307,

Mercatini dell’usato e crisi economica, come funzionano e come cambiano. Il ruolo e il funzionamento dei negozi di compravendita dell’usato in tempo di crisi. Ce lo raccontano due dei principali rivenditori della provincia

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[ Alcune immagini dell’interno del negozio ]

N.d.R.), restrigendoci un po’ come dimensioni.

Prima gestivamo un locale di circa 1.000 metri quadri, trattavamo mobili e avevamo anche bagni e cucine, però ovviamente la crisi si è sentita anche nel nostro settore.

Che tipo d’impatto ha avuto la crisi nel vostro lavoro?

A differenza di ciò che si può pensare la crisi ha avuto anche su di noi un impatto negativo. Consideri che nel ’99 a Vicenza esistevamo solo noi come mercatino dell’usato, a parte la Cooperativa Insieme, che però nasceva da un mondo legato alla beneficenza.

In seguito sono stati aperti molti altri mercati dell’usato e per trovarli basta andare su Internet. Ci sono a Brendola, a Chiampo, a Costabissara, ecc... Noi siamo i più “vecchi”, diciamo. Abbiamo comprato l’attività da Marco Brunelli, un ragazzo di Verona che attualmente lavora nello stesso settore nella sua città. È lui che per primo ha lanciato a Vicenza l’attività di compravendita dell’usato.

Oltre alla naturale concorrenza, comunque,

abbiamo risentito come tutti di una compressione degli acquisti anche di questo tipo da parte della gente. Basta girare per i supermercati per vedere che i carrelli sono pieni solo dello stretto indispensabile, per cui un negozio di oggettistica varia (anche se usata e con un costo inferiore) è sempre una spesa extra rispetto agli acquisti minimi per la sopravvivenza. Le famiglie hanno molte spese e un lavoro precario, rinunciano a tutto ciò che non è indispensabile. Negli ultimi due anni, comunque, ci siamo “difesi” bene.

Come funziona la compravendita dell’usato?

Noi siamo un’agenzia d’affari, ma a tutti gli effetti siamo commercianti e sottostiamo allo stesso regime fiscale di questi ultimi. Il lavoro funziona in maniera molto semplice, col sistema del conto vendita. Chiunque vuole può portare un oggetto in negozio (nel caso di mobili effettuiamo anche valutazioni a domicilio senza impegno), noi provvediamo a valutarlo adeguatamente e a verificarne

l’integrità e lo stato. Dopodiché l’oggetto viene etichettato e prezzato e una volta venduto il proprietario si prende la metà esatta del ricavo. Noi tratteniamo, quindi, una provvigione del 50%. È importante speficicare che ogni oggetto nel nostro negozio ha un codice univoco che lo associa al documento d’identità del proprietario, come richiesto per legge. Questo serve per tutelarsi dalla possibilità di articoli rubati: certo difficilmente chi ha rubato qualcosa è disposto a rilasciare un documento valido e quindi difficilmente accade di ritrovarsi merce rubata, ma nel caso in cui capitasse noi siamo in possesso di tutti i dati a disposizione delle forze dell’ordine.

Quali sono le merci più acquistate?

Premesso che i prodotti in vendita sono davvero molto vari, certamente l’abbigliamento è uno dei tipi di merce più gettonato. L’abbigliamento e l’oggettistica sono i settori che vanno di più, probabilmente anche perché i prezzi sono più accessibili. Molto richiesto è sempre stato anche l’antiquariato, anche se ultimamente ci sono state meno richieste a causa dell’aumento di siti web per la compravendita, come Subito.it o Kijiji.it, che permettono ai privati di provare, comprensibilmente anche se con qualche rischio in più tipico del mondo virtuale, a vendere da soli i loro oggetti. La cosa bella del “Mercatino”, e il nostro attuale punto forte, è che se un cliente viene qui può toccare con mano e vedere coi propri occhi la merce, verificandone la qualità da subito. Una cosa che tramite Internet non è possibile fare, soprattutto quando l’oggetto in questione viene spedito da località più distanti.

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“Mercatopoli”, Silvia Dal Corso ci parla di questo franchising attivo a Costabissara «Siamo nati con l’idea di far risparmiare i nostri clienti, ma la questione ambientale è certamente una delle linea guida dei nostri negozi». Visitati meno da chi vuol spendere poco, di più da persone attente al problema ecologico oppure da chi ama possedere oggetti unici, anche da utilizzare per decoupage [ Sara Girombelli ]

[ Il titolare Enrico Buratto e la dipendente Erika Lorigiola ]

Da quanti anni “Mercatopoli” opera nel settore della compravendita dell’usato?

Il franchising è nato nel 2002, mentre il punto vendita di Costabissara ha aperto nell’aprile del 2012.

Come è nata l’idea del progetto?

L’idea è nata da Alessandro Giuliani, che in precedenza si occupava dei software gestionali che diversi mercatini dell’usato utilizzavano per il loro lavoro. È così che ha pensato di offrire qualcosa in più, un franchising completo che partisse da basi solide di qualcuno che aveva già avuto esperienza nel settore.

Quando si lavora per anni a contatto con qualcosa, è normale che si acquisiscano conoscenze basilari su punti di forza e debolezze di tale progetto e questo ci ha aiutato molto.

Qual’è la linea guida del progetto?

La questione ambientale è certamente molto importante, e oggi è una delle linea guida dei nostri negozi. Inizialmente siamo nati più con l’idea di far risparmiare i nostri clienti, fungendo da intermediari nella compravendita dell’usato. Molto importante per noi era (ed

è ancora) trovare oggetti particolari, che in negozi classici i clienti più esigenti faticherebbero a reperire. Nel tempo, però, si è sviluppata molto la linea di clientela che

acquista da noi per motivi ecologici. Ci sono molte persone, infatti, che lo scelgono di comprare solo merci usate come stile di vita, per non incrementare lo spreco di beni e quindi non creare rifiuti.

Ci sono delle regole specifiche per l’accettazione delle merci da mettere in vendita nel locale?

Ci sono due tipologie di merci che non accettiamo: quelle che non rispondono alle varie normative e quelle che non rispettano il buongusto. Le prime, come ad esempio armi o gioielli preziosi, perché richiedono licenze di vendita completamente diverse dalla nostra. Le seconde, come ad esempio capi d’intimo, le accettiamo solo se sono ancora con l’etichetta e quindi mai utilizzate.

Chi sono i clienti abituali?

I clienti sono tanti e molto vari. Sicuramente la parte minore è costituita dalle persone che vogliono risparmiare. La maggior parte dei clienti è formata, come dicevo, da persone attente al problema ecologico oppure da chi ama possedere oggetti unici, anche da utilizzare per decoupage. I clienti che cercano antiquariato, poi, sono una categoria a sé e ci sono sempre stati.

Che tipo di impatto ha avuto la nascita di siti internet come Subito.it o Kijiji.it per i vostri af-

[ Oggetti d’epoca davanti alla bacheca del Regolamento ]

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[ Una cucina in vendita e il reparto antiquariato ]

fari?

Non hanno inciso molto, anche perché molte persone, almeno quelle che vengono da noi, ancora non si fidano dell’online. Preferiscono vedere l’oggetto, poterlo toccare e parlarne di persona col titolare del negozio per avere dei consigli. Inoltre sui siti internet di questo tipo si riescono a vendere solo alcuni tipi di oggetti: l’abbigliamento, ad esempio, è difficile che venga acquistato in questo modo perché il cliente ha bisogno di provare il capo prima di decidere. Al contrario, i siti di compravendita online possono aiutare a far conoscere il settore, quindi in un certo senso ci aiutano.

A tal proposito stiamo lanciando in questo periodo delle vetrine online con vendita su internet per ogni filiale del nostro franchising, che avrà il suo spazio personale con le foto di merci che i clienti/venditori accetteranno di far vendere anche in questo modo (non siamo noi come negozi a poter decidere).

Come funziona la compravendita dell’usato per un cliente che vuol vendere il suo oggetto?

Si porta l’oggetto in negozio e se ne fa la valutazione. Se il cliente/venditore accetta, si mette l’oggetto in conto vendita per 60 giorni a prezzo pieno, con un mandato di vendita che certifica la proprietà di quell’oggetto e il prezzo pattuito. Dopo la fine dei due mesi, se l’oggetto non è stato venduto, ci sono altri 30

[ Il reparto oggettistica ]

giorni in cui sarà esposto a prezzo scontato (fino a un massimo del 50%). L’abbigliamento non prevede i 30 giorni supplementari perché ci siamo resi conto che l’abbigliamento ha un giro molto maggiore, legato anche alle stagioni. Se il capo non si vende in 60 giorni difficilmente si venderà in seguito, come nel caso di cappotti invernali ancora in negozio verso marzo o aprile. Allo scadere del periodo se l’oggetto non viene venduto lo si restituisce al cliente/venditore, e se quest’ultimo rinuncia lo si da in beneficenza. Il ricavato del conto vendita viene diviso a metà tra il negozio e il cliente.

Quali sono le merci che vanno per la maggiore?

Principalmente abbigliamento, oggettistica, libri e mobili. Tra questi ultimi si cerca sempre di selezionare le marche qualitativamente migliori, in modo che durino di più nel tempo e che siano più appetibili (una cucina della Scavolini usata è sicuramente un’offerta migliore di una cucina, ad esempio, dell’Ikea) .

Cos’è cambiato con la crisi economica?

La crisi economica ha portato un pubblico diverso, quello alla ricerca del risparmio, che prima si vedeva meno. Ma se da un lato la crisi ha spinto le persone a guardare un altro tipo di commercio, dall’altro ha portato via un po’ di clienti/venditori (se non è strettamente necessario si evita di vendere cose per comprarne delle nuove, quindi ci arriva meno merce). Per questo motivo oggi si lavora molto di più sul cliente/venditore che non il contrario come prima. In questo senso il franchising fa molta pubblicità online, mentre i singoli negozi fanno pubblicità per conto proprio con altri canali.

Qual’è il rapporto tra il marchio del franchising e i singoli punti vendita?

I punti vendita hanno una serie di norme che regolamentano il rapporto col franchising.

Quest’ultimo in cambio offre supporto costante (assistenza tecnica per il software gestionale, funzionari che girano i punti vendita e ne controllano e guidano la gestione, supporto per il marketing, supporto grafico per la pubblicità, supporto legale in caso di necessità, supporto urbanistico se si vuole cambiare sede, supporto antiquariale per la valutazione di pezzi particolarmente di valore). Per quanto riguarda le merci da accettare, ferme restando le regole base, i punti vendita hanno molta autonomia.

Prospettive per il futuro?

Dal 2002 siamo sempre cresciuti costantemente e ad oggi esistono circa 100 punti vendita in tutta Italia. La nostra intenzione è di continuare a crescere, ma anche di mantenere un buono standard qualitativo nei negozi: preferiamo perdere un affiliato inadeguato che mantenerlo per fare numero.

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Dal vintage al riciclo creativo: di necessità virtù

[ Anna Barbara Grotto ]

erché la questione non è solo di vocabolario, ma di sostanza: il mondo del vintage fa parte del grande calderone dell’usato ma si ritaglia una clientela di nicchia, che ricerca oggettistica, mobilia e vestiario second-hand ma di qualità. Si badi bene: non stiamo parlando necessariamente di prodotti particolarmente costosi, bensì originali nella lavorazione o ricercati nei materiali.

Abbiamo incontrato Giulia Stella, mente e

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nuovo ma non solo, addirittura si crea. È il tempo del “riciclo creativo”, un vero fenomeno sociale contro lo spreco dell’usa-egetta e nel nome della capacità di reinventarsi.

«C’è più di qualcuno - ci racconta Giulia che si è rimesso in gioco dal punto di vista lavorativo facendo diventare il proprio hobby un lavoro, la propria creatività fonte di guadagno».

Quando la crisi economica generale porta la disoccupazione e - forse addirittura peggio-

Ne risultano pezzi unici, fatti davvero per durare, resistenti all’usura e all’acqua. E poi anelli con vecchi bottoni pregiati o stravaganti, berretti con parti di pantaloni le cui toppe sono evidenziate come vezzoso decoro, materiali metallici di scarto che diventano gioielli di design minimal-moderno o, al contrario, di fattezze antiche, quasi epiche. Insieme a Giulia, nella piccola e ricercata esposizione («scelgo un design specifico e armonizzo gli oggetti che propongo») dello studio “Solid

cuore dei mercati vintage a Vicenza, essa stessa appassionata conoscitrice e fine rivenditrice di prodotti retrò e remake. «È la qualità non la quantità che conta nel mercato del vintage» ci dice mentre ci consegna i flyer delle tante iniziative che organizza assieme al Comune di Vicenza, da “Fuori Mercato” in Piazza delle Erbe, a “Il Circolo delle Pulci” in Piazzale Alcide de Gasperi.

«E tornerà “Vicenza Vintage” a giugno» aggiunge Giulia, che indossa un meraviglioso e vistoso paio di occhialoni anni ’70.

Facendo un giro fra le bancarelle di questo tipo di mercati o fra gli scaffali di questi negozi si respira un risveglio di creatività che va ben oltre il mero riutilizzo. Non ci si trova semplicemente nell’ambito della compra-vendita, bensì si ha a che fare con la capacità di scovare la fattura o il materiale di qualità senza necessariamente puntare sul marchio famoso in bella vista; si cerca e si punta piuttosto su prodotti di sartoria, dove è la mano dell’uomo a donare unicità al pezzo, e dove si inventano nuovi utilizzi per vecchi oggetti, si costruisce, si rimette a

quella cassa integrazione che mantiene in un limbo di assistenzialismo, nell’attesa forzatamente immobile dell’aiuto che lo Stato prima o poi darà; quando, insomma, pare non esserci futuro, è lì che qualcuno si è letteralmente rimesso in gioco ed ha cambiato la propria vita. D’altronde la parola “crisi” deriva dal greco κρίσις che significa “scelta, decisione”, e da κρίνω che significa “discernere, valutare”: etimologia che ci mette in luce tutte le potenzialità di rinascita che si nascondono proprio nei momenti difficili.

Ed ecco che, grazie a questa nuova forma di “artigianato creativo”, anche oggetti molto poveri acquistano un valore tutto nuovo: Giulia ci mostra in dettaglio la sua borsa e il portafogli, vere opere di fine artigianato eseguite riutilizzando camere d’aria di ruote di biciclette, cucite fra di loro.

Black Tattoo” in Contra’ XX Settembre, in questo ambiente un po’ retrò e un po’ gothic, in cui puoi trovare il vestito di paillettes colorate che fa tanto Broadway ma anche disegni noir alle pareti, viaggiamo fra le tantissime foto dei pregressi mercatini, e scopriamo un mondo vivo e vivace, che ha voglia di esprimersi in modo diverso dallo stereotipo standardizzato da Centro Commerciale.

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[ Grande Guerra ]

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[ Cartolina di incitazione dell’aviazione italiana ]

Antonio Rossato e le cartoline della Grande guerra. Rigorosamente biancorosse L’ex autista dell’Aim in pensione ha una grande passione per le cartoline, che coltiva fin dalla giovane età grazie alla nonna. Almeno 1.800 riguardano Vicenza fino agli anni ’50. Qui consegniamo alla memoria le più significative della Grande Guerra [ Sara Girombelli ]

C

ento anni fa l’Italia entrava in guerra a fianco delle forze dell’Intesa, contro le potenze della (ormai) ex Triplice Alleanza formata da Germania e Austria. Era il 24 maggio del 1915 e il paese si apprestava a intraprendere un conflitto sanguinoso contro le forze austriache, volendo ottenere in cambio gli ultimi territori che mancavano per unificarla definitivamente. Mai si era visto prima un conflitto di tale portata e la devastazione che avrebbe portato nell’intera Europa è tutt’ora un argomento oggetto di discussione e di menzione. All’epoca, tuttavia, cittadini e governanti di tutto il continente erano ignari di quanto a lungo si sarebbe protatto il conflitto e quanti sforzi alla popolazione avrebbe richiesto, perciò inizialmente si salutava l’evento dell’entrata in guerra con grande entusiasmo, cui ben presto seguì un grande sistema di propaganda per mantenere alto il morale che nelle trincee, e nella popolazione, si affievoliva velocemente. Per questo motivo l’intero regno si riempì in breve tempo di manifesti propagandistici, fotografie e illustra-

zioni che dipingevano l’Italia vittoriosa e auspicavano la rapida disfatta del nemico.

Tra questi mezzi di comunicazione molto diffuso era quello della cartolina: lontane anni luce dall’era degli smartphone e dei tablet, le cartoline erano molto più utilizzate per comunicare di quanto non lo siano oggi. Qualsiasi

[ Antonio Rossato nel suo studio ]

messaggio di auguri, la condivisione di un evento lieto, ma anche, ad esempio, il rassicurare i propri cari sulla propria salute quando si era distanti da casa e in guerra, tutto è passato attraverso le cartoline. Queste erano quindi un mezzo di comunicazione, perché permettevano di far giungere a destinazione

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[ Grande Guerra ]

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un pensiero o un’emozione o un gesto d’affetto, passando attraversando interi paesi. Tuttavia, diventavano parte del messaggio stesso poiché ogni cartolina era (ed è ora, anche se in maniera decisamente inferiore) accompagnata da un’illustrazione unica, spesso creata appositamente per una ricorrenza specifica, che a sua volta esprime pensieri e sentimenti.

Tutto ciò rende le cartoline una importantissima fonte storica, una testimonianza di come si viveva negli anni addietro, e nel caso della Grande Guerra parliamo di un intero secolo.

Per questo motivo chi ne è in possesso ha un piccolo tesoro in casa. Vicenza, in questo senso, è davvero fortunata perché uno dei suoi cittadini più affezionati è anche uno dei maggiori collezionisti italiani: Antonio Rossato.

Il signor Rossato, ex autista dell’Aim in pensione da qualche anno, ha infatti una vera e propria passione per le cartoline, che coltiva fin dalla giovane età. Alla domanda sul perché dell’inizio di questa collezione ci spiega che tutto cominciò quando sua nonna, poco più che ventenne, fu immortalata in due fotografie che poi divennero a loro volta cartoline.

Questo episodio ha spinto Antonio a collezionare i ricordi e le immagini di tante altre persone, anche se, come spiega lui stesso: “La maggior parte delle cartoline che ho riguardano Vicenza. È vero, ne ho anche molte altre, ma quelle per me sono solo belle da vedere.

Alle cartoline su Vicenza, invece, ci sono affezionato”. Della sua collezione, infatti, che vanta più di 3.000 “pezzi”, almeno 1.800 sono “biancorosse” e non vanno quasi mai oltre gli anni ’50 perché, ci spiega, col passare degli anni le cartoline stesse hanno perso di qualità e fascino e per lui anche d’inte-

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[ Cartolina che paragona l'unificazione ottenuta nel 1848 con l'entrata in guerra del 1915 ]

[ Cartolina con illustrazione sulla prima guerra mondiale ]

[ Cartolina che commemora la seconda battaglia del Piave - Interno della cartolina ]

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[ Grande Guerra ]

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[ Cartolina che commemora la seconda battaglia del Piave: aperta vista dall'esterno ]

[ Cartolina che inneggia alla vittoria dei soldati italiani ]

resse. Il signor Rossato è molto felice di poter condividere la collezione che possiede con la cittadinanza, infatti ha esposto decine delle sue cartoline più belle in diverse occasioni: dopo la prima esposizione nel 1991 se ne sono susseguite altre come la mostra “Cartoline artistiche e d’epoca”, con pezzi da colle-

zione datati tra il 1890 e il 1910, allestita nel maggio del 2006, oppure la più nota “Vicenza, pensieri e sogni. Una città in cartolina”, ospitata nella Basilica palladiana appena restaurata.

Il signor Rossato, quindi, ci ha gentilmente invitato a casa sua per poter osservare di per-

sona alcune delle cartoline più significative, che noi vogliamo mostrare ai nostri lettori. La maggior parte dei temi richiamati dalle illustrazioni sulle cartoline del 1915 sono incitazioni alla guerra, dipinta come una lotta gloriosa da cui uscire vincitori. Altre cartoline, stampate negli anni a seguire, sono di inco-

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[ in alto a sinistra: Soldati francesi che stanziano nella provincia di Vicenza ] [ sopra: Cartolina che rende omaggio ai soldati caduti della prima guerra mondiale ] [ a fianco: Auguri di buon buon anno sul retro di una cartolina che auspica la vittoria nel 1916 ]

raggiamento a proseguire i combattimenti con il morale sempre alto. In una illustrazione, ad esempio, si legge “Saluti da Vicenza” sul fianco di un aereo dell’aviazione italiana, intento a far precipitare il nemico tedesco.

Un’altra, invece, augura un lieto inizio per il 1916, con l’augurio della venuta della “nuova Italia”, vincitrice della guerra e quindi riunita nel territorio. Altre sono di commemorazione dei caduti e una arriva persino dal fronte.

La cosa più emozionante è, probabilmente, leggere parole scritte un secolo addietro, notando le differenze con il linguaggio moderno (decisamente meno prezioso e curato), e allo stesso tempo trovare le similitudini tra la nostra quotidianità e le emozioni e i gesti quotidiani descritti nei messaggi. In fondo, non siamo poi così lontani nel tempo dai nostri bisnonni. Le cartoline di Antonio bisognerà, però, custodirle e regalarle al futuro, perché il passato non sia disperso. Ecco lo scopo principale di queste pagine, che affideremo anche al web perché siano “scolpite” anche lì, nel mondo virtuale che perderebbe senso se non partisse dal reale. [ a fianco: Cartoline illustrative della prima guerra mondiale: soldati e le loro famiglie ]

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[ Vita gay vicentina ]

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Lotta alle discriminazioni con Harvey Milk al liceo Fogazzaro Ne parliamo con il dirigente scolastico, professoressa Maria Rosa Puleo [ Anna Barbara Grotto ]

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in classe, seguiti dagli insegnanti, le ragazze e i ragazzi si sono confrontati sul matrimonio egualitario, ovvero la possibilità anche per le coppie omosessuali di sposarsi.

«Il progetto è stato realizzato nel 2014 -ci dice la prof. Puleo- ma l’idea era nata già nel 2013. In quel periodo si sono succeduti tre episodi che avevano colpito la docente che è stata poi ideatrice del progetto: un adolescente a Roma si era suicidato in seguito a persecuzione da parte di compagni di scuola per il suo orientamento sessuale; era stato celebrato il primo matrimonio fra

enerdì 6 marzo è stato un giorno speciale per il Liceo Fogazzaro di Vicenza: in aula magna si è parlato di diritti LGBT (lesbiche, gay, bisex, trans, n.d.r.), di matrimonio egualitario e di accoglienza delle differenze con un ospite d’eccezione. Direttamente dagli USA, infatti, è giunto a Vicenza Stuart Milk, consigliere di Barack Obama per i diritti civili. In molti ricorderanno la figura dello zio di Stuart, quell’Harvey Milk egregiamente interpretato da Sean Penn nell’omonimo film, ruolo che gli valse l’Oscar come miglior attore nel 2009. Chi era Harvey Milk? È il primo politico dichiaratamente gay ad essere eletto negli Stati Uniti d’America, a San Francisco nel 1977. Fu assassinato nel 1978 per un mix ferale di omofobia ed invidia da parte del collega Dan White, divenendo icona della lotta contro le discriminazioni e per i diritti della popolazione LGBT, alla stregua di Martin Luther King per gli afroamericani. Alla sua memoria è dedicata la fondazione che porta il suo nome, la “Har[ Studenti del Fogazzaro con Stuart Milk ] vey Milk Foundation”, di cui il nipote Stuart è co-fondatore omosessuali in Francia e a Vicenza era e presidente.Ed è questo il bagaglio di stato aperto il primo sportello di ascolto storia che Stuart Milk ha regalato agli stuper adolescenti con difficoltà psicologiche denti: un evento davvero unico, storico e relazionali relative all’orientamento sesper l’istituto Fogazzaro, memorabile per suale. Tramite un’altra docente si è quindi la città, un’impagabile esperienza per tutti giunti alla regista Annamaria Macripò.» gli allievi che vi hanno partecipato e che Ma come mai avete deciso di parlare proprio si sono portati a casa fondamentali insedi “marriage equality”? gnamenti di vita… ed anche qualche selfie «Perché in quel periodo in ambito politico col signor Milk. nazionale c’era un gran parlare di coppie A distanza di alcuni giorni, abbiamo incondi fatto, quindi era l’attualità a suggerire trato il dirigente scolastico, professoressa l’argomento. Da lì la questione dei diritti e Maria Rosa Puleo, e le abbiamo fatto quall’approccio alle differenze.» che domanda sull’evento che ha visto proLa professoressa ci ractagonisti gli allievi del Liceo che dirige. conta come gli insegnanti La prima cosa di cui abbiamo voluto parlare siano stati capaci di stiè stato l’interessante video-progetto reamolare negli studenti lizzato da alcune classi e presentato allo l’esercizio del pensiero cristesso Stuart Milk, segno di un impegno tico attraverso il confronto, pregresso dell’istituto nella lotta alle dinella totale libertà di Video scriminazioni per orientamento sessuale:

espressione. «L’accordo di partenza -continua la Puleo- è stato di non offrire nessuna posizione o prospettiva iniziale, ma di avviare un dialogo aperto, senza l’obiettivo di sostenere l’una o l’altra tesi.»

L’attività è stata corale, dato che gli insegnanti di psicologia, filosofia, religione, scienze, latino, letteratura italiana e arte hanno contribuito al progetto fornendo ai ragazzi vari materiali (anche giuridici) per approfondire i temi e riflettere personalmente sulla questione, ancor prima di iniziare il lavoro di gruppo. La percezione è, quindi, di apertura e collaborazione, dato che «tutti i docenti delle classi coinvolte ai quali è stato chiesto di aderire lo hanno fatto con sollecitudine.»

Ma dato il clima politico che si respira ultimamente nella nostra Regione, i cui vertici sono decisamente contrari a tutto ciò che è educazione alle differenze di genere e orientamento affettivo, viene spontaneo chiedersi se l’evento con Stuart Milk o il laboratorio-video abbiano lasciato strascichi di polemiche.

«Non mi risulta alcuna polemica precisa subito la preside- anzi molti commenti positivi. E alcuni docenti hanno chiesto di poter far vedere prossimamente il video anche nelle proprie classi.»

C’è però un’ultima curiosità che non riusciamo a trattenerci dal chiedere: ma la circolare dell’assessore Donazzan che, in seguito all’approvazione della famigerata ‘Mozione 270’, ha istituzionalizzato in tutte le scuole di ogni ordine e grado del Veneto la “festa della famiglia naturale fondata sull’unione fra uomo e donna”, da celebrarsi ogni anno l’ultimo giorno di scuola prima delle festività natalizie, come è stata gestita dal Fogazzaro?

«Non ho alcuna notizia in merito» ci risponde la professoressa Puleo. «Non abbiamo festeggiato nulla, anche perché si tratta di un periodo bollente a scuola e c’è ben poco tempo per festeggiare qualsiasi cosa.

Confesso di non essere assolutamente informata né sulla festa, né sulle iniziative contro la “educazione gender”. Anzi le dirò che ne ignoro il reale significato.

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[ Sport ]

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Miracolo Lane: storie di dirigenti e di scelte strategiche Dagli albori e passando dal precursore Iro Di Brino è Rizzato il primo vero direttore generale del calcio biancorosso, Gasparin il “gemello” del mitico Dalle Carbonare, Sagramola l’ultimo dei big.

Prima di Andrea Gazzoli, che ha scelto in panca Marino ...

el calcio, dici direttore e non dici niente. Perché quella di direttore è funzione che ha avuto interpretazioni, coniugazioni e sviluppi molto diversi nel tempo e da piazza a piazza. Vicenza non fa eccezione, anzi, se vogliamo, spicca per fantasiosità e creatività, specie nell’ultimo periodo. Ma proviamo a muoverci in senso diacronico: la prima comparizione di una figura fuori dal novero ristretto del presidente/vicepresidente/consiglieri è nel 1923, con il supporto dei cosiddetti “esperti”. Un’esperienza che dura poco, tanto che la struttura piramidale resta praticamente quella degli albori fin dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1949/’50 ecco nascere la figura del segretario (prima il ragionier Anselmi, quindi via via tutti gli altri). Nella stagione 1952/’53 il primo addetto stampa (Morini), con un amministratore (Giuntini), una commissione tecnica (Saccardo/Viero/Sonda) e una amministrativa (Gresele/Dalle Molle). Si concretizza dunque in questa stagione di serie B il primo vero organigramma societario. Quanto al preparatore atletico viene inaugurato ufficialmente nel 1955/’56 (prof. Garulli). Per vedere ufficializzata la prima figura di “direttore”, occorre peraltro attendere l’era Farina. Giussy prende il timone nel 1967/’68 e si porta in via Schio il fido Iro Di Brino e con lui, più tardi, i vari Levante, Razzetti, per arrivare a Rizzato, primo vero direttore generale del calcio biancorosso, almeno in senso moderno. Dal Real

Vicenza in poi le figure dirigenziali si adattano progressivamente allo standard nazionale e prendono così corpo i direttori sportivi (Ballico, Corsi, Salvi, ecc.), figure mitiche del calcio anni ’70 e ‘80. La situazione di convivenza tra un direttore generale e un direttore sportivo prosegue immutata fino all’epoca Dalle Carbonare, durante la quale (dal 1989 fino al 1997) convivono infatti un direttore generale (Gasparin) e un direttore sportivo (Vignoni), che hanno compiti abbastanza diversificati e limiti di manovra ben delineati. Anche nel 1997, dopo la giubilazione di Dalle Carbonare e il susseguirsi di presidenze a singhiozzo (Sacchetto, Marzotto, Scaroni, Miola), cambiano i protagonisti ma non il quadro, con l’avvento di Sagramola da un lato e di Manfredonia e Castagnini dall’altro. Arriviamo in questo modo all’epoca Cassingena, che è la più scoppiettante dal punto di vista delle cariche societarie: il nuovo patron inventa ruoli assolutamente inediti (come quello di direttore tecnico, affidato a Cristallini), rimescola la vecchia figura dell’osservatore, trasformandola nei “consigliori” specializzati (Cantarutti, Schwoch) e modulando in modo originale quella dell’economo attraverso la figura del direttore di gestione e del direttore marketing, diversamente interpretate nel tempo da Bedin, Fabris ecc. Il coup de theatre finale, quest’anno, col ripristino della poltrona di direttore generale, rimasta in ombra dopo il 2002, attraverso l’ingaggio di Andrea Gazzoli, proveniente dal Venezia e con esperienze anche al Viareggio e al Grosseto.

Sarà stata proprio questa pedina a realizzare la quadratura del cerchio? Sicuramente Gazzoli è

arrivato a Vicenza con buone credenziali e si è ben integrato nella stanza dei bottoni, dove si incasellano anche Dario Cassingena, amministratore delegato, già vicepresidente, già consigliere di Lega Pro e lo stesso Cristallini, ora divenuto Direttore Sportivo a tutti gli effetti. Discorso a parte per l’avvocato Polato, riferimento obbligato per le strategie legali del club (quelle che hanno contribuito al ripescaggio nella Cadetteria ma pure quelle che hanno rinunciato al ricorso per la penalizzazione in C). Nel miracolo di quest’anno ci sono probabilmente un sacco di componenti. Tra cui sicuramente il gioco delle probabilità. Dopo una decina di campionati sciagurati ci stava, statisticamente, che ne arrivasse finalmente uno all’insegna delle scelte azzeccate. Ma piuttosto che nei direttori generali, sportivi, tecnici, amministrativi, legali e megagalattici, la spiegazione del Lane dei miracoli va cercata, sic et simpliciter, nel fatidico “manego” in panchina. Marino è stato semplicemente stratosferico; come Campatelli, Fabbri, Guidolin e Reja. E lì sappiamo tutti com’è finita, no?

[ Rinaldo Sagramola) ]

[ Andrea Gazzoli) ]

[ Pasquale Marino) ]

[ Alberto Belloni ]

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[ Sergio Gasparin) ]

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[ Gastronomia ]

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Il timo per “Istinto”.

E le altre erbe aromatiche [ Michele Dalla Negra ]

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a primavera, si sa, non è solo la stagione, come cantava Lucio Battisti, in cui “le giovani donne vivono nuovi amori” ma è anche e soprattutto la stagione in cui la natura sboccia, si rifà rigogliosa, torna a ridipingersi con colori vivaci.

Nelle culture pagane il sopraggiungere della primavera è motivo di festa in quanto questa stagione è ritenuta simbolo di fertilità e viene tradizionalmente rappresentata come l’avvento della vita e la rinascita della natura dopo il lungo inverno. Le feste legate alla primavera si caratterizzano per la presenza di riti che vanno ad onorare il ritorno del sole dopo il freddo inverno. Dopo mesi con poche ore di luce e un clima rigido arrivano le lunghe giornate di sole vivificate dal calore del sole.

Anche la Provincia di Vicenza in questo periodo acquista nuovi colori donando una moltitudine di prodotti, spesso selvatici e, comunque, liberamente reperibili anche in natura, contribuendo così ad arricchire una tradizione culinaria che vanta pochi eguali. E, dunque, come non richiamare le erbe aromatiche, usate in cucina perché hanno la capacità di trasformare i nostri piatti in deliziose - e gustose! - specialità.

Con erbe aromatiche si indicano appunto quelle piante erbacee, sia selvatiche che coltivate, che contengono essenze odorose più o meno intense e vengono usate per ravvivare, quando financo anche esaltare, il gusto di molti piatti, dolci e salati, così come per profumare cibi e bevande.

Alloro, menta, prezzemolo, rosmarino, timo sono solo alcune delle erbe aromatiche che, da secoli, vengono usate per insaporire ed impreziosire piatti di grande eccellenza culinaria.

E le erbe aromatiche possono essere usate sia fresche che secche anche se sono le prime ad essere più delicate e gustose, possibilmente colte lo stesso giorno dell’uso, mentre le erbe aromatiche secche, invece, si caratterizzano perchè vengono essiccate tramite diversi processi.

In Italia, contrariamente a quello che accade in molti altri Paesi, vi è un uso piuttosto contenuto di erbe aromatiche anche se, soprattutto, di recente, vi è stata una riscoperta soprattutto da una generazione di chef di recenti natali.

Ed ecco dunque come anche erbe aromatiche di “crescita” solo locale come, per esempio, la maggiorana in Liguria, la mentuccia a Roma e il mirto in Sardegna trovano impiego in piatti a qualsiasi latitudine, difficoltà di reperimento permettendo; così come l’uso di erbe aromatiche che almeno una volta vale la pena provare come la santoreggia con il suo pungente aroma, il levistico dall’odore penetrante e la pimpinella che sa di cetriolo.

E ogni valido chef ben sa quanto importante sia saper opportunamente dosare le quantità di erba aromatica accostandola con delicatezza ad ogni piatto non esistendo regole determinate per il loro uso.

Alcune poche regole sono però essenziali per un corretto uso delle erbe aromatiche in cucina; importante, primariamente, tritare le erbe fresche

[ Marco Roverato e il suo Istinto ] al momento dell’uso rigorosamente usando un coltello di ceramica o a mano evitando di usare il coltello di acciaio così come essenziale, salvo poche eccezioni, aggiungerle all’ultimo momento ai piatti, evitando di cuocerle in quanto perderebbero in buona parte i loro aromi.

Le erbe aromatiche più conosciute Alloro, Aneto, Basilico, Cerfoglio, Coriandolo, Dragoncello, Erba Cipollina, Maggiorana, Menta, Nepitella, Origano, Prezzemolo, Rosmarino, Salvia, Santoreggia Approfondimento

La ricetta “Istinto”. Millefoglie di pasta fillo La ricetta nasce … d’istinto, durante una gita in moto sull’Altopiano di Asiago quando, trovate alcune fragoline di bosco e del timo selvatico, acquistata della ricotta, si componeva così la base della ricetta.

Ingredienti: pasta fillo, fragoline di bosco, timo fresco, zucchero di canna, ricotta di capra, aceto balsamico.

Quantità: libere secondo gusto.

Presi i quadrotti di pasta fillo, spennellarli con dello sciroppo di zucchero (ogni litro d’acqua, un chilo di zucchero) ed infornarli a 170° per tre minuti fino a caramellizzazione.

Nel frattempo condire le fragoline con il timo, lo zucchero di canna e una spruzzata di limone. Lasciar marinare per qualche minuto mentre si prepara la ricotta precedentemente asciugata alla quale aggiungere dello zucchero di canna a piacere mescolando sino allo scioglimento dello zucchero.

A questo punto alternare le foglie di pasta fillo con la ricotta e le fragoline con una punta di aceto balsamico: guarnire con il timo e la millefoglie è pronta.

Buon assaggio!

[ Istinto, il timo e altri ingredienti ]

[ Istinto, Millefoglie di pasta fillo ]

Ricetta

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[ Musica ]

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Coenobium Vocale, un famoso coro maschile diretto a Piovene Rocchette da una donna La Repubblica, lo scorso anno, ha citato come uno dei gruppi più popolari d’Italia il coro maschile diretto da vent’anni da una donna, Maria Dal Bianco: “nutriamo l’anima” [ Federica Ceolato ]

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l quotidiano La Repubblica, lo scorso anno, nell’ambito di un servizio dedicato ai cori italiani, lo ha citato come uno dei gruppi più popolari d’Italia. I loro concerti coinvolgono l’anima e attraversano il corpo, ancor più quando si dispongono a coro spazializzato, intorno o in mezzo al pubblico. È il Coenobium Vocale di Piovene Rocchette, un coro maschile da anni impegnato in attività concertistica e di ricerca nell’ambito della letteratura musicale antica e contemporanea. Il coro è diretto da una donna, Maria Dal Bianco, diplomata in composizione, in organo e composizione organistica, in musica corale e direzione di coro, in prepolifonia, e tanti anni di esperienza alle spalle. «Quando vent’anni fa - racconta Dal Bianco - mi proposero di assumere la direzione di un coro maschile, non sapevo in realtà quello che mi attendeva. Ma il cuore prevalse sulla ragione e così nacque un’avventura che oggi si chiama Coenobium Vocale. A quel tempo il gruppo aveva un consolidato percorso nel genere popolare, ma con il desiderio di cambiare e rimettersi in gioco. Feci leva sulla voglia di fare musica, sull’orgoglio di rimanere gruppo maschile, sul coraggio di intraprendere un cammino nuovo e sulla volontà di lavorare con lo strumento musicale più bello: la voce. La nostra storia fu poi progressivamente segnata dalla ricerca di repertori mirati, spesso inediti, che ci por-

tarono a produrre alcune raccolte discografiche, anche con collaborazioni importanti nel mondo della musica e della cultura italiana».

Musica attraverso il tempo

Ampio è il repertorio del Coenobium, che abbraccia generi diversi, attraverso i secoli, così pure il pubblico che partecipa ai loro concerti.

«Il pubblico che ci segue è piuttosto vario, a

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[ Musica ]

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seconda dei repertori che proponiamo: appassionati di polifonia classica, o di musica contemporanea, di musica antica, di canto gregoriano. Recentemente abbiamo riabbracciato il repertorio popolare nell’avvicinarsi della ricorrenza della Grande Guerra, con una serie di concerti in vari luoghi d’Italia, in collaborazione con il maestro Bepi De Marzi».

A rendere intensa e travolgente ogni loro esecuzione c’è un approfondito studio interpreta-

tivo e tecnico-vocale. «La ricerca del reperto-

rio e della proposta musicale sono obiettivi costanti nei nostri progetti. La tecnica è alla base di ogni espressione, sia musicale che ar-

tistica in genere. La lettura della singola parte musicale, abbinata al controllo del suono vocale, del singolo cantore e dell’insieme corale, e la ricerca costante dell’intonazione consentono di ‘potersi permettere’ l’approfondimento dello stile e del pensiero interpretativo, del colore vocale voluto e dell’atmosfera che si intende creare».

Quando è una donna a dirigere un coro maschile Chi frequenta chiese e teatri per ascoltare esibizioni corali sa che è raro vedere una donna alla direzione di cori maschili. «Nel panorama corale internazionale non è così infrequente che cori maschili siano diretti da donne. In Italia forse un po’ meno, perché da noi scontiamo una tradizione corale che vede i cori maschili quasi esclusivamente focalizzati sul repertorio popolare, genere maggiormente praticato dai direttori maschi».

Oltre a collaborazioni con le più importanti istituzioni artistiche nazionali, quali l’Accademia Olimpica di Vicenza e il Teatro La Fenice di Venezia, e con personaggi della cultura e del teatro italiano, come Arnoldo Foà e Melania Mazzucco, il Coenobium si è affermato tra i migliori in numerosi concorsi nazionali e internazionali. Un orgoglio per la comunità di Piovene, luogo d’origine del coro, che viene rappresentata da espressioni musicali di altissimo livello.

«La tradizione corale piovenese affonda le sue radici nella seconda metà dell’Ottocento.

Un deciso sviluppo dell’attività corale è avvenuta, in particolare, nell’ultimo ventennio, anche con la crescita di alcuni gruppi, una decina in tutto, sia in ambito liturgico che concertistico. Tuttavia, il nostro gruppo non raccoglie i propri coristi esclusivamente tra le mura cittadine, anzi. Attualmente sono numerosi i componenti che provengono dalle province di Vicenza, Verona e Padova».

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Voci si incontrano Il Coenobium Vocale collabora anche con altri gruppi corali vicentini e non. «Le collaborazioni costituiscono importanti momenti di crescita. Abbiamo realizzato progetti e programmi specifici, monografie e prime esecuzioni in collaborazione con altri cori. Lo scorso anno, con l’Ensemble femminile La Rose di Piovene Rocchette, abbiamo eseguito lo Stabat Mater di Rossini a Venezia, e alcune opere inedite per coro misto in passate edizioni di AsiagoFestival e al Teatro Civico di Schio. Altre collaborazioni sono con i Piccoli Musici di Casazza di Bergamo, ritenuto tra i migliori gruppi di voci bianche italiani, con il gruppo maschile Officium Consort di Pordenone, con i Polifonici Vicentini, i Cantori di Santomio e con la Coralità scledense».

Cantieri aperti Dopo il successo della raccolta discografica Spatium del 2012, il Coenobium è impegnato in questi giorni nella registrazione di un nuovo cd, che verrà presentato prima dell’estate.

«Stiamo lavorando su alcuni progetti, repliche di opere recentemente allestite. A Foligno e a Feltre riproporremo tra fine maggio e giugno l’opera contemporanea La guerra vista dagli occhi di un bambino eseguita a dicembre al Teatro Fenice di Venezia. Le musiche, su testi di Anna Achmatova e Nelson Mandela, sono del maestro Claudio Ambrosini, mentre la trasposizione drammaturgica curata da Sandro Cappeletto darà voce al diario di Giuseppe Boschet, testimone diretto del conflitto mondiale. In ottobre saremo in Germania, ospiti del Nueur Kammerchor di Heidenheim, a rappresentare l’Italia nell’ambito del Festival Coenobium Internazionale corale».

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[ Cultura ]

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Biblioteche up & down: Vicenza c’è La situazione della lettura in Italia è disperata, lo dice l’Istat. Ma a Vicenza varie biblioteche sono di gran prestigio nonostante il periodo non sia dei più favorevoli.

A completare il tassello della nuova città della cultura ci pensano poi le tante biblioteche “diffuse” e il progetto Rete Bibliotecaria Scuole Vicentine [ Sara Girombelli ]

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’Italia non è un paese per scrittori. O per meglio dire si può pubblicare libri di ogni tipo, ma non è detto che qualcuno sia disposto a leggerli. I dati Istat del 2014, infatti, confermano una situazione già nota a editori, bibliotecari e istituzioni scolastiche: nello scorso anno, infatti, oltre 23 milioni 750 mila persone di 6 anni e più hanno dichiarato di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista, per motivi non legati a nessun obbligo lavorativo o scolastico. Rispetto al 2013, la quota di lettori di libri è scesa dal 43% al 41,4%. I lettori

cosiddetti “forti”, ovverosia coloro che leggono mediamente un libro al mese, sono il 14,3% dei lettori in Italia. Essi costituiscono il cosiddetto pubblico stabile e sono anche il vero e unico target dell’editoria italiana. Sfortunatamente c’è stato un calo della lettura rispetto al 2013, attribuito soprattutto all’ulteriore diminuzione della categoria dei lettori deboli (-6,8%, rispetto all’anno precedente), i quali già avevano un rapporto molto fragile ed estemporaneo con i libri (dettato più probabilmente dalla moda del best seller del momento, che una vera e propria propensione alla lettura), mentre chi aveva una maggiore familiarità con la lettura ha dimostrato una sostanziale “tenuta” nelle proprie abitu-

[ Biblioteca Internazionale “La Vigna”: sala Caproni ]

dini. In questo senso le consuetudini e gli insegnamenti in ambito familiare sono determinanti: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri. Questi ragazzi saranno quelli, con ogni probabilità, che porteranno avanti la passione per la lettura anche in età adulta.

Tutti questi dati, se letti nel complesso, sono davvero allarmanti. In un paese popolato all’incirca da 59,83 milioni di persone (nel 2013), meno di 24 milioni leggono un libro all’anno e di questi 24 milioni, soltanto 3,40 milioni legge all’incirca un libro al mese (praticamente il 5% della popolazione totale). Se si considera poi che tra le letture dei lettori

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deboli rientrano romanzi rosa, best seller più o meno di qualità e libri di cucina, si arriva a comprendere la miseria culturale che impregna l’Italia stessa. Non è un caso che nel 2010 il libro più venduto dell’anno sia stato Cotto e mangiato di Benedetta Parodi, una posizione sopra a Il cimitero di Praga di Umberto Eco. Sempre nel 2010, infatti, si è avuto il picco di “lettori” degli ultimi 14 anni.

Da cosa dipende tutto ciò? I fattori sono molteplici: il fattore culturale; il fattore economico; il fattore politico. Come si è già visto, avere in famiglia dei genitori lettori influenza molto la propensione del bambino a prendere in mano un libro, non foss’altro perché ne ha già disponibili in casa. L’educazione alla lettura è fondamentale fin dalla tenera età, ma non passa solo dall’ambiente casalingo. Fondamentale e importantissimo è anche l’input che il bambino riceve durante le ore scolastiche, dove la lettura non può e non deve passare per una attività noiosa: la pena per quest’errore è l’allontanamento quasi certo dei ragazzi ai libri. In secondo luogo, determinante è anche la situazione sociale ed economica delle località prese in esame: se, nel complesso, il livello di istruzione influisce in maniera rilevante sulla propensione alla lettura (un valore massimo del 74,9% fra i laureati contro un minimo del 24,6% per chi possiede al più la licenza elementare), osservando più nel dettaglio il fenomeno attraverso un confronto generazionale si rileva che anche tra le persone con un titolo di studio superiore la propensione alla lettura è andata diminuendo nel corso del tempo. I laureati con più di 45 anni leggono, infatti, in proporzione di più rispetto alle persone più giovani con equivalente livello d’istruzione. Se invece si considerano le diverse condizioni professionali, si rilevano livelli di lettura superiori alla media tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (60,9%), direttivi, quadri e impiegati (63,9%) e studenti (58,2%). I livelli di lettura più bassi si registrano, invece, tra i ritirati dal lavoro (32,8%), le casalinghe (30,8%), gli operai (28,2%) e le persone in altra condizione (22%). In questo senso, quindi, la condizione economica e quella culturale si fondono insieme, dando vita a un diverso sistema di priorità quotidiane, per cui un operaio ha meno soldi e meno tempo da spendere in libri e preferisce dedicarsi ad altro, considerando la spesa (non da poco) di un libro come una cosa superflua.

I diversi territori poi, e il diverso sviluppo economico, delineano una spaccatura tutta italiana tra nord e sud: la lettura risulta più diffusa, infatti, al Nord, dove dichiara di aver letto almeno un libro il 48,5% delle persone residenti. Nel Sud e nelle Isole, la quota di lettori scende, rispettivamente, al 29,4% e al 31,1%, di pari passo con un livello di qualità della vita inferiore. Il Veneto, in questo senso,

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risulta in una buona posizione con circa il 45% di cittadini lettori. Una generale condizione economica migliore permette alle amministrazioni di focalizzarsi sui bisogni dei cittadini meglio di altre regioni, ma i problemi non mancano neanche qui. E qui entra in gioco il fattore politico: lo smantellamento sistematico del sistema educativo italiano, con il ripetuto taglio dei fondi pubblici dedicati all’istruzione, ha creato (in concomitanza alla crisi economica) forti deficit alle istituzioni scolastiche e ciò ne impedisce il corretto funzionamento, da cui consegue un’incidenza inferiore sulla formazione culturale dei ragazzi.

Di tale smantellamento ne hanno risentito anche le biblioteche, che nel comune di Vicenza fortunatamente non mancano. Doveroso è menzionare la maggiore, la bibliotecha civica Bertoliana che dispone di quasi 420.000 volumi accessibili alla cittadinanza ed è dislocata, con diverse sedi, in molti quartieri della città, in modo da offrire un servizio più uniforme possibile. Ci sono poi tutte quelle biblioteche di settore, che arricchiscono il patrimonio culturale cittadino in diverse forme: il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, ad esempio, mette a disposizione più di 10.000 volumi che possono risultare di grande interesse per chi segue questo tipo di studi; la biblioteca del Conservatorio di Musica A. Pedrollo possiede, invece, 19.000 volumi tra libri di mu-

[ Mappa delle principali biblioteche di Vicenza ]

[ Due sale di lettura e consultazione della Biblioteca Bertoliana di Vicenza ]

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[ Biblioteca Internazionale “La Vigna”: giardino interno ]

[ Due immagini del Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza ]

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sica e vere e proprie partiture; la bibliotecha dell’Accademia Olimpica “vanta un patrimonio di 30.000 opere (con speciale riguardo alla produzione artistica e scientifica, sempre aggiornata, degli Accademici e alle pubblicazioni dei vari Istituti culturali e Accademie d’Italia) e di circa 500 periodici”, secondo quanto riportato dal loro sito web; infine, non meno importante è il patrimonio librario de “La Vigna”, bibliotecha internazionale che al suo intendo custodisce circa 50.000 volumi e comprende non solo opere pubblicate negli ultimi anni, ma anche edizioni a stampa a partire dal XV secolo; di particolare pregio la ricca collezione di testi inerenti l’enologia dal XV al XVIII secolo.

Si tratta, quindi, di un patrimonio pubblico notevole, che però necessita di aggiornamenti costanti: si pensi soltanto al numero di nuovi titoli che ogni anno escono in Italia, circa 50.000 volumi diversi. È praticamente impossibile avere le risorse per renderli tutti disponibili al pubblico, anche solo acquistando quelli del proprio settore. Per contro, il pubblico cittadino spesso non è informato del potenziale effettivo delle biblioteche cittadine.

Esse hanno bisogno di essere incentivate e sponsorizzate. Devono tornare a essere un luogo d’incontro e di scambio. Rivalutandole come si dovrebbe, verrebbe meno la difficoltà per il pubblico cittadino di comprare libri e, incrementando le visite, le biblioteche di Vicenza acquisirebbero maggior visibilità e quindi più fondi monetari.

C’è chi tenta di colmare questo gap comunicativo coi mezzi disponibili, volendo riunificare gli archivi di diverse biblioteche scolastiche (più piccole delle maggiori sopra citate, ma più diffuse sul territorio) in un unico grande database multimediale, consultabile da casa senza dover girare tutta la città per trovare ciò che si cerca. È il caso del progetto “Rete Bibliotecaria Scuole Vicentine” (http://www.rbsvicenza.org/), che si prefigge di riunire il catalogo di tutte le scuole della provincia, comprendendo non solo il patrimonio librario, ma anche multimediale (film, documentari, cd, ecc...), di modo che sia facilmente consultabile dal loro sito e permetta alle biblioteche stesse di adempiere al dovere per cui sono state create: consentire un facile accesso all’informazione favorendo il più possibile la diffusione delle conoscenze e rendendo disponibile per tutti le risorse documentarie necessarie allo studio, al lavoro e alla vita quotidiana. Sono già 27 gli istituti scolastici nel solo cumune di Vicenza che hanno aderito e fare una ricerca online richiede 5 minuti, per cui vicentini non avete più scuse. È tempo di leggere.

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[ Moda ]

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Lo stile romantico e chic di Angelica, fashion blogger vicentina [ Sara Battilana ]

Dall’architettura alla moda: nel 2013 Angelica Alberti ha portato la sua passione sul web fondando il suo personalissimo fashion blog Angelichic (www.angelichic.com).

Questo mese Angelica, ragazza sorridente e piena di entusiasmo, si racconta a VicenzaPiù.

Ciao Angelica, iniziamo con le domande classiche, quelle che proprio non possono mancare in un’intervista!

Raccontaci un po’ di te e della tua vita. Cosa ti ha spinto ad aprire un fashion blog?

Buongiorno a tutti! Sono Angelica Alberti di Vicenza e fin da piccola sono stata attratta dal mondo del bello e della moda. Dopo il Liceo Scientifico mi sono iscritta allo IUAV di Venezia conseguendo la laurea magistrale in

Architettura. Dalla maturità ho iniziato a lavorare come modella per cataloghi ed eventi innamorandomi sempre di più del mondo incantato della Moda.

Un anno e mezzo fa ho aperto il fashion blog “Angelichic” come logica conseguenza del mio spiccato interesse sia per l’ambito fotografico, che ritrae i capi come i protagonisti degli outfit, sia per lo scrivere di moda che illustra come cambia la realtà dei materiali, delle forme, dei volumi, delle proporzioni nel corso del tempo.

[ Piazzale della Vittoria e il Santuario di Monte Berico come paesaggio per il look da sera" (abito: Zara, scarpa: Zara, cintura: Zara, bauletto: Louis Vuitton, blazer: Zara)) ]

In che modo la tua vita è cambiata da quando è iniziata l’avventura Angelichic?

Il blog “Angelichic” è come una creatura che mi è cresciuta tra le mani in pochissimo tempo, e quello che era all’inizio un fondamentale interesse della mia vita è diventato a poco a poco un lavoro.

Quasi sempre nelle tue foto si intravedono paesaggi vicentini. Quanto è importante la tua città nel lavoro per il blog e qual è in generale il tuo rapporto con il territorio?

Sono nata a Vicenza, bellissima città inca-

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[ Moda ]

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[ In alto a sinistra: Look delicato e chic all'interno di Ca' Latina in località Bertesina a Vicenza" (abito: Zara, collo in pelliccia ecologica: Lazzari, scarpa: Kallisté) ] [ Sopra: "Una passeggiata al lago di Fimon con un look casual e femminile" (abito: H&M, coprispalle: Zara, scarpa: Rucoline, occhiali da sole: Assoluto Eyewear, pochette: Zara) ] [ A destra: Angelica e il fratello Alberto, protagonista della sezione del blog dedicata alla moda maschile" (pantalone: Jeckerson, polo: Polo Ralph Lauren, abito: Nobrand, pochette: Zara) ]

stonata nei colli Berici e fin da piccola ho fermato nella mente l’armonia delle architetture medievali e palladiane ricche di tanta bellezza unita ad una natura rigogliosa: sia in città che nella primissima periferia gli scorci magici impreziosiscono ulteriormente i miei look. Quindi la mia strategia è aggiungere al capo trendy il fascino di uno sfondo ricercato.

Raccontaci le tue passioni: cosa fa Angelica quando non è una fashion blogger?

Angelica non chiude mai la saracinesca del negozio perciò anche il suo tempo libero lo occupa coltivando la sua mente e il suo corpo, quindi tanta lettura, tanta palestra e il circondarsi di persone che condividano con lei questa grande passione.

Se ora svuotassimo la tua borsa, cosa troveremmo?

Non svuotatela mai, potreste prendere paura!

Trucchi, pochette, penne, biglietti da visita, cellulare, carica-batterie, i-pod, agende, biglietti del treno e della metro scaduti e magari anche qualche briciola delle mie merende.

Non sono ordinatissima, questo ve lo posso assicurare.

Hai dei negozi preferiti nella zona per il tuo shopping?

Ogni negozio della mia città è una piccola riserva per attingere e trovare quel tocco glam, rock, romantico, chic che sappia trasformare ogni outfit in un qualcosa di particolare, di personale, di prezioso. Amo sia il piccolo negozietto di Corso Palladio che i grandi magazzini dei centri commerciali.

Parlaci della scelta di includere una sezione dedicata allo stile maschile. Da cosa nasce?

Fin da subito ho pensato alla moda maschile in quanto leggo da sempre GQ uomo e sono usciti i primi outfit dopo solo tre mesi dall’apertura di “Angelichic” anche perché ho un fratello gemello e l’ho “utilizzato” come modello. Essendo cresciuti insieme, l’ho sempre consigliato nelle scelte di abbigliamento e mi ha molto affascinato l’universo maschile, i nuovi progetti e le tante proposte dei grandi stilisti internazionali.

Qual è il capo o accessorio indispensabile che ogni donna dovrebbe avere? E per quanto riguarda l’uomo?

Sicuramente un decolleté nero molto scollato con tacco alto che slanci la gamba e la

allunghi. È perfetto sia con un jeans sfilacciato e sportivo, che con un rigoroso tailleur nero, o con un abitino da cocktail.

E per l’uomo? L’intramontabile camicia bianca che sta bene in qualsiasi look.

Svelaci qualche segreto da trend-setter sulla stagione appena iniziata: quali sono le tendenze e i must-have per la moda di questa primavera secondo Angelichic?

Quest’anno la moda è bellissima: dalle meravigliose stampe floreali alle applicazioni in aggetto come i petali dei fiori e le ali delle farfalle applicate al capo stesso, all’intramontabile denim che diventa salopette fresca, giovane che dà un tocco di vitalità anche alle persone più mature, alla tuta che si fa abito da giorno e da sera, al pantalone a zampa, alle righe verticali che allungano e rendono il corpo femminile leggiadro e sinuoso, alle preziosità degli inserti in pizzo che fanno di ogni capo un qualcosa di raro e di inimitabile.

Infine la domanda immancabile: progetti per il futuro?

I miei progetti per il futuro? Tanti, tantissimi e far crescere “Angelichic” ogni giorno di più.

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[ Lettera al giornale ]

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Sfregio agli hangar dell’ex Dal Molin, la lettera dell’Aeroclub Gentile Direttore,

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a cultura della nostra storia e civiltà viene sempre deturpata da pochi, quei pochi che come in questo caso credendosi di dimostrare l'ideologia di che cosa poi non lo sanno neanche loro, risultano solo essere manipolati e quindi meno ideologici degli altri, usati con i fili come nei teatrini. In tutta la vicenda dell'ex aeroporto all’altrettanto ex dal Molin che ho seguito, oltre allo disgusto più completo, non riesco a capire a cosa ora è servito imbrattare gli hangar dell'aeroporto e dell'Aero Club di Vicenza con disegni e scritte che nulla hanno a che fare con quelle strutture, se non fare uno sfregio, che nessuno dal passato tornerebbe a vedere volentieri. Nulla è mai stato fatto per togliere lo sfregio, che mostra un degrado visivo a chi ci passa davanti e un dispetto verso chi ha realizzato quelle strutture e le usava, un dispetto che può solo far rabbia e disgusto.

Questi hangar che sembrano ora una cosa abbandonata e sfregiata andrebbero tinteggiati e rinfrescati per togliere per l'appunto quello squallore presente ormai da 7/8 anni.

VicenzaPiù Direttore Responsabile GIOVANNI COVIELLO direttore@vicenzapiu.com Editore MEDIA CHOICE s.r.l.

Viale Trento, 197 - Vicenza Tel. 0444 1834040 Fax 0444 1833656 info@mediachoice.it Stampa TIPOLITOGRAFIA L’ARTIGIANA S.R.L. V. Gazie, 17 36044 Montebelluna (TV) Autorizzazione VicenzaPiù Tribunale di Vicenza n. 1181 del 22 agosto 2008

[ Le scritte che deturpano l'hangar del'ex Dal Molin) ]

Forse costa la pittura o forse il lavoro è faticoso, ma con tutti i soldi risparmiati per non realizzare l'aeroporto, almeno si potrebbe spendere in qualche bidone di colore per togliere le scritte. Se ciò non fosse possibile, ci si può organizzare diversamente sensibilizzando o coinvolgendo qualcuno e magari io stesso sarei disponibile come cittadino a togliere quello "schifo" lasciato.

Senza contare che se io taglio una rete per entrare in un'area e la deturpo, come minimo verrei denunciato o arrestato. Viva la coerenza e la mancata cultura di chi vuole che Vicenza sia ridotta così.

Con enorme disgusto andiamo avanti così che va bene!

VicenzaPiù TV

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Redazione e pubblicità Viale Trento, 197 - Vicenza Tel. 0444 1834040 redazione@vicenzapiu.com Tel. 0444 1830808 pubblicita@vicenzapiu.com Segretaria di Redazione Angela Mignano info@mediachoice.it

Hanno collaborato a questo numero: Edoardo Andrein

Massimo Rossato, Presidente Aeroclub di Vicenza

Giornale chiuso in redazione alle ore 16.00 di giovedì 26 marzo 2015 Tiratura: 5.000 copie

Sara Battilana Alberto Belloni Federica Ceolato

Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Michele Dalla Negra Davide Fiore Sara Girombelli

Copyright: Le condizioni di utilizzo dei testi e delle foto sono concordate con i detentori.

Se ciò non è stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere il giusto compenso.

Anna Barbara Grotto Giorgio Langella Giancarlo Marcotti Andrea Polizzo Valentina Rosset

VicenzaPiù si avvale di opere d’ingegno (testi e fotografie) distribuiti gratuitamente con le licenze Creative Commons «Attribuzione» e «Attribuzione - Non opere derivate». Ringraziamo tutti gli autori che ci permettono di utilizzare i loro lavori segnalando il nome o il link ad un loro spazio web personale. Per maggiori informazioni: www.creativecommons.it

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