VicenzaPiù n.238, 14 luglio 2012

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Direttore responsabile Giovanni Coviello

Quindicinale

n° 238 - 14 giugno 2012 - euro 1,20

LA GRANA

Dopo le accuse reciproche tra i suoi sindacalisti, sulla Uil berica piove la denuncia della Bts: ci hanno chiesto i soldi

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numero

238 del 14 luglio 2012 pag 3

Prima poveri, oggi accattoni di Enrico Hüllweck

M

i ha fatto sorridere, leggendo un giornale, il trovarmi di fronte a una (condivisibilissima) lettera del sindaco Variati, impegnato a respingere con forza alcune accuse rivoltegli da un lettore. La cosa buffa è che si trattava delle stesse accuse che, dieci anni fa, quando ero io il Sindaco di Vicenza, erano state rivolte a me, dalla parte politica che oggi governa Vicenza con Variati e addirittura da alcuni suoi odierni assessori. L’argomento riguardava la triste piaga dell’accattonaggio in città e vorrei subito puntualizzare che una cosa è la povertà, con i suoi problemi umani e sociali, mentre un’altra cosa è l’accattonaggio.

La nostra società soffre da tempo della piaga della povertà, una piaga che colpisce famiglie sfortunate, a volte facendo piombare nella disperazione esseri umani che improvvisamente perdono il lavoro o che per complesse vicissitudini hanno rovinato la situazione economica propria e dei loro familiari. Questi poveri, molto spesso, si vergognano della loro situazione e tendono a nascondersi, arrivando a volte al disastro umano e addirittura al sui-

cidio. Per fortuna, Vicenza è una città con profonda e radicata sensibilità cristiana ed è una città nella quale anche chi oggi vive agiatamente proviene, a volte, da famiglie che, in passato, hanno conosciuto la fame, la povertà e perfino la necessità di emigrare all’estero per sopravvivere. Forse è per questo che il cittadino di Vicenza è uno dei più disponibili ad aiutare un suo simile in difficoltà ed è noto a tutti che la società vicentina è attivissima sul piano dell’assistenza sociale e della carità organizzata.

Parrocchie, soggetti religiosi, associazioni di solidarietà sociale, brillano nella nostra terra per una efficienza che a volte commuove. Anche le Amministrazioni comunali vicentine si sono sempre distinte per aiutare il più possibile le famiglie povere: dando loro una casa, cibo, aiuti economici e spesso lavoro.

Proprio per questo, nel 2003, feci delle riflessioni nel constatare che (soprattutto nei giorni di mercato, quando le vie del centro sono più affollate), sui marciapiedi apparivano degli accattoni, abilissimi nel chiedere l’elemosina, perfetti nel presentarsi con vestiti, aspetto, atteggiamenti e linguaggio tipici del “mendicante professionista”. Feci fare, allora, dei controlli precisi e così emerse che questi mendicanti erano in realtà dei “professionisti

Multati i deboli, tollerato chi li sfrutta

di Irene Rui

A

ngelo Azzalini in una bellissima lettera a "Il Giornale di Vicenza" si chiede giustamente «dove sta andando questa città patrimonio dell'Unesco, se non sembra riuscire a distillare una goccia di umanità?». Il signor Azzalini che conosco, si pone delle domande come alcuni di noi: perché in onore della cosiddetta sicurezza, si introducono norme nel regolamento della polizia urbana, che rasentano il razzismo? Norme contro il bivacco selvaggio (anche mangiare un panino su una panchina sembra lo sia) per cui recentemente sono state multate due rumene; contro l'accattonaggio per cui recentemente sono state multate una rom, un venditore di rose, un disoccupato e via dicendo.

Quale problema di sicurezza pone questa povera gente? Non è che si vogliono multare i più deboli perché è difficile prendersela con la micro delinquenza presente in città? Molti si chiedono perché multare in Campo Marzo chi mangia un panino piuttosto che controllare chi spaccia? Perché multare chi chiede un obolo per carità invece di prendere chi evade o chi potrebbe sfruttare queste persone?

Una risposta potrebbe essere: ciò

che è povero dà fastidio, è indecoroso. E' indecoroso mangiare un panino su una panca invece che consumarlo al bar o in un ristorante. E' indecoroso vedere chi chiede l'elemosina - sono troppi ormai - perché dà fastidio, ci ricorda che la povertà esiste anche da noi. Variati, tanto cattolico e "caritatevole", dovrebbe porsi delle domande prima di prendere, di ordinare provvedimenti dannosi per i più deboli. Non tutti quelli che chiedono l'obolo sono vittime di un racket e comunque non si risolve il problema multando l'operatore. Il marcio andrebbe visto non all'interno dei poveri, bensì nella bella società patinata. Quella che apparentemente vive bene, ma che poi ruba di nascosto anche ai più poveri. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Un suonatore chiede un obolo

dell’elemosina”: gente abilissima nello spostarsi da una città all’altra (in base alla presenza di fiere o mercati che, ovviamente, raddoppiano il pubblico dei passanti) e abilissima nel ricorrere anche a travestimenti adatti a suscitare ancor più la pietà del cittadino. A uno di questi accattoni, dopo tre ore di questua, furono trovati in tasca più soldi di quelli che un vigile urbano guadagnava in dieci giorni di lavoro (e, volendo cavillare, del tutto “esentasse”…). Decisi quindi di intervenire. Proposi un’ordinanza (diligentemente redatta e firmata dal mio vicesindaco Valerio Sorrentino), muovendomi con queste premesse: 1) L’organizzazione assistenziale presente nella Città di Vicenza e sostenuta da associazioni di volontariato, enti religiosi e Amministrazione comunale è così radicata e funzionale da far sì che mettersi in strada a stendere la mano per chiedere l’elemosina diventi automaticamente una specie di offesa ai cittadini di Vicenza che (con i loro soldi) sono pronti ad aiutare le persone bisognose. Equivale a dire: “qui non vengo correttamente aiutato”.

2) A tutti i vigili viene impartito il compito di fermare l’accattone questuante e verificare se si tratta di un “vero povero”. Qualora si tratti di un vero povero, egli deve essere immediatamente aiutato e affidato ai servizi sociali per cercare di fornirgli subito vitto, alloggio, assistenza medica, sostegno economico, eccetera.

3) Qualora il fermato risulti invece un accattone professionista, esso va allontanato e possibilmente controllato, per vedere se si tratta di un soggetto che lavora autonomamente o se si tratta di uno di quei poveretti (spesso donne o bambini) che, come veri schiavi, vengono minacciati e costretti a mendicare denaro che va poi nelle gonfie tasche degli sfruttatori di quello che è un vero racket.

A questa mia ordinanza del 2003 gli accattoni professionisti risposero scrivendo su un giornale che avrebbero “scioperato” non venendo più a mendicare a Vicenza (dandomi così ragione sul fatto che non erano vicentini e che erano professionisti dell’accattonaggio e quindi “finti poveri”). Ma la tristezza fu nel vedermi accusato di cattiveria, di razzismo, di insensibilità e altro da quelli che, oggi, hanno esteso una ordinanza simile alla mia e ancora più severa perché commina multe salate e su un territorio ancora più vasto.

Costoro, all’epoca, chiamarono “Le Jene” forti del fatto che la mia ordinanza era (così si disse) la prima nel suo genere in Italia. Le Jene, ascoltatomi, mi diedero sostanzialmente ragione. Fu chiamato allora il “Costanzo Show”, dove si tentò di demolirmi, senza peraltro raggiungere il risultato. Allora si tentò di attaccarmi sul piano della carità cristiana. Per mia fortuna proprio il

Controlli dei documenti in campo Marzo

Vescovo intervenne autorevolmente, convocando in Vescovado il sottoscritto e alcuni dei miei accusatori, spiegando loro che, così come in alcune diocesi italiane (soprattutto piemontesi, credo…) i Vescovi avevano vietato di chiedere l’elemosina sulla porta delle Chiese, io avevo tutto il diritto, come Sindaco, di impedire agli accattoni di chiedere l’elemosina in Corso Palladio e zone limitrofe.

Dopo la mia vecchia ordinanza, le strade del centro vicentino videro sostanzialmente ridursi e sparire l’accattonaggio . Dopo due anni di nuova Amministrazione , il Sindaco Variati ha di fatto “ripescato” la

mia ordinanza, addirittura inasprendola. Eppure, stranamente, l’accattonaggio a Vicenza sembra essere riesploso. Anzi, adesso diventa un problema in più portar via le macchine dai parcheggi, dove qualche abusivo ti pesta l’auto se non dai l’obolo e fa impressione passare per certe stradine del centro, dove sistematicamente e a tutte le ore trovi il solito extracomunitario che ti blocca , pretendendo l’obolo a gran voce e cominciando talvolta a fermarti con le mani se tenti di andare oltre. Cosa sta succedendo? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Controlli dei documenti in corso Palladio www.vicenzapiu.com

Direttore Responsabile GIOVANNI COVIELLO direttore@vicenzapiu.com Editore MEDIA CHOICE s.r.l.

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Hanno collaborato a questo numero: MATTEO CRESTANI RENATO ELLERO FRANCA EQUIZI ANDREA GENITO ENRICO HÜLLWECK GIORGIO LANGELLA ANGELA MIGNANO MARCO POLO IRENE RUI PIETRO TRONCON GUIDO ZENTILE

Marco Milioni m.milioni@vicenzapiu.com

Stampa Centro Servizi Editoriali 36040 Grisignano Di Zocco (VI) V. Del Lavoro, 18 Tel. 0444 414303

Segretaria di redazione Angela Mignano a.mignano@mediachoice.it

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del 22 agosto 2008 Autorizzazione BassanoPiù Tribunale di Vicenza n. 1201 del 1 settembre 2009

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Giornale chiuso in redazione alle ore 17.00 di giovedì 12 giugno 2012 Tiratura: 11.000 copie

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238 del 14 luglio 2012 pag 4

Sinistra d’attesa di Giorgio langella

L

a “sinistra” di Vicenza? Aspetta.

Un’attesa che ha i risvolti amari del “non parlarsi” e, anche per questo, del “non affrontare” i problemi.

Stiamo aspettando che qualcuno faccia il primo passo, che dica qualcosa. E quando questo qualcuno si muove non è mai abbastanza. Si potrebbe fare di più e, per questo, si aspetta. Un’attesa infinita che non risolve nulla ma, anzi, porta la sinistra e Vicenza a un lento (ma neanche poi tanto) declino.

Si avvicinano le elezioni e la discussione cresce; è indubbio. C’è dibattito sulle primarie, sulle alleanze, sul referendum a quorum zero … Il confronto tra le forze politiche e sociali si sviluppa sostanzialmente sulla forma che deve assumere la coalizione (di sinistra, di centrosinistra, di qualcosa d’altro?). I contenuti che dovrebbero essere il nucleo centrale di un programma serio restano in disparte. Più volte, come PdCI, abbiamo tentato di coinvolgere la sinistra vicentina in un progetto innovativo. Un piano per il lavoro provinciale che, con lo studio e la

conoscenza di quello che sta avvenendo (chiusure delle fabbriche, mobilità, delocalizzazioni, cassa integrazione, precarietà, degrado del territorio …) e la conseguente analisi e interpretazione della realtà, permetta di proporre soluzioni praticabili. Una strada difficile e lunga che, riteniamo, debba essere percorsa per non limitarsi a fare una semplice amministrazione dell’esistente. Così la sinistra potrebbe riconquistare la capacità di progettare un modello di sviluppo nuovo e diverso proprio a partire dai bisogni reali, dal lavoro, dalla messa in sicurezza del territorio, dalla salute e dall’istruzione garantite a tutti i cittadini, dallo sviluppo del trasporto collettivo di persone e cose. Sono anni che stiamo tentando di non essere soli in questa impresa. Le risposte sono state quasi sempre parziali, del tipo “quando organizzate qualcosa chiamateci pure”… Attesa, appunto. La soluzione non è che qualcuno debba anticipare gli altri.

Il nostro obiettivo è che ci si muova assieme, unitariamente. Che si facciano emergere le idee, le proposte, in una discussione aperta e franca.

L’obiettivo deve essere, per la sinistra, che non si vada ognuno per conto proprio ma che ci sia una condivisione vera dei contenuti.

Langella, Ginato, Zaccaria, Ezzelini Storti, Fantò, Pilan ai tempi delle intese per le elezioni provinciali poi saltate

Recentemente Nichi Vendola, a Vicenza, ha dichiarato «non vedo un dibattito serio su queste questioni (disoccupazione e lavoro ndr); patite anche qui molto il clima di omertà. Si intuisce il disagio; non c’è nessuno che si prenda la briga di raccontare quanto sta succedendo». Ha ragione e ne prendiamo atto con soddisfazione. Ci conforta che il leader di Sel concordi con quanto stiamo “predicando” da anni. Noi siamo pronti a portare avanti il progetto unitario di un Governo per Vicenza che metta al centro le questioni del lavoro in

tutte le sue forme e uno sviluppo del territorio che eviti la sua devastazione.

Questa è la nostra proposta: lasciamo in disparte per qualche mese le divisioni, le attese, la ricerca spasmodica di un leader e concentriamoci sul “che fare!” (con il punto esclamativo). Studiamo e costruiamo uniti un progetto che non sia effimero né fondato sulla spartizione di posti e poltrone. Solo così potremo sperare di cambiare Vicenza (e non solo). © RIPRODUZIONE RISERVATA

I Grillini di Vicenza di Renato Ellero

Q

uali possibilità hanno i «grillini» vicentini alle prossime elezioni amministrative? In un mondo che cambia in ventiquattro ore è quasi impossibile fare previsioni. Io conobbi i «grillini», non solo vicentini, andando alle riunioni (o tavole rotonde) da loro organizzate nei tempi «eroici» del grillismo. Fui per questo motivo ben criticato dai soliti benpensanti che oggi mandano i loro figli e le loro figlie nel M5S. Apparivano approssimativi sì, ma pieni di buona volontà e soprattutto non inquinati da mire «poltronistiche». Oggi sull'aria del successo, che non è odierno ma si sentiva già da almeno due anni, sono entrati i cacciatori di posti (basta guardare i nomi e le famiglie di provenienza) e la situazione può degenerare. Si aggiunga che l'anima ed il trascinatore Grillo sembra offuscato o, spaventato dal successo clamoroso, almeno teso ad una

prudenza che non gli è propria e che potrebbe essere fatale. È del tutto ovvio che un rilassamento di Grillo, più i nomi noti, (magari di parenti), che lasciano intuire mire che col il grillismo nulla hanno a che vedere, potrebbero portare a risultati molto deludenti. Certo un Grillo silente mentre Monti distrugge quel poco di ricchezza che esiste nel Paese non è un buon auspicio per M5S. Vi è poi la polemica, in particolare degli emiliani, su certi personaggi che circondano Grillo ed influenzano le sue scelte. Sarebbe antipatico fare, oggi, nomi, ma certo coloro che lo circondano ed hanno cospicui interessi con i potentati economici sono politicamente una zavorra perchè facilmente criticabili. Resta comunque come fatto che alcuni grillini vicentini hanno dimostrato una «fame» che mal predispone l'elettore. Va in più sottolineato che questi (i grillini e gli aspiranti tali) hanno coperto con un silenzio inaccettabile e colpevole le scelte dell'Amministrazione in tema urbanistico. In una città come

Vicenza quello è il terreno dove si annidano le storture più rilevanti ma lì il silenzio del M5S è stato, come si suole oggi dire assordante. Che le opposizioni fingano «battaglie navali» per criticare una maggioranza che realizza i desideri dei loro amici rimasti delusi nell'ambito della precedente amministrazione è cosa criticabile ma comprensibile. I ponti d'oro dei «grillini» che evitano accuratamente ogni scontro dialettico con l'Amministrazione, è assolutamente contro natura. Se fossimo in epoca invernale li penserei intenti ad affinare la tecnica sciistica. È pur vero che esiste anche lo sci d'acqua! L'unica vera possibilità di una affermazione è legata all'ipotesi di lavoro che Grillo, nella campagna delle «politiche» torni quello che oggi non vediamo e non sentiamo, e riesca a «nascondere» i difetti locali nell'ambito di una battaglia più generale. Ma lo vorrà? E anche se lo volesse, lo potrebbe fare? Ribadisco che troppo preoccupanti sono le voci interne che si lamentano per dei consiglieri molto speciali e molto at-

Tiziano Treu

taccabili. È vero? Non è vero? È una preoccupazione eccessiva? Non lo so ma tali situazioni psicologiche non sono, in genere foriere di risultati positivi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Laura Treu

Quaresimin, Macchia e il laser di Sbabo (g.c.) «La provincia è una delle quattro virtuose d’Italia ma il presidente Attilio Schneck è riuscito solo a rimandare la calata della scure su altri lavoratori, quelli che assicurano il servizio di portineria di Palazzo Nievo». In scadenza di contratto a fine giugno per la fine dell'appalto "generale" alla emiliana Global Service sono stati solo "prorogati" fino a dicembre, con un minor numero di ore di servizio e, quindi, con lo stipendio tagliato. La virtuosità e i relativi maggiori fondi spendibili, è il rammarico di Macchia, «non salveranno il posto di lavoro dei dipendenti della Cpl», la cooperativa di Modena che fa capo all’appalto della Global Service, perché il loro lavoro andrà affidato ai dipendenti diretti. Se ne parlerà con i sindacati, dice il dg, ma è difficile pensare oggi a vie d'uscita indolori per loro così come per i dipendenti dell'ufficio informazioni delle Ftv, che ha accorpato con quello di Aim e ha internalizzato il servizio prima affidato alla Bbc Service. Se lo stesso Macchia ha scoperto dai sindacati e con sorpresa che Bbc fa capo alla galassia della “discussa Nicolini”, di questo, del mondo degli appalti e di molto altro parleremo con lui sul prossimo numero di VicenzaPiù. Dove troverà finalmente spazio anche l’intervista con l’ex sindaco di Vicenza, Marino Quaresimin. Dal vertice della ex Amcps, dove lo ha collocato Achille Variati ci racconta la sua storia personale e politica. Da buon navigatore. Un allenamento proficuo prima dell’intervista concessaci dall’attuale primo cittadino, in corsa per la riconferma nel 2013 a Palazzo Trissino.

Con vista su Palazzo su Balbi.

Senza dimenticare lo sguardo sui poteri che ci regalerà Fiorenzo Sbabo nella seconda parte del suo "outing". © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 5

Vicenza regno del pettegolezzo di Matteo Crestani

«

È un discorso malevolo sulle persone e sulle loro azioni. Potremmo definirlo una forma di aggressività verbale molto grave, che non lascia alla persona colpita la possibilità di difendersi e di dimostrare la propria innocenza».

Stiamo parlando del pettegolezzo, con le parole di Maria Cristina Strocchi, psicologa e psicoterapeuta vicentina che ha recentemente condotto a Vicenza un’indagine, su un campione di oltre mille soggetti, durata per ben quattro anni, sui modi di pensare sbagliati che animano la nostra mente e sono connaturati nella no-

stra cultura. Come avrete compreso il maggiore indiziato dei modi di pensare sbagliati e della visione distorta delle cose è proprio «il pettegolezzo, che può essere paragonato - prosegue la Strocchi - ad un killer, perché può segnare il destino di una persona».

Ed a Vicenza, così come in tutto il Veneto l’arte del pettegolezzo va proprio annoverata fra le usanze locali, al punto che si è persino arrivati a distinguere tra le varie maldicenze: il pettegolezzo da strada, ad esempio: “Ah, quella vestita così è a caccia!”, il pettegolezzo da sarta, della serie “taglia e cuci”, il pettegolezzo familiare del tipo: “le donne sono tutte traditrici, non come tua madre” detto dalla mamma al figlio, sperando che non si sposi, il pettegolezzo della suocera, da cui deriva il famoso li-

quore “latte di suocera”, il pettegolezzo lavorativo sui colleghi, che oggi può giungere al mobbing, ed ancora… il pettegolezzo della persona bigotta, basato su idee preconcette, su come una persona dovrebbe comportarsi. Proseguendo con l’analisi vicentina di Maria Cristina Strocchi si osserva come il pettegolezzo si insinua nella società, fra le persone e viaggia di bocca in orecchio… di orecchio in bocca. Non si può dire che ci siano più uomini o donne che fungono da ripetitori, ma è certo che ultimamente anche gli uomini si stanno dando da fare in questo senso, facendo rimbalzare e palleggiandosi i pettegolezzi. Ma vediamo quali sono le sembianze del pettegolo tipo… Secondo le statistiche elaborate da Maria Cristina Strocchi sono presenti in partico-

Sanità vicentina. Una cinquantina di psicologi al servizio di pazienti e famiglie Al San Bortolo la persona è al centro di tutto (m. c.) Poco meno di 50 psicologi per oltre 11mila prestazioni annue. Questi i numeri della Psicologia ospedaliera del San Bortolo, che recentemente ha conquistato la nuova sede nell'area L del nosocomio vicentino.

L'attività psicologica al San Bortolo, attualmente diretta dal dott.

Adriano Cracco, nasce tra gli anni '70 e '80 con due psicologi in Psichiatria ed in Neurologia. Il servizio attualmente dispone di 47 psicologi che operano in 24 unità operative tra Vicenza e Noventa Vicentina. L'èquipe dispone di 4 psicologi dipendenti, 6 liberi professionisti di cui due con fondi esterni, 8 borsisti con fondi esterni e 29 psicologi tra volontari, specializzandi e tirocinanti. «Gli obiettivi prioritari degli interventi psicologici - spiega il direttore Adriano Cracco - sono la prevenzione e gestione del disagio psicologico-emotivo e della sofferenza psichica nei pazienti adulti e pediatrici ricoverati e familiari; la continuità e/o integrazione assistenziale psicologica tra ospedale e territorio; il miglioramento dell'umanizzazione e della qualità di vita dei ricoverati; la formazione e il supporto agli operatori e ai famigliari, nell'assistenza ai pazienti e la promozione scientifica e formazione professionale degli psicologi, oltre a numerose altre attività». Gli psicologi operano in gran parte nelle aree, dipartimenti, unità operative ospedaliere e vari ambulatori integrati. Rilevante il sostegno psicologico garantito ai cardiopatici grazie alla collaborazione con l’Associazione amici del cuore di Vicenza. Dal 2007

sono stati effettuati 1374 colloqui psicologici clinici, 379 colloqui di supporto con pazienti e familiari, 867 sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale e ben 1160 pazienti hanno partecipato ai gruppi di educazione alla salute.

«L’attività psicologia condotta in Cardiologia - sottolinea il direttore Adriano Cracco - è rivolta a pazienti con diverse patologie cardiache e che manifestano principalmente negazione dell’accaduto, difficoltà di elaborazione e di consapevolezza della malattia, mancanza di motivazione al cambiamento ed al controllo dei fattori di rischio, non adeguata aderenza alla terapia farmacologica ed alle indicazioni fornite dal personale, presenza di ansia, paure o calo del tono dell’umore sia durante il ricovero che al rientro a casa, e mancanza di supporto socio-familiare.

Nei confronti dei pazienti gli psicologi individuano ed attuano strategie per la modificazione dello stile di vita, per favorire l’aderenza ai trattamenti medici e farmacologici e per riacquistare una soddisfacente qualità di vita. Inoltre, è attivo un gruppo di educazione alla salute e controllo dei fattori di rischio per pazienti in regime di ricovero e per pazienti con scompenso cardiaco». Lo scorso anno sono state effettuate dagli psicologi circa 11mila prestazioni ambulatoriali e ben 6600 interventi con pazienti ricoverati. «L'unità operativa semplice di Psicologia ospedaliera conclude Adriano Cracco - attualmente è il servizio psicologico maggiormente strutturato e operativo sia a livello regionale sia a li-

Adriano Cracco, direttore del settore Psicologia ospedaliera del San Bortolo

vello provinciale opera anche in interazione e collaborazione con altri servizi psicologici territoriali nell'Ulss 6 e no, rappresentando così un'eccellenza sia a livello locale che a livello regionale in tal settore. I pazienti che afferiscono a tale servizio sono sia dell'Ulss 6 sia di altre Ulss vicentine ma anche da altre Ulss regionali per particolari specialità clinico». La Psicologia ospedaliera, presente soltanto in pochi importanti ospedali italiani, quindi, cresce anche al San Bortolo ed assume un ruolo sempre più importante ed integrato nel percorso clinico del paziente, considerato persona prima che malato da curare e sottoporre a specifiche terapie. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Maria Cristina Strocchi con Olivia

lare: invidia, sentimento di inferiorità, frustrazione, paura, rigidità mentale per presenza di idee preconcette e stereotipi, proiezione sugli altri di caratteristiche indesiderabili. La moglie della persona pettegola, generalmente, non ha una vita sessuale soddisfacente, è profondamente insoddisfatta della vita, non si piace, spesso ha qualche chilo in più, è frustrata ed assetata, come si usa dire, di “pascolo abusivo”. Il marito della donna pettegola, invece, è normale, anzi troppo normale, almeno apparentemente, ed è noioso. La professione più frequente è quella di impiegato, ama il colore grigio ed ha un lavoro fisso con poche possibilità di carriera, con l’obiettivo di raggiungere la pensione. Il pettegolezzo, però, non è l’unico modo di vedere le cose a modo proprio che Maria Cristina Strocchi ha individuato con l’analisi dei suoi casi. Sono ben 48 i modi di pensare sbagliati: 36 distorsioni cognitive e 12 convinzioni errate.

«Adolescenti oppure ottantenni spiega la psicologa vicentina - è davvero impossibile scovare anche un solo soggetto che giuri di non essersi mai trovato a fare i conti con la distorsione cognitiva, che porta a vedere una realtà che non ha alcun riscontro effettivo».

In base a questo quali modi di pensare sono emersi come tipici della vicentinità?

«Primo fra tutti, dopo il pettegolezzo, che comanda tutte le distorsioni, il filtraggio, cioè la tendenza a criticare ogni cosa, a vedere sempre ciò che non va, senza porre l’accento sugli aspetti positivi e sulle qualità delle persone.

Questo induce, a catena, almeno altri tre modi di pensare scorretti: il pensiero polarizzato, che impedisce di notare le sfumature nelle cose e ci fa osservare solo il bianco o il nero, la generalizzazione e l’etichettatura, che inducono a classificare le persone ed a discriminare il diverso».

Qual è l’errore tipico della società moderna?

«L’errore con il quale quotidiana-

mente ci troviamo a fare i conti è proprio l’orrore dell’errore. La società non ci permette di sbagliare, ci porta ad inseguire un perfezionismo che non ci appartiene e, per rincorrere l’obiettivo, non ci si accorge che si finisce proprio per ingannare se stessi e gli altri, oltre che maturare dei seri stati d’ansia.

Tra i giovani ci sono moltissime vittime che cadono in questa tela dalla quale si può uscire solo dopo aver compreso che non ci si deve fermare alle apparenze, al giudizio sommario, ma bisogna valutare a fondo le cose e le persone, specie prima di emettere delle sentenze».

Quali sono stati i presupposti dell’indagine vicentina?

«L’indagine rientra in un percorso che dura da almeno cinque anni ed è volto ad individuare gli aspetti che caratterizzano la corretta comunicazione. Ma l’analisi ha mosso i primi passi non appena è stato possibile osservare che le persone affette da determinati disagi psicologici vivevano anche preoccupanti sintomatologie, tra cui: attacchi di panico, disturbi alimentari e dipendenze di vario genere, ansia, depressione, disturbi ossessivi e compulsivi e somatizzazioni».

Quale ricetta possiamo fornire ai vicentini per liberarsi di questi fardelli?

«Liberarsi del tutto non è certo facile, ma è sicuramente possibile migliorare la propria qualità di vita se si matura un modo di pensare più razionale. Con il mio libro propongo degli esercizi da ripetere fino alla noia, per riuscire a convincersi che qualcosa di buono c’è dentro ogni persona. La vera medicina, quindi, è l’autostima, che rappresenta la chiave per liberarsi dai cattivi pensieri e lasciare che si faccia strada un modo di vivere dominato dai sentimenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA

numero

238 del 14 luglio 2012 pag 6

In silenzio

Il caso deflagrato in casa Uil continua ad agitare i sonni del sindacato mentre dalle sedi regionali, che non prendono posizione, salgono le voci di una situazione molto compromessa proprio nel settore trasporti dell'area berica

Marco Milioni

Mirko Maule della Uil

C

he cosa sta succedendo alla Uil di Vicenza e in particolare alla Uiltrasporti? Come intendono muoversi i vertici regionali del sindacato dopo la pubblicazione delle carte esplosive da parte di VicenzaPiù (nu-

mero 237 del 23 giugno, pagina 12 e 13). Quali sono i motivi che hanno indotto i vertici regionali a commissariare la Uil berica? Quali sono gli addebiti mossi al segretario Mirko Maule?

Il punto principale riguarda l'accusa che viene mossa a quest'ultimo da Maria Bianchi della Bts trasporti di Limena nel Padovano. In una lettera pubblicata proprio da VicenzaPiù la Bianchi accusa formalmente Maule di avere ricevuto una minaccia se son fosse stata corrisposta una somma di ottocento euro per un accordo sindacale ottenuto coi dipendenti grazie alla mediazione della Uil. Quell'accordo, considerato svantaggioso da alcuni lavoratori, è stato oggetto di uno scambio di accuse reciproche tra i sindacalisti Uil Maule e Marco Barletta sempre riportato su VicenzaPiù.

Ora al di là degli accordi sindacali e della posizione della ditta rispetto a questi ultimi (vedi riquadro a fianco) rimane sul tappeto l'atteggiamento assunto dai vertici provinciali e regionali della Uil. Chi scrive infatti ha cercato più volte, ma senza risposte, un riscontro o un commento da parte del segretario

Marco Barletta della Uil

La sede della Uil di Vicenza

confederale della Uil Veneto Gerardo Colamarco. Lo stesso è avvenuto per il potentissimo segretario veneto della Uiltrasporti Daniele Zennaro, nonché per la segretario generale berico Grazia Chisin. Il contatto era stato cercato anche per potere incontrare lo stesso Maule affinché fosse possibile pure per lui chiarire la situazione, ma tutto è stato vano.

Tant'è che le domande rimangono sul tappeto. I vertici del

sindacato erano a conoscenza delle accuse rivolte a Maule che contengono profili penali gravissimi? Si tratta di accuse vere o fasulle? E perché di fronte ad una situazione così devastante per il sindacato non si registra alcuna presa di posizione da parte della segreteria berica o di quella veneta? È vero che alcuni uffici della segreteria regionale avrebbero redatto una relazione molto dura nei confronti delle modalità in cui si è svolto il congresso berico del 2009?

Ed è vero che qualcuno molto in alto nella Uil veneta si sarebbe

Il segretario provinciale della Uil di Vicenza Grazia Chisin il giono della sua elezione tra il segretario nazionale Angeletti e Dal Lago, ora membro della segreteria regionale

La richiesta di Marco Barletta

adoperato per far decantare la situazione, anche alla luce di quanto pubblicato da VicenzaPiù?

E ancora quali sono i timori che spingono Barletta a chiedere l'annullamento di una casella di posta elettronica della Uil poiché «Maule ha i codici?». In questo caso i vertici della Uil hanno rilevato condotte improprie sul piano disciplinare o penale? Sono stati eventualmente informati gli organi preposti inclusa l'autorità giudiziaria? © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 7

La Bts accusa

La ditta finita nel vortice dell'affaire Maule-Barletta, punta l'indice sulla condotta «opaca» dei rappresentanti dei lavoratori e si dice pronta a denunciare tutto alla magistratura

Marco Milioni

«

La nostra ditta non sfrutta i lavoratori, ci hanno messo in mezzo ad una brutta storia, ma abbiamo agito tenendo a mente il bene dei nostri autisti. E possiamo dimostrarlo tanto che passeremo alle vie di fatto». Non usa mezzi termini Silvana Bianchi amministratore unico della Bts, società di trasporti patavina, finita nel vortice del cosiddetto caso Uil che sta agitando i sonni di uno dei più importanti sindacati veneti e nazionali.

Parte della querelle nasce infatti quando Vicenzapiu.com il 6 giugno pubblica una lettera a firma di Marian Bourosu in cui si accusa Marco Barletta, un sindacalista della Uiltrasporti di avere facilitato accordi con la Bts, a scapito dei loro interessi e, sempre a detta dello scrivente, a vantaggio

Silvana Bianchi, Amministratore Bts srl

monetario «personale». Al di là delle accuse reciproche che si lanceranno Barletta e Maule additandosi l'un l'altro di avere tenuto una condotta scorretta, rimane invece la posizione della società la quale si tira fuori dal contenzioso.

Non vedo, non sento, non parlo (m. m.) In tutta la giostra del caso Uil c'è una questione di fondo che rimane in sospeso. Quanto raccontato sino ad oggi da VicenzaPiù è di una gravità inaudita perché mette in una pessima luce un soggetto come il sindacato che dovrebbe avere come primo interesse la tutela dei lavoratori.

In questo scenario le strade percorribili dal buon senso sono due (nella foto la facciata, silente, della Uil di Vicenza).

Primo, tutto è inventato. Allora i soggetti che hanno lanciato accuse, redatto note e scritto lamentele, vanno censurati al più presto mentre il sindacato per tutelare sé stesso e i lavoratori dovrebbe prendere posizione in modo netto, forte e udibile da tutti. Ma questo non è avvenuto.

Secondo, tutto, o molto, è vero.

Allora il sindacato ha una colpa ancora maggiore. Perché o è colluso con chi si è comportato scorrettamente o non è in grado di ripristinare un minimo di correttezza interna.

Altrettanto preoccupante è il comportamento degli altri sindacati che in tutta questa vicenda non

hanno espresso un giudizio su colleghi coi quali poi sono andati o andranno magari a trattare in delegazione dalla controparte.

Come mai? Lo stesso vale per la politica, che è sempre la prima ad attaccare il sindacato su questioni contrattuali o sulla riforma del lavoro (vedasi la querelle Fiom-Fiat), ma che sta invece stranamente zitta di fronte a casi del genere. La cosa per caso è dovuta a qualche liason partitica tra qualcuno dei protagonisti della vicenda?

Ma il silenzio che più rattrista è quello della stampa regionale e locale le quali di fronte ad una situazione tanto eclatante hanno deciso di non raccontare alcunché, nonostante la cosa sia già finita sui media nazionali. Frattanto, dalla sua intervista esclusiva pubblicata qui accanto, registriamo le parole di Silvana Bianchi, titolare della Bts, la quale sottolinea che «la sua ditta ha agito correttamente e in piena coscienza».

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«Noi - spiegano Bianchi e Mirka Rettore, impiegata amministrativa della Bts - ci eravamo semplicemente trovate di fronte ad un momento di difficoltà del mercato dell'autotrasporto. Per cercare di non mandare a casa nessuno avevamo pensato ad una moderata riduzione dello stipendio, cento euro mensili, su una paga più che congrua, da concordare con i lavoratori». Le due precisano quindi che uno dei dipendenti in precedenza aveva avuto a che fare con la direzione dell'impresa in relazione ad una contestazione che gli era stata mossa. Per replicare ai rilievi del caso il dipendente si era avvalso del sindacato; più nel dettaglio aveva esibito una lettera a firma di Marco Barletta che per l'occasione si era presentato come delegato «della Uil». A lui sempre secondo la Bts, è stata poi prospettata la situazione di difficoltà contingente. Tant'è che dopo «un'assemblea» avvenuta nel «dicembre del 2011» è stato siglato un accordo che a fronte di una moderata riduzione della paga prevedeva la salvaguardia del posto di lavoro. Accordo che è stato siglato a fronte della contemporanea «iscrizione dei dipendenti al sindacato». Subito dopo, sostiene Rettore riferendosi a Barletta, «alla fine di questo accordo ci ha chiesto che bisognava pagare 800 euro per questo contratto che era per quattro anni, però l'Iban» su cui versare la somma «me l'ha scritta su un foglietto di carta». Una cosa che a giudizio della Bianchi non è stata «tanto regolare regolare». Ma l'amministratore unico va oltre e racconta: «Mi ha chiesto dei soldi contanti... io avevo solo cinquanta euro e dice vabbé per il momento mi va bene anche que-

sti... s'è intascato cinquanta euro, fatto l'accordo e se n'è andato.

Doveva poi venire una volta al mese e non s'è più fatto né vedere e né ritrovare».

Il tempo passa. E dopo una decina di giorni, secondo il racconto della Rettore, telefona «questo Maule che vuole i soldi» e che mette in atto una vera e propria minaccia, come peraltro descritto da una lettera della Bts pubblicata su VicenzaPiù del 23 giugno 2012 a pagina 13. In mancanza di un pagamento infatti Maule si sarebbe attivato presso l'ispettorato del lavoro per «far chiudere la ditta».

La vicenda però prosegue. Bianchi e Rettore spiegano che dopo un po' di tempo entrano in contatto con Giorgio Bullo, segretario della Uiltrasporti di Padova. Il quale stando alla ricostruzione fornita dalle responsabili dell'azienda spiega loro che la ditta avrebbe dovuto «avere indietro i soldi» che lui «era estraneo» e che l'accordo del dicembre 2011 «proprio non doveva essere fatto». Ad ogni modo dopo

l'uscita dei primi servizi su VicenzaPiù lo stesso Bullo, interpellato dalla Bts per ottenere ulteriori spiegazioni avrebbe «negato tutto». L'impresa inoltre fa un'altra accusa. Per quegli 800 euro è stato chiesto al sindacato un controdocumento, una sorta di fattura, che giustificasse quel pagamento, ma non è mai giunta alcuna risposta. Inoltre la cifra sborsata, che sulle prime sembrava sarebbe stata resa, «non è più tornata indietro».

E c'è di più. Rettore aggiunge che stando a quanto è stato riferito da Bourosu, lo stesso disconosce nel modo più assoluto «la paternità di quella e-mail» pubblicata sui media. Tanto che la titolare della Bts oltre ad avere informato i propri legali di ogni cosa si dice pronta a denunciare il tutto alle autorità competenti inclusa la magistratura perché «deve essere chiaro a tutti che la Bts» con i lavoratori si comporta «correttamente». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Vicenza, en attendant Grillo di Marco Milioni

Q

uale è la chiave interpretativa per leggere in controluce la parabola del Movimento Cinque Stelle a Vicenza? L'argomento ha dei tratti paradossali. I grillini (molti di loro lo prendono come un brutto diminutivo, ma per altri non è che un innocente vezzeggiativo) della provincia berica sbarcano sulle pagine dei quotidiani nazionali quando il M5S a Sarego fa il botto e si aggiudica per la prima volta nella

Mirko Maule nel meetup di Treu e Braggio

storia italiana uno scranno da sindaco. E ancora in provincia esplode contemporaneamente il caso Thiene dove il M5S pur non andando al governo della cittadina supera gli altri partiti e diventa la prima formazione come percentuali.

L'avanzata. Ma l'avanzata politico mediatica del M5S non si arresta poiché sono diversi i comuni in cui i «ragazzi» conquistano un seggio nei locali consigli: Sandrigo e Villaverla tra gli altri. E mentre il M5S in quest'ultimo comune ingaggia un duello col sindaco Ruggero Gonzo a capo di una formazione di area Pdl-Lega, duello sulla Spv col quale eclissa l'opposizione di centrosinistra, sempre sulla questione Pedemontana la consigliera rosatese Barbara Guidolin attacca ad alzo zero i ras locali di Carroccio e Pdl. I lancieri bassanesi. Per non parlare poi di Bassano dove il gruppo locale ha ingaggiato addirittura una guerra fatta di carte bollate e denunce contro il dominus della Pedemontana Veneta Silvano Vernizzi e contro i suoi alleati nella giunta regionale. Ancora il circolo bassanese, che guadagna spazio su media solitamente non benevolissimi proprio in ragione di battaglie che le opposizioni partitiche hanno lasciato per strada, punta l'indice

contro la speculazione edilizia della città del ponte e mette sulla graticola l'attuale amministrazione di centrodestra e la vecchia di centrosinistra: bordate all'ex sindaco Paolo Bizzotto del Pdl, bordate a quello di centrosinistra Stefano Cimatti (Udc), clavate al coordinatore regionale del Pd Rosanna Filippin, assessore bassanese al territorio. E su su sino alle scudisciate nei confronti della confindustria veneta e vicentina, due dei santuari del potere del Nordest. La politica e la classe dirigente vengono arrostite più o meno in toto nello stesso falò in nome «dei disastri combinati dalla partitocrazia e dalla imprenditorìa ammanigliata».

Acque ferme nel capoluogo. Ma nel frattempo che succede a Vicenza dalle parti del M5S? Le pagine dei giornali locali, a differenza delle battaglie raccontate in provincia, sono tutte o quasi per lo scontro in media tensione tra l'ala storica che fa capo a Giordano Lain e gli scissionisti capitanati da Laura Treu e Carlo Braggio. Quest'ultimo gruppo per giunta è molto sensibile alle critiche tanto da organizzare una conferenza stampa in cui sono invitati solo i media confindustriali forse considerati amici (e lasciando alla porta quelli che non percepiscono contributi statali come

Mirko Maule nel meetup di Giordano Lain

VicenzaPiù) tra cui il Giornale di Vicenza, forse non ricordando le bacchettate che lo stesso GdV infliggeva nel gennaio 2008 a Grillo, reo di avere criticato la «meritoria» quanto diocesana Voce dei Berici per i 57mila euro ricevuti nell'annata 2003-2004 in guisa di contributo statale per l'editoria. Un po' ome se in una conferenza stampa Beppe Grillo invitasse solo Rete4

Il M5S veneto secondo Borrelli (m. m.) La stampa veneta da settimane ha acceso i riflettori sul fenomeno Grillo. Alle volte sembra che si tratti di una realtà affermata da tempo ma il fenomeno almeno sul piano politico è molto giovane.

David Borrelli, consigliere comunale del M5S della prima ora a Treviso, sorpresi in tanti quando si sedette per la prima volta in aula.

Era l'aprile del 2008 e la lista diventava la quarta formazione in termini di percentuali. Ora è tra i punti di riferimento nel Veneto e mentre spiega che «bisogna rimanere umili e coi piedi di piombo» ricorda che ad aprile l'assise municipale del capoluogo della Marca ha detto sì ad una sua mozione per la codificazione e la razionalizzazione delle pratiche amministrative.

Borrelli ne è passata di acqua sotto i ponti che cosa è successo nel frattempo nel Veneto?

«Noi abbiamo continuato lungo il nostro binario. Abbiamo continuato ad alternare la denuncia con le proposte concrete e i risultati si sono fatti vedere».

Il riferimento è alla provincia di Vicenza dove avete eletto il primo “vostro” sindaco d'Italia?

«Certamente sì. Ma non c'è solo il Vicentino. Ci sono i risultati eclatanti del Veneziano dove a Mira

abbiamo portato un altro ragazzo a capo di una amministrazione municipale. E poi ci sono risultati significativi in tutti quei centri medio-piccoli della regione dove avevamo cominciato un lavoro di squadra che ha dato i suoi frutti».

Quanto vi ha aiutato la rete in questo senso è che cosa è per voi in poche parole quello che alcuni dei vostri definiscono il mitico web?

«Io non mitizzerei la cosa. La rete molto semplicemente supporta la possibilità di scambiare ed approfondire nozioni, esperienze e pareri. È uno strumento a supporto di una sorta di intelligenza collettiva. Il termine non mi entusiasma ma rende bene».

E quindi in questo contesto il consigliere eletto che ruolo ha?

«Un ruolo elementare per certi versi. Ovvero quello di rendersi tramite e terminale delle istanze del movimento. La cui agenda viene redatta in modo aperto e democratico».

Treviso è una città difficile per certi versi. È in un certo senso la roccaforte della cultura e della politica leghista nel Veneto. Come siete visti in una realtà così particolare?

«Diciamo che non è facilissimo.

Bisogna sapere gestire certi meccanismi psicologici. Bisogna essere

molto convincenti. C'è però un dato. Sicuramente non veniamo visti come un partito assimilabile agli altri».

Che tipo di approccio seguite nella vita politica cittadina?

«Su alcune questioni come la democrazia elettronica e gli istituti di partecipazione cerchiamo un confronto con tutti. Su altri argomenti come l'urbanistica e la cementificazione selvaggia abbiamo un approccio intransigente. Si parla di territorio e di habitat. Non si scherza».

Recentemente a Vicenza è scoppiata una sorta di guerra interna al M5S. Sono volate parole anche grosse. Da questo punto di vista quale è la filosofia del movimento?

E chi può utilizzare le insegne e il nome del vostro movimento?

«Come molti sanno noi non abbiamo organi gerarchici e non esiste una struttura anche solo assimilabile a quella dei partiti tradizionali. Ciò permette di fatto a chiunque di spendersi sul piano delle iniziative per il M5S. Anche il logo può essere utilizzato un po' da chiunque».

Ci sono limitazioni?

«L'utilizzo del logo va comunque collegato ad una lista civica. Ovvero può essere usato in campagna elettorale dalla civica che è stata certificata dal M5S dietro alcune garanzie come la non appartenenza

David Borrelli

a partiti o la mancanza di condanne anche non definitive, oppure il logo può essere utilizzato dal consigliere eletto e dal gruppo di riferimento. Ancora diversa poi è la questione dei meet-up. Si tratta di circoli magari informali, aperti nelle forme più varie e disparate da simpatizzanti o fan che concentrano la propria attenzione su uno o più aspetti. Anche qui non c'è problema. Si possono usare tranquillamente il nome di Grillo o le idee portanti del movimento.

La nostra idea di democrazia diretta in fondo è semplice. Le differenze di vedute nel M5S non sono una novità. La cosa vale anche per il capoluogo berico. A Treviso in passato abbiamo avuto due gruppi.

A Padova in passato ce ne sono stati tre. E potrei continuare l'elenco». © RIPRODUZIONE RISERVATA

e Il Giornale. Tant'è però che dalle pagine del GdV è uscito fuori un pezzo ben scritto che ha fatto fare ai 5 Stelle scissionisti una figura barbina: giacché le ombre di inciuci col vecchio o con i «poteri forti» (una delle poche uscite non citate dal GdV) al posto che diradarsi si sono inspessite.

Contro e Maule. Rimangono poi due casi strani. Il primo riguarda il chiacchieratissimo sindacalista Uil Mirko Maule, uomo in passato considerato vicino a Valter Baruchello, ex presidente di Ftv in quota Pdl al centro di una storiaccia di presunte vessazioni sui lavoratori (vedi pagine 6 e 7). Un sindacalista che quando Baruchello fu indagato per l'affaire Nicolini, lo difese inalberando strani ragionamenti. Maule prima è comparso tra gli attivisti del gruppo Treu; dopo è finito nel gruppo Lain e poi è sparito. Come mai? Il secondo riguarda invece Simone Contro. Da poco eletto nelle file della opposizione a Sandrigo col M5S ha accettato dalla giunta di area Pdl-Lega una delega pesante alla informatizzazione degli uffici. Su NV del 4 luglio 2012 spiega così la sua mossa: «È ovvio che, se da un lato la nostra perseveranza ed impegno nel prodigarci a fare della politica attiva, ci da la possibilità di essere accettati” dalla maggioranza, e visti anzi come persone con testa che sanno ciò che fanno, dall’altro lato, noi siamo sempre pronti a far valere le nostre idee rinfacciando a chi è nella maggioranza, quello che stanno facendo di poco chiaro e sbagliato...». Ma se per assurdo un Beppe Grillo fosse eletto in parlamento e accettasse un sottosegretariato alle telecomunicazioni in un governo Berlusconi, quella giustificazione sarebbe spendibile? Che cosa aspetta il M5S a Vicenza a fare il M5S? Si trasformerà nel Godot di beckettiana memoria? © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Mens nana in corpore ladro di Marco Milioni

F

ra il 3 e il 4 luglio in consiglio comunale a Vicenza si è consumato l'ennesimo sacco urbanistico. Il primo piano regolatore venne adottato durante i primi anni '80. E da quel momento la città, indipendentemente da chi governava ha continuato a crescere, cocciutamente, metro cubo su metro quadro. Senza un disegno, senza qualità paesaggistica e senza o con poca qualità del costruire: pura inerzia laterizia, puro scatolame geometrile, pura apoteosi della mammella speculativa e del plusvalore. L'attuale maggioranza di centrosinistra non fa eccezione.

Il democratico Achille Variati aveva vinto le elezioni del 2008 agitando il vessillo dello stop al cemento selvaggio, alle aree commerciali. E vomitando accuse di ogni genere sulla politica del centrodestra. Ma è bastato poco per capire di che pasta è fatto il politico, tanto che appena sei mesi dopo il suo insediamento ha detto sì, in

pieno inciucio col centrodestra, ad una mega lottizzazione da 40.000 metri quadri del patron del Gruppo Unicomm Marcello Cestaro; persona tutto sommato mite che per dieci anni aveva tentato la speculazione a Vicenza Est, andata a male proprio per l'opposizione durissima del centrosinistra e di pezzi impazziti della Lega, fra i quali quella Franca Equizi (tra il pubblico in aula) che sarà buttata fuori dal Carroccio proprio perché intransigente verso i favori ai poteri forti.

Ma tant'è che i tredici piani approvati (pur con qualche eccezione su cui si può intavolare un ragionamento), in un passato recente si sarebbero chiamati piruea e in uno più remoto varianti al piano regolatore. Tali piani altro non sono che il cambio d'uso con la conseguente rivalutazione fondiaria di aree possedute da soggetti privati.

L'interesse pubblico o non c'è o è poca cosa rispetto a quanto concesso al privato in termini di potenzialità edificatoria e quindi di aumento del valore immobiliare dei terreni.

Il più cospicuo è quello che vedrà la luce in zona Saviabona.

Alla famiglia Caoduro, storica-

Morire il 4 luglio (m. m.) Mentre su Vicenzapiu.com del 30 giugno il M5S (ala Treu) era impegnato a dire che nella gestione del territorio il comune è prono ai poteri forti, i poteri forti il 3 luglio ottenevano senza colpo ferire, o quasi, l'approvazione dei cosiddetti 13 pacchetti di iniziativa privata. In aula a battagliare con striscioni, improperi o altre iniziative degne del M5S

La protesta di Franca Equizi in aula

non c'era alcun grillino storico, alcun grillino scissionista, ma solo la eretica Franca Equizi. Ebbene sì, quella diffidata ad usare il logo del M5S era l'unica in aula a fare una battaglia tipica del M5S. Ci si aspettava per il giorno appresso un fuoco di fila. E invece dal quattro luglio le cinque stelle non luccicano più. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mente vicina a Forza Italia ma in buonissimi rapporti col sindaco e con l'assessore al sociale John Giuliari (Vic) viene concessa la possibilità di intervenire su ben 120.000 metri di cui ben 48.000 edificabili e 75.000 a parco. E la parola parco è il passepartout col quale la giunta avalla ogni cosa. Lì infatti c'è campagna. Sul piano ambientale quindi il saldo per la collettività è negativo. Il discorso secondo cui la prevista lottizzazione permette la fruibilità dell'area che semplicemente è a campagna è solo la vasellina con cui si vuol far penetrare nell'opinione pubblica un concetto che fa a cazzotti col buon senso.

L'altro caso eclatante è quello dell'area ex Domenichelli. La società proprietaria dell'area è sottoposta a sequestro conservativo giacché la magistratura penale sospetta che il titolare Danilo Marchetto sia un maxi evasore fiscale. Il sequestro serve solo ad evitare che il titolare venda il bene e non ripaghi lo Stato nel caso in cui faccia il furbo. In sala Bernarda Variati e l'assessore Francesca Lazzari (Pd) hanno cercato di mascherare il favore fatto al privato cui si aumenta il valore dell'area, cercando di dare a bere il concetto che sarà lo Stato a beneficiare del suo plusvalore. Ma appena appena incalzati dalle minoranze le loro argomentazioni si sono squagliate come granita al sole, tanto da sembrare due pugili suonati. E poi il comunicato velatamente maleducato col quale si facevano ironie sulla statura politica del consigliere Marco Zocca, che sulla partita voleva risposte più convincenti, è la prova dell'isteria di un sindaco che se viene un pochino messo alle strette, perde la bussola. Tanto da arrivare a fare balenare l'idea che se il privato dovesse avere ragione l'operazione «non sarà inserita nel piano degli interventi»: una affermazione per la quale è impossibile capire se sia peggio la gravità o la stupidità del contenuto. Durante l'assise del 3 luglio per di più c'è stato il bis del consigliere comunale di maggioranza, avvocato per giunta, Francesco Vettori. Il quale avendo capito la portata delle accuse dell'opposizione sull'affaire Domenichelli ha bacchettato, nei corridoi, il consigliere leghista Patrizia Barbieri ammonendola di avere usato toni troppo duri nel descrivere i possibili vantaggi al presunto evasore. In realtà la Barbieri aveva solo descritto la realtà delle cose ed espresso alcune considerazioni

Il tabellone elettronico durante la seduta sugli accordi pubblico privato

di natura etica. Ma si sa, l'etica è l'unico benefit che certi politci rifiutano perché è sì, gratis ma non rende.

Ad ogni modo la greppia allestita in aula non è che l'antipasto di quanto sarà divorato in sede della stesura del piano degli interventi, ovvero lo strumento urbanistico che darà attuazione al Pat, vale a dire al piano di coordinamento generale dell'urbanistica del comune di Vicenza. Ed è proprio nel Pat che è stato cucinato il biscotto.

Un biscottone anonimo ma con una farcitura succulenta che si chiama carta delle trasformabilità. Un piano di coordinamento generale infatti vorrebbe che sulle carte fossero indicate le linee guida dello sviluppo possibile della città. E invece se si guarda quella carta, si intuisce che molte aree sono state reticolate, circoscritte, identificate e che corrispondono ai terreni di tizio o di caio. Ed è chiaro che dopo il succulento antipasto di ieri il piano degli interventi si trasformerà come d'incanto nella versione 2.0 del bid di hüllweckiana memoria. Variati terrà per il bavero della giacca i beneficiati: il tutto con l'obiettivo delle elezioni comunali del 2013.

C'è però un dato che è molto più preoccupante di quanto accaduto in aula. E riguarda quanto dentro la sala Bernarda e soprattutto fuori non è accaduto. Non si è visto un verde, un ambientalista, un attivista, un politico di qualsiasi segno.

Nulla di nulla se non si esclude il manipolo del circolo amici di Beppe Grillo capitanato dalla inossidabile Franca Equizi (nella foto), che in un paio di comunicati consegnati a margine della seduta ha messo in ridicolo il centrosinistra ricordando le tra-

scorse battaglie dell'attuale assessore all'ecologia Toni Dalla Pozza: «Resta la convinzione che il sonno della ragione... abbia rischiato di generare dei mostri che avrebbero travolto l’equilibrio e lo sviluppo di questa città. Grazie al cielo la ragione si è risvegliata e quei fantasmi che aleggiavano inquietanti sul nostro territorio sono stati scacciati e il centrosinistra, l’opposizione e la minoranza presente in questo consiglio comunale rivendica come propria vittoria il ritiro o comunque il fatto che i Piruea non siano più all’esame di questo consiglio comunale. È una nostra vittoria di cui peraltro ci sentiamo anche di ringraziare quanti tra i consiglieri di maggioranza hanno contribuito ad affossare una delle operazioni speculative più pesanti che la città potesse subire probabilmente dal dopoguerra ad oggi» .

Così infatti parlava l'allora consigliere diessino Dalla Pozza durante la seduta del 28 giugno 2006: invertendo i fattori il prodotto non cambia.

Alla fine della giostra comunque, in una città che continua ad edificare nonostante viaggi verso le 10.000 case sfitte, rimane da domandarsi: ma il mercato premierà lorsignori con i chiari di luna che ci sono? La risposta la sanno tutti. Ma lorsignori hanno deciso comunque di rubare il futuro a chi verrà domani. È un riflesso condizionato, rubano anche se non ne hanno un vantaggio, come i cani di Pavlov. Tant'è che rimane da capire se in una circostanza del genere sia di maggior peso la malafede o l'imbecillità.

Con l'ultima in netto vantaggio.

Mens nana in corpore ladro verrebbe da dire in latinorum. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Silvano, il fratello prodigo di Gianni Zonin di Giovanni Coviello Da www.vicenzapiu.com Silvano Zonin, fratello di Gianni, presidente della Banca Popolare di Vicenza e imprenditore dell'omonima azienda vitivinicola, è anche, come scrive L'Espresso (n. 28, 12 luglio), «capo dell'immobiliare del gruppo vinicolo ...» e si è trovato al centro di una vicenda negativa che coinvolge la compagnia di assicurazioni Arfin di cui è socio al 7,7% (Il Corriere della Sera) e di cui «il 26 aprile, lontano dagli sguardi dei cronisti - continua L'Espresso -, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza». La Arfin, cono-

Feudo dei Principi di Butera

sciuta anche dal grande pubblico del basket per essere stata cosponsor della Snaidero Cucine Udine, era stata «fondata nel 2005 da una bella compagnia di imprenditori». Tra loro l'ex europarlamentare del Pdl e costruttrice Luisa Todini, la "svizzero-berlusconiana" Arner bank, coinvolta in cronache non certo chiare e felici, e altri personaggi tra cui Mario Resca, ex commissario della Cirio e ora della Acqua Marcia di

Francesco Bellavista Caltagirone, finito agli arresti per "truffa allo Stato" (la società tra l'altro ha un miliardo di debiti con le banche) e la cui assistenza (L'Espresso lo definisce "L'uomo dalle mission impossibile e dei conflitti d'interesse") è stata consigliata al figlio Camillo Nino proprio dall'ex premier in persona. Tra gli altri soci eccellenti e di riferimento di Silvano Zonin nella "Arfin insolvente" c'è Helène Zaleski, figlia dello scalatore franco polacco Roman Zalèski ora in difficoltà ma non certo con le banche. Tra le altre fa capo a lui la Società Camuna di Partecipazioni e su Linkiesta.it (6 febbraio 2012) si legge che «la società attiva nel trading con un giardinetto di titoli che comprende blue chip come Eni, Banco Santander, Roche e Edf, ha approvato il bilancio 2010, chiuso lo scorso

agosto con un passivo di 10,9 milioni di euro. E ottenendo dalle banche, scrive Il Sole 24 Ore, un credito "sia pure sotto forma di scoperto di conto corrente", di 11 milioni di euro, "dove paga l'euribor giornaliero più uno spread dello 0,7%". Si tratta di condizioni per le quali un piccolo imprenditore o un artigiano farebbe letteralmente carte false... uno spread soltanto dello 0,7% equivale ad andare al di sotto del costo di finanziamento delle banche stesse...». Tra insolvenze, per carità comprensibili anche per i migliori nomi della finanza in ... tempi come questi, e indebitamenti dei bei soci con cui condivide la Arfin, "dimmi con chi vai, ti dirò ..." verrebbe di dire, se non fosse un "potente", a Silvano Zonin che pure doveva aver imparato qualcosa da "Odessa", l'inchiesta an-

timafia in cui il ragioniere vignaiolo (www.buteraweb.it, 10 luglio 2008), amministratore unico del Feudo Principi di Butera, fu indagato dai magistrati della Dda per "favoreggiamento" nella vicenda in cui la mafia vincolava le assunzioni dell'azienda di «Gianni Zonin al centro di un'avventura economica e, al tempo stesso, di una disavventura giudiziaria...».

Silvano potrebbe, però, essere l'uomo giusto cui far rivolgere i piccoli e medi imprenditori vicentini tanto a cuore alla super banca nostrana per sapere come rispondere ai dipendenti del fratello Gianni quando vengono da loro chiamati per ... rientrare ed evitare insolvenze. Magari di qualche centinaia o migliaia di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Assindustria si scrive con una Z in meno, ma arriva quella di Domenico Zonin

I saldi: riduciamo a cinque le sette domande alla Popolare di Vicenza

Giuseppe Zigliotto cancella i past president cioè Pino Bisazza piuttosto che Roberto Zuccato con l’obiettivo di traghettare il figlio di Gianni Zonin ai vertici confindustriali

(g. c.) Sul n. 235 di VicenzaPiù (26 maggio scorso) rendevamo pubbliche sette domande alla Banca Popolare di Vicenza (e una specifica al suo dg). Il diniego («al momento il Direttore generale Samuele Sorato non rilascia interviste» ci scrisse la Responsabile Relazioni Stampa) è continuato per cui abbiamo posto di nuovo e invano le domande sul n. 237 di VicenzaPiù.

Ecco, quindi e pazientemente, le domande alla BpVI per il tramite del dg Sorato che, ne siamo certi, prima o poi avrà la cortesia di risponderci. Per agevolarlo le sette domande (più una) le abbiamo ridotte alle prime cinque tralasciando (per motivi di spazio, che … ci costa) quelle in cui l’Istituto più poteva sbizzarrirsi a evidenziare i propri meriti (rapporti col territorio ed eredità della finanza cattolica nel mondo bancario veneto).

1. Sono ben diverse le valutazioni fatta dall’agenzia di rating Standard & Poor’s, dei cui servizi vi servite e che ha abbassato il rating a lungo termine a BBB- e quello a breve ad A-3, e gli organi della Banca che hanno “apprezzato” il valore delle azioni. Ce ne può dare una lettura?

2. Quali sono e come sono gestiti i rapporti tra il vostro Istituto e Il Giornale di Vicenza, di fatto l’unico quotidiano cartaceo locale, in considerazione del fatto che il vostro consigliere Giuseppe Zigliotto è anche presidente di Assindustria, che è socia di riferimento dell’editore della testata? Il fatto che tra gli interessi del presidente della Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, ci siano partecipazioni nella società editrice de

(g.c.) Che l'aria a Palazzo Bonin Longare si stia facendo mano a mano più pesante per Roberto Zuccato lo testimonierebbe il fatto che la Giunta confindustriale, su proposta del neo presidente Giuseppe Zigliotto, avrebbe preso la decisione di ridimensionare (la voce sibila: cancellare) proprio la figura del Past President, che ne faceva tradizionalmente parte e che era stato lo "sponsor" di Zigliotto. Questo scrivevamo il 28 giugno su VicenzaPiu.com e così continuavamo: a parte i dubbi (solo) da noi anche ultimamente avanzati sulle crepe del sodalizio tra due delle tre Z ai vertici della guida economica della provincia (l'altra, sempre più la prima di fatto, è quella di Super Zonin), ad oggi nulla era trapelato sull'arretramento del titolare della Ares Line, del cui 30% è in possesso anche al capogruppo finanziaria di Zigliotto. Se la decisione mormorata verrà ufficializzata nei termini in cui ne siamo venuti a conoscenza la parabola discendente di Roberto Zuccato e di chi finora ne era ispiratore o portavoce sarebbe ancora più ripida: persa la poltrona di presidente regionale di Assindustria difficilmente potrebbe aspirare al vertice della Camera di Commercio chi aveva conquistato una notevole notorietà estromettendo, sembra solo ieri, dai vertici dell'Associazione gli Amenduni e da Il Giornale di Vicenza loro, Ingui e l'ex direttore Giulio Antonacci. Se l'indiscrezione verrà confermata sarebbe interessante sapere se tra i perché della cancellazione della figura del Past President c'è il notevole esborso di denaro (secondo Il Corriere del Veneto oltre 7 milioni di euro) che Confindustria Vicenza ha dovuto so-

Domenico e Gianni Zonin

stenere in un momento economicamente difficile per acquistare le quote di Amenduni e Ingui senza per questo aumentare nel giornale il proprio peso, già largamente maggioritario. E agli associati, oltre che a noi, piacerebbe anche sapere se la transazione precedente ha cancellato anche la causa per danni intentata proprio nei confronti di Roberto Zuccato da Michele Amenduni una volta estromesso dal CdA di Athesis, la joint venture con Confindustria Verona che edita il quotidiano di Viale Fermi.

Dopo le precedenti indiscrezioni da noi rilanciate, ad oggi senza smentite, sulla cancellazione delle figure dei Past President in Confindustria Vicenza da parte del neo presidente Giuseppe Zigliotto, abbiamo sentito ai primi di luglio il professore Renato Ellero sulla sua lettura della decisione. A parte i commenti, arguti, sentiti nei corridoi di Palazzo Bonin Longare ("Gheto visto? Gheto letto?

Gheto sentio?") le motivazioni del passo, che abbiamo riportato all'ex senatore perché ce lo commentasse, sarebbero queste. «Pino Bisazza resta l'unico grande nemico di Zonin il quale tra 4 anni vorrebbe lanciare alla presidenza di Confindustria Vicenza il figlio Domenico.

Bisazza come past president si sa-

rebbe di sicuro opposto fin dalla fase delle consultazioni per cui con lui cancellato dal ruolo di notabile Domenico Zonin non correrà alcun pericolo. Ricapitolando e traducendo: 4 anni fa eleggono Zuccato come cavallo di Troia per lanciare Zigliotto, vero portavoce di Zonin, il quale Zigliotto prepara la strada al giovane Zonin. Gli altri giovani industriali "indigeni" oggi sono tutti già piazzati e pronti a conquistare, sempre per conto di Zonin senior, palazzo Bonin Longare per piazzare al suol piano superiore Zonin junior con Giuseppe Zigliotto a fare le parti del Battista».

In sostanza, capiamo noi, con gli Amenduni in tutt'altre e non certo locali faccende affaccendati e con in tasca qualche milioncino in più pagato dai poveri industriali locali per riacquistare le quote del GdV e chiudere la contesa con Zuccato, Zonin punta a rimanere unico potere forte a Vicenza gestendo, come tutti i capitalisti senza veri capitali di questa Italia, un'azienda, la Popolare, che non è sua ma di tutti i suoi piccoli azionisti. Gli altri industriali rimangono solo sudditi silenziosi o hanno perso la voglia di parlare anche perché attanagliati da una crisi che mette a rischio i "loro" capitali. Per godersi la lettura del professor Ellero basta andare su VicenzaPiu.com e cliccare sulla sua video intervista, che vi lasciamo gustare con una sola anticipazione: «Questi non hanno altro da fare tutto il giorno? Ma si occupino dei bilanci della banca dopo il rating negativo!...» © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Corriere del Veneto, uno degli altri due quotidiani che hanno pagine locali, non può far pensare a un legame troppo intenso con l’informazione locale?

3. La Banca è sponsor fondamentale del Vicenza calcio. Come si pone di fronte alle prospettive future del club e alla proprietà che oggi fa riferimento a Sergio Cassingena ma che sembra avvolta da notevoli incertezze?

4. Andrea Monorchio, una delle personalità più note nel mondo pubblico, è stato appena confermato nel suo ruolo di Vice Presidente. Qual è il suo apporto specifico alle strategie della BpVI? 5. In passato aveva fatto discutere per vari motivi l’ingresso dell’Istituto nel mondo bancario siciliano, area in cui operano anche aziende del presidente.

Recentemente è stata completata un’operazione di assorbimento di Banca Nuova, il vostro brand “siciliano”, nella banca madre, per poi esserne contestualmente scorporata e rimessa in campo di fatto con lo stesso nome. Al di là delle motivazioni tecniche dell’operazione non pensa che “assorbire e scorporare” abbia ingenerato qualche ulteriore dubbio tra gli azionisti della banca, oltre a quelli sul rating, e ciò anche per la distanza fisica e culturale tra l’area di nascita della Popolare vicentina e un territorio delicato da “maneggiare”? Perché è proprio a Banca Nuova che fa riferimento l’attività di prestiti con cessione del “quinto” appena potenziata dal vostro gruppo? © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 11

L'ipoteca Non si placano gli screzi interni al Pdl per le nomine in seno al cda del teatro di Lonigo marchiate Donazzan. E mentre si parla di combine col centrosinistra locale, Berlato cala l'asso di bastoni

Marco Milioni

S

crezi interni al Pdl dell'Ovest Vicentino per la nomina di Serena Dalla Valle nel cda del teatro di Lonigo? Malumori per una nomina che sembra inquinata da una combine col centrosinistra locale targata Donazzan? La voce girava da settimane. Il motivo del contendere infatti è la figura della Dalla Valle, che è proprio la segretaria particolare dell'assessore all'istruzione Elena Donazzan una delle punte di diamante del

Pdl vicentino. Su VicenzaPiù n.

237 del 23 giugno si riportava l'indiscrezione di una lettera di doglianze dei notabili del Pdl leoniceno per le modalità in cui sarebbe avvenuta la nomina.

L'indiscrezione si è rivelata vera (il testo dell'intera lettera è pubblicato qui a fianco) mentre i dissidi interni non si sono ancora sopiti.

Frattanto però sulla vicenda sembra calare una pesante ipoteca politica. Il coordinatore berico del Pdl provinciale Sergio Berlato infatti fa sapere che «La lettera di protesta firmata dai due coordinatori del Pdl del comune di Lonigo, a nome dell'intero coordina-

mento comunale di Lonigo, è stata inviata al coordinamento provinciale del Pdl con la richiesta che venga rimossa la Dalla Valle e venga sostituita nel Cda del teatro di Lonigo da una persona» del luogo «sicuramente più adatta a ricoprire quel ruolo». Il segretario in tal senso precisa poi che condividendo «le valutazioni e le richieste dei coordinatori e del coordinamento comunale di Lonigo», sottoporrà la questione al coordinamento provinciale del Pdl il quale, esaminata la questione, «si esprimerà nel merito» © RIPRODUZIONE RISERVATA

Due lesi e due misure (m. m.) A margine della giunta di mercoledì 11 luglio il sindaco di Vicenza Achille Variati ha fatto un pistolotto sulla legalità traendo spunto dal cosiddetto caso ex Q8. Sul piano generale ciò che dice il primo cittadino democratico è condivisibile. Ci mancherebbe altro. Epperò davanti agli altri cronisti nel dopogiunta oggi è bastata una domandina del sottoscritto per mandare il capo dell'esecutivo nel pallone. A lui semplicemente ho chiesto: assodato che per il caso dell'ex Q8 il capo dell'esecutivo dichiari l'intransigenza dell'amministrazione nei confronti delle illegittimità di ogni sorta come mai nel caso dell'ex Totem o TGallery che dir si voglia l'amministrazione non si è mossa con la stessa durezza con cui si è mossa con Fabio Amadu?

Sull'edificio che ospitò il Totem infatti pende una pratica di abuso edilizio, una ordinanza di demolizione e una pratica di inagibilità.

Formula quest'ultima che è stata adoperata come grimaldello legale per chiudere la sala scommesse di corso San Felice. Per di più sul caso ex Totem in procura è pure aperto un fascicolo penale a carico di più soggetti. Come mai due pesi due misure? Il sindaco davanti alla stampa ha detto di non ricordare la questione: strano a dirsi visto che ha tenuto banco sui media quest'inverno. A discolpa di Variati va però detto che nessuno è Pico della Mirandola e soprattutto che il primo cittadino mercoledì mattina appariva stanchissimo,

quasi provato.

Ad ogni buon conto se la giunta ha pensato di prendere posizione a poche ore dalle esternazioni di Amadu dopo che queste sono apparse con gran risalto sul GdV dello stesso giorno a pagina 12, altrettanto dovrebbe fare dopo essere stata chiamata in causa sul caso ex Totem, per il quale di fronte a pendenze di una certa gravità gli uffici hanno continuato a rilasciare permessi per eventi i più vari. Due diritti lesi in qualche modo e due misure diverse verrebbe da dire.

Sarebbe bello sapere per esempio il pensiero degli assessori in merito, o magari della maggioranza di centrosinistra che dopo quattro anni di governo non può più dire di avere ereditato le rogne dalla vecchia, giacché ha avuto tutto il tempo per risolverle. O quantomeno per aggredirle duramente. Ma, tant'è, è l'attualità che certe volte si trasforma in nemesi. Mentre il sindaco

Mezzi Girardini a S. Pio X

discetta infatti di legalità, una breve passeggiata per le strade del quartiere di San Pio X permette di notare una cosa. Ci sono dei bei lavori in corso. Guardando le macchine operatrici o i cartelli promocantieristici si vede che sono stati affidati al gruppo Miotti e alla Girardini (nella foto). Ma non sono due delle ditte finite invischiate nell'affaire di appaltopoli? Qualcuno le ha chiamate o le stesse si sono affidate le commesse, ma a loro insaputa? Ci sono poi due assessori nello specifico che sarebbe interessante esternassero. Uno è il referente agli affari legali Massimo Pecori dell'Udc. L'altro è il referente alla polizia Antonio Dalla Pozza, quello che fa arrestare i manigoldi. Perché non organizzano una retata mediatica contro qualche intoccabile del mondo dei lavori pubblici? Sarebbero più credibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Lettera di espondenti del Pdl di Lonigo al Coordinamento provinciale

Variati e le lacrime di coccodrillo Franca Equizi*

V

edendo strada e marciapiede completamente allagati chissà cosa avranno pensato turisti e cittadini che passavano, mercoledì pomeriggio intorno alle 17, lungo Corso San Felice nel tratto contraddistinto dal rosso coccodrillo di Cicero e che va da Viale Roma alla rotatoria di Viale Milano? Si saranno chiesti se, vista la calura persistente, il nostro premuroso sindaco Variati avesse pensato di regalare loro un rinfrescante pediluvio e, forse per questo, alcuni hanno percorso il tragitto a piedi scalzi.

O forse l'allagamento è stato causato dalle copiose lacrime dell'inconsolabile coccodrillo che, dopo il ritiro delle deleghe al suo amato padre putativo Claudio Cicero, non la smette di piangere? Povero pupazzo forse teme ulteriori ritorsioni dopo la recente umiliazione dell'incatenamento? Bando all'ironia la realtà è che le tubature di Vicenza sono obsolete e andrebbero sostituite con urgenza anche per evitare sprechi dovuti alle copiose perdite.

Incomprensibilmente l'attuale amministrazione, ma le precedenti non sono state da meno, non esige il pagamento degli oneri di urbanizzazione e costruzione che dovrebbero servire proprio, in primis, per sistemare sottoservizi strade e marciapiedi. Perché, anche nei recenti piani di cementificazione votati in consiglio comunale, il co-

mune si accontenta delle briciole?

Gli pseudo parcheggi pubblici, infatti, una volta edificati diventano il posto auto dei residenti. Non hanno insegnato nulla i casi del passato come in Via Napoli e Viale Trento? Che dire poi delle aree cedute al comune per realizzare parchi in cambio di nuove selvagge colate di cemento in aree attualmente agricole? In tal modo i costruttori non sganciano un euro e i costi di strade, marciapiedi, sottoservizi, eccetera, manutenzione compresa, sono a carico di noi cittadini. È cosi che i politici agiscono nell'interesse della collettività? A noi sembra che i costruttori avranno gli onori, anzi sonante denaro che entra nelle loro tasche, e a carico di noi cittadini restano tutti gli oneri.

Come dice Totò: e io pago! Pensiamo quindi che dovremmo abituarci a rotture di tubature come quelle accadute mercoledì. Povera Vicenza in che mani sei!

* Amici Beppe Grillo Vicenzaper una

Vicenza a 5 Stelle

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Corso San Felice allagato nell'area della rotatoria col ... Coccodrillo

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238 del 14 luglio 2012 pag 12

Caso Cis, la Cassazione: illegittimo il seq di Pietro Troncon

N

on sussistevano in alcun modo le ragioni per rimuovere una parte dell'articolo scritto da Vicenzapiu.com sul caso Cis perché le questioni di riservatezza propugnate dal senatore Alberto Filippi e dalla procura della repubblica di Vicenza cozzano col diritto di cronaca. È questo il succo delle motivazioni relative alla sentenza della Cassazione con le quali è stato rigettato il sequestro chiesto e ottenuto da pm Sandro Severi pochi giorni dopo la pubblicazione di un servizio che aveva incendiato la vita politica berica.

I fatti risalgono alle prime settimane del 2011, periodo in cui il Gip vicentino aveva acconsentito al sequestro di un allegato ad un lungo reportage sul caso Cis Filippi poi deflagrato su tutti i media. L'allora senatore leghista, oggi uscito dal Carroccio e finito nel gruppo Cn-Forza Sud, chiese e ottenne dai magistrati la rimozione di una parte del reportage.

I magistrati infatti ravvisarono una ipotesi di reato precisa, quella della rivelazione di documentazione riservata”.

Già il Tribunale del riesame però aveva dato torto ai due pubblici ministeri e al gip e il pm Sandro Severi aveva fatto ricorso in Cas-

La lettera del senatore e imprenditore Alberto Filippi all'allora presidente di Confindustria Vicenza Roberto Zuccato

OdG Veneto, il presidente Gianluca Amadori plaude a Cassazione: legittimo il comportamento di VicenzaPiu.com

di Gianluca Amadori*

I

l documento pubblicato da Vicenzapiu.com sul caso Cis era di rilevante interesse pubblico e, di conseguenza, non vi erano i presupposti per porlo sotto sequestro, come invece fece la Procura di Vicenza nel marzo del 2011, con provvedimento poi convalidato dal Gip. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 22000/12 con la quale è stato confermato il successivo dissequestro deciso dal Tribunale del riesame di Vicenza. Secondo i giudici della Suprema Corte quel documento non trattava di fatti privati del senatore Alberto Filippi, ma di questioni la cui diffusione rientra “nell’interesse conoscitivo di un ampio settore della comunità di quel territorio, con possibili ulteriori proiezioni al di fuori di esso”… (l’Ordine dei giornalisti del Veneto riporta gran parte della sentenza, come da noi pubblicata accanto, ndr)… Il presidente del-

Gianluca Amadori, presidente dell'Ordine dei Giornalisti del Veneto

l’Ordine dei giornalisti del Veneto, Gianluca Amadori, commenta con favore il pronunciamento della Cassazione che “ha riconosciuto la legittimità dell’operato dei giornalisti e l’estrema importanza del loro lavoro nel momento in cui hanno reso pubblico un documento di rilevante interesse pubblico, nel pieno esercizio del diritto di cronaca”. * Presidente dell’Ordine dei giornalisti del Veneto © RIPRODUZIONE RISERVATA

sazione. Quest'ultima, con sentenza pubblicata a metà gennaio, gli aveva dato ancora torto.

Coviello e Milioni sono entrati in possesso delle motivazioni della Suprema corte. Sentenza che nei passaggi fondamentali così recita: «Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni unite ( n.

259302 del 29.5.08, rv 230692) e del resto in linea con la lettera della legge, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “ in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Nella specie non ricorre né una ipotesi di violazione di legge né un’ipotesi di apparenza della motivazione.

Nel caso in esame, il tribunale ha compiuto una corretta e razionale delimitazione della nozione di notizia di interesse pubblico, in essa inserendo le notizie aventi ad oggetto i fatti concernenti la vita politica nazionale e locale, da intendersi

La procura della Repubblica di Vicenza

gestione e tutela degli interessi di una comunità operante in aree del territorio, conflitti tra i titolari di questi interessi, contrasti di opinioni, polemiche sui modi, cadenze e censure nella diffusione delle idee dei consociati.

Proprio in quest’ultimo terreno è da inquadrare il contenuto della missiva che il senatore Filippi, in qualità di membro dell’Associazione Industriali di Vicenza proprietaria del quotidiano “Il Giornale di Vicenza”- ha indirizzato al presidente di quella associazione, Roberto Zuccato.

Prendendo spunto dall’omessa diffusione, da parte del quotidiano (“il nostro giornale”), della sua nomina a vice presidente della terza commissione del Senato, il senatore ha censurato una generale forma di tacita censura sugli eventi della propria vita di uomo politico, definendola propriamente “trattamento scandaloso e disdicevole oltre che fazioso ed irrispettoso da sempre riservatomi dal direttore”. Con ironico sarcasmo, il

I vili silenzi della stampa locale

Illegittimo il sequestro di un documento sul caso Filippi

A

Anche il Sindacato dei Giornalisti del Veneto, il cui presidente è Daniele Carlon, è tra i moltiplicatori del messaggio storico che la Cassazione con la sua sentenza contro l’illegittimo oscuramento subito da VicenzaPiu.com ha nuovamente lanciato contro le prevaricazioni di politici che abusano delle prerogative della propria “casta” e di chi, tra i togati e le forze di polizia, si rende loro servitore, piuttosto che custode dei diritti costituzionali. Anche Franco Abruzzo, dalla stessa Ansa definito lo “storico” presidente dell’Ordine dei giornalisti di Milano, si aggiunge al coro solidale con VicenzaPiù e con i suoi collaboratori. Un coro che stecca a Vicenza che non sa (o non vuole) capire la portata di un altro articolo di Ossigeno per l’Informazione il cui sommario recita tra l’altro così: «… una sentenza che farà giurisprudenza e riafferma la priorità dell’interesse pubblico a conoscere fatti di rilevanza sociale».

bbiamo registrato il silenzio totale della stampa e delle tv locali, che per vile servilismo verso certe toghe e certi poteri indigeni, dei cui comportamenti “drogati” questo giornale dà puntualmente notizia, hanno censurato la sentenza della Cassazione e gli interventi a tutti i livelli di ordini e sindacati giornalistici a favore di VicenzaPiù e, cosa più importante, dell’informazione per l'illegittimo sequestro del nostro reportage sul caso Cis Filippi. Ben diversi, anche se non numerosi, sono stati i messaggi di soddisfazione per la sentenza, tra cui, immediati, quelli di Patrizia Barbieri, consigliere comunale della Lega Nord, Giorgio Langella, segretario provinciale del PdCI FdS, Paolo Crestanello dei Comitati cittadini e Luca Fantò, segretario del PSI provincia di Vicenza. Ricevuti sul filo di lana anche quelli di Marina Bergamin, segretario provinciale generale della Cgil di Vicenza, e di Enrico Peroni, segretario cittadino del Pd, ringraziamo con loro chi ci è da sempre

vicino e assicuriamo i colleghi che non terremo conto dei loro silenzi attuali. Se verranno attaccati nel loro diritto dovere di cronaca, li supporteremo comunque, come abbiamo già fatto solidarizzando pubblicamente con i redattori de Il Giornale di Vicenza Diego Neri, vessato dalla Questura di Vicenza, e Antonio Gregolin, vittima di un episodio di violenza a Montegaldella. Perchè se la libertà stampa è il nostro credo, il coraggio è il nostro motore.

Il direttore © RIPRODUZIONE RISERVATA

Diego Neri

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238 del 14 luglio 2012 pag 13

questro del reportage di Vicenzapiu.com

La sede della Cassazione a Roma

senatore auspica che gli sia concesso “l’onore” di essere inserito tra i personaggi cui il quotidiano dedica articoli, comunicati, commenti.

Questa insidiosa forma di censura su comportamenti e parole di un uomo politico, da parte di un quotidiano “amico”, gli interessi e i contrasti che ne costituiscono la fonte appartengono sicuramente al terreno della vita politica di Vicenza, comune del vitale Nord-Est italiano. È di immediata evidenza che la diffusione della correlata notizia rientra nell’interesse conoscitivo di un ampio settore della comunità di quel territorio, quindi, che la motivazione dell’ordinanza del tribunale di Vicenza è tutt’altro che inesistente o apparente. Il ricorso deve essere rigettato. PQM Rigetta il ricorso Roma, 17.1.2012 Il consigliere estensore Antonio Bevere, Il Presidente Paolo Oldi» Sopra e nella pagina seguente Le motivazioni della sentenza della Cassazione

Ossigeno per l’informazione: Privacy, lettere private possono essere di interesse pubblico come spiega la Cassazione

Associazione Stampa di Vicenza e Cassazione: legittimo lavoro di VicenzaPiù su caso Filippi Egregio Direttore, in merito al caso VicenzaPiù-Filippi-Procura di Vicenza come presidente dell'Associazione della stampa di Vicenza ti trasmetto la mia soddisfazione per il pronunciamento della Cassazione che ha riconosciuto la legittimità del lavoro tuo e del collega Marco Milioni e l'importanza del tuo operato, nel pieno esercizio del diritto di cronaca, nel momento in cui hai reso noto un rilevante documento di interesse pubblico.

Giulio Antonacci, Presidente Associazione della Stampa di Vicenza

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Le interessanti motivazioni della sentenza con cui, riaffermando il diritto di cronaca, è stato rigettato l’oscuramento della missiva sul sito web Vicenzapiu.com

di Matteo Finco

Giulio Antonacci, presidente dell'Associazione della Stampa di Vicenza

N

on c’era motivo di rimuovere una dal sito web Vicenzapiu.com la lettera inviata dal senatore Alberto Filippi al presidente di Assindustria Vicenza, Roberto Zuccato: quella missiva poteva essere pubblicata perché era di interesse pubblico, in quanto riporta fatti che riguardano la vita politica locale.

Questo, in estrema sintesi, il motivo per cui a gennaio la Corte di Cassazione, con una sentenza, ha dichiarato legittima la pubblicazione del documento.

Il sequestro. Come ha già raccontato Ossigeno, a febbraio 2011 Giovanni Coviello, direttore di Vicenzapiu.com, e il giornalista Marco Milioni, furono indagati dalla Procura di Vicenza per rivelazione di documentazione segreta (articoli 621 e 110 del Codice Penale) per aver pubblicato sul sito una documentazione già illustrata e distribuita pubblicamente con l’annuncio che era stata allegata a un esposto depositato in Procura. La documentazione conteneva la lettera di Filippi a Zuccato. Il senatore si lamentava della scarsa attenzione riservatagli dal Giornale

Alberto Spampinato, Direttore Ossigeno per l'Informazione

di

di Vicenza, di cui Zuccato è editore. L’allora senatore leghista, uscito poi dal Carroccio, chiese e ottenne dai magistrati la rimozione di quella porzione di reportage, in quanto i magistrati ravvisarono l’ipotesi di reato di rivelazione di documentazione riservata. Tre mesi dopo però, il Tribunale del Riesame annullò il provvedimento e lo scorso gennaio la decisione fu confermata dalla Corte di Cassazione.

Le motivazioni spiegano perché le questioni di riservatezza propugnate dal senatore Alberto Filippi e dalla procura della repubblica di Vicenza cozzano col diritto di cronaca: sono notizie di interesse pubblico anche i fatti concernenti la vita politica nazionale e locale, gli interessi di una comunità operante in aree del territorio e i conflitti e i contrasti di opinione tra i titolari di questi interessi. La pubblicazione della lettera di Filippi a Zuccato rientra nell’ambito del racconto della vita politica locale. Secondo la Cassazione, infatti, è evidente che “la diffusione della correlata notizia rientra nell’interesse conoscitivo di un ampio settore della comunità di quel territorio, quindi, che la motivazione dell’ordinanza del tribunale di Vicenza (che aveva disposto il dissequestro, ndr) è tutt’altro che inesistente o apparente”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 14

Vianello, il dg di Aim che “redigeva atti” ma non conosceva “quanto avveniva in azienda” di Giovanni Coviello

V

enerdì 29 giugno c’è stata l’udienza l'udienza con al centro l'interrogatorio da parte delle difese di Rossi, Giglioli e Valle, gli imputati eccellenti del processo "Aim-Marghera", di un testimone chiave come il direttore generale Dario Vianello, da decenni in azienda e al quale la nuova amministrazione ha rinnovato e incrementato la sua fiducia. Siamo stati gli unici da tempo a cercare di riferire puntualmente sul processo e sui retroscena di quella vicenda e di quelle collegate.

Ci siamo, perciò, guadagnati sul campo da parte dell'azienda pubblica, che paga i suoi avvocati con i soldi dei cittadini tra cui l'editore e il direttore di VicenzaPiù e VicenzaPiu.com nonchè la loro "firma" Marco Milioni, prima una serie di minacce e di avvertimenti (scrivete nella funzione Ricerca contenuti di www.vicenzapiu.com Aim, Paolo Colla, Dario Vianello e sinonimi e ne trovate di conferme ...) Per non farci riportare "né opinioni né interviste" e poi

una pirotecnica richiesta di danni subiti, per non si sa quali addebiti reali se non quello di aver commesso il "reato di (sgradita) scrittura", da parte dell'attuale amministratore unico pro tempore Paolo Colla, del suo dg Dario Vianello e di Silvio Scacco, solerte portavoce di Aim ed ex cronista di Tva, eccetera. Se di Colla abbiamo, a conferma di quanto da noi scritto, la sua, fin troppo, lunga intervista concordemente registrata, e se di Silvio Scacco basterà avere, finalmente davanti a un magistrato, i documenti sul suo contratto di lavoro, negati non solo a noi, ma, peggio, ai consiglieri comunali che li avevano chiesti, di Dario Vianello abbiamo ora la, prima, confessione. Abbiamo atteso, volutamente, di scrivere della sua lunga deposizione di ieri, perché, intimiditi come siamo da Aim e dalle sue, trasparenti, intimidazioni, abbiamo preferito attendere di leggere quello che i colleghi de Il Giornale di Vicenza avrebbero scritto. E sabato 30 giugno, finalmente, il quotidiano della nuova Confindustria di Vicenza, ha dato, adeguato, spazio, dopo un crescendo dal nulla o quasi sulla prima udienza a qualche riga

sulle successive e fino a qualche colonna sull'ultima, ai suoi cronisti. Diego Neri ha firmato l'interessante articolo col titolo parlante "Processo Aim: «Seimila tonnellate di rifiuti»", una penna senza nome (per non offendere nessuno dei lettori eccellenti?) Ha compilato il riquadro dedicato a Dario Vianello, l'uomo di fiducia per tutte le stagioni di Contrà Pedemuro San Biagio. Se le rivelazioni del comandante del Noe di Venezia sui rifiuti tossici che Aim scaricava a Margera (dov'era Vianello con le sue responsabilità dirigenziali allora?) sono state la conferma della sentenza non certo recente (fatti rilevati nel 2004) e riportata dai nostri "poveri" media, il box su Vianello cosa ci dice? C'è stato il passo indietro di Vianello: passava le carte ma non sapeva (pur venendo pagato da dg), ora difende Giglioli dicendo «la sua perizia ha fatto risparmiare 400.000 euro» (ma la perizia, vedi VicenzaPiu.com, non era stata abiurata da Aim che si rifiutava anche di pagarla perché mai commissionata?), ha saputo da poco della sentenza di Venezia (da Vicenzapiù?), è stato chiamato in causa per manleva nel processo civile per danni a

Dario Vianello

carico di Bruno Carta & c....

Oltre a contraddirsi per risposte, dice il buon Gdv, su "aspetti parsi secondari" ... Non sappiamo di certo se il passo indietro (o avanti verso la verità) di Dario Vianello è stato reclamato da Gianni Giglioli, che da tempo non nasconde di suoi abboccamenti con i vertici politici cittadini (anche, di fatto, sulle colonne di vicenzapiu.com: "se dico il falso, Variati, querelami, altrimenti

difendimi!).

Quello che da venerdì 29 giugno sappiamo con maggiore certezza è che è difficile trovare nelle deposizioni, giurate, qualcosa di diverso e di ... Più rispetto a quello che abbiamo scritto da tempo noi e per cui Colla, Vianello e il signor Scacco vorrebbero far finanziare da noi le smunte casse sociali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Hornbostel: "la Hypo Vorarlberg Leasing Spa mi accusa di difendermi e di informare" C

hi ci segue sui quotidiani web VicenzaPiu.com e "confratelli" e sul nostro quindicinale VicenzaPiù e BassanoPiù ben conosce la storia di Enrico Hornbostel e della H&H Maioliche s.r.l. con le vessazioni che lui lamenta di aver subito dalla Hypo Vorarlberg Leasing Spa per il capannone da questa cedutogli in leasing e rivelatosi non utilizzabile con conseguente "azzeramento" dell'azienda (e dei suoi lavoratori) e contesa giudiziaria da lungo tempo in corso (nella foto l'uomo davanti al capannone è proprio Enrico Hornbostel, ndr). Pubblichiamo di seguito un altro stralcio della drammatica e solitaria battaglia dell'imprenditore di Nove aprendo con una considerazione che si commenta da sè: mai la Hypo Vorarlberg Leasing Spa ha voluto rispondere alle nostre sollecitazioni e fornire le sue spiegazioni salvo lamentarsi, come potrete leggere, del «dubbio gusto» che avrebbe dimostrato il signor Hornbostel nell'assumere iniziative per denigrare la banca tramite «mezzi di stampa nella zona di

Vicenza». Ricordato ai vertici con noi da sempre "silenti" della banca, che pure «tradizionalmente conta numerosi clienti» a Vicenza, che anche Radio Rai 1 si è occupata della vicenda e che obbligo della stampa libera è dare informazioni tanto più

quando c'è chi vorrebbe che non le desse, chiediamo di nuovo e con forza a Hypo Vorarlberg Leasing Spa che questi clienti vengano pubblicamente informati (scelga lei il mezzo) sul perchè del suo silenzio. E pretendiamo le ovvie scuse a noi

per averci denigrato, questa volta sì, solo perchè facciamo semplicemente il nostro dovere. Con trasparenza. Giornalistica, non di certe banche. Una almeno delle due richieste verrà esaudita?

Grazie.

Il direttore La lettera di Enrico Hornbostel

Il capannone a Nove con Enrico Hornbostel all'ingresso

Direttore Coviello buongiorno, le scrivo solo per segnalarle che nell'ultimo documento "memoria conclusiva" (vedi pagine 5 e 6) presentata all'arbitrato di Bolzano la Hypo Vorarlberg Leasing Spa lamenta le azioni che avrei intrapreso contro di loro quali gli esposti a Banca d'Italia e all'ordine degli avvocati di Bolzano, la querela presentata contro amministratore, procuratore e sindaco, esposto contro i testimoni di parte loro. Le chiamano "iniziative di dubbio gusto". Altresì lamentano che avrei assunto iniziative per denigrare la loro immagine sui mezzi stampa come da estratto qui riportato: "Oltre a queste iniziative di dubbio gusto

il sig. Hornbostel ha assunto iniziative per denigrare l'immagine di Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a. sui mezzi di stampa nella zona di Vicenza dove Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a. tradizionalmente conta numerosi clienti."

Veramente sembra incredibile che si lamentino perchè un cittadino utilizzi tutte le forme che gli consente l'ordinamento giuridico per difendersi da ciò che ritiene una grave ingiustizia francamente illecita. Per quanto riguarda la stampa dovrebbe quindi essere imbavagliata e asservita al più forte? Se non ricordo male poi il suo giornale aveva offerto loro il diritto di prendere una posizione in merito ma sebbene scrivano di avere numerosi clienti nel vicentino si sono guardati bene dal replicare. Tutto ciò forse si commenta da sè. Direttore la ringrazio dell'attenzione, continuo la mia battaglia per l'accertamento dei fatti e della verità.

Cordiali saluti, Enrico A. Hornbostel © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 15

Addio casolin di Guido Zentile

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tto primo. La figura del “casolin” ha accompagnato per più di una generazione la vita dei nostri quartieri, un piccolo punto di riferimento per l’economia di molte famiglie che timidamente si stava risvegliando nell’Italia del dopoguerra. Un testimone al centro dei mutamenti urbani della città. Perchè inizio un ragionamento partendo dalla figura del “casolin”? Semplice, perché questo ha rappresentato per molti anni, non solo la piccola distribuzione commerciale, ma anche un punto di incontro, di comunicazione, che, come nella vicina osteria, costituiva una parte dell’apparato economico-sociale racchiuso nel proprio ambito locale e basilare per la vita di quartiere.Non solo il “casolin”, riferimento principale per la sussistenza di una comunità, che

all’occorrenza ti portava anche la spesa a domicilio (caratteristiche le botteghe fuori porta, o di campagna, dove trovavi di tutto, come tanti piccoli esercizi commerciali in uno), ma una miriade di piccole botteghe, specifiche nella propria categoria merceologica, che magari, come nel caso di articoli e prodotti per la casa, garantivano la riparazione e anche l’installazione. Commercianti che nell’occasione si improvvisano artigiani.

Tutti elementi, che contornati da un sapiente equilibrio nell’utilizzo del prodotto locale e, in particolare, nell’utilizzo stagionale dei frutti della terra, in cui l’agricoltura rivestiva un ruolo non solo primario, ma dominante, rendevano vivo il quartiere. Non che oggi questi elementi siano spenti, ma l’espansione delle nostre periferie ha creato dei vuoti urbani a ridosso dei blocchi di edilizia popolare degli anni del dopoguerra, in cui l’individuo, la persona, è totalmente assente.

Atto secondo. Lo scorso dicembre

Uno scorcio dell'area delle Piramidi

(2011), mi sono recato all’interno di un ipermercato di Vicenza, una delle tante catene costituenti la Gdo, Grande distribuzione organizzata (per me piuttosto la Grande devastazione organizzata) che hanno invaso le nostre città: assenza assoluta del contesto di luogo. Nell’area riservata all’ortofrutta, dove geometricamente addobbati erano esposti gli agrumi chimicamente trattati, facevano bella mostra di sé delle pesche, una ad una conservata come una reliquia all’interno di un contenitore di plastica trasparente, perfettamente calibrate nell’aspetto e nelle dimensioni: tutte perfettamente uguali. Provenienza? Cile, dall’altra parte del mondo. Siamo all’assurdità, il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett è realtà. Solo pensare la potenzialità inquinante che si trascina dietro una di quelle pesche fa rabbrividire, nonché il carico di rifiuto: il 100%. Questa è la grande distribuzione che ti permette di soddisfare le voglie fuori stagione. Io rimango nella stagione, al massimo il posto più lontano per le pesche è il mercato di Portomaggiore.

Un prologo in due atti per evidenziare quanto la grande distribuzione organizzata ha contribuito a devastare abitudini e metodi del consumatore. In pochi anni ha macellato un economia locale basata sul piccolo commercio, sulle attività di vicinato, contribuendo a diffondere un sistema industriale di alimentazione che va a scapito della nostra salute.

E il consumo di territorio? Quanto pesa in termini di carico urbanistico e di impatto ambientale la grande distribuzione? Qui vanno sottratti ettari di terreno per costruirvi le scatole, per farvi i parcheggi, la viabilità interna, e poi la viabilità di accesso: rotonde, bretelle di collegamento dall’au-

La bottega di un casolin

tostrada, o dalla più vicina strada regionale. Perché al centro commerciale si va in auto, perché questi sono stati progettati per potervi arrivare in auto, neppure con il trasporto pubblico. Invito a percorrere la rotatoria delle Piramidi in bicicletta, un bel giro a 360°, per verificare come i nuovi territori del commercio sono cresciuti senza riguardo per la persona; è sufficiente che questa si trovi e spenda all’interno. Oggi, ancor più, la persona si fa spremere dall’idilliaca figura del factory outlet village, un finto villaggio che architettonicamente si presenta come un borgo antico con false costruzioni d’epoca, le quali vagamente assomigliano alla cascina lombarda, come per il Franciacorta Outlet, a nord di Brescia, o al villaggio veneziano, in un miscuglio di stile palladiano villa veneta, per il McArthurGlen Outlet di Noventa di Piave (VE).

E da noi, in quel di Vicenza e provincia? Siamo stati forse tra i primi con le Piramidi. Ora le Piramidi non sono solo le scatole incastrate con il tetraedro sulla sommità: lo è tutto il vasto quartiere commerciale - direzionale, che è sorto attorno. Alberghi, ristoranti, cinema

Auchan: anche in Veneto siamo motore dell’economia di Angela Mignano

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bbiamo ovviamente chiesto anche un parere alle catene distributive sulle questioni sollevate da Guido Zentile e la prima risposta, con particolare riguardo alla liberalizzazione degli orari e a quello che significa Gdo per l’economia, l’abbiamo ricevuta dalla Auchan, presente anche a Vicenza e nel Vicentino. La riportiamo volentieri di seguito.

«Auchan e Gallerie Commerciali Italia, presenti nella Regione Veneto con 4 Ipermercati e Gallerie, sono favorevoli alle recenti disposizioni in materia di liberalizzazione delle aperture delle attività commerciali. Il provvedimento,

operativo dal giorno della sua emanazione 6 dicembre, elimina quella disomogenea regolamentazione a livello territoriale della materia che procurava una distorsione del libero mercato e consente lo sviluppo di una reale concorrenza e apertura dei rapporti economici. La legge permette quindi la libera scelta sulle aperture consentendo, a chi di mestiere fornisce un servizio al pubblico, di andare incontro alle nuove abitudini ed esigenze che la famiglia moderna ci chiede, ma soprattutto di essere parte e contribuire attivamente alla produttività del paese per superare una crisi ormai troppo lunga, incentivando la crescita, a sostegno dei posti di lavoro, continuando ad investire per migliorare. La libertà dell’orario è quindi per noi uno strumento strategico che

nella Regione Veneto ci consente di proporre ogni giorno sempre migliori servizi ai 16,8 milioni di clienti annui con la cura e la passione degli oltre 1.000 dipendenti dei nostri ipermercati, di assicurare migliore assistenza ai 183 negozianti delle Gallerie Auchan, che danno lavoro a 719 persone e generano un indotto per altre 915 e di continuare a collaborare con le 600 PMI che per gli Ipermercati Auchan producono oltre 4.700 prodotti locali e servizi».

Non si può certo esaurire in questa pagina un argomento dalle mille sfaccettature e implicazioni, economiche e sociali. Se la qualità della vita passa anche per i casolin, ha ragione Guido Zentile, la possibilità di sopravvivere in questi anni di crisi economica fa i conti con i prezzi e a opportunità di lavoro della Gdo, come sostiene Au-

La pubblicità di un discount

chan. Per Wikipedia «una crisi, dal greco κρισις, scelta, è un cambiamento traumatico o stressante per un individuo, oppure una situazione sociale instabile e pericolosa». Dovremo cambiare di sicuro. Il come è tutto da capire, perché per le scelte è veramente ampio lo spread. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(il multisala Warner Village, uno fra i primi in Veneto), contenitori commerciali con svariate attività fra loro anche concorrenti. È recente infatti la contesa fra la società Eurobrico e la Leroy Merlin Italia, in merito alla concessione dell’apertura dell’attività commerciale di quest’ultima, contesa alla quale è stato interessato anche il Comune di Torri di Quartesolo.

Un enorme parco commerciale, quello dell’area Piramidi: visto in cartografia (la solita carta C.T.R. della Regione Veneto) è più vasto dell’area occupata dal centro storico di Torri di Quartesolo.

Da qui a Vicenza Est il percorso è breve: il centro commerciale Palladio (certamente il titolare originario del nome non avrebbe gradito una tale usurpazione), un grande contenitore per le varie attività ivi presenti non solo commerciali, come la Media World, che costituisce il polo di maggiore attrazione, ma anche attività ludiche, quali il Bingo (spennati e contenti), o la palestra attrezzata.

La città e i suoi quartieri intanto dormono, il breve percorso Vicenza-Settecà - Torri è diventato un collegamento commerciale.

Inutile fermarsi a Torri. A parte il fornaio, esercizi di vicinato di prima utilità non ce ne sono.

E l’outlet vicentino? per il momento l’abbiamo scampato. Ma si profilano all’orizzonte le nebulose di un antico villaggio che dovrebbe sorgere fra i meandri della fiera del soco. E sì, perché c’è chi ha detto che per valorizzare una fiera di antiche tradizioni, che ormai di antico non ha più niente, essendo diventata una carrellata commerciale, è necessario realizzare un centro commerciale con caratteristiche diverse da quelli esistenti lungo la strada regionale Vicenza - Padova. Che sia fonte di attrazione per un consistente bacino d’utenza. E quindi giù strade, su strade, cemento su cemento ...

Mi fermo qua, il resto del percorso lo lascio ai lettori.

Lettura consigliata: Fabrizio Bottini, I nuovi territori del commercio, Firenze, Alinea editrice 2005. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 16

Filivivi ex Lanerossi, suonato il de profundis

Con l'omelia del parroco di Cogollo si chiudono definitivamente le speranze per i 127 lavoratori in esubero

di Andrea Genito

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Ite, missa est”. La messa è finita: col tradizionale congedo impartito ai presenti dal parroco di Cogollo del Cengio, don Luigi Gatto, sabato scorso si è chiusa contemporaneamente anche l’illusoria parentesi imprenditoriale di Filivivi, l’ambiziosa azienda tessile creata solo tre anni fa da Marzotto e Verzoletto Group, sulle ceneri della storica Lanerossi di Piovene Rocchette. Non pubblichiamo foto della funzione per rispetto dei lavoratori che, come ci ha sottolineato Federica Perin, una quarantenne con figli e ora senza lavoro, non le hanno voluto associare un significato mediatico, ma diciamo solo che ad officiarla c’erano anche don Roberto Xausa di Arsiero, don Remo Zambon di Caltrano e don Marco Cagol delegato per la

Filivivi Lanerossi

pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Padova. Un progetto, quello Filivivi ex Lanerossi, nato già zoppo, visto che i macchinari più strategici erano stati sin da subito spostati in una fabbrica del gruppo di Ploiesti, in Romania e che la concorrenza proponeva prezzi e prodotti più competitivi.

Insomma, i primi a non crederci, al di là delle parole di rito, erano gli stessi amministratori. Il buco di quasi tre milioni di euro, accumulato dalla gestione dal 2009, ha fatto il resto e la celebrazione voluta dai 127 operai rimasti senza lavoro ha sancito simbolicamente la chiusura di un’era iniziata nel 1846, quando la fabbrica di Rocchette impiegava quasi tutte le famiglie del piccolo paese a sei chilometri da Schio, dove era iniziata l’avventura del conte Alessandro Rossi. «Ci hanno lavorato anche i miei genitori ed i miei nonni, per questo non potevo mancare a questa suggestiva messa di don Luigi ha tenuto a sottolineare il sindaco di Cogollo, Riccardo Calgaro sono rientrato apposta dalle ferie».

Con lui erano in prima fila anche i primi cittadini di Arsiero, Velo d’Astico e la vicesindaco di Malo, Paola Carraro. Grande assente, invece, anche se lo aveva già fatto capire chiaramente alla vigilia, la fascia tricolore del paese coinvolto direttamente in questo non trascurabile “lutto” economico, l’ingegnere Maurizio Colman, sindaco

di Piovene. «La mia presenza avrebbe rispolverato vecchie polemiche e avrebbe imposto un’esposizione mediatica inutile per tutti. La Filivivi chiude, amen, cercheremo di stare vicini alle famiglie colpite da questa mazzata che, purtroppo è una conseguenza ineluttabile delle logiche del mercato, che ci piaccia o no. La crisi bussa a tante porte e non si possono più tenere in vita realtà non concorrenziali, per lo meno le amministrazioni non possono farsene carico e non intervengono proprio in certe decisioni». Trasversalmente però, l’onorevole Elisabetta Gardini (europarlamentare Pdl) e la deputata Pd Daniela Sbrollini, in queste settimane di lenta agonia si sono interessate concretamente alla vicenda, proponendo interrogazioni e facendo, nel possibile pressione perchè si arrivasse ad ottenere il massimo degli ammortizzatori sociali possibili. Forse troppo tardi come tardi sono arrivati, per i lavoratori, Nichi Vendola e Pietrangelo Pettenò, che, però, dicono, “almeno si sono fatti vivi”.

«Abbiamo apprezzato che si sia andati al di là della solita retorica - sottolinea Giancarlo Omenetto, rappresentante sindacale Cgil-Filtea - non sono tempi facili e questa battaglia dei lavoratori rischiava di essere vana. L’ottenimento dei due anni di cassa integrazione è un punto di partenza importante, per non penalizzare irreversibilmente

chi perderà il lavoro, anche perchè per il 70% si tratta di donne, alcune delle quali separate ed in famiglie monoreddito: fasce deboli, quindi, e difficili da ricollocare. La Marzotto si è impegnata a finanziare nel frattempo corsi di riqualificazione del personale in esubero, ed anche questa è una grande vittoria collettiva, perchè il lavoro di queste persone era eccessivamente specializzato in un settore che, praticamente, il mercato oramai non cerca più». Al di là di questi parcadute, però, resta tanta amarezza da parte di chi era cresciuto nella Lanerossi, sulle orme familiari, ed ora si ritrova a spasso. «Se penso alle rassicurazioni che continuavano a darci quando manifestavamo dubbi e timori, mi viene una gran rabbia», tuona Federica Perin, portavoce delle operaie Filivivi, che ancora mercoledì era in presidio davanti a Confindustria Schio con i suoi (ex?) colleghi. «Potevamo guardarci attorno prima di arrivare a questo disastro. Tra l’altro avevamo dato la disponibilità ad ogni tipo di sacrificio, sia su orari che nei turni, ma non è servito a nulla.

Sono triste, non lo riesco a nascondere, anche perchè la gente di Piovene ha accettato quasi rassegnata quello che stava accadendo, mortificando intere generazioni che qui hanno lavorato, facendo crescere e studiare i loro figli. Avevamo chiesto un semplice gesto di

Il Pd scledense prova a reagire alla crisi con un convegno al Lanificio Conte Brain storming interessante, ma decisamente interlocutorio: poche e vaghe idee (a.g.) Parliamoci chiaro: se qualcuno dei cento e passa presenti al convegno promosso la settimana scorsa dal Pd scledense per ragionare sulla crisi, si aspettava la formulazione di qualche ricetta per uscire dall’impasse, beh è sicuramente rimasto a bocca asciutta. L’iniziativa, pur meritoria e l’accattivante slogan (“subire la crisi o costruire il futuro?”), che infatti hanno attirato non solo simpatizzanti di sinistra, ma anche curiosi da fuori provincia, probabilmente non pretendeva che lanciare messaggi, ma anche questi ultimi sono apparsi troppo deboli e confusi, tanto che la parte più vivace ed interessante è risultato il dibattito finale, che ha coinvolto proprio gli spettatori. Eppure il parterre dei relatori era senz’altro di spessore e ben assortito: da una parte Stefano Fassina, responsabile nazionale Pd in tema di economia ed imprese, bocconiano atipico e grande comunicatore, dall’altra il vulcanico ex sindacalista Luigi Copiello, leader regionale Cisl dei metalmeccanici per oltre un ventennio. Come ogni talk show che si rispetti, la prima parte si è consumata in reciproci convenevoli sui rispettivi libri in uscita (ed in promozione all’in-

Stefano Fassina

gresso della sala del Lanificio Conte), quindi si è tentato di configurare le prospettive di uscita da un tunnel che, a stessa ammissione degli esperti, appare ancora molto lungo ed oscuro. «Non avrei mai pensato, qualche anno fa, di venire a parlare di crisi qui in Veneto, dove si creava metà del Pil della Grecia. Ora, per la verità, di questo ci sarebbe ben poco da vantarsi.

Non è più possibile definire questa crisi una semplice congiuntura ha tagliato corto Fassina - siamo invece in un momento di trasformazione totale, in un punto di non ritorno e non si può più ragionare con le logiche precedenti.

Non si può più osservare, in cerca di rassicuranti conferme, lo specchietto retrovisore, ma bisogna cambiare proprio occhiali. Il vec-

chio sistema economico è fallito, così come non sono più proponibili le stesse basi di scambio commerciale, come è superato il vecchio modo di fare politica, di intessere rapporti internazionali.

Sono cambiati i presupposti tecnologici, ma pure quelli culturali e si tratta di un cambiamento doloroso, ma in fondo necessario per costruire le nuove basi e le nuove condizioni della civiltà del lavoro, inteso realmente come fonte della dignità della persona. Non sono perciò affatto d’accordo con chi vorrebbe cambiare l’articolo primo della Costituzione: il nostro Paese deve ancora puntare sul lavoro per ripartire». Le inconfutabili premesse di un autentico guru in materia, spesso ospite tv dei vari Vespa e Floris, parevano introdurre una possibile chiave di volta, un segnale di discontinuità. Invece nulla, a dispetto delle pie intenzioni si è tornati indietro a ritracciare le cause di questa crisi e le sue oramai innumerevoli conseguenze sociali. L’applauso è scattato solo quando è arrivata una timida bacchettata al Governatore Bce, Draghi: «a chi gli chiede cosa guarda la mattina appena entrato in ufficio, lui risponde gli indici di Borsa...io mi concentro

piuttosto su quelli relativi a disoccupazione e distribuzione del reddito. Quella è la vera cartina tornasole del Paese». Ci pensa allora Copiello e ridare verve al dibattito: «lo dico da ex sindacalista, il Pd deve far scendere dal suo carro la triplice, non deve più legarsi alle varie manifestazioni di piazza. Basta mandare sul palco i vecchi leader consunti, si muova con gente giovane e proprie idee!»

Una stilettata niente male, corroborata dall’auspicio di non andare a rapide elezioni: «magari si vince, ma non siamo affatto pronti e non sapremmo cosa fare». Citando il protagonista del suo libro, tale Bruno Casonato da Cittadella, che da semplice muratore si reinventò ”dottore in malta”, Copiello ha invitato anche i lavoratori a non aspettarsi più nulla o quasi dal sindacato, ma piuttosto a rimboccarsi le maniche in cerca di professionalità e riqualificazione di tutte le fasi del lavoro. Un aspetto che ha visto sulla stessa lunghezza d’onda anche Fassina: «non vanno più riproposte la catena di montaggio o l’operaio standardizzato.

Si deve investire in formazione ed innovazione, per restare competitivi. Il sistema industriale italiano è ancora sordo ai segnali del mercato ed infatti è ultimo in Europa, in questi investimenti. Va stipulato

Un gruppo di operai ex Filivivi incontrati dal nostro redattore

solidarietà, ma hanno risposto chiudendosi in un silenzio assordante. La Lanerossi di Schio una decina d’anni fa chiuse in estate e fece trovare i cancelli chiusi e la fabbrica svuotata agli operai ignari, al rientro dalle ferie. Chissà, deve essere un segno dei tempi o solo il loro modo di fare per liberarsi di qualcosa che apparentemente non può rendere più. Forse questo è solo l’inizio, ma almeno io faccio fatica ad abituarmici e quelle epigrafi che abbiamo lasciato sul piazzale della Filivivi spero facciano riflettere qualcuno ed invitare ad essere meno cinici o fatalisti». Una voce “incazzata” in più? Quella di Luc Thibault, della Usb Greta di Schio: «La questione è stata affrontata dai sindacati tradizionali con troppa accondiscendenza verso la solita Marzotto. Ci dispiace per i compagni di Piovene, che non lo hanno capito!» © RIPRODUZIONE RISERVATA

un nuovo patto tra impresa e lavoro». Parole, quest’ultime, rimaste sibilline perchè poi non surrogate da contenuti concreti o per lo meno comprensibili agli astanti che, in molti, si guardavano perplessi in cerca di una chiave di lettura. Più concreti sono senz’altro apparrsi gli interventi del pubblico: da chi citava l’esempio della Volkswagen, che ha coinvolto tutte le maestranze nella crescita aziendale e poi distribuito 7500 Euro di premio produzione, a chi lamentava lo scarso interesse di scuole e giovani nei lavori manuali o artigianali.

Un caso limite: il titolare di una fabbrica di botti a Thiene, costretto a chiudere perchè non trova più operai. Chi ha poi puntato il dito contro i politici che quelle ricette alla crisi si vantano di averle disponibili: «le solite facce annoiate e senza stimoli, anche nel Pd. Ci vuole gente giovane, preparata ed affamata!» Infine si è alzata una corposa delegazione dei 127 cassintegrati Filivivi di Piovene, l’azienda tessile nata sulle ceneri della Lanerossi: «perchè si è smesso di difendere il made in Italy, che tanta presa faceva sul mercato internazionale? Noi siamo a spasso perchè, da una parte la dirigenza Marzotto parlava di rilancio, dall’altra portava in Romania i macchinari acquistati con incentivi statali». Come dargli torto? © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 17

Fiorenzo Sbabo brandisce il laser per farsi strada nel mondo dell’impresa La sua Sisma nasce a Schio e in famiglia, ma diventa un esempio di imprenditoria. E lui sbarca nella politica associativa e nella finanza che conta

di Giovanni Coviello

F

iorenzo Sbabo, molto noto nel mondo dell’imprenditoria e della finanza vicentina (è da tempo anche nel Cda della Popolare di Vicenza), l’ho conosciuto quando, lui presidente provinciale di Apindustria Vicenza con l’attuale assessore Tommaso Ruggeri direttore generale, fui eletto presidente del mandamento di Vicenza di quella associazione. A sorpresa, perché io “gestore” di sport e non propriamente vicentino superavo plebiscitariamente nei voti Antonia Reato, orafa e moglie di Stefano Stefani. Eletto, sì, ma subito discusso, forza della democrazia, perché «beh, insomma, a capo di un mandamento di imprenditori un presidente di un club, sia pure prestigioso eccetera…”. Ma, lo ricordo bene, la risposta di Sbabo, titolare della Sisma di Schio, fu inequivocabile: «se la sua società fa parte di Apindustria i doveri ma anche i diritti sono uguali per tutti gli associati». Lo incontro, dopo tempo che non lo vedevo ma memore del suo rispetto delle regole e conscio della mia ingenuità nell’aver poi lasciato l’incarico (di potere?) perché mi si rimproverava di “far troppo”. Fiorenzo nasce il 21 gennaio del 44 a Schio da papà Silvio, che aveva fondato la Sisma (Silvio Sbabo Meccanica Artigiana) il 1° gennaio 1961, dopo aver lavorato all’attuale Smit Textile.

Ovvio chiederle la sua storia a partire da quella di papà Silvio (Sbabo non B.).

Mio padre era un dipendente molto attento all’innovazione dei prodotti, aveva molto intuito da meccanico raffinato, si è fatto da sé e ha lavorato in parecchie aziende. Ha anche fatto il militare in Russia con la Macchi che faceva riparazione di aerei.

Nel 61 fonda la società.

Iniziò a produrre i telai tessili, le navette. Propose di farle, apportando migliorie, al direttore della Smit, che le acquistava in Francia e che gli disse: “metti pure su l’azienda che ti assicuro un tot di ore di lavoro. E siamo partiti così in un garage in via Carducci in centro a Schio.

Il 1 gennaio del ’61 lei dove era?

Io a 14 anni ho finito le commerciali. Mio padre che aveva sempre in mente i brevetti e molti li aveva realizzati nel settore odontotecnico, appena finita la scuola mi chiese se volevo continuare gli studi. Io risposi di sì e allora lui mi disse che … aveva bisogno del

mio aiuto, sa erano tempi difficili.

E mi trovò subito un posto di lavoro come odontotecnico. Allora io a 14 anni sono andato ad imparare a fare l’odontotecnico, poi quando si è messo in proprio mi ha preso a lavorare con lui perché non se la sentiva di assumere altra gente. Son partito così.

Quindi è partito con lui anche suo fratello?

No mio fratello ha 11 anni meno di me. Quindi siamo partititi in due, poi nel giro di pochi mesi eravamo una quindicina. Negli anni 60 bastava voler fare. Siamo cresciuti come azienda e lavorando inizialmente solo per la Smit.

Smit Textile, quella che ora è in crisi?

Si. Lavoravamo totalmente per la Smit. Nel ‘74 poi c’è stata una fortissima crisi nel settore tessile e la Smit non poteva darci più tanto lavoro. Io intanto ero in Associazione Industriali, poi nel ‘75 sono passato in Api, ho cominciato a conoscere parecchi imprenditori, soprattutto nel campo orafo. Uno di questi mi disse che aveva bisogno di fare delle macchine perché il suo fornitore abituale pretendeva il 30% all’ordine con la consegna a 18 mesi e mi propose di fargli 30 macchine. Così siamo partiti nel ‘76 a costruire queste macchine per la produzione di catene. Abbiamo trovato un rivenditore, la Fob che iniziava a vendere le macchine e siamo andati avanti fino all’80 quando in Italia il mercato divenne saturo. Ho assunto allora un venditore che ho mandato in Inghilterra un paio di mesi per imparare l’inglese e che poi ha iniziato a girare il mondo portando a casa lavoro, lavoro, lavoro. E poi siamo cresciuti, cresciuti. Siamo andati avanti parecchi anni con lui e dopo sette otto anni ho preso un responsabile commerciale.

Il lavoro commerciale andava di pari passo con quello tecnico, di sviluppo di brevetti.

Si , ma diciamo che anche adesso più che brevetti bisogna far sempre macchine veloci perché il mercato dell’oreficeria è un mercato piccolo, si satura in fretta. Il primo che esce con una novità raccoglie il 60% degli ordini. Praticamente siamo andati avanti così: presa questa persona abbiamo cominciato ad ingrandirci, poi ho fatto un grosso errore verso il ‘92-‘93 quando ho comprato un’azienda tessile nel Bresciano che produceva macchine per maglieria, la Daplux. Dopo un paio di anni è cambiato completamente il sistema di fare le maglie, una volta veniva fatta tutta la pezza intera poi si è cominciato a

fare il cosiddetto calato, praticamente la forma veniva fuori già e bastava attaccare le maniche per aver pronto il maglione. E lì abbiamo dovuto ristudiare tutto, però avevamo delle potenze davanti, con i tedeschi ed i giapponesi fortissimi. È successo che ci siamo trovati a lavorare con quelli che lavoravano nel sottoscala e non pagavano, non ce la facevano. Sono andato avanti un po’ di anni ma quando ho visto che continuavo a mangiar soldi ho chiuso anche perché adesso non c’è più mercato in Italia. Sono andarti tutti in Cina sia i tedeschi che i giapponesi e gli italiani hanno chiuso tutti, una cosa drammatica, era tutto nel bresciano.

Questo ha creato problemi alla Sisma oppure no.

Ho fatto un investimento sbagliato perché quello che prendevo da una parte lo spendevo dall’altra In quel periodo quanti dipendenti aveva la Sisma.

Un’ottantina.

Mentre a Brescia ce ne erano parecchi?

No, perché io ho preso solamente i due soci che erano venditori e tre, quattro responsabili, poi avevo dei miei. Comunque lì sono andato avanti fino al 2000 poi ho chiuso.

La Sisma continuava nel settore orafo?

Si, continuava nel settore orafo.

Anni sempre di crescita?

Sì, sempre anni i crescita. Poi, quando abbiamo chiuso il discorso delle macchine per maglieria, nel settore orafo c’era il problema che le catene venivano fatte dalle macchine però non venivano saldati gli anelli che venivano saldati in forno. C’era il problema dell’acido e gli orafi dovevano lavorare in maniera molto pericolosa, nel senso che buttavano in giro l’acido, lo smaltivano ... Ho pensato di risolvere il problema usando il laser per la saldatura, quindi abbiamo acquistato dei laser. Però non andavano bene, avevano tanti problemi e allora nel 2000 ho fatto una società con l’Università di Padova.

L’Università era socia o era un ac-

Il commendatore Fiorenzo Sbabo alla sua scrivania della Sisma spa

cordo?

Diciamo che noi pagavamo tutto, inclusi gli stipendi. Erano in quattro, un professore e tre ricercatori e abbiamo messo in atto per tre anni questa collaborazione. Poi logicamente a loro interessava più il discorso delle pubblicazioni e nel 2003 abbiamo chiuso in buona armonia. Ma, intanto, avevamo iniziato a svilupparci inserendo persone. Ad esempio il responsabile che ho adesso viene da un’azienda che faceva laser da vent’anni.

Quei tre anni con l’Università sono stati utili, hanno portato risultati?

Si, infatti io continuo a dire che quelle collaborazioni vanno fatte.

Anche adesso sono andato a Vicenza e ho cercato di vedere di trovare qualcosa, ma anche se ti dicono “sì, sì” non li sblocchi più di tanto anche se e sì che gli dico che li pago …! Comunque praticamente siamo partiti da lì ed abbiamo cominciato a costruire laser per l’oreficeria e dopo un po’ di anni abbiamo cominciato a guardare altre cose, siamo entrati nel dentale, nell’occhialeria, nell’automotive. Perché per esempio tutti i particolari, i pezzi di ricambio delle auto, delle moto sono tutte col codice a barre e con laser scrivi tutto a fine ciclo. Ad esempio abbiamo venduto macchine agli Amenduni. Praticamente esce la barra di acciaio ed in cima devono scrivere i tipi di materiali, la rintracciabilità eccetera, per cui stiamo entrando anche in questo mondo.

Infatti è andato in crisi anche il settore orafo e ciclicamente tutti i settori vanno in crisi quindi bisogna essere pronti.

Diciamo che noi ora siamo entrati in altri tre o quattro settori interessanti, come ad esempio quello

Il rendering della nuova Sisma a Piovene Rocchette

degli stampi di tranciatura: quando si rompe uno stampo, con il laser si può fare il riporto e farlo venire come prima.

Ora avete 140 dipendenti e lo stabilimento di via Piemonte verrà trasferito a Piovene. A quando il trasferimento?

Ad agosto.

Il personale lo trasferite?

Sì, trasferiamo il personale, sono solo 6 km. È stato realizzato lì perché conveniva, aveva dei terreni o cosa?

Ho comprato dei terreni in una nuova zona industriale con delle agevolazioni per acquisto di terreni. Qui a Schio il Comune non mi ha mai dato una mano, ci sono anche andato a parlare ma d’altronde io dovevo crescere. Porto là tutto il settore laser mentre il settore meccanico della catena rimane nel capannone che ho accanto all’altro che dismetterò.

Parliamo ora della vita associativa.

Mi diceva che Sisma era associata ad Assindustria, poi c’è stato un periodo in cui il mondo industriale era guidato da grosse industrie …

E allora io ho detto “non mi va bene, non ci sto” e sono passato in Api. Apindustria Vicenza è nata nel ‘74 io sono entrato il primo gennaio ‘75.

A questo punto usiamo anche noi il laser e, raccontato Sbabo mr.

Sisma, tagliamo la seconda parte dell’intervista e riserviamo al prossimo numero la storia dell’imprenditore che cresce e trova il tempo di occuparsi di politica associativa, di Calearo, Amenduni, Zuccato, Popolare di Vicenza, Zigliotto, Il Giornale di Vicenza … © RIPRODUZIONE RISERVATA

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238 del 14 luglio 2012 pag 18

La nuova superdiscarica preoccupa pure il parroco di Marano Don Claudio: "cari fedeli, aprite gli occhi e non permettete ad altri decidere sulla vostra pelle"

di Andrea Genito

«

Non ho scomunicato la cava delle Vianelle, come ha scritto impropriamente un noto quotidiano locale e tantomeno ho intenzione di ergermi a portavoce della cittadinanza. Ci tenevo solo ad invitare chi può ad andare a fondo e a vigilare, perchè la questione avrà un impatto che non va sottovalutato». Don Claudio Rugolotto, settantenne arzillo parroco di Marano, è balzato agli onori, ma forse più agli oneri della cronaca qualche giorno fa, per aver puntato l’indice nel bollettino domenicale distribuito in Chiesa sul possibile cambio di destinazione d’uso di una discarica privata, pronta ad accogliere oltre tre milioni di metri cubi di rifiuti in un territorio che arriva a sfiorare il confine con Thiene. Da semplice sito di raccolta inerti (mattoni, laterizi, ce-

Don Claudio Rugolotto

mento), una recente delibera provinciale, oltre all’ampliamento, consente infatti di conferire in Via Cappuccini anche rifiuti speciali, quindi anche quelli potenzialmente tossici. La nuova Giunta maranese sta preparando un ricorso al Consiglio di Stato, lamentando tra l’altro di aver scoperto solo casualmente quanto stava per

accadere e di non aver mai potuto avere accesso alle documentazioni ufficiali, tra cui il via libera concesso a ridosso dalle elezioni amministrative per il nuovo sindaco.

Si tratterebbe di una delle più grandi discariche italiane, secondo gli addetti ai lavori, ma quel che preoccupa di più sono la possibile presenza nel sottosuolo di una faglia freatica e le possibili infiltrazioni di sostanze chimiche negli acquedotti che servono gran parte dell’altovicentino. «Si tratta quindi di un problema comune e che merita un coinvoglimento generale, anche per capire chi farà i controlli su questa cava - sottolinea don Claudio - eppure qui a Marano nessuno o quasi ne era a conoscenza. Io stesso ho appreso la questione da un articolo su internet, e quando ho chiesto lumi ai miei parrocchiani ho visto tante espressioni sorprese. Questa era la motivazione del mio messaggio, però il titolo sparato su un giornale locale ha travisato tutto, tanto che

domenica scorsa ho ritenuto di dover precisare il mio pensiero usando ancora lo strumento diretto del foglio parrocchiale. Non dico no ai rifiuti, che volenti o nolenti produciamo tutti, in ogni Comune, ma invito chi di dovere ad informarsi sui rischi reali di questo tipo di smaltimento e la cittadinanza a vigilare, se no è inutile delegare e poi lamentarsi. Credo sia mio dovere di parroco e di maranese, tra l’altro non mi sono mosso singolarmente ma ho informato il Consiglio Pastorale, dal quale attendo convocazione, ed il Vescovo di Vicenza. Poi mi farò da parte, perchè è giusto che sulla questione intervengano i laici e non un umile prete di paese». Un parroco che però nella sua vita ha sempre tenuto alto il suo impegno sociale, sin dalla fine degli anni sessanta in Brasile, quando appoggiò i braccianti, sfidando la dittatura militare ed anche quando venne trasferito ad Olmo di Creazzo, quando a lui si rivolsero i residenti preoccupati

dalla costruzione di un inceneritore e lui si battè per ottenere una centralina Arpav per avere dati sull’inquinamento nella zona.

“C’erano già due fonderie ed un traffico pesante tipico di una congestionata zona industriale, non mi pareva necessario peggiorare la situazione. Tutti dovremmo poter fare delle scelte informati e liberi da sovrastrutture politiche e ideologiche. Il mio spirito ambientalista? Penso piuttosto a quanti giustamente educano i nostri ragazzi al rispetto ed all’amore per la natura, dobbiamo mostrare coerenza. Queste scelte dovrebbero essere da volano ed un impegno verso il nostro Paese. Per far questo non si possono non coinvolgere i comuni interessati. Non ho mai avuto alcuna pretesa se non quella di sollecitare anche le coscienze, spingerle a capire ed a riflettere, come ho sempre fatto nel mio operato pastorale». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Schio: l’estate culturale è troppo tiepida.

I commercianti bocciano il cartellone degli eventi No alle solite bancarelle ed alla chiusura del centro, si chiedono più coraggio e nuove idee (a.g.) «Un cartellone insufficiente per attirare turisti da fuori e ad incentivare i consumi. Altro che movida, Schio è poco appetibile d’estate e smuoverà ben pochi passanti, specie in centro». Lapidario, il giudizio di gran parte dei commercianti scledensi che bocciano le iniziative previste dall’Amministrazione per chi resta in città per scelta e per i tanti cui la crisi ha ridimensionato le ambizioni feriali. Gli eventi per la verità non mancherebbero, ma latita un vero filo conduttore e non piace affatto il ripetuto ricorso alla pedonalizzazione del centro storico. «Stanno facendo esperimenti sulla viabilità futura, col pretesto di mettere in giro qualche bancarella - polemizza Guido Xoccato, presidente locale Ascom - finora il bilancio è sconfortante e dovrebbe far riflettere sul fatto che non è la strada giusta. Con tutto il rispetto, è una proposta dequalificante, ripetitiva rispetto a quanto si può trovare anche altrove e pure cara. Perchè la gente dovrebbe venire a Schio e pagare un salame o un dolce, neppure tipici, il triplo che in un negozio? Lo abbiamo ribadito più volte che il centro va chiuso solo per iniziative realmente particolari. Senza falsa modestia, invece, dove c’è lo zampino dei colleghi commercianti, l’offerta è più interessante e qualche riscontro c’è già stato, come col festival jazz

Un bar del centro di Schio

di maggio. Insomma, va meglio che nel 2011, però ci vogliono altre idee». Non sono bastate la tradizionale festa patronale di S.Pietro e il lungo cammino dell’Italia agli Europei per ripopolare piazze e locali. A Palazzo Boschetti, dove hanno allestito un maxischermo, nella settimana di festeggiamenti si sono alternate centinaia di presenze, ma si trattava di un’iniziativa privata e comunque ben poco ne hanno beneficiato i commecianti di Schio.

Solo un paio di bancarelle hanno tenuto ottimisticamente aperti i battenti per la finale con la Spagna, ma il cocente ko di Balotelli e compagni ha fatto svuotare in un attimo la zona antistante il Duomo, dove si sono concentrate gran parte delle iniziative a fine giugno. Qualche drappello di giovani con birre in mano, invece, dopo la vittoria con la Germania in semifinale, ma dopo un’ora di gioiosi schiamazzi non c’era più nessuno in giro. «Se

avessero costruito qualche evento attorno, magari condito da un pò di musica, molta gente sarebbe rimasta alzata volentieri, anche perchè il giorno dopo era festivo», sottolinea Giada, commessa di Intimissimi. «Sono i commercianti che si debbono ingegnare ed attivare. Le risorse in bilancio non permettono infatti di scialare e comunque più avanti l’offerta sarà molto variegata», replicano dall’Amministrazione comunale. «Hanno tolto la notte bianca, che funziona dappertutto, sparpagliandola in decine di sporadiche iniziative culturali, che in totale magari costano pure di più - polemizza invece Lorena, del Bar Nuovo - la rassegna enogastronomica di giugno, la Golosona, è stato un autentico flop, per stessa ammissione dell’ufficio

Daniela Rader, Assessore alle Attività Produttive del Comune di Schio

eventi: facevano tenerezza quelle cinque-sei bancarelle deserte, ci vuole ben altro e soprattutto ci vogliono novità. Che senso ha organizzare un evento singolo, magari pure per un pubblico di nicchia, col risultato che ci va solo il pubblico interessato e si ferma lì, senza muoversi? E noi dovremmo tenere aperto fino a tardi, pagando personale in più, per qualche passante? Spendo magari 500 Euro a serata per portare qui della musica, perchè questi sono i prezzi che mi sono stati fatti, per poi incassarne al massimo un centinaio in consumazioni al bar? La realtà è che chiedono idee a noi commercianti e poi fanno quello che gli pare, dando pure informazioni sbagliate o non realistiche. Qualche giorno fa ho servito clienti venuti da Treviso e Padova, in cerca di un evento che non c’era e credendo di trovare un vero mercatino tipico, non quattro banchetti. L’Amministrazione

Guido Xoccato, presidente Ascom di Schio

deve capire che la gente si muove volentieri d’estate, specie la sera, ma non va presa in giro. Non sapevo che rispondere a quelle persone, di certo è difficile che tornino ancora qui». © RIPRODUZIONE RISERVATA

BassanoPiù

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238 del 14 luglio 2012 pag 19

Chiusura del Tribunale, per Bassano sarebbe l’inizio del declino A Vicenza le cause durano già tre volte tanto, accorpandoli si giungerebbe al collasso. E i risparmi dello Stato li pagheranno cittadini e imprese

di Marco Polo

S

ono stati numerosi i tentativi dal primo dopoguerra ad oggi per veder riconosciuto, sottoforma di provincia, per motivi storici, culturali, geografici, quell’ampio territorio che fa capo a Bassano del Grappa, sesta città del Veneto per numero d’abitanti del suo comprensorio. Il primo di questi risale addirittura al ventennio fascista quando dalla città bagnata dal Brenta si levò istanza di creazione della “Provincia del Grappa”, domanda naufragata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. L’ultima proposta, portata avanti pochi anni fa dall’allora Sindaco Gianpaolo Bizzotto, si è arenata in Consiglio Regionale (24 tra voti contrari e astenuti e 23 voti favorevoli) a causa sia di logiche campanilistiche che di una presa di coscienza, nazionale ancor prima che locale, che l’ente provinciale sia tutto sommato un organismo costoso e assolutamente non indispensabile. Il compromesso fu trovato nell’abiurare l’idea “provinciale” purché rimanessero nel territorio di riferimento tutti quei servizi su cui un capoluogo di provincia può contare.

In realtà questo non sta accadendo basti pensare alla chiusura delle sedi bassanesi di varie strutture quali la Motorizzazione Civile, la direzione dell’Enel, l’Ufficio igiene e analisi, la Commissione tributaria e alla situazione dell’Arpav. Senza contare che anche alcune competenze ospeda-

liere, si vocifera insistentemente, potrebbero venir trasferite dall’Ulss 3 all’Ulss 6 di Vicenza. Ebbene ora la situazione si fa sempre più allarmante anche per lo storico Tribunale bassanese, istituito già ai tempi dalla Repubblica Serenissima, e per tutta una serie di presidi ad esso indissolubilmente legati quali la Procura della Repubblica, l’Agenzia delle Entrate, il Commissariato e forse il Giudice di Pace. L’aspetto paradossale è che la riforma della geografia giudiziaria sta utilizzando come criterio il mantenimento dei tribunali afferenti a città capoluogo di provincia e la soppressione di 37 tribunali che hanno sede in città non capoluogo di provincia nonché delle 220 sedi staccate (come quella di Schio afferente al Tribunale di Vicenza).

Ma al tempo stesso il Governo sta lavorando alla riduzione/eliminazione degli enti provinciali. Viene da chiedersi: è un criterio sensato mantenere in vita solo i tribunali situati nei capoluoghi di provincia se le stesse sono destinate a sparire?

Non è dunque un caso che in città stia montando la rabbia e che si sia costituito, già lo scorso novembre, un comitato per la Salvaguardia del Tribunale di Bassano del Grappa il cui referente è l’avvocato Anna Maria Muraro. Sul piede di guerra anche le associazioni di categoria: «L’aspetto che ci preoccupa maggiormente - spiega il presidente della Confcommercio bassanese Luca Maria Chenet - è che questa chiusura potrebbe segnare il declino del nostro territorio. Siamo di fronte ad un effetto domino perché si inizierà con il Tribunale

Il nuovo tribunale che rischia di essere chiuso prima di aprire

per poi passare a tutta una serie di servizi pubblici che ora sono offerti al cittadino in maniera snella e che un domani potrebbero complicarsi in maniera drammatica, sia in termini di costi che di tempi. Percorrere 80 km tra andata e ritorno per recarsi a Vicenza per ottemperare a tutta una serie di pratiche determinerebbe un pesante aggravio di burocrazia sia per le attività economiche che per i normali cittadini. L’incidenza di tali costi? Abbiamo quantificato che le spese da sostenere aumenterebbero fino a triplicare».

Il presidente di Confcommercio evidenzia come sia corretto ridurre brutalmente la spesa pubblica ma solo dove c’è un vero spreco di denaro e a seguito di valutazioni serie che impediscano di colpire ovunque, anche là dove le cose funzionano, indistintamente. È di questi giorni la notizia, ad esempio, che la Regione Sicilia dispone di un “esercito” di impiegati pari all’intero apparato governativo della Gran Bretagna: «La cosa più grave, a mio giudizio, è che con questa politica di revisione di spesa, che tutti conosciamo come Spending Review, il governo Monti scarica su imprese e cittadini proprio il presunto risparmio che ne ricaverebbe lo Stato. Nel caso specifico se il Governo reputa di risparmiare 400 mila euro all’anno dalla chiusura del Tribunale della nostra città, il comprensorio bassanese dovrà spenderne tre, quattro, cinque volte tanto per avere dei servizi addirittura significativamente meno efficienti di prima. Eh sì perché se i tempi di una causa civile a Bassano sono in media di 2 anni e mezzo, a Vicenza si arriva ad 8. Per raggiungere un ottimo livello di performance va perseguita una dimensione ottimale che non preveda né il troppo piccolo né il troppo grande. Per questo non concepisco come ci possano essere dei tagli lineari e non dei ragionamenti calibrati su ogni singolo caso. La giustizia è una materia assolutamente delicata quindi il Governo dovrebbe agire di conseguenza, valutando situazione per situazione e non procedendo con la scure».

Rincara la dose Leopoldo Parolin, funzionario giudiziario in forza al Tribunale di Bassano del Grappa che dalla sua posizione privilegiata può offrire un veritiero quadro della situazione: «Premetto che tra pochi mesi andrò in pensione e che quindi il mio è un parere non condizionato da motivi perso-

Il cartello di protesta davanti al vecchio tribunale

nalistici. Ritengo che se venisse chiuso il Tribunale di Bassano sarebbe un grave errore. Non dico niente di nuovo se sostengo che Bassano e il suo territorio sono situati in una posizione strategica nel Veneto, equidistanti da Treviso, Padova e Vicenza. Quindi è immediato capire che controindicazioni potrebbe produrre lo spostamento verso Vicenza del migliaio tra addetti, impiegati, cittadini e professionisti che giornalmente gravitano attorno a queste strutture. I costi per la comunità salirebbero a dismisura, in particolare la tariffa di certe prestazioni offerte da alcune categorie come gli avvocati, i commercialisti e i consulenti del lavoro sarebbero soggette a delle maggiorazioni dovute sia al costo che al tempo sprecato da queste figure professionali per raggiungere Vicenza. A meno che cittadini e aziende non si affidino a professionisti vicentini piuttosto che bassanesi ma questa scelta andrebbe ad incidere sia sul tempo/denaro per raggiungere la città berica per confrontarsi con questo o quel professioni-

sta, sia sui posti di lavoro nel comprensorio bassanese che verrebbero meno. Pensiamo inoltre alla procedura di volontaria giurisdizione che riguarda l’accompagnamento da parte di un tutore di persone diversamente abili e che periodicamente devono presentare un rendiconto in Tribunale. Molto spesso devono spostarsi fisicamente anche i soggetti disabili, obbligarli a trasferte chilometriche sarebbe vergognoso».

Continua la sua disamina Parolin: «La struttura bassanese per il suo funzionamento costa 900 mila euro all’anno ma incassa in media, tra tasse, recupero crediti penali ecc, più di 3 milioni di euro. È uno dei pochi enti pubblici in attivo. Pur essendo un piccolo Tribunale in cui lavorano 13 giudici, a cui però fa riferimento un tessuto socio economico di notevole entità che comprende oltre 20 mila aziende di cui 5000 nel solo territorio comunale di Bassano, siamo ai vertici italiani per efficienza, tempistica e produttività. Se vogliamo riformare continua a pagina 21

BassanoPiù

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238 del 14 luglio 2012 pag 20

Risparmiare risorse e riconquistare il cielo Dalla Gassa, presidente astrofili Monte Grappa: «Nel cuore della notte vanno spente le insegne»

di Marco Polo

I

l primo appunto quando si parla di volta celeste arriva direttamente dall’Unesco che ha dichiarato il cielo stellato “patrimonio mondiale dell’umanità”. Il secondo aspetto, che ci limitiamo ad accennare, riguarda l’influenza di stelle e pianeti sui popoli antichi che edificarono costruzioni incredibili, come il sito di Stonehenge o le piramidi egizie, basandosi sulla posizione degli astri. Oppure ancora la grande tradizione marinara mediterranea che proprio sulla conoscenza della posizione delle stelle basò coraggiose navigazioni verso un mondo selvaggio ed inesplorato. Infine il superamento della teoria della terra “piatta”. Tale doverosa, seppur limitata, premessa aiuta però a rendere l’idea dell’im-

Inaugurazione osservatorio astronomico di Nove

portanza che ha rivestito lo studio della volta celeste nel corso della storia della civiltà umana.

Il presidente dell’associazione Veneto Stellato e del Gruppo Astrofili Monte Grappa, Leopoldo Dalla Gassa, da anni si batte affinché la popolazione prenda coscienza di materie quali l’inquinamento luminoso: «L’unico modo che abbiamo per far capire l’importanza di queste tematiche è condurre una “rivoluzione culturale”, far rendere conto di quanto lo studio del cielo abbia avuto una fondamentale valenza nello sviluppo dell’uomo. Non è, quindi, solo una questione di difendere gli interessi di una nicchia come gli astrofili. In secondo luogo sottolineiamo con forza come strettamente connesso ad un utilizzo esagerato delle fonti luminose ci sia un costo economico non indifferente, soprattutto se contestualizzato in questo periodo di forte difficoltà economica che sta attraversando il nostro Paese. Consideriamo che se tutti i comuni del Veneto riducessero il consumo energetico di un buon 30%, valore più che raggiungibile grazie alle nuove tecnologie e a dei corretti profili di utilizzo che in pratica significa ridurre o spegnere la luce quando non serve, si potrebbero risparmiare circa 23 milioni di euro all’anno!

Una cifra importantissima che potrebbe rivelarsi preziosa in questo periodo in cui sia le

aziende sia i lavoratori sono in grossa sofferenza. Oppure la stessa cifra potrebbe essere destinata alla riqualificazione energetica degli edifici, interventi che genererebbero ulteriori risparmi oltre che a far muovere l’economia». L’opera di sensibilizzazione condotta dall’associazione si dipana su vari fronti: «Organizziamo diverse manifestazioni, la più importante è stata, probabilmente, “Venezia, salviamo la notte” dove mostriamo alcuni dati esemplificativi. Come ad esempio il consumo pro capite italiano che risulta essere il doppio di quello francese e il triplo di quello inglese. Altro esempio: le norme tedesche consentono livelli di illuminanza anche quattro volte inferiori alle nostre eppure noi non siamo più “ciechi”. Probabilmente qui ci sono delle lobby con maggior potere oltre ad esserci coscienze civili più o meno sviluppate.

Un settore importante nel quale stiamo lavorando è rapportarci con le amministrazioni comunali per aprire loro una nuova importantissima possibilità di risparmiare ingenti risorse. Per fare un esempio il comune di Chiampo, intervenendo nel settore della pubblica illuminazione, ha ottenuto un risparmio di circa il 60% sulla bolletta dell’elettricità. E non stiamo assolutamente parlando di un comune che non accende più i propri punti luce ma di un’amministrazione che ha reso più efficiente, razionale e a norma di legge l’illuminazione. Oppure potrei parlare del comune di Piove di Sacco dove è stato deciso di spegnere quasi tutte le linee di illuminazione, esclusi i punti critici, dall’01:00 di notte alle 05:00 di mattina. Da maggio a dicembre si stima ci sarà un risparmio di circa 90 mila euro.

Ci rendiamo conto di che cifre ci sono in ballo?». Allo stato attuale l’utilizzo dell’illuminazione, anche da parte dei privati, è in molti casi discutibile. Basta attraversare il Veneto durante le ore notturne per notare parcheggi illuminati a giorno, capannoni lambiti da fasci di luce molto intensa, ecc. «La legge regionale veneta 17 del 2009, prevede che chiunque, pubblico e privato, deve sottostare a limiti ben precisi. Inoltre per i comuni come Bassano del Grappa che ricadono dentro una fascia di

starsi e riaprire un’attività non è così facile - prosegue Andrea Dalla Rosa - specie in questo periodo di crisi. Ed abbandonare i locali occupati da quasi cinquant’anni è un trauma anche per noi. Dovrò riflettere un po’ prima di riaprire. Certamente, però, non posso ritirarmi in casa, quindi nel breve medio termine l’attività potrebbe riprendere, magari con idee innovative”.

rispetto astronomico, un raggio di 25 km dall’osservatorio di Asiago, tali limiti sono ancor più restrittivi e le tempistiche per mettersi a norma sono scaduti nel luglio 2011. Sostanzialmente la maggior parte delle situazioni fuori norma si possono risolvere con una semplice riorientamento delle sorgenti luminose come i fari che illuminano le facciate delle aziende mentre altre volte dev’essere ridotta l’intensità. Chiaro poi che se questi impianti vengono spenti dopo una certa ora, quando la stragrande maggioranza degli utenti è in casa, diventa conveniente perché si riducono considerevolmente i costi. In questa sede ricordo di una grossa catena di supermercati a Padova che ha siglato un protocollo d’intesa con l’Arpav per spegnere anche le insegne dopo una certa ora, cosa che in realtà è già prevista per legge: si sono resi conto anche loro che i costi per l’elettricità non vengono in alcun modo ripagati da un mezzo pubblicitario che di notte viene visto da pochissime persone». I grandi centri commerciali, direzionali e industriali e la pubblica illuminazione sono sicuramente i maggiori produttori di inquinamento luminoso e consumo/spreco energetico ma anche i singoli cittadini possono fare la loro parte: «La cosa più semplice da fare per le famiglie è quella di installare i sensori di prossimità/movimento per quanto riguarda l’illuminazione esterna. Questi fanno si che la luce si accenda effettivamente quando serve e per un tempo consono. Attenzione che questa tecnologia, che costa dai 5 ai 40 euro, consente un grande risparmio, sono orientabili quindi non si corre il rischio che si accendano quando passa un ipotetico cane o gatto e hanno anche il grande pregio di essere un fantastico sistema anti-intrusivo per far fronte al rischio di furti”. Tra le attività del gruppo astrofili c’è anche quella didattica che si tiene presso l’Osservatorio di Nove: «Siamo aperti, gratuitamente, ogni primo e terzo venerdì del mese, senza bisogno di prenotazione. L’attività consiste nella spiegazione dei corpi celesti che si possono apprezzare in quel determinato periodo dell’anno e salire nel terrazzo dell’osservatorio per puntare gli occhi, occhi che molto spesso da parte dei nuovi visitatori brillano di meraviglia, verso la volta celeste dove si imparano a riconoscere le varie costellazioni prima di “perdersi nell’infinito” grazie all’aiuto del telescopio».

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Bassano del Grappa. Dopo 49 anni di attività chiude la storica salumeria Dalla Rosa Crisi ed affitti alle stelle paralizzano i negozi di vicinato

di Matteo Crestani

L

a grande distribuzione lavora no stop, offre prezzi estremamente competitivi ed un’ampia scelta di prodotti. Tutti questi sono elementi di indubbia positività, il frutto del mutare dei tempi, ma rappresentano anche le ragioni per cui i piccoli negozi di vicinato chiudono definitivamente la serranda. Così è accaduto anche ad Andrea Dalla Rosa, titolare della storica salumeria bassanese di via Bellavitis. Nella sua bottega, infatti, la serranda è stata definitivamente chiusa lo scorso 28 giugno.

“La proprietà aveva deciso di rinnovare i locali - spiega Andrea Dalla Rosa - ed una volta rinfrescati gli ambienti il canone di affitto che mi era stato proposto avrebbe raggiunto una cifra asso-

lutamente insostenibile, quindi ho deciso di abbandonare”. Una decisione dura, evidentemente, e non soltanto per il titolare del noto negozio di alimentari, ma anche un trauma per i numerosi clienti affezionati, che in quel negozietto avevano sempre trovato tanta cordialità. La salumeria gastronomia di via Bellavitis, infatti, non era soltanto un negozio, ma un vero e proprio punto di ritrovo occasione per socializzare e raccontarsi vite di famiglie. Cosa che, evidentemente, non può accadere nei grandi centri commerciali e, tantomeno, nei negozi delle catene commerciali, dove la vendita del prodotto prevale o rappresenta l’unica ragione di contatto con il cliente, perdendosi del tutto di vista il rapporto umano. Il negozio era presente nel centro storico di Bassano del Grappa fin dal 1938, ma soltanto dal 1963 aveva occupato i locali di via Bellavitis.

Così il 29 giugno, calzoncini e maglietta, Andrea Dalla Rosa si è apprestato a sbaraccare, togliendo dagli scaffali tutti i prodotti che per anni avevano rappresentato la sua quotidiana passione, oltre che attività professionale. “Dover chiudere è davvero dura - sottolinea Andrea Dalla Rosa - in quanto significa vedere la fine di un percorso che, in realtà, era nel pieno del suo corso. È davvero avvilente, anche perché i clienti erano diventati degli amici, persone che si incontravano quotidianamente ed alle quali si cercava di dare la migliore risposta, per poter raccogliere con soddisfazione, il giorno seguente, un grazie”. E la solidità del rapporto è misurata dal fatto che i clienti affezionati avevano persino cercato di convincere Dalla Rosa a spostarsi in un altro luogo, andando alla ricerca di un locale al giusto canone di locazione. Ma niente da fare. “Spo-

Porte chiude della storica salumeria Dalla Rosa

BassanoPiù

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238 del 14 luglio 2012 pag 21

Vivisezione Spv A partire dalla Spresiano-Montecchio Rifondazione propone un laboratorio politico allargato su tutte le grandi opere del Veneto: tra gli altri l'invito è rivolto al M5S che dalla città del Ponte sino a Villaverla è molto critico sugli ultimi sviluppi della vicenda Pedemontana

di Pietro Troncon

«

A partire dall'affaire Spv, sino alla Tav, per comprendere poi tutti i grandi progetti speculativi in giro per il Veneto occorre creare un tavolo allargato a chiunque abbia a cuore la tutela del paesaggio e del territorio. Le grandi opere sono in mano a poche lobby, pochi vettori finanziari che con un approccio assolutamente bypartisan stanno drenando enormi capitali dalla spesa pubblica per indirizzarlo verso tasche private. Le solite tasche». Non è andato tanto per il sottile il consigliere regionale di Rc Pietrangelo Pettenò quando domenica scorsa a Forte Marghera a Mestre ha tirato le conclusioni della quattro giorni di Liberazione (nella foto).

L'ultima giornata infatti era dedicata all'ambiente e alle grandi opere.

Tra queste oltre che della centrale di Porto Tolle e della Tav, si è parlato pure di Pedemontana Veneta anche grazie all'intervento del giornalista Marco Milioni che ha illustrato in pillole il contenuto del suo libro dedicato alla Spv. Durante il dibattito per di più Pettenò si è scagliato contro l'alone di segretezza che avvolge i documenti chiave che riguardano la Spresiano-Montecchio. Sempre il consi-

gliere infatti ha ricordato le recenti iniziative del M5S di Bassano che ha «dovuto denunciare» in sede penale il commissario Spv Silvano Vernizzi per avere lumi sulla convenzione economica e sul piano finanziario che regolano i rapporti tra gli enti pubblici e i soggetti privati incaricati della realizzazione.

Durante la serata Pettenò ha lanciato un vero e proprio invito al M5S e a tutti i soggetti interessati per cercare di creare un tavolo comune sulle infrastrutture del Veneto, temute sia per le ricadute ambientali, sia per le possibili infiltrazioni mafiose, sia per i possibili fenomeni di corruzione a queste collegate. Il consigliere regionale non lo dice esplicitamente ma dalle sue parole si intuisce che la formula che ha in mente è quella adottata nel comune di Avigliana alle porte di Torino dove poco prima delle elezioni amministrative si è creato un unico fronte contro la ferrovia ad alta velocità che va dai dissidenti ex leghisti, ai dissidenti del Pd, sino a Sel, Rc, Ci, e Movimento Cinque Stelle per finire ai NoTav puri. E se in Piemonte l'aggregazione ha avuto un impianto elettorale, Pettenò parla invece di «laboratorio delle idee e delle competenze» dando a tutti un appuntamento per risentirsi a settembre.

Pettenò ad ogni modo ha tratto spunto anche dalla calata veneziana del Movimento Cinque stelle di

Bassano che il 28 giugno era finito a Mestre, dove c'è la sede del commissario alla Spv, per depositare un esposto presso il locale posto di polizia. Il motivo? La presunta violazione della normativa sulla trasparenza e la presunta violazione della normativa europea in materia di trasparenza nella progettazione delle opere ad alto impatto ambientale.

«Dopo otto mesi di indicibili silenzi e dopo otto mesi di carte negate, sebbene ci spettino per legge, abbiamo deciso di passare alle vie legali» aveva spiegato Francesco Celotto del M5S di Bassano; il quale il giorno appresso, ovvero il 29 giugno, si era recato assieme agli esponenti del coordinamento dei comitati che si batte contro la Spv (il Covepa), a protestare sotto la sede di Assindustria Vicenza. Accusata di avere fornito nei confronti della Pedemontana una apertura di credito così massiccia da avere condizionato l'intero dibattito sull'opera. E sempre in quella occasione i Cinque Stelle si erano lasciati andare ad uno sfogo a 360 gradi: «Rileviamo peraltro anche l'assenza totale dei politici del territorio nel centrodestra come nel centrosinistra, che non hanno mosso un dito per spingere chi di dovere a rivelare le carte segrete.

L'unica eccezione è costituita dall'eurodepudato Andrea Zanoni dell'Idv, dal consigliere regionale Pie-

Uno scorcio della festa di Liberazione a Forte Marghera

trangelo Pettenò di Rc e dal consgliere regionale democratico Laura Puppato. Ma nel frattempo dove sono finiti gli altri? Dove il consigliere Stefano Fracasso, dove l'onorevole Daniela Sbrollini? Dove l'onorevole Stradiotto? Dove, tanto per rimanere nel Pd, il segretario regionale Rosanna Filippin? E dove ancora i consiglieri regionali Idv? Dove i parlamentari veneti Antonio Borghesi e soprattutto Massimo Donadi? E ancora, perché dopo le notizie preoccupanti uscite sulla stampa i membri della commissione antimafia a cominciare dal democratico Lumìa sino all'onorevole Di Pietro non hanno intimato, potendolo fare, all'ingegner Vernizzi di aprire i cassetti?».

Frattanto però le incognite sulla Pedemontana da Bassano rimbalzano a Villaverla. Nel piccolo comune dell'Alto Vicentino infatti il M5S col consigliere di minoranza Flavio Vezzaro ha chiesto spiegazioni al sindaco Ruggero Gonzo (area Pdl-

Lega). Più nel dettaglio i grillini chiedono di sapere quali direttive scritte siano state inoltrate ai legali che assistono il comune affinché in sede di giudizio avanti il Consiglio di Stato «si chiedesse in accordo con il commissario» lo slittamento a data da destinarsi di un «ricorso che sembrava vinto» sottolinea Vezzaro. Il quale si dice basito quando ha appreso della risposta di Gonzo che in una nota diramata pochi giorni fa spiega: «... nello specifico non vi è accordo scritto e che non vi è un verbale di giunta in merito all’argomento... lo stesso legale che assiste il comune, durante l’incontro avuto per l’esame della situazione, non ha richiesto atti specifici per formulare il rinvio dell’udienza».

Una replica che ha mandato su tutte le furie il M5S che attacca l'esecutivo Gonzo: «A che titolo quindi e per quali motivi si è chiesto di rinviare l'udienza di una causa ormai praticamente vinta?». © RIPRODUZIONE RISERVATA

segue da pagina 19

A Bassano del Grappa nasce un nuovo centro diurno per anziani di Matteo Crestani

U

n centro diurno dove poter trascorrere serenamente le calde giornate d’estate, ma non solo, tutto dedicato agli anziani non sufficienti che vivono in città. È la nuova struttura realizzata dall’Assessorato ai servizi alla persona del Comune di Bassano del Grappa, operativa dallo scorso lunedì 2 luglio, in via Ognissanti 35, in zona centrale. “La struttura - spiega l’assessore Lorenza Breda - è in grado di offrire all’anziano che soffre di Alzheimer, demenza o altre patologie che ne riducono l’autonomia, assistenza, cura della persona, pasti, ricreazione e rappresenterà un’importante occasione per mantenere relazioni sociali significative, sollevando la famiglia da un impegno quotidiano gravoso e spesso insostenibile”. Ormai è infatti chiaro che favorire la permanenza dell’anziano nella sua casa, tra i suoi affetti, è una scelta impor-

Il nuovo centro diurno

tante e decisiva per rallentare il declino psicofisico. Poter, allora, rimanere in città, continuando la propria vita contando su un luogo protetto ed attrezzato è la strada giusta.

Il centro diurno, dotato di tutti i servizi necessari e di un’area esterna accessibile e protetta progettata e realizzata come “giardino Alzheimer”, sarà aperto dal lunedì alla domenica dalle 7.30 alle 19.30 senza chiusura per ferie. L’anziano

potrà frequentarlo mezza giornata o giornata interna, secondo un calendario concordato, mentre è previsto un servizio di trasporto con un pulmino attrezzato. Per informazioni è possibile contattare i Servizi sociali del Comune di Bassano del Grappa in via Da Ponte 37 o ai numeri 0424.519133 - 0424.519121) © RIPRODUZIONE RISERVATA

la geografia giudiziaria nel suo complesso allora converrebbe allargare l’ambito di competenza accorpando a Bassano le sedi staccate di altri Tribunali come Castelfranco, afferente al Tribunale di Treviso e Cittadella a quello di Padova.

Altro dato oggettivo che mi sento di sottolineare è che sono appena stati spesi 12 milioni di euro per la nuova Cittadella della Giustizia, ormai completata, più altri 6 o 7 milioni per ristrutturare le sedi attuali. Senza contare che nella nuova sede di Vicenza, dove verrà raggruppata anche la sede staccata di Schio, per gli addetti del Tribunale bassanese non c’è nemmeno lo spazio fisico. A Vicenza bisognerebbe affittare o costruire un altro edificio, sarebbe questo il risparmio pensato dal ministro Severino? Sottolineo inoltre che oltre alla batosta che potrebbero subire i bassanesi, anche per i vicentini la situazione sarà peggiorativa. Il problema maggiore, infatti, è che già adesso il Tribunale di Vicenza lavora su tempistiche che sono quasi triple rispetto

a quelle di Bassano del Grappa cosa crediamo che potrebbe accadere se davvero a Vicenza verrà accorpato il Tribunale di Bassano oltre alla sede staccata di Schio? Se il nostro carico di lavoro verrà riversato su Vicenza ci sarebbe un concreto rischio di paralisi del sistema». Infine Parolin lancia un monito: «Siamo tutti consapevoli che il Veneto è un gigante economico ma un nano politico. Il timore che in altre parti d’Italia siano più bravi a far certe pressioni c’è, noi veneti non siamo certo famosi per la nostra capacità di farci ascoltare nelle sedi romane. La mia sensazione è che ci si è mossi un po’ in ritardo, forse le manifestazioni dovrebbero esser state un po’ più eclatanti. Ancora adesso in molti, comprese alcune categorie economiche, non si rendono conto di cosa potrebbe significare perdere il Tribunale.

Ma non dobbiamo arrenderci, ne va di mezzo una fetta cospicua del futuro della città e di questo territorio». © RIPRODUZIONE RISERVATA

BassanoPiù

numero

238 del 14 luglio 2012 pag 22

Un capitano, c’è solo un capitano Le otto vite di Andrea Basso, che ripercorre l'avventura giallorossa e guarda al futuro: «Insegnerò ai nuovi ad amare questa maglia».

di Marco Polo

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’amaro gusto della retrocessione impregna tutt’ora la bocca del capitano di tante battaglie, Andrea Basso. Il forte difensore, fresco di rinnovo, si appresta a disputare l’ottava stagione in maglia giallorossa covando nel cuore la fervida speranza che alla fine la Lega Pro vari la riforma dei campionati che renderebbe solo virtuale la perdita della C1: «Perdere la categoria è stata una sofferenza incredibile, abbiamo vissuto un anno travagliato come non mi era mai capitato in carriera. Se uno vive questa maglia come fosse la propria pelle una scottatura del genere resta a lungo, non so se rendo l’idea. Abbiamo perso un qualcosa che abbiamo voluto con tutte le nostre forze e che ci era sfuggita di mano sempre per un soffio. Ora non è facile mandare giù questo boccone ma questa frustrazione dovrà essere trasformata in stimoli da trasmettere anche ai nuovi che arriveranno». Di questi lunghi 7 anni di situazioni da raccontare ce ne sono tante, vediamone alcune.

Capitano, dal 2005 sei in forza al Bassano Calcio. In questi anni quali sono stati i giocatori più forti che hai visto indossare la casacca giallorossa?

Capitan Basso marcato sotto gli occhi di Pellizzer

«Dire Berrettoni sarebbe banale, lo dimostra anche quello che sta tutt’ora facendo con la maglia dell’Hellas Verona. Non si possono dimenticare Pirri e La Grotteria, quest’ultimo abbiamo visto la scorsa stagione com’era in grado di vincere da solo certe partite. Ma se devo fare un nome un po’ sottovalutato dico Pavesi. Elia aveva delle grosse qualità, qui a Bassano ha fatto bene indossando anche a lungo la fascia di capitano. Credo però che la carriera che ha fatto non rispecchi per nulla le sue reali qualità, un di-

fensore così avrebbe dovuto arrivare anche in serie A. Ma si sa, nel calcio ci vuole anche fortuna e trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Tra gli avversari più forti dico Paulinho ex del Sorrento ora a Livorno».

Il giovane del vivaio che si è affacciato in prima squadra che più ti ha sorpreso?

«Michele Pellizzer mi ha colpito fin da subito. Si vedeva che aveva delle qualità al di sopra della media e che in queste categorie sarebbe stato solo di passaggio. Secondo me, poi, la gestione della

Colle, in viale delle Fosse 43 a Bassano del Grappa (tel. 0424.529975) svolge servizio di ascolto per individuare le richieste dei cittadini che si rivolgono allo sportello. Dopo aver esaminato le istanze vengono posti in atto i necessari provvedimenti di sostegno alle famiglie in difficoltà. «Due volte alla settimana, il martedì ed il giovedì dalle 9 alle 11 - conclude Laura Cerantola - distribuiamo le borse della spesa: almeno 45 per ogni giornata di distribuzione. Tale servizio viene espletato per la zona di Bassano del Grappa e per alcuni casi relativi a comuni dell’immediata periferia, i cui servizi sociali, ci inviano casi di disagio particolare. In tal senso è fondamentale la collaborazione con le istituzioni del territorio e le parrocchie, che fungono da sentinelle per l’individuazione dei bisogni della gente e per monitorare lo stato generale dell’economia delle famiglie in questo periodo di pesante crisi».

testa a testa in campionato con la Reggiana o quantomeno la finale playoff col Portogruaro nella stagione 2007/2008. Sono convinto che con quella squadra avremmo potuto dare l’assalto alla testa della C1 e arrivare in serie B in brevissimo tempo».

Il vero salto di qualità nella tua avventura ai piedi del Grappa è avvenuto con l’approdo del Bassano alla C1. Merito di un Jaconi particolarmente bravo a toccare le corde dell’animo umano o della responsabilità derivante dalla fascia di capitano?

«Mi sono reso conto in prima persona che da un punto di vista caratteriale ho dato qualcosa in più nelle ultime due stagioni. Reputo che in parte sia davvero merito di Jaconi, allenatore che ti stimola e ti dà fiducia ma in parte anche per la carica derivante dal mettere al braccio la fascia. Dico di più, quello che mi ha cambiato maggiormente è l’aver constatato che ero circondato da persone che ascoltavano con molta attenzione i concetti che esprimevo, il fatto che la mia parola contasse davvero all’interno dello spogliatoio, il vedere che il mio esempio si traduceva in fatti concreti da parte dei compagni. Questa gratificazione, come uomo ancor prima che come calciatore, mi ha dato una carica enorme che sono di conseguenza riuscito ad esprimere sia in nel rettangolo verde che fuori».

Le responsabilità sono destinate ad aumentare nella prossima stagione visto che la società è intenzionata ad improntare un gruppo particolarmente giovane.

«Non so che squadra verrà costruita. Ma non è detto che tanti giovani voglia dire meno qualità, ci sono giovani che hanno molto talento. Detto questo, di sicuro sento di aver ancora tanto da insegnare e valori da trasmettere».

Come definiresti gli allenatori che ti hanno allenato in giallorosso?

«Beh di Glerean direi che è un uomo d’onore, una persona coerente e, soprattutto, un innovativo capace di esprimere davvero tante idee. Ezio quando preparava una partita si concentrava quasi esclusivamente su quello che doveva fare la nostra squadra, era uso ribadire che quasi tutto dipendeva da noi. Poi è arrivato Roselli, un allenatore preciso che conosceva ogni sfaccettatura di pregi e difetti della sua squadra e degli avversari. Beghetto è un maniaco del lavoro, un perfezionista. Mentre Jaconi lo definirei un padre, un motivatore incredibile, uno che saprebbe convincerti a lanciarti tra le fiamme dell’inferno».

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sua crescita è stata perfetta perché se è vero che avrebbe potuto giocare con continuità anche almeno uno-due anni prima, altrettanto vero è che aspettando il momento giusto ha potuto crescere gradualmente senza bruciarsi. Un altro ragazzo che mi ha colpito è stato Staiti. Lorenzo mi ha impressionato già dalla prima amichevole che abbiamo disputato con la Berretti nel 2006. In quella partita giocavo a centrocampo per emergenza ma mi chiesi per quale motivo questo centrocampista non venisse aggregato alla prima squadra. Da lì è stato un crescendo fino a diventare un pilastro del Bassano. Averlo perso è sicuramente un rimpianto per questa piazza».

La più grande gioia e la più grande delusione?

«Il mio gol contro il Cuneo nella mia prima stagione a Bassano. Era la terz’ultima gara del primo campionato tra i professionisti e ci trovavamo a grosso rischio retrocessione. Vincendo quello scontro diretto abbiamo fatto un fondamentale balzo in avanti. Senza quella salvezza il progetto Bassano non sarebbe neanche mai nato. Il momento più triste a livello personale è stato l’infortunio a Gubbio (dicembre 2007, rottura del crociato ndr) ma niente in confronto con la retrocessione di quest’anno. Infine dico un’altra cosa: il nostro destino poteva essere diverso se avessimo vinto il

Allarme povertà nel Bassanese: quasi cento borse della spesa distribuite alla settimana di Matteo Crestani

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ento borse della spesa distribuite ogni settimana nella sola città di Bassano del Grappa ed un incremento del bisogno da parte dei cittadini bassanesi rispetto agli stranieri. L’imbarazzo nel dover chiedere aiuto non rappresenta più un ostacolo. Quando il bisogno aumenta ed il barile è stato definitivamente raschiato, non ci sono più freni: si passa immediatamente ad individuare i possibili sistemi per recuperare qualche spicciolo per poter vivere. Questo il quadro tratteggiato con estrema chiarezza da Laura Cerantola, coordinatrice del centro di ascolto e aiuto Caritas della parrocchia di Santa Maria in Colle. «In questo periodo stiamo lavorando a pieno ritmo - spiega Laura Cerantola - e le richieste rispetto agli ultimi mesi sono in sensibile aumento. Il nostro gruppo Ca-

ritas lavora in stretto coordinamento con l’unità di strada e con il microcredito. La difficoltà a trovare lavoro ed a pagare affitto e bollette sono i primi problemi per i quali gli utenti del servizio chiedono un aiuto concreto». Certo, la difficoltà non consiste nel poter effettuare un importante acquisto, oggi divenuto impossibile e da procrastinare nel tempo, ma nel far fronte alle spese correnti, alle bollette che arrivano puntuali ed a ritmo serrato, il canone di affitto, le tasse e tanto altro.

I figli che studiano e, per questo, richiedono un importante impegno economico, il prezzo della benzina che ha raggiunto vette da alpinisti d’alta quota. L’elenco è lungo e mette solo tristezza scorrerlo, quasi fosse necessario ricordare cosa non si riesce a pagare. «La perdita del lavoro e la messa in cassa integrazione - prosegue Laura Cerantola rappresentano delle drammatiche quotidiane realtà, che ci portano a rivedere radicalmente le statistiche per cui fino a sei mesi fa circa la gran parte dei nostri utenti erano

stranieri. Oggi, infatti, ci sono sempre più italiani ed il rapporto con i “foresti” e quasi paritario. E le famiglie giovani, inaspettatamente, sono quelle che si avvicinano più spesso per richiedere un aiuto per pagare le bollette e l’affitto, spesso dopo che uno dei due conviventi o sposi ha perso la sicurezza del reddito». Tre giorni alla settimana (lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 11) la Caritas di Santa Maria in

numero

238 del 14 luglio 2012 pag 23

ViPiù

Punti d’incontro

Pronto Caaf Nuova misura delle detrazioni per chi ristruttura e per chi effettua interventi di riqualificazione energetica.

Con quest’articolo segnaliamo le novità introdotte dal cosiddetto “decreto sviluppo” (D.L.n.83 del 22 giugno 2012) relative alle detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica.

Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio L’articolo 11 del Decreto (pubblicato in G.U. n. 147 del 26 giugno 2012) innalza la percentuale di detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio.

A partire dalla data di pubblicazione in G.U. e fino al 30 giugno 2013 la detrazione spetta nella nuova misura del 50% da calcolare su una spesa massima di 96.000 euro per immobile.

Dal testo della norma sembra chiaro che tutte le spese sostenute (pagamenti effettuati) dal 26 giugno 2012 e fino al 30 giugno 2013 possano godere di una detrazione pari al 50%.

Un eventuale problema potrebbe sorgere

Risposte ai cittadini - prontocaaf@vicenzapiu.com

relativamente al limite massimo di spesa ammesso. Ad esempio, un contribuente che abbia già speso entro il 25 giugno 48.000 euro, potrà godere sullo stesso immobile e per lo stesso intervento di un ulteriore detrazione pari al 50% fino a concorrenza del nuovo limite (96.000 euro)?

In merito, riteniamo logico dare una risposta affermativa, tuttavia, per avere certezze è opportuno attendere i necessari chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Nessun problema, invece, per coloro che iniziano i lavori dopo l’entrata in vigore del Decreto.

In questo caso, infatti, si applicherà una detrazione pari al 50% delle spese sostenute fino ad un massimo di 96.000 euro per immobile.

Spese per interventi di riqualificazione e risparmio energetico Per le spese in esame resta ancora valida la percentuale di detrazione del 55% fino al 31 dicembre 2012.

Dal 1° gennaio al 30 giugno 2013, questi interventi, che secondo quanto stabilito dal D.L. n. 201/2011 sarebbero dovuti confluire nella disciplina delle ristrutturazioni edili-

Dal 1° luglio 2013 si dovrebbe tornare alla “normalità” ovvero al riconoscimento di una detrazione del 36% sia sulle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio che per quelle relative ad interventi di riqualificazione e risparmio energetico.

Nella tabella accanto riepiloghiamo quanto definito con il decreto.

zie (articolo 16-bis del TUIR), con detrazione quindi del 36%, godranno anch’essi di una detrazione pari al 50%, fermi re-

stando gli importi massimi attualmente in vigore, diversi a seconda del tipo di intervento.

Rubrica immobiliare in collaborazione con Retecasa Spa

Graziano De Munari, esperto fiscale del Caaf Cisl di Vicenza

Quesiti a rubricaimmobiliare@vicenzapiu.com

Vendere casa, i vantaggi dell’incarico esclusivo

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endere oggi è piuttosto complesso, il venditore dovrebbe disporre di una serie di informazioni, accorgimenti e soluzioni, senza le quali la vendita della propria casa, potrebbe rivelarsi tutt’altro che semplice, vantaggiosa e sicura.

Le agenzie più attente alle esigenze del proprietario - venditore hanno sviluppato un set di servizi dedicati a chi vende casa.

La “porta” per accedere ai servizi dedicati è l’incarico di vendita, un documento in cui il venditore delega un agente immobiliare di fiducia ad identificare e selezionare uno o più potenziali acquirenti per il proprio immobile, lo stesso agente assisterà le parti sino al rogito notarile.

Conferendo l’incarico di vendita ad

una struttura seria ed organizzata, il proprietario del bene consegue una serie di vantaggi: 1) mettendo il mediatore professionale nelle condizioni di contare seriamente sull’immobile affidatogli e sul forte rapporto di collaborazione col proprietario, quest’ultimo ottiene, di conseguenza, la garanzia di massimo impegno, tempo e risorse impiegati dal mediatore per la vendita del bene ricevuto in gestione; 2) se l’agente immobiliare dispone di una struttura ben organizzata alle spalle, l’incarico di vendita può contenere, oltre alla mera attività di mediazione, il diritto ad un pacchetto di servizi complementari finalizzati a vendere in modo più rapido e soprattutto sicuro: pubblicità multi canali;

servizi foto e video professionali sull’immobile; servizio di home staging professionale; servizio “usato garantito”, che offre garanzie assicurative sull’immobile in vendita; servizio di certificazione di conformità catastale e di certificazione energetica dell’immobile; assistenza finanziaria gratuita ai potenziali acquirenti (oggi sempre più determinante) ...; 3) oggi, chi cerca casa, consulta più riviste di settore, più siti internet e più agenzie, se lo stesso immobile è proposto da più agenti, si corre il rischio che l’interessato trovi lo stesso immobile più volte, spesso con immagini fatte male ed informazioni discordanti, con prezzi diversi … con conseguente denigrazione dell’immo-

bile e calo di interesse verso lo stesso. Affidandosi ad un solo agente immobiliare il proprietario evita tutti questi rischi, sarà poi l’intermediario a collaborare con altri colleghi selezionati garantendo l’ottimale coordinamento delle comunicazioni promozionali e delle trattative; 4) incaricare verbalmente più mediatori, da comunque diritto a questi ultimi di chiedere il rimborso delle spese documentate, anche in caso di mancata vendita; l’incarico di vendita delle organizzazioni più serie evidenzia, nero su bianco, che tutto è compreso nel costo della mediazione e che, in caso di mancata vendita alla scadenza dell’incarico, nulla sarà dovuto all’agente immobiliare.

Diego Magagna di Retecasa

Mi permetto di concludere con un consiglio: quando affidate il vostro immobile ad un agente di fiducia, verificate che oltre ad essere serio, abbia una struttura ben organizzata alle spalle, che gli permetta di offrirvi il massimo dei servizi per la vendita del vostro immobile. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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