
4 minute read
La potenza della lode


Advertisement
P. RANIERO CANTALAMESSA OFMCAP
Gli Atti degli Apostoli narrano questo episodio della vita di Paolo: “La folla allora insorse contro di loro [Paolo e Sila] e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti” (Atti 16, 22-26). Con le vesti lacere, caricati di colpi, i ceppi ai piedi, Paolo e Sila non pregano Dio di soccorrerli, ma cantano inni a Dio. Che messaggio per noi del RCC (Rinnovamento Carismatico Cattolico) in questo momento! L’esempio di Paolo e Sila ci invita a lasciare da parte, almeno da qui a Pentecoste, ogni discorso sul Coronavirus, o almeno a non farne il centro di tutto; a non fare il torto allo Spirito Santo di considerarlo meno importante (e meno potente) del virus. Di più, ci invita a lodare e cantare inni a Dio. Questo può suonare assurdo e difficile da accettare, specialmente per chi sta sperimentando sulla propria pelle gli effetti devastanti di questo flagello, ma nella fede possiamo almeno capire che è possibile. San Paolo proclama che “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rom 8, 28). Tutto, nulla escluso, quindi anche la presente pandemia! (…) Noi non lodiamo Dio per il male che sta mettendo in ginocchio l’umanità intera; lo lodiamo per quello che siamo sicuri egli saprà trarre di bene anche da questo male, per noi e per il mondo. Lo lodiamo, convinti, appunto, che tutto concorre al bene di quelli che amano Dio, e soprattutto che sono amati da Dio! Lo dico tremando, perché non so se io stesso sarei capace di farlo alla prova dei fatti, ma la grazia di Dio può fare questo ed altro. Nella predica dello scorso Venerdì Santo in San Pietro

ho provato a identificare alcuni “beni” che Dio sta già traendo dal male: il risveglio dall’illusione di salvarci da soli, con la tecnica o la scienza; il sentimento di solidarietà che il male sta suscitando e che si spinge in alcuni casi fino all’eroismo. Ora aggiungerei: il ridestarsi del sentimento religioso e del bisogno della preghiera. L’attenzione straordinaria ai gesti e alle parole di papa Francesco, da parte non solo dei cattolici, ne è un segno. Ai Tessalonicesi lo stesso apostolo Paolo raccomandava: “In ogni cosa rendete grazie” (1 Tess 5,18). Lode e ringraziamento, dossologia ed eucaristia: sono i due doveri primari dell’uomo verso Dio (…) L’esatto opposto del peccato non è la virtù, ma la lode! La lode di Dio, fatta in condizioni drammatiche come l’attuale, è la fede spinta al suo grado più alto. È un’occasione per noi del RCC di tornare alle più pure origini della corrente di grazia. Al suo sorgere, esso apparve al resto della cristianità come il popolo della lode, il popolo dell’Alleluia. Non eravamo i soli. La stessa esperienza era in atto tra i fratelli Pentecostali. Uno dei libri più letti nel RCC, dopo “La croce e il pugnale” di David Wilkerson, è stato il libro di Merlin Carothers “Dalla prigione alla lode”. L’autore non si limitava a raccomandare l’importanza della lode, ma dimostrava - Scrittura ed esperienze alla mano – la potenza miracolosa di essa.
I più grandi miracoli dello Spirito Santo non avvengono in risposta alle nostre suppliche, ma in risposta alla lode. (…) Il miracolo di Paolo e Sila nella prigione - e dei tre fanciulli nella fornace ardente - si ripete in infiniti modi e circostanze: liberazione dalla malattia, dalla dipendenza dalla droga, da una condanna ingiusta, dalla disperazione, dal proprio passato…Provare per credere, era il suggerimento che l’autore del libro dava ai lettori. Affoghiamo dunque il virus nel mare della lode, o almeno sforziamoci di farlo; opponiamo alla pandemia, la dossologia. Uniamoci a tutta la Chiesa che nel Gloria della Messa proclama: “Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. Nessuna supplica, soltanto lode in questa preghiera! In attesa della Pentecoste, torniamo a cantare con lo slancio di una volta i canti che hanno fatto versare lacrime a tanti di noi al primo impatto con la corrente di grazia del RC: “Alabaré, Alabaré”, “Come and Worship, Royal Piesthood” e tanti altri. Un canto vorrei segnalare in particolare per la sua attualità in questo momento. Fu composto nel 1992 da Don Moen. Il suo ritornello dice:
Dio aprirà una via dove sembra non ci sia come opera, non so ma una nuova via vedrò Dio mi guiderà mi terrà vicino a sé Per ogni giorno amore e forza Lui mi donerà una via aprirà.
Non solo a me, ma all’umanità intera!